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Allegato B
Seduta n. 193 del 24/7/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ASCIERTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i rappresentanti del Siulp Polaria di Fiumicino hanno manifestato dinanzi all'ingresso del locale aeroporto perché a loro dire stanchi e frustrati dall'immobilismo da parte del Dipartimento Sicurezza del Ministero degli Interni;
inoltre lo stesso Sindacato lamenta uno scarso sostegno in termini di risorse umane e materiali che non consentono da parte del personale addetto un efficace controllo rispetto alle esigenze per la prevenzione di crimini terroristici;
a fronte di un notevole incremento dei passeggeri e dalle attività connesse alla sicurezza, l'Amministrazione della Polizia di Stato ha lentamente, ma in modo continuo, ridotto l'organico della Polaria;
se da una parte è comprensibile l'intervento in materia di sicurezza sussidiaria da parte degli istituti di vigilanza che andrebbe ulteriormente rinforzata, non va dimenticata l'importanza della presenza della polizia di Stato nell'attuale emergenza causata dalla minaccia del terrorismo internazionale;
in questo preciso momento non si può pregiudicare il livello di sicurezza che è mantenuto accettabile solo grazie ai sacrifici di ciascun poliziotto;
il Siulp e altri sindacati chiedono più personale e strumenti necessari per garantire standard ottimali di sicurezza -:
quali provvedimenti intenda adottare il Ministro interrogato nel caso sopraccitato.
(4-01298)
Risposta. - Presso l'ufficio di polizia di frontiera ubicato nell'aeroporto di Fiumicino prestano servizio, alla data del 1o maggio 2007, complessivamente 678 appartenenti ai ruoli operativi della Polizia di Stato, cui si aggiungono 6 tiratori scelti, 7 artificieri e 14 unità della squadra cinofili. Contribuiscono alla funzionalità della struttura 24 appartenenti ai ruoli tecnici della Polizia di Stato e 44 dipendenti dell'amministrazione civile dell'interno.
Nell'ambito della pianificazione delle risorse umane disponibili, l'ufficio è stato di recente potenziato con 15 unità del ruolo degli assistenti ed agenti.
Per quanto concerne il parco veicolare e le risorse strumentali, si precisa che l'ufficio di polizia di frontiera presso l'aeroporto di Fiumicino dispone di: 118 automezzi, di cui 8 fuoristrada, 135 radio portatili, 4 rilevatori mobili di esplosivi ed 86 rilevatori portatili di metallo. Tale equipaggiamento risulta adeguato alle esigenze del presidio.
Si precisa che è in fase di realizzazione una nuova sala operativa che contribuirà in modo sostanziale al miglioramento, in termini di efficacia ed efficienza, del dispositivo di sicurezza aeroportuale.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
BENEDETTI VALENTINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
mentre a Bologna e in altre città italiane si verificano numerosi ed allarmanti episodi di minacce eversive, con insulti alle vittime del terrorismo ed istigazioni a nuovi delitti, a L'Aquila centinaia di sovversivi organizzati hanno sfilato pubblicamente inneggiando ai delitti delle Brigate Rosse, esaltando le gesta dei terroristi, facendo vilipendio delle loro vittime, arrivando a manifestare apertamente a favore degli autori dei più efferati omicidi, specialmente contro caduti delle Forze dell'Ordine;
è altissima l'indignazione popolare, in tutta Italia ed ancor più ne luoghi teatro dei più atroci delitti o ambiente d'origine e di vita o di lavoro di chi è stato ucciso dalla ideologica follia assassina -:
chi abbia autorizzato le manifestazioni e i cortei che hanno dato luogo a così vergognose e intollerabili esaltazioni ed istigazioni di massa al delitto;
per quali ragioni nessuna autorità sia intervenuta per impedire e fermare le dette manifestazioni sovversive;
quali provvedimenti siano stati adottati nei confronti di chi abbia, eventualmente, mancato ai suoi doveri istituzionali nelle dette circostanze;
quali dirette responsabilità abbia assunto il Governo e quali iniziative abbia concretamente adottato, per prevenire e poi reprimere indegne manifestazioni come quelle cui gli italiani hanno dovuto, sbigottiti, assistere, e per dimostrare, non solo verbalmente, la volontà e la capacità di fronteggiare i rigurgiti dell'eversione;
quali iniziative risultino adottate, nell'ambito delle proprie competenze, delle forze di Polizia, che abbiano dato luogo all'identificazione degli organizzatori e di tutti quanti, nel contesto delle manifestazioni, abbiano commesso reati e tenuto condotte incompatibili con la civile convivenza e se risultino avviate indagini giudiziarie.
(4-03898)
Risposta. - In via preliminare, va sottolineato che la disciplina costituzionale del diritto di riunione non prevede alcuna autorizzazione da parte delle Autorità di pubblica sicurezza. L'articolo 17 della nostra Carta, infatti, dopo aver affermato che «I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi», precisa con chiarezza che solo per le riunioni in luogo pubblico «deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica».
In virtù di queste disposizioni e di quelle previste dall'articolo 18 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S), spetta all'Autorità di pubblica sicurezza valutare le circostanze e le condizioni che, di volta in volta, appaiono necessarie per consentire riunioni o manifestazioni oppure, al contrario, inducono a vietarle o a farle svolgere secondo modalità differenti da quelle previste dagli organizzatori.
Nella più stretta osservanza di queste norme e dello spirito che le impronta, il Governo e le Autorità di pubblica sicurezza garantiscono concretamente l'esercizio del diritto di riunione ad ogni gruppo che voglia organizzare iniziative volte a sostenere le proprie tesi, purché nel rispetto della Costituzione e delle leggi e, quindi, occorre ribadirlo, «pacificamente e senz'armi».
A tal fine, le Autorità di pubblica sicurezza definiscono adeguati servizi di ordine pubblico la cui gestione è costantemente ispirata a criteri di equilibrio e di prudenza, in modo tale da contemperare i diritti costituzionalmente garantiti di riunione e di libera espressione del pensiero con le esigenze di tutela della sicurezza e della pubblica e privata incolumità.
In tale contesto e anche per evitare più gravi tensioni, gli eventuali illeciti posti in essere durante le manifestazioni vengono attentamente monitorati da operatori di polizia appositamente specializzati e, a seguito delle successive indagini, i soggetti
individuati vengono tempestivamente deferiti all'Autorità giudiziaria per le valutazioni di competenza.
La manifestazione, cui fa riferimento l'interrogante, era stata formalmente preavvisata il 19 maggio scorso dal rappresentante del collettivo «Compagne e compagni contro il carcere» come iniziativa esclusivamente finalizzata per protestare contro il sistema detentivo e, in particolare, contro l'applicazione dell'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (il cosiddetto «carcere duro»).
Il preavviso informava, altresì, che gli aderenti al citato collettivo avrebbero svolto nella mattina un corteo lungo alcune vie del centro dell'Aquila e che, nel pomeriggio, si sarebbe tenuto un presidio su di un fondo agricolo ubicato nei pressi della casa circondariale.
A seguito di detta comunicazione, sono stati pertanto predisposti adeguati servizi a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, anche grazie ai contingenti di rinforzo appositamente inviati.
Nel corso della manifestazione, a cui hanno partecipato circa 250 persone, sono stati scanditi slogan contro il sistema carcerario ed i centri di permanenza temporanea.
Purtroppo alcuni tra i dimostranti hanno approfittato, in quanto confusi all'interno del corteo, per tracciare sui muri scritte offensive contro gli appartenenti alle Forze dell'ordine, al clero ed allo stesso Pontefice, nonché hanno addirittura inneggiato ai tristi eventi della nota strage di Nassirya (Iraq) e degli omicidi degli ideatori della riforma del mercato del lavoro (professori Massimo D'Antona e Marco Biagi).
Ritengo tali episodi, che - occorre ribadirlo - esulano dai motivi originari della manifestazione preavvisata, di estrema gravità e al di là di ogni espressione di dialettica politica e, pertanto, totalmente inaccettabili.
Ciò in quanto costituiscono, da un lato, una oggettiva lacerazione e un punto di rottura con il rispetto della legalità e di coloro che hanno sacrificato la propria vita al servizio della stessa, dall'altro, perché offendono il sentimento religioso di gran parte degli italiani, nonché la memoria condivisa di tutti i cittadini democratici che hanno vissuto i tristi eventi del terrorismo, soprattutto nel periodo compreso tra i due decenni degli anni '70 e '80.
Alle ore 12.40, il corteo è giunto in prossimità dell'istituto di pena dove i manifestanti hanno poi diffuso musica, letto alcune lettere dei detenuti, lanciato petardi e acceso fumogeni per richiamare l'attenzione dei reclusi.
Intorno alle ore 16, l'evento si è definitivamente concluso senza il verificarsi di ulteriori turbative per l'ordine e la sicurezza pubblica.
Tutte le fasi della manifestazione sono state registrate da personale della Polizia scientifica, consentendo già dal giorno successivo alla Digos della questura dell'Aquila di poter trasmettere una prima, ma già consistente informativa di reato alla locale procura della Repubblica.
Anche a Bologna e a Modena sono state informate le competenti Autorità giudiziarie in ordine agli episodi di minacce eversive citate nell'interrogazione. In entrambi i casi sono in corso indagini.
Nel concludere, desidero rassicurare l'interrogante che le forze di polizia e gli apparati di «intelligence» continuano a seguire con la massima attenzione tutte le manifestazioni di solidarietà nei confronti degli autori di reati eversivi e non sottovalutano in alcun modo i rischi ad esse collegate.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
BERTOLINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'area territoriale compresa nel comune di Campogalliano è di estrema importanza per l'attività produttiva della Provincia di Modena, in quanto crocevia di due autostrade estremamente rilevanti e sede di una dogana cui fanno riferimento molte aziende orientate all'esportazione verso l'estero;
l'Amministrazione comunale di Campogalliano avrebbe dovuto costruire la
nuova Caserma per il comando locale dei Carabinieri; a causa di procedura fallimentare avviata a carico dell'azienda alla quale è stato affidato l'appalto, i lavori per la costruzione di tale struttura non sono stati realizzati nei tempi previsti;
a causa di questo increscioso stato di cose la locale Caserma dei Carabinieri, situata attualmente in locali assolutamente inadeguati al delicato ruolo di tutela e difesa della sicurezza e dell'ordine pubblico che le forze dell'ordine devono quotidianamente svolgere, ha cessato la propria attività all'inizio del nuovo anno;
la difesa dei cittadini di Campogalliano, salvo un servizio di pattugliamento mobile ancora da istituire, sarà demandata interamente alla Caserma presente nel Comune di Carpi;
nel Comune di Carpi, contrariamente a quanto richiesto, il locale Commissariato di Polizia non è stato elevato al livello di primo grado dal Ministero dell'interno;
in un Comune di 65mila abitanti, afflitto da una pericolosa escalation di episodi di microcriminalità, legati anche alla presenza di molti cittadini extracomunitari, tale promozione avrebbe significato un rafforzamento degli investimenti e degli organici, ancor più significativo e necessario vista la contemporanea chiusura della Caserma dei Carabinieri di Campogalliano -:
1) se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti;
2) se disponga di ulteriori particolari dei quali voglia informare la Camera dei Deputati;
3) se tale situazione non costituisca un grave pericolo per la tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico dei cittadini di quella zona, crocevia di molteplici attività economiche, affetta da un pericoloso incremento di episodi di criminalità, che denotano un forte radicamento di malviventi extracomunitari;
4) se e quando il Commissariato di Polizia di Carpi sarà elevato al livello di primo grado dal ministero dell'interno;
5) se intenda porre in essere immediate iniziative per risolvere tale incresciosa situazione.
(4-02112)
Risposta. - Secondo quanto riferito dal prefetto di Modena, dal mese di aprile del 2002, a causa della cessata locazione dello stabile precedentemente occupato, la stazione dell'Arma dei carabinieri di Campogalliano (Modena) è stata provvisoriamente dislocata in un immobile di proprietà di quel comune, in attesa della costruzione di una nuova sede.
Dallo scorso mese di gennaio, a seguito del fallimento dell'impresa appaltatrice dei lavori e dell'impossibilità di prolungare - per carenza dei necessari requisiti logistici - la permanenza dei militari nell'immobile comunale, si è provveduto a dislocare i medesimi presso la sede della Compagnia dei carabinieri di Carpi (Modena), a soli 13 chilometri di distanza e ottimamente collegata dalla rete viaria.
Tale scelta si è resa necessaria anche in previsione del prolungamento dei tempi di realizzazione della nuova caserma, dovuta al fatto che l'amministrazione comunale non ha ritenuto percorribile l'ipotesi del subentro di altra impresa edile nell'originario contratto di appalto e quindi ha deciso di avviare le procedure per un nuovo bando di gara.
Va detto anche che la stessa amministrazione comunale ha messo a disposizione dell'Arma dei carabinieri un locale per la ricezione delle denunce.
Si assicura che la situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica di quel territorio è alla costante attenzione dei carabinieri che, indipendentemente dal temporaneo spostamento di detta sede, continuano a svolgervi servizi di prevenzione generale, avvalendosi anche del concorso offerto dalle pattuglie del Reparto operativo e radiomobile del comando provinciale dei carabinieri di Modena.
In particolare, quest'ultimo ha previsto un servizio giornaliero di pattuglia nel
territorio del comune di Campogalliano, avvalendosi anche dell'impiego di una stazione mobile.
Relativamente alla proposta di elevazione del commissariato di pubblica sicurezza di Carpi, si rileva che in quel territorio non si sono, almeno per il momento, evidenziate situazioni per l'ordine e la sicurezza pubblica di così particolare entità da rendere necessaria l'elevazione del Commissariato a livello dirigenziale. Ciò anche tenuto conto della compresenza nello stesso Comune di una Compagnia dall'Arma dei carabinieri, dotata di 50 militari, e di una tenenza della Guardia di finanza, che dispone di 27 militari.
Le eventuali esigenze di potenziamento degli organici di detto presidio di pubblica sicurezza potranno, comunque, essere tenute, di volta in volta, in debita considerazione, sempre compatibilmente con le risorse che si renderanno in futuro disponibili e con le necessità degli altri uffici e reparti della Polizia di Stato distribuiti sull'intero territorio nazionale.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
BIANCOFIORE, LA LOGGIA, SANTELLI, CARFAGNA, BERTOLINI, FITTO e GARDINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in numerosi articoli di stampa locale e nazionale, si è appreso ancora una volta di una deriva tutt'altro che folcloristica, bensì di attività irregolare del corpo dei cappelli piumati, così detti Schützen altoatesini, le cui manifestazioni e vita associativa sono foraggiate dai contributi pubblici messi a disposizione dalla Provincia Autonoma di Bolzano, ergo dalle leggi finanziarie dello Stato;
gli stessi tiratori - Schützen del Tirolo del Nord - Austria, lo scorso dicembre hanno accusato a mezzo stampa, quelli altoatesini di un non ben specificato estremismo di destra addirittura filo-nazista, rinunciando con ciò ad accoglierli sotto un'unica bandiera di una federazione «pantirolese» e di partecipare al tradizionale appuntamento dell'Immacolata nel Comune di Appiano sulla strada del vino, dove ogni anno i tiratori di tutta l'area alpina si ritrovano per commemorare gli irredentisti degli anni '60, in particolare quel Sepp Kerschbaumer condannato a 15 anni e 11 mesi di reclusione per l'organizzazione degli attentati dinamitardi e fondatore nel 1957 del BAS (Befreiungsausschuss Sudtirol - Comitato per la liberazione del Tirolo del Sud) ovvero di un'organizzazione filoterroristica che aveva l'obiettivo della secessione dell'Alto Adige dall'Italia e la riunificazione con il Tirolo e l'Austria;
la magistratura italiana ha avviato un'indagine sull'attività propagandistica filo-nazista anche di alcuni esponenti di punta dei cappelli piumati altoatesini;
a seguire la suddetta presa di posizione degli Schützen del Nord Tirolo, inizialmente incomprensibile considerati i rapporti storici fra le compagnie del nord e del sud Tirolo il quotidiano tedesco «Tageszeitung» - come riportato dagli articoli di stampa, ha rivelato che in Alto Adige sarebbe stata costituita una cellula segreta degli Schützen chiamata «Maria Theresia» ispirata all'ex imperatrice austriaca - il cui addestramento avrebbe caratteristiche di tipo paramilitare e si terrebbe in luoghi lontani da occhi indiscreti prevalentemente in boschi isolati, dove i «camerati» verrebbero istruiti con fini tutt'altro che pacifisti addirittura da ex ufficiali dell'esercito tedesco;
in particolare il responsabile culturale degli Schützen Peter Piock, avrebbe addirittura affidato tale indottrinamento all'ex Generalmayor Gerd Schultzen-Rhonhof, salito tristemente alle cronache di tutto il mondo germanico per le sue conferenze negazioniste e revisioniste, le sue idee e opinioni apertamente filo naziste tra le quali la negazione dell'Olocausto, la parificazione tra Wermacht e Waffen SS, l'annessione dell'Austria alla grande Germania, riportate in particolare
nella monografia «1939. La guerra che aveva molti padri»;
recentemente gli Schützen altoatesini hanno oscurato il proprio sito internet per dichiarate infiltrazioni filo naziste ed estremiste;
ritualmente si rendono protagonisti di non ben definiti «onori militari» con spari a salve dei fucili storici dei «tiratori scelti» concessi loro a suo tempo dall'ex Ministro degli interni Enzo Bianco - nei confronti di ex terroristi degli anni '60, come recentemente ai funerali del terrorista altoatesino Heinrich Oberlechner morto ad Innsbruck e seppellito a Molini di Tures. Notizia annunciata - peraltro, dall'associazione di Norimberga che raggruppa personaggi dell'estremismo sudtirolese e pangermanista, guidata da Erhard Hartung, condannato in Italia all'ergastolo;
nel loro statuto si legge che trattasi di un'organizzazione folcloristica popolare e che dunque non sono spiegabili né il vaneggiamento di armi - seppure storiche ma che con lievi modifiche divengono perfettamente funzionanti, né atti come gli annuali festeggiamenti di ex terroristi come quelle che si tengono nel cimitero di San Paolo Appiano legittimati addirittura dal segretario politico della SudtirolerVolkspartei, nonché vicesindaco del capoluogo altoatesino e sollecitatore della famigerata petizione dei 116 sindaci altoatesini per l'autodeterminazione e riannessione all'Austria;
recentemente il Presidente della Provincia Autonoma di Bolzano ha chiesto la libera circolazione in Europa delle armi (sciabole e fucili) e che gli Schützen di Oltre Brennero potessero entrare in Italia, in Alto Adige, con i fucili di quelle compagnie che parrebbero perfettamente funzionanti, con palese violazione dell'ordinamento giuridico italiano;
più volte innanzi ad interrogazioni della scrivente manifestanti seria preoccupazione, il Vice Ministro agli Interni ha tendenzialmente sminuito la portata degli atti e delle idee professate dagli Schützen e da alcuni partiti locali di lingua tedesca con ciò, ad avviso degli interroganti, inducendoli a ritenere di poter rimanere essenzialmente impuniti;
l'articolo 18 della Costituzione italiana recita: «I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare»;
gli Schützen svolgono con tutta evidenza - come si può rilevare da 50 anni di rassegna stampa, attività politica organizzata attraverso squadre o corpi da loro stessi chiamati «Kameraten» - letteralmente «combattenti»;
il governo italiano, per iniziativa del ministro della Giustizia sta predisponendo un disegno di legge che punisce con la reclusione coloro che si rendono rei di negare l'Olocausto e la legge Mancino prevede severe sanzioni contro coloro che inneggiano e promuovono ideali e valori legati al nazi-fascismo;
la Presidenza tedesca dell'Unione europea ha al primo punto dell'agenda del semestre la proposta diretta ad armonizzare in Europa le azioni e le sanzioni contro il razzismo, l'antisemitismo e la xenofobia. Con ciò sottolineando che i valori assoluti dell'Unione Europea sono costruiti sul rispetto della vita e della dignità di ogni persona umana ed è per tali ragioni che ancora oggi la memoria dell'Olocausto, e dei milioni di innocenti della dittatura nazista, deve restare viva presso i cittadini, prevenendo e contrastando - anche con punizioni esemplari, i comportamenti volti a negare il genocidio degli ebrei inneggianti l'odio razzista;
secondo gli stessi inquirenti, se si dovesse accertare che corrisponda a verità la costituzione in seno agli Schützen della cellula paramilitare «Maria Theresia» con
gli obiettivi sopra descritti, si potrebbe configurare il reato di attentato all'unità dello Stato -:
cosa intenda fare il governo italiano per garantire l'unità dello Stato e mettere fine al perdurare di provocazioni che mettono a rischio la pacifica convivenza raggiunta attraverso la concessione da parte dello Stato italiano di un'autonomia politica, economica, amministrativa che non conosce pari in Europa e con il sacrificio della esclusione di fatto della maggioranza delle popolazioni italiane e ladine al governo di detta autonomia;
come si inserisca, a parere dei ministri interrogati, il così detto corpo degli Schützen altoatesini nel dettato dell'articolo 18 della Costituzione;
se non ritenga di attuare immediatamente il ritiro della concessione delle armi storiche che con semplici modificazioni possono divenire perfettamente funzionanti;
se non ritenga - innanzi al perdurare di scopi ambigui della suddetta associazione - prevederne lo scioglimento sull'esempio di quanto accaduto anche in altri paesi europei (Spagna) e/o comunque individuare le modalità per indurre la Provincia Autonoma di Bolzano, a far giurare gli associati sulla Costituzione italiana, previa concessione dei contributi pubblici finalizzati esclusivamente ad un'attività statutaria trasparente e realmente di matrice culturale.
