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Allegato B
Seduta n. 185 del 9/7/2007
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta scritta:
PAOLO RUSSO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
tra il Ministero dell'ambiente e l'ANCMA è stato siglato, in data 17 aprile 2007, un Accordo di Programma che prevede un contributo a coloro che acquistando un nuovo veicolo demoliscono un ciclomotore o motociclo. È previsto nella fattispecie, ma non vengono indicati i mezzi per favi fronte, un contributo alla demolizione di un motoveicolo in caso di acquisto di uno nuovo, sostenuto per il 50 per cento dal rivenditore e per il 50 per cento dal Ministero. È previsto, altresì, un contributo per la demolizione senza sostituzione che è sostenuto interamente dal Ministero ma anche in questo caso a fronte di un impegno di spesa non sono indicati i mezzi per farvi fronte;
all'articolo 4 comma 2 lettera a), del suddetto accordo è previsto che l'ANCMA, si è impegnata a «stipulare, prima dell'avvio delle azioni di incentivazione, appositi accordi da allegare al presente atto, con gli autodemolitori, le case costruttrici/importatrici, i concessionari ed i rivenditori diretti a farsi carico dell'organizzazione della raccolta e avvio alla rottamazione dei ciclomotori vetusti consegnati dai beneficiari di cui all'articolo 7 e a sostenere il 50 per cento delle spese di rottamazione dei veicoli vetusti medesimi.» Poi, inspiegabilmente in palese contrasto con quanto previsto ivi previsto il comma 9 dell'articolo 7 stabilisce che «le spese di rottamazione saranno a carico del rivenditore nella quota del 50 per cento e del Ministero per il restante 50 per cento»;
in base all'articolo 5, inoltre, non si comprende quale sia la somma a disposizione per le rottamazioni dei motoveicoli. Al punto a) del predetto articolo, infatti, sono previsti 14.750.000,00 di euro per «incentivare l'acquisto dei veicoli di cui all'articolo 2» ma nulla si dice dei costi di rottamazione senza sostituzione. È evidente che in caso di sostituzione le spese spettano al Ministero nella misura del 50 per cento, e per le rottamazioni senza sostituzione spettano al Ministero per intero;
gli accordi richiamati dall'articolo 4, comma 2 lettera a) - in definitiva - sono consistiti in unico accordo con l'ADA, rinviando come prevede l'articolo 14 dell'Accordo all'estensione dello stesso ad altri soggetti successivamente.
l'accordo prevede, inoltre, all'articolo 7 comma 10 che in caso di demolizione senza sostituzione che il contributo alla rottamazione sarà interamente a carico del Ministero dell'Ambiente ed erogato «tramite l'ADA direttamente al demolitore»;
è evidente che questa previsione oggettivamente annulla ogni possibilità di successivo accordo perché conferisce all'ADA un ruolo di supremazia, che viola chiaramente il principio delle pari opportunità che spettano a tutti i componenti del mercato;
in virtù di questo ruolo preminente, e, secondo l'interrogante, in violazine di qualsiasi buona norma di libera concorrenza, L'ANCA e l'ADA hanno a loro volta stipulato un accordo in base al quale viene fissato come richiesto dall'Accordo di Programma il costo della demolizione dei veicoli, che chiunque si «accordi» successivamente deve accettare;
inoltre l'ADA in base all'articolo 2 lettera a) del citato Accordo, s'impegna a «garantire sul territorio nazionale un sistema di gestione controllo e monitoraggio delle attività dei centri di demolizione che aderiscono all'iniziativa»;
è evidente che quindi, un centro di demolizione - non aderente all'ADA - deve sottostare al sistema, di gestione della propria attività, organizzato da questa Associazione;
la supremazia e la conseguente posizione egemone del mercato che l'ADA consegue in base agli accordi in oggetto sono palesi, basta confrontare i seguenti punti:
a) articolo 2 lettera d) in cui ADA «consente» l'adesione «ad altre singole imprese», mentre l'articolo 14 dell'accordo di programma tra il MATT e l'ANCMA prevede che allo stesso possano aderire anche Associazioni dei demolitori diverse dall'ADA;
b) articolo 2 lettera i) in base al quale l'ADA pubblicherà sul proprio sito internet l'elenco dei centri aderenti all'iniziativa, divenendo così unico punto di riferimento della stessa, nonché i punti alle lettere j) e k) dell'accordo con ANCMA;
il pericolo di disparità tra i centri di demolizione, sorge in maniera però più lampante con la previsione della lettera g) laddove è previsto che l'ADA s'impegna a «fornire l'assistenza tecnica necessaria alla verifica della completezza e validità delle posizioni autorizzative dei centri di demolizione aderenti all'iniziativa»;
l'Accordo di Programma tra il Ministero dell'Ambiente e l'ANCMA prevede inoltre all'articolo 7 comma 10 che in caso di demolizione senza sostituzione il contributo alla rottamazione sarà interamente a carico del Ministero ed erogato «tramite l'ADA direttamente al Demolitore» questa previsione viola chiaramente il principio della parità di trattamento e introduce una iniziativa secondo l'interrogante di dubbia legittimità;
