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Allegato B
Seduta n. 196 del 27/7/2007
TESTO AGGIORNATO AL 30 LUGLIO 2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
BERTOLINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'Emea, l'agenzia europea del farmaco, ha recentemente stabilito che il farmaco antidepressivo Prozac può essere somministrato anche ai bambini, a partire dagli 8 anni;
sulla Gazzetta ufficiale italiana, in data 27 marzo, è stata pubblicata la Modificazione dell'autorizzazione all'immissione in commercio, secondo procedura di mutuo riconoscimento, della specialità medicinale Prozac con la quale viene autorizzata e regolamentata in Italia la somministrazione ai bambini di tale farmaco;
la possibilità di somministrare tale farmaco anche ai bambini ha sollevato molteplici reazioni critiche da parte del mondo politico, istituzionale e scientifico, oltre che di numerose associazioni che si occupano della tutela dei diritti e della salute dei minori;
numerose agenzie scientifiche specializzate avrebbero raccomandato massima prudenza e particolari limitazioni all'uso del Prozac, accompagnate da un'attenta vigilanza che verifichi soprattutto che prima di arrivare a questi estremi rimedi farmacologici si sia fatto tutto il possibile in ambito familiare, sociale e psicoterapico;
commentando la possibilità di prescrivere il farmaco Prozac in età pediatrica, il Presidente dell'Istituto italiano di medicina sociale Antonio Guidi si è dichiarato contrario amareggiato e preoccupato in quanto tale possibilità potrebbe rappresentare una «scorciatoia» facile e semplificata per non affrontare in maniera tecnica e socialmente responsabile il disagio crescente dei più giovani;
la somministrazione del Prozac, negli Stati Uniti, avrebbe fatto registrare una stretta correlazione tra il suo uso e i tentativi di suicidio nell'infanzia;
in base ai dati diffusi a mezzo stampa dal portavoce dell'Associazione «Giù le mani dai bambini» potrebbero essere 100 mila i minori in Italia che soffrono di depressione e che potrebbero essere sottoposti a trattamento terapeutico con Prozac;
la possibilità di somministrare tale psicofarmaco anche ai bambini in età scolare promuoverebbe a detta dell'interrogante la diffusione di una cultura favorevole alla droga e agli psicofarmaci e risponderebbe ad una logica tesa alla repressione e non alla prevenzione;
per i motivi suddetti l'utilizzo di tale farmaco antidepressivo nei bambini è da evitare e non certamente da incentivare;
l'Aifa (agenzia italiana del farmaco) prevede «il monitoraggio dell'andamento dei consumi con revisione semestrale» -:
come giudichi la possibilità di somministrare, anche ai bambini al di sopra degli 8 anni, il farmaco antidepressivo Prozac;
se, sulla base delle stime attuali relative alla diffusione della depressione tra minori, sia in grado di stimare quanti bambini potrebbero essere sottoposti a trattamento farmacologico mediante somministrazione di Prozac;
se il Ministero abbia fissato specifiche linee guida relative alla somministrazione del farmaco ai bambini e, in caso affermativo, quali;
se concordi nel ritenere che la somministrazione di tale psicofarmaco anche ai bambini in età scolare rischi di favorire la diffusione di una cultura favorevole alla droga e agli psicofarmaci e sia pertanto da evitare e non da incentivare;
se ritenga opportuno attuare forme di vigilanza e di controllo, al fine di verificare che, prima di giungere alla somministrazione del Prozac, sia stato fatto tutto il possibile per affrontare il problema in ambito familiare, sociale e psicoterapico.
(4-03234)
Risposta. - Con riferimento ai quesiti posti nell'atto parlamentare in esame, si fa presente che non è ricompresa nelle competenze istituzionali del ministero della salute l'emanazione delle linee guida sull'utilizzo di medicamenti, già approvati dalle comunità scientifiche sia nazionale che internazionale per il loro utilizzo terapeutico.
Va, inoltre, precisato che il livello di appropriatezza delle prescrizioni costituisce oggetto di esclusiva valutazione, secondo le più evolute conoscenze scientifiche, da parte del professionista competente nella specifica patologia.
Per quanto concerne l'impiego del Prozac nell'età pediatrica, tale decisione, assunta non a livello nazionale, ma con direttiva dell'Agenzia europea del Farmaco (Emea), è vincolante per tutti gli Stati membri dell'Unione europea, secondo quanto previsto dal regolamento comunitario di Mutuo Riconoscimento.
La Commissione per i farmaci ad uso umano (CHMP) dell'Emea, dopo uno studio di 12 settimane su 750 bambini, sulla base della valutazione dei dati attualmente disponibili e delle relazioni di valutazione, ha ritenuto che i benefici dell'assunzione del Prozac siano superiori ai possibili rischi potenziali.
A differenza di altri Paesi, tuttavia, e a seguito di una specifica indicazione della Commissione tecnico-scientifica (Cts) dell'Aifa, la prescrizione del Prozac in Italia viene condizionata alla definizione di un piano diagnostico-terapeutico da parte degli specialisti in neuropsichiatria o psichiatria infantile; tale limitazione corrisponde all'esigenza di circoscrivere l'impiego del Prozac ai casi di documentata necessità, a seguito di una specifica diagnosi differenziale, come integrazione ad altre misure di sostegno psicoterapeutico.
Tale farmaco, infatti, ha effetti positivi soltanto se proposto in associazione con una concomitante psicoterapia, qualora il bambino non abbia risposto positivamente alle prime 4-6 sedute di analisi; peraltro, nell'ipotesi che successivamente ad una terapia farmacologica protratta per nove settimane non si siano verificati miglioramenti, la cura deve essere sospesa.
È evidente, pertanto, che la decisione relativa alla necessità di un piano diagnostico-terapeutico di tipo specialistico è stata specificatamente adottata per impedire nel nostro Paese un uso improprio e non controllato del Prozac nei bambini, evidenziando, invece, (indispensabilità di un piano terapeutico circostanziato e del periodico controllo di ogni singolo caso da parte dello specialista.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
BORGHESI. - Al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la lettura dell'ultimo bilancio (2005) della società Autostrada Brescia-Padova S.p.A. (meglio conosciuta come Serenissima) evidenzia che la gestione caratteristica della stessa è di fatto in perdita;
il rapporto tra il valore di produzione (cioè i ricavi di competenza dell'anno) ed
i costi correlativi, che era nel 1997 di 0,81 (cioè a dire che per 100 euro di ricavi ve ne erano 81 di costi), nel 2005 è divenuto per la prima volta superiore all'unità e precisamente di 1,03, cioè a dire che per 100 euro di ricavi ve ne sono stati 103 di costi (e che tale rapporto è andato degradando dallo 0,87 del 2002, 0,95 del 2003 sino allo 0,98 del 2004); inoltre, tra il 1997 ed il 2005 la società ha visto aumentare i ricavi del 39 per cento ed i costi crescere invece del 75 per cento;
la società Autostrada del Brennero, avente la medesima dimensione operativa dell'Autostrada Brescia-Padova ha invece mantenuto nel tempo il medesimo rapporto tra valore della produzione e costi correlativi, sempre rimasto (dal 1997 ad oggi)attorno allo 0,80;
dalla lettura contestuale del bilancio 2005 della società Autostrada Brescia-Padova S.p.A. e del bilancio consolidato 2005 della stessa, risulta che l'utile d'esercizio della capogruppo ammonta a 70.743.262,00 euro ed invece l'utile consolidato ammonti a 38.946.876,00 euro denotando così la forte perdita prodotta dalla miriade di società controllate e collegate segnalando altresì, che il risultato d'esercizio della capogruppo, come rimarca il collegio dei sindaci: «... è stato fortemente influenzato dalla presenza di proventi straordinari che da soli hanno determinato la formazione dell'intero utile conseguito.»;
questi proventi straordinari sono rappresentati dalla vendita di partecipazioni ritenute «non strategiche» quali ad esempio Autostrada Torino-Milano S.p.A.;
dalla lettura contestuale del bilancio 2005 della società Autostrada Brescia-Padova S.p.A. e del bilancio consolidato 2005 della stessa, risulta che il patrimonio netto della capogruppo ammonta a 407.776.240,00 euro e come invece, il patrimonio netto a seguito di consolidamento ammonti a 395.156.979,00 euro con la dimostrazione che il gruppo, formato oramai da circa 30 società, decrementa ed intacca il patrimonio della capogruppo;
le controllate dirette e indirette, le collegate dirette e indirette intrattengono tutte o quasi rapporti d'affari con la capogruppo fatturando prestazioni nei confronti della medesima, sovente senza che siano effettuate, sia pure in base a previsioni di legge, gare d'appalto;
dalla lettura del bilancio consolidato 2005 della società Autostrada Brescia-Padova S.p.A. si evidenzia l'elevato livello di esposizione bancaria del gruppo sottolineando che i debiti verso banche della capogruppo sono pari a 0,00 euro mentre i debiti verso banche successivamente al consolidamento sono pari a 117.174.556,00 euro;
dalla lettura dell'indagine relativa alle convenzioni stipulate tra l'ANAS e otto società subconcessionarie (tra cui la società Autostrada Brescia-Padova S.p.A.) prodotta dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori e forniture si rileva come «nell'arco di tempo considerato (2000-2005) lo stato di attuazione degli investimenti è risultato largamente insoddisfacente» con una distribuzione degli utili ai soci in misura assolutamente sproporzionata rispetto a quanto versano come canoni allo Stato;
dalla lettura del bilancio consolidato 2003 della società Autostrada Brescia-Padova S.p.A. si evidenziava che la società deteneva quote di maggioranza di due società estere, e più precisamente Unifracom B.V. con sede a Rotterdam, di cui possedeva il 70 per cento del capitale, e la Serenissima Investments S.A. con sede a Lussemburgo, di cui possedeva il 75 per cento del capitale;
appare all'interrogante invero strano che una società che abbia come oggetto sociale la gestione del servizio autostradale possegga ed abbia recentemente posseduto partecipazioni all'estero; apparentemente non vi è infatti alcun motivo, poiché si tratta di gestire servizi non soggetti ad internazionalizzazione (come invece avviene per le attività industriali);
le stranezze aumentano, sempre secondo l'interrogante quando si pensi alla
natura pubblica della società (pur se di diritto privato), che a maggior ragione dovrebbe escludere il ricorso ad attività estere, per le quali manca l'obiettivo di trasparenza che dovrebbe esser requisito fondamentale della gestione di denaro pubblico;
la lettura dei compiti affidati alle due società non permette di chiarire la situazione. Infatti quanto alla Unifracom B. V. si dice che trattasi di società di diritto olandese che aveva la finalità di svolgere funzione di holding, ma che di fatto non è divenuta operativa per intervenuta costituzione della La Serenissima Investments S.A. Per quanto riguarda quest'ultima si legge che essa è stata costituita il 25 giugno 2002 con la partecipazione di ABM Venture Capital S.A. al 25 per cento, ed ha per oggetto la gestione di partecipazioni in imprese e può essere utilmente impiegata anche per iniziative operative di interesse, quali la valorizzazione delle attività svolte nell'ambito delle aree di servizio e delle aree di sosta...
a questa società straniera, dalla quale sarà di fatto impossibile ottenere informazioni dettagliate sulle operazioni svolte, sono state trasferite le azioni di Serenissima Infracom Spa (di cui è Presidente quel Gambari che ha acquistato il 20 per cento delle quote già in mano di Unicredit), società di diritto italiano, di cui l'Autostrada Serenissima è il maggior cliente;
dalla lettura del bilancio consolidato 2005 della società Autostrada Brescia-Padova S.p.A. emerge invece l'assenza delle relative partecipazioni a tali succitate società estere, ma si rinviene invece la partecipazione con una quota del 25,57 per cento di Acufon International LTD con sede a Londra e con una quota del 100 per cento di Woodworth Systems LTD con sede anch'essa a Londra;
appare altrettanto strano che in data 14 gennaio 2003 sia stata iscritta presso il Registro delle Imprese di Bergamo una società denominata leading Group s.r.l. (anche con sigla L.G. s.r.l.) con sede in Bergamo e capitale sociale di 15.000,0euro suddiviso fra Lepore Carlo (quota nominale di 4.500,00 euro), Crisafi Antonino (quota nominale di 4.200,00 euro), Bellesia Mario (quota nominale di 2.100,00 euro), Orlandi Flavio (quota nominale di 2.100,0 euro) e Chiari Bruno (quota nominale di 2.100,00 euro);
i soci della predetta società sono il Direttore Generale ed i massimi dirigenti della società Autostrada Brescia-Padova S.p.A ed in quanto tali vincolati a non svolgere attività in concorrenza con la capogruppo e con le società controllate dal gruppo;
sembrerebbe inoltre, che la società sia ricorsa a licenziamenti senza giusta causa per liberarsi di personale non succube ai voleri del direttore generale, con frequenti fenomeni di mobbing nel tentativo di costringere i dipendenti alle dimissioni, svuotando il contenuto del loro lavoro;
il vicepresidente della società, nonché Presidente della Provincia di Padova, Vittorio Casarin, il quale si dice sia destinato ad assumere la Presidenza della società, in un'intervista, mai smentita, ad un quotidiano di Padova ha testualmente affermato parlando del Ministro Di Pietro: «Ha avuto il coraggio di bloccare il rinnovo delle concessioni... Ci ha negato il rinnovo dal 2013 al 2036. Ha fatto ricorso alla Corte Europea con i suoi scagnozzi, sostenendo la necessità di una gara europea, invece di tenersi la concessione in casa, come fanno altri paesi.» -:
il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritenga opportuno conoscere le motivazioni e le giustificazioni che hanno portato ai risultati di bilancio sopra descritti, fra l'altro con l'evidente deficit nello stato di attuazione degli investimenti previsti nel relativo piano economico-finanziario come segnalato dall'Autorità e se ciò possa essere riconducibile a qualche deficit o insufficienza gestionale della società a cui risulterebbe doveroso porre
immediatamente rimedio anche con l'eventuale sostituzione dei vertici;
se allo stato attuale si possa ritenere la società nelle condizioni di far fronte e di attuare gli ambiziosi progetti di investimento previsti all'interno del piano finanziario attuale ed a quello in fase di definitiva approvazione e definizione;
se non ritenga che normali attività come quelle poste a giustificazione della costituzione di società all'estero siano in contrasto con la natura di concessionario di un servizio pubblico come quello autostradale, che si svolge unicamente sul territorio nazionale;
se non ritenga poco consono al principio di trasparenza che una società di natura sostanzialmente pubblica si possa avvalere di sigle estere in paesi che, come è noto, rappresentano cosiddetti «paradisi fiscali»;
se non ritenga che dietro queste attività possa celarsi dell'altro, poiché esse non trovano alcuna giustificazione che porti a violare elementari regole di trasparenza nella gestione di fondi pubblici;
se sia a conoscenza della costituzione della società Leading Group s.r.l. da parte di alcuni dirigenti della società Autostrada Brescia-Padova S.p.A. e non ritenga doveroso conoscere nel dettaglio gli scopi sociali e statutari, i possibili rapporti intercorsi o intercorrenti con la capogruppo e le società collegate o controllate e le eventuali operazioni finanziarie svolte sempre con la capogruppo e le società collegate o controllate;
se non ritenga che dietro a queste possibili attività svolte dalla società Leading Group s.r.l. con la capogruppo o le società del gruppo non si possano quantomeno ravvisare pericolosi e possibili conflitti d'interesse;
se non ritenga necessario conoscere in modo preciso e dettagliato l'ammontare complessivo dei risarcimenti milionari che ha dovuto sostenere la società in questi ultimi anni per vicende legate a licenziamenti senza giusta causa o allontanamenti del personale e se in tutto ciò si possano ravvisare eventuali responsabilità da parte della dirigenza della società Autostrada Brescia-Padova S.p.A.;
se non ritenga doveroso proporre un ispezione ministeriale per accertare e verificare i fatti sopradescritti al fine di porre in atto tutte le operazioni tese all'eventuale salvaguardia del patrimonio della società Autostrada Brescia-Padova S.p.A. e verificare eventuali responsabilità ed inefficienze gestionali;
quali siano gli intendimenti del Ministro in indirizzo in ordine ad un intervento dei poteri di legge nei confronti della società Autostrada Brescia-Padova S.p.A., in quanto concessionaria di pubblico servizio, per ottenere chiarezza e trasparenza di comportamenti.
(4-01933)
Risposta. - Le concessionarie autostradali, in base all'articolo 19 della legge n. 136 del 1999, possono svolgere attività di impresa diversa da quella principale (relativa alla concessione) tramite partecipazione in altre società, purché tali partecipazioni siano esposte in bilancio ed oggetto di contabilità analitica, in modo tale che il bilancio della società esponga chiaramente i risultati di gestione dell'attività principale di concessionaria.
In particolare, si evidenzia l'intervenuta modifica normativa contenuta nel collegato fiscale, così come modificato dalla successiva legge finanziaria 2007.
In sintesi, la legislazione ora vigente prevede la revisione dei rapporti convenzionali intercorrenti con le singole società concessionarie, attraverso la previsione di una «convenzione unica».
I commi nn. 82-89 del collegato fiscale, così come modificati dal comma 1030 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007, dettano infatti una nuova disciplina della materia delle concessioni autostradali; disponendo, tra l'altro, un rafforzamento dei poteri regolatori di Anas, quale soggetto concedente.
Istituto basilare del nuovo sistema è il modello di «convenzione unica» che andrà
adottato, per ciascuna concessionaria, in occasione del primo aggiornamento del rispettivo piano finanziario ovvero della prima revisione della convenzione in essere e che dovrà contenere l'intera disciplina convenzionale del rapporto concessiorio, in conformità a criteri legislativamente ben definiti.
Gli schemi di convenzione unica, concordati tra le parti in osservanza dei predetti criteri di legge, prima di essere adottati, vanno sottoposti, sentito il Nars al Cipe e poi, l'unitamente alle eventuali osservazioni dello stesso, alle Camere per il parere delle Commissioni parlamentari competenti.
Si fa presente che lo schema di «convenzione unica» concordato in data 8 maggio 2007, tra Anas spa e la concessionaria società Autostrada Brescia-Padova è stato approvato in data 15 giugno 2007, dal Cipe) ed è, in corso di trasmissione per il parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Il predetto schema prevede, in ossequio alla normativa tariffaria indicata dalla delibera del Cipe del 26 gennaio 2007, che Anas disciplini la contabilità regolatoria, che assicurerà che non si abbiano effetti negativi in tariffa per le attività collaterali dei concessionari. Inoltre, si precisa che «il principio che non potranno essere recuperati in tariffa eventuali perdite derivanti dalle attività collaterali a quelle della concessione, ovvero di società comunque partecipate dal concessionario» è esplicitamente riportato all'articolo 10 della nuova «convenzione unica».
