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Allegato B
Seduta n. 197 del 30/7/2007
TESTO AGGIORNATO AL 2 AGOSTO 2007
...
AFFARI ESTERI
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
il 15 giugno 2007 a Tuzla, una delle maggiori città della Bosnia-Erzegovina è circolata la notizia, poi confermata dalla stampa locale, che un Tribunale serbo aveva emesso un mandato di cattura e d'estradizione internazionale, via Interpol, per tre cittadini di Tuzla;
alcuni giorni prima era stato arrestato a Belgrado, durante uno scalo all'aeroporto, Ilija Jurišić, ex presidente del Consiglio comunale della città, che a tutt'oggi non risulta essere stato ancora rilasciato;
insieme a Enver Delibegović e Budimir Nikolić il mandato di cattura ha riguardato anche l'ex sindaco di Tuzla, Selim Bešlagić, oggi parlamentare della Federazione della Bosnia-Erzegovina, accusato di «crimini di guerra» per un fatto collegato all'inizio del conflitto, quando, il 15 maggio 1992, una colonna della JNA (l'allora esercito jugoslavo), che fino a quel momento aveva occupato la maggior parte della Bosnia-Erzegovina, era stata invitata a lasciare la città che aveva deciso di opporsi alla guerra di conquista da parte delle milizie serbe, sostenuta da Slobodan Milošević;
nell'accusa si sostiene che la colonna disarmata era stata attaccata e che furono uccisi circa 200 soldati. Già nel 1993 la magistratura di Milošević aveva avviato questa iniziativa. L'accusa promossa dalla polizia di guerra di Karadzic, era stata fatta propria dalla polizia di tutti i presidenti della Republika Srpska, fino a Dodik;
«Le accuse e gli arresti sono senza senso - ha dichiarato Zdravko Djuranovic a Oslobodenje del 16 giugno (articolo tradotto da: www.osservatoriobalcani.org) -: il Governo di guerra di Tuzla si occupò dei feriti della colonna e li lasciò andare a casa. Difesero i diritti umani di tutti i cittadini. Difesero la multiculturalità e l'immagine della Bosnia. Difesero le fondamenta della civiltà e adesso non sono inclini alla schematizzazione nazionale dei Balcani.
Solo a Tuzla si dice che i crimini di guerra furono commessi da bosgnacchi, serbi e croati e altri. Nell'ex Jugoslavia i crimini furono commessi da gruppi mononazionali contro altri gruppi nazionali. Si vuole accusare per crimini gli abitanti di Tuzla perché non sono scivolati nell'abisso della politica nazionalista»;
«Non desidero entrare nei dettagli dell'accusa - ha dichiarato allo stesso giornale Sinan Alic, direttore della Fondazione "Verità, giustizia e riconciliazione" di Tuzla - ma desidero dire che tutto ciò è basato su note falsità. Noi sulla base di documenti, ricerche e contatti con le fonti serbe abbiamo confermato che nella battaglia per la "Brcanska malta" furono uccisi 49 soldati della JNA e quattro difensori della città. C'erano circa 70 feriti. Quello che vi sto dicendo lo ha detto anche Milosevic all'Aja. Tuttavia all'attuale governo serbo serve un'esibizione e non la verità. La Serbia pare che desideri creare in modo artificiale l'impressione di un equilibrio tra i crimini commessi, ma questo non è possibile»;
portato in Tribunale a Sarajevo dalla polizia, l'ex-sindaco di Tuzla Selim Bešlagić - che aveva rinunciato alla sua immunità parlamentare - e gli altri suoi concittadini erano stati subito rilasciati per «inconsistenza delle accuse» ma non potranno lasciare la Federazione senza rischiare di essere arrestati perché il cosiddetto «Accordo di Roma», che garantiva
la libertà di movimento dei cittadini dei diversi paesi dell'ex-Jugoslavia, è scaduto nel 2004 ed è stato inspiegabilmente rinnovato solo dalla Serbia e dalla Croazia;
