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Allegato B
Seduta n. 194 del 25/7/2007
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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XIII Commissione:
FUNDARÒ e PELLEGRINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'espressione «Aceto balsamico di Modena» è una specifica denominazione qualificativa, introdotta legalmente nell'ordinamento nazionale nel 1965, ed appositamente ammessa per un aceto preparato con tecniche caratteristiche e tradizionali, la cui disciplina di realizzazione è stata fissata dal decreto ministeriale 3 dicembre 1965, recante «Caratteristiche di composizione e modalità di preparazione dell'"aceto balsamico di Modena"»;
in conformità a tale decreto governativo del dicembre 1965, emesso di concerto tra i ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali ed il ministro della salute, il nome di aceto balsamico di Modena corrisponde ad una denominazione a carattere merceologico atta a rappresentare un aceto speciale ottenuto con particolare e tradizionale tecnologia, dalla fermentazione alcolica ed acetica di mosti d'uva, eventualmente sottoposti a parziale fermentazione o concentrati anche a fuoco diretto, con l'aggiunta di un'aliquota di aceto vecchio di almeno 10 anni, in modo da conferire al prodotto i caratteri organolettici tipici, e con o senza aggiunta di aceto ottenuto per acetifcazione di solo vino;
in ragione delle specifiche identificative citate, la denominazione di cui trattasi è da considerare esclusivamente come il nome proprio, sostantivo, del particolare aceto di vino che si ottiene con metodi tradizionali, senza ulteriori requisiti che ne possano vincolare luogo di fabbricazione e provenienza geografica o varietale delle materie prime;
sulla fondatezza di tale chiaro assunto giuridico-commerciale, si è pronunciato il giudice nazionale in particolare il Consiglio di Stato con sentenza n. 5798 del 14 luglio 2000 e la suprema Corte di cassazione, con sentenza n. 17553/02, che nel giudicare una causa concernente l'opposizione al riconoscimento della denominazione di origine controllata (DOC) relativa all'Aceto balsamico di Modena, avvenuta, in ragione di tali pronuncia illegittimamente, ai sensi del decreto ministeriale 15 novembre 1989, ha stabilito che in conformità della normativa applicabile alla materia e per le prassi che ne sono scaturite, l'aceto balsamico di Modena deriva da una forma di produzione trasmissibile e riproducibile, come ogni sapere tecnico, anche in zone diverse da quelle originarie e pertanto non riconducibile ad una produzione annoverabile tra quelle a denominazione di origine;
su tale base giuridica, in maniera pienamente legittima e regolare, un'impresa attiva del settore degli aceti della
regione Campania, da oltre un trentennio ha sempre prodotto l'aceto balsamico di Modena, osservando pedissequamente le norme produttive allo scopo fissate nell'ordinamento nazionale dalle disposizioni, vigenti dal 1965, diventato tra l'altro la maggiore realtà produttrice di tale aceto e la prima impresa italiana per quantità di aceto balsamico di Modena esportato a livello mondiale;
si sottolinea che il tenore del giudicato offerto dal giudice nazionale in materia di non riconoscibilità della denominazione di origine per l'aceto balsamico, è stata appositamente emessa in favore della ditta in questione, la quale, nel corso degli ultimi 18 anni ha sempre rivendicato il diritto a produrre tale aceto ed anzi ulteriormente opponendosi ad altri, successivi, procedimenti adottati dall'amministrazione nazionale competente per riconferire il riconoscimento della denominazione di origine al prodotto in questione. Di tali opposizioni la stessa amministrazione è sempre stata puntualmente e regolarmente informata ai sensi civilistici allo scopo previsti;
il 6 luglio 2007 inaspettatamente è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee la domanda a norma dell'articolo 6, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 510/2006, relativa alla indicazione geografica protetta «aceto balsamico di Modena». Si è trattato, a parere degli interroganti, di un atto non pienamente corrispondente alla volontà dei richiedenti originari, dal momento che del gruppo delle associazioni istanti, due su tre di esse, hanno proposto opposizione alla citata domanda, nel rappresentativo delle necessità e delle circostanze di fatto e di diritto esistenti nello Stato italiano. Senza puntualizzare che le citate sentenze del giudice nazionale hanno sancito che il nome Aceto balsamico di Modena, in quanto nome merceologico, ed in quanto nome di un prodotto che si trova da prima del 1993 e da oltre 25 anni già sul mercato, non può formare oggetto di una denominazione di origine e che pertanto appare chiaro che non si possa attivare o riprodurre una nuova istanza di protezione relativa all'indicazione geografica di tale denominazione, si ritiene particolarmente grave l'aver attivato una procedura che rischia di creare danni, squilibri e tensioni di difficile gestione;
