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Allegato B
Seduta n. 180 del 29/6/2007
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GIUSTIZIA
Interpellanza:
La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
come riportato dagli organi di stampa e doverosamente segnalato dal Garante dei detenuti del Lazio, l'avvocato Angiolo Marroni, alle tre del mattino del 24 giugno scorso, una cittadina Rom di 21 anni, H.M., ha partorito, nel carcere romano di Rebibbia femminile un bambino, venuto alla luce con una malformazione congenita;
dopo il parto, la madre è stata trasportata all'ospedale «Sandro Pertini» per i necessari accertamenti, mentre il bambino, a causa della malformazione, è stato ricoverato presso il «Bambin Gesù» per ricevere tutta l'assistenza del caso;
alla donna non è stato possibile, tuttavia, stare vicina a suo figlio, essendo stata subito dimessa e riportata in carcere, da dove ha comunque iniziato a far avere il latte materno al bambino;
tutti noi speriamo che la vicenda possa avere una felice conclusione e siamo certi che alla madre sarà presto concesso di ricongiungersi con il figlio - assolutamente bisognoso di assistenza; nonostante questo, abbiamo il dovere morale e giuridico di segnalare la gravità del fatto accaduto;
da quanto è emerso dalle prime ricostruzioni, sembra infatti che la giovane detenuta fosse in carcere dal 6 di giugno di quest'anno per scontare una pena a soli sei mesi di reclusione per furto aggravato, e che, durante la breve detenzione, era stata inoltrata la richiesta di applicazione della cosìdetta legge Finocchiaro;
non essendo intervenuta risposta da parte della magistratura di sorveglianza, la donna - già alla quarta gravidanza - ha finito per partorire nell'infermeria del carcere femminile di Rebibbia, prima ancora dell'intervento dell'ambulanza che avrebbe dovuto portarla in ospedale;
ci si deve allora chiedere se una solerte applicazione della legge avrebbe potuto evitare questo triste episodio. L'interrogante vorrebbe rammentare che, secondo il combinato disposto degli articoli 146, n. 1, codice penale e 684, 1 comma, codice di procedura penale, il tribunale di sorveglianza deve provvedere in ordine al rinvio della pena, che è obbligatorio «se deve aver luogo nei confronti di una donna incinta»;
d'altro canto, il 2o comma, prima parte, dell'articolo 684 codice di procedura penale prescrive che «quando vi è fondato motivo per ritenere che sussistono i presupposti perché il tribunale disponga il rinvio, il magistrato di sorveglianza può ordinare il differimento dell'esecuzione, o se la protrazione della detenzione può cagionare grave pregiudizio al condannato, la liberazione del detenuto [...];
il quadro normativo vigente delinea quindi, da un lato, l'obbligatorietà del rinvio della pena ai sensi dell'articolo 146 codice penale, e, dall'altro, la possibilità che il magistrato di sorveglianza possa attivarsi, anche prima dell'intervento del tribunale, al fine di ordinare il differimento dell'esecuzione;
ci chiediamo, quindi, come sia possibile che una donna prossima al parto possa essere tenuta in carcere per oltre venti giorni, e poi essere costretta a partorirvi, quando la legge italiana rende obbligatorio il rinvio della pena;
all'interrogante risulta, Signor Ministro, che attualmente altre carcerate sono in stato di gravidanza, il che testimonia l'esistenza di un problema reale nel sistema italiano dell'esecuzione penale;
è necessario a questo punto intervenire non solo per assicurare la pronta applicazione della legge, verificandone soprattutto la corretta applicazione nei confronti delle fasce sociali più deboli, ancor meno provviste di una difesa tecnica nella fase esecutiva, ma è anche opportuno studiare la semplificazione e l'accelerazione di procedure per l'erogazione dei benefici penitenziari che si rivelano (di regola) macchinose, oltre che imperfette;
si ricorda, che alla Camera è stata presentata una proposta di legge, di cui la sottoscritta interrogante è Relatrice, recante «disposizioni per la tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori» (n. 528), già approvata in Commissione Giustizia, che risolverebbe molti dei problemi oggi esistenti nel pianeta carcere, restituendo finalmente agli istituti di pena un volto più umano;
ciò non toglie, però, che quanto avvenuto resti grave. Occorre, pertanto, stigmatizzare e condannare simili episodi e dobbiamo impegnarci al fine di evitare che essi possano continuare a ripetersi;
quali iniziative di propria competenza ritenga di assumere per assicurare il rispetto dell'articolo 146 codice penale, nella parte in cui dispone l'obbligo del differimento della pena, quando deve aver luogo nei confronti di una donna incinta chiarendo, in particolare, come intenda attivarsi per garantire, nella fase esecutiva della pena, l'osservanza della pari dignità sociale degli individui (articolo 3 Cost.) e una pronta ed eguale applicazione, a tutte le persone detenute, dei benefici penitenziari.
(2-00634)«Balducci».