Selim Bešlagić è stato un amico dell'allora euro-parlamentare Alexander Langer che lo aveva accompagnato in Italia e al Parlamento europeo ed aveva un po' adottato la sua Tuzla «interetnica», dove si era svolto nel novembre del 1994, nonostante l'assedio, uno dei più importanti incontri del «Verona Forum per la pace e la riconciliazione nei territori dell'ex Jugoslavia». Dopo l'attentato del 25 maggio 1995 che aveva ucciso 71 giovani della città di Tuzla, Alexander Langer, anche sotto l'impulso di Bešlagić, fu spinto a presentare alla riunione dei Capi di Stato e di Governo del 26 giugno 1995 a Cannes il drammatico appello «l'Europa nasce o muore a Sarajevo» (pubblicato in: www.alexanderlanger.org). In occasione del conferimento del Premio Alexander Langer a Irfanka Pašagić, Selim Bešlagić era tornato in Italia nel maggio 2005 ed aveva riannodato i rapporti di gemellaggio con la città di Bologna, stabiliti durante e dopo la guerra, contribuendo a far apprezzare Tuzla come uno dei pochi luoghi di resistenza ad un feroce progetto di spartizione della Bosnia Erzegovina secondo linee etniche;
il 16 luglio 2007 Sélim Beslagic ha diffuso dalla sua casa di Tuzla una lettera appello, fatta pervenire alla Fondazione Alexander Langer di Bolzano, qui di seguito riprodotta:
«Cari amici, vorrei sottolineare fin dal principio che non Vi scrivo questa lettera per problemi personali avuti in passato. Come persona responsabile sono a conoscenza del fatto che devo essere a disposizione delle istituzioni giuridiche della Bosnia ed Erzegovina dato che sono sospettato di aver commesso crimini di guerra. Allo stesso tempo riesco difficilmente ad accettare il fatto che, assieme ad altri cittadini, sono soggetto a un mandato internazionale per motivi politici, come anche il fatto che allo stesso tempo si stanno svolgendo indagini in ben due paesi. Ciò comporta il pericolo d'estinzione dei diritti umani.
Ho la coscienza a posto e per questo motivo non ho usato l'immunità che mi spetta essendo un membro del Parlamento quando sono stato arrestato dalla polizia e trasferito alla Corte Statale della Bosnia-Erzegovina. In tempi molto difficili per noi mi sono opposto con i cittadini di Tuzla al male e all'odio che ci ha rivestito nella primavera del 1992. Abbiamo difeso la nostra città con l'unico mezzo a nostra disposizione allora, che era la polizia locale. C'erano innumerevoli rappresentanti di organizzazioni internazionali e NGO a quel tempo che possono rendere testimonianza del modo in cui le autorità di Tuzla hanno svolto i loro compiti durante la guerra. Per dimostrare tutto ciò possiamo citare diversi premi internazionali che sono stati assegnati alla città di Tuzla e a me stesso. In quel tempo di guerra Tuzla era l'unica città che non era vittima di forze paramilitari. Durante questo periodo più terribile nella storia di Tuzla siamo riusciti a preservare lo spirito multietnico della nostra città.
Un accordo come questo andrebbe ad eliminare tutte le incomprensioni che esistono tuttora e soprattutto anche la mancanza di leggi e di conseguenza con indagini parallele ma non coordinate per gli stessi casi in paesi diversi. Si aggiunge anche il fatto che il tribunale dell'Aja ha passato i dati su questo caso solo ad uno di questi paesi. Per citare un caso concreto, ci sarebbe la questione della "Brcanska malta" il cui mandato è stato trasferito dalla corte dell'Aja esclusivamente alla giurisdizione della Bosnia-Erzegovina. A causa di duplici investigazioni siamo di fronte a un caso di "caccia umana", dove persone vengono catturate per il solo motivo di essere cittadini di un certo paese e in questo caso della Bosnia- Erzegovina. Sono state arrestate anche persone non soggette a mandato di cattura.
