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Allegato A
Seduta n. 197 del 30/7/2007
DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA RELATIVO ALLA MANOVRA DI FINANZA PUBBLICA PER GLI ANNI 2008-2011 (DOC. LVII, N. 2)
(Sezione 1 - Risoluzioni)
La Camera,
premesso che:
le decisioni di politica economica e finanziaria che il Paese è chiamato ad assumere non possono prescindere da un contesto caratterizzato dalla progressiva integrazione dei mercati e delle economie internazionali e devono comunque risultare compatibili con gli impegni assunti, per quanto concerne il livello di indebitamento e di debito, in relazione all'appartenenza all' Unione economica e monetaria (UEM);
i vincoli che discendono dalla partecipazione all'UEM e i condizionamenti determinati dall'accelerazione della competizione a livello internazionale impongono che si prosegua con fermezza e senza incertezze il processo di risanamento della finanza pubblica, allo stesso tempo riattivando la filiera della crescita (tempo di studio e di formazione - lavoro flessibile temporaneo - lavoro stabile con un adeguato livello retributivo - pensione dignitosa) che possa assicurare un decoroso standard di vita a tutti i cittadini, eliminando o almeno ridimensionando drasticamente le aree di disagio e di precarietà economica;
ciò implica che il Paese si doti al più presto di una coerente politica economica e finanziaria che renda tra loro compatibili sviluppo economico, risanamento finanziario ed equità sociale;
è ormai evidente la condizione di grave crisi politica in cui versa l'attuale maggioranza, crisi riconducibile alla eterogeneità delle forze politiche che la compongono e che si traduce in una vera e propria paralisi decisionale che impedisce, a causa di una conflittualità logorante, di affrontare in termini chiari e con coraggio le questioni cruciali con le quali il Paese deve fare i conti. Tale situazione si traduce, oltre che in un sostanziale svuotamento della capacità di azione delle diverse istituzioni, in una condizione di vera e propria crisi di sistema che rischia di impedire al Paese la possibilità di recuperare i ritardi accumulati negli ultimi decenni rispetto ai concorrenti più agguerriti. La coesistenza di diversi e non componibili orientamenti determina la dispersione delle risorse disponibili che andrebbero invece concentrate su un numero limitato di priorità,
impegna il Governo:
1) a considerare l'equilibrio dei conti pubblici nel medio e nel lungo periodo come interesse generale primario e come obbligo morale verso le future generazioni e comportarsi di conseguenza nelle scelte da adottare per quanto concerne il contenimento della spesa pubblica e l'utilizzo delle maggiori entrate a disposizione;
2) ad attenersi al puntuale rispetto degli impegni assunti con l'Unione Europea per quanto concerne i tempi di rientro del deficit e del debito;
3) a definire regole chiare ed effettivamente sostenibili e ad assumere comportamenti coerenti per ricondurre la spesa pubblica sotto controllo, incidendo sui fattori inerziali che attualmente sfuggono al monitoraggio e alla possibilità di intervento correttivo, contenendone la dimensione complessiva, e realizzando una sua riqualificazione anche avvalendosi degli esiti delle iniziative recentemente assunte per quanto concerne la revisione dell'assetto e degli strumenti di bilancio, l'avvio della cosiddetta spending review, che deve riferirsi, oltre che alle amministrazioni centrali, anche a quelle territoriali, e la valorizzazione del controllo di gestione;
4) a porre in essere tutte le iniziative, anche di carattere organizzativo e amministrativo, dirette a rafforzare il contrasto all'evasione fiscale, attraverso l'adozione di decisioni coerenti e l'orientamento delle strutture competenti ad una rigorosa azione di emersione di base imponibile, la semplificazione legislativa e l'introduzione del principio del conflitto di interessi, propedeutici alla riduzione delle aliquote per i contribuenti onesti;
5) a provvedere ad un complessivo riordino degli strumenti di sostegno al sistema produttivo che tendenzialmente sostituisca, secondo una logica di semplificazione che non risulti discriminatoria, l'attuale sistema di incentivi con misure di riduzione fiscale;
