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Allegato B
Seduta n. 190 del 17/7/2007
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ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta immediata:
DI SALVO, SPINI, PETTINARI, ATTILI, AURISICCHIO, BANDOLI, BUFFO, BARATELLA, D'ANTONA, FUMAGALLI, GRILLINI, LEONI, LOMAGLIO, MADERLONI, NICCHI, ROTONDO, SASSO, SCOTTO, TRUPIA e ZANOTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Fincantieri è una azienda pubblica che occupa una posizione di primissimo piano nel mercato mondiale delle costruzioni navali;
la Fincantieri è proprietaria di 13 stabilimenti produttivi dislocati in 7 regioni italiane, ha venticinquemila dipendenti, più altri che lavorano nella filiera delle forniture e dell'indotto; il Governo, anche in sede di documento di programmazione economico-finanziario 2007, ha annunciato una probabile quotazione in borsa della società, eventualità ribadita anche dai vertici aziendali;
da parte delle organizzazioni sindacali di categoria e confederali, nonché dal coordinamento nazionale dei sindaci delle città sedi di cantieri navali del gruppo Fincantieri, vengono manifestate non poche perplessità, e a volte, la decisa contrarietà all' ingresso in borsa del gruppo;
le preoccupazioni riguardano il futuro del destino industriale unitario di Fincantieri, i modesti rendimenti degli investimenti in costruzioni navali che pur positivi, non garantirebbero il successo dell'operazione in quanto più bassi di quelli mediamente attesi dalle quotazioni in borsa, il rischio di delocalizzazione all'estero di alcune attività conseguenti all'eventuale acquisizione di cantieri all'estero e una probabile riduzione dei posti di lavoro in Italia;
alcuni esponenti del Governo hanno rilasciato dichiarazioni tese a rasserenare il clima, sostenendo che rimarrebbe allo Stato il 51 per cento delle azioni, che l'intero ricavato delle vendite andrà a Fincantieri per il programma di potenziamento del gruppo, che non vi sarà né lo «spezzatino» del gruppo, né la delocalizzazione di attività dai cantieri italiani e quindi verrebbe garantita la salvaguardia dei posti di lavoro -:
quali iniziative il Governo intenda assumere in merito alla collocazione in borsa di Fincantieri, anche nel rapporto con le organizzazioni sindacali e i sindaci delle 13 città ove hanno sede gli stabilimenti dei gruppo, anche al fine di garantire la produzione nel settore strategico delle costruzioni navali.
(3-01110)
LEONE, MISURACA, ANGELINO ALFANO, BAIAMONTE, FALLICA, FLORESTA, GERMANÀ, GIUDICE, GRIMALDI, LA LOGGIA, MARINELLO, MARTINO, MINARDO, MORMINO, PALUMBO, PRESTIGIACOMO e STAGNO D'ALCONTRES. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 1152, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, prevede per
ciascuno degli anni 2007-2008-2009 una quota pari a 350 milioni di euro da destinarsi alla viabilità secondaria della Regione siciliana;
come previsto dal medesimo comma 1152 vi è stato il concerto tra il Ministro delle infrastrutture e quello dello sviluppo economico, al fine di ripartire le risorse tra le province della Regione siciliana;
si apprende, infatti, da fonti di stampa che l'assegnazione di detti fondi verrebbe differita di tre anni, dunque a partire dal 2009, con grave pregiudizio per l'ammodernamento delle infrastrutture viarie della Sicilia;
alcune province siciliane hanno già inserito nel proprio bilancio preventivo le somme derivanti dai fondi sopraddetti e ripartite tra le nove province;
sono state create molte aspettative nelle popolazioni interessate circa il completamento della rete viaria secondaria siciliana -:
se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, in tal caso se risulti vero che il Ministro interrogato renderà disponibili i fondi indicati in premessa solo a partire dal 2009, differendone dunque la decorrenza di due anni, e se sia almeno disponibile l'annualità 2007.
