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Allegato B
Seduta n. 187 dell'11/7/2007
...
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, per sapere - premesso che:
dal 1998 ad oggi sono oltre 800 gli animali morti nel bioparco di Roma;
recente è la notizia della morte di uno scimpanzé e di un lupo a causa di anestesie;
in passato un cobra fu soppresso congelandolo in un freezer e al bioparco si giustificarono dicendo che mancava l'antidoto per il veleno;
se di giorno gli animali del bioparco della capitale sono apparentemente liberi, la notte vengono rinchiusi in celle al limite della sopportabilità (felini, scimmie e orsi rinchiusi in gabbie di 2 metri per 3),
il bioparco avrebbe dovuto ospitare solo animali in via di estinzione o feriti oppure sequestrati, ma nessun animale avrebbe dovuto nascere al bioparco ed invece da anni le nascite sono un avvenimento routinario -:
quali misure intenda adottare il Ministero interpellato per eliminare le sofferenze degli animali del bioparco di Roma, costretti a vivere in soprannumero ed in gabbie non idonee, causando un alto tasso di mortalità tra gli animali del parco;
quali iniziative intenda adottare il Governo presso il comune di Roma per sollecitare l'impiego dei fondi disponibili per riportare la situazione di vivibilità del bioparco a livelli accettabili.
(2-00661) «Mancuso».
Interrogazioni a risposta scritta:
FALLICA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'ambiente e tutela del territorio e del mare, con decreto n. 1926 del 10 ottobre 2005, ha riaffidato la gestione dell'area marina protetta dell'isola al Comune di Ustica, comunicando che in data 19 ottobre 2005, lo stesso decreto era stato registrato dalla Ragioneria Generale dello Stato;
lo stesso Ministero ha inoltre comunicato al Comune di Ustica, che le problematiche sorte dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394 concernente: «Legge quadro sulle aree protette», erano state superate, in considerazione che nella fattispecie, non trova applicazione la disposizione prevista dall'articolo 19, comma 2 della predetta legge, in quanto la norma essendo inserita nel titolo II, Aree naturali protette nazionali, non si può estendere al caso di presenza di un parco o riserva naturale terrestre confinante con un'area marina protetta nazionale;
il medesimo Ministero inoltre, con una nota successiva, ha comunicato che il provvedimento di affidamento in gestione dell'area marina protetta, è stato ritenuto non soggetto al controllo della Corte dei Conti;
il Comune di Ustica, secondo quanto previsto dall'articolo 8, comma 1 della legge 31 luglio 2002, n. 179, ha proceduto all'assunzione del personale da destinare anche al funzionamento dell'area marina protetta, assumendosi l'onere economico;
il Sindaco di Ustica, successivamente, ritenendo valido il principio generale di buona collaborazione tra le pubbliche amministrazioni, al fine di programmare di concerto con il Ministero dell'ambiente, l'attività dell'area marina protetta, ha reiterato al medesimo Ministero, in data 11 dicembre 2006, la richiesta di incontro, formulata precedentemente in diverse date dallo stesso, non ottenendo, così come nei precedenti casi, nessuna risposta;
è importante ricordare inoltre, che lo stesso Sindaco di Ustica, così come previsto dalla legge n. 241 del 1990, in data 19 settembre 2005, aveva anche formulato una richiesta di accesso agli atti, al fine di conoscere le risultanze di ogni atto ispettivo
ministeriale sull'area marina protetta dell'isola di Ustica, non ottenendo nuovamente nessuna risposta -:
quali siano le motivazioni dei mancati riscontri, alle diverse richieste inviate dal Comune di Ustica, al Ministero interrogato;
se non ritenga urgente e necessario, stante l'avvenuto inizio della stagione turistica, stabilire un indirizzo chiaro e definitivo per la gestione dell'area marina protetta, evitando il proseguirsi di una situazione mortificante nei confronti dell'amministrazione comunale interessata, che ha dimostrato in diverse occasioni la volontà di collaborazione con il Ministero in questione e che continua subire penalizzanti scelte gestionali operate dalle precedenti amministrazioni -:
se non ritenga necessario altresì ribadire, l'indirizzo politico del precedente Ministro dell'ambiente, nell'affidare la gestione dell'area marina protetta allo stesso Comune di Ustica o, in alternativa, le intenzioni su eventuali altre scelte di affidamento.
