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Allegato B
Seduta n. 193 del 24/7/2007
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AFFARI ESTERI
Interrogazione a risposta immediata:
MASCIA e MANTOVANI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la riunione del G8, che si è tenuta in Germania sul Mar Baltico, nella città balneare di Heiligendamm il 6-7-8 giugno 2007, ha richiesto un enorme dispiegamento finanziario e militare;
è infatti da circa un anno che la Bundeswher lavora ai preparativi del vertice, che sono costati solo per la sicurezza ben 92 milioni di euro dei circa 100 milioni di euro di costi complessivi;
solo la costruzione della recinzione metallica, lunga 12 chilometri e alta 2,5 metri, che corre intorno a Heiligendamm
tra foreste e campi, sormontata da telecamere e sensori di movimento (mentre nel terreno venivano installati particolari sistemi di protezione per impedire che qualcuno potesse, attraverso un buco, passarle sotto) è costata 12 milioni di euro;
alla recinzione a mezza luna intorno alla sede del vertice corrispondevano in mare numerose reti stese per tenere lontani nuotatori o sommozzatori;
oltre le reti il ministero della difesa aveva stanziato guardie costiere, polizia federale, la marina con tre cacciamine, che hanno pattugliato la costa per circa 22 chilometri, mentre a distanza stazionava una fregata;
sulla terraferma sono stati impiegati ben 16.000 poliziotti con una spesa di 80 milioni di euro;
ognuna delle otto delegazioni al vertice contava 24 partecipanti;
erano presenti ben 5 mila giornalisti;
secondo uno studio pubblicato sul Der Spiegel, il G8, che, peraltro, aveva nella sua agenda proprio una discussione sul clima, ha prodotto ben 30 mila tonnellate di anidride carbonica a causa delle emissioni degli aerei, degli elicotteri, delle vetture ufficiali per il trasporto dei membri del G8 e delle loro delegazioni (12 mila tonnellate), di quelle causate dai poliziotti e dal personale tecnico logistico (3300 tonnellate), della rete di sicurezza (8000 tonnellate), dei militanti antiglobalizzazione (1600 tonnellate);
a fronte di un simile dispendio di risorse economiche i risultati ottenuti da questo vertice degli otto Paesi più industrializzati non paiono davvero equiparabili; infatti, al centro dei colloqui del vertice vi era senza dubbio l'impegno per un nuovo accordo sul clima. L'esito appare più che deludente non solo perché il Governo americano ha bloccato le richieste di accordi severi e vincolanti subito, ma probabilmente anche perché un vertice dei Paesi più industrializzati che ancora non coinvolga sulla questione degli armamenti o del clima Paesi emergenti, come Cina e India, strutturalmente non può che ottenere scarsi risultati;
neppure le questioni degli aiuti all'Africa, dei diritti dell'uomo, dello status finale del Kossovo, del dossier sul nucleare iraniano, della sicurezza e della fiducia aperte dal cosiddetto «scudo spaziale» americano hanno potuto trovare, forse come ovvio, un'immediata soluzione;
si dimostra crescente ormai da molti anni la contestazione a questi vertici internazionali da parte non solo dei militanti detti «antiglobalizzazione», delle organizzazioni impegnate sul campo, ma, altresì, da sempre più settori dell'opinione pubblica, nonché dagli stessi cittadini dei Paesi, che ospitano i G8 che vedono lese le loro libertà individuali e di movimento;
il nostro Paese resta ancora profondamente offeso e ferito da quanto avvenuto durante l'ultimo vertice del G8 tenutosi a Genova nel 2001, che, oltre ad aver provocato una vittima, resta una pagina non chiarita nella storia della nostra democrazia, e i rischi di problemi per l'ordine pubblico restano ancora aperti; a tal fine, a parere degli interroganti, sarebbe da riconsiderare la scelta, comunicata dal Presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi e dal Ministro degli affari esteri Massimo D'Alema, di svolgere l'edizione del 2009 del G8 presso l'isola Maddalena in Sardegna, parco nazionale;
inoltre, i due anni di lavori preparatori già previsti rischiano anche di peggiorare un ecosistema già duramente provato, di sconvolgere l'isola e la vita dei residenti che sarà interessata da sicuri disagi -:
quanto sia costata la partecipazione italiana al vertice del G8 in Germania e se non sia il caso che il Governo italiano, visti i costi e, ad avviso degli interroganti, l'inutilità politica di tali appuntamenti, sia il primo Governo europeo ad affermare con chiarezza che questi vertici internazionali non si possono e non si devono più
organizzare, avanzando così una proposta per il superamento di queste strutture.