Con riferimento agli ulteriori specifici quesiti posti nell'atto in oggetto, si rimanda alla risposta resa ad analogo atto della interrogante n. 4-01299 di cui, per comodità di lettura, si allega copia della risposta resa in data 22 marzo 2007.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
BRIGUGLIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati forniti dall'Unione europea, i minori a rischio di pedofilia in Europa sono 250 mila;
in Italia almeno un ragazzo su 6 è stato vittima di abusi sessuali nell'infanzia o nell'adolescenza e ogni anno sono almeno 41 mila i nuovi casi di violenza sui minori. Ma per ogni episodio accertato di abuso, 100 non vengono denunciati perché il 90 per cento delle violenze si consuma fra le mura domestiche;
in Europa, nel 2006, le segnalazioni di siti illegali sono state 850 mila, di cui l'80 per cento con materiale pedo-pornografico, con un incremento del 60,3 per cento rispetto all'anno precedente;
in Europa, il numero dei siti contenenti materiale pedo-pornografico è aumentato del 1.500 per cento dal 1997 al 2005;
in Italia, nei primi 4 mesi del 2007 sono state 7.391 le segnalazioni di siti «pedofili», per una media di 61 segnalazioni al giorno;
i bambini iniziano a navigare in Internet fin dall'età di 6 anni. 5 bambini su 10 navigano da soli senza alcun controllo da parte di adulti. Un bambino su due fa «brutti incontri» sul web;
il 70 per cento degli «agganci» da parte di pedofili avviene nelle «chat»;
un sito pedo-pornografico a pagamento genera un numero di visitatori quotidiano che va dai 7.000 fino a i 20.000, con un guadagno che può arrivare fino a 90.000 euro al giorno;
il costo medio di un bambino per film è di circa 400 euro (circa 30 film), quello per il materiale fotografico è di circa 70 euro (alcune centinaia di foto);
l'80 per cento delle immagini sono relative a ragazze e, di queste, il 91 per cento sono sotto i 12 anni di età;
nonostante la legge n. 38 del 2006 preveda l'istituzione dell'Osservatorio Nazionale sulla pedofilia e sulla pedo-pornografia
non risulta che il Governo abbia tuttora istituito detto Osservatorio;
il Governo italiano inoltre è uno dei pochi in Europa a non avere istituito un Garante nazionale dei diritti dei minori, figura prevista dalla legge 20 marzo 2003, n. 77 recante la ratifica ed esecuzione della convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli;
manca un'azione organica del Governo per la lotta alla pedofilia e alla pedo-pornografia -:
se il Governo intenda considerare la lotta alla pedofilia e alla pedo-pornografia una priorità politica;
se il Governo intenda provvedere in tempi brevi alla nomina del Garante nazionale dei minori e all'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla pedofilia e sulla pedo-pornografia;
quali iniziative intenda assumere per mettere in conto un'azione organica contro detto fenomeno preoccupante che dilaga in Italia e in Europa.
(4-04077)
Risposta. - Le complesse tematiche che coinvolgono il problema degli abusi e dello sfruttamento sessuale dei minori e della pornografia minorile sono state oggetto, oltre che della interrogazione in oggetto, di una serie di mozioni parlamentari discusse e approvate dalla Camera il 4 luglio scorso. Tali mozioni, presentate da rappresentanti di gruppi parlamentari sia di maggioranza che di opposizione, contengono proposte molto serie ed articolate (e sulle quali il Governo ha espresso parere positivo), tra le quali l'approntamento di nuovi strumenti di lotta ed il potenziamento delle strutture esistenti.
Con riferimento specifico alle questioni sollevate dall'interrogante, si osserva, anzitutto, che il nostro Paese si sta adoperando da tempo per fronteggiare il problema degli abusi e dello sfruttamento sessuale dei minori e della pornografia minorile, in maniera esemplare anche rispetto ad altri Paesi, soprattutto rispetto all'impegno nell'ambito dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa. Proprio negli scorsi giorni si sono conclusi a Strasburgo i lavori che daranno vita ad una Convenzione sulla protezione dei minori contro gli abusi sessuali e lo sfruttamento sessuale, alla quale si è lavorato con i nostri esperti e che ha visto l'Italia dare un importante contributo. Si è chiesto ed ottenuto che nel testo della Convenzione vi fosse un esplicito riferimento al reato di corruzione di minori previsto da tempo nel nostro ordinamento ma ignorato in numerosi altri Paesi Europei; si è altresì ottenuto l'impegno da parte di tutti gli Stati di creare osservatori nazionali che provvedano al monitoraggio del fenomeno dell'abuso sessuale e dello sfruttamento sessuale dei minori anche attraverso la raccolta di dati e la collaborazione con esponenti della società civile. La delegazione italiana ha fatto anche inserire nel testo previsioni relative alla possibilità di allontanamento di chi si macchia di tali reati dalla casa familiare o comunque dal luogo nel quale si sono verificati.
Si ricorda, inoltre, che proprio per il nostro impegno siamo capofila del Consiglio d'Europa tra i Paesi che effettuano il monitoraggio delle buone pratiche poste in essere da parte degli Stati a tutela dei minori e per prevenire qualunque forma di abuso-sessuale.
Si segnala, altresì, che l'Unione europea ha dato vita ad un gruppo permanente intergovernativo, proprio per la protezione dell'infanzia, volto alle attività di prevenzione e repressione, ma soprattutto di circolazione di buone pratiche.
Per quanto attiene all'attività ed all'impegno nel nostro Paese si sottolinea come questo Governo, dall'inizio del suo mandato, abbia voluto immediatamente qualificarsi proprio per una maggiore tutela dei minori, presentando un disegno di legge contro la violenza sessuale, che attualmente è all'esame della Camera dei deputati, e che prevede tra l'altro il reato di adescamento attraverso internet, e-mail, sms. Si coglie l'occasione per sottolineare che da tale disegno di legge, che ha avuto un avvio complesso, potrebbero essere stralciate le disposizioni relative alla previsione di tale reato, sulle quali il Parlamento potrebbe
trovare l'unanimità, per dare un segnale preciso su questa complessa e difficile materia.
Circa, poi, l'attività di contrasto al fenomeno che viene condotta per così dire «sul campo», non si può non richiamare il lavoro che già viene svolto e gli strumenti in nostro possesso di cui già si è dotati, a partire dal 1998, e che, saranno adeguatamente potenziati e meglio organizzati.
Ci si riferisce, in particolare, all'Osservatorio contro la pedofilia, la pedopornografia e l'abuso contro i minori, che ha funzionato grazie alla dedizione di chi vi ha lavorato in questi anni, ma con povertà di strumenti e con un'esigua organizzazione.
Con la legge finanziaria 2007 sono stati messi a disposizione finanziamenti più adeguati, ed è in via di approvazione un regolamento di ristrutturazione dello stesso osservatorio, che dovrà disporre di una banca dati (già prevista per legge) per un monitoraggio-completo di tutti gli aspetti del fenomeno, dalla repressione dei reati alla protezione e cura delle vittime, al recupero, se possibile, dei colpevoli. L'Osservatorio potrebbe anche dotarsi di una struttura scientifica molto più robusta, alla quale affidare anche una riflessione sui temi delle cause del fenomeno, che sono stati qui accennati e intorno ai quali credo non ci debba dividere e non si debbano creare delle barriere ideologiche, perché questo depotenzierebbe di fatto il nostro impegno.
L'Osservatorio, pertanto, potrebbe diventare una sede di coordinamento anche scientifico, di conoscenza e di approfondimento.
Si sta inoltre, lavorando al miglior funzionamento del comitato interministeriale cosiddetto «CICLOPE», presieduto dal ministro della famiglia e al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate (in particolare: l'interno, la giustizia, la salute, l'istruzione, le comunicazioni). Ciò al fine di attuare il massimo coordinamento istituzionale delle politiche in materia.
Per quanto attiene, in particolare, alla istituzione del Garante dei minori, si segnala che la Camera ha già accolto un ordine del giorno in tal senso, e il, Governo, da parte sua ha manifestato il proprio parere affinché venga avviato al più presto l'iter della discussione delle proposte di legge presentate in Parlamento.
In conclusione, si ritiene che, su questa strada sia possibile rafforzare l'azione del Governo e costruire una grande collaborazione, che coinvolga non solo tutte le forze politiche ma anche tutte le forze sociali e le centrali educative del nostro Paese.
Il Ministro per le politiche per la famiglia: Rosy Bindi.
CAPITANIO SANTOLINI. - Al Ministro per le politiche per la famiglia, al Ministro della solidarietà sociale, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2 della legge 28 marzo 2001, n. 149, in materia di affidamento e adozione, stabilisce che «il ricovero in istituto deve essere superato entro il 31 dicembre 2006 mediante affidamento ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, mediante inserimento in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali»;
se la funzione degli istituti è stata importante in una società e in un momento storico in cui l'urgenza era quella di sottrarre il bambino dalla strada e dall'abbandono, per offrirgli un tetto, condizioni igieniche sicure, pasti regolari e protezione, si è attualmente profilata l'esigenza di elaborare risposte in grado di garantire una vita più serena ai fanciulli, considerando gli effetti negativi di una permanenza prolungata in istituti o comunità;
secondo l'interrogante il Governo Prodi ha fortemente disatteso l'impegno assunto; circa la chiusura di tutti gli istituti per minori, ai fini della promozione di una politica prioritaria dell'affidamento che risponda concretamente al diritto dei più piccoli di vivere e crescere all'interno di una vera famiglia;
in Italia restano ancora insolute le questioni riguardanti l'istituzione di una banca dati sull'adozione nazionale e l'entrata in vigore della figura dell'avvocato del minore, prevista dalla legge suddetta;
i tagli di questa finanziaria rischiano ancora una volta di penalizzare fortemente i diritti dei minori -:
se i ministri siano a conoscenza della gravità della situazione esposta;
se intendano promuovere azioni di sensibilizzazione tese alla valorizzazione del fondamentale diritto ad una famiglia;
quali provvedimenti intendano adottare per una piena attuazione della legge n. 149 del 2001, in merito soprattutto all'istituzione di una banca dati per i minori dichiarati adottabili ed all'istituzione della figura dell'avvocato del minore, con conseguente finanziamento del patrocinio a spese dello Stato.
(4-01941)
Risposta. - Con riferimento all'articolo 2 della legge n. 149 del 2001, il percorso di chiusura degli istituti, materia di competenza del ministero della solidarietà sociale, è stato completato in quasi tutte le regioni d'Italia.
Un costante monitoraggio sui minori fuori dalla famiglia, che permette di verificare il livello di raggiungimento degli obiettivi previsti in materia di tutela dei diritti dei minori alla famiglia ed il completamento del processo di deistituzionalizzazione, viene realizzato dal Centro Nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza con il fattivo coinvolgimento delle regioni e delle province autonome.
L'indagine, proseguita per tutto il 2006, è finalizzata sia alla quantificazione dei bambini e degli adolescenti accolti nei servizi residenziali presenti sul territorio delle singole regioni, sia a monitoraggio relativo ai percorsi di deistituzionalizzazione.
Al 30 novembre 2006 risultavano ancora attivi 55 istituti su tutto il territorio italiano di cui 32 sono in attesa di trasformazione, come si evince dalla seguente tabella.
Quadro riepilogativo degli istituti per minori per Regione e Provincia autonoma al 30/11/2006
Regioni | Istituti attivi al 30/06/03 | Istituti chiusi tra il 30/06/03 e il 30/11/06 | Istituti trasformati tra il 30/06/03 e il 30/11/06 | Istituti attivi al 30/11/06 | di cui in attesa di trasformazione |
Piemonte | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Valle d'Aosta | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Lombardia | 8 | 0 | 8 | 0 | 0 |
Prov. Bolzano | 1 | 0 | 0 | 1 | 0 |
Prov. Trento | 1 | 0 | 0 | 1 | 1 |
Veneto | 10 | 0 | 10 | 0 | 0 |
Friuli V-Giulia | 1 | 0 | 1 | 0 | 0 |
Liguria | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Emilia Romagna | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Toscana | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Umbria | 4 | 0 | 2 | 2 | 1 |
Marche | 4 | 1 | 3 | 0 | 0 |
Lazio | 15 | 3 | 11 | 1 | 1 |
Abruzzo | 6 | 0 | 6 | 0 | 0 |
Molise | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Campania | 28 | 2 | 21 | 5 | 3 |
Puglia | 35 | 3 | 28 | 4 | 3 |
Basilicata | 6 | 0 | 2 | 4 | 3 |
Calabria | 30 | 0 | 21 | 9 | 5 |
Sicilia | 62 | 1 | 34 | 27 | 15 |
Sardegna | 5 | 0 | 4 | 1 | 0 |
Totale | 216 | 10 | 151 | 55 | 32 |
Comparando i dati forniti dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza, in collaborazione con le Regioni, con quelli forniti in sede di Conferenza degli assessori alle politiche sciali sono emersi elementi di criticità e divergenze dei dati forniti nelle diverse rilevazioni, per i quali si realizzerà un ulteriore momento di verifica tra i soggetti competenti in materia.
TOTALE ITALIA
Servizi residenziali che accolgono minori
RILEVAZIONE STATO REGIONI (31/12/2005) (*) | RILEVAZIONE CENTRO NAZIONALE-REGIONI (31/12/2005) (**) | ||
Strutture | Minori Accolti | Strutture | Minori accolti |
2.337 | 10.923 | 2.386 | 13.176 |
(*) il dato non comprende i minori accolti delle Regioni Lazio e Sicilia
(**) il dato non comprende i minori accolti delle Regioni Liguria, Marche e Lazio.
Istituti per minori
RILEVAZIONE STATO REGIONI al 31/12/2005 | RILEVAZIONI CENTRO NAZIONALE 31/11/2006 | ||
Strutture | Minori Accolti | Strutture | Minori accolti |
195 | 598 | 55 | 515 |
L'impegno del Governo per il monitoraggio del processo di chiusura effettiva degli istituti per minori sarà constante, anche tramite il Centro di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza in accordo con le regioni e le province autonome.
Con riferimento all'istituzione della difesa d'ufficio e di procedimenti civili d'ufficio davanti al tribunale per i minorenni, prevista dalla legge 28 marzo 2001 n. 149 si rende noto che a partire dal 2002 si sono susseguite una serie di leggi che hanno prorogato il termine di entrata in vigore delle disposizioni processuali introdotte dalla legge succitata. Il 30 giugno 2007 è scaduto il termine stabilito dalla legge 12 luglio 2006, n. 228, di conversione del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173, con la quale venne ulteriormente prorogato il termine relativo all'entrata in vigore della disciplina in questione.
In proposito si ricorda, che nell'ordinamento processuale civile italiano la nomina del difensore d'ufficio è un istituto sostanzialmente sconosciuto, a differenza di quanto avviene nel processo penale (dove sono previste specifiche modalità per la nomina dei difensori e per la loro retribuzione). È possibile - ma solo se ricorrono le condizioni previste - fare ricorso al patrocinio a spese dello Stato, istituto che assicura ai cittadini non abbienti la possibilità di avvalersi di una difesa tecnica in giudizio.
Per questo, la normativa introdotta dalla legge n. 149 è altamente innovativa, e mettendo in primo piano l'interesse del minore, costituisce un atto di civiltà che questo Governo assolutamente condivide.
Durante la precedente legislatura, come detto, l'entrata in vigore delle relative norme processuali è stata posposta di anno in anno, senza mai porsi mano alla necessaria revisione delle regole processuali che attualmente disciplinano le procedure di protestate e quelle di adattabilità.
Si tratta, peraltro, di una materia particolarmente delicata e sensibile, per di più connessa alle aspettative di una riforma globale dell'attuale sistema giudiziario dei minori e della famiglia che vada verso
l'istituzione di un giudice unico specializzato, con norme procedurali idonee e ben definite.
Per tale motivo, è stata trasmessa alla Presidenza del Consiglio la proposta di nuova proroga, eventualmente da inserire nel decreto cosiddetto milleproroghe di cui si auspica l'adozione, Tale preposta viene avanzata nella certezza che in breve sarà possibile presentare in organico testo normativo, con il quale si renderà finalmente e adeguatamente operativa la legge del 2001.
Aggiungo che ci si è interrogati sulla possibilità di soluzioni che potessero evitare una ulteriore proroga e consentire l'immediata applicazione della normativa, ma anche l'ufficio legislativo del ministero della giustizia ha manifestato l'opinione che si tratti di una soluzione; non praticabile. Infatti, nella legge n. 149 del 2001, mancano norme transitorie idonee a disciplinare la sorte dei procedimenti in corso, e manca un'idonea copertura finanziaria, che consenta di far fronte alle spese inevitabilmente conseguenti alla difesa d'ufficio e alla nomina di difensori ai minori.
Con riferimento alla banca dati dei minori dichiarati adottabili prevista dall'articolo 40 della legge n. 149 del 2001, ed istituita presso il ministero della giustizia, essa è resa disponibile, attraverso una rete telematica, a tutti i tribunali per i minorenni ed aggiornata periodicamente con cadenza trimestrale.
Relativamente al comma 3 dello stesso articolo, con il decreto ministeriale n. 91 del 24 febbraio 2004, del ministero della giustizia sono state emanate le norme di attuazione e di organizzazione della banca dati, anche per quanto attiene all'adozione di dispositivi necessari per la sicurezza e la riservatezza dei dati.
A norma dell'articolo 2 del citato decreto la banca dati è costituita presso il dipartimento per la giustizia minorile e la gestione della stessa è attribuita al Capo del dipartimento della giustizia minorile. Titolari del trattamento dei dati - articolo 28 decreto legislativo n. 196 del 2003 - sono gli uffici della giurisdizione, minorile, definiti all'articolo 1 lettera c) del decreto 91 del 2004 citato (tribunali per i minorenni e procure della repubblica presso i tribunali per i minorenni, giudici tutelari, sezioni della famiglia presso le Corti d'appello, procure generali presso le Corti d'appello, Corte di cassazione e procura generale presso la Corte di cassazione). L'alimentazione della banca dati è automatica e avviene tramite i registri informatizzati presso gli uffici della giurisdizione minorile.
L'accesso alle informazioni è riservato ai tribunali per minorenni e procure presso i tribunali per i minorenni nonché ai magistrati degli altri uffici della giurisdizione minorile; l'accesso è altresì consentito al personale appartenente agli uffici della giurisdizione minorile previa autorizzazione del Capo dell'ufficio. È altresì consentito ai diretti interessati con riferimento ai rispettivi dati personali solo per il tramite dei tribunali per minorenni e delle procure presso i tribunali per i minorenni.
La banca dati può contenere, a norma dell'articolo 6 del decreto 2004 del 1991 citato, i seguenti dati personali dei minori dichiarati adottabili:
dati anagrafici;
condizioni, di salute;
famiglia di origine ed eventuale esistenza di fratelli, fermo restando quanto previsto dall'articolo 28, comma 7, della legge 4 maggio 1983, n. 184, come modificato dall'articolo 24 della legge 28 marzo 2001, n. 149;
attuale sistemazione;
precedenti collocamenti
provvedimenti dell'autorità giudiziaria minorile;
dati contenuti nei certificati del casellario giudiziale per i minorenni;
ogni altra informazione idonea al miglior esito del procedimento.