questa posizione di vantaggio e preminente sul mercato è altresì riconosciuta dalla stessa ADA che con la circolare n. 26 del 2007 del 25 maggio 2007, ha informato gli associati degli accordi;
l'ADA riferisce che l'accordo tra la stessa ed ANCMA è parte integrante dell'Accordo di Programma e difatti oltre dirà che l'Associazione «è l'unica ad oggi coinvolta ed è tuttora considerata riferimento da Enti, Istituzioni e Ministeri», ribadisce che chiunque sia in possesso dei requisiti può fare richiesta scritta alla stessa ADA per partecipare all'iniziativa, e che, in base all'accordo stipulato con l'ANCMA, l'ADA, ha predisposto un regolamento vincolante e lo ha inviato alla controparte per l'adozione che tra l'altro prevede la stipula di una convenzione tra gli autodemolitori e rivenditori dei motoveicoli;
al momento le informazioni sull'iniziativa sono quindi già a conoscenza degli associati dell'ADA, che ha anche convocato due riunioni operative a Roma e a Milano per il 12 e il 15 giugno;
inoltre la citata circolare del 25 maggio 2007, ha anche fissato al giorno 8 giugno 2007 la data entro il quale gli interessati debbono comunicare all'ADA, la volontà di aderire all'iniziativa;
si annuncia poi che l'ADA «anche con il supporto della società di servizi si è proposta quale interlocutore in grado di gestire... tutta la fase di costituzione della rete operativa;
più avanti viene indicato il nome della società di servizi «Area Ambiente s.r.l.»;
di questa società non vi è traccia nella documentazione ufficiale, ma probabilmente sarà quella che valuterà - contro il pagamento di un corrispettivo - la validità della posizione autorizzatoria dei centri che intendono far parte della rete, e che consente la partecipazione all'iniziativa, e potrà curare anche la rendicontazione e la raccolta della documentazione da inviare al Ministero per incassare le somme previste per la rottamazione di motoveicoli senza sostituzione, tutti balzelli, sulle spalle degli operatori;
la società Area Ambiente Srl, di cui sopra, partecipata da ADA al 100 per cento è in liquidazione volontaria dal 9
marzo 2007, come comunicato agli associati dal commissario dell'ADA, dottor Costante Persiani, con circolare n. 11 del 2007 del 15 marzo 2007;
del resto anche l'ADA ha gravi problemi interni, in una lettera del 4 giugno 2007, agli associati e al Commissario, il consigliere uscente Roberto Capocasa ricorda che almeno 10 consiglieri uscenti dell'ADA hanno proposto dinanzi al Tribunale di Roma una procedura urgente ex articolo 700 contro il provvedimento di commissariamento dell'associazione e per la convocazione, dell'assemblea per la elezione degli organi associativi, provvedimento respinto dal giudice contro la rassicurazione che presto sarebbe stata convocata l'assemblea dei soci per la elezione degli organi sociali;
l'ADA infatti nello scorso dicembre è stata commissariata dalla Confcommercio a causa di gravi contrasti interni. Il Bilancio consuntivo dell'anno 2005 è stato respinto in due diverse riunioni dall'assemblea dei soci. Inoltre il signor Capocasa rileva che il commissario non dovrebbe compiere atti non di ordinaria amministrazione come è anche la firma dell'accordo con l'ANCMA;
è evidente che questo risulta essere un notevole vantaggio competitivo per gli associati dell'ADA, con conseguente grave limitazione del libero mercato;
gli associati ADA informati in anticipo potranno stipulare le convenzioni con i rivenditori già prima che l'accordo venga pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale;
è evidente, quindi, che la previsione dell'articolo 14 (estensione) dell'accordo di Programma con queste premesse perde completamente di significato -:
quali iniziative intenda adottare per chiarire in merito all'accordo di programma concluso tra l'ANCMA e il Ministero dell'Ambiente;
come sia possibile poterlo attuare allorquando in ordine, al pagamento delle spese di rottamazione dei motoveicoli vetusti non si ha un chiaro riferimento di voce di spesa in capo al Ministero dell'Ambiente, e per la parte in capo all'ANCMA, non si capisce se le spese devono essere corrisposte da quest'ultima, dai costruttori dei motoveicoli nuovi ad essa associati o dai rivenditori di motoveicoli;
se sia legittimo che una parte dei fondi pubblici siano affidati ad un associazione di categoria per la successiva distribuzione agli operatori;
se sia legittimo che una associazione di categoria, non esclusiva del settore, consegua un vantaggio operativo grazie ad un accordo, anche se implicitamente, approvato dal Governo in quanto allegato di un Accordo di Programma;
quali iniziative intenda adottare, nello specifico, per eliminare una eventuale posizione dominante del mercato che si è venuta a creare nei confronti di alcuni, ripristinando condizioni di pari opportunità per tutte le categorie che potranno comunque aderire all'accordo.