(4-04317)
CARUSO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la zona orientale di Napoli si presenta attualmente come un triste agglomerato di padiglioni industriali abbandonati e fatiscenti che attendono, invano, da decenni, di essere destinati a nuovi usi, con l'intera area e il mare antistante gravemente inquinati;
si tratta di un'area vastissima a ridosso del centro della città, ad altissima densità abitativa nel cuore di una spaventosa conurbazione, sprovvista dei servizi più elementari e delle minime attrezzature culturali, ricreative, turistiche, di spazi di aggregazione per i giovani e devastata da decenni di industrializzazione altamente inquinante e pericolosa;
l'intero litorale, inoltre, di notevole valore paesaggistico, versa in condizioni di degrado; i pochi tratti di spiaggia lasciati liberi da insediamenti industriali sono attraversati da canali di scolo che costituiscono vere e proprie fogne a cielo aperto che appestano il mare e rendono l'aria irrespirabile;
non a caso, l'intera area orientale era stata dichiarata zona «ad alto rischio ambientale» dalla legge n. 426 del 1998 sugli interventi di bonifica e di ripristino ambientale dei siti più inquinati d'Italia;
l'allora assessore all'Urbanistica del Comune di Napoli, Vezio De Lucia presentò, il 23 gennaio del 1996, il piano dell'amministrazione per l'area orientale: tutto il litorale di San Giovanni venne indicato come ambito in cui prevedere infrastrutture per il turismo e il tempo libero;
si puntò molto su un aspetto di grande rilievo: il recupero del rapporto con il mare «con la costituzione di un sistema di attrezzature di livello urbano e territoriale oltre che a servizio dell'intero quartiere, e il recupero del rapporto tra il quartiere e il mare»;
le attrezzature previste riguardavano «il settore della formazione universitaria, anche al fine di anticipare e sostenere la riqualificazione della zona orientale, e altre attività per i ragazzi, i giovani e, più in generale, per il tempo libero»;
si ridisegnava radicalmente, in tal modo, la prospettiva del territorio in questione, con l'eliminazione della «darsena petroli» e di tutti gli impianti inquinanti;
nella darsena si propose di realizzare un porticciolo turistico capace di contenere centinaia d'imbarcazioni;
le aree intorno alla darsena, che ancora oggi versano in un incredibile degrado, invece dovevano essere riutilizzate per l'esecuzione di infrastrutture di supporto e contribuire, con la qualità di tali opere, al risanamento complessivo;
il piano prevedeva anche lo smantellamento e la bonifica dei circa 130 mila metri quadrati occupati per decenni dalla centrale Enel di Vigliena, un grande spazio sul mare, ad esso sottratto, ricorrendo alle colmate, in corrispondenza di un monumento nazionale come il Forte di Vigliena, teatro di uno degli episodi più noti e significativi della Repubblica napoletana del 1799, che attualmente versa in condizioni di abbandono ed è, in parte, ancora coperto di detriti;
è proprio dalla destinazione d'uso di questa centrale che comincia l'inversione di tendenza che distruggerà l'intero piano di riqualificazione della zona orientale;
con la delibera del Consiglio Comunale n. 137 del 22 luglio 2003, viene infatti accolta dal Consiglio Comunale di Napoli l'osservazione n. 76 alla variante, presentata da Interpower (oggi Tirreno Power S.p.a.), che reclama di continuare a mantenere, «a scanso di equivoci», l'uso del sito;
di conseguenza si delibera, in modo inequivocabile, che a Vigliena deve essere costruita una centrale termoelettrica a ciclo combinato, a pochi metri da grandi palazzi che ospitano numerosissime famiglie di residenti del quartiere San Giovanni;
in questi anni si è molto discusso su come l'energia prodotta con il gas naturale sia, in assoluto, tra le meno convenienti dal punto di vista dell'economia delle fonti non rinnovabili, tanto da far dire all'attuale ministro Giuliano Amato, sulla rivista Aspenia (n. 34, 2006, p. 30), che produrre energia elettrica con il gas è «come accendersi le sigarette con biglietti da cento dollari»;