Questa procedura potrebbe essere semplificata se l'Interpol nazionale, avendo
avuto notizia del mandato internazionale, a sua volta identificasse la nazionalità delle persone ricercate e informasse poi il paese che ha chiesto il mandato.
Sono sicuro che capirete la complessità della situazione e le mie buone intenzioni. Io vi chiedo gentilmente di partecipare nella risoluzione di questo problema che in futuro potrebbe influenzare la costruzione o implementazione della fiducia internazionale e della libertà di movimento in questa regione» -:
se il Governo sia a conoscenza di questo grave fatto di limitazione della libertà personale che colpisce alcuni stimati esponenti della Bosnia-Erzegovina;
se il Governo ritenga di potere e volere intervenire - nei limiti delle sue competenze - per dichiarare non applicabile nel territorio italiano ed in quello europeo un provvedimento così arbitrario dando opportune disposizioni all'Interpol.
(2-00682) «Boato, Francescato, Bonelli, Balducci, Cassola, De Zulueta, Fundarò, Lion, Pellegrino, Camillo Piazza, Poletti, Trepiccione, Zanella».
Interrogazione a risposta scritta:
TURCO, BELTRANDI, D'ELIA e PORETTI. - Al Ministro degliaffari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 14 dicembre 2005 la Giunta del comune di Roma ha deliberato l'approvazione di un documento di revisione tecnica e tariffaria del «Piano Bus Turistici» - deliberazione numero 715;
con tale atto si è disposta la novellazione del «Piano Bus Turistici» disciplinante il transito e la sosta degli autobus turistici nella città di Roma al fine di contenere il cosiddetto «inquinamento ambientale»;
la normativa, originariamente adottata per poter far fronte alle straordinarie condizioni di disagio in cui sono venuti a trovarsi i residenti della capitale in «epoca giubilare», disagio dovuto all'afflusso eccezionale di pellegrini, è stata superata poiché tali flussi straordinari sono cessati e la mobilità turistica su pullman ha nuovamente assunto le caratteristiche peculiari della città di Roma. È stata ripristinata la consueta motivazione del viaggio e la consueta tipologia del visitatore, attratto oltre che dai soli motivi devozionali da motivi di natura prevalentemente culturale, artistica, ludica eccetera. Di conseguenza gli itinerari turistici sono stati nuovamente orientati verso i principali monumenti, musei e le numerose altre attrattive turistiche della città;
l'attuale situazione della mobilità turistica cittadina, pari ad un terzo di quella in epoca giubilare, è caratterizzata da una pluralità di percorsi che portano alla luce più che un problema di accesso e di circolazione, un problema di fermata e di sosta dei pullman, oltre che la necessità di sviluppare e razionalizzare i servizi forniti dal settore turistico capitolino, senza portare nocumento alla quotidianità dei residenti;
nel contesto descritto, nonostante il fatto che originariamente non fossero previste deroghe, e nonostante il fatto che i flussi siano notevolmente diminuiti rispetto all'anno 2000, le procedure di applicazione del regolamento dei bus turistici della città di Roma hanno escluso l'applicazione della disciplina agli autobus con destinazione «Stato città del Vaticano (San Pietro)»;
la norma derogatoria così recita:
la presente disciplina non si applica a:
autobus diretti all'interno dello Stato città del Vaticano (San Pietro);
sarà garantito a detti autobus l'accesso all'interno dello Stato città del Vaticano (San Pietro) senza obbligo di registrazione e di permesso. In caso di controllo da parte delle autorità preposte sarà sufficiente esibire documentazione attestante l'invito all'ingresso da parte del Vicariato di Roma. Tali veicoli potranno
entrare nella ZTL1 BUS al solo scopo di raggiungere lo Stato città del Vaticano (San Pietro) e senza la possibilità di effettuare soste o fermate per la discesa dei passeggeri;