(4-02339)
Risposta. - Secondo quanto riferito dalle Autorità provinciali di pubblica sicurezza di Bolzano, un quotidiano locale in lingua tedesca ha pubblicato, nello scorso mese di gennaio, alcuni articoli di stampa nei quali è stato fatto riferimento a non meglio specificati corsi di formazione paramilitare da parte di una asserita associazione segreta, avente nome di copertura «Maria Theresia», operante all'interno della Lega dei «tiratori scelti» (Schützen) del Sud Tirolo (Alto Adige).
Pertanto, la questura del capoluogo ha inoltrato una segnalazione alla locale procura della Repubblica, che ha delegato alla Digos il compito di esperire un'indagine conoscitiva per verificare la sussistenza, o meno, di elementi che configurino nella fattispecie l'ipotesi di reato contro la personalità dello Stato.
Giova evidenziare che quest'ultimo - nella nuova formulazione dell'articolo 241 del codice penale, come novellato dalla legge n. 85 del 24 febbraio 2006 in materia di reati d'opinione - può ora configurarsi solo in presenza di «atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso a sovranità di uno stato straniero, ovvero a menomare l'indipendenza o l'unità dello Stato».
Secondo le indagini svolte dagli inquirenti, non sono finora emersi elementi concreti né sull'esistenza di un'associazione segreta, né su attività di addestramento di carattere militare da parte dei cosiddetti «tiratori scelti».
D'altra parte, lo scioglimento della Lega degli Schützen potrebbe essere disposta, in base all'attuale legislazione, solo in virtù di comprovati e gravi motivi che, allo stato attuale, non sembrano sussistere.
Occorre evidenziare che i vertici di detta organizzazione hanno categoricamente smentito che vi siano state attività illegali all'interno della stessa, pur ammettendo che è stato, effettivamente, organizzato un corso di formazione, denominato «cadetti classe Maria Theresia».
Quest'ultimo avrebbe comunque riguardato materie tipiche dei cosiddetti "tiratori scelti", quali l'organizzazione di sfilate e di feste campestri, nonché l'addestramento formale delle diverse compagnie, che rievocano la tradizione storica di quei reparti di volontari che si opposero ai soldati napoleonici e bavaresi.
Una sola delle lezioni del citato corso di formazione risulta essere stata tenuta da un ex generale dell'esercito federale tedesco, ritenuto dai servizi di sicurezza interni della Germania come appartenente all'estremismo di destra, in quanto noto per la sua adesione alle tesi revisioniste e negazioniste delle responsabilità del nazismo.
Si evidenzia che, a seguito delle conseguenti polemiche, il comandante degli
Schützen ha reso noto di aver sospeso dall'incarico il responsabile culturale dell'organizzazione per il «deprecabile errore» commesso dal medesimo nella scelta dell'ex ufficiale germanico in parola.
Inoltre, il citato comandante, nell'esprimere piena fiducia nell'operato della magistratura italiana, ha sostenuto che l'eco suscitata dalla vicenda sulla stampa altoatesina faccia parte di una mirata campagna denigratoria nei confronti della tradizione del corpo degli Schützen Sud tirolesi ed ha, pertanto, preannunciato azioni legali.
Come è noto, la Lega degli Schützen, fondata nel 1958, viene considerata a livello locale un'associazione rientrante nella fattispecie di quelle storico-culturali, motivo per il quale fruisce di contributi erogati dagli enti locali.
In diverse pronunce l'Autorità giudiziaria ha sostenuto la non assimilabilità del tradizionale costume utilizzato dagli Schützen, (Tracht) alla disciplina giuridica sull'uso delle uniformi o delle divise di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 43 del 14 febbraio 1948, recante disposizioni in materia di divieto delle associazioni di carattere militare.
La concessione dell'uso delle armi storiche, sempre nel corso di manifestazioni culturali tradizionali, è stata data da questa Amministrazione a condizione che le stesse vengano rese permanentemente inoffensive, cioè in modo da renderle semplici simulacri d'arma in grado di sparare unicamente colpi a salve, così come stabilito dalla Commissione tecnica centrale sul controllo delle armi.
Ciò premesso, si assicura che le Autorità di pubblica sicurezza seguono con attenzione le attività dei cosiddetti «tiratori scelti», al fine di assicurare la più rigorosa osservanza di tutte le normative di settore ed, in particolar modo, dei principi costituzionali in materia di tutela delle libertà di tutti i gruppi etnici residenti nella provincia autonoma di Bolzano, nonché dell'integrità territoriale della Repubblica Italiana.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
BUEMI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
su La Stampa di lunedì 7 maggio 2007, è uscita un'inchiesta sul nuovo modulo organizzativo messo a punto dal presidente del Tribunale di Torino, Mario Barbuto, che ha consentito ai giudici di sfornare sentenze in serie ed azzerare, nel giro di pochi anni, l'arretrato nel settore civile;
secondo l'ultima relazione di Strasburgo, infatti, al 30 novembre 2006, nella sede centrale del tribunale solo il 3,86 per cento delle cause erano ancora pendenti a 3 anni dal loro inizio mentre di quelle sotto i 3 anni, il 68,46 per cento avevano appena un anno di vita, il 22,77 per cento due e l'8,76 tre;
in accordo con i magistrati e l'ordine forense si sta ora tentando di trasferire il modello anche nel settore penale dove i tempi sembrerebbero essere maturi;
l'improvvisa accelerata ha però creato, paradossalmente, una vera e propria paralisi della cancelleria che, a seguito dell'accumulo delle sentenze, non riesce ad evadere le pratiche; il cancelliere della IV sezione penale del tribunale di Torino, Franco Graziani, spiega come dall'inizio dell'anno le notifiche non ancora eseguite sono nella sostanza raddoppiate mentre i tempi medi di smaltimento di una pratica sono passati dai 2-3 mesi del gennaio 2006 ai 6-8 mesi del gennaio 2007;
simili ritardi generano gravi conseguenze innanzitutto per il cittadino-indagato che, ad esempio, si vede notificare una sentenza di assoluzione con mesi di ritardo;
attualmente, la IV sezione penale del tribunale di Torino conta circa 200 pratiche inevase e il numero si moltiplica per le altre cancellerie in cui le esecuzioni sono addirittura ferme al 2002;
a questo si aggiungono le sempre più frequenti lamentele degli avvocati che protestano perché non riescono ad ottenere
copie o estratti delle pratiche per cui, quando riescono a recuperare il fascicolo, lo trattengono con conseguenti problemi di responsabilità a carico del personale delle cancellerie;
quanto descritto è essenzialmente ascrivibile ad una cronica carenza di personale cui si aggiunge il fatto che la sperimentazione informatica ha in concreto rallentato i ritmi cosicché le sentenze non vengono eseguite -:
se il ministro competente non ritenga di dover far fronte a questa situazione avvalendosi di eventuali trasferimenti volontari da altre strutture o di convenzioni con altri enti pubblici che vadano a sanare le carenze di organico riscontrate, tenuto anche conto del fatto che la sostanziale paralisi del sistema lede il fondamentale diritto dei cittadini ad una giustizia vera e tempestiva oltre a costare molto denaro all'Erario.
(4-03569)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si fa presente che l'insufficienza della pianta organica del personale amministrativo del tribunale di Torino presenta attualmente una percentuale di scopertura intorno al 20 per cento.
È, pertanto, evidente che un eventuale intervento volto al potenziamento dell'organico, considerate le perduranti limitazioni alle assunzioni, determinerebbe un aumento del numero di posti privi di copertura, senza risolvere il problema denunciato.
La dotazione del personale amministrativo del tribunale di Torino attualmente prevede 452 posti, mentre le risorse umane presenti sono 405, comprese 27 unità a tempo determinato, un dipendente comandato da altra amministrazione e 13 impiegati dei ruoli in soprannumero.
Nell'impossibilità di coprire i posti vacanti con procedure concorsuali, per i limiti all'assunzione di personale nelle pubbliche amministrazioni imposti dalle normative che si susseguono da anni, assume particolare rilievo l'acquisizione di personale da altre amministrazioni, ai sensi dall'articolo 30 del decreto legislativo n. 165/01 sulla «mobilità volontaria».
Al riguardo, la mobilità esterna è stata attivata esclusivamente per sopperire alle carenze di personale negli uffici del Nord, i cui organici presentano le maggiori scoperture.
Negli ultimi due anni nel tribunale di Torino sono stati coperti 4 posti di cancelliere B3 ed uno di cancelliere C2 con personale transitato da altre amministrazioni per mobilità volontaria.
Per quanto riguarda le vacanze di cancelliere B3, contabile B3, operatore giudiziario B2, ausiliario B2, ausiliario B1, ex addetto ai servizi di portierato e ausiliario BI, ex autista, si fa presente che sono state tutte pubblicate con interpelli per la mobilità interna.
Soltanto dopo aver espletato le procedure di mobilità interna sarà possibile individuare i posti da destinare alla mobilità esterna.
Per fronteggiare le esigenze degli uffici giudicanti del distretto, il Presidente della Corte d'appello di Torino è stato poi autorizzato ad assumere, per l'anno in corso, 44 unità di personale a tempo determinato, ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2001 n. 368.
Si rappresenta, infine, che per garantire temporaneamente la funzionalità degli uffici, il Presidente della Corte ha facoltà di adottare lo strumento dell'applicazione di personale disciplinato dall'articolo 14 del recente accordo con i rappresentanti sindacali del 27 marzo 2007.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
CAMPA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la notte tra il 9 e il 10 marzo, l'intero litorale che va da Chioggia Sottomarina, Lido di Venezia a Jesolo-Portogruaro è rimasto sprovvisto di volanti e di agenti di polizia, per mancanza di personale e di mezzi. La gravità dell'episodio ha procurato la reazione delle autorità locali e la viva preoccupazione dei numerosissimi
abitanti, che temono che l'episodio si possa ripetere con gravissime conseguenze per le proprietà e le incolumità dei cittadini. Un nuovo black-out da parte della sorveglianza della polizia potrebbe avere il valore di «invito» alla malavita a compiere scorribande senza il timore di essere intercettata;
il Sap, Sindacato autonomo di polizia, ha ancora una volta denunciato la precaria situazione che si è creata nei commissariati di polizia che hanno il compito di operare lungo il litorale, densamente popolato, con nuclei urbani di rilevante importanza come il Lido di Venezia, Chioggia e Portogruaro, senza trascurare gli importanti centri di Jesolo e Cavallino-Tre Porti;
il Sindacato da tempo denuncia non soltanto il numero esiguo di agenti di polizia, che non permette di compiere un adeguato controllo del territorio, ma anche lo stato di grande usura dei natanti, che risalgono al 1980, e delle volanti che possono disporre delle Fiat Marea con più di 200 mila chilometri -:
quali provvedimenti intenda assumere per affrontare la gravissima situazione che si è creata nella vasta area del litorale veneziano con la mancanza di mezzi e di agenti, e che mette in pericolo la sicurezza di un gran numero di cittadini;
per quale ragione la polizia di Stato che opera nelle province di Treviso, Belluno, Vicenza e Rovigo sia stata dotata delle nuove Alfa 159, trascurando il territorio di Venezia, così importante.
(4-03032)
Risposta. - Effettivamente, nel corso della notte fra il 19 ed il 10 marzo 2007, si è verificata una situazione di grave disagio presso i commissariati di pubblica sicurezza di Chioggia, Jesolo, Portogruaro e San Marco, determinata, come riferito dalla prefettura di Venezia, dalla circostanza, del tutto eccezionale ed imprevedibile, della sopravvenuta indisponibilità per malattia di alcune unità di personale che avrebbero dovuto prestare servizio di controllo del territorio in orario notturno.
Ciò ha comportato di fatto, nei comuni di Chioggia, Jesolo e Portogruaro, l'assenza di pattuglie della Polizia di Stato nel periodo compreso fra la mezzanotte e le ore 7, del 10 marzo.
Per l'isola del Lido di Venezia gli interventi relativi alle chiamate sul «113» sono stati garantiti dall'Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico della questura mediante la cosiddetta «volante lagunare».
Nell'occasione l'attività di controllo del territorio nelle citate aree è stata assicurata dalle altre forze di polizia, ed in particolare dalle pattuglie dell'Arma dei carabinieri, in attuazione dei piani coordinati di controllo del territorio.
Il questore di Venezia ha assicurato di aver adottato tutte le iniziative di carattere organizzativo necessarie ad evitare che tale situazione, per quanto eccezionale, abbia a ripetersi per l'avvenire.
È opportuno precisare che presso la questura di Venezia ed i relativi commissariati distaccati prestano servizio 842 appartenenti ai ruoli operativi della Polizia di Stato, rispetto ad una previsione organica di 901 unità (dati aggiornati al 1o maggio scorso); peraltro, il deficit di personale operativo si ridimensiona in considerazione della presenza di 33 appartenenti ai ruoli tecnici della Polizia di Stato e di 88 appartenenti dell'amministrazione civile dell'interno che contribuiscono alla funzionalità delle strutture.
Il 2 maggio scorso è stata disposta l'assegnazione alla questura di Venezia di ulteriori 11 unità di personale del ruolo degli assistenti e agenti.
Relativamente alle dotazioni di automezzi, si precisa che, attualmente, la questura di Venezia dispone di 18 autovetture con colori d'istituto e 56 con colori di serie, nonché di 48 autovetture per i servizi di controllo del territorio.
Fra queste ultime rientrano 10 «Fiat Marea» provenienti dagli autocentri della Polizia di Stato, assegnate alla questura di Venezia il 23 aprile 2007 dopo essere state rimesse in piena efficienza.
Il dipartimento della pubblica sicurezza non ha per ora provveduto alla assegnazione delle nuove «Alfa Romeo 159» destinate ai servizi di controllo del territorio in quanto, in una prima fase, i citati automezzi sono stati attribuiti alle Questure presso cui è stato attivato l'ufficio tecnico logistico provinciale e dove sono in corso di sperimentazione il sistema di rifornimento del carburante tramite fuel card e nuovi materiali di equipaggiamento per il personale impiegato sulle volanti.
Peraltro, nello scorso trimestre, in concomitanza con i collaudi di nuove forniture, sono state assegnate alla questura di Venezia una «Alfa Romeo 159», 4 «Fiat Grande Punto» e 3 «Fiat Punto» con colori di serie.
Altre 6 «Fiat Grande Punto» con colori d'istituto saranno avviate a Venezia non appena ultimato il collaudo.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
CRAPOLICCHIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la CGIL, Funzione pubblica, più volte ha manifestato la grave situazione del carcere di Velletri, segnalando, peraltro, l'indisponibilità al dialogo del Direttore del carcere Dottor Makovech;
con varie note, la prima delle quali è del 23 febbraio 2006, si denunciava un taglio del 18 per cento del monte ore straordinario, pari a 9000 ore, rispetto a quello assegnato nel 2005, il mancato rispetto del contratto collettivo di lavoro, nonché atteggiamenti ostili e pratiche violative delle corrette relazioni sindacali in ordine a problematiche interessanti tutti i lavoratori dell'istituto di pena;
in particolare, si lamentava la revoca di alcuni provvedimenti adottati dalla Direzione stessa in ordine all'assegnazione di fondi alle unità operative dopo averne, al contrario, dichiarato il fallimento; la liquidazione dei compensi e degli incentivi senza alcuna chiarezza né possibilità di verifica dei conteggi; la comunicazione dei turni di reperibilità agli interessati solo successivamente allo svolgimento del servizio; il ricorso al lavoro straordinario senza una effettiva necessità, mettendo a rischio la remunerazione di lavoratori che, per effettive esigenze, si trovassero a svolgerlo;
nessuna delle istanze sopra avanzate dalla CGIL è stata affatto presa in considerazione, neanche a seguito del sit-in di protesta, tenutosi da parte degli addetti (agenti di Polizia Penitenziaria) nel piazzale antistante la casa circondariale di Velletri, il 10 aprile 2006;
la gravità delle situazione carceraria in questione risulta ancor più evidente ove si consideri che la casa circondariale di Velletri è un istituto di massima sicurezza, ospitante - come anche emerge dalle relazioni conclusive della commissione parlamentare antimafia della XIV legislatura - numerosi appartenenti a consorterie criminali sia di origine nazionale che extracomunitaria;
peraltro, anche nella sezione speciale ove sono rinchiusi i detenuti appartenenti ad organizzazioni criminali, come nel resto della casa circondariale, sussistono gravi carenze di organico che nuocciono alla sicurezza degli operatori e dei detenuti;
di recente, peraltro, la gestione della situazione è divenuta ancor più difficoltosa, come anche evidenziato da una nota della CGIL del 13 settembre 2006, dalla recente effettuazione delle riprese del programma «Altrove» all'interno della medesima casa circondariale, acuendo le già precarie condizioni di sicurezza dell'istituto interessato e rendendo sempre più difficile la gestione del servizio;
le operazione di ripresa del programma suddetto, infatti, comportando ulteriori necessità di controllo e sorveglianza, vista la già grave carenza di personale ed il reale problema di retribuzione dello straordinario, obbliga peraltro il personale smontante di notte a rientrare in
servizio con turni di mattina o di pomeriggio impedendone il necessario riposo -:
se il Ministro della Giustizia intenda avviare indagini amministrative in ordine ai summenzionati fatti e quali iniziative intenda intraprendere per garantire la sicurezza degli operatori e dei detenuti nel carcere in questione.
(4-02040)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si fa presente che la direzione della casa circondariale di Velletri non ha mai adottato «tagli» del monte ore straordinario, ma, al contrario, al personale di polizia penitenziaria sono state retribuite tutte le ore di lavoro straordinario effettuate nell'anno 2006, ed è risultata, addirittura, un'economia di 3.111,71 euro sul relativo capitolo di bilancio.
Quanto alla lamentata carenza di organico del corpo di polizia penitenziaria segnalata dall'interrogante, va precisato che la stessa è relativa al ruolo degli agenti e assistenti.
Tuttavia, nonostante detta carenza, sono stati sempre garantiti al personale i riposi, le ferie, il congedo straordinario e la possibilità di far fronte ad ogni altra esigenza familiare e personale rappresentata all'ufficio preposto all'organizzazione del servizio.