(3-01111)
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:
CECCUZZI e VILLARI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comma 5 dell'articolo 7 della legge numero 40 del 2007 impegna l'Abi (Associazione bancaria italiana) e le associazioni dei consumatori a definire le regole generali di riconduzione ad equità per l'estinzione anticipata dei mutui immobiliari stipulati prima dell'entrata in vigore della medesima legge;
il 2 maggio scorso, dopo una serie di incontri, è stato sottoscritto fra l'Abi e le associazioni dei consumatori un accordo di intesa sulle penali massime applicabili per l'estinzione anticipata dei mutui immobiliari stipulati prima dell'entrata in vigore della legge numero 40 del 2007. Nell'accordo vengono specificate le penali applicabili in relazione alla data di stipula ed alle caratteristiche del mutuo;
le penali massime, concordate nell'accordo, hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge numero 40 del 2007;
secondo l'accordo, l'Abi e le Associazioni dei consumatori si impegnano anche a «costituire un comitato per monitorare l'applicazione dell'accordo e di risolvere le eventuali questioni interpretative che si dovessero presentare sul contenuto dello stesso»;
il protocollo riporta testualmente che «l'Abi e gli altri soggetti mutuanti provvedono ad informare i mutuatari delle previsioni contenute nel presente accordo»;
le associazioni dei consumatori, ed in particolare Adusbef e Federconsumatori, hanno denunciato nei giorni scorsi a mezzo stampa che le banche continuano ad incassare penali non dovute affermando «di aver male interpretato la norma» e «provando anche ad addebitare commissioni illecite»;
lo stesso presidente dell'Antitrust Antonio Catricalà ha denunciato, nei giorni scorsi secondo quanto riportato da autorevoli organi di stampa, di aver ricevuto una richiesta di una penale per l'estinzione anticipata di un mutuo immobiliare superiore a quanto definito nell'accordo stipulato fra Abi e Associazioni di consumatori -:
se le notizie riportate dalla stampa rispondano al vero quali iniziative intendano l'intraprendere per far rispettare la corretta applicazione dell'accordo fra Abi ed associazioni di consumatori.
(5-01284)
GALLETTI e D'AGRÒ. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con interrogazione a risposta immediata 5/01058 si è chiesto di sapere se il Ministero dell'economia e delle finanze non ritenga indispensabile ed urgente promuovere un intervento normativo volto ad individuare un unico organo competente a giudicare in materia catastale, al quale i cittadini possano rivolgersi affinché esso valuti anche il merito degli estimi e delle rilevazioni dei dati sul territorio, misura la cui urgenza è accentuata dall'imminente attribuzione ai Comuni di funzioni catastali per effetto di quanto previsto dall'articolo 1, comma 197, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
il Ministero dell'economia e delle finanze ha risposto in data 30 maggio 2007 facendo presente che, «a parere dell'Agenzia del territorio, un intervento normativo nell'imminenza della citata riforma sembrerebbe, al momento, intempestivo»;
non si vede da cosa questo convincimento possa trarre origine atteso che il provvedimento all'esame del Parlamento (atto Camera 1762) interessa solo le Commissioni censuarie, che sono organi amministrativi e non giurisdizionali;
il sottoscritto chiedeva invece un giudizio (tra l'altro del Ministro e non dell'Agenzia) a proposito del contenzioso vero e proprio, in particolare sottolineando che non esiste oggi un organo giurisdizionale che possa essere adito per un controllo di congruità delle tariffe d'estimo (ciò che appare totalmente inconcepibile nell'ambito di uno Stato di diritto);
è del tutto infondato che la precedente interrogazione del sottoscritto - come si è invece ipotizzato nella richiamata risposta del 30 maggio - avesse sottesa la finalità «di estendere al giudice amministrativo la giurisdizione di merito in ambito catastale»;
è anzi opinione dell'interrogante che, stanti le competenze già attribuite in materia catastale alle Commissioni tributarie, debba alle stesse essere attribuito anche il giudizio di merito sulle tariffe d'estimo;
non v'è chi non veda l'utilità - anche per economia di giudizi e coerenza di decisioni - di istituire un unico giudice catastale -:
se non ritenga di promuovere un provvedimento di modifica della normativa che regola attualmente il contenzioso catastale, nel senso di attribuire alle Commissioni tributarie anche il giudizio di merito precitato, facendo presente che è inaudito e addirittura incivile che il nostro ordinamento non preveda oggi un siffatto giudizio, cosicché i cittadini non hanno paradossalmente un organo giurisdizionale al quale rivolersi per far controllare l'operato dell'Agenzia del territorio, delle Commissioni censuarie (composte anche da rappresentanti dei Comuni) e dei Comuni stessi a seguito dell'attribuzione a questi enti di funzioni catastali e, con DPCM in corso di emanazione, proprio anche della funzione di attribuzione delle rendite, sottolineandosi al proposito che per questa opera di giustizia ed equità è all'evidenza indispensabile superare ogni ostacolo che venga frapposto al controllo del suo operato dall'Agenzia del territorio.