ad ogni modo, il Consiglio recepisce anche l'accordo di programma del 23 dicembre 2000 (tra Regione Campania, Comune di Napoli, Autorità Portuale, Capitaneria di Porto, Università Federico II, Ministero dei trasporti, Ministero dei lavori pubblici, approvato con DPGRC n. 325 del 1o marzo 2001, che produrrà gli effetti della variante al PRG vigente);
con l'accordo in questione, si decide di realizzare il nuovo terminal di levante;
nella variante, don una formulazione rigidamente burocratica, si dice che negli spazi lasciati liberi dalla vecchia centrale, che ammontano a circa 90.000 metri quadrati, dovranno essere collocate «attrezzature pubbliche, in conformità a quanto previsto nell'accordo di programma» prima menzionato;
per effetto di questa decisione, a Vigliena, lì dove in precedenza avevano stabilito di «realizzare una struttura per lo spettacolo e il tempo libero, in particolare dedicata ai giovani e alla musica», ci saranno invece una centrale termoelettrica e migliaia di container, con tutti i disagi connessi ad un tipo di attività del genere (ancora una colmata a mare, navi, gru, movimento di automezzi pesanti, etc.);
infatti la «Tirreno Power S.p.A.», nel giugno del 2004, ha attivato le procedure per costruire il nuovo impianto di Vigliena, chiedendo ed ottenendo la non assoggettabilità alla procedura di VIA, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 377 del 10 agosto 1988;
tuttavia se è pur vero che suddetta legge preveda la non assoggettabilità per «eventuali interventi di risanamento ambientale di centrali termoelettriche esistenti, anche accompagnati da interventi di ripotenziamento, da cui derivi un miglioramento dello stato di qualità dell'ambiente connesso alla riduzione delle emissioni», tuttavia il comma 2 stabilisce che la VIA «... si applica altresì agli interventi su opere già esistenti ... qualora da tali interventi derivi un'opera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente ...»;
l'impianto in questione è sostanzialmente diverso da quello precedente e costruito ex-novo: infatti la vecchia centrale
sarà completamente demolita e quella in costruzione la si sta realizzando su uno spazio adiacente;
ulteriore conferma emerge leggendo il verbale della seduta del 25 maggio 2002 tenutasi nella ex circoscrizione di San Giovanni a Teduccio;
in essa un dirigente dell'allora «Interpower S.p.A.» - poi divenuta «Tirreno Power S.p.A.» - dichiarò che per la centrale di Vigliena: «... si tratta di costruire una centrale ex novo perché l'intendimento di Interpower è quello di abbandonare i gruppi esistenti (tranne le opere minori) e costruire radicalmente un impianto a ciclo combinato»; ed inoltre: «...la valutazione di impatto ambientale è prevista dalla legge. Lei può realizzare la centrale più pulita di questo mondo però, se fa un impianto di generazione, deve assoggettarsi ad una VIA regionale o nazionale. Dunque, noi lo dobbiamo fare perché lo prevede la norma»;
pertanto, considerate le caratteristiche dell'installazione di Vigliena, il cui progetto prevede che l'impianto sia ricostruito di sana pianta, non poteva essere accolta la richiesta di esclusione della procedura di VIA che deve essere invece fatta obbligatoriamente: il punto in questione non è marginale poiché la VIA potrebbe mettere in luce una incompatibilità della struttura con il territorio;
si aggiunga poi che trattandosi di un nuovo impianto, la Tirreno Power dovrebbe pagare i contributi previsti dalla legge 23 agosto 2004, n. 239 articolo 1 comma 36; invece, spacciando la nuova opera per pseudo-riconversione la vecchia centrale, riesce in tal modo ad eludere;
sulla base dei documenti risulta inoltre evidente che la procedura per la bonifica dei suoli non è avvenuta secondo le disposizioni previste dall'autorizzazione del Ministero dell'ambiente del 12 aprile 2005 in base alle leggi 9 dicembre 1998, n. 426, decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468, decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471;