6) a ridurre il rischio di povertà, non solo attraverso politiche redistributive, ma anche mediante interventi di tutela del potere di acquisto, di riduzione delle aree di rendita, a cominciare dai servizi pubblici locali, attuando più incisivi processi di liberalizzazione, e creando inoltre un moderno sistema di ammortizzatori sociali;
7) a definire, anche sulla base delle esperienze più avanzate di altri Paesi, una compiuta politica di incentivazione e sostegno fiscale delle famiglie, soprattutto quelle numerose;
8) a promuovere le iniziative necessarie a trasformare la precarietà in flessibilità e ad incentivare il lavoro femminile attraverso misure salariali e contributive;
9) a garantire la sostenibilità del sistema previdenziale nel lungo periodo ed evitare il conflitto intergenerazionale, attraverso meccanismi automatici e politicamente neutri di adeguamento dell'età pensionabile e delle prestazioni pensionistiche all'aspettativa di vita, ad esclusione dei lavori usuranti;
10) a prestare la necessaria attenzione al tema della sicurezza e della difesa, sia interna che internazionale, garantendo soprattutto adeguate risorse finanziarie e umane alle Forze dell'ordine al fine di svolgere al meglio la loro funzione di tutela dei cittadini e del Paese;
11) a introdurre nella pubblica amministrazione efficaci strumenti di misurazione e valutazione dei servizi resi all'utenza, attraverso l'adozione di misure dirette a promuovere la meritocrazia e la formazione come elementi di qualificazione delle risorse umane e di aumento di efficienza, in modo da consentire un'evoluzione della funzione svolta dalla pubblica amministrazione da ammortizzatore sociale (come spesso è ora) a fattore che concorre allo sviluppo complessivo del sistema;
12) a riorganizzare e a razionalizzare il sistema giudiziario, non solo come fattore imprescindibile di garanzia democratica, ma anche come elemento decisivo per la certezza dei rapporti giuridici ai fini della realizzazione di nuovi investimenti;
13) a definire criteri universali che si fondino su indicatori chiaramente e inequivocabilmente riconducibili all'interesse generale per valutare le priorità da perseguire ai fini degli interventi diretti a potenziare la dotazione infrastrutturale, assicurando tempi certi di programmazione e realizzazione;
14) a considerare la questione settentrionale e la questione meridionale come facce della stessa medaglia, risolvibili mediante azioni di buona amministrazione e con l'introduzione di un reale sistema di federalismo fiscale, che coniughi l'esigenza della responsabilizzazione nelle decisioni di spesa e di entrata ai diversi livelli di governo con l'individuazione di meccanismi perequativi che non si limitino a sanare ex post le maggiori spese, disincentivando l'assunzione di comportamenti virtuosi, ma che si basino su parametri condivisi sul costo delle prestazioni e dei servizi;
15) ad adottare, secondo la stessa logica, politiche non di carattere assistenziale, tese a colmare il gap del Mezzogiorno e finalizzate alla realizzazione di infrastrutture e alla creazione di condizioni favorevoli allo sviluppo dell'imprenditorialità;
16) a sostenere il ruolo fondamentale dei piccoli comuni, anche attraverso un sistema di incentivi e disincentivi diretto a favorire l'esercizio di funzioni associate;
17) a sostenere l'agricoltura nella sua indispensabile polifunzionalità, tutelando i prodotti italiani a fronte di una sempre crescente concorrenza in ambito europeo ed internazionale;
18) ad assumere tutte le misure, anche di carattere fiscale, in grado di favorire la crescita della quota di PIL da destinare alla ricerca e allo sviluppo, ad incentivare gli investimenti destinati all'innovazione tecnologica e all'accrescimento della qualità del capitale umano, favorendo in particolare l'incontro tra università ed enti di ricerca pubblici, da una parte, e mondo dell'impresa, dall'altra;
19) a incentivare una politica energetica, che tenga conto della compatibilità ambientale e della necessità, non più rinviabile, di valutare l'utilizzo dell'energia nucleare;
20) a prendere atto definitivamente che la crisi della maggioranza e dell'attuale Governo producono un vuoto di decisioni che pesa sul destino della comunità nazionale, e che si prefigura non tanto e non solo come crisi di programmi e di politiche, ma più pesantemente come crisi di sistema, che rende urgente interventi sulla riforma della legge elettorale e della Costituzione, pena il declino economico e la irreversibile lacerazione sociale e territoriale del Paese.