(5-01285)
LEO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia delle entrate, con circolare n. 42/E del 6 luglio 2007 - preso atto del consolidato orientamento della Corte di Cassazione adottato mediante le recenti sentenze 24 novembre 2006, n. 24973 e 30 gennaio 2007, n. 1910, con le quali è stato statuito che non sono deducibili dal reddito di impresa della casa mandante gli accantonamenti effettuati ai sensi dell'articolo 70 del TUIR (ora articolo 105) per indennità suppletiva di clientela e per indennità meritocratica in quanto la corresponsione di tali indennità costituisce, a differenza dell'indennità di fine rapporto, un onere soltanto eventuale (in quanto dovute solo se il rapporto a tempo indeterminato si scioglie su iniziativa della
casa mandante per fatto non imputabile all'agente) - ha ritenuto non ulteriormente sostenibile la tesi interpretativa assunta con la risoluzione n. 59/E del 9 aprile 2004, secondo cui l'accantonamento ai fondi per indennità di cessazione del rapporto di agenzia, valorizzato nelle sue diverse componenti (indennità di risoluzione, indennità suppletiva di clientela e indennità meritocratica) è fiscalmente deducibile nei limiti dell'importo massimo previsto dall'articolo 1751 terzo comma, del codice civile;
l'Agenzia delle entrate, con la citata circolare, haimposto ai contribuenti che, in conformità alla predetta risoluzione n. 59/E, avessero proceduto a dedurre gli accantonamenti ai fondi per indennità suppletiva di clientela e per indennità meritocratica, l'obbligo di emendare le dichiarazioni precedenti ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP, ai sensi dell'articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, entro il termine previsto dall'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, o avvalendosi del ravvedimento operoso previsto dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997, entro il prossimo termine di presentazione, come modificato dall'articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 31 maggio 2007 ovvero prima che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento. Ciò al fine di evitare l'applicazione di sanzioni e interessi;
gli obblighi posti dalla citata circolare sono di estrema difficoltà applicativa potendo coinvolgere anche una pluralità di soggetti (ad esempio, in caso di consolidato o di trasparenza) e il contribuente, nei casi di specie, non ha commesso alcun errore da correggere o di cui si deve ravvedere;
gli obblighi stessi sono in netto contrasto con le disposizioni, pur evocate dalla stessa Agenzia, dell'articolo 10, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente), che si limitano a stabilire la non irrogazione di sanzioni e interessi moratori al contribuente (evidentemente in sede di accertamento), qualora egli si sia conformato, come nel caso in esame, a indicazioni contenute in atti dell'Amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'Amministrazione medesima, senza porre alcun adempimento;
nel caso in esame il pregresso comportamento del contribuente, non più in linea con l'orientamento della Corte di Cassazione non è idoneo a determinare alcuna sottrazione alla tassazione delle quote accantonate; infatti, anche nel caso in cui l'indennità non verrà erogata, gli accantonamenti dedotti, non utilizzati all'atto della cessazione del rapporto di agenzia, verrebbero comunque recuperati a tassazione ai sensi dell'articolo 88 del TUIR -:
se non sia possibile revocare la circolare n. 42/E in argomento, nella parte che pone a carico del contribuente, obblighi non previsti dalla legge, perché in contrasto con il menzionato articolo 10, comma 2, della legge n. 212 del 2000 o esplicitare in base a quale norma l'Agenzia delle entrate ritiene di poter richiedere al contribuente adempimenti non stabiliti dalla legge, tenuto conto che «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge» (articolo 23 della Costituzione).
(5-01286)
FUGATTI e FILIPPI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la circolare n. 4-DPF del 30 maggio 2002, avente ad oggetto «Chiarimenti in ordine al pagamento dell'imposta comunale sugli immobili. Articolo 10 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504». stabilisce che «non si fa luogo al pagamento se l'imposta da versare è uguale o inferiore a 2,07 euro, e che, comunque, l'ente locale può deliberare un importo minimo di versamento superiore a detta somma»;
l'articolo 25 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, rinvia ad uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione delle disposizioni, compresa
la fissazione degli importi corrispondenti, relative alla disciplina del pagamento e della riscossione di crediti di diverso ammontare e di qualsiasi natura, anche tributaria, applicabili a tutte le amministrazioni pubbliche; l'ultimo comma dello stesso articolo afferma che, in sede di prima applicazione dei decreti, l'importo minimo non può essere inferiore a 12 euro;
la circolare n. 2-DPF del 7 giugno 2004, avente ad oggetto «Chiarimenti in ordine al pagamento dell'imposta comunale sugli immobili. Articolo 10 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 ed articolo 2, comma 41, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.», tra l'altro, afferma, conformemente alla già citata circolare n. 4 del 2002, ma in contrasto con la legge finanziaria 2003, che l'importo minimo dell'imposta da versare è 2,07 euro e che, comunque, l'ente locale può deliberare un importo minimo di versamento superiore a detta somma;
la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 30 del 26 gennaio 2005, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del già citato articolo 25 della legge finanziaria per il 2003, nella parte in cui prevede che, con uno o più decreti, il Ministro dell'economia e delle finanze adotti disposizioni relative alla disciplina del pagamento e della riscossione di crediti di modesto ammontare e di qualsiasi natura, anche tributaria, applicabili alle Regioni;
la nota del Ministero dell'economia e delle finanze, Ufficio federalismo fiscale, Area I, Reparto V, Protocollo 6372/2007/DPF/UFF, afferma che l'importo minimo di 12 euro, fissato dal legislatore statale, ha una valenza di criterio di massima, a cui deve ispirarsi l'esercizio della legislazione concorrente delle regioni e della potestà regolamentare degli enti locali, ma che tale importo «è una misura derogabile dagli enti locali con norma regolamentare» -:
quale sia l'importo minimo al di sotto del quale i comuni non possono esigere il pagamento delle imposte.
(5-01287)