si evidenzia che con l'istanza pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee, per la citata IGP si dovrebbe rendere applicativo un annesso disciplinare di produzione dagli effetti potenzialmente stravolgenti: in caso venisse registrata la IGP, essa farebbe cessare immediatamente dalla produzione l'azienda campana senza che ve ne sia un superiore interesse generale o una grave ed insuperabile necessità, ma nel contempo provocherebbe tensioni sociali, ripercussioni occupazionali e danni economici di enorme incidenza alla filiera agricola che da sempre coltiva, trasforma e consegna mosti di ogni varietà di uva ed in ogni regione d'Italia per la produzione dell'aceto balsamico di Modena. Basti far presente che dalla possibile chiusura dell'impianto campano, che lavora ed esercita con elevati standard di qualità ed in pieno rispetto delle leggi dello Stato, non troverebbero più sbocco commerciale milioni di quintali di mosti realizzati nelle regioni del Sud oggi più in difficoltà, e che, almeno 200 famiglie partenopee, di uno dei territori più complicati ed a rischio per la sicurezza del nostro paese, si troverebbero senza alcuna fonte di occupazione e di reddito;
con riferimento all'azienda ricorrerne, si evidenzia che la stessa non utilizza in alcun modo la denominazione aceto balsamico di Modena per trarne vantaggio in modo indebito, né lo fa per trarre in inganno i consumatori. Da sempre i maggiori clienti di tale azienda ed i relativi consumatori (si ricordi che si tratta della maggior parte dell'aceto balsamico commercializzata nel mondo) sanno della particolarità dell'azienda campana e la concorrenza a più riprese ha tentato di screditare agli occhi del pubblico l'azienda del Sud indicandola
irregolare, ma i risultati sono stati opposti, i clienti hanno incrementato gli approvvigionamenti dall'azienda campana, segno di competitività, serietà e qualità dell'aceto balsamico di Modena da essa realizzato;
si snaturerebbe, infine, un antico equilibrio del mercato nazionale degli aceti e si offrirebbe un monopolio artificiale e surrettizio a poche ben individuate aziende che, in caso di chiusura dell'azienda campana, occuperebbero l'intero mercato italiano ed estero, ma non per capacità concorrenziale, bensì per ingiustificati vantaggi conseguenti a procedure amministrative in forte dubbio di legittimità;
alla luce di questi seri e gravi profili problematici appare naturale chiedersi quali siano i reali obiettivi perseguiti dalle iniziative riguardanti la registrazione della IGP «aceto balsamico di Modena», dal momento che nessuno dei principi tutelati dal regolamento sulle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti agroalimentari, in attuazione dei dettati del trattato comunitario, intende conseguire, tra cui, in particolare, la tutela dei diritti del consumatore (andrebbero a pagare di più per via del contingentamento dei mosti un prodotto dalle medesime qualità di quelle di oggi), degli interessi degli agricoltori (tutti i produttori esteri e solo alcuni viticoltori e cantine di esclusive aree nazionali potrebbero fornire quei mosti, a danno della stragrande quantità dei produttori dell'intero paese), e della trasparenza dei mercati (noti esistono catasti esteri delle varietà delle uve richieste per i mosti indicati dalla IGP, né si potrebbero controllare le miscele degli stessi se venissero utilizzati in percentuali diverse potendo allora introdurre anche mosti diversi dai 7 richiesti) -:
quali misure intenda adottare per salvaguardare, senza forme di provvisorietà o di transitorietà, l'operatività nella produzione dell'aceto balsamico di Modena dell'impresa campana che da oltre un trentennio produce e commercializza con grande successo, ottima reputazione e grande valore per il nostro made in Italy internazionale questo specifico aceto speciale e, più in generale, come intenda risolvere il problema della commercializzazione dei mosti della regione Sicilia, che da sempre produce la maggior parte dei mosti che si utilizzano per la produzione dell'aceto balsamico di Modena, mentre dei sette vitigni ne possiede solo due e addirittura in posizioni marginali e che dall'ipotetica entrata in vigore della IGP non potrebbero più essere venduti per la produzione dell'aceto balsamico di Modena, a solo vantaggio dei mosti importati ed in un contesto che diverrà ancora più critico in concomitanza dell'approvazione della nuova OCM del vino che escluderà l'aiuto ai mosti concentrati.