6/00018. Peretti, Volontè, Galletti.
La Camera,
premesso che:
nel corso della XIV legislatura la politica del Governo del centrodestra ha consentito di diminuire di un punto di PIL la pressione fiscale (dal 41,6 per cento del 2000 al 40,6 per cento del 2005), di portare il tasso di disoccupazione dal 9,6 per cento del 2001 al 7,7 per cento del 2005, di innalzare le pensioni minime a 516 euro, di avviare più del 50 per cento del «piano delle grandi opere», realizzando il «contratto con gli italiani»;
la XV Legislatura si è aperta invece con le risultanze della cosiddetta due diligence, operazione che aveva lo scopo di evidenziare le gravi carenze e il grave «buco» nei conti dello Stato italiano. A breve distanza, il Governo è stato costretto ad ammettere che la situazione non era quella a suo tempo rappresentata, ed ha quindi dovuto ammettere la verità sui conti pubblici. Tale operazione mirava pertanto solo a precostituire giustificazioni per una manovra di fine anno 2006 tutta impostata sull'aumento della pressione fiscale;
a fronte di una fase economica positiva che sta interessando gran parte del mondo ed in particolare l'Europa, l'Italia stenta ad agganciarsi in maniera stabile alla ripresa. Sono elementi positivi del 2006: la crescita del PIL, la ricostituzione dell'avanzo primario e l'andamento favorevole delle entrate fiscali. Questi risultati sono però da ascrivere principalmente alle numerose riforme di sistema
poste in essere dal Governo Berlusconi, oltre che all'andamento spontaneo dell'economia italiana, al suo dinamismo ed alla sua capacità nel cogliere le sfide della globalizzazione. Al contrario, sono elementi di preoccupazione la dinamica della spesa pubblica, ulteriormente aumentata rispetto al 2005 e l'incremento del debito pubblico che ha raggiunto il 106,8 per cento del PIL;
a fronte di tali elementi di criticità, il documento di programmazione tradisce invece una impostazione strategica quasi da «fine legislatura», in quanto appare di breve respiro. Esso inoltre è stato oggetto di dure reprimende da parte dell'Unione europea e del Fondo monetario internazionale: nonostante ciò, gli impegni europei vengono con grande disinvoltura definiti «un eccesso di ortodossia di Bruxelles». Infatti, il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, «affiancato» al DPEF comporta un peggioramento del deficit per ben 6,685 miliardi di euro, di fatto azzerando i pochi risparmi prodotti dalla legge finanziaria per il 2007, coprendoli totalmente in disavanzo e aumentando il deficit pubblico del 2007 dal 2,1 al 2,5 per cento;
il risultato finale della politica economica prefigurata nel DPEF non determina miglioramenti al profilo «tendenziale» di crescita, che, rispetto al profilo «programmatico» è paradossalmente identico. L'unica differenza di questo DPEF, nel cumulato dei cinque anni, è che nel 2011 ci sarà uno 0,1 per cento di crescita di PIL in più rispetto all'andamento tendenziale a legislazione vigente;
molte partite di spesa già maturate non sono state inserite nel DPEF perché ne manca il presupposto giuridico-formale, nonostante si tratti in massima parte, se non per la totalità, di spese da onorare e quindi, pur non formalmente aventi un addentellato legislativo, costituenti fattori da scontare nei tendenziali di spesa. Il DPEF considera, infatti, nell'ambito della componente di spesa corrente relativa a impegni già assunti ma da non contemplare tra i fattori della legislazione vigente, i 2 miliardi e 354 milioni da reperire in sede di manovra per gli stipendi del pubblico impiego del biennio 2006-2007 per assicurare il 5,1 per cento di incremento, oltre ad un miliardo in più per gli ammortizzatori sociali e a 750 milioni per gli impegni internazionali e che ai suddetti importi, non scontati dalle previsioni a legislazione vigente, si aggiungano anche i 4 miliardi per le Ferrovie dello Stato spa, 1 miliardo per l'ANAS, 1,2 miliardi per le agevolazioni fiscali, per cui andranno reperite le relative risorse;