(4-04287)
ANGELA NAPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con atti ispettivi n. 4-00441 del 5 luglio 2006, n 2-00064 del 12 luglio 2006, n. 2-00272 del 6 dicembre 2006, n. 4-02982 del 20 marzo 2007, a tutt'oggi senza risposta, l'interrogante ha chiesto una serie di iniziative per supportare le necessità del post-alluvione abbattutasi il 3 luglio 2006 nel territorio vibonese (Calabria);
ad un anno di distanza troppi rimangono i buchi neri: dalla valutazione dei fondi stanziati alle famiglie non risarcite, dalle cause che hanno provocato il dissesto alla mancanza di individuazione delle relative responsabilità;
in occasione del primo anniversario di quel tragico giorno, si sono svolte le cerimonie commemorative delle vittime
(quattro, tra le quali un bimbo di soli 15 mesi), sono stati consegnati gli encomi, pur tuttavia accanto al dolore dei familiari, rimangono numerosi interrogativi ai quali il Governo deve dare risposte -:
quali siano le cause che hanno portato ad una non adeguata, comunque insufficiente, attività dei primari soccorsi ed interventi nelle zone alluvionate;
se al Governo risulti quale sia stato l'intervento della Protezione Civile regionale calabrese e quali gli interventi della magistratura di Vibo Valentia nei confronti delle istituzioni responsabili della mancata salvaguardia dell'assetto idrogeologico di quel territorio;
quali siano stati gli interventi degli Uffici regionali calabresi sulla regimazione dei corsi d'acqua di quel territorio;
quali criteri abbiano guidato la scelta delle ditte incaricate per gli interventi di urgenza nelle zone alluvionate, per una fatturazione di circa 5 milioni di euro, quali le prestazioni effettuate e quale autorità abbia affidato gli incarichi in questione;
se al Governo risulti se tra le ditte incaricate per i citati interventi di urgenza, vi sia stata l'infiltrazione di uomini delle cosche della n'drangheta vibonese;
quali siano stati i motivi che hanno portato alla mancanza di un adeguato monitoraggio utile alla individuazione degli effettivi interventi;
quale sia stato, per quanto di competenza, il controllo della gestione dei fondi;
se nel comitato delegato alla gestione dei fondi ci sia qualche persona che risulta indagata per truffa o reati contro la pubblica amministrazione;
quali siano i motivi che ad un anno di distanza non vedono ancora risarcite tutte le famiglie alluvionate;
perché, ad un anno di distanza, le 429 imprese alluvionate attendono ancora il dovuto risarcimento;
quali siano le somme effettivamente stanziate e raccolte per l'alluvione del 3 luglio 2006;
quali siano stati gli opportuni interventi finanziari per incentivare il piano di assetto idrogeologico approvato, da tempo, dalla Regione Calabria.