I dati contenuti nella banca dati sono conservati per il tempo previsto dalla normativa di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, ovvero in forma tale da consentire l'identificazione dell'interessato
per un tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.
In seguito all'emanazione del decreto ministeriale del ministero della giustizia del 14 luglio 2004, che ha fissato le «Regole procedurali di carattere tecnico operativo per la definizione di dettaglio della gestione della banca di dati, relativa ai minori dichiarati adottabili», è stata avviata dal ministero della giustizia, direzione generale sistemi informativi automatizzati, la procedura di gara per la realizzazione del Nuovo sistema informativo della giustizia minorile, che comprende due sottosistemi: 1) Banca dati delle adozioni; 2) Sistema informatico relativo ai servizi minorili.
Il 27 aprile 2006, dopo un lungo iter procedurale, è stato sottoscritto il contratto per lo sviluppo delle procedure informatizzate inerenti la realizzazione della banca dati dei minori dichiarati adottabili. Per la corretta gestione e governo di tutta la fase esecutiva sono stati costituiti dei gruppi di lavoro di cui fa parte il personale della Direzione generale per i Sistemi informativi automatizzati ed il personale del Dipartimento della giustizia minorile.
Nel mese di novembre 2006 le attività di analisi dei requisiti utente per la realizzazione della banca dati dei minori adottabili sono ultimate ed ora si sta lavorando alla realizzazione del prototipo.
Il Ministro per le politiche per la famiglia: Rosy Bindi.
CARDANO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la cittadina di Kahla in Turingia Germania, durante la seconda guerra mondiale, fu utilizzata come grande campo di lavoro dove sono finite migliaia di persone, tra le quali molti italiani che venivano rastrellati, arrestati e deportati insieme a persone provenienti da diversi altri paesi;
nelle ultime settimane sono giunte notizie di atti vandalici fatti a diverse lapidi poste in memoria dei deportati e delle loro sofferenze in quei luoghi, alcune dalle quali recentemente posate da amministrazioni pubbliche italiane, come nel caso di quella portata dal Comune di Viareggio;
alcuni di questi atti vandalici sono avvenuti nel memoriale che si trova sul fianco della collina del Walpersberg, vicino a Kahla. Questo fu il luogo dove i deportati venivano utilizzati per disboscare e spianare la cima della collina per costruire la pista di decollo per i caccia a reazione Me262, la cui fabbrica segreta si trovava sotto la collina in un imponente reticolo di gallerie fatte scavare dai lavoratori coatti (72 gallerie per un totale di 32 km). Il progetto fu denominato Reimahg e coinvolse lo sfruttamento brutale di circa 15.000 deportati provenienti da diverse nazioni (Russia, Polonia, Belgio, Francia, Spagna, Olanda, Jugoslavia, Cecoslovacchia e Italia). Furono coinvolte anche donne e bambini;
i decessi ufficiali registrati sono 855 di cui 441 italiani. Le stime approssimative fanno risalire le morti reali a circa 6.000. Oltre alle fosse comuni con calce viva, presso molti lager in cui erano distribuiti i deportati,i cadaveri erano trasportati al vicino KZ di Buchenwald, dove venivano gettati nel forno crematorio;
i deportati italiani provenivano da diverse zone dell'Italia. I primi arrivarono nell'estate del 1944. Tra i primi ad essere portati lì furono quelli della provincia di Macerata. In seguito vi furono portati anche alcuni degli operai della Pirelli, arrestati per gli scioperi;
la tutela di questi luoghi, di interesse europeo, è indispensabile affinché la memoria delle tragedie del nazifascismo impegni i popoli e i governi nella costruzione di un futuro di pace e libertà -:
se sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
se non ritenga necessario e doveroso attivarsi presso il Governo della Germania affinché vengano maggiormente tutelate le
zone dove sono presenti i memoriali delle deportazioni succitate.
(4-03623)
Risposta. - I fatti da Lei riportati sono stati oggetto di numerosi interventi effettuati nelle scorse settimane dal Console Generale d'Italia a Lipsia.
Il primo di essi è stato quello di intervenire immediatamente presso la competente Autorità locale, il Landrat della Provincia Saale-Holzland-Kreis, al fine di sollecitare indagini dirette ad individuare i responsabili degli atti vandalici contro le targhe commemorative dei deportati italiani, nonché garantire efficaci misure di protezione di luoghi sacri per la memoria di tante vittime del nazifascismo che vi soffrirono e vi persero la vita.
Analogo intervento è stato svolto dal Console Generale d'Italia a Lipsia anche con il ministro dell'interno dello Stato Libero della Turingia, dottor Karl-Heinz Gasser, cui è stato chiesto di prendere adeguate misure di sicurezza, onde evitare il ripetersi di fatti di vandalismo rivolti alle lapidi commemorative dei deportati al Walpersberg.
Un ulteriore intervento è stato effettuato dallo stesso Console Generale presso il Ministro della cultura del Land della Turingia, dottor Jens Goebel (anch'egli competente per i siti ed i monumenti commemorativi delle vittime naziste nel Land), per chiedere chiarimenti su quanto accaduto.
Le indagini della polizia sono ancora in corso e, al momento, non risultano elementi tali da poter consentire l'auspicato chiarimento. Le Autorità tedesche sono dell'avviso che occorra attendere e si astengono da qualsiasi speculazione sui possibili autori di questi atti di vandalismo.
Nel condannare gli atti vandalici in questione, gli interlocutori tedeschi hanno avuto espressioni di rincrescimento e di solidarietà per le famiglie dei deportati. Il responsabile della Provincia «Saale-Holzland-Kreis», Landrat Andreas Heller, ha in particolare manifestato l'intenzione di mettersi in contatto con il Sindaco di Viareggio, al fine di contribuire alla sostituzione della lapide distrutta con una nuova lastra in onore e ricordo dei deportati viareggini.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
CIOCCHETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la D.G.R. del 20 febbraio 2007, avente ad oggetto l'attuazione del patto per il risanamento, lo sviluppo, il riequilibrio e la modernizzazione della sanità nel Lazio, approvato dalla Giunta regionale e sottoscritto dai Ministri della Salute e dell'Economia, ha parzialmente revocato la D.G.R. n. 1431 del 31 ottobre 2002 nella parte in cui prevedeva l'erogazione a carico del S.S.R. delle prestazioni ambulatoriali di medicina fisica e riabilitativa quali ultrasonoterapia, elettroterapia antalgica (dinamica o elettroanalgesica transcutanea), tens;
con un accordo sottoscritto dal Governo e dalla Regione i governi regionali possono, utilizzando risorse proprie, garantire servizi e prestazioni ulteriori rispetto a quelli previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, avente ad oggetto «Definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza» (LEA);
sembrerebbe che si prevedano ulteriori provvedimenti di riduzione dei cicli di terapia annui per i cittadini del Lazio;
tali esclusioni dalla lista delle prestazioni di fisioterapia erogate dal servizio sanitario regionale colpiscono gravemente la popolazione più bisognosa ed economicamente disagiata che non può quindi pagare privatamente tali essenziali terapie per curare patologie croniche ed invalidanti -:
quali provvedimenti, limitatamente alle proprie competenze, e nel rispetto dell'autonomia regionale, intenda adottare per tutelare il prioritario diritto alla salute dei cittadini.
(4-03437)
Risposta. - Le prestazioni, richiamate nell'interrogazione parlamentare in esame,
che la regione Lazio ha escluso dal nomenclatore regionale dell'assistenza specialistica ambulatoriale, sono già state ricomprese nell'allegato 2A del decretro del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, concernente «Definizione dei livelli di assistenza», che individua le «Prestazioni totalmente escluse dai LEA».
Peraltro, le stesse possono essere incluse nell'allegato 2B dello stesso Decreto, relativo a «Prestazioni parzialmente escluse dai LEA», su disposizione regionale, previa definizione di specifiche condizioni di erogabilità o sulla base dell'esistenza di particolari presupposti.
Pertanto, mentre molte regioni hanno stabilito di consentirne l'erogazione in determinate situazioni cliniche, altre, invece, hanno ritenuto che non vi fossero sufficienti evidenze di efficacia per l'inserimento nei LEA di tutte o alcune delle suddette prestazioni, tenuto conto, soprattutto, del livello troppo elevato di non appropriatezza nella relativa utilizzazione in ambito ambulatoriale.
In merito alla fattispecie prospettata nell'atto parlamentare, il ministero della salute assicura che, nell'ambito delle procedure di monitoraggio e verifica dell'attuazione del Piano di rientro della regione Lazio, di cui all'Accordo siglato il 28 febbraio 2007, dai ministeri della salute, dell'economia e finanze e dalla stessa, regione, sarà oggetto di attenta valutazione la possibilità che l'esclusione delle prestazioni in questione dai LEA possa determinare un peggioramento dello stato di salute della popolazione, ovvero un incremento del numero dei ricoveri ospedalieri o delle ricette di medicinali, quali indicatori del ricorso a prestazioni sostitutive di quelle escluse.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
DELFINO. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 7 del decreto legislativo n. 59/04 prevede, per le classi della scuola primaria, un orario obbligatorio di 891 ore annue (27 settimanali) ed ulteriori attività ed insegnamenti «la cui scelta è facoltativa ed opzionale per gli allievi» in ragione di 99 ore annue (3 ore settimanali);
la libertà di scelta da parte della famiglia di avvalersi o meno delle attività opzionali è assolutamente garantita dalla norma;
tale facoltà è ribadita anche dalla recente circolare ministeriale n. 74/06 in materia di iscrizioni;
le libertà di scelta, nel caso di specie, si sostanzia solo ed esclusivamente in presenza di condizioni che consentano la possibilità di avvalersi, o meno, di tale facoltà;
l'autonomia scolastica, il cui regolamento è stato emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 275/99, riconosce «il pluralismo culturale» e prevede che gli interventi educativi siano, tra l'altro, «adeguati ... alla domanda delle famiglie» (articolo 1); che il piano dell'offerta formativa «sia coerente con gli obiettivi generali ed educativi»; comprenda e riconosca «le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari»; che il P.O.F. sia elaborato «tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori;
nella scuola primaria del Circolo didattico di Busca (Cuneo), a fronte di un orario, nei decorsi anni scolastici, articolato in 27 ore settimanali antimeridiane su sei giorni la settimane (tranne per la sezione a «settimana breve») e due rientri pomeridiani settimanali per le attività facoltative opzionali, il Dirigente scolastico ha comunicato alle famiglie che, dal prossimo 1 settembre, l'orario comprenderà le attività facoltative opzionali in orario mattutino con la conseguente trasposizione pomeridiana delle attività obbligatorie;
quanto sopra implica per i bambini le cui famiglie hanno optato per il solo orario obbligatorio l'ingresso a scuola, per alcuni giorni la settimane, una o più ore dopo il normale avvio delle lezioni ed uscire, sempre alcuni giorni la settimana,
una o due ore prima della normale cessazione delle lezioni mattutine, il tutto con obbligo di rientro a scuola due pomeriggi la settimana;
tale orario è stato contestato dai genitori in quanto:
a) fa venire meno la possibilità di fruire di alcuni servizi, quali, ad esempio, il trasporto alunni;
b) comporta un onere gravoso per le famiglie obbligate a portare i bambini a scuola o a prelevarli in orari di assoluta scomodità;
c) implica l'ingresso e l'uscita da scuola senza la presenza dei vigili urbani che regolano il traffico nell'orario normalmente destinato all'ingresso e all'uscita dei bimbi;
d) obbliga di fatto ai rientri pomeridiani che le famiglie optanti per il solo orario curriculare comprensibilmente non condividono;
sia pure di fronte alla protesta dei genitori il Dirigente scolastico ha ribadito la sua intenzione di procedere come sopra descritto;
in conseguenza di tale decisione, i genitori sarebbero costretti ad adattarsi all'orario delle lezioni di 30 ore settimanali, rinunciando alle scelte già effettuata per evitare gli effetti negativi sopra riscontrati -:
se non ritenga il Ministro, nel rispetto dei principi dell'autonomia scolastica, di assumere le opportune iniziative, anche per il tramite del Centro Servizi Amministrativi, volte a verificare la coerenza dell'offerta formativa rispetto al quadro normativo, in considerazione delle esigenze delle famiglie rappresentate in premessa.
(4-03021)
Risposta. - Al riguardo si fa preliminarmente presente che, in attuazione dell'articolo 7 del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, che ha introdotto nuove norme generali per le scuole del primo ciclo di istruzione, è in facoltà delle famiglie chiedere di avvalersi, in aggiunta all'orario obbligatorio delle lezioni (27 ore settimanali), di altri insegnamenti e attività opzionali offerti dalla scuola per ulteriori tre ore settimanali. Le famiglie hanno diritto, altresì, di avvalersi dell'eventuale servizio di mensa e dopo mensa organizzato dalla scuola.
La stessa norma ha altresì precisato che «Le istituzioni scolastiche definiscono le modalità di svolgimento dell'orario delle attività didattiche sulla base del piano dell'offerta formativa, delle disponibilità strutturali e dei servizi funzionanti, fatta salva comunque la qualità dell'insegnamento-apprendimento» (articolo 7, comma 8, del decreto legislativo n. 59 del 2004), ed inoltre, che «Nell'organizzazione dell'orario settimanale i criteri della programmazione delle attività educative devono rispettare una equilibrata ripartizione dell'orario quotidiano tra le attività obbligatorie e quelle opzionali facoltative» (articolo 7, comma 9, del decreto legislativo n. 59 del 2004).
Non si tratta dunque di una situazione in cui la scelta delle famiglie si esercita in una condizione di «libero mercato dell'offerta formativa», bensì di un incontro responsabile tra richiesta dell'utenza e organizzazione del servizio, che ponga al centro la qualità dell'insegnamento-apprendimento e sappia armonizzare il curricolo obbligatorio e la sua integrazione con le attività e gli insegnamenti opzionali.
Per quanto riguarda in particolare il Circolo didattico di Busca, il Dirigente scolastico ha fatto presente che l'orario per gli alunni che avevano effettuato la scelta del curricolo facoltativo opzionale e dell'orario settimanale articolato su 6 giorni, prevedeva un solo rientro pomeridiano. Ciò in accordo con il comune di Busca, per razionalizzare il servizio di trasporto, nonché per consentire alle famiglie di organizzare per i figli altre attività relative all'offerta del territorio.
Il collegio dei docenti, nella seduta del 17 gennaio 2007, ha evidenziato i limiti di tale organizzazione nelle classi dove, a fronte della quasi totalità degli allievi che aveva optato per l'orario opzionale, si era
costretti a concentrare tali attività in orario pomeridiano, relativamente alla organizzazione delle risorse umane, degli spazi, nonché ad una effettiva integrazione del curricolo obbligatorio; pertanto il medesimo collegio aveva deliberato di proporre al consiglio di circolo l'eliminazione del vincolo di effettuare le attività opzionali interamente in orario pomeridiano.
Prima della presentazione della proposta al consiglio di circolo, il dirigente scolastico aveva informato i genitori di tale eventualità, peraltro già discussa nei vari consigli di classe.
Nella seduta del 2 aprile 2007, il consiglio di circolo ha deliberato la soppressione del vincolo dell'organizzazione delle attività opzionali esclusivamente in orario pomeridiano per le classi dove una maggioranza qualificata (75 per cento) degli alunni effettuerà tale scelta, con l'impegno da parte della scuola a ricercare, in accordo con le famiglie, soluzioni idonee a garantire la migliore offerta formativa, nell'interesse degli alunni.
Indubbiamente, il dirigente scolastico del circolo didattico del comune di Busca, nella predisposizione dell'orario settimanale delle attività si è attenuto al dettato formale della norma; va osservato, tuttavia, che l'assetto orario così definito non ha considerato adeguatamente l'impatto sulla situazione degli alunni per i quali le famiglie avevano chiesto di non avvalersi degli insegnamenti e delle attività facoltative ed opzionali.
La specifica realtà del comune di Busca e dei servizi di supporto al funzionamento della scuola (trasporti degli alunni, vigilanza del traffico all'ingresso e all'uscita, mensa scolastica) non è indifferente alle modalità di organizzazione del sevizio scolastico e, conseguentemente, deve essere adattata alla particolare situazione in cui viene a concretizzarsi.
Non possono, pertanto non essere condivise le osservazioni espresse dalla interrogante circa le conseguenze negative derivanti agli allievi che si avvalgono del solo orario obbligatorio di 27 ore dall'assetto orario definito dalla scuola.
Questo ministero, pertanto, è intervenuto per il tramite del competente ufficio scolastico regionale per invitare la dirigenza scolastica del Circolo didattico di Busca ad adeguare l'orario delle attività scolastiche in modo tale da non penalizzare in alcun modo le opzioni espresse dalle famiglie.
La direzione didattica ha quindi provveduto a porre all'ordine del giorno del collegio dei docenti del 22 giugno e del Consiglio di Circolo del 25 giugno 2007 l'organizzazione dell'orario delle attività didattiche, per l'anno scolastico 2006-2007, alla luce delle indicazioni fornite da questa amministrazione, che sono state recepite dal consiglio di circolo medesimo.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
DIONISI, VIETTI, BOSI, TABACCI, DE LAURENTIIS, RUVOLO, ZINZI, PISACANE, FORMISANO, MEREU, GALLETTI e COMPAGNON. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 10 aprile scorso, un deputato appartenente al gruppo UDC, si trovava a Manchester in compagnia dei figli adolescenti e di alcuni amici per assistere all'incontro di calcio valido per i quarti di finale di Champions League tra la squadra locale e la A.S. Roma;
il deputato ed i suoi accompagnatori giungevano nei pressi dello stadio Old Trafford con anticipo rispetto all'inizio della partita, come usualmente accade in queste occasioni;
appena scesi dal taxi, a circa 200 metri dallo stadio, si verificava una vera e propria aggressione, non solo verbale ma anche fisica nel corso della quale venivano circondati, apostrofati e presi a pugni da un gruppo di teppisti inglesi, il tutto senza che nei dintorni ci fosse un solo poliziotto che vigilasse sull'area circostante l'impianto sportivo dell'Old Trafford;
proprio in quell'area, i supporters del Manchester hanno imperversato con violenza
su chiunque, identificato come italiano, si trovasse loro davanti; e lo stesso trattamento che hanno ricevuto il deputato e i suoi accompagnatori è stato riservato a molti tifosi romanisti che si sono spostati con mezzi autonomi e non a bordo degli autobus organizzati: i tifosi inglesi hanno aspettato al varco gli italiani, e indisturbati hanno agito, per gli interroganti, da veri incivili;
l'accaduto è, per gli interroganti, una vera vergogna. Fa riflettere sull'efficacia del sistema di sicurezza e sull'operato della polizia inglese, entrambi più volte decantati, in quest'ultimo periodo, nel nostro paese tanto da esser additati da qualcuno addirittura come modello da tener presente nella definizione del recente decreto approvato contro la violenza negli stadi, ed invece rivelatisi, allo stato dei fatti, assolutamente inadeguati e deficitari; è un sistema d'ordine, il loro, che secondo gli interroganti, funziona solo all'interno dello stadio e nelle zone subito a ridosso. Appena ci si allontana dallo stadio si rischia grosso, in quanto si può essere aggrediti senza che nessuno venga ad aiutare e senza che la polizia intervenga.