aggiungendo a quelle dianzi citate anche le nuove iniziative, ivi compresi i preannunciati sgravi per gli affitti e l'ICI sulla casa, e le annunciate ulteriori misure in favore delle famiglie e delle imprese che però non sono oggetto di formali impegni assunti dal Governo, il complesso delle maggiori spese (senza contare il prossimo rinnovo del contratto degli statali) che già pesano sui conti del 2008, ma che nondimeno non sarebbero ancora state conteggiate in bilancio, ammonterebbe ad almeno 20 miliardi di euro;
si tratta di un complesso di spese ingenti che è illusorio pensare possano essere finanziate mediante riduzioni di altre spese. La realtà è che tali spese finiranno quasi sicuramente per essere coperte con ulteriori inasprimenti della pressione fiscale, pregiudicando, ancora una volta, le ragioni dello sviluppo del Paese e penalizzando i contribuenti italiani;
per quanto riguarda la valutazione delle maggiori entrate a legislazione vigente, alcuni semplici conteggi portano oggi a quantificare un totale di entrate 2007 pari a 731,4 miliardi rispetto ai 703 scritti a dicembre. Pertanto, dai 672 miliardi del 2006, per un PIL che cresce al 4,5 per cento ed un'elasticità dell'1,1, deriva un totale di 705 miliardi, ai quali si deve aggiungere l'effetto del decreto «Visco-Bersani» e della legge finanziaria per 26 miliardi di entrate in più, cioè 731,4 miliardi. Il fatto che in una recente nota il Ministro dell'economia e delle finanze
abbia ricostruito a posteriori l'elasticità delle entrate rispetto al PIL, cifrandola nello 0,9 non dimostra altro che l'intenzione del Governo di tenersi le mani libere quanto alla cifratura delle entrate;
in tema di previdenza, il DPEF e il citato decreto-legge n. 81 del 2007 offrono un pessimo segnale. Il DPEF 2006-2009 scontava infatti un rallentamento della crescita della spesa pensionistica a partire dall'anno 2009, dovuto alla progressiva applicazione della riforma di cui alla legge n. 243 del 2004 (cosiddetta «legge Maroni»). L'Unione europea ha espresso, specie tramite il Commissario Almunia, una preoccupazione forte per la possibile insostenibilità economica e finanziaria del «sistema Italia», sia per l'onerosissimo debito pubblico, sia per l'oneroso sistema pensionistico;
secondo i recenti dati ISTAT, nei primi nove mesi del 2006 sono aumentati rispettivamente di 0,5 e 1 punto percentuale i tassi di attività e di occupazione complessivi (62,7 per cento e 58,4 per cento), mentre si è ridotto quello di disoccupazione (dal 7,6 per cento al 6,7 per cento), che si colloca così al di sotto della media europea (8 per cento UE25 e Euro zone), segno, questo, che le misure introdotte dalla «riforma Biagi» non devono essere abrogate, bensì piuttosto rilanciate;
il mercato del lavoro nazionale è, da oramai quasi dieci anni, oggetto di riforme tese ad introdurre maggiore flessibilità, largamente riconosciuta come la sola via per poter incrementare la base occupazionale anche in condizioni congiunturali difficili. La flexicurity è un dato acquisito anche in sede europea; il 22 novembre 2006, infatti, la Commissione Europea ha pubblicato il cosiddetto «Libro verde» sulla modernizzazione del diritto del lavoro, nel quale si afferma, tra l'altro, la necessità di adottare una legislazione del lavoro basata sulla flessibilità del mercato del lavoro combinata ad un sistema di protezione sociale e servizi pubblici di qualità. Sfide ed obiettivi che il recentissimo accordo sul «welfare», annunciato dal Governo, non sembra affrontare in modo adeguato;