(3-01130)
Interrogazione a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:
PAOLETTI TANGHERONI e GREGORIO FONTANA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Africa Tremila è un'associazione costituita a Bergamo il 13 novembre 1995 come organizzazione non lucrativa di utilità sociale;
in data 10 maggio 2001, è stata riconosciuta dal Ministero degli affari esteri come O.N.G. idonea ad operare per la cooperazione dell'Italia a favore di Paesi in via di Sviluppo;
durante questi anni Africa Tremila ha acquisito esperienza e competenze che le hanno permesso di sviluppare iniziative formative in campo sanitario e artigianale nei paesi in via di sviluppo ed ha collaborato fattivamente con altre Associazioni di volontariato internazionale;
grazie ai contributi ed ai fondi ricevuti, Africa Tremila ha realizzato strutture scolastiche, ospedaliere ed ha contribuito alla formazione ed all'inserimento nel mondo del lavoro di numerosi giovani;
nell'anno 2006 Africa Tremila ha portato avanti un progetto di costruzione di un villaggio nel Bangladesh denominato «Ashar Para» ovvero «Villaggio della Speranza» che sarebbe stato il primo villaggio tutto in muratura, ideale per far fronte ai monsoni e sicuro contro le alluvioni;
durante il mese di ottobre 2006 il villaggio era stato quasi tutto completato ed era pronto ad ospitare circa cinquanta nuclei familiari;
il 28 maggio 2007, il villaggio è stato raso al suolo da un gruppo di operai accompagnati dalla polizia che, su incarico della municipalità, hanno demolito le case già completate e quelle in fase di ultimazione -:
se il Ministro degli affari esteri non ritenga opportuno chiedere spiegazioni dell'accaduto al Governo della Repubblica del Bangladesh;
ed inoltre di incontrare i rappresentanti dell'Associazione Africa Tremila, al fine dare l'opportuno sostegno all'Associazione, affinché essa possa continuare l'opera meritoria in cui è impegnata da anni con passione e professionalità, nonostante le difficoltà e i rischi.
(5-01324)
Interrogazioni a risposta scritta:
LI CAUSI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nel 1958 l'Italia ha ratificato la Convenzione de L'Aja del 1954, per la protezione del patrimonio culturale in caso di conflitto armato, benché non abbia attuato alcuni suoi principi;
il testo della Convenzione de L'Aja, redatto a distanza di pochi anni dal termine del secondo conflitto mondiale, presenta diverse lacune;
al fine di colmare le lacune della Convenzione de L'Aja del 1954 l'UNESCO ha promosso una Conferenza internazionale finalizzata alla redazione di un Protocollo aggiuntivo alla Convenzione stessa (II Protocollo del 1999);
il 9 marzo 2004 è entrato in vigore il II Protocollo del 1999, poiché il suo testo è stato ratificato da circa 40 Stati;
l'Italia, tradizionalmente sensibile alla salvaguardia del patrimonio culturale ed attenta al rispetto dei «diritti dell'uomo», pur essendo stata tra le Nazioni promotrici del II Protocollo del 1999 ed avendo partecipando attivamente alla redazione del testo definitivo, non lo ha ancora ratificato;
nel 2006 si è insediato il Comitato per la protezione dei beni culturali nei conflitti armati presso l'UNESCO ed a questo organismo l'Italia non ha potuto far parte non avendo ratificato il Protocollo;
alla fine del 2007 si terrà, all'UNESCO, la seconda conferenza degli Stati che hanno ratificato il II Protocollo e sarebbe opportuno ratificare per quella data il Protocollo stesso o almeno annunciarlo all'Assemblea, al fine di poter partecipare alla Conferenza -:
se intendano assumere urgenti iniziative per la celere ratifica del II Protocollo aggiuntivo alla convenzione de L'Aia del 1954, anche affinché l'Italia, a differenza di quanto è avvenuto negli ultimi anni, vigili sulla corretta applicazione del diritto internazionale.