Va precisato, inoltre, che dopo l'emanazione del provvedimento di indulto, la situazione è migliorata sensibilmente e, in relazione all'attuale presenza di detenuti, l'organico del personale di polizia penitenziaria può considerarsi adeguato alle esigenze dell'istituto.
Peraltro, i 18 provvedimenti di distacco in sedi extra regionali adottati dal competente ufficio del dipartimento della amministrazione penitenziaria sono tutti legati a legittime esigenze di carattere familiare, di servizio e di mandato elettorale.
Si rappresenta, infine, che i rilievi mossi dall'interrogante per la realizzazione del programma «Altrove» all'interno dell'istituto non hanno trovato riscontro, poiché non risulta che si sia verificato nessuno dei problemi segnalati, quali gravi pericoli per la sicurezza dell'istituto stesso, maggiori difficoltà nella gestione del servizio e, soprattutto, sovraccarico di lavoro per il personale, come può verificarsi dall'esame dei registri su cui vengono annotati i turni.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
CRAXI, PIZZOLANTE, LA MALFA, UGGÈ, TESTONI, BONIVER, DELLA VEDOVA, PESCANTE, FLORESTA, DI CAGNO ABBRESCIA, SIMEONI, CALIGIURI, PALMIERI, SANZA, LUCIANO ROSSI, CAMPA, MARTUSCIELLO, PINI, FAVA, ALLASIA, DUSSIN, MOFFA, ANTONIO PEPE, ANGELA NAPOLI, DEL BUE e NUCARA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il professor Innocenzo Cipolletta ricopre contemporaneamente la funzione di Presidente della società Ferrovie Italiane e quella di Presidente della società Il Sole 24 Ore;
la società Ferrovie Italiane è controllata al 100 per cento dal ministero dell'economia;
la società Il Sole 24 Ore si sta avviando alla quotazione presso la borsa italiana;
secondo gli interroganti tra le due funzioni si può ravvisare una condizione, se non di incompatibilità formale, almeno, certamente, di oggettiva inopportunità sostanziale in relazione alla necessità di garantire l'indipendenza dell'informazione tanto dal Governo quanto da una società che invoca risorse pubbliche nei confronti del Governo e del Parlamento -:
quali iniziative intenda assumere per rimuovere la situazione sopradescritta nel nome dell'interesse generale ad un corretto rapporto dialettico tra informazione, istituzioni e società partecipate dal capitale pubblico.
(4-02094)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, con la quale, premesso che il Presidente di Ferrovie dello Stato SpA ricopre contemporaneamente la funzione di Presidente della Società Il sole 24 Ore,
chiede quali iniziative si intendano assumere per rimuovere tale situazione.
Al riguardo, si fa presente che la Società Ferrovie dello Stato SpA, interamente partecipata dal ministero dell'economia e delle finanze, ha recepito nel proprio statuto le disposizioni recate dall'articolo 2387, comma 1, del codice civile, le quali subordinano l'assunzione della carica di amministratore al possesso di speciali requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza.
Per quanto concerne, poi, la cumulabilità degli incarichi, lo Statuto stabilisce che gli amministratori ai quali siano state delegate in modo continuativo, ai sensi dell'articolo 2381, comma 2, del codice civile, attribuzioni gestionali proprie del Consiglio, possono rivestire la carica di amministratore in non più di due ulteriori Consigli di società per azioni. Ai fini del calcolo di tale limite, non si considerano gli incarichi di amministratori in società controllate o collegate. Gli amministratori ai quali non siano state delegate le citate attribuzioni possono rivestire la carica di amministratore in non più di cinque ulteriori Consigli di società per azioni.
Inoltre, in relazione alla disciplina generale in materia di conflitto di interessi, si fa presente che, ai sensi dell'articolo 2391 del codice civile, «L'amministratore deve dare notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale di ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società, precisandone la natura, i termini, l'origine e la portata...»
Infine, il comma 3, dello stesso articolo stabilisce che «...nel caso di deliberazioni del Consiglio o del Comitato Esecutivo adottate con il voto determinante dell'amministratore interessato, le deliberazioni medesime, qualora possano recare danno alla società, possono essere impugnate dagli amministratori e dal collegio sindacale entro 90 giorni dalla loro data; l'impugnazione non può essere proposta da chi ha consentito con il proprio voto alla deliberazione se sono stati adempiuti gli obblighi di informazione previsti dal primo comma».
Pertanto, eventuali situazioni di conflitto d'interessi tra la società ed un amministratore per altri incarichi assunti non costituiscono causa di ineleggibilità, né determinano l'obbligo di astenersi dalla relativa deliberazione, bensì pongono a carico dell'amministratore stesso un preciso onere di informazione nei confronti dell'organo amministrativo.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Massimo Tononi.
EVANGELISTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nello scorso novembre 2006 in occasione della richiesta di rinnovo del passaporto, il Dottor Giuseppe Agrimi, nato a Viareggio il 19 novembre 1952 ha vissuto una esperienza piuttosto spiacevole;
dopo i 15 giorni dalla richiesta e poi dopo ancora una settimana, tornato al Commissariato e non avendo trovato il suo passaporto rinnovato, l'interessato si è recato alla Questura di Massa per avere delucidazioni;
presso la Questura la pratica non era ancora giunta e a questo punto la persona in questione ha presentato richiesta scritta di spiegazioni al Prefetto dal quale ha immediatamente ricevuto una cortese risposta con cui si spiegava il ritardo del rinnovo - passaporto con l'esigenza di indagini supplementari a causa di una vecchia denuncia a carico dell'interessato per resistenza a pubblico ufficiale nel 1971;
la persona in questione, già nel 2001, alla richiesta di rinnovo del passaporto aveva avuto una analoga esperienza ed aveva rischiato di non poter partecipare ad un importante congresso negli Stati Uniti;
all'epoca dei fatti la denuncia fu direttamente archiviata dal giudice istruttore che la dichiarò infondata e non seguì alcun procedimento penale, infatti per 30 anni il signore in questione ha rinnovato il suo passaporto senza mai incontrare difficoltà;
sorge il dubbio che la persona di cui si parla possa essere stata inserita in liste di sorveglianza e schedatura politica solo negli ultimi anni a causa delle sue idee;
il comportamento delle Autorità nei confronti della persona in questione ha in certo modo danneggiato la sua immagine a sua insaputa oltre ad avergli provocato notevole perdita di tempo -:
se il Ministro non ritenga di dover intervenire per garantire il miglior funzionamento delle istituzioni democratiche e per difendere anche il diritto alla libertà di pensiero onde evitare il verificarsi di episodi come quello riportato in epigrafe.
(4-02642)
Risposta. - Secondo quanto riferito dal prefetto di Massa-Carrara, risulta che la persona menzionata dall'interrogante ha presentato in data 4 novembre 2006 istanza di rinnovo del proprio passaporto presso il commissariato di pubblica sicurezza di Carrara, suo luogo di residenza.
Nella circostanza, differentemente da quanto avvenuto in sede di precedente richiesta di rinnovo risalente al 2001, l'interessato non ha presentato specifica richiesta di urgenza. Pertanto, la domanda è stata acquisita successivamente dal competente ufficio passaporti della questura del capoluogo che ha avviato l'iter amministrativo a far data dal successivo 8 novembre.
Nel corso dell'istruttoria, ed in particolare nella fase di accertamento delle informazioni fornite dal sistema d'indagine delle forze di polizia (SDI), è emersa a carico del richiedente una segnalazione di polizia per reati di ordine pubblico per episodi risalenti allontano anno 1971.
Ciò ha inevitabilmente comportato per l'ufficio passaporti della questura l'avvio di ulteriori accertamenti in osservanza della specifica normativa vigente in materia, che prevede, al riguardo, la richiesta di acquisizione della relativa certificazione giudiziaria presso il casellario giudiziale del locale tribunale.
Detta documentazione è pervenuta all'Ufficio passaporti il 28 novembre che, in pari data, ha provveduto a rilasciare il documento amministrativo richiesto, nel pieno rispetto dell'iter prescritto nel caso di specie.
Al fine di evitare futuri, analoghi disguidi, l'ufficio passaporti ha, da un lato, dato luogo ai necessari adempimenti per il definitivo aggiornamento della segnalazione contenuta nel menzionato «data base» delle forze di polizia, dall'altro, ha invitato l'interessato ad attivarsi, così come previsto dalla vigente normativa, presso i competenti uffici giudiziari per la relativa cancellazione.
Da quanto sopra esposto, si esclude categoricamente qualsiasi connessione tra la procedura amministrativa in esame ed ipotetici atti di pregiudizio alla libertà di pensiero nei confronti del richiedente o di tutti i cittadini in generale.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
FLORESTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con il decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146 è stato istituito il ruolo direttivo ordinario del Corpo della Polizia Penitenziaria, articolato in qualifiche con ordine gerarchico e livelli analoghi a quelli del corrispondente ruolo dei commissari della Polizia di Stato;
con il decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334 si è provveduto al riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato;
con il decreto legislativo 3 aprile 2001, n. 155 si è provveduto al riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente del Corpo Forestale dello Stato, articolati in qualifiche analoghe a quelle dei corrispondenti ruoli della Polizia di Stato;
nessun riordino è intervenuto per il ruolo direttivo ordinario del Corpo della Polizia Penitenziaria, con ciò determinando una sperequazione tra forze di Polizia ad ordinamento civile;
attualmente i funzionari di Polizia del ruolo direttivo ordinario all'Amministrazione Penitenziaria sono penalizzati rispetto ai colleghi della Polizia di Stato e del Corpo Forestale dello Stato, sia per quanto attiene alla qualifica iniziale nei ruoli, successiva ai corsi di formazione, che risulta di «vice commissario» per la Polizia Penitenziaria (parametro stipendiale pari 133,25) e di «commissario capo» per le altre Forze di Polizia (parametro stipendiale pari a 144,5), sia per quanto concerne gli sviluppi di carriera che consente al ruolo direttivo oridinario della Polizia di Stato e del Corpo Forestale dello Stato il raggiungimento del livello apicale (rispettivamente di «vice questore aggiunto» e di «vice questore forestale») attraverso la previsione di un «ruolo aperto, mediante scrutinio per merito comparativo» dopo cinque anni e sei mesi di effettivo servizio nella qualifica di «commissario capo», laddove per la Polizia Penitenziaria la promozione a livello direttivo più alto di «Commissario Coordinatore» avviene mediante uno scrutinio per merito comparativo nell'ambito di un «ruolo chiuso», con un ritardo minimo, per i più meritevoli, di ben 4 anni -:
se il Ministro interrogato alla luce di quanto testé esposto, sia intenzionato ad intervenire nelle appropriate sedi, al fine di riallineare la carriera del ruolo direttivo ordinario del Capo di Polizia Penitenziaria a quella dell'omologo ruolo delle altre forze di Polizia ad ordinamento civile, al fine di annullare la menzionata sperequazione.
(4-04022)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in oggetto, si fa presente che la questione del riallineamento della carriera del ruolo direttivo ordinario del Corpo di polizia penitenziaria a quella delle altre forze di polizia è stata oggetto, nel passato, di diverse proposte legislative, le quali non hanno avuto alcun esito. Rispetto a queste l'amministrazione si è sempre espressa favorevolmente, condividendo la necessità di eliminare ogni sperequazione giuridico-economica con le altre forze di polizia.
L'argomento costituisce l'occasione per considerare tutti i progetti riguardanti il riallineamento in un'ottica complessiva di riordino del ruolo direttivo della polizia penitenziaria, nel cui ambito andrebbe considerata anche la posizione dei funzionari del ruolo direttivo speciale.
L'impegno che si intende sviluppare, allo stato, è diretto ad armonizzare con un intervento normativo incisivo ed articolato la predetta carriera direttiva, anche attraverso l'unificazione dei ruoli direttivi ordinario e speciale.
In tal senso è in fase di costituzione un gruppo di lavoro che provvederà ad elaborare un progetto complessivo di armonizzazione dei ruoli direttivi della polizia penitenziaria con la disciplina prevista per le altre forze di polizia.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
GALANTE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la «Convenzione Internazionale sulla difesa dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei componenti delle loro famiglie» è stata adottata dall'Assemblea delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1990, ma è entrata in vigore solo il 1 luglio 2003;
la Convenzione è uno strumento giuridico importante per la difesa dei diritti umani, con l'obiettivo primario di lottare contro lo sfruttamento e le violazioni dei diritti umani dei migranti e di garantire l'uguaglianza dei diritti tra lavoratori migranti e nazionali;
la Convenzione rafforza l'impatto di altri testi esistenti e vi apporta novità importanti come il rispetto dei diritti umani fondamentali di tutti i lavoratori migranti sia regolari che irregolari e delle loro famiglie, la necessità di stabilire misure precise in favore del ricongiungimento familiare, l'attenzione alle vittime del traffico di esseri umani combattendo le condizioni di vita e lavoro inumane, gli abusi fisici e sessuali, i trattamenti umilianti e offensivi e garantendo la libertà di
opinione, di espressione e di religione e una protezione effettiva contro ogni violenza;
i flussi migratori contribuiscono alla crescita della società e i migranti rappresentano quasi il 3 per cento della popolazione mondiale, mentre alcuni governi, soprattutto quelli d'Europa, si preoccupano essenzialmente di proteggersi contro i migranti, a volte con misure di espulsioni senza la minima considerazione e rispetto per la persona umana;
la Convenzione è oggi applicabile nei 34 paesi che l'hanno ratificata, ma tra questi non vi sono i «grandi» paesi, come l'America del nord, i paesi europei, Italia compresa, ove vive il 60 per cento dei migranti -:
se intenda adoperarsi perché l'Italia ratifichi al più presto la Convenzione.
(4-00840)
Risposta. - La questione della ratifica della «Convenzione internazionale sulla difesa dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei componenti delle loro famiglie», adottata dall'Assemblea delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1990, assume effettivamente rilievo alla luce della crescente importanza e consistenza che il fenomeno migratorio ha avuto sia a livello globale che in particolare per l'Italia, nonché degli episodi di sfruttamento e maltrattamento subiti dai lavoratori migranti.
Si ritiene, comunque, che si debbano vagliare con attenzione le ragioni a favore o contro un'eventuale adesione che, come ricorda il ministero degli affari esteri, non è stata finora disposta da nessuno degli Stati destinatari di consistenti flussi migratori.
A questo è da aggiungere che nessun membro dell'Unione europea figura fra i firmatari della Convenzione e che questa ha impiegato quasi tredici anni a raggiungere il ventesimo strumento di ratifica che ne ha permesso l'entrata in vigore.
A tal proposito è probabile che l'aspetto più innovativo della Convenzione - e cioè il fatto che sia diretta a garantire, sebbene in diversa misura, i diritti degli immigrati sia regolari che irregolari - sia stato e continui ad essere la ragione per la quale essa trova difficoltà ad essere adottata da un maggior numero di Stati.
Questa caratteristica e le sue conseguenze, pertanto, devono essere attentamente valutate dal nostro Paese, tenuto peraltro conto degli obblighi connessi all'accordo di Schengen per l'armonizzazione delle condizioni di ingresso degli stranieri nell'Unione europea.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Marcella Lucidi.
GALANTE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che l'Istituto minorile di Treviso versa in stato di persistente abbandono e degrado ambientale;
da quanto si apprende l'edificio è fatiscente e carente di spazi: mancherebbero aule di studio, laboratori, luoghi di ritrovo tali da permettere ai giovani detenuti condizioni di vita migliori;
secondo quanto affermato dal capo del dipartimento della giustizia minorileMelita Cavallo «il carcere minorile trevigiano è una struttura fatiscente e maleodorante»;
già nel 2005 erano state fatte presenti presso il Ministero di Grazia e Giustizia le pessime condizioni igieniche in cui versava l'istituto ma, nonostante i lavori di manutenzione e pulizia, l'edificio continua a restare ancora in condizioni disagevoli non solo per i reclusi ma anche per il personale penitenziario -:
quali iniziative il Ministro, secondo le proprie competenze, intenda porre in essere per una generale riqualificazione degli Istituti carcerari minorili sia sotto il
profilo dell'igiene ambientale che per quanto concerne i programmi ed i servizi riabilitativi.
(4-02805)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si fa presente che l'istituto penale per i minorenni di Treviso, nell'anno 2003, è stato oggetto di interventi edilizi di ampliamento, con la realizzazione di nuovi uffici per l'area amministrativa.
Nel corso del 2006 è stata avviata una progettazione preliminare per la sopraelevazione di un corpo di fabbrica al fine di realizzare ulteriori ambienti ma, allo stato, il dipartimento della giustizia minorile, non ritenendo tale progetto idoneo a risolvere le difficoltà funzionali dell'istituto, ha stabilito di procedere con un intervento di manutenzione straordinaria, volto all'ottimizzazione degli spazi esistenti e, contestualmente, ad una riduzione della capienza della struttura per un massimo di 12 minori ristretti, in modo da rendere idoneo il rapporto tra gli spazi esistenti ed il numero dei destinatari. In tal modo, sarà possibile rendere idonei gli ambienti per aule, laboratori ed attività sportive, consentendo, altresì, di dare sistemazione agli spazi esterni.
Per quanto riguarda il più ampio panorama generale degli istituti penali per i minorenni, già da anni il predetto dipartimento è impegnato nella ristrutturazione e riqualificazione di diversi istituti e, in particolare, si citano le opere realizzate ed in fase di realizzazione a Bologna (ristrutturazione generale), Firenze (sezioni detentive, caserma polizia penitenziaria, scuola e laboratori), Roma (manutenzione straordinaria della palazzina A, impianti elettrici, riscaldamento, illuminazione esterna), Napoli-Nisida (manutenzione straordinaria del reparto G2, ristrutturazione del padiglione ex Pozzuoli), Bari (completo rifacimento dei servizi igienici delle sezioni detentive, sistemazione delle aree esterne, rifacimento delle aree sportive), Potenza (interventi vari e realizzazione del nuovo collegamento con il campo di calcio), Catanzaro (nuovo padiglione detentivo, ristrutturazione generale dell'area attività, caserma, chiesa e teatro), Palermo (sistemazione delle aree esterne, realizzazione impianti fotovoltaici), Cagliari (manutenzione straordinaria ed attivazione della nuova sezione detentiva), Caltanissetta (ristrutturazione dell'istituto penale), Acireale (sostituzione delle inferriate e manutenzione ordinaria), Airola (manutenzione straordinaria delle sezioni detentive, nuova portineria, cucina e mensa, sistemazione del giardino esterno).
Inoltre è stata finanziata, per un importo di circa 5.300.000 euro, la ristrutturazione del padiglione detentivo dell'istituto Beccaria di Milano ed è stata avviata la progettazione della ristrutturazione dell'ex padiglione detentivo dell'istituto Ferrante Aporti di Torino, per un impegno presunto di circa 4.000.000 di euro.