in tema di infrastrutture, nell'allegato I al Documento di programmazione economico-finanziaria 2008-2011, è stata operata una vera e propria scelta politica, quella di escludere opere considerate strategiche dal precedente Governo (ad esempio il ponte sullo Stretto di Messina) e di non finanziare il completamento di opere che, pur se ritenute utili e prioritarie per lo sviluppo del Paese, avrebbero determinato tensioni nella coalizione di Governo (ad esempio il MOSE di Venezia);
nel testo del Documento si evidenzia la necessità di disincentivare il fenomeno dei distacchi dei comuni e si auspica l'introduzione di un Fondo volto a valorizzare e a promuovere le realtà socio economiche delle zone di confine tra le regioni a statuto ordinario e quelle a statuto speciale, finanziato, anche se solo per l'anno 2007, anche dal decreto-legge n. 81 del 2007, in corso di conversione in legge, ma all'esame del Parlamento vi sono numerose proposte di legge di senso contrario, di cui una anche di iniziativa governativa;
anche il paragrafo dedicato alla realizzazione del federalismo fiscale contiene solo un rapido riferimento a quanto contenuto nella legge delega approvata dal Consiglio dei ministri, ma non sono specificate le linee direttive su cui verrà realizzato il federalismo fiscale, né il livello di autonomia fiscale da garantire alle regioni;
obiettivo indicato dal Governo è quello di procedere ad una ripresa del processo di riforma del bilancio dello Stato e, in particolare, ad una revisione del sistema di classificazione del suddetto bilancio e della spesa pubblica (spending review);
in tema di politica fiscale, la riduzione del cuneo contributivo e l'adozione di interventi incisivi volti ad elevare il reddito effettivamente disponibile delle categorie a basso reddito, costituiscono i
corretti principi su cui deve basarsi la politica tributaria di un Governo che abbia a cuore gli interessi del Paese. Per le piccole e medie imprese, in particolare, sono necessarie misure volte ad alleviare il carico tributario. Una seria politica di contrasto all'evasione fiscale non può, pertanto, essere disgiunta da una attenta valutazione degli effetti che questa potrebbe avere su interi settori e comparti contraddistinti, oramai già da qualche anno, da una grave crisi di riconversione ai nuovi standard di mercato (artigianato e servizi alla persona), per i quali, alla carenza di efficienza dei servizi pubblici alle imprese si aggiunge una politica fiscale vessatoria dovuta alla impostazione assunta dagli studi di settore, passati da strumenti di mera selezione dei contribuenti da sottoporre a controllo a veri e propri metodi di determinazione presuntiva del reddito, in dispregio del principio costituzionale della capacità contributiva;
per l'università e il sistema di ricerca, riveste un ruolo cruciale la revisione a fondo dei criteri di finanziamento pubblico, nel senso di ancorarne la determinazione annua ai soli risultati raggiunti, in termini sia di percentuali di collocamento sul mercato del lavoro dei laureati sia di ricerca effettuata da parte di ciascun ente. Nel contempo, dovrebbe assumere rinnovata centralità la spesa finanziata dagli enti a valere sulle risorse conferite da soggetti privati, attuando così un sistema di cofinanziamento in partnership pubblico-privato, già ampiamente diffuso a livello europeo. Nel contempo, riveste assoluta priorità il perseguimento di politiche volte, in particolare, alla incentivazione di iniziative volte a coniugare ricerca scientifica ed alte tecnologie, sia attraverso master e corsi di istruzione specialistica a carattere post-universitario, che in materia di ricerca avanzata nei settori dell'informatica in tutte le sue applicazioni;