(5-01354)
ALESSANDRI, FUGATTI e DOZZO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la Commissione Europea contesta all'Italia l'obbligo di indicare con una etichetta il Paese d'origine e la data d'importazione della carne di pollo e dei prodotti derivati;
Bruxelles pare avere trasmesso un «parere motivato» al governo italiano secondo cui la legislazione nazionale «non è compatibile con le norme UE sull'etichettatura degli alimenti» e con quelle sulle norme di mercato per il pollame;
la decisione di ricorrere all'obbligo di etichettatura era stato introdotto dal Governo italiano per limitare le conseguenze negative per la crisi agraria;
anche oggi visti gli ultimi casi di importazione di prodotti rischiosi (vedi dentifrici cinesi) l'etichettatura è un elemento importante per la certezza del consumatore -:
cosa intenda fare il Governo per mantenere l'etichettatura sui prodotti avicoli italiani.
(5-01355)
SATTA e ADENTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'esercizio della regolazione del lago Maggiore attraverso lo sbarramento mobile della Miorina è iniziato ufficialmente il 1o gennaio 1943;
manovrando opportunamente le portine costituenti lo sbarramento è possibile regolare con grande precisione le portate defluenti del lago Maggiore, erogando quanto necessario e trattenendo nel lago stesso - che funziona così da serbatoio - le acque sovrabbondanti che senza l'opera di regolazione defluirebbero inutilizzate nel Ticino. Le acque immagazzinate nel lago costituiscono così una riserva che viene successivamente utilizzata per integrare le portate naturali, nei periodi in cui esse sono insufficienti a soddisfare le richieste delle utenze;
le variazioni del livello del lago nei periodi di regolazione sono contenute entro i limiti definiti dagli atti della Concessione al Consorzia del Ticino: quello inferiore, fisso, è pari a -0.50 m. rispetto allo zero dell'idrometro di Sesto, mentre quello superiore varia durante l'anno, in ragione della variazione stagionale degli afflussi e del rischio di piene +1.00 m. dal 1o marzo al 31, ottobre; +1.50 m. dal 1o novembre alla fine di febbraio, e a ciò corrisponde una possibilità di invaso pari, a 315 milioni di metri cubi, che salgono a 420 milioni nel periodo invernale;
la diminuzione delle piogge determina progressivamente condizioni differenti - in termini di variazione stagionale degli afflussi - da quelle che hanno portato inizialmente alla definizione dei limiti delle variazioni di livello, in particolare di quello superiore;
quella derivante dal lago Maggiore è l'unica risorsa utile nel periodo estivo per l'irrigazione delle coltivazioni agricole delle province di Pavia, Novara e Vercelli, e tale risorsa assume sempre di più un carattere essenziale alla luce del mutare delle condizioni climatiche e del crescere del fenomeno della siccità -:
se il Ministro interrogato non intenda intervenire, per quanto di propria competenza, perché siano garantite maggiori risorse idriche da destinarsi all'irrigazione delle colture delle province di Pavia, Novara e Vercelli nei periodi estivi caratterizzati da significativi fenomeni di siccità, mediante una revisione dei limiti delle variazioni del livello del lago Maggiore dando atto del significativo mutamento che ha interessato gli afflussi e il conseguente rischio di piena.
(5-01356)
Interrogazione a risposta in Commissione:
FRANCI, NANNICINI e ZUCCHI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in data 29 aprile 2006 veniva emanato il decreto legislativo n. 217 del 2006 recante norme per la disciplina in materia di fertilizzanti, con l'obiettivo di adeguare la normativa di settore alle disposizioni comunitarie;
tale decreto si applica ai prodotti immessi sul mercato come concimi CE, definiti nel regolamento (CE) n. 2003/2003 ed ai concimi nazionali, ammendanti e prodotti correlati immessi sul mercato, definiti, descritti e classificati negli allegati 1, 2, 3, 4, 5, 6, e 13;
ogni allegato contiene il complesso delle denominazioni ed indicazioni contenute all'articolo 1, comma 1, lettera b);
ciò non si riscontra invece nell'allegato 4 che disciplina i substrati di coltivazione per i quali non si definiscono né la denominazione del tipo né il modo di preparazione dei componenti, né i criteri concernenti la valutazione eccetera;
tutto ciò determina uno stato d'incertezza e di disorientamento delle aziende produttrici di concimi e substrati di coltivazione, ed è causa di contenziosi e
pesanti sanzioni rispetto ai controlli effettuati dall'ispettorato per il controllo della qualità -:
se non intenda assumere iniziative normative volte a modificare ed integrare tempestivamente il decreto legislativo 29 aprile 2006 n. 217, al fine di offrire maggiori certezze ed operatività alle aziende che operano nel settore e consentire all'ispettorato per il controllo della qualità di agire nel quadro di una normativa certa e definita.