la citata autorizzazione del Ministero dell'ambiente dispone, infatti, che: «... i lavori ...potranno avere inizio soltanto dopo la conclusione della procedura di caratterizzazione ed eventuale bonifica... nel quadro... degli obblighi dettati dal decreto ministeriale n. 471 del 1999 ...e ...soltanto in presenza della certificazione di avvenuta bonifica da parte della Provincia di Napoli;
con il decreto del Ministero delle attività produttive del 18 maggio 2005 n. 55/01/2005, si conclude il procedimento autorizzativo;
il decreto in questione riporta - per ognuno dei soggetti istituzionali interessati - le rispettive prescrizioni;
desta stupore il fatto che il Ministero dell'ambiente a distanza di un mese dalla definizione delle sue prescrizioni (12 aprile 2005-18 maggio 2005) nel riconfermare formalmente quanto già aveva deciso in precedenza precisa, contraddicendosi platealmente, che: «...l'inizio dei lavori ... non è in contrasto con le indagini necessarie alla bonifica...»;
in ogni caso lo stesso documento ribadisce che tutte le operazioni di bonifica devono avvenire «sotto il controllo delle autorità competenti»;
durante i lavori di «messa in sicurezza d'emergenza», svoltisi da aprile a luglio 2006, risulta, invece, che dal cantiere di Vigliena, sono state rimosse ben 25.000 tonnellate di materiale inquinato, senza l'effettuazione dei controlli previsti dal decreto, che l'ARPAC avrebbe dovuto svolgere quotidianamente;
in questo senso, dal di là della riformulazione del Ministero dell'ambiente, i lavori svolti dalla Tirreno Power si sono svolti nell'illegalità, cioè al di fuori della norma e senza osservare quanto disposto dall'articolo 12 comma 2 del decreto ministeriale 471 del 1999 che affida alla Provincia il compito della certificazione, in assenza della quale non si sarebbe potuto procedere;
si registrano gravi inadempienze anche sul versante dei mancati controlli e della comunicazione tra i diversi soggetti deputati a garantire il regolare svolgimento di tutte le operazioni di bonifica e di messa in sicurezza del «sito d'interesse Nazionale»;
si evince tutto ciò dalla relazione dell'ARPAC inviata all'Assessorato all'Ambiente del Comune di Napoli in data 7 agosto 2006 (prot. n. 966);
difatti, sebbene nel cantiere di Vigliena già a gennaio del 2006 la Tirreno Power lavorasse alacremente, l'agenzia preposta alla protezione dell'ambiente, dichiara testualmente nella relazione inviata in assessorato nel mese di agosto: «dagli atti in nostro possesso risulta che delle ... fasi procedurali sia stata completata solo quella di caratterizzazione...» e che «i certificati analitici dei suddetti campioni ... saranno, a breve, trasmessi al ministero ed agli altri Enti ...... non ci risulta che il Ministero dell'ambiente abbia approvato il "Progetto Preliminare di Bonifica" ed il conseguente "Progetto Definitivo di Bonifica" elaborati previsti dal decreto ministeriale n. 471 del 1999... non ci risulta, pertanto, che attualmente siano stati eseguiti lavori di bonifica»;
il fatto grave è che da questo documento risulta evidente che l'ARPAC, nonostante fosse di sua competenza, non era a conoscenza dei lavori che si stavano eseguendo a Vigliena;
come si può in buona sostanza comprendere, dalla relazione emerge che gli interventi di bonifica dell'area interessata non potevano, e non possono, essere effettuati senza espletare tutti i passaggi previsti dalle procedure, e senza ottenere le specifiche autorizzazioni. Quindi, non si potevano e non si possono assolutamente eseguire i lavori per la costruzione della nuova centrale poiché è evidente che manca il presupposto fondamentale: la certificazione di avvenuta bonifica rilasciata dalla Provincia;
dalla lettura della relazione dall'ARPAC, si legge anche che: «il "soggetto obbligato" ha comunicato agli Enti interessati di aver eseguito interventi di "messa in sicurezza d'emergenza", autorizzati dal Ministero dell'ambiente in sede di Conferenza di Servizi istruttoria del 26 gennaio 2006, per i quali questo Dipartimento Provinciale eseguirà attività di verifica a seguito di delega da parte del Comune di Napoli...»;