Se non intenda, per quanto di sua competenza e attraverso i canali diplomatici deputati, intervenire con urgenza nei modi e nelle forme più adatte, per sensibilizzare le autorità inglesi affinché tali episodi non abbiano più a ripetersi.
(4-03777)
Risposta. -L'atto parlamentare in parola si riferisce all'aggressione subita dall'onorevole Luciano Ciocchetti (UDC) e dai suoi due figli minori a Manchester, il 10 aprile scorso, nelle vicinanze dello stadio «Old Trafford», poco prima dell'inizio della partita di calcio Manchester United-Roma. Venuto a conoscenza dell'episodio solo il giorno dopo, il Consolato d'Italia a Manchester aveva subito contattato l'onorevole Ciocchetti offrendogli assistenza. Quest'ultimo aveva ringraziato e declinato l'offerta, dato che era ormai in partenza per l'Italia.
L'aggressione all'onorevole Ciocchetti va inquadrata nel più ampio contesto degli incidenti (per fortuna circoscritti) verificatisi nelle vicinanze dell'Old Trafford il 10 aprile 2007. Detti incidenti hanno avuto il loro prologo in quelli scoppiati allo Stadio Olimpico di Roma, durante la partita di andata Roma-Manchester United il 4 aprile. Come è noto, in quella occasione la Polizia italiana era intervenuta nei confronti degli hooligans (le frange estreme della tifoseria britannica) e tale intervento era stato da subito aspramente criticato dalla stampa britannica, specialmente quella cosìddetta «popolare». Sopratutto quest'ultima aveva contribuito a creare un'atmosfera decisamente surriscaldata, tanto che sia l'Ambasciata d'Italia a Londra ed il Consolato a Manchester erano stati subissati di lettere e telefonate di protesta, alcune delle quali contenenti insulti e minacce.
Era stato quindi chiaro fin dall'inizio che la partita di ritorno del 10 aprile a Manchester si presentava gravida di rischi ed i medesimi erano stati prontamente segnalati dalla nostra rappresentanza diplomatica e consolare nel Regno Unito. A seguito di tali segnalazioni, il ministero degli affari esteri aveva immediatamente fatto pubblicare sul sito «Viaggiare Sicuri», gestito con l'Automobil Club Italia (ACI), un avviso particolare in cui si raccomandava, tra l'altro, a chi intendeva assistere alla partita a Manchester di recarsi allo stadio in gruppo.
Contemporaneamente, il nostro Console, d'intesa con l'Ambasciata, era intervenuto presso il Capo della polizia di Manchester e la dirigenza del Manchester United, segnalando i gravi rischi che incombevano sulla sicurezza dei tifosi italiani e chiedendo l'adozione di misure adeguate. Tali interventi del Console non erano rimasti inascoltati. La società del Manchester United, responsabile per la sicurezza all'interno dello stadio, aveva disposto misure rafforzate all'Old Trafford, all'interno del quale in effetti non si sono registrati incidenti. La polizia di Manchester, da parte sua, aveva organizzato un servizio d'ordine, comprensivo anche di reparti a cavallo, all'esterno dell'Old Trafford, provvedendo a scortare i tifosi romanisti
nel loro trasferimento verso i settori dello stadio loro assegnati. Quest'ultima misura, in particolare, si è rivelata efficace per la protezione del cosìddetto «tifo organizzato», cioè di quei tifosi romanisti che si sono recati allo stadio in gruppo, con appositi pulman, come raccomandato dall'Unità di crisi del ministero degli esteri. Questi ultimi, infatti, non hanno subito aggressione alcuna.
La polizia di Manchester non aveva tuttavia forse adeguatamente considerato quanti si sarebbero recati allo stadio senza essere inquadrati nel «tifo organizzato» e si sarebbero diretti in settori diversi da quelli assegnati ai tifosi italiani, come la tribuna centrale. È stato proprio nelle zone antistanti l'ingresso alla tribuna centrale, debolmente protette dalla polizia, che si sono verificate alcune aggressioni da parte degli hooligans nei confronti di singoli sportivi italiani, tra cui l'onorevole Ciocchetti, che si era recato allo stadio in taxi insieme ai suoi due figli. Aveva contribuito a peggiorare la situazione anche la decisione di tenere chiusi i cancelli d'ingresso dello stadio fin quasi ad un'ora dall'inizio della partita (nel Regno Unito, i posti allo stadio sono numerati in tutti i settori e quindi normalmente l'ingresso allo stadio è consentito solo poco prima dell'inizio della partita), la qual cosa ha impedito ai tifosi italiani a rischio di aggressione di potersi rifugiare all'interno dell'Old Trafford. Si è creata perciò una situazione confusa, risolta poi dall'intervento della polizia britannica (giudicato non del tutto tempestivo da molti dei presenti ai fatti), che ha caricato gli hooligans, disperdendoli e arrestando undici di essi. La polizia ha anche arrestato sette tifosi italiani, perché trovati in possesso di armi da taglio.
Di tutto ciò è stata data notizia dal Consolato a Manchester, rimasto aperto per tutta la notte tra il 10 e l'11 aprile per assistere i connazionali che ne hanno chiesto l'aiuto. La stampa britannica è stata quasi unanime (a parte la solita stampa popolare) nel riconoscere la responsabilità dei tifosi inglesi negli incidenti.
Nei giorni successivi, d'intesa con l'Ambasciata a Londra, il Console a Manchester ha scritto al Capo della polizia di Manchester per denunciare gli episodi di aggressione contro i tifosi italiani (facendo esplicitamente menzione del fatto che di dette aggressioni era rimasto vittima anche un parlamentare italiano), e per chiedere, in vista della successiva partita Manchester Utd-Milan del 24 aprile, di adottare misure di sicurezza anche a protezione dei tifosi italiani che si sarebbero recati allo stadio non in gruppo, prevedendo altresì un'apertura anticipata dei cancelli dello stadio.
Nella lettera di risposta al nostro Console, il Capo della polizia di Manchester si è dichiarato dispiaciuto per gli incidenti occorsi il 10 aprile a «persone innocenti, come il parlamentare italiano e la sua famiglia» e ha promesso di tenere conto dei suggerimenti avanzati da parte nostra.
In effetti, per la partita del 24 aprile tra Manchester Utd e Milan, le misure di sicurezza sono state migliorate e rafforzate rispetto alla precedente occasione. In particolare, i cancelli dell'Old Trafford sono stati aperti fin dalle 17.00. Non si è verificato alcun incidente e anche la misura precauzionale di tenere il Consolato a Manchester aperto tutta la notte per assistere eventualmente i connazionali in caso di bisogno (come del resto per la precedente partita della Roma) si è rivelata fortunatamente superflua.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
FABRIS. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
la situazione del personale docente non di ruolo ha raggiunto, in Italia, condizioni di esasperazione tali da risultare ormai insostenibili, costringendo numerose persone a lavorare in modo precario per anni interminabili e senza una realistica speranza di giungere in tempi brevi, o quantomeno certi, ad una posizione lavorativa stabile;
la condizione del lavoratore precario è incompatibile sia con la legittima aspirazione,
propria di qualunque individuo, a formare una famiglia, sia con la realizzazione di altrettanti legittimi desideri, quale quello di progettare un acquisto importante come la casa, eccetera. Tale incompatibilità si palesa non solo in termini economici, ma altresì psicologici e sociali, dato lo stato di insoddisfazione e incertezza che il precariato comporta;
a questa condizione di estremo disagio, a giudizio dell'interrogante, si aggiungono non di rado episodi di vera e propria ingiustizia, o quantomeno di cattiva amministrazione, quale quello sollevato da chi, trovandosi in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla normativa vigente per ottenere un contratto dignitoso, ancorché precario, si vede scavalcare in graduatoria da soggetti mancanti di tali requisiti;
simili ingiustizie persistono nonostante l'esistenza di note ministeriali e sentenze che, ribadendo regole e principi già espressi dalla normativa vigente, impongono la loro eliminazione -:
quali provvedimenti urgenti il Governo, e in particolare il ministro interrogato, intenda adottare alla luce di quanto descritto nella presente interrogazione a favore della categoria professionale dei docenti precari;
come valuti il ministro interrogato il comportamento di quei dirigenti locali che, benché preposti all'attuazione delle proprie direttive, di fatto agiscono in totale dispregio di esse, e quali iniziative intenda assumere, per quanto di sua competenza, al fine di contrastare un simile operato.
(4-01167)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, con la quale l'interrogante chiede provvedimenti urgenti a favore del personale docente precario e formula generiche ipotesi circa il comportamento di alcuni dirigenti locali i quali non attuerebbero le direttive del ministero per il conferimento delle nomine.
In primo luogo si comunica che si condivide l'esigenza rappresentata dall'interrogante di eliminare il precariato; infatti, nell'ambito degli interventi in materia scolastica per il rilancio del sistema dell'istruzione previsti nella legge finanziaria per il 2007, al fine di dare un'adeguata soluzione al fenomeno del precariato, evitandone nel contempo la ricostituzione, si avvia un piano straordinario triennale, dal 2007 al 2009, di immissioni in ruolo di personale docente precario di centocinquanta mila unità e di ventimila unità di personale ausiliario, tecnico e amministrativo (Ata).
Attualmente sono in corso le procedure per l'assunzione a tempo indeterminato del primo contingente sia del personale docente che del personale ausiliario, tecnico e amministrativo (Ata).
Occorre precisare anche che per l'immissione in ruolo del personale precario della scuola si ricorre, oltre che al concorso ordinario, anche alle apposite graduatorie che sono periodicamente integrate ed aggiornate sulla base dei titoli presentati dagli aspiranti. Tale iter di aggiornamento è una vera e propria procedura concorsuale.
Per quanto riguarda il biennio 2007-2008 e 2008-2009, la legge finanziaria citata prevede, all'articolo 1, comma 607, che in occasione degli aggiornamenti biennali delle graduatorie permanenti, che la stessa ha trasformato in graduatorie ad esaurimento, sia ridefinita la tabella di valutazione dei titoli allegata al decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143.
Il ministero, alla luce di tali disposizioni ha provveduto con decreto ministeriale del 15 marzo 2007, n. 27 a modificare la tabella di valutazione dei titoli ed ha emanato, con decreto dirigenziale del 16 marzo 2007, disposizioni in materia di integrazione e aggiornamento delle graduatorie ora ad esaurimento.
Quanto poi alle altre situazioni rappresentate e riguardanti il conferimento di supplenze, qualora l'interrogante volesse fornire elementi più puntuali, non si mancherà di effettuare i necessari accertamenti.
Si ricorda, comunque, che ove gli interessati si ritenessero lesi nei propri diritti possono ricorrere ai diritti di autotutela previsti dalla normativa vigente.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
LONGHI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'assessorato alla salute della Regione Liguria ritiene che l'ospedale S. Carlo Di Genova-Voltri sia dedicato all'emergenza mentre il Padre Antero di Genova-Sestri all'elezione;
in contraddizione con quanto stabilito sulla carta, il Pronto soccorso dell'ospedale Padre Antero, nonostante le direttive impartite, ha accolto nel 2005 ben 22.489 accessi contro i 22.408 del S. Carlo;
questi dati dimostrano che le direttive sono sbagliate, che servono due pronto soccorsi e le unità operative ad essi collegate;
se chiudesse uno dei due pronto soccorso l'altro, non reggerebbe e se una parte degli utenti del Padre Antero migrasse verso l'ospedale di Villa Scassi di Genova Sanpierdarena, anche questo non riuscirebbe ad accogliere più utenti di quanti abbia finora recepito, con una situazione aggravata dalla chiusura dell'ospedale Celesta di Genova-Rivarolo;
l'annunciata chiusura della chirurgia generale del Padre Antero, con l'attuale chiusura delle due nuove sale operatorie per infiltrazioni d'acqua piovana dal soffitto, secondo l'interrogante, per incapacità manifesta dell'Assessorato e della direzione della AUSL n. 3 genovese a riparare un banale guasto, le trascorse chiusure di ostetricia, urologia, ortopedia indicano la chiara tendenza di privare i cittadini di Genova-Sestri e del ponente di servizi essenziali -:
se risulta vero che la Regione Liguria, dopo le elezioni amministrative della prossima primavera a Genova, intenda chiudere per 12 ore quotidiane il pronto soccorso del Padre Antero e trasferire all'ospedale S. Carlo l'Unità Terapeutica Intensiva Cardiologia e la Neurologia;
se così ridotto l'ospedale Padre Antero continuerà, a garantire i livelli essenziali di assistenza (Lea);
se non sarebbe più opportuno, per abbattere i costi della sanità, chiudere il poliambulatorio Pammatone, che è un servizio territoriale gestito da un'azienda ospedaliera, qual è l'ospedale regionale S. Martino, e per il quale si paga un fitto passivo sia per l'immobile che per i beni mobili.
(4-02010)
LONGHI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'assessore regionale della Liguria ha annunciato l'intenzione, dopo aver già soppresso il reparto di chirurgia generale dell'ospedale «Padre Antero» di Genova-Sestri, di trasferire altri reparti quali oculistica, otorinolaringoiatria, neurologia, cardiologia ed Utic e come logica conseguenza, anche il pronto soccorso che sarebbe pericoloso mantenere aperto senza la presenza di una struttura sanitaria capace di intervenire;
l'assessore motiva questa drastica cura con la necessità di far quadrare il bilancio della sanità ligure;
i dipendenti pubblici, giustamente, non vengono licenziati ma trasferiti, e quindi continuano a percepire il loro stipendio: non vi sarà quindi alcun risparmio immediato sul costo del personale;
nel contempo la Regione preferisce istituire rapporti di consulenza (ad esempio nel settore ortopedico), anziché avvalersi dei medici già dipendenti dalle strutture ospedaliere, dando l'impressione che le scelte relative, anche con riguardo alla soppressione o al trasferimento di unità semplici o complesse, siano determinate dal pensionamento o dalla disponibilità dei primari più che da scelte
razionali volte a riequilibrare le strutture sanitarie del territorio genovese -:
se trasferire unità operative complesse per acuti dall'Ospedale di Sestri non metta in discussione i livelli essenziali di assistenza;
se il Ministro intenda inviare un'ispezione ministeriale per verificare i codici applicati ai d.r.g., confrontando la media dei vari reparti pubblici e quella delle cliniche accreditate.
(4-02338)
Risposta. - Si risponde congiuntamente agli atti parlamentari in oggetto, sulla base dei dati forniti dall'assessorato alla salute della regione Liguria.
La regione Liguria sta procedendo al completamento della riorganizzazione della rete regionale di cura e assistenza, in attuazione del Piano approvato con delibera del Consiglio regionale n. 29 dell'8 agosto 2006.
Gli obiettivi perseguiti sono il miglioramento della qualità dei servizi, il rispetto dei parametri previsti dall'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, l'eliminazione della duplicazione dei servizi, la specializzazione dei presidi per pazienti acuti, il potenziamento della funzione riabilitativa e dei servizi territoriali, con particolare riferimento agli interventi domiciliari.
La strategia pianificata dalla regione mira allo sviluppo di sistemi a rete per l'erogazione dei servizi socio-sanitari, rimodulando l'offerta sanitaria in relazione ai reali bisogni della cittadinanza, al fine di abbattere le liste di attesa, intervenire sulla mobilità sanitaria e garantire la continuità dei servizi assistenziali.
Al riguardo, l'assessorato alla salute ha sottolineato che nella logica di rete «finisce per essere ridimensionato il rilievo della localizzazione della struttura operativa, venendo privilegiata l'efficienza complessiva del sistema rispetto all'efficienza della singola unità produttiva.
In particolare, la riorganizzazione delle strutture ospedaliere è indirizzata a favorire la concentrazione e la specializzazione delle singole attività, al fine di migliorarne i livelli qualitativi e quantitativi, nell'ambito del bacino territoriale di riferimento».
La delibera della Giunta regionale n. 243 del 9 marzo 2007, avente ad oggetto «Approvazione Accordo sottoscritto in data 6 marzo 2007 tra il Ministro della Salute, il Ministro dell'economia e delle finanze ed il Presidente della Regione Liguria relativo al Piano di rientro dal disavanzo e di riqualificazione e razionalizzazione del Servizio Sanitario Regionale», ha previsto la revisione delle strutture di emergenza, stabilendo che i Dipartimenti di Emergenza ed Accettazione (D.E.A.) devono essere i terminali per tutti gli interventi di emergenza-urgenza.
Da tale previsione deriva:
la necessità del potenziamento delle aree critiche delle strutture ospedaliere interessate (terapia intensiva e subintensiva, medicina d'urgenza e servizi di osservazione breve intensiva);
la disattivazione delle funzioni di Pronto Soccorso degli ospedali, che in una logica di rete, sono destinati ad effettuare attività di natura elettiva-riabilitativa e, comunque, di tipo specialistico;
la trasformazione dei punti di primo intervento in strutture di filtro di tipo ambulatoriale, preferibilmente collegate ai distretti.
L'offerta ospedaliera sarà articolata nelle seguenti strutture:
Ospedali sedi di Dipartimenti di Emergenza ed Accettazione (D.E.A.) di 2o livello, nei quali si concentreranno le attività di alta specialità con basso requisito di continuità nelle cure ed alto contenuto di tecnologia;
Ospedali sedi di D.E.A. di 1o livello e di pronto soccorso, idonei a garantire, per bacini di utenza omogenei, le funzioni di emergenza ed elettiva per pazienti acuti nelle discipline presenti;
Presidi specializzati ad indirizzo riabilitativo-multidisciplinare, ortopedico-riabilitativo, riabilitativo prevalentemente geriatrico, di cure intermedie e di day surgery;
Presidi, sedi di punti di primo intervento, ubicati in zone geograficamente disagiate dei quali alcuni, come già precisato, verranno trasformati in strutture di filtro di tipo ambulatoriale, preferibilmente collegate ai distretti.
Il suddetto piano sarà oggetto di confronto con le Conferenze dei Sindaci e con altri soggetti istituzionali.
Per il personale che risultasse in esubero a seguito di tale riorganizzazione, la regione intende attivare, d'intesa con le organizzazioni sindacali, le procedure di mobilità all'interno del comparto sanitario.
Relativamente all'istituzione di rapporti di consulenza, l'Assessorato regionale ha confermato che alcune aziende sanitarie, particolarmente interessate dal fenomeno della «mobilità passiva», hanno stipulato contratti con alcuni professionisti, i quali, per competenza ed esperienza professionale, costituiscono poli di «attrazione» per i pazienti.
La Giunta regionale, che già negli scorsi anni aveva individuato quale specifico obiettivo dei direttori generali delle aziende sanitarie il recupero delle «fughe», soprattutto per alcune specialità (ortopedia, oncologia, chirurgia cardiovascolare e toracica), con delibera n. 133 del 2007 ha assegnato per l'anno in corso alle stesse aziende risorse destinate ad uno specifico programma di investimenti, allo scopo di contrastare il fenomeno della «mobilità passiva».