Alla luce di quanto sopra, risulta chiara l'attività di questa amministrazione per superare in tempi brevi, nei limiti del consentito, le situazioni di criticità presenti negli istituti minorili e, in particolare, in quello di Treviso, nonché la volontà di rendere più agevole l'attività del personale penitenziario che in essi prestano servizio.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
IANNARILLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dai media si apprende che presso il carcere di Viterbo è stato drasticamente ridotto il numero dei medici penitenziari (nell'ordine del 30 per cento sulla base di un provvedimento del provveditorato dell'amministrazione penitenziaria del Lazio che ha ritenuto di poter, in questo modo, razionalizzare la spesa sanitaria in forza della riduzione della popolazione detenuta, riduzione conseguente al recente provvedimento d'indulto;
i sanitari del carcere di Viterbo fanno notare come tale disposizione sia estremamente lesiva per la salute dei detenuti, messa a rischio dall'impossibilità, da parte del servizio sanitario penitenziario, di far fronte, dopo l'applicazione delle riduzioni di personale, a tutte le istanze della popolazione detenuta;
il provvedimento di riduzione del personale è stato concentrato sul solo taglio dei servizi sanitari penitenziari dell'istituto di Viterbo e non, invece, «spalmato» su tutte le figure professionali amministrative, dirigenziali e di polizia penitenziaria;
non si sa quale sia l'ammontare complessivo del risparmio derivante dal provvedimento del provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria e se questo apparente risparmio non venga vanificato dal ricorso più frequente all'ospedalizzazione dei detenuti più bisognosi di cure che, per mancanza di organico medico, non potranno più essere adeguatamente seguiti in carcere;
non si capisce perché proprio a seguito dell'indulto, provvedimento d'emergenza che è stato adottato per far fronte all'insostenibile situazione di sovraffollamento e quindi d'affaticamento dei servizi penitenziari (anche quelli sanitari), il provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria abbia inteso adottare misure di contrazione di un servizio che prima dell'indulto lavorava in perenne affanno e che solo oggi iniziava ad essere adeguato ai carichi di lavoro;
auspicando una reale volontà politica di risolvere i problemi dell'assistenza sanitaria in carcere anche attraverso l'adozione di criteri che vedano i livelli essenziali d'assistenza all'interno dei penitenziari paragonabili, se non sovrapponibili, a quelli per la popolazione libera, e scongiurando che si vogliano adottare linee d'intervento tese a risparmiare ad ogni costo e su tutto, sottintendendo che il provvedimento d'indulto tragga la propria origine dalla necessità di risparmio e non già dall'umanizzazione della detenzione negli istituti penitenziari italiani -:
se non si ritenga, in via provvisoria e al solo fine di garantire, in primis, la salute dei detenuti, di voler provvedere affinché la disposizione inerente alla riduzione del numero dei medici penitenziari presso il carcere di Viterbo venga annullata e che la materia venga riesaminata alla luce d'una razionalizzazione dei servizi diversamente motivata.
(4-02315)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame si fa presente che il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, in ossequio a quanto disposto dall'articolo 11 della legge n. 354 del 1975, si è sempre adoperato per predisporre presso tutti gli istituti penitenziari un servizio sanitario che, tenuto conto delle risorse disponibili, potesse garantire una assistenza sanitaria conforme ai principi previsti dagli articoli 2 e 32 della Costituzione, che tutelano la salute di ogni individuo come diritto inviolabile.
In particolare, nel 1999 si è provveduto a classificare gli istituti penitenziari in tre livelli. A ciascuno di essi corrisponde uno specifico modello organizzativo di assistenza sanitaria, individuato sulla base del numero dei detenuti presenti nell'istituto e, precisamente, strutture sanitarie di primo livello, strutture sanitarie di secondo livello e strutture sanitarie di terzo livello, costituite dai centri clinici dell'Amministrazione penitenziaria, in grado di affrontare necessità medico-chirurgiche anche di elevato grado.
Presso l'istituto penitenziario di Viterbo, che rientra, per il numero dei detenuti presenti al secondo livello assistenziale, è assicurata un'assistenza sanitaria continuativa per tutto l'arco della giornata.
Peraltro, oltre a prestarvi servizio un medico incaricato, il cui status giuridico è regolato dalla legge n. 740 del 1970, sono attivi, per 24 ore, un servizio di assistenza sanitaria integrativa (cosiddetto servizio SIAS) ed il servizio infermieristico, attivo anche nelle ore notturne.
Al fine di coadiuvare il medico incaricato, sono stati sottoposti a convenzione, con contratti di natura libero professionale, altri due medici che, assicurando ciascuno la presenza per tre ore al giorno, espletano le stesse funzioni del medico incaricato, cui compete, comunque, il coordinamento. Per quel che riguarda la medicina specialistica si fa presente che oltre ad essere assicurate con contratti di natura libero-professionale le prestazioni specialistiche in cardiologia,
ortopedia, ecografia, endocrinologia e oculistica, la locale Asl di Viterbo assicura la presenza del dermatologo, dell'urologo, del chirurgo e dell'otorino oltre ad integrare con propri specialisti il servizio psichiatrico e di infettologia.
Presso l'ospedale «Belcolle» di Viterbo è, inoltre, attivo un reparto di medicina protetta con dieci posti letti riservati ai ricoveri dei detenuti.
Come già indicato, gli istituti penitenziari, a seconda del numero dei soggetti detenuti, sono suddivisi in diversi livelli assistenziali. Tali livelli determinano l'ammontare delle risorse umane e finanziarie da destinare al servizio sanitario penitenziario. Pertanto, a seguito della diminuzione della popolazione detenuta per effetto del provvedimento dell'indulto, questa amministrazione ha dovuto rivedere la modulazione del servizio in questione all'interno degli istituti penitenziari.
Per quel che concerne l'istituto penitenziario di Viterbo, a seguito del provvedimento dell'indulto, si è provveduto alla rimodulazione del Servizio SIAS e di quello infermieristico che garantiscono, comunque, una continuità assistenziale per tutto l'arco della giornata.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
JANNONE e GREGORIO FONTANA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sebbene negli ultimi anni in Lombardia, ed in particolare nelle province di Bergamo e Brescia sia stata registrata una diminuzione del numero complessivo dei reati, durante i mesi scorsi c'è stata una recrudescenza di fenomeni di microcriminalità;spaccio e consumo di sostanze stupefacenti; reati contro il patrimonio che vedono sempre più spesso protagonisti cittadini extracomunitari privi di regolare permesso di soggiorno; le province di Bergamo e Brescia sono balzate agli «onori della cronaca» a causa dei gravissimi crimini commessi nelle scorse settimane;
tali fenomeni hanno inciso sulla vita dei residenti provocando un forte allarme sociale;
il fenomeno dell'immigrazione, che solo in provincia di Bergamo ha raggiunto le 70 mila unità, connesso con i relativi problemi di integrazione, ha causato il formarsi di aree degradate, dove episodi di criminalità, sono all'ordine del giorno;
la media di agenti di Polizia e Carabinieri presenti in provincia di Bergamo (14,9 ogni diecimila abitanti) è tra le più basse non solo in Lombardia, ma anchein rapporto a tutto il territorio nazionale;
la provincia di Bergamo è la decima provincia in Italia per densità di popolazione;
secondo l'interrogante l'organico di agenti in servizio in Provincia di Bergamo non risulta più adeguato rispetto alle mutate esigenze, anche in funzione dell'aumento del fenomeno dell'immigrazione (basti pensare e alle procedure per i permessi di soggiorno); il carico di lavoro risulta anzi notevolmente aumentato negli ultimi anni;
gli organici sono immutati numericamente dal 1989;
il Ministro dell'interni ed il Presidente della Regione Lombardia stanno lavorando congiuntamente ad un accordo di programma sulla sicurezza integrata che dovrebbe portare al potenziamento della collaborazione tra le polizie locali e le strutture nazionali preposte alla sicurezza ed all'ordine pubblico -:
quali misure il Ministro, con i poteri che gli sono propri, intenda adottare per il necessario potenziamento degli organici delle Forze dell'Ordine nelle province Lombarde, ed in particolare in quelle di Bergamo e Brescia, per far fronte alle crescenti esigenze di sicurezza;
i modi ed i tempi entro i quali il Ministro intenda riorganizzare il personale
delle forze dell'ordine al fine di destinare più agenti in servizio sul territorio
(4-01171)
Risposta. - La situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica nelle province di Bergamo e di Brescia risente, da un lato, dei tentativi della criminalità organizzata di infiltrarsi nelle fonde attività economico-finanziarie dovute al locale dinamismo imprenditoriale, dall'altro della significativa presenza di extracomunitari, spesso irregolari ed in condizione di grave disagio, anch'essi attratti dalla fiorente economia locale.
Quest'ultimo fenomeno ha prodotto lo sviluppo di organizzazioni criminali su base etnica che, dedite principalmente al traffico di sostanze stupefacenti, al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e allo sfruttamento della prostituzione, agiscono talora in competizione, oppure in collaborazione con la criminalità italiana.
Conseguentemente, gli indici della delittuosità hanno fatto registrare nelle due province aumenti percentuali per talune fattispecie di reato.
A fronte di una situazione della sicurezza pubblica che appare indubbiamente complessa, ma non allarmante rispetto ad altre realtà nazionali, le forze di polizia definiscono e rivedono periodicamente le strategie per l'ottimale impiego degli operatori nei servizi di prevenzione generale su entrambi i territori provinciali e dispongono, anche al fine di dare una più incisiva risposta alla domanda di sicurezza dei cittadini, l'intensificazione dei servizi di controllo con l'impiego sia delle forze di polizia territoriali, sia anche con l'intervento di reparti specializzati.
Dette strategie, volte a privilegiare una più efficace «presenza dinamica» delle forze dell'ordine sul territorio, hanno consentito in entrambe le province un sensibile miglioramento nell'azione di prevenzione generale della criminalità.
Provincia di Bergamo.
In questa provincia sono stati riscontrati incrementi per i tentati omicidi (aumentati dai 27 del 2005 ai 30 del 2006), degli scippi (passati dagli 88 del 2005 ai 166 del 2006), dei furti in abitazione (dai 2.253 del 2005 ai 3.211 del 2006) e delle estorsioni (dalle 54 del 2005 alle 64 del 2006).
Si sono registrati l'aumento del numero delle persone sottoposte alla verifica della banca dati delle forze di polizia (dai 62.164 controlli effettuati nel 2005 ai 73.356 espletati nel 2006), un incremento del numero di quelle denunciate a vario titolo in stato di libertà (dalle 10.932 del 2005 alle 12.192 del 2006) ed, infine, di quelle arrestate (dalle 2.022 del 2005 alle 2.124 del 2006).
Sempre nel bergamasco, l'attività di prevenzione e di repressione del traffico di sostanze stupefacenti ha visto, nello scorso anno, la denuncia all'Autorità giudiziaria 357 persone ed il sequestro di circa 368 chilogrammi di droga.
Per la lotta al fenomeno della clandestinità, sono stati programmati, in via sistematica, interventi coordinati tra le diverse forze di polizia che hanno investito, in particolar modo, le aree della bassa bergamasca e della zona ad est del capoluogo. Ciò ha consentito di effettuare successivamente 68 rimpatri «con foglio di via obbligatorio» nei confronti di altrettanti extracomunitari sorpresi in posizione irregolare.
Tali controlli hanno anche consentito di contenere durante lo scorso anno il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione su strada, il cui andamento delittuoso risulta sceso di circa il 22 per cento.
Per quanto concerne la problematica, segnalata dall'interrogante, della carenza degli effettivi delle forze di polizia presenti nella citata provincia, secondo dati aggiornati allo scorso mese di gennaio, risulta che presso la questura del capoluogo (il dato comprende anche l'aliquota in forza presso il commissariato distaccato di pubblica sicurezza di Treviglio), a fronte di una previsione organica di 304 unità, prestano servizio complessivamente 294 appartenenti ai ruoli operativi della Polizia di Stato.
Tale deficit, pari al -3 per cento, risulta comunque in linea con le percentuali nazionali equivalenti al -4 per cento.
Presso la questura sono, inoltre, in servizio 22 appartenenti ai ruoli tecnici della
polizia di Stato e 29 appartenenti all'amministrazione civile dell'interno che, per le esigenze di supporto logistico e amministrativo, contribuiscono alla funzionalità della struttura.
Carenze di organico più significative si registrano, invece, presso gli uffici della polizia stradale, della polizia penitenziaria e della polizia postale e delle comunicazioni.
Sempre secondo dati aggiornati allo scorso mese di gennaio, per quanto concerne l'Arma dei carabinieri ed il Corpo della guardia di finanza risulta, a fronte di una corrispondente previsione organica provinciale di 899 e di 436 unità, che la forza effettiva è rispettivamente pari a 888 e a 366 unità.
Provincia di Brescia.
Nel bresciano, i delitti in crescita riscontrati nel 2006 sono stati i tentati omicidi (aumentati dai 25 del 2005 ai 41 del 2006), gli scippi (passati dai 218 casi del 2005 ai 307 del 2006) ed i danneggiamenti e gli incendi dolosi (9.665 casi registrati nel 2006 rispetto agli 8.248 episodi riscontrati nel 2005).
Per quanto riguarda le attività condotte dalle forze di polizia nella provincia di Brescia nel corso del 2006, si evidenzia sia il sensibile aumento delle persone sottoposte alla verifica della banca dati delle forze di polizia (pari al +15,5 per cento) e di quelle denunciate in stato di arresto (pari al +15,7 per cento).
Detti capillari controlli hanno, tra l'altro, consentito di contenere nel trascorso anno il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione su strada, il cui andamento delittuoso risulta sceso dell'8,7 per cento.
Sempre nello stesso territorio, l'attività di prevenzione e di repressione del traffico di sostanze stupefacenti ha visto, nel 2006, la denuncia all'Autorità giudiziaria di 496 persone ed il sequestro di circa 410 chilogrammi di droga.
Infine, l'incidenza dei delitti «scoperti», sul totale di quelli commessi, ha fatto registrare un miglioramento pari al +2,8 per cento.
Per quanto concerne, poi, la situazione degli effettivi in servizio presso i presidi delle forze dell'ordine distribuiti nella provincia di Brescia, si rappresenta che presso la questura (il dato comprende anche il commissariato distaccato di pubblica sicurezza di Desenzano del Garda) a fronte di una previsione organica di 364 unità prestano servizio complessivamente 428 appartenenti ai ruoli operativi della polizia di Stato, con un sopraorganico di 64 unità. Peraltro, come nella provincia di Bergamo, carenze di organico si riscontrano negli uffici delle specialità.
Per quanto concerne l'Arma dei carabinieri ed il Corpo della guardia di finanza, a fronte rispettivamente di 1.267 e di 487 militari, la forza effettiva è costituita da 1.269 e da 405 unità.
In merito alla richiesta dell'interrogante di potenziamento degli organici, pur assicurando che la problematica verrà tenuta nella dovuta considerazione, si deve, tuttavia, evidenziare che detti incrementi potranno essere, di volta in volta, considerati compatibilmente, da un lato, con le esigenze di sicurezza e le priorità di altre aree distribuite su tutto il territorio nazionale e, dall'altro, nell'ambito della pianificazione delle risorse finanziarie disponibili.
Peraltro, va detto che le politiche del Governo in materia di sicurezza pubblica tendono a conseguire un più razionale impiego delle attuali risorse disponibili, obiettivo finalizzato ad ottimizzare il rapporto delle stesse con i risultati conseguiti nell'azione di prevenzione e di contrasto alla criminalità.
In questa direzione si muovono non solo alcuni interventi legislativi volti ad alleggerire il personale di polizia da compiti che non richiedano necessariamente l'esercizio di pubbliche potestà (articoli 17 e 18 del decreto-legge n. 144 del 2005 convertito con legge n. 155 del 2005), ma anche, più recentemente, dal comma 435 della legge finanziaria per il 2007, le cui disposizioni sono, tra l'altro, finalizzate ad un più efficace utilizzo delle risorse umane nelle mansioni istituzionali di ordine e di sicurezza pubblica sul territorio.
Ad analoghi fini di buona amministrazione delle attuali disponibilità, si ispirano anche sia provvedimenti assunti localmente
dalle Autorità di polizia, come la citata rimodulazione delle strategie operative in sede di coordinamento tecnico interforze, sia, nel pieno sviluppo di politiche integrate e partecipate di sicurezza, il pieno coinvolgimento, nella comune azione di prevenzione e di repressione dei reati, di tutte le componenti istituzionali nei settori di specifica competenza.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
JANNONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
è stato completamente distrutto da terroristi, nel giro di poche ore, il villaggio Ashar Para (Villaggio della Speranza) situato in Africa, nel Bangladesh. Già nello scorso mese di novembre gli stessi vandali avevano danneggiato il preesistente sito abitativo;
l'Associazione «Africa Tremila Onlus», attraverso il contributo di circa 150 mila euro, offerto da imprenditori e cittadini di Bergamo, aveva promosso un progetto che vedeva finalmente realizzate 50 casette costruite in muratura, atte a resistere alle alluvioni e ai monsoni. Di queste case, venti risultavano già abitate ed altre erano in fase di ultimazione -:
quali iniziative intenda adottare il Ministero degli esteri a sostegno delle numerose e povere famiglie che avrebbero dovuto occupare in via definitiva le case demolite;
quali soluzioni possano essere adottate per ripristinare con urgenza le condizioni che rendano possibile una rapida ricostruzione del villaggio Ashar Para;
quale segnale diplomatico possa essere inviato dalle nostre autorità per evitare che in futuro le bande di violenti, che ormai comandano sul territorio, possano ripetere simili brutali azioni.
(4-03892)
Risposta. - In relazione all'atto parlamentare in esame, si informa che Africa Tremila è una ONG riconosciuta che nel 2001 ha ricevuto l'idoneità ad operare nei PVS, specializzata nel settore dell'artigianato, anche edile.
Si ricorda che le attività di cooperazione finanziate ai sensi della legge n. 49 del 1987 non possono prescindere da un accordo con i Paesi beneficiari. Pertanto, quanto agli eventuali interventi, anche sul canale dell'emergenza, auspicati dall'interrogante a sostegno delle famiglie colpite e per la ricostruzione del villaggio Ashar Para, si comunica che ad oggi non risultano richieste in merito da parte delle autorità bengalesi.
Il Viceministro degli affari esteri: Patrizia Sentinelli.
LA LOGGIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha appreso la notizia, della firma di un protocollo d'intesa tra il Dipartimento della Pubblica sicurezza ed i sindacati di categoria, che prevede la chiusura della Scuola allievi agenti della Polizia di Stato di Campobasso, nell'ambito di un programma di razionalizzazione degli istituti di istruzione della Polizia di stato in relazione ai tagli alle spese previsti nell'ultima legge finanziaria;
il Governo dovrebbe perseguire una politica di favore nei confronti della polizia di Stato, per garantire la formazione continua e costante dei suoi agenti e funzionari impegnati nella difficile attività di controllo del territorio e nei servizi di ordine pubblico e di tutela della pubblica incolumità;
la soppressione della scuola allievi agenti della polizia di Stato rappresenta un ulteriore tentativo di smantellamento dei presidi istituzionali nella Regione Molise, dopo la proposta di chiusura della Questura di Isernia;
la scuola rappresenta un punto di riferimento importante per i cittadini della città di Campobasso da oltre venti anni e impegna direttamente nelle sue varie attività,
senza contare l'indotto, sessanta persone tra agenti e funzionari;
il costo della scuola è marginale (circa 130 mila euro l'anno) a fronte di altre scuole che superano dieci volte il costo di quella di Campobasso;
le istituzioni locali e la cittadinanza sono allarmate dalla suddetta decisione che priva la collettività di una importante istituzione pubblica e ha manifestato tutta la sua contrarietà per una decisione che appare, vista anche la modernità e la funzionalità della struttura che ospita la scuola, gravemente penalizzante per la città e per tutta la Regione;
la Scuola, al contrario andrebbe valorizzata e potenziata -:
se le notizie riguardanti la Scuola indicate nella premessa rispondano al vero;
quali siano le vere ragioni della supposta chiusura della Scuola e se non sia opportuno invece, al contrario, potenziare il ruolo della suddetta che rappresenta un punto fondamentale di riferimento per le istituzioni locali e per la cittadinanza di Campobasso e dell'intero Molise.
(4-03024)
Risposta. - A seguito delle previsioni contenute nell'articolo 1, comma 431, della legge n. 296 del 2006, (legge finanziaria 2007) il ministero dell'interno sta attuando un ampio piano di riassetto del «Sistema Scuole» della polizia di Stato, sulla base di una rivalutazione complessiva del fabbisogno di formazione ed alla luce della riforma della leva obbligatoria e della figura del «poliziotto ausiliario» ad esso collegata.
Il sistema degli istituti di formazione della polizia di Stato comprende 13 scuole per allievi agenti.
La ricettività complessiva di queste scuole è di oltre 4.700 posti, ma nel prossimo quinquennio l'assunzione di nuovi dipendenti non dovrebbe superare la media di 1.000 unità l'anno.