per il Ministero dell'ambiente quella dell'ARPAC è una presenza fondamentale per l'esecuzione del progetto. Esso impone nel decreto al soggetto promotore che: «...Dovranno essere inoltre specificati in dettaglio i movimenti di terra, la destinazione dei materiali di scavo ed il piano di smaltimento dei rifiuti... Tutto ciò ...sotto il controllo e con modalità da concordare con l'ARPA Campania...»;
non si comprende come sia possibile che l'ARPAC, in data 7 agosto 2006, dichiari che «eseguirà le attività di verifica» «a seguito di delega del Comune», è non abbia invece già eseguito, come avrebbe dovuto, i relativi controlli, preso atto che i lavori erano stati avviati già dal gennaio 2006;
dalla lettura del verbale dell'ARPAC emerge inoltre che l'azienda ha dichiarato in modo unilaterale che durante le attività di «messa in sicurezza d'emergenza», dal cantiere di Vigliena, sono state rimosse ben 25.000 tonnellate di materiale inquinato. (cod. C.E.R. 191301, 24.752 tonnellate - cod. C.E.R. 191302, 98 tonnellate);
questi lavori si sono svolti da aprile a luglio 2006, senza i control imposti dallo stesso decreto conclusivo;
in tal senso, come l'avvio dei lavori ha determinato considerevoli problemi alla salute di numerosi residenti del quartiere, soprattutto bambini, i quali oltre a lamentare fastidi agli occhi, hanno avuto soprattutto difficoltà respiratorie;
in particolare, da quando sono stati avviati i lavori di scavo e sono stati smantellati (gennaio-giugno 2006) i serbatoi che contenevano le scorte di olio combustibile necessarie ad azionare le turbine della
vecchia centrale termoelettrica, si sono levati miasmi insopportabili che hanno reso l'aria irrespirabile e molti cittadini sono stati addirittura costretti a recarsi presso unità di pronto soccorso per la diagnosi del caso, come evidenziato nel recoconto giornalistico pubblicato in data 30 giugno 2006 dal quotidiano Corriere del Mezzogiorno;
inoltre anche le prescrizioni del Ministero peri beni e le attività culturali risultano palesemente violate;
infatti il decreto del Ministero delle attività produttive del 18 maggio 2005 n. 55/01/2005 all'articolo 2 dispone: l'«... autorizzazione è, altresì, subordinata al rispetto delle seguenti prescrizioni formulate dalle Amministrazioni interessate...»;
in particolare, quelle del Ministero per i beni e le attività culturali richiedono: la redazione di un progetto di «...riqualificazione paesaggistica dell'area; ... la valutazione .... sull'opportunità che le aree dimesse e l'antistante darsena non siano occupate da strutture a carattere industriale/commerciale; la modifica e l'aggiornamento del protocollo d'intesa sottoscritto in data 8 giugno 2004 tra Regione Campania, Provincia di Napoli e Comune di Napoli; la modifica e l'aggiornamento del protocollo d'intesa sottoscritto con l'Autorità Portuale in data 19 dicembre 2003 relativo all'ipotesi di ampliamento della banchina porta-containers antistante la centrale»;
nulla di tutto questo, allo stato attuale, si è realizzato;
nel contempo invece cresce tra gli esperti e gli organi preposti al controllo dell'ambiente, la preoccupazione per il degrado e l'inquinamento dell'aria nella città di Napoli: è stato presentato a Roma il 18 gennaio 2007 dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente, alla presenza del Ministro, Alfonso Pecoraro Scanio, il III Rapporto APAT sulla Qualità dell'Ambiente Urbano;
sulla specifica realtà napoletana si legge nel rapporto che l'ing. Michele Macaluso, Direttore dell'Agenzia Napoletana Energia e Ambiente (ANEA) afferma: «Napoli risente moltissimo della concentrazione automobilistica e dei motocicli su un'area molto ristretta. Oltre al traffico, Napoli ha una centrale elettrica, presente nell'area urbana, che è stata da poco convertita all'uso del metano e che incide notevolmente sull'inquinamento atmosferico della città»;