In merito a quanto richiesto nell'atto parlamentare, non può non essere ricordata l'autonomia regionale nella organizzazione e gestione della rete assistenziale nell'ambito del rispettivo territorio, ulteriormente confermata con la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, di modifica del Titolo V della parte seconda della Costituzione.
Va, tuttavia, segnalato che il ministero della salute, nello svolgimento del proprio compito di governo del sistema sanitario nazionale, ha, tra l'altro, istituito il Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria (SiVeAS).
Il sistema, previsto dalla legge finanziaria 2006 e istituito con decreto ministeriale del 17 giugno 2006, ha lo scopo di coordinare le attuali attività di controllo e verifica affidate a diversi organismi ed enti, al fine di facilitare la raccolta dei dati provenienti dal sistema informativo sanitario e da altri Enti (ministero dell'economia e delle finanze, Istat, agenzia per i servizi sanitari regionali, Regioni, Asl, NAS, eccetera).
Il Siveas ha il compito, inoltre, della verifica degli indicatori, previsti dal Patto per la salute con le regioni, e finalizzati al rispetto dei parametri di qualità e di spesa delle regioni.
Ogni anno saranno definiti specifici obiettivi di verifica, su proposta del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei Lea (Comitato «misto» Governo-Regioni), ma potranno anche essere attivate verifiche ad hoc sulla base di particolari emergenze.
Tra gli ambiti di intervento del Sistema sono ricompresi:
i livelli di qualità delle prestazioni sanitarie, attraverso la verifica dei risultati di salute (ad esempio l'efficacia degli interventi chirurgici, la correttezza delle prescrizioni farmaceutiche, l'appropriatezza dei percorsi diagnostici, la qualità nelle prestazioni di riabilitazione);
i tempi di attesa per le prestazioni sanitarie urgenti;
i protocolli di sicurezza, per evitare gli errori dei medici o della struttura sanitaria nel corso di ricoveri o comunque durante le terapie;
l'erogazione dei Lea per determinati obiettivi di salute, come l'abbassamento degli indici di mortalità o morbosità.
Tali attività sono finalizzate alla verifica dei criteri di appropriatezza ed efficienza nell'erogazione dei Lea, ma potranno anche riguardare altri ambiti specifici, come i livelli minimi di sicurezza nell'assistenza (in caso di gravi inconvenienti igienico-sanitari e di assenza dei requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi), la scarsa qualità
delle prestazioni e la mancanza di equità nell'accesso ai servizi sanitari.
Si segnala, inoltre, che con decreto ministeriale 1o febbraio 2007 è stato istituito uno specifico gruppo di lavoro, con l'obiettivo di assicurare il necessario supporto operativo al sistema citato da parte del ministero della salute.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
LO PRESTI. - Al Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 7-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43 ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - ex Dipartimento della Funzione Pubblica il Fondo Speciale per il personale dipendente delle Ferrovie dello Stato, con una dotazione pari a 8 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2005-2007;
durante la scorsa legislatura, l'impegno della Commissione lavoro della Camera dei deputati ha consentito di formulare un testo unificato delle varie proposte di legge presentate da tutti i gruppi politici;
nella seduta del 21 aprile 2004 l'Aula di Montecitorio ha approvato, sostanzialmente alla unanimità con 426 voti favorevoli su 426 presenti e votanti, un provvedimento il cui spirito è sintetizzato nel già citato articolo 7-ter della legge n. 43 del 2005;
a differenza della legge n. 43 del 2005 il provvedimento approvato dalla Camera dei deputati individua le finalità ed i destinatari delle risorse in dotazione al Fondo;
nello scorso mese di ottobre, d'intesa tra il Ministero interrogato ed il Sindacato Autonomo Pensionati Or.s.a. fu definito un percorso legislativo per una chiara e sollecita definizione della anzidetta questione -:
stante l'attuale situazione di stallo, quale strumento ritenga di attuare in tempi rapidi, anche attraverso iniziative normative, al fine di consentire l'integrazione al trattamento di quiescenza del personale dipendente dalle Ferrovie dello Stato cessato dal servizio nel periodo compreso tra il 1 gennaio 1981 e il 31 dicembre 1995, secondo criteri di proporzionalità e tenendo conto dei benefici economici relativi alla progressione degli stipendi nelle vigenze dei contratti triennali ivi succedutisi.
(4-04000)
Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta guanto segue.
La questione, sollevata dall'interrogante concerne l'individuazione delle modalità e degli strumenti, anche normativi, necessari a disporre l'integrazione delle pensioni del personale delle Ferrovie dello Stato collocato a riposo nel periodo compreso tra il 1o gennaio 1981 e il 31 dicembre 1995, in modo da garantire la concreta applicazione del principio in base al quale i miglioramenti contrattuali spettano anche al personale collocato a riposo nelle more dell'approvazione del contratto ma comunque nell'arco di validità contrattuale stessa. Tale diritto è stato gradualmente introdotto nel pubblico impiego a partire dal 1983 con il decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 344, riferito ad alcune categorie di dipendenti pubblici, e riconosciuto - seppur con estremo ritardo dovuto alle vicende inerenti alla privatizzazione delle Ferrovie dello Stato - solamente ai lavoratori collocati a riposo durante la vigenza del CCNL. di lavoro 1990-1992 dei ferrovieri, così come sancito nell'articolo 96, comma 4, dello stesso CCNL.
Pertanto, già nella precedente legislatura sono stati presentati, da tutti, i gruppi politici, vari progetti di legge recanti l'istituzione di un apposito Fondo, con una dotazione finanziaria, per ciascuno degli anni del triennio 2005-2007, pari ad otto
milioni di euro, da destinare all'integrazione del trattamento di quiescenza del personale in questione. Tali proposte di legge sono state unificate in unico testo, che, come ricordato anche dall'Onorevole interrogante, è stato approvato all'unanimità dall'Aula della Camera, a dimostrazione della condivisione, da parte di tutte le forze politiche, della necessità di porre fine ad un'ingiusta discriminazione a danno del personale collocato a riposo nel periodo sopracitato.
Successivamente, l'articolo 7-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 45, ha previsto l'istituzione, a decorrere dal 2005, presso il dipartimento della funzione pubblica, del «Fondo per il personale delle Ferrovie dello Stato», con una, identica dotazione finanziaria.
Tuttavia, nella formulazione del citato articolo 7-ter non compare la specifica destinazione del Fondo ai dipendenti in quiescenza delle Ferrovie dello Stato; pertanto, la lacunosità della norma vigente non consente tecnicamente di destinare, immediatamente, le risorse al fine auspicato dall'Onorevole interrogante.
A tal fine, il Dipartimento della funzione pubblica, anche all'esito di incontri con i rappresentanti del Sindacato S.A.Pens. - OR.S.A., che rivendicavano l'utilizzo delle risorse del Fondo per i fini predetti, ha, predisposto un emendamento al disegno di legge finanziaria per il 2007; la disposizione prevedeva che le risorse già stanziate affluissero ad un Fondo speciale, istituito presso l'INPS presso cui è incardinata la gestione previdenziale del personale delle Ferrovie dello Stato, con l'espressa finalizzazione dello stesso nel senso auspicato dall'interrogante. La proposta normativa, però, non ha avuto corso.
Si evidenzia altresì che, al fine di pervenire ad un chiarimento interpretativo della normativa citata, lo stesso dipartimento della funzione pubblica, con nota del 23 gennaio 2007, ha chiesto l'avviso del mistero del lavoro e dello stesso Inps.
Nel condividere la necessità di porre fine ad un'ingiusta disparità di trattamento a danno dei pensionati delle Ferrovie dello Stato, e al fine di superare le difficoltà tecniche ad utilizzare le risorse stanziate dall'articolo 7-ter del citato decreto-legge per realizzare quanto auspicato dall'interrogante, il Governo intende riproporre, al più presto, una norma integrativa della suddetta disposizione in un disegno di legge già all'esame del Parlamento ovvero, ove ciò non sia possibile, inserirla nel disegno di legge finanziaria per il 2008, di prossima predisposizione, anche al fine di evitare il mancato utilizzo dello stanziamento.
Il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione: Luigi Nicolais.
LUCCHESE. - Al Ministro della difesa. - Per sapere:
quali siano i motivi per cui abbia disposto la riduzione delle forniture d'acqua destinate alle isole degli arcipelaghi siciliani, assetando turisti ed abitanti;
se questa scelta sia dovuta ad un movente politico, cioè punire la Sicilia ed i suoi abitanti e turisti per avere eletto alla Regione un Governo di centro-destra;
se il Ministro interrogato non ritenga di ritirare subito il suo provvedimento e di ripristinare immediatamente i precedenti livelli delle forniture d'acqua agli arcipelaghi siciliani.
(4-00421)
Risposta. - La questione del fabbisogno idrico delle isole minori della Sicilia sollevata con l'interrogazione in discussione, è stata, nel corso degli anni, particolarmente sentita dall'amministrazione, la cui attività, in termini di risorse finanziarie impiegate ed impegno di personale e mezzi della difesa, è risultata costante ed intensa, nell'ottica di poter soddisfare le aspettative della popolazione interessata.
La difesa, infatti, è pienamente consapevole che il soddisfacimento di tale esigenza costituisce per queste aree non soltanto una garanzia di una migliore qualità di vita, ma anche presupposto importante per lo sviluppo economico della Regione Sicilia, in termini di mantenimento dei livelli occupazionali e per un buon funzionamento del comparto turistico.
A questo riguardo, la legge 21 dicembre 1978 n. 861 assegna alla difesa la competenza in materia di rifornimento idrico delle isole minori. In particolare l'articolo 4 di tale legge, prevede espressamente che «il Ministero della Difesa, sentite le regioni interessate, predispone e coordina il piano annuale di provvista dell'acqua e di rifornimento idrico a favore delle isole minori, armonizzando le esigenze con le disponibilità dei mezzi della Marina Militare».
Ciò premesso, per quanto riguarda la problematica dell'approvvigionamento e del trasporto dell'acqua per le isole minori della Sicilia, si da assicurazione che anche quest'anno, per l'intero fabbisogno idrico, la difesa farà fronte agli impegni assegnati.
L'amministrazione ha posto in essere le opportune azioni allo scopo di ottenere finanziamenti integrativi del corrente esercizio finanziario.
In esito a tali iniziative il Ministro della difesa ha recentemente ricevuto assicurazioni dal Governo sulla copertura finanziaria straordinaria necessaria a garantire il prosieguo del rifornimento idrico delle isole minori siciliane, scongiurando il paventato rischio di interruzione della fornitura nel cuore della stagione estiva.
In tale alveo si inserisce, altresì, il positivo riavvio delle azioni legislative volte a rendere la Regione Siciliana, al pari di tutte le altre, finalmente autonoma nella gestione della problematica e responsabile di tale vitale strumento di pianificazione territoriale.
In conclusione, l'amministrazione, anche in questa circostanza per una questione di notevole e indubbia rilevanza quale quella del rifornimento idrico, ha dato dimostrazione dell'attenzione e della sensibilità che, da sempre, riserva al settore degli interventi a favore della comunità.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro per le politiche per la famiglia, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la richiesta di detrazioni d'imposta di cui agli articoli 12 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917/86 è prevista, oltre che per motivi inerenti al reddito, anche per questioni legate a «carichi di famiglia»; questi ultimi si individuerebbero per le tipologie di famiglia con il «coniuge a carico non legalmente ed effettivamente separato», con figli (secondo il loro numero, la loro età, e il loro essere portatori o meno di handicap), e con familiari a carico in mancanza del coniuge. Non è considerato invece il caso in cui il coniuge sia disabile con un handicap grave;
la Corte costituzionale nella sentenza dell'8 giugno 2005, n. 233, ha giudicato illegittimo l'articolo 42, comma 5 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità), per la parte in cui non contemplava il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con soggetto portatore di handicap grave a fruire del congedo straordinario retribuito, nell'ipotesi in cui gli stessi genitori fossero impossibilitati a provvedere all'assistenza del figlio handicappato perché inabili. È stato così ritenuto incostituzionale non prevedere l'estensione del diritto al congedo parentale per quei lavoratori conviventi con fratelli o sorelle gravemente handicappati;
non è considerata anche in questo caso, l'ipotesi di estendere il congedo per il coniuge disabile con handicap grave -:
se non ritenga opportuno valutare l'ipotesi di assumere iniziative normative volte ad estendere il diritto per la detrazione d'imposta e per il congedo parentale anche per quei contesti familiari che soffrono della presenza di un coniuge con handicap grave.
(4-03031)
Risposta. - Ai sensi dell'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, possono essere considerati familiari fiscalmente a carico:
il coniuge non legalmente ed effettivamente separato e i figli nel rispetto di una sola condizione, ossia che non possiedano un reddito complessivo superiore a 2.840,51 euro;
i familiari di cui all'articolo 433 del codice civile (tra cui il coniuge legalmente ed effettivamente separato) nel rispetto di due condizioni: 1) possedere un reddito complessivo non superiore a 2.850,51 euro; 2) essere conviventi con il contribuente o percepire da esso assegni alimentari non disposti dall'autorità giudiziaria.
Al ricorrere delle condizioni dianzi illustrate, il contribuente ha diritto, ai sensi del citato articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, a detrazioni di ammontare decrescente al crescere del reddito complessivo che sono differenziate a seconda che si tratti del coniuge, di figli, e in tale ambito di figli di età inferiore a tre anni, ovvero di figli di portatori di handicap, ed infine degli altri familiari di cui all'articolo 433 del codice civile.
Nella particolare circostanza, poi, in cui manchi il coniuge (intendendosi per tale la vera e propria assenza fisica, o perché il genitore non ha riconosciuto il figlio, ovvero perché è deceduto) il legislatore prevede un trattamento di favore accordando al figlio, e non anche agli altri familiari, la detrazione spettante al coniuge se più favorevole. Peraltro, la detrazione spettante in caso di altri familiari a carico (diversi dai figli e dal coniuge non legalmente ed effettivamente separato) spetta indipendentemente dalla predetta circostanza di assenza del coniuge anche se pur sempre al ricorrere delle condizioni sopra illustrate. .
Si richiama, inoltre, l'attenzione sulla circostanza che nell'ambito del testo unico delle imposte sui redditi sono riconosciute particolari agevolazioni nell'ipotesi in cui i familiari siano anche portatori di handicap ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Il riferimento è alla deduzione delle spese mediche e di assistenza specifica in misura pari al loro ammontare, sostenute dai predetti soggetti nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione ovvero, sostenute nel loro interesse, anche ai familiari (articolo 10, comma 1, lettera b) del testo unico delle imposte sui redditi). In tal caso è sufficiente che il soggetto portatore di handicap sia semplicemente un familiare ai sensi dell'articolo 433 del codice civile, non essendo richiesto l'ulteriore requisito dell'essere fiscalmente a carico del contribuente che intende beneficiare della deduzione.
Infine, sulle spese per i mezzi necessari all'accompagnamento, alla deambulazione, alla locomozione (nell'ambito di tali mezzi rientrano anche gli autoveicoli e i motoveicoli nonché i cani guida), al sollevamento e per i sussidi tecnici ed informatici
rivolti a facilitare l'autosufficienza e le possibilità di integrazione dei predetti soggetti l'articolo 15, comma 1, lettera e) del testo unico delle imposte sui redditi riconosce la detrazione del 19 per cento sull'intero ammontare della spesa sostenuta dal soggetto portatore di handicap ovvero dal familiare cui quest'ultimo è fiscalmente a carico.
Stante quanto premesso, si evidenzia che la previsione di detrazioni differenziate nel caso in cui il coniuge fiscalmente a carico sia anche disabile con handicap grave rientra nell'ambito di valutazioni non solo politiche ma anche, e soprattutto, di natura economico - finanziaria per quanto attiene ai profili di compatibilità di spesa.
Diversamente, per quanto concerne la richiesta di valutare l'opportunità di iniziative legislative volte ad estendere il congedo straordinario retribuito anche a quei contesti familiari che soffrono della presenza di un coniuge con handicap grave.
Il congedo straordinario retribuito, cui si fa riferimento nell'interrogazione, è il congedo di due anni previsto dall'articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
Si tratta di un istituto speciale, voluto dal legislatore nell'ambito delle misure in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, in deroga alla disciplina preesistente che prevedeva - e tutt'ora prevede - la possibilità di usufruire di tale congedo di due anni per gravi e documentati motivi familiari ma senza retribuzione.
In proposito, si fa presente che l'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi della città) disciplina l'istituto dei «congedi per eventi e cause particolari».
In particolare, il comma 2, della norma citata, prevede che i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni, con la precisazione che durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro ma non ha diritto alla retribuzione, né il periodo di congedo è computato nell'anzianità di servizio o ai fini previdenziali.
Successivamente, l'articolo 80, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, aggiunge all'articolo 4 citato il comma 4-bis, con cui si riconosce alla lavoratrice madre o, in alternativa, al lavoratore padre o, dopo la loro scomparsa, a uno dei fratelli o sorelle conviventi, la possibilità di fruire - per l'assistenza del figlio in situazione di disabilità grave - del congedo di due anni, previsto per gravi motivi familiari, con diritto a percepire una indennità corrispondente all'ultima retribuzione e alla copertura contributiva figurativa.
Infine, il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53) ha abrogato il comma 4-bis, ed ha recepito l'istituto collocandone la disciplina al comma 5 dell'articolo 42, rubricato "Riposi e permessi per i figli con handicap grave».
La Corte costituzionale, ha avuto modo di occuparsi dell'istituto, come sopra delineato a seguito delle richiamate vicende normative, in due occasioni.
La prima, con la sentenza 16 giugno 2005, n. 233, in cui ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nella parte in cui non prevedeva «il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con soggetto con handicap in situazioni di gravità a fruire del congedo ivi indicato, nell'ipotesi in cui i genitori, siano impossibilitati a provvedere all'assistenza del figlio handicappato perché totalmente inabili».
La seconda, recentemente, con la sentenza 8 maggio 2007, n. 158, in cui si è dichiarata la illegittimità costituzionale dell'articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nella parte in cui non prevede «in via prioritaria rispetto agli altri congiunti indicati dalla norma, anche per il coniuge convivente con soggetto con handicap in situazione di gravità, il diritto a fruire del congedo ivi indicato».
Stante quanto sopra evidenziato, è già oggi possibile per il coniuge convivente con soggetto con handicap in situazione di gravità, usufruire del congedo straordinario ai sensi dell'articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. L'eventuale iniziativa normativa volta ad estendere la fruizione di tale congedo straordinario a soggetti diversi da quelli contemplati dalla norma citata, non può non tener conto di quanto stabilito dalla Corte costituzionale in materia.
Il Ministro per le politiche per la famiglia: Rosy Bindi.