poiché le mutate condizioni favoriscono l'avvicinamento allo Stato città del Vaticano (San Pietro), non si capisce la ragione della deroga che consente l'accesso direttamente all'interno dello Stato estero, ponendo in essere una ingiustificata disuguaglianza tra coloro che sono lì diretti e coloro i quali i tendono recarsi in altri centri di attrazione posti nel centro di Roma;
si consideri, inoltre, la particolare situazione mondiale dopo l'attacco terroristico dell'11 settembre 2001, evento che ha reso gran parte del mondo occidentale un potenziale obiettivo di terroristi islamici e che, tra i molti potenziali obiettivi, lo Stato città del Vaticano è uno di quelli maggiormente sensibile, anche in virtù del fatto che secondo l'interrogante esiste storicamente una oggettiva contrapposizione tra la religione cristiana e quella islamica, entrambe miranti alla conversione del maggior numero di persone possibile, comportamento che in passato ha generato conflitti non ancora dimenticati e sopiti. Prova ne sia la reazione di parte della comunità islamica internazionale in seguito al discorso tenuto nel mese di settembre 2006 da Joseph Ratzinger all'università di Ratisbona. Questo discorso ha comportato la necessità per il Ratzinger di esprimere vivo rammarico per il fatto che le sue parole avevano offeso i musulmani, rammarico espresso nel corso dell'Angelus successivo al pronunciamento del discorso di Ratisbona;
tale atto di contrizione è stato considerato, dalle gerarchie vaticane, opportuno e necessario poiché le frange più estremistiche della jihad ed Al Qaeda avevano pubblicato su un sito internet il seguente comunicato: «Dopo che lo stupido portatore della croce Bush - ha annunciato l'inizio di una nuova campagna dei crociati contro l'islam e i musulmani e ha cominciato questa campagna con l'invasione dell'Afghanistan e dell'Iraq, ecco che il servo dei crociati, il "Papa del Vaticano"; ha seguito le orme di Bush negli attacchi flagranti contro l'islam e il suo profeta Maometto, per ciò che riguarda il rito della jihad», lasciando intendere un atteggiamento poco fraterno nei confronti dello Stato città del Vaticano e del pontefice;
l'incidente diplomatico ha reso ancor più evidente la natura di «obiettivo sensibile» dello Stato città del Vaticano, ed il pericolo potenziale a cui sono esposti i residenti dello Stato Città del Vaticano ed i residenti romani prossimi a tale Stato -:
se siano a conoscenza dei fatti;
se esistano accordi o trattati internazionali con i due Stati stranieri presenti nella penisola italiana che consentano deroghe, come quelle descritte, in materia di circolazione automobilistica;
se esistano accordi o trattati internazionali con i due Stati stranieri presenti nella penisola italiana che, garantendo la sicurezza da parte dello Stato italiano al loro interno, garantiscano indirettamente i soggetti residenti nelle immediate prossimità anche in considerazione che, nello specifico caso in esame, si può accedere direttamente all'interno dello Stato straniero mediante la mera esibizione di un «invito all'ingresso da parte del Vicariato di Roma» e che, nel caso di controlli da parte di autorità di pubblica sicurezza italiane, questi non avrebbe alcuno strumento per verificarne l'autenticità dello stesso. Si potrebbe quindi giungere, nell'ipotesi estrema, a non poter fermare un pullman con a bordo terroristi muniti di un falso invito del vicariato che potrebbero compiere la propria opera distruttiva nelle immediate vicinanze dello stato estero senza alcuna possibilità per le nostre autorità di pubblica sicurezza di evitare l'evento e garantire l'incolumità dei nostri cittadini e di quello dello Stato città del Vaticano;
se e qualiiniziative intendano adottare per ripristinare condizioni di sicurezza
ed eguaglianza tra i visitatori ed i residenti della città di Roma.
(4-04589)