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Allegato B
Seduta n. 191 del 18/7/2007
TESTO AGGIORNATO AL 25 LUGLIO 2007
ATTI DI INDIRIZZO
Risoluzioni in Commissione:
La VI Commissione,
premesso che:
l'articolo 1, comma 337, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, prevede per l'anno finanziario 2006, a titolo sperimentale, la destinazione, in base alla scelta del contribuente di una quota pari al 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche per finalità di sostegno del volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale e delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all'articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460; e per il finanziamento della ricerca scientifica e delle università, della ricerca sanitaria, nonché ad attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente;
l'articolo 1, comma 340, della predetta legge n. 266 del 2005, prevede che, con decreto di natura non regolamentare, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, stabilisce le modalità di richiesta, le liste dei soggetti ammessi al riparto, nonché le modalità di riparto delle somme destinate dai contribuenti;
il 20 gennaio 2006 è stato emanato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante «Definizione della modalità di destinazione della quota pari al cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, in base alla scelta del contribuente, per finalità di volontariato, ricerca scientifica e dell'università, ricerca sanitaria e attività sociali svolte dal comune di residenza», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 gennaio 2006, n. 22;
l'articolo 1, comma 337, della legge 23 dicembre 2005, n.266, alla lettera a), nella parte che riguarda come beneficiari le associazioni e fondazioni che operano nei settori di cui all'articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 cita esclusivamente, ed in maniera generica, le associazioni e fondazioni «riconosciute», senza precisare a quale tipo di norma si faccia riferimento, né a maggior ragione, si parla di riconoscimento della personalità giuridica;
migliaia di persone di ogni età, ceto sociale e condizione umana praticano sport. Lo sport è, dunque, di tutti. Bisogna sviluppare una cultura del movimento come valore e come strumento di crescita umana. Lo sport è un fenomeno sociale di enorme rilevanza: educa, stimola l'inclusione e coesione sociale, è risorsa economica e veicolo di comunicazione;
le Associazioni sportive dilettantistiche svolgono un ruolo sociale importante per la società, come strumento per l'educazione alla convivenza pacifica, per l'integrazione sociale e per la salute delle persone, dando la possibilità di praticare sport a migliaia di persone di ogni età e ceto sociale, garantendo l'utilizzo di impianti e attrezzature;
le Associazioni sportive hanno vissuto negli ultimi anni forti difficoltà economiche, anche per una forte carenza di risorse e di un serio programma di sviluppo dello sport per tutti;
impegna il Governo
a chiarire l'interpretazione del comma 337 dell'articolo 2 della legge Finanziaria n. 266, ove si prevede tra i soggetti beneficiari del 5 per mille «le associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all'articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460», nel senso che le Associazioni sportive dilettantistiche, qualunque sia il loro riconoscimento, che hanno provveduto all'invio in forma telematica della domanda d'iscrizione di cui all'articolo 1
del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 gennaio 2006, siano da ritenersi iscritte nell'elenco dei beneficiari della destinazione della quota pari al cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, in base alla scelta del contribuente.
(7-00248) «Fluvi, Froner, Strizzolo».
La XIII Commissione,
premesso che:
con l'allarme sui rischi di contaminazioni dei prodotti provenienti dalla Cina, che oltre ai dentifrici potrebbero interessare anche cibi come le conserve di pomodoro, l'Italia si trova in una situazione particolarmente preoccupante dopo che non è riuscita a ottenere l'obbligo di indicare in etichetta l'origine dei prodotti ortofrutticoli trasformati nell'ambito della riforma comune prodotto di mercato europeo dell'ortofrutta, con la possibilità reale che venga spacciato come made in Italia un prodotto importato;
una recente manifestazione della Coldiretti, ha evidenziato l'aumento del 150 per cento delle importazioni di concentrato di pomodoro cinese che su base annua significano oltre 100 milioni di chili, quasi un terzo della produzione nazionale;
la stessa Coldiretti ha inoltre mostrato alcuni esempi di cibi falsi a base di pomodoro made in China come i barattoli scritti in italiano, ma di provenienza cinese, di «pomodori a grappolo» o di «pomodori pelati» con la conseguenza che in assenza di una regolamentazione trasparente sull'etichettatura c'è il rischio che il pomodoro cinese venga confuso con quello nazionale senza alcuna informazione per il consumatore;
l'aumento sempre più costante delle importazioni di prodotti agroalimentari nel nostro Paese, con l'etichettatura italiana, ma che in realtà provengono da Paesi esteri e in particolare asiatici, sta provocando una grave perdita di competitività per le imprese del settore e per l'intera filiera agricola;
infatti la contraffazione delle etichette induce in errore i consumatori sulla provenienza dei prodotti: Parmesao in Brasile, Regianito in Argentina, Reggiano e Parmesano in tutto il sud America e Parmesan dovunque, dagli Stati Uniti al Canada, dall'Australia fino al Giappone per quanto riguarda il Parmigiano Reggiano, che è la specialità alimentare italiana più imitata in ogni parte del mondo. Dolcetto, Barbera, Sangiovese e Amarone prodotti in Australia, Chianti, Sangiovese, Refosco e Barbera anche Rosè, Barolo e Super Piemontese prodotti in California ma anche Moscato e Malvasia, per citare solo alcuni falsi nei vini. Prosciutti Parma Ham e San Daniele, salsicce Calabrese o Abruzzese, Mortadella Bologna e Cacciatore made in USA, mortadella Milanesa prodotta in Cile;