Si tratta di un divario davvero consistente che, sotto il profilo dei buon andamento dell'azione amministrativa, deve essere colmato sia dal punto di vista del contenimento delle spese di gestione, sia sotto l'aspetto del reimpiego del personale di polizia ivi in servizio nei compiti di controllo del territorio e di prevenzione e di contrasto della criminalità. La finalità è quella di raggiungere le necessarie economie senza, tuttavia, incidere sull'efficienza del servizio formativo.
Il risparmio complessivo in termini finanziari sarà pari a circa 12 milioni di euro annui, vale a dire il 10 per cento della spesa sostenuta nel 2005 per finanziare l'intero sistema delle scuole di polizia. Verranno così conseguite le economie richieste dalla legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 434).
Alla definizione del predetto piano di riassetto si è giunti anche sulla base di una serie di incontri con le organizzazioni sindacali, alle quali, in un clima di proficuo confronto dialettico, sono state fornite precise garanzie circa la ricollocazione del personale della polizia di Stato e dell'amministrazione civile dell'interno, sia dal punto di vista logistico, che sotto il profilo della valorizzazione delle professionalità.
Nella scelta delle scuole da dismettere vengono prese in considerazione le dimensioni e le caratteristiche strutturali degli stabili, così come la possibilità di una loro diversa utilizzazione, ferma restando a necessità di garantire una equilibrata distribuzione territoriale degli istituti.
Detto progetto di riorganizzazione dell'apparato degli istituti di istruzione della polizia di Stato verrà realizzato in due fasi distinte.
La «fase uno» - che costituisce il primo momento di questa generale operazione di riordino del sistema - ha come obiettivo la dismissione e la contestuale riconversione di quattro scuote allievi agenti, per un totale di circa novecento posti letto.
La «fase due» prevede un passaggio successivo e cioè la dismissione di ulteriori tre scuole allievi agenti da individuare in una rosa di nove istituti, per un totale di 1300 posti letto.
In tale contesto, la scuola di Campobasso sarà oggetto di valutazione al pari delle altre strutture.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
MIGLIORE e MASCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 18 dicembre 2006 intorno alle ore 15 un ragazzo di 27 anni, mentre camminava per la centralissima via Crociferi nella città di Catania, è stato fermato e prelevato da una volante della polizia; mentre avviene il prelevamento i poliziotti lo insultano con frasi offensive e intimidatorie (Liberazione - 21 dicembre 2006);
quando il ragazzo sale sulla volante e chiede quale sarà il luogo di destinazione, gli rispondono: «alla centrale di Via Manzoni»; dopo alcuni minuti però la volante cambia direzione ed i poliziotti dicono: «che hanno cambiato idea e che lo porteranno ad un altro deposito»;
dopo più di tre ore, nelle quali nessuno (famigliari, avvocato, eccetera) ha saputo dove fosse stato portato il ragazzo, dal Commissariato di San Cristoforo di Catania viene riferito che è stato rilasciato ma che è indagato per il possesso di un «martelletto rompivetri» (strumento non proibito dalla legge);
all'uscita del Commissariato il suddetto ragazzo viene trovato in lacrime e portato immediatamente all'ospedale; al pronto soccorso gli vengono riscontrate contusioni e lividi sul fondoschiena e sul costato; viene inoltre riscontrata una forte tensione muscolare proprio in corrispondenza di quei punti dove il ragazzo sarebbe stato pressato per obbligarlo a tenere la schiena diritta;
all'interno del Commissariato di San Cristoforo il ragazzo è stato da subito costretto a spogliarsi e, successivamente, sottoposto a svariate violenze fisiche e alle più terribili umiliazioni;
sembra incredibile che nel nostro paese si producano intimidazioni fisiche e psicologiche di questa natura, tali da configurare vere e proprie forme di umiliazione. Secondo gli interroganti siamo di fronte ad un episodio di sospensione di ogni diritto democratico. In questa vicenda viene esplicitata una clamorosa illegalità da parte di chi, al contrario, dovrebbe garantire il rispetto dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione -:
se sia a conoscenza dei gravi fatti sopradescritti;
che iniziative urgenti intenda intraprendere affinché vengano individuate e accertare le responsabilità delle forze dell'ordine nell'episodio sopracitato e affinché venga ripristinata, per questa via, la legalità costituzionale.
(4-02100)
Risposta. - La delicata vicenda esposta nel presente atto di sindacato ispettivo parlamentare ha costituito oggetto di approfonditi accertamenti, che la competente Autorità giudiziaria ha delegato alla Digos della questura di Catania per l'esatta ricostruzione dei fatti.
In merito è emerso che, nel pomeriggio del 18 dicembre dello scorso anno, una pattuglia del commissariato di pubblica sicurezza «San Cristoforo» si è recata in via dei Crociferi, abituale luogo di incontro di persone dedite allo spaccio e al consumo di sostanze stupefacenti, ed ha proceduto al controllo dell'identità di due giovani, nonché ad accertamenti tramite collegamento via radio con la sala operativa della questura del capoluogo.
Mentre per uno degli identificati non sono emersi precedenti penali e, pertanto, il medesimo è stato immediatamente autorizzato ad allontanarsi, nei confronti dell'altro, risultato aderente al locale movimento anarco-insurrezionalista, sono stati riscontrati precedenti per atti di terrorismo con uso di ordigni esplosivi, porto d'armi ed oggetti atti ad offendere, rissa, adunata sediziosa e violazione del provvedimento di divieto di accesso alle manifestazioni sportive.
A seguito di perquisizione, gli operatori di polizia lo hanno trovato in possesso di una maniglia frangivetro con punta in acciaio - del tipo in dotazione ai mezzi pubblici - e quindi lo hanno invitato a seguirli in commissariato.
Avendo il giovane obiettato di non poter lasciare il proprio cane incustodito, si è reso necessario l'intervento di un'altra volante che ha provveduto alla consegna dell'animale presso l'abitazione di un congiunto, non lontana dal luogo del controllo.
Il giovane è così giunto presso il commissariato «San Cristoforo» solo alle ore 16,30 per la redazione degli atti di polizia giudiziaria - verbali di sequestro ed elezione di domicilio e nomina del difensore di fiducia - e, avendo appreso di essere stato deferito all'Autorità giudiziaria per possesso ingiustificato di un oggetto atto allo scasso, si è lasciato andare ad intemperanze e frasi ingiuriose rivolte agli stessi operatori.
Si evidenzia che il sequestro della maniglia frangivetro è stato convalidato dall'Autorità giudiziaria procedente il successivo 22 dicembre.
Espletati gli adempimenti di legge, per la durata di circa 40 minuti, alle ore 17,10 è stato invitato a lasciare il commissariato.
Alle ore 17,40, è giunta al recapito telefonico del citato presidio di polizia una richiesta di notizie da parte dell'avvocato del ragazzo, al quale è stato riferito che il suo assistito aveva già lasciato gli uffici del commissariato da circa 30 minuti.
Solo alle ore 21,52 della stessa giornata il giovane, unitamente al suo legale, si è presentato al pronto soccorso del locale ospedale «Garibaldi» per sottoporsi a visita medica. In sede di controllo medico, effettuato alle ore 22,30, il giovane ha accusato dolori costali ed al polso destro, attribuendoli alle percosse che, a suo dire, avrebbe subito circa un'ora prima da parte delle forze dell'ordine.
Proprio a seguito della sintomatologia accusata, il Sanitario ha prescritto degli esami radiologici, il cui esito è risultato poi negativo, ed ha effettuato un'attenta visita medica durante la quale non ha rilevato sul corpo né ecchimosi, né ematomi, né altre lesioni visibili.
Pertanto, il medico ha diagnosticato soltanto contusioni costali e ai muscoli dorsali e una contusione alla mano destra con prognosi di giorni cinque.
Tali diagnosi e prognosi sono state trascritte sul registro di pronto soccorso, non essendo stato redatto alcun referto.
Tutte le risultanze dell'attività d'indagine sono attualmente al vaglio dell'Autorità giudiziaria delegante.
Per quanto concerne gli esiti dell'indagine amministrativa interna, non sono stati finora rilevati comportamenti disciplinarmente censurabili nei confronti del personale di polizia operante.
Per completezza d'informazione dell'interrogante, si soggiunge che il 16 marzo scorso i due agenti scelti della polizia di Stato, menzionati nell'articolo di stampa pubblicato dal quotidiano Liberazione del 21 dicembre 2006, hanno presentato formale querela per diffamazione a mezzo stampa.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
MIGLIORI e ULIVI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella città di Carrara sono apparse sui muri minacciose scritte nei confronti di un militante di Alleanza Nazionale già vittima di aggressione lo scorso 10 febbraio durante l'effettuazione delle iniziative di ricordo nel «Giorno della Memoria» -:
quali iniziative urgenti si intendano assicurare al fine del ristabilimento di un ordinato clima di convivenza politica a Carrara.
(4-02740)
Risposta. - La mattina del 23 febbraio 2006, personale della questura di Massa-Carrara ha rilevato, su un muro di contenimento in località Foce, al confine fra i due comuni capoluogo, una scritta vergata con colore rosso del tenore «10, 100, 1000 Raciti e Musetti - vota Lista Comunista», seguita dal simbolo della falce e martello,
sormontato dal disegno di una piccola stella a cinque punte.
Il secondo dei due cognomi risultanti dalla scritta citata è riferibile ad un dirigente locale di Alleanza Nazionale, il quale, come segnalato dall'interrogante, il 10 febbraio precedente, in occasione di una manifestazione per la commemorazione dei caduti delle foibe, era stato aggredito da militanti di opposta ideologia.
In relazione a tale episodio, sono state deferite all'autorità giudiziaria quattro persone, due delle quali per violazione dell'articolo 18 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e le altre anche per lesioni personali, danneggiamento, resistenza e violenza a pubblico ufficiale.
Il 25 febbraio successivo, con un comunicato apparso sulla stampa locale, la Lista Comunista dei Comitati di appoggio per la resistenza comunista ha pubblicamente espresso l'estraneità dei suoi militanti alla scritta minatoria in argomento, precisando, in particolare, che la stessa era stata provocatoriamente aggiunta ad un'altra preesistente che invitava semplicemente a votare la lista, che sarebbe stata presente, con un proprio candidato sindaco, alle elezioni del comune di Carrara.
A giudizio del questore di Massa-Carrara, tale ipotesi appare verosimile.
Relativamente alle iniziative assunte per contrastare simili fenomeni, va sottolineato che le Autorità di pubblica sicurezza e le forze di polizia seguono con la massima attenzione tutti gli eventi che incidono negativamente sulla sicurezza e la libertà di espressione degli esponenti di tutte le forze politiche. Il Dipartimento della pubblica sicurezza sta svolgendo, a tal fine, una attenta opera di impulso e di sensibilizzazione delle questure per l'intensificazione delle strategie di contrasto e per l'adozione di mirati moduli operativi.
Nel caso dell'aggressione al dirigente locale di Alleanza Nazionale, come già detto, le responsabilità sono state accertate ed individuate e sono ora all'attenzione dell'Autorità giudiziaria per i conseguenti provvedimenti.
Per il secondo episodio, sono in corso indagini di polizia per accertare gli autori di alcune scritte minacciose che, come in altri casi analoghi, presentano aspetti di oggettiva difficoltà in considerazione del fatto che simili gesti non richiedono particolari capacità operative, né rilevanti sforzi organizzativi per la loro esecuzione.
Massima è, comunque, l'attenzione delle Autorità di pubblica sicurezza al fine di tutelare sia il regolare esercizio dei diritti, costituzionalmente garantiti, di riunione e di libertà di espressione del pensiero, sia il corretto svolgimento della dialettica politica.
Tale tutela si traduce, in concreto, nella predisposizione di adeguati servizi di ordine pubblico in occasione di pubbliche manifestazioni, nonché nell'attività di vigilanza a sedi di partito e dei movimenti politici ed in una capillare attività informativa, che mira a prevenire e a neutralizzare possibili occasioni di contrapposizione, anche violenta, tra gli appartenenti ed i simpatizzanti di opposte fazioni.
Analoga attenzione, infine, viene posta nella vigilanza e nel controllo di tutti i contesti sociali e dei luoghi di aggregazione dove possono crescere, oppure radicarsi, gruppi con atteggiamenti o comportamenti violenti od eversivi.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
MISTRELLO DESTRO, MILANATO, ZORZATO e GARDINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 3 settembre 2006 a Padova il Ministro della Solidarietà sociale, on. Paolo Ferrero, accompagnato dall'Assessore comunale alla casa Daniela Ruffini, ha visitato il complesso Serenissima in via Anelli dopo i clamori anche internazionali suscitati dall'erezione di un muro metallico realizzato dall'Amministrazione Comunale di Padova, fatto questo che ha screditato l'immagine della città ancor di più dell'esistenza stessa del famigerato ghetto. Durante la visita il Ministro ha incontrato, su iniziativa dell'Assessore Ruffini, un rappresentante dei cittadini extracomunitari definito Il Sindaco di Via Anelli, risultante clandestino e colpito a
norma di legge da decreto di espulsione dal nostro Paese;
risulta altresì che lo stesso assessore si sia giovato della collaborazione della medesima persona clandestina in più circostanze, compresa l'organizzazione di una partita di calcio all'interno del complesso. A giudizio degli interroganti questi comportamenti si appalesano come un reale incoraggiamento ad ignorare le leggi dello Stato italiano e rappresentano di fatto una pericolosa sconfessione della difficile attività di contenimento e governo della immigrazione, portata avanti fra mille difficoltà dalle Forze dell'Ordine;
ancor più grave sembra agli interroganti, l'aver coinvolto istituzioni nazionali e locali (amministrazione comunale e rappresentante del Governo) che dovrebbero essere esempio di correttezza e serietà politica, in confusi ed ambigui tentativi di dialogo senza regole e senza prospettive con l'area grigia della clandestinità -:
se il Ministro sia al corrente delle circostanze summenzionate, per altro ampiamente documentate dalla stampa locale;
se il Ministro dell'interno non ritenga grave il coinvolgimento di un Ministro della Repubblica nei rapporti che un rappresentante della Pubblica amministrazione intrattiene con un cittadino che non rispetta le leggi dello Stato italiano, tali da costituire un reale incoraggiamento a rimanere nella irregolarità;
quali iniziative intenda assumere per ritornare al ripristino della legalità senza se e senza ma, assumendo come unica guida il rispetto delle norme e delle leggi vigenti che valgono per chiunque voglia soggiornare e vivere nel nostro territorio;
quali atti amministrativi e politici voglia mettere in atto per favorire l'integrazione di chi, immigrato regolare, lavora e vive all'interno della nostra comunità e sente con forza la necessità di distinguersi e di essere protetto rispetto a chi resta nella clandestinità e spesso diventa strumento della delinquenza organizzata;
quale politica intenda sviluppare a supporto delle Forze dell'Ordine impegnate in attività di prevenzione e di repressione, garanzia di sicurezza per i cittadini padovani e per gli stessi immigrati regolari.
(4-01450)
Risposta. - Le vicende relative al quartiere di via Anelli a Padova sono da tempo note a questo ministero, sia sotto il profilo delle ricadute di ordine e sicurezza pubblica (che il 16 novembre scorso hanno formato anche oggetto di esame congiunto con il Vice Ministro dell'interno in un'apposita seduta di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica), sia in relazione ai numerosi atti di sindacato ispettivo che sono stati presentati sull'argomento.
Si richiamano, in proposito, le dichiarazioni rese alla Camera dal Ministro Amato il 3 agosto scorso in risposta all'interrogazione n. 3-00190 dell'interrogante, nonché i successivi interventi svolti in aula dalla scrivente il 28 settembre al Senato ed il 28 novembre alla Camera in risposta ad altre interrogazioni sul medesimo argomento.
Per quanto concerne più in particolare gli specifici quesiti sollevati dall'interrogante, si ritiene che il cosiddetto «sindaco di via Anelli», cui fa riferimento l'interrogazione, sia in realtà il cittadino nigeriano Jerry Ndi Nwagugbulem, nato a Imo State il 25 dicembre 1972, a cui carico non figurano precedenti e pendenze penali.
Il predetto nel luglio 1996 aveva regolarizzato la sua presenza sul territorio nazionale ai sensi del decreto-legge n. 269 del 1996 ottenendo un permesso di soggiorno per motivi di lavoro rilasciato dalla questura di Padova. Tale titolo di soggiorno, valido fino al 21 novembre 2002, successivamente alla sua scadenza non è stato più rinnovato, motivo per cui in data 26 agosto 2005 il Nwagugbulem, rintracciato dalle forze di polizia in posizione di irregolarità sul territorio nazionale, è stato raggiunto da decreto di espulsione dei prefetto di Padova.
Avverso il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale, lo straniero non ha proposto formale ricorso, ma ne ha
richiesto al Prefetto la revoca in vi di autotutela. Tale istanza, secondo quanto riferito dalla stessa prefettura UTG di Padova, è stata da ultimo definita con esito negativo il 19 aprile scorso, sulla base anche del parere contrario della locale questura, poiché il suddetto cittadino non aveva adeguatamente dimostrato i gravi e perduranti motivi per i quali, dal dicembre 2002 all'agosto 2005, lo stesso è stato asseritamente impossibilitato a presentarsi presso gli sportelli dell'ufficio immigrazione della questura di Padova, per inoltrare istanza di rinnovo del proprio titolo di soggiorno scaduto.
Per quanto concerne, più in generale, i provvedimenti messi in atto in favore degli stranieri regolarmente soggiornanti e bene inseriti nel tessuto socio-economico rispetto agli immigrati irregolari, si evidenzia che uno dei criteri fondamentali che ha guidato il ministero dell'interno sia nell'applicazione che nelle linee di revisione del vigente testo unico sugli stranieri consiste proprio nel distinguere nettamente la posizione di quanti mostrano di volersi positivamente integrare nella società italiana rispetto a quella di chi delinque o versa in condizione di illegalità.
A tal proposito, si ricorda che in data 24 aprile 2007 è stato approvato dal Consiglio dei ministri il disegno di legge che delega al Governo il riesame della disciplina dell'immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero, sul quale la Conferenza unificata Stato-Regioni ha espresso parere favorevole il 14 giugno e approvato in via definitiva nuovamente dal Consiglio dei ministri in data 28 giugno 2007 e attualmente all'esame del Parlamento.
Tale provvedimento, tra gli altri obiettivi, mira a potenziare le misure dirette a garantire l'integrazione dei migranti, concepita come inclusione, interazione e scambio e non come coabitazione tra comunità separate, con particolare riguardo ai problemi delle seconde generazioni e delle donne anche attraverso la definizione della figura e delle funzioni dei mediatori culturali; nonché promuove il pieno inserimento degli immigrati regolari, mediante l'estensione ai soggiornanti di lungo periodo di una serie di diritti e doveri in materia di accesso al lavoro pubblico, alle professioni, al servizio sanitario nazionale e ai servizi sociali.
Ancora, essa prevede la possibilità di porre in essere interventi di carattere straordinario e temporaneo di accoglienza da parte degli enti locali per fronteggiare situazioni di emergenza, di aggiornare le disposizioni relative alla composizione ed alle funzioni della Consulta e di favorire ulteriori fonti di finanziamento del Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati.
Si ricorda, inoltre, che in quest'ottica s'inseriscono anche alcuni provvedimenti già adottati, come ad esempio i decreti legislativi definitivamente approvati nella seduta del Consiglio dei ministri del 1o dicembre 2006 e con i quali sono state recepite le direttive comunitarie 86 e 109 del 2003 relative ai ricongiungimenti familiari ed allo status dei cittadini cosiddetti «lungo soggiornanti»; provvedimenti che si muovono in direzione del riconoscimento di diritti a coloro i quali abbiano maturato, attraverso una condizione di regolarità protratta nel tempo, un significativo grado di inserimento ed integrazione nella società e nel mondo del lavoro.
Col primo provvedimento, in particolare, vengono diversamente disciplinate talune condizioni che in precedenza limitavano o appesantivano ingiustificatamente l'esercizio del diritto del ricongiungimento, ma senza ampliare le categorie di familiari che possono richiederlo; con il secondo decreto, invece, è stato ridotto da sei a cinque anni il periodo di permanenza regolare in Italia richiesto per poter ottenere lo status più favorevole di soggiornante di lungo periodo, che consente fra l'altro di entrare in Italia senza visto e di circolare liberamente.