le affermazioni dell'ing. Macaluso, per l'autorevolezza della fonte, ci allarmano molto poiché egli mette in chiaro che, nonostante la centrale già usasse il gas naturale e non l'olio combustibile, ha potuto appurare che essa ha inciso «notevolmente» nella produzione dell'inquinamento atmosferico della nostra città;
va precisato che la centrale, nel periodo richiamato dall'ing. Macaluso, ha prodotto energia elettrica con un unico elemento, sui tre disponibili, per una potenza di 130 MW mentre la nuova centrale a regime produrrà 400 MW;
dall'inizio dell'anno nella città di Napoli dono stati più di trenta i superamenti della soglia fissata dalla legge per quanto concerne le polveri sottili. Si badi bene che dall'inizio dell'anno la centrale è spenta;
diventa doveroso chiedersi quali conseguenze avrebbe l'entrata in funzione a regime della centrale sulla qualità dell'aria, tenendo presente che se è pur vero che il modello di centrale in questione abbatte in modo drastico la produzione di Pst, tuttavia la stessa non è affatto esente dalla produzione proprio delle polveri sottili cioè di PM10, PM2,5, che purtroppo hanno una ben maggiore rilevanza sulla salute: come denunciato dal prof. Gennaro D'Amato segretario generale della società italiana di malattie respiratorie in un'intervista pubblicata sul quotidiano Il Mattino del 30 novembre 2006, già allo stato attuale la città di Napoli vive - proprio in materia di inquinamento da polveri sottili - una situazione ancora peggiore rispetto ad altre metropoli, come Londra o Milano;
oltre all'aria, anche il contesto territoriale risulta appesantito dalle scelte urbanistiche
diametricalmente opposte a quelle delineate nei primi anni novanta, che non solo deturpano l'ambiente ma costituiscono anche un grave rischio per il territorio;
quotidianamente nella darsena petroli di Vigliena si scaricano tonnellate di carburante e milioni di metri cubi di gpl;
praticamente ciò avviene a poche centinaia di metri dagli insediamenti abitativi e a poche diecine di metri dalla centrale;
l'11 dicembre del 2006 è stato firmalo un protocollo d'intesa tra Regione Campania, Comune di Napoli, Napoli Orientale S.c.p.a., Kuwait Raffinazione e Chimica S.p.A.;
l'accordo in questione prevede la permanenza di dette attività per almeno altri venti anni. Ciò significa che la darsena petroli, ubicata a Vigliena, resterà in funzione per analogo periodo;
per effetto degli accordi stipulati di recente tra enti locali e petrolieri si continueranno a scaricare tonnellate di carburanti nella darsena per almeno altri venti anni. Su questo punto appare utile precisare che quando fu presa la decisione di autorizzare la costruzione della nuova centrale, non si era previsto che si continuasse a svolgere un'attività cosi pericolosa;
a poche decine di metri dalla centrale e da altre attività inquinanti si insedieranno le facoltà universitarie (area ex Cirio);
si stima che, per effetto di questa scelta, la popolazione, studentesca e non, raggiungerà quota 22.000 presenze;
inoltre l'amministrazione ha approvato diversi progetti che prevedono la realizzazione di alcune centinaia di alloggi sempre nello stesso ambito. In pratica, migliaia di nuovi residenti si insedieranno nel bel mezzo di attività pericolose, aumentando ulteriormente i fattori di rischio -:
se non ritenga opportuno revocare l'autorizzazione alla costruzione della centrale di Vigliena alla luce del mancato rispetto delle prescrizioni previste dal decreto del Ministero delle attività produttive del 18 maggio 2005 n. 55/01/2005;
se non ritenga opportuno sospendere i lavori per porre in essere una adeguata bonifica dei suoli secondo le procedure previste dalla legge 468 articolo 7 comma 2 del 18 settembre 2001, e dall'articolo 12 del decreto ministeriale del 25 ottobre 1999;
se non ritenga infine opportuno disporre una adeguata e necessaria Valutazione di Impatto Ambientale, tenendo conto che si pretende di costruire una centrale a turbogas in un centro densamente abitato, con tutti i problemi e i rischi sopraesposti, e in un contesto ambientale già appesantito dalle decisioni urbanistiche sopravvenute negli ultimi anni.
(4-04336)