ANTONIO PEPE. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
diverse organizzazioni sindacali, hanno rappresentato il disagio dei docenti precari di strumento musicale per i quali, in riferimento alla classe di concorso A077, non sono stati definiti i titoli d'accesso e pertanto non si sono mai avviate regolari procedure di abilitazione;
per i predetti docenti le uniche opportunità di rendere strutturale il proprio rapporto di lavoro sono state conseguenti a provvedimenti legislativi che, a sanatoria, hanno individuato specifiche categorie di aventi titolo a partecipare a concorsi abilitanti speciali;
la legge finanziaria 2007, all'articolo 1, comma 605, lettera c) prevede al 2 maggio 2005 il termine per dichiarare il possesso dell'abilitazione in Educazione musicale, unito alla inclusione negli elenchi prioritari compilati ai sensi del decreto ministeriale 13 febbraio 1996, come requisiti per l'accesso nel secondo scaglione delle graduatorie permanenti di Strumento Musicale nella Scuola media di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 333 del 20 agosto 2001;
la data del 2 maggio 2005 lascia fuori diversi aventi titolo, alcuni dei quali si erano già inseriti con riserva nelle graduatorie permanenti biennali di Educazione musicale e che, per motivi riferibili ai conservatori non hanno conseguito l'abilitazione entro la data di cui sopra ma solo successivamente, perciò rimarranno definitivamente esclusi dalla possibilità di avere accesso alle graduatorie permanenti non per colpa propria -:
quali misure urgenti intenda adottare per evitare situazioni di grave sperequazione ai danni di diversi docenti e se non ritenga, al fine di far fronte alla situazione di grave disagio sopra descritta, di proporre urgentemente al Parlamento la modifica legislativa del termine del 2 maggio 2005, eventualmente da far slittare di alcuni mesi, quale data ultima per dimostrare il possesso del titolo di abilitazione in Strumento Musicale nella Scuola Media.
(4-02984)
Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, con la quale l'interrogante a tutela di docenti precari, chiede la modifica legislativa del termine del 2 maggio 2005, previsto dalla legge finanziaria per il 2007, articolo 1, comma 605, lettera c), entro cui conseguire utilmente l'abilitazione in Educazione musicale che unitamente alla inclusione negli elenchi prioritari di cui al decreto ministeriale 13 febbraio 1996 dà accesso alla graduatoria ad esaurimento (già permanente) di strumento musicale nella scuola media.
Il termine citato del 2 maggio 2005 riguardava la scadenza per la presentazione delle domande di integrazione e aggiornamento delle graduatorie permanenti per il biennio scolastico 2005/2007.
Al riguardo si precisa che la questione segnalata può essere considerata superata alla luce dei provvedimenti e dei chiarimenti ministeriali intervenuti in materia.
Infatti, il relativo decreto attuativo (D.D.G. 31 marzo 2005) aveva previsto, in applicazione della normativa vigente, che fossero iscritti con riserva in graduatoria anche coloro che stavano completando il corso abilitante, purchè il relativo titolo venisse conseguito entro la data fissata dal Ministero.
Il nuovo termine è stato inizialmente fissato, con decreto ministeriale 52 del 2005, al 30 giugno 2005 e poi prorogato al 31 ottobre 2005 dal decreto ministeriale 35 del 2006.
Il 26 aprile 2006; infine, è stato precisato che il termine del 31 ottobre 2005, per la sua natura ordinatoria, poteva essere differito alla data di conclusione delle sessioni straordinarie di esame relative all'anno accademico 2004/2005, stabilita dalle singole Università nella loro autonomia organizzativa.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
FERDINANDO BENITO PIGNATARO e LAGANA' FORTUGNO. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
da qualche tempo nell'ambiente calabrese di Poste Italiane si registra una forte preoccupazione per l'annunciata riorganizzazione delle strutture territoriali oggi operative, cui farebbe seguito la chiusura della cosiddetta Filiale di Locri, sorta nel 1999 in un importante centro urbano non sede di capoluogo di provincia ed ormai consolidata nel rispettivo territorio;
la nascita di tale struttura ha consentito un miglioramento significativo nella gestione degli Uffici Postali, creando sinergie positive che hanno condotto a risultati commerciali più che lusinghieri, attraverso il presidio costante e diretto del territorio, ridando dignità a centinaia di lavoratori e migliorando anche le relazioni con la clientela e quindi la qualità dei servizi offerti;
la Filiale di Locri comprende territorialmente i 58 comuni della fascia ionica da Melito Porto Salvo a Monasterace M.na, nonchè attraverso il passo della Limina, alcuni Comuni della cosiddetta Piana di Gioia Tauro;
comprende ben 84 uffici postali dislocati su un territorio vasto e logisticamente debole per la mancanza di una rete infrastrutturale adeguata, da tempo opera in condizioni di estremo disagio a causa dell'assenza prolungata di un Dirigente, con le inevitabili ripercussioni sulla gestione delle risorse che lamentano la mancanza di un riferimento autorevole e motivante;
l'attuale modello organizzativo si inserisce nel complessivo quadro nazionale, che considera il decentramento funzionale per incidere positivamente sulle diverse realtà territoriali, fornendo risposte tempestive ed efficaci, che tengano conto delle peculiarità che ogni territorio deve affrontare;
la riorganizzazione dei servizi e la razionalizzazione delle risorse non può ignorare le diversità e le esigenze dei singoli territori e, soprattutto, non può emarginare ulteriormente il territorio calabrese, già penalizzato da problemi socio economici, logistici e di viabilità purtroppo assolutamente peculiari;
l'eventuale ritorno alle origini (cioè con l'accorpamento della Filiale di Locri a Reggio Calabria), riprodurrebbe l'incredibile situazione di comuni posti a 170 Km dal capoluogo reggino, con una percorrenza di quasi tre ore per raggiungere la sede della filiale;
a quanto risulta agli interroganti, da circa due anni nella filiale si assiste ad un progressivo depauperamento di risorse e di investimenti, una lenta ma costante esautorazione di funzioni che mortificano il personale e inducono a comportamenti di disaffezione e insofferenza;
non esiste a livello nazionale alcun progetto riorganizzativo generale che preveda la chiusura di strutture, non sedi di capoluogo di provincia, come quella di Locri;
sulla Locride si è concentrata l'attenzione dei massimi vertici politicoistituzionali che hanno assunto impegni per lo sviluppo e la rinascita di questo martoriato territorio, rafforzando la presenza dello Stato nei vari settori economici e
sociali, accogliendo così le legittime istanze che dallo stesso comprensorio provengono -:
quali azioni, secondo le proprie prerogative, intenda intraprendere il Ministro per dare assicurazioni ai cittadini calabresi e confermare le attuali strutture territoriali che hanno finora garantito una efficace azione di sviluppo dei servizi offerti da Poste Italiane, nel pieno rispetto della logica di decentramento operativo e del rapporto privilegiato che soprattutto l'attuale gestione ha inteso assegnare agli accordi di servizio, nella consapevolezza che si tratta di problematiche di cui non è possibile ignorare le ricadute sul piano economico e sociale.
(4-01901)
Risposta. -Al riguardo si ritiene opportuno rammentare che le strategie organizzativo-gestionali della Società Poste italiane spettano agli organi statutari della società medesima, la quale individua il tipo ed il numero delle risorse ritenuti necessari a garantire il rispetto degli obblighi connessi alla fornitura del servizio universale: dislocazione degli uffici, numero degli sportelli, modalità tecniche considerate idonee a soddisfare le richieste di servizio da parte dell'utenza.
Il Ministro delle comunicazioni è legato alla società Poste da un contratto di programma che assicura al ministero stesso - quale Autorità di regolamentazione del settore postale - una potestà di vigilanza per verificare il corretto espletamento del servizio universale, ma non consente al Governo di intervenire nella gestione dell'azienda.
In tale contesto le eventuali iniziative di razionalizzazione adottate da Poste italiane al fine di ridurre i costi di gestione riconducibili ed inefficienze organizzative della propria rete, devono rimanere entro l'ambito di logiche imprenditoriali che salvaguardino l'espletamento dei servizi ed un livello di applicazione e di affidabilità adeguati.
Tutto ciò premesso in linea generale, per quanto riguarda la specifica «situazione della filiale di Locri, di cui è cenno nell'atto parlamentare in esame, si fa presente che la società Poste, interessata al riguardo, ha precisato che i timori espressi in merito ai paventati interventi di natura organizzativa nell'ambito della filiale in parola sono infondati, in quanto la società non ha in programma - né tantomeno sono in corso di valutazione - stime operative sull'opportunità di prevedere il superamento dell'attuale struttura.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
PISICCHIO. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati più recenti (fonti MIUR e i sindacati confederali) vi sono in Italia 150.000 docenti precari in ogni ordine e grado, utilizzati ogni anno nella scuola;
il 50 per cento di questi (circa 70.000) ha superato concorsi pubblici per titoli ed esami per i quali non ci sono posti disponibili;
l'altro 50 per cento ha conseguito l'abilitazione attraverso i corsi SSIS (scuole di specializzazioni universitarie);
per quanto attiene i primi, molta parte di questi (circa l'80 per cento = 55.000) ha conseguito addirittura un numero molteplice di abilitazioni in più classi di concorso o materie;
un'ulteriore percentuale (circa 15-20 mila) è rappresentata invece dai cosiddetti precari storici i quali lavorano ogni anno dal 1 settembre al 30 giugno con nomina dell'ex Provveditorato (ora C.S.A: Centro servizi Amministrativi). Durante i mesi estivi percepiscono l'indennità di disoccupazione: di conseguenza ai fini dei costi per il pubblico erario è come se fossero «in ruolo». Quindi è evidente che questo importante numero di docenti sia necessario (al pari del personale non docente nelle medesime situazioni) per il funzionamento della scuola. In parole povere questi insegnanti non sostituiscono nessuno
perché i posti da loro occupati di anno in anno sono vacanti;
a seguito di alcuni interventi di normazione promossi dai governi di entrambe le coalizioni si era provveduto ad istituire presso le università corsi a pagamento (dai 1.500 ai 2.500 euro) per consentire il conseguimento dell'abilitazione in 2 anni. Per favorire le iscrizioni a tali corsi, fu deciso di attribuire agli abilitati un punteggio doppio rispetto a quello attribuito ai precari «storici». A giudizio dell'interrogante, il risultato di questo sistema è un macroscopico paradosso: i precari antichi (molti nella fascia 40-50 anni) venivano superati da giovani appena abilitati e si vedevano costretti a perdere posizioni nelle graduatorie permanenti;
furono, oltretutto, istituite alcune «fasce» (1, 2 e 3) in cui i precari venivano inseriti e lì vi rimanevano con una sorta di priorità -:
se il ministro non ritenga di intervenire per porre rimedio alla allarmante condizione di precarietà attraverso iniziative normative che prevedano l'immissione in ruolo di coloro che da almeno 3 anni vengono continuativamente nominati per tutto l'anno scolastico, il blocco dei trasferimenti per almeno 3 anni, e il mantenimento delle attuali graduatorie per i prossimi 3 anni senza ulteriori aggiornamenti.
(4-01790)
Risposta. - La legge finanziaria 2007 ha predisposto le condizioni per offrire un'adeguata soluzione al fenomeno del «precariato storico» con lo scopo, da un lato di evitarne la ricostituzione e dall'altro di stabilizzare e rendere più funzionale l'organizzazione scolastica, nonché di attivare azioni tese ad abbassare l'età media del personale docente.
È prevista, infatti, l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente per complessive 150.000 unità, da attuarsi nel triennio compreso tra il 2007 ed il 2009 e, contestualmente, la trasformazione, con effetto dal 1o gennaio 2007, delle graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento.
Analogo piano di assunzioni a tempo indeterminato è previsto per il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA), per complessive 20.000 unità.
Al fine di dare attuazione al predetto piano di assunzioni a decorrere dal 1o settembre 2007 saranno assunti con contratti a tempo indeterminato i primi 50.000 docenti e 10.000 ATA.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
PORETTI, BELTRANDI, CAPEZZONE, D'ELIA, MELLANO e TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la Costituzione della Repubblica italiana all'articolo 123 prevede il diritto dei cittadini: «di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della regione»;
tale norma costituzionale è recepita dallo Statuto della Regione Umbria all'articolo 22: «La Regione riconosce il referendum quale istituto di democrazia partecipativa e ne favorisce l'utilizzazione»;
il 14 settembre 2004 un comitato di cittadini umbri ha depositato un quesito referendario regionale per l'abrogazione dell'articolo 1 della legge regionale n. 15/72, avente per oggetto: «Indennità ai Consiglieri regionali», corredato delle necessarie firme tutte debitamente autenticate;
il 27 gennaio 2005 con decreto n. 12 la Presidente della giunta regionale dell'Umbria, Maria Rita Lorenzetti, ha convocato i comizi elettorali referendari per il 5 giugno 2005, poi sospesi dalla stessa il 30 marzo 2005 con delibera n. 605 della giunta regionale, per concomitanza con le elezioni regionali;
l'11 ottobre 2005 con decreto n. 270 la Presidente Lorenzetti ha nuovamente convocato i comizi elettorali referendari per l'11 giugno 2006, poi sospesi con
decreto del 7 aprile 2006 dal Presidente della Corte d'Appello di Perugia, per concomitanza con le elezioni parlamentari;
il 13 dicembre 2006 con decreto n. 229 la Presidente Maria Rita Lorenzetti ha riconvocato i comizi elettorali referendari per il 10 giugno 2007. Esistono forti timori che il referendum venga rinviato nuovamente per concomitanza con le elezioni comunali di Deruta e Todi, così da impedire ancora una volta ai cittadini umbri l'esercizio democratico dei loro diritti costituzionali;
il mancato svolgimento di referendum popolari regionali in Umbria si è verificato già in altre occasioni: nel 1990 il referendum contro le centrali a carbone per successivi rinvii fino alla modifica del Piano energetico regionale), in tempi più recenti il referendum per l'abrogazione dei Consorzi di bonifica (per successivi rinvii fino alla modifica dello statuto regionale che al comma 2 dell'articolo 24 esclude dalle possibili richieste referendarie le leggi di governo del territorio), nonché quello recentissimo sullo statuto regionale (per impossibilità del Comitato referendario di raccogliere firme su moduli dichiarati inammissibili dal Consiglio di Stato ma mai rettificati dagli uffici regionali competenti);
tali continui rinvii siano motivati da un'errata interpretazione del comma 2 dell'articolo 9 della legge regionale n. 22 del 4 luglio 1997, laddove afferma «il referendum già indetto si intende automaticamente sospeso all'atto della pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali per lo svolgimento di elezioni politiche, nazionali o amministrative nel primo semestre dell'anno». Infatti risulta evidente come lo spirito e la lettera della legge intendono elezioni nazionali, politiche o amministrative (generali), interessanti cioè l'intero collegio regionale; non è evidentemente pensabile il rinvio di un referendum regionale per elezioni parziali su di un unico collegio o su un solo o comunque solo alcuni comuni della regione Umbria;
come soprattutto alla luce dell'articolo 22 dello statuto: «La Regione ... ne favorisce l'utilizzazione» è d'obbligo un'interpretazione favorevole allo svolgimento referendario, o quanto meno l'utilizzo da parte della Presidente Lorenzetti degli strumenti forniti dal comma 5 dell'articolo 9 della legge regionale 22/97: «Nell'ipotesi di sospensione del referendum già indetto ... il Presidente della giunta regionale ... può fissare la nuova data di convocazione in una domenica compresa tra il 1 ottobre ed il 15 novembre dello stesso anno»;
come invece, l'interpretazione restrittiva della Presidente Lorenzetti e dello stesso Presidente della Corte d'Appello di Perugia, rende nei fatti impossibile l'attuazione del disposto costituzionale e soprattutto dell'articolo 22 dello statuto e come la loro ostinazione a non «favorire l'utilizzazione» dello strumento referendario, viola sia lo spirito, che la lettera della Costituzione, dello statuto e della legge regionale. È evidente infatti come ogni anno vi è in Umbria come in qualunque altra regione italiana una qualche elezione parziale: comunale od altro -:
se non intenda adottare iniziative normative di rango costituzionale per chiarire i requisiti minimi ai quali deve conformarsi l'autonomia statutaria e normativa delle regioni nel disciplinare l'esercizio del referendum regionale, a garanzia di un diritto politico fondamentale dei cittadini.
(4-02713)
Risposta. - L'articolo 123 della Costituzione - con una formulazione normativa non mutata dalla revisione operata con l'articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 - rimette all'autonomia statutaria regionale la regolazione dell'esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione.
Il vigente statuto regionale dell'Umbria, di cui alla legge regionale n. 21 del 16 aprile 2005, reca nell'articolo 24 la disciplina fondamentale del referendum abrogativo in ambito regionale - precisandone l'oggetto, i presupposti ed i limiti temporali
per la richiesta, gli atti che ne sono esclusi, il diritto di partecipazione, il quorum strutturale e quello funzionale, gli effetti della consultazione referendaria - e rinvia per il resto alla legge regionale, disponendo che questa «determina le modalità di attuazione del referendum abrogativo, disciplinando il procedimento per la verifica della regolarità e dell'ammissibilità delle richieste di referendum e ne garantisce l'imparzialità». Tale sistema di regolazione, come per altre regioni, è dunque strutturato in modo analogo a quello che attiene al referendum abrogativo degli atti legislativi statali, per il quale alla disciplina fondamentale contenuta nell'articolo 75 della Costituzione si accompagna la normazione puntuale a livello di legislazione ordinaria ed in particolare quella di cui alla legge 25 maggio 1970, n. 352.
Il tema dell'interrogazione concerne il mancato svolgimento di un referendum per l'abrogazione di una disposizione della legge regionale n. 15/1972, avente ad oggetto "Indennità ai consiglieri regionali", non effettuato a causa della ripetuta sospensione della convocazione dei comizi elettorali referendari in relazione a concomitanti consultazioni elettorali. Analogamente, segnalano gli interroganti, si è verificato in passato nella Regione il mancato svolgimento di altre consultazioni referendarie, per effetto di numerosi rinvii e del sopravvenuto mutamento del quadro legislativo o statutario di riferimento ovvero per altre cause, pur sempre riconducibili all'amministrazione regionale.
Risulta, peraltro, che, successivamente alla presentazione dell'interrogazione, è stata approvata e promulgata la legge regionale n. 17 del 2007, con cui è stata abrogata la legge regionale oggetto del referendum ed introdotta una nuova disciplina della materia, e con deliberazione in data 19 giugno 2007 il Consiglio regionale, in relazione a tale mutamento del quadro legislativo, ha disposto che le operazioni referendarie non abbiano più corso.
La legge regionale attualmente vigente in materia di referendum è la n. 22 del 4 luglio 1997, risalente ad epoca antecedente all'adozione del nuovo statuto regionale. Quest'ultimo, peraltro, non contiene in materia referendaria una disciplina divergente da quella del precedente statuto, dal quale si differenzia, essenzialmente, soltanto per un più ampio catalogo di atti legislativi sottratti all'intervento referendario e per un'estensione del limite temporale, successivo all'elezione del nuovo consiglio regionale, all'interno del quale non è ammessa la presentazione di richieste referendarie.