(4-04296)
PEDRINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Wind voleva rappresentare una operazione di diversificazione di una società pubblica nell'ultimo decennio. Dal 2000 al 2005 il suo fatturato è arrivato a circa 5 miliardi di euro e l'occupazione oltre 8.000 dipendenti;
Wind è nata da una iniziativa messa in atto nel 1997. Una scommessa che Enel e la volontà del sistema politico e industriale del Paese, avevano voluto fare creando un altro concorrente nel settore delle telecomunicazioni in Italia;
il progetto si era avviato con l'impegno da parte di Enel di uscire nel medio periodo dall'azionariato di Wind;
il contesto azionario, fin dagli inizi, ha presentato delle difficoltà soprattutto per i cambiamenti drastici di linea strategica dell'azionista con conseguente necessità di ridefinire il processo di crescita dell'azienda e le successive uscite dall'azionariato di Deutsche Telekom prima e di France Telecom successivamente;
Wind con contributo di soldi pubblici, in parte con l'aumento generalizzato delle bollette della luce dei cittadini, in parte con un maxi prestito a carico di società pubblica strategica, è diventata in pochi anni il secondo operatore italiano - ed un player di dimensioni europee - perseguendo una strategia basata sulla convergenza fra comunicazioni fisse, mobili ed internet - adottata anche dai principali operatori di telecomunicazioni europei;
dopo la costituzione nel 1997 Wind è diventata in pochi anni: il più grande operatore alternativo di rete fissa in Europa, consolidando la propria posizione con l'acquisto di Infostrada nel 2001; l'operatore mobile di maggior successo in Europa; l'antesignano della convergenza fisso-mobile-internet, oggi valutata dagli esperti di settore come la strategia dominante e, in quanto tale, fatta propria dai principali operatori del settore (France Telecom, British Telecom, Telefonica, la stessa Telecom Italia con l'incorporazione di TIM in Telecom);
il radicale cambiamento di strategie da parte di Enel - avvenuto con la nomina del nuovo amministratore delegato nel 2002 - ha portato nel maggio 2005 alla cessione della società all'imprenditore egiziano Naguib Sawiris, proprietario del gruppo di telecomunicazioni mobili Orascom;
la nuova strategia di Enel a partire dal 2002 prevedeva la concentrazione sul core business dell'energia, avente come obiettivo implicito quello di massimizzare la generazione di cassa, da restituire sotto forma di dividendo agli azionisti;
in questo contesto Wind diventava per il management Enel una entità estranea al core business e non più una diversificazione strategica. La nuova strategia ha determinato una pesante e progressiva riduzione degli investimenti di Wind a partire dal 2002;
la decisione di non procedere alla quotazione in borsa di Wind più volte annunciata, ma di procedere alla vendita dell'azienda, è stato un ulteriore conferma di questo passaggio critico e del cambio di visione dell'azionista;
l'arresto, imposto dall'azionista, al processo di fusione con Fastweb (per cui in questi giorni si stanno prospettando diversi assetti societari) che avrebbe ulteriormente rafforzato Wind, ha di fatto pesantemente limitato l'ulteriore sviluppo dell'azienda;
Enel ha preso le decisioni in relazione alla vendita di Wind, nell'estate del 2005: con un consiglio di amministrazione scaduto al termine dell'anno precedente; con un amministratore delegato già designato a ricoprire un altro incarico;
la cessione è stata effettuata senza che venissero sottoscritte clausole di garanzia circa l'occupazione, lo sviluppo industriale e il management dell'azienda;
la scelta dell'acquirente è stata effettuata senza alcuna valutazione di tipo industriale; alla data dell'operazione il gruppo Orascom fatturava nel suo insieme circa 1/3 rispetto a Wind;
il contratto di vendita non prevedeva alcuna clausola di salvaguardia della posizione industriale di Wind e, in particolare, impegni relativi: al mantenimento di un adeguato livello di investimenti; al mantenimento dei livelli occupazionali; alla salvaguardia del personale e del management; al mantenimento degli obiettivi strategici;
nel corso del processo negoziale Sawiris ha dichiarato di basarsi su un piano industriale che avrebbe portato Wind al centro di una strategia di sviluppo e crescita nel Mediterraneo. Tale piano come ci si sarebbe aspettato non è mai stato presentato e gli impegni di sviluppo industriale presi in occasione della vendita sono rimasti al livello di dichiarazioni giornalistiche;