Analoga attenzione alle condizioni, alle esigenze ed alle problematiche degli immigrati regolari viene rivolta dalle altre articolazioni del Governo per gli aspetti di rispettiva competenza, fra cui assumono particolare rilievo, evidentemente, quelle di carattere sociale volte a rafforzare il dialogo al fine di una concreta e fattiva integrazione degli immigrati sul territorio nazionale; in questo senso va letta anche la visita effettuata
il 3 settembre scorso a via Anelli dall'onorevole Ministro per la Solidarietà Sociale in accordo con le istituzioni locali.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Marcella Lucidi.
LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
la stampa dei giorni scorsi ha riportato la notizia della vicenda del professor Gianni Tristano, docente di lettere nelle scuole superiori che è stato sospeso dall'insegnamento e dalla retribuzione per un mese per avere, nella primavera del 2005, organizzato con i propri studenti un «laboratorio di pace» che, durante i giorni del rapimento della giornalista Giuliana Sgrena in Iraq ha trattato i temi legati al conflitto in corso;
a sollecitare l'avvio di un procedimento disciplinare nei confronti del docente sarebbe stata la preside dell'Istituto in cui si svolsero i fatti: il liceo Russel di Garbagnate;
secondo gli ispettori che hanno svolto l'istruttoria, la posizione del docente sarebbe aggravata dal fatto che lo stesso ha utilizzato, durante il «laboratorio di pace» alcuni «pezzi scrittografici» che altro non sono che la prima pagina del quotidiano «Il Manifesto»;
sempre secondo quanto riportato dalla stampa, il parere degli ispettori è che il docente avrebbe avuto atteggiamenti «border-line» con le sue iniziative rivolte all'approfondimento dei temi legati al conflitto iracheno e all'organizzazione di una mostra all'interno della scuola -:
come giudichi la vicenda descritta in premessa e se non ritengano che la libertà di insegnamento Costituzionalmente tutelata possa comprendere la facoltà di avvalersi della prima pagina di qualsivoglia quotidiano per affrontare temi di attualità;
quali siano i limiti delle competenze e delle prerogative degli ispettori del Ministero e se fra questi rientri anche la possibilità di esprimere giudizi circa le idee e le posizioni politiche dei docenti;
se non ritenga, anche a fini di auto-tutela dell'amministrazione in vista di una possibile azione giudiziaria del docente che potrebbe rivalersi sul Ministero per i danni subiti, di dover intervenire per l'annullamento del provvedimento di sospensione.
(4-01723)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante fa presente che la stampa ha pubblicato la notizia di un docente di lettere del liceo Russel di Garbagnate che è stato sospeso dall'insegnamento nella primavera del 2005 per aver organizzato con i propri studenti un «laboratorio di pace» durante i giorni del rapimento della giornalista Luciana Sgrena e che a sollecitare l'avvio del procedimento disciplinare sarebbe stata la preside dell'istituto; inoltre, sempre secondo quanto riportato dalla stampa, il parere degli ispettori è che il docente avrebbe avuto atteggiamenti «border line» con le sue iniziative rivolte all'approfondimento dei temi legati al conflitto iracheno e all'organizzazione di una mostra all'interno della scuola; chiede quindi valutazioni sulla vicenda, i limiti e le competenze degli ispettori e iniziative per l'annullamento del provvedimento di sospensione.
Si ritiene opportuno premettere che, al fine di conoscere la reale portata di fatti o comportamenti di interesse dell'amministrazione, la medesima si avvale di un apposito corpo ispettivo costituito da personale dotato di adeguata formazione e professionalità nonché di adeguata conoscenza dell'attività dell'ente o dell'ufficio da ispezionare. Ciascun ispettore nel suo agire deve uniformarsi, come ogni dipendente, al codice di comportamento delle pubbliche amministrazioni le cui norme garantiscono che l'ispezione sia ispirata ai principi di imparzialità e di buona conduzione dell'attività esercitata.
Occorre anche ricordare che, al fine di contribuire alla definizione dei principi che
regolano le attività di ispezione è stata diramata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - dipartimento della funzione pubblica apposita direttiva sull'attività di ispezione che propone criteri e modi di svolgimento delle ispezioni. Tra le regole proposte nella direttiva, l'obiettività metodologica, la significatività e la rilevanza degli elementi considerati, l'esigenza che i rilievi si fondino su elementi probanti e circostanziati ed anche che l'ispezione sia dimostrabile in ogni suo atto.
Si precisa anche che il contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto scuola per il quadriennio 2002-2005, demanda la materia delle sanzioni disciplinari e delle relative procedure di irrogazione, per ciò che concerne il personale docente ed educativo, alla norme contenute nel testo unico in materia di istruzione, di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994.
La normativa in parola prevede che, nei casi in cui si è in presenza di comportamenti del personale docente che comportano l'applicazione di sanzioni disciplinari, deve essere attivata apposita procedura che prevede da una parte la contestazione degli addebiti, dall'altra la presentazione da parte dell'interessato di controdeduzioni rispetto all'infrazione contestata. Ciò al fine di bilanciare i contrapposti interessi: da un lato, l'interesse dell'incolpato ad un giudizio equo e dall'altro l'interesse pubblico all'immagine e al buon andamento dell'amministrazione.
Il provvedimento sanzionatorio deve essere motivato e, per il personale docente degli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore i provvedimenti superiori alla censura devono essere emanati in conformità del parere reso dal consiglio di disciplina del Consiglio nazionale della pubblica istruzione, consesso che è composto da 5 membri effettivi e da cinque membri supplenti eletti dal Consiglio Nazionale nel suo seno e appartenenti al personale medesimo.
L'organo competente alla irrogazione delle sanzioni disciplinari per il personale docente, a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 4, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 è il direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale competente per territorio, anche in relazione a quelle sanzioni disciplinari che la normativa contenuta nel decreto legislativo 297 del 1994 rimetteva alla competenza del ministero, o, il dirigente preposto all'ufficio scolastico territoriale - se delegato in materia disciplinare dal direttore regionale - che adotta il provvedimento sanzionatorio superiore alla censura, come già precisato, dopo aver acquisito il parere dell'organo collegiale competente.
Ciò premesso, in merito al caso evidenziato dall'interrogante il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale ha fatto presente che sulla base delle segnalazioni del dirigente scolastico dell'istituto di istruzione superiore «Bertrand Russell» di Garbagnate Milanese, che ravvisava nelle modalità espressive adottate da un insegnante di lettere dell'istituto azioni diffamatorie nei confronti dell'istituto e del medesimo dirigente scolastico, sono stati attivati accertamenti ispettivi per appurare l'esatta dinamica dei fatti ed eventuali responsabilità.
A conclusione delle indagini, esaminata la relazione ispettiva ed ascoltate le giustificazioni del docente, si è provveduto alla formale contestazione di addebiti a carico dello stesso; successivamente, in considerazione della gravità dei comportamenti contestati il Centro servizi amministrativi di Milano, con nota del 29 settembre 2005 ha trasmesso gli atti al Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione - consiglio di disciplina per il personale docente della scuola secondaria di secondo grado - ai fini dell'irrogazione della sanzione superiore alla censura.
Il 26 febbraio 2006 il suddetto consesso, dopo aver sentito l'interessato e il suo difensore, ha chiesto all'amministrazione un supplemento di istruttoria al fine della decisione da assumere.
Con delibera del 16 ottobre 2006, il suddetto consiglio di disciplina anche alla luce di quanto emerso dal supplemento di istruttoria, ha proposto che al docente venisse inflitta la sanzione disciplinare della sospensione della retribuzione e dall'insegnamento per un mese, ai sensi dell'articolo
535, 1o comma, n. 4 del decreto legislativo n. 297 del 1994.
L'ufficio scolastico provinciale di Milano, in forza della delega conferita in materia disciplinare dal direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per la Lombardia, con decreto dirigenziale in data 26 ottobre 2006 ha inflitto al predetto docente la sanzione della sospensione della retribuzione e dall'insegnamento per un, mese, in conformità al parere espresso dal consiglio di disciplina.
Sembra opportuno precisare che non è stata in alcun modo lesa la libertà di insegnamento del docente - costituzionalmente garantita, come del resto non gli è stato contestato il fatto di essersi avvalso «della prima pagina di qualsiasi quotidiano per affrontare temi di attualità».
Il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale ha ribadito che oggetto di contestazione disciplinare sono stati soltanto i toni e le espressioni polemiche, sarcastiche e denigratorie dell'operato del dirigente scolastico e di alcuni colleghi che il docente ha usato in «lettere aperte» inopportunamente affisse in locali scolastici e divulgate via Internet.
Il Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione: Gaetano Pascarella.
PEDICA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la Scuola Superiore della Magistratura è un prestigiosissimo ente istituito con decreto legislativo n 26 del 30 gennaio 2006 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n 28 del 3 febbraio 2006) che dal 2008, con sole tre sedi nazionali, si renderà operativa con corsi di alto livello che saranno erogati in merito all'organizzazione ed alla gestione del tirocinio e della formazione degli uditori giudiziari, all'organizzazione dell'aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, alla promozione di iniziative e scambi culturali e ricerca, all'offerta di formazione di magistrati stranieri nel quadro di accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria. Un'istituzione, dunque, dalla forte valenza culturale e dall'indubitabile positivo impatto sociale ed economico che avrà sul territorio in cui sarà presente;
il decreto interministeriale del 27 aprile 2006 firmato da Tremonti e Castelli, all'epoca rispettivamente ministri dell'economia e della giustizia, individuava nel Paese tre sedi della Scuola: Bergamo per il Nord Italia, Latina per il Centro Italia e Catanzaro per il Sud Italia, nel cui distretto sono comprese le regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia;
la scelta operata per l'individuazione delle tre sedi seguiva un deciso criterio di ordine geografico e, nel caso di Catanzaro, felicemente ubicata nel cuore del Mediterraneo e perciò facilmente accessibile dalle regioni di riferimento tramite le infrastrutture stradali ed aeroportuali con cui è servita - teneva altresì conto della rilevante tradizione di studi giuridici del capoluogo calabrese, dell'antica Corte d'Appello ivi presente, della presenza universitaria;
il 30 novembre 2006, con decreto n. 26, il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, cancella la sede catanzarese dirottando la Scuola a Benevento, peraltro sua città d'origine. Fra l'altro, è strano che tale decreto più volte menzionato dallo stesso Ministro non sia inserito nel sito internet del Ministero, quasi per una sorta di pudore o per evitare amplificazioni negative all'immagine del Ministro;
la motivazione ufficiale con cui il Ministro Mastella giustifica tale decisione si ritrova nella risposta data all'onorevole Pedrizzi che lo interroga nel Question Time del 13 dicembre 2006: «Tale scelta è stata compiuta, come indicato nel decreto del 30 novembre 2006, in primo luogo perché le filiali dell'agenzia del demanio hanno segnalato che in nessuna delle suindicate province esistono immobili demaniali idonei allo scopo previsto. In secondo luogo, si è tenuto conto della circostanza, anch'essa menzionata nel decreto del 30 novembre 2006, che le sedi di Latina e
Catanzaro risultano decentrate. Il fatto che tali sedi non siano attualmente raggiungibili comporta, inevitabilmente, maggiori costi a carico dell'erario per viaggi e permanenza. Infine, si sono considerate le esigenze complessive della distribuzione di occasioni e risorse materiali e culturali, nell'ambito di un disegno di più ampio respiro riguardante l'intero territorio nazionale. Mi riferisco, tra l'altro, anche alle scelte riguardanti l'ubicazione delle strutture penitenziarie di nuova costruzione o delle quali è progettato l'ampliamento. In definitiva, ho ritenuto che occorresse procedere, quanto meno, alla sostituzione delle sedi di Latina e Catanzaro, optando, rispettivamente, per le città di Firenze e Benevento.».
non è vero che Benevento sia più centrale e raggiungibile di Catanzaro per le 5 regioni del distretto meridionale, anzi per quanto riguarda le vie di comunicazione Catanzaro è collegata in modo efficace e funzionale con l'intero territorio nazionale attraverso un aeroporto , importanti scali ferroviari e strade di grande comunicazione;
la scelta di Benevento comporterà sicuramente maggiori costi a carico dello Stato e maggiori disagi per gli utenti;
inoltre non risponde a verità neanche l'affermazione che a Catanzaro non vi siano immobili disponibili mentre a Benevento la cosa sia già risolta: infatti il sindaco della città sannita, Fausto Pepe, in una conferenza stampa da lui tenuta il 29 dicembre 2006 afferma che ancora «si stà lavorando all'individuazione dell'edificio in collaborazione con la Provincia»;
agli enti locali è demandato il compito di reperire un immobile adeguato e si deve evidenziare che Comune di Catanzaro, Provincia di Catanzaro e Regione Calabria non sono mai stati contattati dal Demanio per verificare la disponibilità dei suddetti Enti;
inoltre il Comune di Catanzaro ha in essere una convenzione proprio col Ministero della Giustizia: qualche anno fa doveva essere ubicata nel capoluogo calabro la Scuola di Polizia Penitenziaria (poi insediata a Catania) e a motivo di quell'eventuale necessità il Comune trovò degli immobili e li offri al Ministero e a tutt'oggi quegli immobili sono disponibili;
oltre al question time sopra menzionato sono state presentate diverse altre interrogazioni parlamentari sia alla Camera che al Senato;
inoltre il Comune di Catanzaro, la Provincia di Catanzaro hanno, ognuno separatamente ed in modo autonomo, agito per le vie legali ricorrendo al TAR del Lazio;
l'udienza per tutti e 3 i ricorsi al Tar del Lazio si è tenuta il 21 febbraio 2007;
il Comune di Catanzaro ha chiesto al Presidente la fissazione dell'udienza per l'esame del merito al fine di ottenere una sollecita definizione della causa, riservandosi di depositare motivazioni aggiuntive avverso il provvedimento che revoca la istituenda sede stabile della prestigiosa Scuola per il distretto meridionale da Catanzaro a Benevento;
una settimana dopo l'udienza del 21 febbraio il ministero ha stipulato una convenzione con Comune e Provincia di Benevento e con la Regione Campania al fine di reperire un immobile e destinarlo alla Scuola e cosi facendo cerca di determinare un «fatto acquisito»;
nella città di Catanzaro ed in tutta la Calabria si sono registrati malumori così forti da aver indotto la popolazione a scendere in piazza in una manifestazione di protesta conclusa in Prefettura dove, una delegazione guidata dal sindaco della città Rosario Olivo, ha incontrato il Prefetto Montanaro che, secondo quanto risulta agli interroganti, ha condiviso le ragioni e ha garantito la sua «intercessione» presso il premier Prodi;
molti sindaci di comuni calabresi hanno partecipato a quella manifestazione e tutti hanno espresso forte indignazione
per un atto percepito in termini estremamente negativi;
chi ci rimette in tutto questo sono evidentemente le finanze pubbliche, in quanto decentrando la Struttura da Catanzaro a Benevento lo Stato dovrà sopportare una spesa di gran lunga superiore per poter gestire i corsi di formazione per Magistrati;
la vicenda continua a non esplodere a livello nazionale mentre sui media locali (tv e giornali calabresi) se ne parla ma la stampa e le tv nazionali non conoscono il caso e non ne fanno menzione;
non va trascurato il fatto che la presenza della «Scuola» nel capoluogo calabrese, sarebbe anche un forte segnale della presenza dello Stato e sicuramente costituirebbe un incoraggiamento alla lotta alla criminalità che, notoriamente, affligge questa Regione -:
se non ritenga urgente revocare il decreto n. 26 del 30 novembre 2006 in modo da ripristinare la decisione del precedente decreto interministeriale del 27 aprile 2006 permettendo, in tal modo, che la Scuola Superiore per la Magistratura venga istituita a Catanzaro, Capoluogo della Calabria.
(4-02848)
Risposta. - Tra i criteri per l'esercizio della delega conferita al Governo per l'istituzione della Scuola superiore della magistratura, l'articolo 2, comma 2, lettera r) della legge 25 luglio 2005, n. 150 prevede «che vengano istituite sino a tre sedi della Scuola superiore della magistratura a competenza interregionale».
Al riguardo, l'articolo 1, comma 5, del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26 (recante Istituzione della Scuola superiore della magistratura) stabilisce a sua volta che «Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze [...] vengono individuate tre sedi della Scuola: una per i distretti ricompresi nelle regioni Lombardia, Trentino-Alto Adige/Sudtirol, Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna; una per i distretti ricompresi nelle regioni Marche, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise e Sardegna; una per i distretti ricompresi nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia».
In attuazione del suddetto articolo 1, comma 5 è stato emanato il decreto ministeriale 27 aprile 2006, il quale prevedeva che le sedi della Scuola superiore della magistratura sarebbero state ubicate, rispettivamente, nella provincia di Bergamo, in quella di Latina e in quella di Catanzaro.
Il successivo decreto ministeriale 30 novembre 2006 - modificando in parte qua il precedente decreto del 27 aprile 2006 - ha disposto che le sedi della Scuola superiore della magistratura saranno ubicate, rispettivamente, nella provincia di Bergamo, in quella di Firenze e in quella di Benevento.
Tale decreto è stato impugnato - con distinti ricorsi - dal comune di Catanzaro, dall'amministrazione provinciale di Catanzaro e dalla Regione Calabria, nonché (in proprio) dai signori Feroleto, Zaccaro, Sacchi, Cardamone, Pizzarri, Caiazza e Tallini.
Al riguardo, si osserva che il decreto ministeriale 27 aprile 2006 non stabilisce che la Scuola avrà sede nel comune di Catanzaro, ma si limita a prevedere che per i distretti compresi nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia, la scuola avrà sede «nella provincia di Catanzaro» (la quale comprende 80 comuni, uno dei quali - Lamezia Terme - ha una popolazione residente di poco inferiore a quella del comune di Catanzaro).
Va, quindi, escluso che il provvedimento di revoca del decreto ministeriale 30 novembre 2006 sollecitato dall'interrogante produca, quale conseguenza immediata e diretta, l'istituzione della sede della scuola nella città di Catanzaro.
Al fine di stabilire quali siano le località che soddisfano maggiormente i requisiti richiesti per l'ubicazione delle sedi della scuola sono state valutate le caratteristiche, le finalità e le necessità organizzative di quest'ultima.
Quanto ai profili di merito relativi alla scelta della sede della scuola e, segnatamente, la centralità della località prescelta
e l'esistenza di immobili demaniali idonei ad ospitare la sede della scuola, si osserva quanto segue.
Assume in primo luogo rilievo l'effettiva distribuzione territoriale dei magistrati chiamati a partecipare ai corsi organizzati dalla sede meridionale della scuola (oltre un terzo dei magistrati ordinari - 1.250 su un totale di circa 3.600 - proviene dagli uffici giudiziari della Campania).
In secondo luogo, va evidenziata la circostanza che coloro che sono chiamati a partecipare alle attività organizzate dalla scuola in qualità di docenti provengono da tutta Italia.
In terzo luogo occorre tenere conto dei collegamenti disponibili con le località di provenienza dei partecipanti ai corsi; al riguardo è sufficiente ricordare che l'aeroporto di Lamezia Terme (che serve la città di Catanzaro), a differenza dell'aeroporto di Napoli Capodichino, non dispone di collegamenti quotidiani diretti con i capoluoghi dei distretti di corte d'appello delle regioni meridionali.
Quanto al presupposto dell'inesistenza - nell'intero territorio della provincia di Catanzaro - di immobili demaniali idonei ad ospitare la sede della scuola, esso si fonda su una preventiva indagine conoscitiva svolta dal ministero presso l'Agenzia del demanio territorialmente competente.