(5-01344)
Interrogazioni a risposta scritta:
LION. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
gli articoli 1-bis ed 1-ter del decreto legge 9 settembre 2005, n. 182, così come introdotti dall'articolo 1 della legge di conversione 11 novembre 2005, n. 231, hanno disposto il finanziamento, a valere sull'autorizzazione di spesa di cui al comma 7 dell'articolo 5 della legge 27 marzo 2001, n. 122 (relativa all'utilizzo di somme rinvenienti da economie realizzate nell'ambito del «Progetto Speciale per la valorizzazione dei prodotti agricoli tipici» delle aree di competenza del soppresso intervento straordinario nel Mezzogiorno), di una serie di azioni mirate al sostegno di settori agricoli in situazioni di crisi, da attuarsi tramite convenzioni con il Commissario ad acta per le attività ex Agensud presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, tra le quali un'assegnazione all'AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), per l'erogazione di aiuti de minimis, di cui al regolamento (CE) n. 1860/2004, a vantaggio degli imprenditori agricoli, di cui all'articolo 1, commi 1-bis e 1-ter, del decreto-legge 28 febbraio 2005, n. 22, convertito con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2005, n. 71, fino ad un importo massimo di 21 milioni di euro;
successivamente, ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, così come convertito in legge dall'articolo 1 della legge 11 marzo 2006, n. 81, è stato disposto che le assegnazioni all'AGEA degli stanziamenti di cui agli articoli 1-bis e 5-bis del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, fossero utilizzati per l'esecuzione delle forniture dei prodotti agroalimentari disposte dallo Stato italiano, anche in conformità ai programmi annualmente stabiliti dal Ministero degli affari esteri in relazione agli impegni assunti per l'aiuto alimentare e la cooperazione con gli altri Paesi, ai sensi dell'articolo 4, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, e successive modificazioni;
risulterebbe che al momento l'AGEA, anche in presenza di pertinenti solleciti disposti dal Commissario ad acta, non abbia ancora trasmesso alcuna proposta motivata di utilizzo dei fondi per essa previsti;
in particolare, con riferimento all'articolo 1-ter, comma 2, lettera c), del decreto-legge n. 182 del 2005, nel testo modificato dalla legge di conversione n. 231 del 2005, si evidenzia il positivo riscontro ottenuto dalle convenzioni strette dal Commissario ad acta con organismi di valorizzazione e tutela di produzioni agricole di qualità per iniziative volte a favorire l'aggregazione dei produttori e ad accrescere la conoscenza delle peculiarità delle produzioni agricole mediterranee, e in particolare siciliane. Tali convenzioni hanno esaurito il limite di spesa di 5 milioni di euro allo scopo previsto per tali misure;
la destinazione di aiuti de minimis a vantaggio di imprenditori agricoli di settori in situazioni di crisi presenta un minor grado di coerenza con i più recenti indirizzi comunitari e nazionali in materia di aiuti alle imprese del settore agricolo, rispetto a soluzioni di carattere più strutturale, quali il favorire l'aggregazione di produttori e l'accrescere la conoscenza delle peculiarità delle produzioni di qualità
presso i mercati, nazionali ed esteri, così come pertinentemente previsto dal citato articolo 1-ter, comma 2, lettera c), del decreto-legge n. 182 del 2005 e successive modificazioni;
permane, negli ambiti territoriali delle regioni centro-meridionali, una carente consapevolezza dei vantaggi derivanti da comportamenti sinergici di filiera, sia sul versante della produzione, sia su quella della commercializzazione e promozione dei prodotti tipici, nonché, anche a causa della generale minore dimensione aziendale dei soggetti interessati, una ridotta disponibilità finanziaria per azioni volte al conseguimento dei citati vantaggi;
l'innesco, con contributo finanziario pubblico, di meccanismi di aggregazione e di divulgazione delle pregiate caratteristiche organolettiche e di salubrità dei prodotti di qualità tipici della tradizione alimentare dei vari territori appare sicuramente rispondente a finalità di fuoriuscita da situazioni di crisi e di contribuzione attiva ai processi di sviluppo economico dei medesimi territori;