Dallo stesso tenore testuale dell'interrogazione emerge che il nodo problematico viene ravvisato non nella formulazione delle disposizioni dello statuto regionale o della legge regionale sopra citata, ma nell'interpretazione che ne è stata data - e che si paventa possa essere ulteriormente confermata - in sede politico-istituzionale e giurisdizionale. In particolare, gli interroganti contestano un'errata interpretazione del comma 2 dell'articolo 9 della predetta legge regionale n. 22 del 1997, secondo il quale «Il referendum già indetto si intende automaticamente sospeso all'atto della pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali per lo svolgimento di elezioni politiche, nazionali o amministrative nel primo semestre dell'anno». Tale norma dovrebbe considerarsi operante soltanto nei casi di concomitanza del referendum con consultazioni elettorali di carattere generale, vale a dire riguardanti l'intero collegio regionale, e non anche, come invece ritenuto dal Presidente della Regione e dal Presidente della Corte di Appello di Perugia, nei casi di concomitanza con elezioni che interessano un solo comune o solo alcuni comuni della Regione.
L'auspicio di un intervento normativo di rango costituzionale, con il quale l'interrogazione si chiude, viene dunque formulato al fine di «chiarire i requisiti minimi ai quali deve conformarsi l'autonomia statutaria e normativa delle regioni nel disciplinare l'esercizio del referendum regionale, a garanzia di un diritto politico fondamentale dei cittadini».
Deve osservarsi, al riguardo, che un'integrazione dell'articolo 123 della Costituzione o, comunque, una disposizione di rango costituzionale idonea a conformare l'autonomia statutaria e legislativa regionale
nel senso auspicato nell'interrogazione dovrebbe assumere un grado di dettaglio che comprimerebbe profondamente, sino ad annullarli, tali profili di autonomia, ponendosi in contraddizione con la restante disciplina del medesimo articolo 123 della Costituzione e con la sua ratio complessiva. Un simile intervento risulterebbe, inoltre, incoerente rispetto alla disciplina del referendum abrogativo di leggi statali, che a livello costituzionale, come già ricordato, è limitata ai tratti fondamentali, riguardanti l'oggetto, i presupposti della richiesta, gli atti legislativi esclusi, il diritto di partecipazione ed i quorum.
Le criticità segnalate nell'interrogazione attengono, in realtà, all'esercizio in concreto dell'autonomia statutaria e legislativa regionale e non alla sua determinazione in via astratta, che sola può essere oggetto di normazione costituzionale. Esse, inoltre, esprimono una censura che appare prevalentemente di ordine politico-istituzionale, più che giuridico-costituzionale, ed in ogni caso investono un limite interno alla discrezionalità normativa, immanente ad essa a prescindere da uno specifico enunciato costituzionale: il principio di ragionevolezza, chiamato ad operare in modo particolarmente incisivo proprio là dove, come nei casi oggetto dell'interrogazione, le scelte legislative e le opzioni interpretative debbono contemperare valori ed interessi contrapposti.
Può osservarsi, da ultimo, che per ovviare alle problematiche rappresentate nell'interrogazione appare sufficiente un'iniziativa legislativa regionale, che eventualmente modifichi quei disposti della legge regionale n. 22 del 1997 che, per la loro formulazione, siano ritenuti causa delle criticità in questione. Tale intervento rientra nell'esclusiva competenza della Regione e non richiede, evidentemente, modifiche alle disposizioni costituzionali e neppure a quelle dello statuto regionale.
Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali: Linda Lanzillotta.
RAITI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi ha riconosciuto l'importanza fondamentale dell'istituzione di una efficiente Banca Euro-mediterranea per gli investimenti sia nelle dichiarazioni programmatiche d'insediamento consegnate presso questo ramo del Parlamento nella seduta del 18 maggio 2006, sia in sede di replica al dibattito sulla fiducia al Governo nella seduta del 23 maggio 2006, anche alla luce delle sollecitazioni del sottoscritto in occasione dell'intervento in occasione del dibattito sulla fiducia nella seduta del medesimo 23 maggio 2006;
a quanto si apprende dalle agenzie di stampa il Presidente Prodi in un summit dell'Unione europea tenutosi a Bruxelles lo scorso giugno ha rilanciato la proposta di una banca per il bacino mediterraneo, incontrando però le perplessità del Commissario Almunia, il quale ha sostenuto che, allo stato attuale delle cose, è necessario utilizzare gli strumenti messi a disposizione dalla Banca europea per gli investimenti;
lo scorso 26 giugno 2006 si è riunita a Gammarth, vicino Tunisi la Conferenza dei Ministri delle Finanze Euro-Mediterranei che, sempre a quanto si apprende dalle Agenzie di stampa, si è chiusa con un Accordo per «allargare» la «Misura per gli Investimenti e il Partenariato Euro-Mediterraneo (FEMIP)» attualmente gestita della Banca Europea degli Investimenti (EIB) del Lussemburgo;
tale allargamento ha come conseguenza che nel medio-periodo il progetto di istituzione della Banca euromediterranea è stato accantonato;
la dichiarazione finale della conferenza di Gammarth sottolinea, tra l'altro, che il FEMIP organizzerà, nell'autunno del 2006, un Forum sull'estensione delle «Reti Trans-Europee» (Trans-European Networks TEN) con la partecipazione delle rappresentanze governative e di esperti da entrambe le sponde del Mediterraneo;
anche il Ministro per le politiche comunitarie e il commercio internazionale
onorevole Emma Bonino lo scorso 17 luglio ha sostenuto che il progetto di una Banca euromediterranea «deve essere avviato perché è uno strumento fondamentale» -:
quali siano state le reali determinazioni assunte in proposito dalla Conferenza dei Ministri delle Finanze euro-mediterranei tenutasi a Gammarth (Tunisia) lo scorso 26 giugno;
laddove sia stato effettivamente messo da parte il progetto di accordo per l'istituzione della Banca Euro-Mediterranea, quali accorgimenti intenda assumere il Governo italiano affinché questo progetto venga ripreso alla luce della sua fondamentale importanza strategica con particolare riferimento al partenariato euro-mediterraneo.
(4-00893)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame e su delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, si precisa quanto segue.
L'idea di creare una banca di sviluppo per il Mediterraneo è stata lanciata dall'Italia nel 2003 durante il semestre di Presidenza della Unione europea, con l'obiettivo di rilanciare l'area commerciale mediterranea sul mercato mondiale, partendo dal presupposto che l'1,5 per cento degli investimenti esteri mondiali è diretto verso la sponda sud del Mediterraneo.
A seguito di questa proposta iniziarono le successive consultazioni tra i quindici (di allora) Paesi partner, da cui scaturì che fra questi Paesi, solo la Grecia e la Spagna erano pronte a dare la propria adesione, mentre la Francia, pur non essendo contraria all'idea di creazione di questa Banca euromediterranea, espresse delle riserve. Auspicavano di proseguire su quella strada, per quanto riguarda il lato meridionale, Tunisia, Algeria ed Egitto, che peraltro risultavano essere i soli Paesi della sponda sud ad essere favorevoli.
Alla luce di tale situazione, fu deciso di riproporre la questione nel 2006.
Attualmente, il Ministro del Commercio internazionale guarda con favore all'idea di una Banca Euromediterranea, che possa ripetere ed ampliare le iniziative della Banca europea degli investimenti, per favorire lo sviluppo economico del Mediterraneo, anche in virtù della realizzazione della zona di libero scambio prevista per il 2010.
È evidente che l'auspicato sviluppo economico del Mediterraneo dovrebbe promuovere una forte integrazione euromediterranea dare mediante nuovi impulsi il finanziamento di progetti di supporto alle aziende europee che intendano investire sull'altra sponda del Mediterraneo, grazie anche alle agevolazioni al credito che verrebbero concesse a tali aziende.
Durante i lavori della quarta Conferenza Internazionale del Mediterraneo, svoltasi a Milano nel luglio 2006, è stato di nuovo lanciato, da parte del Ministro Bonino, il progetto per la banca del Mediterraneo, fortemente sostenuto da Governo italiano. Il successivo 17 ottobre la Commissione europea ha presentato una comunicazione riguardante la valutazione delle attività del Fondo per gli investimenti e il partenariato euromediterranei (FEMIP), creato tramite la Banca europea per gli investimenti.
Infine il 27 e 28 novembre 2006 si è svolto in Finlandia (Tampere) un vertice euromediterraneo a livello di ministri degli Esteri, durante il quale i paesi partecipanti hanno esaminato i progressi compiuti nell'attuazione del programma di lavoro quinquennale convenuto al vertice di Barcellona nel 2005, ma non è stato fatto alcun riferimento al tema della Banca Euromediterranea.
Per quanto riguarda specificamente la Conferenza dei Ministri delle finanze euro-mediterranei tenutasi in Tunisia lo scorso 26 giugno e la consultazione delle parti interessate al FEMIP, la Commissione europea è giunta alla conclusione che tale Fondo è lo strumento ideale per stimolare lo sviluppo del settore privato e delle PMI, che rappresentano il 95 per cento delle imprese italiane e il 50-60 per cento dell'occupazione in molti paesi mediterranei. La proposta della Commissione e della BEI prevede il rafforzamento del FEMIP, quale strumento per soddisfare meglio le esigenze
del settore privato ed in particolare delle PMI, anche con l'istituzione di un comitato consultivo permanente, composto da rappresentanti dei paesi partner del Mediterraneo e degli Stati membri della UE per meglio identificare e soddisfare le esigenze dei paesi mediterranei, rafforzando la presenza del FEMIP a livello locale.
Al momento, quindi, pur permanendo per l'Italia un grande interesse per l'istituzione di questo nuovo organismo, anche per la possibilità che venga scelto proprio il nostro Paese quale sede di tale nuovo istituto, da sempre culla della cultura mediterranea, sembrerebbe che - almeno a livello comunitario - l'idea di istituire una Banca euro-mediterranea non risulti prioritaria.
Il Sottosegretario di Stato per il commercio internazionale: Mauro Agostini.
RAITI e PALOMBA. - Al Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che è stata elaborata una circolare interpretativa dal Ministero della funzione pubblica d'intesa con il ministero dell'Economia e delle Finanze secondo cui il comma 593 dell'ultima legge finanziaria non deve essere applicato alle consulenze Rai e neppure ai vertici delle Autority;
durante i lavori di preparazione della ultima legge finanziaria si è lavorato molto, non senza difficoltà, attraverso un confronto per molti aspetti positivo tra gruppi di maggioranza e Governo, per contenere e razionalizzare la spesa pubblica;
nel nostro Paese le retribuzioni per un neo laureato non superano mediamente i 1.200 euro mensili, spesso con formule contrattuali cosiddette flessibili;
abbiamo chiesto al Paese sacrifici importanti, promettendone altrettanti, in particolare l'attuazione di una politica rigorosa finalizzata ad evitare sprechi e sperperi di qualsiasi tipo;
da diversi anni si è evidenziata una tendenza all'uso di circolari con le quali, in alcuni casi, si aggirano le decisioni del potere legislativo;
abbiamo davanti a noi ancora mesi difficili, nei quali i cittadini italiani, molte famiglie, avvertiranno il peso dei sacrifici che gli sono stati chiesti;
in questa ottica non si comprende affatto la necessità e le ragioni di quella circolare interpretativa, definita da alcuni organi di stampa «salva Sanremo»;
l'importanza dell'evento è notoria, ma ciò non può giustificare situazioni di privilegio e di travisamento di norme;
il palcoscenico di San Remo deve essere un'ottima opportunità per dare un segnale chiaro al Paese di serietà e di sobrietà -:
cosa intenda fare il Ministro per evitare quello che rischia di apparire agli occhi di tanti come l'ennesimo beneficio a favore di pochi privilegiati, se non ritenga opportuno intervenire per bloccare al più presto la circolare interpretativa ed i suoi effetti, dimostrando così la serietà delle intenzioni del Governo e chiedendo a tutti anche alle celebrità nostrane ed ai super dirigenti di contribuire ai sacrifici che il Paese sta affrontando.
(4-02715)
Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione in esame concernente la circolare del 22 febbraio 2007 n. 3 in materia di limiti massimi a retribuzioni e compensi nonché di obblighi di pubblicità per incarichi corrisposti a società a prevalente partecipazione pubblica non quotate in borsa.
Al riguardo si rappresenta che la suddetta direttiva, nel chiarire la portata applicativa dell'articolo 1, comma 593, della legge finanziaria per il 2007 recante il contenimento delle retribuzioni dei dirigenti e dei titolari di incarichi pubblici, precisa, tra l'altro, che - in considerazione del fatto che le attività aziendali alle società a prevalente
partecipazione pubblica non quotate in borsa risultano inevitabilmente esposte, sul mercato, alle dinamiche concorrenziali - è necessario tener conto, nell'applicazione dei tetti di spesa, della disciplina generale, nonché delle eventuali discipline speciali, volte a garantire il corretto esplicarsi dei rapporti concorrenziali.
In particolare, la direttiva sottolinea l'opportunità di escludere, dall'ambito di applicazione della citata normativa, «gli incarichi corrisposti per reclutare risorse professionali al fine di svolgere le attività aziendali». In tal caso, infatti, l'applicazione del tetto di spesa è suscettibile di alterare il normale esplicarsi del confronto aziendale, con l'inevitabile effetto di porre la società a prevalente partecipazione pubblica in una situazione di svantaggio, compromettendo, in tal modo, il funzionamento del mercato e della concorrenza. In altre parole, porre un limite ai compensi di consulenti e dirigenti di società quali la RAI significherebbe impedire alle stesse di potersi equamente confrontare con i competitors presenti sul mercato.
La direttiva in esame sottolinea, peraltro, che il comma 593 della legge finanziaria non riguarda le prestazioni di opera professionale in senso tecnico, quali le prestazioni di opera artistica, le quali sono spesso sottoposte a tariffe predeterminate nell'ambito degli specifici ordinamenti professionali e, quindi, regolate dalla disciplina generale codicistica e dalle rispettive discipline di settore.
Su tali basi risulta di chiara evidenza che, con l'emanazione della direttiva in esame, il Governo non ha inteso aggirare la disposizione della legge finanziaria, come pretestuosamente asserito dagli organi di stampa, ma, piuttosto, precisarne l'ambito di applicazione, contestualizzando la norma di legge nell'ambito delle operazioni economiche in cui la stessa deve trovare attuazione.
Il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione: Luigi Nicolais.
RAITI. - Al Ministro del commercio internazionale, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i produttori e commercianti della nocciola in Italia stanno affrontando un periodo di crisi economica senza precedenti, anche a causa dell'invasione sul mercato italiano delle nocciole provenienti dalla Turchia;
allo stato, non vi è un contrasto efficace posto in essere dalle Autorità della Unione europea all'esportazione incontrollata di nocciola turca che, prodotta in quantità ingenti e caratterizzata dal bassissimo costo, si impone sui mercati europei, determinando danni incalcolabili per i produttori dei Paesi importatori;
è ipotizzabile che la nocciola turca presenti un tasso di radioattività di molto superiore rispetto a quello sostenibile dall'organismo umano, in seguito al disastro di Chernobyl che avrebbe, appunto, causato la contaminazione delle nocciole turche;
tale circostanza costituisce motivo di particolare allarme, in considerazione del fatto che la nocciola turca viene largamente utilizzata per l'elaborazione di prodotti alimentari e dolciari nel nostro Paese, alimenti che vengono in larga parte utilizzati da bambini e adolescenti -:
se i Ministri interrogati non ritengano urgente verificare la veridicità di quanto sopra esposto e quali provvedimenti intendano adottare al fine di tutelare la salubrità degli alimenti, indi la salute dei cittadini e in subordine di arginare e regolamentare l'esportazione di nocciola turca in Italia e, quindi, valorizzare al meglio la nostra produzione nazionale.
(4-03042)
Risposta. - È ormai periodico il massiccio afflusso di nocciole provenienti dalla Turchia, secondo gli andamenti produttivi interni di quel Paese, che ne determinano il prezzo di mercato.
Attualmente l'accordo di associazione tra l'Unione europea e la Turchia prevede unicamente un dazio ad valorem del 3 per cento per le nocciole importate nel mercato comunitario, senza alcun limite quantitativo, per cui non appare possibile l'imposizione di limitazioni commerciali.
Inoltre, dal 2003 è in vigore un regime di aiuto comunitario di circa 300 euro a favore dei produttori di frutta in guscio, per colmare la differenza dei costi comunitari rispetto ai prezzi della produzione turca.
È stata intensificata l'attività di monitoraggio da parte dell'Ispettorato per il controllo della qualità alimentare, facente capo al Ministero delle politiche agricole, in collaborazione con l'Agenzia delle Dogane, sui flussi di introduzione dei prodotti ortofrutticoli provenienti da Stati membri o da Paesi terzi, al fine di evitare fraudolente commercializzazioni sul territorio nazionale di prodotti non rispondenti alle norme di qualità, previste dall'Organizzazione mondiale del commercio.
Per il 2007 il menzionato Ispettorato ha programmato specifici controlli su tale settore, per verificare la corretta commercializzazione di prodotti provenienti da Stati membri o da Paesi terzi, con particolare riguardo alla indicazione dell'origine dichiarata.
Contemporaneamente viene effettuato il controllo sugli alimenti di origine vegetale importati da parte degli uffici periferici del ministero della salute attraverso gli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera. Tale attività viene svolta in base alle indicazioni comunitarie attraverso i vari punti di entrata.
Le norme comunitarie prevedono delle limitazioni alle importazioni su particolari tipologie di merci provenienti da specifici paesi, soprattutto da quelli che hanno originato preoccupazioni sanitarie specifiche.
Per quanto riguarda, in particolare, le nocciole provenienti dalla Turchia, le stesse sono sottoposte ad un controllo ufficiale accresciuto per la ricerca di aflatossine e tale controllo ha portato a respingere lo 0,5 per cento delle partite importate, mentre non risultano problemi relativi alla radioattività e non vi sono segnalazioni specifiche per la radioattività nel sistema allerta RASFF (Rapid Alert System for Food and Feed).
Il Sottosegretario di Stato per il commercio internazionale: Mauro Agostini.
RAMPELLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea ha recentemente pubblicato le statistiche doganali sui sequestri di merci contraffatte;
da quanto si evince dal rapporto pubblicato su internet, nel corso del 2006 è aumentato in modo significativo il numero degli articoli copiati illegalmente o contraffatti sequestrati alle frontiere esterne dell'Unione europea;
il commissario europeo per la fiscalità e l'unione doganale, Lfaszló Kovfacs, ha incoraggiato tutte le parti interessate a continuare a collaborare e a intervenire a tutti livelli opportuni: imprese, autorità doganali nazionali, forze di polizia e altre autorità incaricate di fare applicare la legge;
in base alle statistiche pubblicate sul sito della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, nel 2006 i funzionari doganali hanno sequestrato oltre 250 milioni di articoli, a fronte dei 75 milioni del 2005 e dei 100 milioni del 2004, con un aumento del trecentotrenta per cento;
l'attività di contrasto svolta dalle dogane non è mai stata così intensa, facendo registrare un aumento del numero dei sequestri di quasi il 40 per cento (circa 36.000 contro i 26.000 del 2005);
sempre dai dati forniti risulta che continuano a essere falsificate grandi quantità di prodotti che possono nuocere seriamente alla salute dei consumatori;
le statistiche europee mostrano che è cresciuto in maniera sensibile il numero di farmaci sequestrati (2,5 milioni nel 2006 contro i 500.000 del 2005);
tra le medicine più frequentemente contraffatte figurano il Viagra, il Cialis e il Levita, ma anche farmaci anticolesterolo, medicine contro l'osteoporosi e antiipertensivi;
la Cina continua a essere il principale paese produttore di merci contraffatte (oltre l'ottanta per cento del totale dei prodotti confiscati proviene da questo paese);
soprattutto nel settore delle medicine, la Repubblica popolare cinese detiene il primato insieme all'India e agli Emirati Arabi Uniti;
a giudizio dell'interrogante i consumatori hanno il diritto di sapere in che modo vengano prodotti i medicinali di origine cinese, da dove arrivino, chi li abbia fabbricati, cosa contengano, come siano stati impacchettati -:
quali urgenti provvedimenti intenda adottare a tutela e garanzia della salute pubblica;
se non ritenga opportuno rafforzare la collaborazione con gli organismi nazionali e internazionali affinché in merito a questo grave fenomeno siano assicurati più efficaci controlli sui medicinali contraffatti;
quali iniziative intendano assumere al fine di assicurare la riconoscibilità da parte dei consumatori dei prodotti farmaceutici provenienti dalla Cina;
se non ritenga opportuno sensibilizzare i consumatori, attraverso un'adeguata campagna informativa, sui gravi rischi connessi all'importazione dei medicinali cinesi privi dei requisiti di sicurezza nel territorio italiano.
(4-03922)
Risposta. - In via preliminare si precisa che il Comando carabinieri per la tutela della salute (NAS) ha comunicato che nell'anno 2006 e durante il primo quadrimestre 2007 nel contesto delle attività di contrasto poste in essere nello specifico settore, sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro prodotti della medicina tradizionale cinese, per un totale di 20.280 preparati, confezionati in varie forme commerciali (compresse, fiale, pomate, eccetera).
In merito a quanto segnalato nell'atto parlamentare, si sottolinea che in Italia il controllo della produzione di farmaci è effettuato secondo criteri e metodiche regolari, e ricomprende sia i medicinali branded sia quelli generici.
La normativa europea in materia di Norme di buona fabbricazione dei medicinali (Good Manifacturing Practices-GMP), recepita con il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, prevede per i titolari dell'autorizzazione all'immissione in commercio dei farmaci l'obbligo di controlli e verifiche stringenti; il sistema di GMP viene, peraltro, monitorato tramite le ispezioni effettuate dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), alle quali sono soggetti i produttori di farmaci e di materie prime farmacologicamente attive.
Relativamente ai «paesi terzi», dove possono essere prodotti medicinali e principi attivi «a rischio», si precisa che il suddetto decreto legislativo ha consentito anche per questi paesi la verifica del rispetto delle GMP.
Sono state disposte diverse ispezioni, effettuate con la collaborazione di esperti dell'Istituto superiore di sanità; va precisato, peraltro, che già antecedentemente alla normativa citata, l'Italia, comunque, ha partecipato alle ispezioni svolte dalle organizzazioni internazionali, come l'European Directorate for the Quality of Medicines (EDQM).
Nella lotta ai farmaci contraffatti, l'Italia è certamente all'avanguardia in Europa, poiché ha da tempo avviato una cooperazione ufficiale con l'Organizzazione mondiale della sanità e il Consiglio d'europa (i due soggetti istituzionali che più si occupano del tema a livello internazionale); inoltre, è stato costituito un tavolo tecnico, che vede la partecipazione di AIFA, ministero della salute, NAS e Istituto superiore di sanità, per la predisposizione di piani e attività.
Negli ultimi mesi, infatti, sono stati realizzati corsi formativi per gli ispettori che operano sul territorio nazionale, e sono state individuate le necessarie procedure.
L'AIFA, inoltre, ha designato un coordinatore delle attività anticontraffazione, il quale, in collaborazione con i NAS, deve verificare i casi che possono interessare il nostro Paese, tramite il necessario collegamento con le organizzazioni internazionali.
Tra le attività già in corso, coordinate dall'AIFA e relative al territorio nazionale, si segnala quella che riguarda il commercio illegale dei medicinali su Internet, che costituisce senz'altro una delle principali fonti di diffusione di medicinali di dubbia qualità.
A questo riguardo, si comunica che si sta provvedendo ad un campionamento da siti sospetti, che fornirà i dati utili per avviare una campagna informativa ai cittadini sui rischi degli acquisti di farmaci da fonti non controllate.
L'obiettivo della campagna è quello di una corretta informazione su tali rischi che possono compromettere la salute dei pazienti, senza, tuttavia, creare ingiustificati stati di allarme nella collettività.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
SGOBIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 24 novembre 2006, il quotidiano Libero ha pubblicato il testo di una presunta relazione svolta dall'On. Oliviero Diliberto, segretario nazionale del Partito dei Comunisti Italiani, in una riunione tenutasi, il 22 ottobre 2006, a porte chiuse e quindi non aperta al pubblico, del Comitato Centrale del Partito tenutasi il giorno 22 ottobre 2006;
il testo della relazione del Segretario Nazionale del Partito Comunisti Italiani era stato già pubblicato, nella sua versione ufficiale, sul n. 49 della rivista settimanale, organo ufficiale del PdCI, La Rinascita della Sinistra;
quanto pubblicato, da Libero riporta il testo della relazione del suo segretario in modo volutamente arbitrario e contrario a quanto riportato dal giornale del partito e dallo stesso sito di Rinascita;
la direzione del giornale diretto da Vittorio Feltri ha dichiarato di aver dato alle stampe il testo già pubblicato su Rinascita, ma ciò non corrisponde al vero, essendo quella pubblicata dal quotidiano Libero una versione della relazione diversa da quella già pubblicata su la Rinascita;
lo stesso quotidiano Libero, sabato scorso, vale a dire all'indomani della pubblicazione in oggetto, ha parlato di testo della relazione desunto da «sbobinamento» del nastro relativo alla riunione del partito;
anche alla luce degli articoli pubblicati su la Repubblica domenica 26 ottobre scorso, da cui emerge un quadro di manovre torbide attorno alla Commissione Mitrokhin, che era presieduta dall'attuale Senatore Paolo Guzzanti, tendenti all'acquisizione di informazioni, da parte dell'ex spia del Kgb, Litvinenko, tra l'altro, sul PdCI ed in particolar modo sul segretario nazionale Diliberto e sul sottoscritto;
dalle informazioni in suo possesso, soprattutto alla luce di quanto denunciato da la Repubblica, l'interrogante presume che siamo di fronte ad un oscuro disegno che ha come intento quello di intorbidire e destabilizzare la normale attività del Governo;
non si comprende come Libero sia venuto in possesso della versione sbobinata del discorso dell'onorevole Diliberto -:
se non intenda dare rassicurazioni che in quest'operazione non siano coinvolti i servizi, garantendo che i partiti democratici non siano oggetto di attività di spionaggio.
(4-01829)
Risposta. - L'atto in oggetto concerne la pubblicazione sul quotidiano «Libero» di una presunta relazione svolta dal segretario nazionale del Partito dei Comunisti italiani, onorevole Diliberto, in una riunione a porte chiuse del Comitato Centrale del partito, tenutasi il 22 ottobre 2006.
A tale riguardo, la Segreteria Generale del CESIS, appositamente interpellata al riguardo, ha comunicato che il SISMI ed il
SISDE hanno dichiarato la loro estraneità alle attività segnalate nell'interrogazione.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
SMERIGLIO. - Al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la positiva esperienza maturata negli istituti ad indirizzo socio pedagogico con l'insegnamento di materie musicali e dello strumento, rischia di essere dispersa se non si arriverà, all'interno del più ampio quadro del sistema dell'istruzione, ad un riordino degli studi musicali;
appare ormai non rinviabile la necessità di collegare alla già esistente «Secondaria di primo grado ad indirizzo musicale» il segmento universitario dell'Alta Formazione attraverso l'istituzione dei Licei Musicali;
all'interno di queste esperienze, collocata anch'essa nella fascia «Secondaria di secondo grado», si è sviluppata la professionalità degli insegnanti dello strumento che hanno positivamente affiancato il lavoro del docente di musica;
l'insegnamento dello strumento fu istituito, come facoltativo, nell'istituto magistrale sin dall'inizio del secolo scorso;
nell'ultima fase l'insegnamento dello strumento è stato regolamentato, sino alla scomparsa dell'istituto magistrale, dalla normativa che istituiva i corsi e dalla successiva legge n. 270 del 1982;
a causa della poca chiarezza sulle norme vigenti, le regioni le hanno applicate in maniera diversificata;
dopo la legge n. 270 del 1982 è stato generalmente adottato il provvedimento dell'utilizzazione nominando da apposita graduatoria compilata annualmente, in maniera differente, dai diversi Provveditorati;
con la definitiva scomparsa dell'istituto magistrale si è tenuta in vita, per un anno scolastico, la situazione preesistente, per accantonare successivamente il problema in assenza di una normativa chiara;
su pressione degli organismi di categoria e del «comitato nazionale insegnanti dello strumento musicale nelle scuole superiori» si sono ottenuti provvedimenti temporanei (nota Moratti 11 ottobre 2001 e circolare Criscuoli del 13 marzo 2003), in attesa di una riforma degli ordinamenti che riconsiderasse gli aspetti normativi e professionali di tali insegnanti;
nel frattempo si è ricorso al lavoro a progetto, realizzato con estrema difficoltà dagli insegnanti in aggiunta al normale orario di cattedra;
in molti casi si è impedito ai docenti, con pluriennale esperienza specifica, di mantenere l'insegnamento, rinviandoli al ruolo di appartenenza, in favore di personale precario -:
se non ritenga necessario adottare iniziative normative volte a:
1) istituire una nuova graduatoria per l'insegnamento dello strumento musicale nei Licei musicali e non, tramite criteri che vedano tutelati i diritti acquisiti in anni di lavoro oltre che il pieno e incondizionato riconoscimento delle «abilità» della categoria;
2) per l'immissione in ruolo nei licei musicali, assumere come elemento prioritario, prescindendo dalla frequenza di corsi abilitanti o bienni di specializzazione, il riconoscimento di titoli specifici già in possesso quali i titoli di studio inerenti la disciplina, gli anni di servizio, i titoli artistici, l'abilitazione nell'insegnamento dell'educazione musicale, le lauree specifiche;
3) consentire a tali insegnanti di potere, già dall'anno scolastico 2007-2008, svolgere la propria attività nei licei ad indirizzo socio pedagogico, con un provvedimento di «utilizzazione» attingendo, in via provvisoria e come in essere sin
dall'emanazione della legge n. 270 del 1982, dalle graduatorie di educazione musicale A031 e A032 per il conferimento degli incarichi anche a personale di ruolo;
4) stante il diverso ordine e grado delle due istituzioni scolastiche, mantenere una netta distinzione tra Conservatori (ora Alta Formazione) e Licei e, di conseguenza, tra i due diversi corpi docenti e mantenere la distinzione tra le discipline della secondaria di primo e di secondo grado, come finora è avvenuto per la classe di concorso A077, non essendoci nessuna possibilità di osmosi tra i suddetti gradi.
(4-01793)
Risposta. - L'insegnamento facoltativo dello strumento musicale negli istituti magistrali, già previsto dai programmi approvati con Regio decreto del 1936, è stato disciplinato prima da una circolare ministeriale del 1938 e successivamente dall'articolo 15 della legge n. 270 del 1982.
Tale insegnamento proseguito dopo la soppressione degli istituti magistrali, nei percorsi formativi che li hanno sostituiti - indirizzi pedagogici e socio-psico-pedagogici -, è stato garantito con l'assegnazione di personale in possesso dello specifico diploma di strumento, attingendo dalle graduatorie di Educazione musicale delle classi di concorso A031 e A032.
La facoltatività della disciplina, tuttavia, ha generato interpretazioni contrarie alle applicazioni diversificate nelle varie province, tali da rendere necessarie emanazioni di note e di circolari esplicative.
Infatti, la nota ministeriale n. 16237 dell'11 ottobre 2001 ha chiarito che «in considerazione della conferma dei curricoli di ordinamento e sperimentali operata dal decreto interministeriale n. 234 del 2000, anche l'insegnamento facoltativo di strumento musicale, qualora richiesto dagli alunni e deliberato dai collegi dei docenti in quanto funzionale ai percorsi formativi che hanno sostituito i corsi ordinari dell'istituto magistrale, debba ritenersi confermato e garantito, secondo le disposizioni contenute nella legge n. 270 del 1982 nel limite della dotazione organica prevista a livello provinciale».
Il vincolo della disponibilità di posti nella dotazione organica provinciale ha determinato notevoli differenze nelle varie realtà territoriali; le scuole interessate hanno potuto promuovere iniziative finalizzate all'introduzione dell'insegnamento aggiuntivo di strumento musicale attingendo ai fondi alle medesime assegnati per l'ampliamento e l'arricchimento dell'offerta formativa ai sensi della legge n. 440 del 1997.
Poiché da più parti, anche in presenza di richiesta da parte delle famiglie, veniva segnalata la non attivazione dei corsi, per i limiti già esposti, è stato necessario diramare una ulteriore circolare, prot. n. 5035 del 13 marzo 2003, con la quale si invitavano i direttori degli uffici scolastici regionali a garantire i corsi in parola nella misura massima possibile fornendo loro, una volta soddisfatte tutte le necessità curricolari, una preferenzialità rispetto alle altre offerte formative, anche in virtù di quanto stabilito dal citato Decreto n. 234 del 2000, che disciplina l'assetto transitorio degli studi in attesa della riforma complessiva degli ordinamenti.
Per quanto riguarda le specifiche proposte avanzate dall'interrogante si fa presente che le stesse potranno essere opportunamente valutate in occasione della ridefinizione dei nuovi profili professionali, dei titoli di accesso e relativa modalità di acquisizione.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
SPINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il «78 Reggimento Lupi di Toscana» - con sede a Firenze e Scandicci nella Caserma Generale Ferrante Gonzaga (fucilato dai tedeschi dopo l'8 settembre per avere rifiutato di consegnare le armi) - è unità di alte tradizioni militari e offre nel presente una caserma di ottima tenuta, strutture efficienti e personale molto qualificato;
nell'anno 2006 detto Reggimento ha svolto una preziosa attività addestrativa nei confronti dei VPF1 e né il V blocco di detto personale da addestrare né il VI blocco, che avrebbero dovuto pervenire a tale Reggimento rispettivamente il 16 ottobre e il 13 dicembre 2006 vi sono stati fatti affluire;
in relazione a tale mancato afflusso circolano voci sull'imminente chiusura della struttura, che hanno sollevato le proteste del Comune di Scandicci e dell'area metropolitana interessata -:
quali siano le intenzioni del Governo in rapporto a tale struttura la cui inutilizzazione costituisce un evidente spreco di risorse e di professionalità, e se si intenda invece riprendere con urgenza la qualificata attività addestrativa che ivi si svolgeva fino a pochi mesi fa.
(4-03001)
Risposta. - L'interrogazione in discussione affronta la questione relativa all'interruzione dell'attività addestrativa svolta presso il 78o Reggimento «lupi di Toscana» di Firenze e, più in particolare, alla presunta imminente chiusura dell'Ente in parola.
In primo luogo, si precisa che la citata sospensione, si è resa necessaria in esito alle valutazioni effettuate dalla Forza armata sullo stato delle infrastrutture del sedime in argomento - sede della citata Unità addestrativa - che è risultato vetusto ed inadeguato ai necessari standard abitativi previsti per i Volontari di truppa e che, pertanto, osta a qualunque convenienza al suo mantenimento in vita da parte dell'Esercito.
Quanto invece, alle presunte «voci sull'imminente chiusura» del citato reggimento, si fa notare, preliminarmente, che la questione rientra nel più ampio quadro del processo di ristrutturazione e snellimento dell'organizzazione militare, caratterizzato da vari provvedimenti di soppressione, accorpamento e riorganizzazione delle strutture, avviato da alcuni anni e tuttora in divenire, in attuazione di una serie di atti normativi, tesi a meglio modulare le Forze armate alle nuove esigenze, adeguandole, nel contempo, alle riduzioni dei livelli organici (190.000 unità) stabilite dalla legge 14 novembre 2000, n. 331.
Tale processo è volto ad ottimizzare tutte le componenti delle Forze armate, ossia quelle di vertice e delle aree operativa logistica, dell'organizzazione territoriale e della formazione.
In sostanza, si intende perseguire soluzioni tese ad ottenere un migliore rapporto costo/efficacia, attraverso la soppressione di strutture ormai non più funzionali, nonché la ridefinizione delle funzioni di Comandi/Enti ed il loro accorpamento, per quanto possibile, in chiave interforze e comunque di non sovrapponibilità funzionale e territoriale.
L'obiettivo finale, in sintesi, è quello di calibrare uno strumento militare di ridotta entità, ma di più elevato profilo qualitativo in termini di capacità di proiezione, flessibilità e supporto logistico-amministrativo, ad un tempo pienamente integrabile ed interoperabile dal punto di vista interforze e multinazionale.
Fatta questa opportuna premessa, si fa rilevare come l'intervenuta sospensione della leva (gennaio 2005) in coincidenza della progressiva professionalizzazione dell'intero strumento militare, abbia reso sovradimensionata l'attuale organizzazione della componente addestrativa dell'Esercito Italiano.
Ciò trova ulteriore conferma nel programmato piano dei reclutamenti dei volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1), che individua una graduale riduzione degli arruolamenti da 16.000 unità per il 2007 a 4.000 unità nel 2020.
Pertanto, la normativa vigente in materia di riforma strutturale delle Forze armate (decreto legislativo 15 dicembre 2005 n.253) ha previsto, per l'Esercito, la riduzione degli attuali Enti addestrativi, da 10 a 3 e, contestualmente, la soppressione o riconfigurazione dei 7 restanti.
Nell'ottica del riordino della suddetta componente addestrativa dell'Esercito, hanno inciso, ulteriormente e significativamente, la riduzione degli stanziamenti sul
bilancio della difesa operata nella precedente legislatura, nonché il taglio delle risorse stanziate per la professionalizzazione delle Forze armate di cui alla «legge finanziaria 2007».
Ciò, infatti, ha indotto l'Esercito a procedere al ridimensionamento delle unità addestrative non più necessarie, così come contemplato dalla predetta norma, individuando gli specifici provvedimenti, fra i quali rientra quello di soppressione del 78o reggimento «Lupi di Toscana».
In tale contesto, comunque, sono stati opportunamente valutati tutti gli aspetti di carattere sociale, economico ed infrastrutturale, nonché quelli connessi alla presenza militare e civile nell'area interessata.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.