Viceversa, a seguito della sottoscrizione di un Protocollo d'intesa, in data 24 febbraio 2007, da parte del ministero della giustizia, del Presidente della provincia di Benevento, del sindaco del comune di Benevento e del Rettore dell'università del Sannio, la provincia di Benevento ha messo a disposizione, a titolo gratuito, un complesso immobiliare di sua proprietà, l'ex caserma militare «Guidoni», per un periodo di nove anni, rinnovabile per altri nove anni.
Tale complesso immobiliare è stato oggetto di recenti interventi di ristrutturazione e messa a norma e, tuttora, sono in corso altri interventi.
La provincia ha assunto, altresì, l'impegno di provvedere con oneri a suo carico agli ulteriori interventi che saranno richiesti dal ministero della giustizia.
La provincia ed il comune di Benevento, tenendo esente il ministero da ogni impegno economico, si sono impegnati ad assicurare la copertura finanziaria relativa alla gestione ordinaria e straordinaria della sede, secondo le indicazioni e le necessità del ministero.
Alla luce delle considerazioni che precedono si può dunque affermare che la scelta di sostituire la provincia di Catanzaro con quella di Benevento è sorretta, nel decreto ministeriale 30 novembre 2006, da motivazioni adeguate e sufficienti, sia con riferimento ai problemi logistici di collegamento della provincia di Catanzaro con le sedi giudiziarie dei distretti di riferimento, sia con riferimento alla mancanza - nell'intero territorio provinciale - di immobili demaniali idonei allo scopo. Ciò diversamente dal decreto ministeriale 27 aprile 2006, il quale, viceversa, non recava l'indicazione dei motivi che hanno indotto l'amministrazione ad ubicare nella provincia di Catanzaro una delle sedi della Scuola superiore della magistratura.
La scelta effettuata risponde, pertanto, a criteri di buona amministrazione ed è definitiva, ogni valutazione essendo già stata operata con assoluta ponderazione in vista dell'emanazione del decreto.
Inoltre, è questa la sede per rammentare che un chiaro segnale della presenza attiva delle istituzioni in un territorio in cui è forte la pressione della criminalità organizzata, si ricava con evidenza dalla convenzione stipulata in data 14 maggio 2007 tra il ministero dell'interno ed il ministero della giustizia, relativa al rafforzamento delle risorse delle strutture giudiziarie di Catanzaro e Reggio Calabria. La convenzione segue la sottoscrizione in data 16 febbraio 2007 del «Patto Calabria Sicura», tra il Vice Ministro dell'interno, il Presidente della Regione Calabria, il Presidente dell'amministrazione provinciale di Catanzaro ed il Presidente dell'amministrazione provinciale di Reggio Calabria. Il Patto definisce un piano di interventi urgenti, prioritariamente nelle aree di Lamezia Terme, di Gioia Tauro e della Locride, consistente nel potenziamento delle risorse
umane e tecnologiche dell'apparato di prevenzione e contrasto anticrimine.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
RAMPELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
con il test atomico eseguito nei primi giorni di ottobre la Corea del Nord è entrata ufficialmente nella cerchia ristretta di quei paesi dotati di un arsenale nucleare; si è trattato di una pericolosa provocazione che ha creato grande tensione e profonda preoccupazione nel panorama politico internazionale;
rispetto al passato, tuttavia, sembrerebbe che nel nostro paese il movimento pacifista sia rimasto assolutamente inerme, a differenza di quanto avvenuto in occasione dei test atomici francesi a Mururoa (nel 1995) o dei conflitti armati ogni qualvolta sono intervenuti gli Stati Uniti d'America;
il Parlamento europeo, già nella Risoluzione del 10 marzo 2005, chiedeva al governo nordcoreano di prendere misure concrete nei negoziati di revisione del Trattato di non proliferazione e di adottare un approccio costruttivo;
la Corea del Nord era stata, in particolare, sollecitata a unirsi al suddetto trattato, a revocare la sua decisione di ritirarsi dai colloqui a sei e a consentire la ripresa dei negoziati in modo da trovare una soluzione pacifica alla crisi nella penisola coreana;
al centro dell'attuale crisi vi è la disponibilità da parte della Corea del Nord di un programma di arricchimento dell'uranio completamente operativo;
solo nel giugno scorso, il Parlamento europeo aveva adottato un'altra risoluzione nei confronti della Corea del nord per il mancato rispetto dei diritti umani;
le numerose denunce, in particolare da parte delle persone che sono fuggite dal paese, lasciano presagire un quadro estremamente allarmante di violazioni, tra cui esecuzioni, torture, detenzioni di prigionieri politici e condizioni carcerarie inumane;
una situazione simile si riscontra in Cina, come denunciato dallo stesso interrogante nella mozione n. 1-00026 del 22 settembre 2006;
in Corea del Nord non è tollerato alcun tipo di opposizione e chiunque esprima opinioni contrarie alla posizione del Partito coreano dei lavoratori al potere rischia pene severe; lo stesso dicasi, in molti casi, per le loro famiglie;
i media nazionali sono sottoposti a una rigorosa censura e l'accesso alle emittenti internazionali è limitato; gli apparecchi radiofonici e televisivi sono sintonizzati in modo da poter ricevere unicamente le trasmissioni statali e coloro i quali ascoltano stazioni radio straniere rischiano pene;
qualsiasi assemblea o associazione non autorizzata - si legge ancora nella Risoluzione del Parlamento europeo - è considerata «agitazione pubblica» passibile di sanzioni; la libertà religiosa, per quanto garantita dalla costituzione, è in pratica drasticamente limitata tanto che sono state denunciate gravi repressioni di persone dedite ad attività religiose pubbliche e private, sotto forma di detenzioni, torture ed esecuzioni;
le testimonianze stimano a 200 mila il numero di persone detenute in campi di rieducazione (campi di lavoro), campi di detenzione e penitenziari e le denunce lasciano supporre che le torture e i maltrattamenti siano diffusi e le condizioni estremamente dure;
decine di migliaia di nord-coreani sono a corto di cibo e dipendono dagli aiuti umanitari che il paese riceve da donatori quali l'Unione europea e le Nazioni Unite; moltissimi abitanti sono stati costretti a fuggire in Cina, abbandonando la Corea del Nord, a causa della repressione e della carestia generalizzata -:
quali iniziative l'Italia intenda assumere in campo internazionale sia sotto il
profilo della tutela dei diritti umani che delle garanzie sull'utilizzo dell'energia nucleare da parte della Corea del Nord, e, in particolare, se - nei rapporti diplomatici con tale paese - non ritenga opportuno promuovere iniziative volte all'immediata cessazione dei test nucleari e alla ripresa dei negoziati nonché a porre fine alle gravi violazioni dei diritti umani.
(4-01808)
Risposta. - L'annuncio di Pyongyang il 9 ottobre 2006 di aver condotto un test nucleare malgrado gli appelli internazionali ha provocato la ferma condanna da parte del Governo italiano.
L'Italia ha chiesto che la Corea del Nord abbandoni immediatamente il programma nucleare militare e torni al pieno adempimento degli obblighi previsti dal Trattato di non proliferazione nucleare e dell'Accordo sulle salvaguardie dell'AIEA.
Di fronte a una simile minaccia alla pace e alla sicurezza mondiale, l'Italia ha quindi ritenuto necessario l'intervento del Consiglio di Sicurezza, concretizzatosi con la Risoluzione 1718, che prevede sanzioni economiche e politiche all'indirizzo della Corea del Nord.
Da allora, in modo in parte inatteso, vi sono stati dei positivi sviluppi della situazione nella Penisola coreana, culminati con l'Accordo del 13 febbraio scorso a Pechino, raggiunto nel quadro del processo negoziale denominato Six Party Talks (che comprende Corea del Nord, Cina, Corea del Sud, Russia, USA e Giappone). Tale accordo prevede il disarmo nucleare nordcoreano in cambio di forniture energetiche ed alimentari a Pyongyang.
L'intesa rappresenta forse il primo passo verso una completa denuclearizzazione della Penisola coreana. Tale risultato è stato raggiunto grazie ad una serie di fattori concomitanti, primo fra tutti il ruolo positivamente svolto dalla Cina, con il suo forte leverage su Pyongyang; essenziale altresì la decisione americana - in parte determinata dall'atteggiamento cinese, in parte dovuta alla volontà, dopo le elezioni di mid-term, di chiudere almeno un fronte di crisi - di accettare, dopo anni di richieste da parte di Pyongyang, un dialogo «faccia a faccia» con i nordcoreani (colloqui di Pechino e di Berlino tra gennaio e febbraio e di Washington in marzo).
In base al suddetto Accordo, la Corea del Nord accetta di terminare l'attività del reattore nucleare di Yongbyon (principale fonte di plutonio utilizzato negli esperimenti nucleari) entro 60 giorni, in cambio di forniture di petrolio, aiuti alimentari e garanzie di sicurezza. Pyongyang, accettando il principio che avvengano ispezioni degli esperti dell'AIEA, dovrebbe consentire un disarmo nucleare «verificabile», così come auspicato in passato in numerose risoluzioni dell'ONU dalla comunità internazionale. (Al riguardo, va sottolineata l'importanza della visita in Corea del Nord, il 13 marzo 2007, del Direttore Generale dell'AIEA, El Baradei).
I nodi pratici dell'attuazione dell'Accordo vanno tuttavia ancora sciolti in appositi gruppi di lavoro che hanno cominciato a riunirsi. I working groups sono cinque, dedicati a: denuclearizzazione della penisola coreana; normalizzazione dei rapporti fra DPRK e USA; normalizzazione dei rapporti tra DPRK e Giappone; cooperazione nel campo dell'energia e dell'economia; meccanismo di pace e sicurezza nel Nordest asiatico.
L'intesa menziona, nella sua parte finale, anche la possibilità di un permanent peace regime per la Penisola coreana, da discutere in un apposito foro separato. Si tratta di una parte dell'accordo dalle notevolissime implicazioni future, poiché permetterebbe - qualora le venga dato seguito - di porre ufficialmente termine alla guerra di Corea, tecnicamente ancora in stato di armistizio. La conclusione di un vero e proprio accordo di pace sarebbe l'elemento centrale di un regime di sicurezza permanente sulla penisola, come da tempo, tra l'altro, richiedono i sud-coreani.
L'Unione europea, a seguito di una consultazione a cui l'Italia ha attivamente partecipato, ha deciso di inviare, il 6-7 marzo 2007 una Troika della Unione europea a Pyongyang, quale segnale di sostegno alla recente intesa, e per proporre un
più attivo coinvolgimento dell'Europa negli assetti derivanti dall'Accordo di Pechino. Da parte dell'Unione europea si è sollecitata la Corea del Nord a dare esecuzione all'accordo raggiunto nell'ambito dei six-party-talks il 13 febbraio scorso, a continuare il cammino del disarmo, a migliorare la situazione dei diritti umani nel paese e a rispettare gli accordi internazionali sulla non-proliferazione. Da parte nordcoreana, nell'esprimere la volontà di intensificare i contatti ed il dialogo con l'Unione europea è stata espressa disponibilità a smantellare completamente il proprio arsenale nucleare una volta acquisite garanzie di sicurezza e la percezione del venir meno della minaccia americana.
L'impegno italiano per la pacificazione e denuclearizzazione della Penisola coreana ha riscosso negli anni un crescente riconoscimento da parte dei principali attori regionali. Nel corso del suo recente viaggio in Giappone e Corea del Sud, così come durante la visita del Presidente sudcoreano a Roma, si sono raccolti importanti apprezzamenti per il ruolo da noi svolto in questi anni, sia in connessione al fatto che l'Italia fu il primo Paese del G7, nel 2000, a stabilire le relazioni diplomatiche con Pyongyang, sia circa le specifiche iniziative da noi promosse a sostegno del dialogo intercoreano, fra cui l'organizzazione di seminari annuali sulla Penisola coreana fin dal 2002, giunti quest'anno alla loro 5a edizione. Infatti a Como, il 26 marzo scorso, è stato organizzato dal Ministero degli Esteri in collaborazione con il Landau Network Centro Volta un nuovo seminario internazionale dal titolo: Cooperative Stability in North East Asia in the Aftermath of the latest Round of the 6-Party Talks.
Naturalmente, nel diverso clima che si è creato dopo l'Accordo di Pechino, il Seminario di quest'anno ha avuto la finalità di approfondire i termini dell'Intesa e di esplorare quale sia il ruolo che in prospettiva l'Europa possa giocare nello scenario in evoluzione della Penisola coreana.
Più in generale, all'indomani dell'Accordo, l'Italia ha espresso la propria soddisfazione, sia bilateralmente che in un quadro dell'Unione europea, per i più recenti sviluppi della questione, ed intende continuare ad operare per favorire la sua piena applicazione.
Purtroppo, l'ultimo round dei 6PT del 19 marzo 2007 si è concluso con un nulla di fatto dopo che Pyongyang si è rifiutata di mettere in pratica l'accordo per il disarmo nucleare fintantoché non recupera i 25 milioni di dollari congelati presso il Banco Delta di Macao.
Secondo l'opinione più diffusa, anche se tale mancato progresso nei negoziati può rappresentare un pericolo di paralisi, rimane ancora a disposizione tempo sufficiente per riportare i nordcoreani al tavolo dei negoziati. Tutto sembra dipendere dalla restituzione al regime di Pyongyang dei fondi in questione. Si tratta di un problema a questo punto eminentemente tecnico, visto che gli Stati Uniti hanno acconsentito allo sblocco.
Nonostante questa battuta d'arresto, vale la pena ricordare i passi in avanti compiuti dalle parti in causa dopo la ripresa dei negoziati, e cioè:
il riavvio del dialogo intercoreano su nuove basi, e la possibilità evocata di un incontro addirittura al livello dei due leaders, Kim Jong II e Roh Moo-Hyun;
un fitto calendario di incontri fra rappresentanti della DPRK e degli Stati Uniti, ciò che rappresenta forse il dato più significativo di questa nuova atmosfera politica conseguente all'Accordo di Pechino;
la visita del direttore generale della IAEA, El Baradei, a Pyongyang il 13 marzo scorso, e la prospettiva che le Autorità nordcoreane consentano l'ingresso nel loro Paese agli ispettori della stessa Agenzia;
la citata visita di una Troika dell'Unione europea a Pyongyang fra il 6 e il 7 marzo scorso, quale segnale dell'attenzione con cui l'Europa segue le ultime aperture nordcoreane, e della nostra volontà di europei non solo di incoraggiare e favorire il processo in corso, ma anche in qualche modo di esserne coinvolti in maniera più diretta.
Per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, esso rimane uno degli aspetti di
primaria importanza per l'Unione europea (e, sul piano bilaterale, dell'Italia) nel suo riavviato dialogo con Pyongyang.
Nel corso della presentazione delle lettere credenziali a Pyongyang (6 settembre 2006), il nostro Ambasciatore a Seoul ha ribadito alle autorità nordcoreane che pace, stabilità e rispetto dei diritti umani costituiscono i punti di riferimento della politica estera dell'Italia, così come dell'insieme dei Paesi membri dell'Unione europea.
Nel quadro dei lavori della Terza Commissione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l'Unione europea ha presentato una risoluzione sulla situazione dei diritti umani in Corea del Nord, approvata, il 17 novembre 2006, con 91 voti a favore (tra cui quello dell'Italia), 21 contrari e 60 astensioni.
Il testo manifesta la profonda preoccupazione dell'Unione europea per lo stato dei diritti umani in Corea del Nord, facendo particolare riferimento, tra l'altro, alle continue notizie circa sistematiche e diffuse violazioni dei diritti umani, alle torture ed altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti, alle esecuzioni pubbliche, alle detenzioni arbitrarie e comminazioni della pena di morte per motivi politici, nonché all'esistenza di un gran numero di campi di prigionia e l'esteso ricorso ai lavori forzati. Sono citate nel testo anche le restrizioni alla libertà di pensiero, associazione, riunione, coscienza e credo religioso; le continue violazioni dei diritti delle donne ed in particolare il traffico di donne per il mercato della prostituzione ed i matrimoni forzati.
Nella risoluzione si esprime, inoltre, preoccupazione per il continuo rifiuto da parte del governo nordcoreano di riconoscere il mandato dello Special Rapporteur del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite per la situazione dei diritti umani nel Paese (il tailandese Vitit Muntarbhorn) e la mancata collaborazione dell'Autorità di Pyongyang con l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani. Pertanto la risoluzione sollecita la Corea del Nord a rispettare pienamente tutti diritti e le libertà fondamentali (applicando inter alia le precedenti risoluzioni dell'Assemblea generale e della disciolta Commissione dei diritti umani in merito), a facilitare la presenza continua nel Paese di organizzazioni umanitarie ed a cooperare con lo Special Rapporteur, garantendogli un accesso libero e senza restrizioni nel Paese. Nella sua parte operativa, la risoluzione richiede al Segretario generale delle Nazioni Unite di presentare un rapporto dettagliato sulla situazione dei diritti umani in Corea del Nord ed allo Special Rapporteur di riportare i risultati delle sue indagini e le relative raccomandazioni.
L'ultima visita - effettuata in assenza dell'invito delle Autorità nordcoreane - dello Special Rapporteur in Corea del Nord risale al periodo 3-10 novembre 2005. Il rapporto ad esso relativo, pur rilevando positivamente la partecipazione della Corea del Nord ai principali strumenti internazionali in materia di diritti dell'uomo ed alcuni progressi nel terreno della legislazione sul crimine, fa stato del grave deficit in termini di sostanziale rispetto dei diritti umani, con particolare riferimento ai diritti delle donne, dei bambini, delle persone anziane, delle persone con disabilità e dei gruppi appartenenti a minoranze etniche.
A tal proposito occorre segnalare che il professor Muntarbhorn ha visitato il Giappone, la Corea del Sud e la Mongolia nel dicembre 2006, con lo scopo di raccogliere ulteriori informazioni sullo stato dei diritti umani in Corea del Nord e di esaminare l'impatto della situazione nordcoreana sui Paesi vicini (con particolare attenzione alla questione dei rifugiati nordcoreani). Lo Special Rapporteur ha recentemente presentato al Consiglio dei Diritti Umani (4a Sessione, 12-30 marzo 2007) le conclusioni e le raccomandazioni in merito.
Infine, dal primo gennaio 2007, l'Italia, in quanto membro non permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, partecipa anche a pieno titolo alle riunioni del Comitato Sanzioni, di cui è Presidente.
A tale proposito, laddove la citata Risoluzione 1718 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU tratta della restrizione della vendita di armi, va ricordato che l'esportazione di armi o di ogni tipo di materiale bellico è soggetta in Italia alla legge 185/90, che
prevede criteri stringenti per la concessione di licenze di esportazione.
In merito al controllo dei prodotti dual use, l'aspetto è disciplinato in Italia dal Regolamento Europeo 1334/2000 relativo al controllo dell'esportazione di prodotti dual use, introdotto con il decreto legislativo n. 96/2003, con riferimento alla lista aggiornata di controllo, contenuta nel Regolamento Europeo 394/2006. Nel caso dei prodotti elencati dalla Risoluzione ONU 1718, par. 8 (a), (ii), non sarà concessa alcuna licenza di esportazione.
Si è inoltre pronti ad eseguire le restrizioni di persone o enti non appena verrà ultimata la relativa lista delle Nazioni Unite. Nel frattempo l'Italia continuerà a considerare la Corea del Nord come un Paese i cui cittadini debbano essere in possesso di visto al momento dell'attraversamento dei confini europei, in rispetto del Regolamento Comunitario 539/2001.
Riguardo poi al par. 8 (f) della Risoluzione, che fa appello ad un'opera di cooperazione per prevenire il traffico illecito di armi nucleari, chimiche o biologiche, ricordo la partecipazione italiana alla Proliferation Security Iniziative (PSI) sin dalla sua ideazione nel marzo 2003. Lo scopo del PSI è prevenire e ostacolare l'approvvigionamento e il traffico di armi di distruzione di massa e di materiale bellico, inclusi i mezzi di distribuzione.