tra le finalità positive tendenti allo sviluppo territoriale, all'aggregazione dei produttori e all'accrescimento della conoscenza delle peculiarità delle produzioni agricole mediterranee, vi rientra anche un innovativo progetto di promozione e di qualificazione dei prodotti di origine bufalina della Valle dell'Amaseno, promosso dal consorzio degli allevatori bufalini dell'Amaseno, che ha per scopo il rilancio dei prodotti della locale filiera bufalina (carni e prodotti lattiero-caseari), anche ai fini dell'acquisizione delle certificazioni di qualità IGP/DOP degli stessi;
appare opportuno facilitare e sostenere, nell'ambito delle risorse finanziarie allo scopo disponibili a legislazione vigente, la prosecuzione delle misure di valorizzazione e tutela dei prodotti agroalimentari tipici mediterranei, di quelli tutelati ai sensi delle DOP o IGP, compreso quelli che hanno i requisiti e le istanze per poterlo diventare, secondo le finalità di cui all'articolo 1-ter, comma 2, lettera c), del decreto-legge n. 182 del 2005, convertito dalla legge n. 231 del 2005 -:
se non ritenga utile adottare opportune iniziative, ed in particolare fornire necessari indirizzi operativi alla struttura del commissario ad acta, affinché, nell'ambito delle risorse finanziarie allo scopo disponibili a legislazione vigente, sia permessa la prosecuzione delle misure di valorizzazione e tutela dei prodotti agroalimentari tipici mediterranei, di quelli tutelati ai sensi delle DOP o IGP, compreso quelli che hanno i requisiti e le istanze per poterlo diventare, secondo le finalità di cui all'articolo 1-ter, comma 2, lettera c), del decreto-legge n. 182/2005, così come convertito in legge dall'articolo 1 della legge n. 231/2005, entro i residui importi, non ancora impegnati con le convenzioni stipulate o in via di stipula, dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 7 dell'articolo 5 della legge 27 marzo 2001, n. 122, in tal senso anche valutando l'opportunità di permettere la realizzazione del programma di promozione dei prodotti bufalini di cui in premessa, ove per esso fosse avanzata una pertinente istanza di finanziamento.
(4-04494)
RAMPELLI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa (La Repubblica del 23 luglio 2007) riferiscono come in Italia la pastorizia, parimenti a tante altre attività legate all'agricoltura tradizionale, sia stata progressivamente abbandonata;
secondo i dati forniti, i pastori in Italia sarebbero diminuiti di circa il 90 per cento negli ultimi trent'anni e del 50 per cento negli ultimi dieci anni;
diversamente dal nostro paese, in altri Stati dell'Unione europea - come la Spagna e la Francia - i pastori sono
meglio tutelati e protetti; a Madrid, in particolare, migliaia di pecore attraversano il centro per l'annuale festa della transumanza, una tradizione che ricorre ormai da tredici anni;
con la scomparsa dei pastori non solo si estingue un enorme patrimonio di cultura popolare legato alla terra e alla natura ma scompaiono anche i saperi e i prodotti legati al pascolo, quali formaggi d'alpeggio, carni con caratteristiche superiori eccetera;
le greggi svolgono una funzione fondamentale anche da un punto di vista ambientale, specialmente un ruolo di pulizia per il sottobosco e le zone non coltivate, che limita gli incendi durante i mesi estivi;
gli armenti garantiscono, inoltre, una giusta concimazione naturale per mantenere vivi e produttivi i terreni; al tempo stesso, favoriscono una diversificazione botanica all'interno degli ecosistemi, grazie ai semi che vengono spostati da una zona all'altra;
sembrerebbe che nei parchi nazionali ed in altre aree naturali protette cresca sempre di più il numero delle zone vietate al pascolo, con pesanti multe ai pastori anche solo per sconfinamenti occasionali;
sempre il giornale citato lamenta una scarsa rappresentanza dei diritti dei pastori nei tavoli istituzionali che stabiliscono le regole per i luoghi che attraversano; in molti comuni vige addirittura il divieto di passaggio per le greggi, con pesanti fardelli burocratici per chi deve presentare una richiesta formale di passaggio -:
quale sia la posizione del Governo in merito al fenomeno descritto in premessa e cosa intenda fare da un punto di vista legislativo per tutelare e valorizzare questa fondamentale attività legata alla cultura tradizionale del nostro paese.
(4-04498)