appare evidente ai sottoscrittori del presente atto il fallimento negoziale europeo del Governo italiano e in particolare del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, il quale nonostante i tentativi rassicuranti dichiarati ormai da un anno, sta dimostrando l'incapacità di gestire una situazione quale la contraffazione dei prodotti agroalimentari con il marchio made in Italy, che sta creando gravissime difficoltà sia sul piano economico che di tutela dell'immagine dei nostri prodotti all'estero;
la situazione di estrema gravità è confermata anche dai dati dei primi mesi del corrente anno, forniti dell'Amministrazione Generale per il Controllo della Qualità, l'organismo statale cinese addetto al controllo delle norme di sicurezza ed indicano che il 19,1 per cento dei prodotti cinesi destinati al mercato interno non hanno rispettato gli standard di qualità con il pesce essiccato e la frutta e ortaggi in scatola, che presentavano i maggiori problemi a causa della presenza di additivi e di contaminazioni batteriche;
risulta indispensabile dare immediata applicazione della legge 3 agosto
2004, n. 204 concernente «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 157, recante disposizioni urgenti per l'etichettatura di alcuni prodotti agroalimentari, nonché in materia di agricoltura e pesca» approvata dal Parlamento in forma bipartisan e sostenuta con la raccolta di un milione di firme da parte dell'organizzazione degli imprenditori agricoli e che prevede l'obbligo di indicare in etichetta la provenienza di tutti gli alimenti, di cui il Governo Prodi evidentemente non sembra aver adeguatamente considerato e valutato l'importanza delle disposizioni contenute;
non appaiono ai sottoscrittori del presente atto invece condivisibili le considerazioni della Commissione europea, in quanto le disposizioni del decreto-legge n. 157 del 2004, successivamente convertito con modificazioni dalla predetta legge n. 204 del 2004, non violano in alcun modo le regole dell'Unione europea sulla concorrenza, ma contribuiscono a garantire una corretta e trasparente informazione dei consumatori e a prevenire i fenomeni di contraffazione in modo particolare nel settore agroalimentare la cui qualità del made in Italy è universalmente riconosciuta e imitata all'estero;
a penalizzare ulteriormente la competitività della filiera agroalimentare italiana sulla mancanza di tutela per i prodotti d'origine del nostro Paese, è stata la decisione del Governo di cancellare nel disegno di legge comunitaria 2007, l'articolo 7, in cui è prevista la disposizione che abroga tre norme stabilite dalla legge n. 204 del 2004;
in particolare le norme in questione sono: l'articolo 1, comma 3-bis, che introduce la classificazione merceologica di vitello, l'articolo 1-bis sull'indicazione obbligatoria nell'etichettatura dell'origine dei prodotti alimentari e l'articolo 1-ter, relativo all'etichettatura degli oli e all'obbligo di scrivere in etichetta l'indicazione del luogo di coltivazione e di molitura delle olive;
le prevedibili conseguenze dovute alla cancellazione dell'etichettatura d'origine, consentiranno un aumento della falsificazione dei prodotti agroalimentari del made in Italy e in particolare dell'olio di oliva, oltre che delle conserve di pomodoro a cui si uniscono altri prodotti provenienti dal mercato asiatico, quali l'aglio, le mele e i funghi;
uno degli impegni fondamentali del precedente Governo Berlusconi, per difendere lo sviluppo economico del Paese ed il lavoro italiano, è stato quello di combattere con dure azioni, sia amministrative che legislative, la sistematica falsificazione di prodotti agroalimentari italiani da parte di produttori extracomunitari;
risulta pertanto non più tollerabile il persistente aumento esponenziale della falsificazione dei prodotti agroalimentari con il marchio d'origine made in Italy, provenienti come detto, dall'Oriente e dall'Asia, ma anche dal Sud America e da altri Paesi addirittura europei, in mancanza di informazioni trasparenti in etichetta;
tale rischio è inaccettabile per il futuro dei prodotti simbolo del made in Italy alimentare e per l'intera filiera interessata, è necessario quindi contrastarlo a livello comunitario, ma anche con l'osservanza delle disposizioni normative già esistenti come la legge n. 204 del 2004 precedentemente esposta,
impegna il Governo:
ad assumere idonee e urgenti iniziative, anche a livello comunitario, al fine di promuovere la qualità, la valorizzazione della tipicità, il sostegno all'innovazione, la tutela del valore identitario dell'agricoltura italiana e dell'intera filiera agroalimentare;
ad adottare tutte le iniziative affinché nelle sedi comunitarie siano superati gli ostacoli che, a tutt'oggi, impediscono l'attuazione delle legislazione nazionale in materia di indicazione, in etichetta, dell'origine delle materie prime e dei prodotti alimentari;
nelle more della risoluzione dei problemi emersi nelle sedi comunitarie, a
dare, comunque, attuazione alle norme sull'indicazione dell'origine dei prodotti alimentari e delle materie prime agricole contenute nella legge n. 204 del 2004 e, in ogni caso, a prevedere specifici interventi per favorire la qualificazione dei prodotti ottenuti attraverso la trasformazione di materie prime agricole di origine nazionale.
(7-00247)
«Marinello, Giuseppe Fini, Giro, Grimaldi, Licastro Scardino, Minardo, Misuraca, Romele, Paolo Russo».