Relativamente alle misure di embargo di beni di lusso e tecnologia e il congelamento di fondi e delle risorse economiche, l'Italia in quanto membro dell'Unione europea, ha partecipato attivamente alla predisposizione degli strumenti legali europei, fra i quali la Posizione Comune del Consiglio dell'Unione europea, adottata il 20 novembre 2006, riguardante tutte le misure di embargo nel confronti della Corea del Nord, inclusi i beni elencati nella lista della Risoluzione ONU 1718. Un Regolamento apposito, sempre avente ad oggetto misure di embargo nei confronti della Corea del Nord, è attualmente in discussione in sede europea.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.
TURCO, BELTRANDI, CAPEZZONE, D'ELIA, MELLANO e PORETTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 19 maggio 2006 sul quotidiano La Repubblica è apparsa la notizia che i Pubblici Ministeri dell'inchiesta della Procura di Roma sulla società Gea World sospettavano che la citata società potesse avere dei conti presso l'Istituto per le Opere Religiose, avente sede presso lo Stato Città del Vaticano;
tra le intercettazioni pubblicate dal quotidiano La Repubblica ve ne sono due relative a Monsignor Danzi, che all'epoca dei fatti era Direttore dei Servizi economici del Governatorato dello Stato Città del Vaticano, già Officiale dell'Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica;
in una telefonata tra il signor Moggi e altra persona indicata come «Gigi della Digos», quest'ultimo dopo aver dato la notizia della nomina di Monsignor Danzi ad Arcivescovo di Loreto, afferma «non so se l'hanno degradato... perché lui là era il colosso... comunque lui fino ad aprile sarà qua... comunque abbiamo perso una persona importante là... gli ho detto: mo' ci devi indicare qualche sostituto»;
per accertare i fatti sopra descritti sarebbe stata necessaria una rogatoria internazionale, così come, secondo quanto anticipato dallo stesso quotidiano, avrebbero avuto intenzione di chiedere i Pubblici Ministeri titolari dell'inchiesta -:
se il Ministero della giustizia abbia ricevuto dalla procura di Roma una richiesta di rogatoria internazionale volta a chiarire i fatti sopra descritti e quali siano stati in tal caso gli atti assunti dal Ministero.
(4-03488)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si rappresenta che agli atti della competente direzione generale del dipartimento per gli affari di giustizia di questo ministero non risulta pervenuta alcuna richiesta di assistenza giudiziaria in relazione ai fatti citati dall'interrogante.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
ZACCHERA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con il decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146, è stato istituito il ruolo direttivo ordinario del Corpo della Polizia Penitenziaria, articolato in qualifiche con ordini gerarchici e livelli analoghi a quelli del corrispondente ruolo dei commissari della Polizia di Stato;
con il decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, si è provveduto al riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato;
con il decreto legislativo 3 aprile 2001, n. 155 si è provveduto al riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente del Corpo forestale dello Stato, articolati in qualifiche analoghe a quelle dei corrispondenti ruoli della Polizia di Stato;
nessun riordino è intervenuto per il ruolo direttivo ordinario del Corpo della Polizia penitenziaria, con ciò determinando una sperequazione tra forze di Polizia ad ordinamento civile;
attualmente i funzionari di polizia del ruolo direttivo ordinario dell'Amministrazione penitenziaria sono penalizzati rispetto ai colleghi della Polizia di Stato e del Corpo forestale dello Stato sia per quanto attiene alla qualifica iniziale nei ruoli successiva ai corsi di formazione, che risulta di «vice commissario» per la Polizia Penitenziaria (parametro stipendiale 133,25) e di «commissario capo» per le altre forze di Polizia (parametro stipendiale pari a 144,5), sia per quanto concerne gli sviluppi di carriera che consente al ruolo direttivo ordinario della Polizia di Stato e del Corpo Forestale dello Stato il raggiungimento del livello apicale (rispettivamente di «vice questore aggiunto» - e di «vice questore forestale») attraverso la previsione di un «ruolo aperto, mediante scrutinio per merito comparativo» dopo cinque anni e sei mesi di effettivo servizio nella qualifica di «commissario capo», laddove per la Polizia penitenziaria la promozione al livello direttivo più alto di «commissario coordinatore» avviene mediante uno scrutinio per merito comparativo nell'ambito di un «ruolo chiuso», con un ritardo minimo, per i più meritevoli, di ben quattro anni;
se il Ministro interrogato, alla luce di quanto testé esposto, sia intenzionato ad intervenire nelle appropriate sedi, al fine di riallineare la carriera del ruolo direttivo ordinario del Corpo di Polizia penitenziaria a quella dell'omologo ruolo delle altre forze di Polizia ad ordinamento civile, al fine di annullare la menzionata sperequazione.
(4-03974)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame si fa presente che la questione del riallineamento della carriera del ruolo direttivo ordinario del Corpo di polizia penitenziaria a quella delle altre forze di polizia è stata oggetto, nel passato, di diverse proposte legislative, le quali non hanno avuto alcun esito. Rispetto a queste l'amministrazione si è sempre espressa favorevolmente, condividendo la necessità di eliminare ogni sperequazione giuridico-economica con le altre forze di polizia.
L'argomento costituisce l'occasione per considerare tutti i progetti riguardanti il riallineamento in un'ottica complessiva di riordino del ruolo direttivo della polizia penitenziaria, nel cui ambito andrebbe considerata anche la posizione dei funzionari del ruolo direttivo speciale.
L'impegno che si intende sviluppare, allo stato, è diretto ad armonizzare con un intervento normativo incisivo ed articolato la predetta carriera direttiva, anche attraverso l'unificazione dei ruoli direttivi ordinario e speciale.
In tal senso è in fase di costituzione un gruppo di lavoro che provvederà ad elaborare un progetto complessivo di armonizzazione dei ruoli direttivi della polizia penitenziaria con la disciplina prevista per le altre forze di polizia.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
ZANELLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 24 settembre a Padova una manifestazione contro l'ormai celebre «muro di
via Anelli» è stata interrotta da una repressione violenta;
più di duecento manifestanti erano giunti per prendere parte al corteo di protesta contro gli 80 metri di cortina, eretti in via Anelli per isolare la zona a più alta percentuale di extracomunitari e di spacciatori;
al centro della protesta anche temi come la video sorveglianza che la giunta ha voluto applicare in città e la desertificazione dei luoghi di aggregazione;
il giorno prima il questore Alessandro Marangoni aveva deciso di proibire lo svolgimento della manifestazione in prossimità del muro e nell'area delle palazzine «Serenissima» confinando il corteo nell'adiacente via Grassi;
secondo molteplici testimonianze le forze dell'ordine si sarebbero scagliate contro i manifestanti quando ancora stavano percorrendo la strada in cui il corteo era autorizzato. Da quanto riportato dal giornale Il Manifesto del 26 settembre, cariche violente di manganellate, lacrimogeni, hanno causato decine di feriti, due dei quali sono finiti in ospedale. Sarebbero stati usati anche candelotti lacrimogeni contenenti il famigerato gas «cs» - sigla per chlorobenzylidene malonitrile, sostanza la cui pesante nocività è ancora oggetto di dibattito scientifico;
si tratta dello stesso gas del quale numerose inchieste giornalistiche e scientifiche riportarono i gravi rischi per la salute ai quali furono esposti i manifestanti, la cittadinanza e gli stessi operatori di pubblica sicurezza durante le manifestazioni del luglio 2001 per il vertice dei G8 a Genova, quando le forze dell'ordine ne fecero larghissimo uso;
infine, a conclusione degli scontri, quattro manifestanti, tra i quali un ragazzo di 21 anni, sono stati arrestati -:
quali ragioni abbiano spinto ad una repressione così ferma di una manifestazione e che, dato l'annuncio del sindaco Zanonato relativo alla chiusura dell'infelice esperimento del muro di via Anelli, assumeva un valore essenzialmente simbolico;
quali gravi evenienze di ordine pubblico abbiano la decisione di utilizzare il gas «cs» e se siano state prese tutte le precauzioni previste dall'ordinamento e se non si ritenga inopportuno tale utilizzo;
quali misure il Governo intenda adottare per conferire agli enti locali linee guida e le relative risorse per realizzare politiche di ridimensionamento del danno e contrasto alla tossicodipendenza;
se non si ritenga di predisporre politiche di integrazione delle popolazioni immigrate, sostenute da appositi trasferimenti agli enti locali, soprattutto nelle aree maggiormente degradate e a più alto rischio di conflitti.
(4-01091)
Risposta. - Le vicende relative al quartiere di via Anelli a Padova sono da tempo note a questo ministero, che segue con attenzione l'evolversi della situazione in relazione anche alle azioni avviate a livello locale dall'amministrazione comunale di concerto con gli altri soggetti interessati, fra i quali anche la Prefettura e gli organi di polizia. Esse hanno fatto parte degli argomenti esaminati congiuntamente il 16 novembre scorso in occasione di una seduta del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica svoltasi con la presenza del Vice Ministro dell'interno.
La complessità della problematica, nella quale manifestazioni delinquenziali s'intrecciano con elementi di degrado urbanistico e marginalità sociale, ha suggerito un approccio di carattere integrato, che unisca gli interventi di prevenzione e contrasto della criminalità con azioni positive volte al recupero delle sacche di esclusione e ghettizzazione venutesi a determinare nel tempo.
In questa prospettiva, all'impegno dell'amministrazione comunale per il completamento di un piano di sgombero e risanamento del complesso residenziale «la Serenissima» si è affiancata, parallelamente, l'attività delle autorità di pubblica
sicurezza volta ad assicurare più elevati livelli di sicurezza e ordine pubblico nell'area.
A tal fine, le forze di polizia sono state chiamate a garantire costanti e rigorosi servizi di controllo del territorio, oltre ad effettuare numerose operazioni straordinarie dalle quali sono scaturiti arresti, espulsioni e sequestri di stupefacenti e oggetti idonei all'offesa.
Numerose sono state anche le iniziative per contenere il fenomeno dello spaccio degli stupefacenti nella zona: fra queste, anche la decisione dell'amministrazione comunale di chiudere con una recinzione metallica un varco lungo la via De Besi, abitualmente usato dagli spacciatori, dando luogo a quello che è stato enfaticamente definito «muro di via Anelli» e contro il quale si sono concentrate le proteste di matrice antagonista.
Per quanto riguarda, in particolare, la manifestazione del 24 settembre scorso indetta dall'associazione «Razzismo Stop», è innanzitutto da evidenziare come le autorità di pubblica sicurezza hanno assunto tutte le misure possibili per ridurre al minimo i rischi per l'ordine pubblico pur nel rispetto delle libertà costituzionalmente garantite di riunione ed espressione del pensiero.
Infatti, ricevuto l'avviso della manifestazione denominata «Assalto culturale al muro del proibizionismo» ed avuta notizia dei propositi di abbattimento dimostrativo della recinzione, il Questore ha prescritto lo svolgimento della manifestazione esclusivamente lungo una strada adiacente via Anelli, a distanza dal muro contestato.
Al momento della manifestazione, tuttavia, numerosi aderenti al Centro Sociale «Pedro», peraltro travisatisi con caschi protettivi, fazzoletti e felpe e avvalendosi di carrelli da supermercato su cui erano stati applicati dei rudimentali scudi verticali, hanno contravvenuto alle prescrizioni impartite e provato ugualmente di dare corso al disegno originario, cercando di scardinare le transenne che impedivano l'accesso a via Anelli e cospargendo di liquido infiammabile la sede stradale.
Ciò ha determinato l'intervento delle forze dell'ordine, che hanno dovuto far ricorso al lancio di alcuni lacrimogeni per respingere i dimostranti, che hanno reagito con il lancio di bottiglie, oggetti contundenti e petardi.
Nel corso degli incidenti, sono rimasti feriti sette operatori di polizia e quattro manifestanti sono stati arrestati per resistenza, violenza a pubblico ufficiale, lesioni aggravate e travisamento nel corso di una pubblica manifestazione.
I successivi rilievi hanno permesso il sequestro di zainetti contenenti sassi, tubi di plastica e di metallo, tenaglie e lattine contenenti liquidi infiammabili.
Si evidenzia che l'Autorità giudiziaria, informata dei fatti, confermando il provvedimento adottato dalle forze di polizia, ha disposto la traduzione in carcere degli arrestati.
Per quanto riguarda i gas lacrimogeni usati nell'occasione, si precisa che l'utilizzo degli artifizi sfollagente in dotazione alle forze di polizia è autorizzato e disciplinato dall'articolo 12, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 1991 m. 359, con il quale è stato approvato il regolamento che stabilisce i criteri per la determinazione dell'armamento in dotazione all'amministrazione della pubblica sicurezza e al personale della polizia di Stato che espleta funzioni di polizia.
Tale norma recita testualmente che «gli artifici sfollagente si distinguono in artifici per lancio a mano e artifici per lancio con idoneo dispositivo o con arma lunga. Entrambi sono costituiti da un involucro contenente una miscela di CS o agenti similari, ad effetto neutralizzante reversibile».
La sostanza contenuta nei lacrimogeni è l'ortoclorobenzalmalononitrile (in breve CS) in forma cristallina pura; diversamente dal CS additivato e miscelato per fini bellici, per la sua produzione non vengono impiegati solventi a rischio cancerogeno, ma soltanto alcool etilico che si elimina in fase di essiccazione. Gli effetti di irritazione e lacrimazione che provoca sono totalmente reversibili con l'esposizione all'aria fresca per qualche minuto.
Per quanto riguarda le politiche in materia di immigrazione ed in particolare le
iniziative finalizzate all'integrazione degli stranieri, il Consiglio dei ministri, in data 28 giugno 2007, ha definitivamente approvato la presentazione del disegno di legge-delega di riforma del decreto legislativo 286 del 1998 (testo unico in materia di immigrazione).
Il testo del provvedimento, sul quale si era pronunciata favorevolmente la Conferenza unificata Stato-Regioni il 14 giugno, è passato ora all'esame delle Camere per la discussione.
Fra gli obiettivi esplicitamente indicati nel provvedimento, vi saranno il potenziamento delle misure dirette all'integrazione dei migranti, anche attraverso la definizione della figura e delle funzioni dei mediatori culturali, con particolare riguardo ai problemi delle seconde generazioni e delle donne; nonché il pieno inserimento degli immigrati regolari, mediante l'estensione ai soggiornanti di lungo periodo di una serie di diritti e doveri in materia di elettorato per le elezioni amministrative, accesso al lavoro pubblico, alle professioni, al servizio sanitario nazionale, ed ai servizi sociali.
Il disegno di legge prevede inoltre interventi di carattere straordinario e temporaneo di accoglienza da parte degli enti locali per fronteggiare situazioni di emergenza; la revisione delle funzioni relative alla Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie; il finanziamento del Fondo per l'inclusone sociale degli immigrati.
In questa prospettiva, si porranno le condizioni per valorizzare il ruolo e le potenzialità dell'ente locale quale centro erogatore di servizi e di opportunità d'inclusione sociale ed economica degli stranieri, in modo da prevenire più agevolmente quelle situazioni di disagio, povertà e sofferenza nelle quali trovano terreno fertile anche fenomeni di illegalità e di dipendenza come quelli noti a Padova.
Per quanto attiene alle misure che il Governo intende adottare per consentire agli enti locali di realizzare concrete politiche di ridimensionamento del danno e contrasto alla tossicodipendenza, si ritiene che la questione potrà trovare risposta nell'ambito delle iniziative avviate a cura del Governo, ed in particolare:
il disegno di legge-delega per la riforma del testo unico in materia di stupefacenti (di prossima presentazione al Consiglio dei ministri), che prevederà disposizioni miranti a valorizzare il ruolo dei Sert quali strutture necessarie al reinserimento sociale dei tossicodipendenti, evitandone l'appiattimento sull'aspetto medico;
l'elaborazione, insieme alle regioni, del piano d'azione nazionale antidroga che, in coerenza con il piano d'azione dell'Unione europea in materia di lotta alla droga, focalizza l'attenzione sulla complementarietà dell'azione dello Stato e degli enti locali per ottenere risultati significativi nella definizione e nell'attuazione delle politiche elaborate in sede europea e nei forum internazionali;
l'organizzazione delle nuove Conferenze nazionali sulla droga, in programma nei primi mesi del 2008, e la partecipazione alla Conferenza latina sulla riduzione del fenomeno (CLAT), che si svolgerà a Milano nel prossimo mese di settembre.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Marcella Lucidi.
ZANELLA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a Schio, come riportato dalla stampa locale il nove marzo scorso, in occasione dell'ultimo consiglio comunale, venti ragazzi del comitato anti-Dal Molin sono stati bloccati e identificati dai carabinieri davanti al Municipio prima di poter accedere alla sala consiliare e in seguito sono stati denunciati per manifestazione non autorizzata per essersi presentati con cartelli e striscioni;
la motivazione di tale denuncia sarebbe la mancanza di un permesso della questura per manifestazione, nonostante si trattasse di cittadini intenzionati ad assistere ai lavori consiliari, mostrando dei cartelli indirizzati tanto alla maggioranza
che all'opposizione, il tutto in rispettoso silenzio durante il consiglio, per esprimere il loro dissenso nei confronti dell'ampliamento della base militare USA presso l'aeroporto Dal Molin, tanto è vero che la stessa presidente del Consiglio Comunale Antonietta Martino, non ravvisava sussistessero i motivi per richiederne l'allontanamento dall'aula -:
se il governo sia al corrente di tale episodio;
se effettivamente e per quali motivi la manifestazione risulti non autorizzata e comunque se le forze dell'ordine abbiano agito nei confronti dei manifestanti sulla base di specifiche direttive della questura.
(4-03067)
Risposta. - Secondo quanto riferito dalle Autorità provinciali di pubblica sicurezza, l'episodio menzionato nell'atto di sindacato ispettivo parlamentare si è verificato a Schio (Vicenza) nel pomeriggio del 5 marzo scorso, allorquando militari della locale stazione dell'Arma dei carabinieri sono intervenuti, su richiesta di alcuni agenti del Consorzio di polizia locale «Alto Vicentino», nella piazza antistante il Palazzo comunale.
Nella circostanza, i carabinieri hanno rilevato che, nonostante non fosse stato presentato preavviso alla questura del capoluogo, un gruppo di aderenti al «Coordinamento libera Zone» era comunque intento nel manifestare, con cartelli e striscioni, contro l'ampliamento della base militare americana «Ederle» di Vicenza.
Pertanto, i militari hanno proceduto all'identificazione di 17 persone, che sono state deferite alla competente Autorità giudiziaria per avvenuta violazione dell'articolo 18 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
Al riguardo si osserva che l'articolo 17 della Costituzione, pur non prevedendo alcuna autorizzazione preventiva da parte delle Autorità di pubblica sicurezza, precisa tuttavia che per le riunioni in luogo pubblico «deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica».
Infatti, spetta all'Autorità di pubblica sicurezza valutare le circostanze e le condizioni che, di volta in volta, appaiono necessarie per consentire riunioni o manifestazioni oppure, al contrario, inducono a vietarle o a farle svolgere secondo modalità differenti da quelle previste dagli organizzatori.
La finalità del preavviso è proprio quella di consentire di approntare eventuali servizi di ordine pubblico la cui gestione è costantemente ispirata a criteri di equilibrio e di prudenza, in modo da contemperare i diritti costituzionalmente garantiti di riunione e di libera espressione del pensiero con le esigenze di tutela della sicurezza e della pubblica e privata incolumità.
Per completezza d'informazione, si precisa che la manifestazione in argomento ha avuto una durata di circa tre ore (dalle ore 18,00 alle ore 21,00) e che, successivamente i dimostranti si sono portati all'interno del Palazzo municipale per assistere ai lavori del Consiglio comunale, di cui un punto all'ordine del giorno ha riguardato l'approvazione di una dichiarazione di sostegno alla decisione del Governo di ampliare la citata struttura militare.
Nel corso della seduta, i medesimi, che non hanno interrotto i lavori consiliari, hanno comunque continuato ad esporre cartelli e striscioni, nonostante l'invito a riporli espresso più volte dal Presidente dell'Assemblea.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.