(4-04454)
ZANELLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
le nostre ambasciate si sono dotate nella maggior parte dei casi di call center per la prenotazione delle visite dei cittadini stranieri;
tali visite sono necessarie per la presentazione dei documenti per la richiesta del visto d'ingresso in Italia (per quei paesi che ne hanno bisogno);
tali call center affidati a società esterne e locali, addebitano al cittadino straniero una cifra che varia (a seconda dei paesi) dai 20 centesimi (es. Serbia) all'1,2 euro al minuto (es. Moldavia) e lasciano in attesa il chiamante per 20-30 minuti, invitando, alla fine della telefonata nella maggior parte dei casi, anche a richiamare;
solo durante il periodo estivo, nel corso del quale l'afflusso delle chiamate è maggiore, ad ogni cittadino straniero vengono addebitati dai 10 ai 30 euro prima di riuscire ad ottenere un appuntamento;
va tenuto conto dei prezzi medi in Serbia per cui queste somme sono molto superiori all'Italia in termini di potere d'acquisto (lo stipendio medio in Serbia è circa 200 euro) infatti, ad esempio, il costo di un operatore di call center e di circa 50-100 euro al mese;
i giornali serbi pubblicano però gli indirizzi ed i numeri di telefono di «agenzie» che si assumono il compito di svolgere queste pratiche a costi però molto elevati -:
se il Governo sia al corrente dei fatti esposti e abbia monitorato il costo medie delle predette chiamate;
se il Governo non consideri necessario chiarire chi introiti l'importo per le telefonate al call center, e cioè se la struttura stessa o - almeno in parte - la nostra rappresentanza in tali paesi e se consideri corretto che i cittadini debbano pagare tali ingenti costi economici solo per avere un appuntamento;
a quali società siano affidati questi call center e con quale criterio siano scelte, se con trattative private o tramite bando pubblico, presso le nostre rappresentanze diplomatiche;
se il Governo non consideri urgente fare chiarezza sulla natura delle cosiddette «Agenzie» che si offrono di seguire a pagamento le pratiche consolari e il loro eventuale legame con il disservizio dei call center.
(4-04462)
EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sembra che il Consolato d'Italia a Lagos (Nigeria) non espleti con la necessaria efficienza ed operosità le pratiche relative al rilascio del visto d'ingresso in Italia per lavoro ai cittadini nigeriani;
secondo notizie pervenute all'interrogante il decreto legislativo che autorizza il flusso di manodopera, finalizzato a consentire l'ingresso regolare in Italia dei lavoratori extra UE, avrebbe assunto, presso l'anzidetto Consolato, una connotazione
del tutto anomala che non garantirebbe il richiedente, sia sul piano della tempestività della prestazione che dell'onere economico correlato, rimessi entrambi al totale arbitrio degli addetti ai lavori presso il Consolato in questione;
sembra che la situazione sia al limite della paralisi e l'atmosfera carica di tensione poiché il tempo d'attesa per il rilascio del visto d'ingresso per coloro che hanno ottenuto il nullaosta al lavoro subordinato e/o domestico è di 15 mesi circa e già in Italia, per espletare le pratiche di rilascio del nullaosta, gli sportelli unici impiegano un anno o poco più;
ciò significherebbe che tra la proposta di assunzione e l'ingresso del lavoratore in Italia passano almeno due anni e mezzo;
le spese a carico del lavoratore per l'espletamento della pratica sembrano ammontare a circa 1.000,00 euro (e ciò in un Paese in cui lo stipendio medio di un lavoratore è di circa 30,00 euro al mese!), tra certificato di atto notorio, deposito cauzionale per l'indagine da parte di un avvocato scelto dal Consolato che dovrà recarsi nel villaggio natale del lavoratore per accertare la veridicità di quanto dichiarato nell'atto notorio, spese di trasporto, costo del visto di ingresso, e spese varie ad intermediari;
tale situazione di stallo, come risultante dalle notizie riportate all'interrogante, si riflette negativamente sia sui lavoratori extracomunitari che sulle loro famiglie e sugli stessi datori di lavoro (imprese o gruppi familiari) che, pur essendosi dichiarati disposti all'assunzione, non possono aspettare due anni e 6 mesi... e devono, quindi, risolvere diversamente il problema;
quando questi immigranti finalmente entrano in Italia, non possono più andare a lavorare per quei datori di lavoro, i quali nel frattempo avranno assunto altri lavoratori e a questo punto ci si chiede come faranno a mantenere economicamente se stessi e la loro famiglia;