poco tempo dopo l'acquisizione: sono stati concordati centinaia di esodi di personale, con un obiettivo finale tendente alle mille persone; la previsione di investimenti per il 2006 è di circa 500 milioni (contro i 900-1.000 annui del biennio 2004-2005) non si sa di quanto sia effettivamente stata;
la prima linea di management è stata pressoché interamente rimossa;
le funzioni chiave in relazione alle decisioni sulle tecnologie, gli investimenti e l'occupazione sono state affidate a manager egiziani (acquisti, rete) o sottoposte di
fatto ad un forte condizionamento da parte di Orascom (risorse umane); Weather Investments - la società veicolo costituita per l'acquisizione, che detiene il 100 per cento delle azioni di Wind, e che è a sua volta partecipata per il 26 per cento da Enel e per il 74 per cento da società facenti capo a Sawiris - sta costruendo un'organizzazione che comprende esclusivamente management egiziano (con la sola eccezione del responsabile amministrativo);
l'acquisizione è stata effettuata con l'utilizzo di una leva finanziaria molto spinta (sostenuta da risparmio reperito in Italia) con un conseguente aumento dei rischi e la necessità di subordinare le scelte industriali alle necessità finanziarie;
il modello finanziario scelto dall'azionista è critico per il futuro dell'azienda, su cui è stato «caricato» debito per 9,3 miliardi euro. A tutti gli effetti, si è trattato di un'operazione di leveraged buy out;
il rapporto di quasi 6 volte fra debito e Ebitda dell'azienda è estremamente critico e genera una situazione di forte rischio finanziario. Di fatto, Wind è fortemente condizionata dalle banche finanziatrici;
un indebitamento cosi elevato porta alla necessità di subordinare le scelte industriali e di investimenti alle esigenze di natura finanziaria. Non a caso, il dato sopra ricordato vede il sostanziale dimezzamento degli investimenti 2006 rispetto a quelli dei due anni precedenti;
la cessione da parte di Enel si è basata su una valutazione per Wind di oltre 12 miliardi di euro a fronte di un investimento che potrebbe essere stato superiore. A distanza di un anno il valore di Wind si attesterebbe - secondo alcuni analisti - a circa 15 miliardi di euro;
il valore di 12 miliardi di euro riportato dalla stampa all'epoca della cessione è in realtà il risultato di una complessa aritmetica legata alla struttura dell'operazione;
in estrema sintesi, l'operazione è avvenuta dietro il pagamento ad Enel di 3 miliardi di euro per cassa, oltre alla cessione di 7 miliardi di euro di debito di Wind. In aggiunta, Enel ha ottenuto il 26 per cento di Weather Investments, una new company che detiene il 100 per cento di Wind ed il 50 per cento più una azione del capitale di Orascom (la holding di partecipazioni in società mobili nordafricane e del medio oriente posseduta da Sawiris). A tale 26 per cento è stato attribuito dalle parti un valore di 2 miliardi di euro, che riflette un premio rispetto al valore di borsa delle azioni di Weather possedute. Al netto di tale premio - stimato unilateralmente da Enel - ci troveremmo di fronte a un valore più basso di quello ufficialmente dichiarato di circa 500 milioni di euro;
la valutazione di 15 miliardi di euro è stata riportata su Il Sole 24 ore del 20 settembre 2006;
l'operazione di cessione - avvenuta nella sostanziale latitanza del sistema politico - ha dunque comportato la perdita per il sistema paese di un player di livello internazionale nelle telecomunicazioni, senza peraltro portare benefici di rilievo agli azionisti e al sistema paese;
l'operazione è stata finanziata con ricorso al sistema bancario italiano;
l'annunciata quotazione di Wind implica un ricorso al mercato dei capitali italiani, con ciò realizzando l'obbiettivo di un'operazione interamente finanziata dal risparmio italiano (capitale e debito) a detrimento dello sviluppo del Paese;
a tutt'oggi l'azienda Wind continua a sviluppare forti iniziative all'incentivazione per favorire l'uscita da Wind così come già fatto nel 2004 sia per i livelli dirigenziali messi a disposizione sia per gli altri livelli occupazionali con conseguente creazione di disoccupazione per la parte «incentivata» e conseguente situazione di disagio o tensione sociale -:
come il ricavato della vendita sia stato inserito nel bilancio di Enel e se su
questa voce siano stati calcolati eventuali premi o riconoscimenti agli amministratori;
se sia stato creato direttamente o indirettamente un danno alla finanza pubblica;
se le finanze dello Stato dovranno essere impegnate per far fronte agli ammortizzatori sociali dovuti alla disoccupazione (diretta ed indotta) in conseguenza dell'atto di vendita e dell'attuale gestione di Wind;
se - per quanto di competenza - siano state violate norme contrattuali relative agli atti di vendita.
(4-04297)