questo atteggiamento di «tira e molla» finisce per alimentare l'immigrazione clandestina, creando, inoltre, un'immagine dell'Italia all'estero certamente non positiva quale è quella di un Paese dalla burocrazia inutile;
da questa disfunzione amministrativa e mancanza di organizzazione chiara e lineare inizia a «proporsi» nella mente del lavoratore che arriverà in Italia, un diverso stile di vita possibile e, soprattutto inevitabile se vuole sopravvivere: il ricorso a qualsiasi sistema di vita purché in grado di sopperire ai bisogni suoi e dei suoi familiari;
la clandestinità andrebbe combattuta alla fonte e occorrerebbe fare in modo che il lavoratore arrivi in Italia in tempi utili per il datore di lavoro che ne ha bisogno;
l'incrocio tra domanda e offerta dovrebbe funzionare, facendo entrare regolarmente in Italia i lavoratori, snellendo al massimo le procedure senza corsi e ricorsi ad indagini già espletate - che, peraltro, attraverso l'uso dei sistemi informatici permettono di effettuare verifiche ed ottenere conferme in tempo reale -:
se, alla luce di quanto espresso in premessa il Governo non ritenga opportuno avviare una verifica per controllare che l'adempimento normativo, nella fattispecie al Consolato italiano di Lagos, sia efficacemente reale e non puramente chimerico;
se non reputi possibile pensare ad un sistema di regolazione dei flussi più flessibile dell'attuale che renda possibile far funzionare l'incrocio tra domanda e offerta reale, senza creare sacche sempre più ampie di irregolarità, con tutti i problemi che ne conseguono.
(4-04469)
ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Comune di Craveggia (provincia del Verbano Cusio Ossola, in Valle Vigezzo) ha il proprio territorio confinante con la Confederazione Elvetica ed in particolare
la valle e la località «Bagni di Craveggia» è addirittura idrograficamente parte della Valle Osernone (Cantone Ticino) e non ha collegamenti viari diretti verso i principali insediamenti del comune;
per raggiungere la valle e questa località, quindi - escludendo la via aerea - occorre procedere ad una lunga camminata in montagna di salita allo spartiacque e ridiscesa, oppure sconfinare in Svizzera e scendere verso Locarno, risalire la Valle Osernone fino alla località di Spruga e di qui rientrare in Italia risalendo verso i Bagni di Craveggia;
per agevolare questi spostamenti anni fa è stata realizzata una strada poi asfaltata in territorio svizzero che sale da Spruga al confine di Stato (non presidiato) ed amministrata da un consorzio locale che - anche per non agevolare eccessivamente il transito, ma giustamente limitarlo ai fini della conservazione ambientale - ha provveduto a sbarrare l'accesso alla strada con una sbarra consegnando copia delle chiavi per la sua apertura ai soli aventi diritto. Da anni copia di tale chiave è stata consegnata anche al Comune di Craveggia che così può utilizzare la strada in casi di necessità;
nelle scorse settimane si sarebbe concluso l'iter amministrativo affinché sia realizzata una centrale elettrica sul torrente della Valle Osernone che - prelevata l'acqua in territorio italiano - la utilizzerà a fini idroelettrici restituendola non più a valle nello stesso bacino, ma direttamente in Valle Vigezzo con una lunga galleria;
ciò ha comportato vivaci proteste in Svizzera per il conseguente danno ambientale al fiume ed il 30 giugno scorso il Consorzio che gestisce la strada ha richiesto al Comune di Craveggia il ritorno della chiave a suo tempo concessa il che ne impedirebbe l'uso come sopra in premessa;
tale «ritorsione» viene a coinvolgere il Comune che non ha alcuna responsabilità diretta nel progetto idroelettrico e comunque comporterebbe un grave danno per l'Amministrazione ed a chi sale per giustificati motivi nella parte italiana della Valle Osernone, oltre a creare un antipatico precedente di forte conflittualità tra due comunità da sempre in buoni rapporti -:
quali iniziative di carattere diplomatico il MAE intenda sollecitamente adottare al fine di continuare a permettere al Comune di Craveggia l'utilizzo della strada consorziale della Valle Osernone ed in alternativa come si vorrà permettere alla stessa Amministrazione Comunale di raggiungere il proprio territorio dei Bagni di Craveggia, di fatto enclave in Svizzera.
(4-04477)