per la scuola, riveste assoluta priorità l'elaborazione di indirizzi volti alla riforma dei cicli di istruzione e dei curricula formativi, i quali dovrebbero essere anzitutto improntati alla chiara separazione delle funzioni di assistenza scolastica e di insegnamento di base ai giovani con gravi carenze formative e deficit formativi di base e ai diversamente abili, rispetto alle finalità propriamente formative aventi un contenuto specialistico, o teso a dei saperi professionalizzanti, rivolte alla gran parte dei giovani orientando di conseguenza, progressivamente, l'organizzazione e il funzionamento delle scuole ai parametri europei. In tal senso, in particolare, il modello di organizzazione scolastica dovrebbe indirizzarsi verso la valorizzazione dell'autonomia degli enti scolastici, nella ricerca di assetti ispirati al riordino e alla razionalizzazione delle attività, che siano idonei ad ottenere significativi risparmi di spesa, da destinarsi anche a miglioramenti retributivi da collegarsi agli effettivi risultati ottenuti, da parte sia del personale docente che amministrativo;
in materia di politiche dell'assistenza, andrebbe risolto anzitutto il problema degli «incapienti» ai fini fiscali, nonché dei senza reddito, individuando nuove forme di sostegno, sia pure condizionate a strumenti di formazione obbligatoria tesi a riprendere e sviluppare le esperienze e conoscenze spendibili sul mercato del lavoro;
sul piano macroeconomico, nello scenario di ripresa economica in atto, di cui si avvertono i segnali anche in altri paesi dell'area UEM, l'Italia si colloca comunque ad oggi su valori di crescita tendenziali decisamente più limitati rispetto a quelli degli altri paesi fondatori, a conferma della strada ancora lunga da percorrere sulla via delle riforme di liberalizzazione dei mercati e di incentivazione della concorrenza. È inoltre in atto in Europa un palese confronto di opinioni, corretto e serio, di cui bisognerebbe tener conto, tra il Governo francese e la Banca centrale europea;
in particolare, le possibilità dell'Italia di riagganciarsi in maniera stabile alla ripresa economica sono fortemente ridotte a causa dell'aumento della pressione fiscale
su famiglie ed imprese, elemento che testimonia l'incapacità, ormai cronica, della maggioranza di governo ad affrontare le riforme strutturali. L'incremento della tassazione effettiva è ormai un dato acquisito. L'aumento delle imposte locali (addizionali IRPEF ed ICI), la nuova curva delle aliquote IRPEF, l'aumento dei contributi previdenziali, la reintroduzione dell'imposta di successione e donazione, la modifica dei criteri di ammortamento e di deducibilità di alcuni costi (terreni, mezzi e spese di comunicazione), l'inasprimento dei parametri degli studi di settore e l'introduzione degli indicatori di normalità economica con valenza retroattiva a partire dal 2006, danneggiano pesantemente i contribuenti, soprattutto quelli onesti e rendono assai arduo stimolare la ripresa economica attraverso investimenti e consumi privati;
nel concreto, il DPEF non presenta alcuna specifica indicazione in merito alle politiche economiche volte ad agevolare la ripresa della crescita, con particolare riferimento ad interventi rivolti alla semplificazione del quadro normativo e allo studio di agevolazioni all'esercizio dell'attività di impresa, nonché agli interventi rivolti alla apertura dei mercati e tesi al perseguimento di politiche di liberalizzazione in settori tradizionalmente protetti da una legislazione vincolistica dei requisiti di accesso ed esercizio delle attività, che si traducono nella creazione di elevate barriere all'accesso di nuovi operatori nei mercati. Occorre pertanto puntare, adottando adeguate politiche di sviluppo, a rendere effettiva una crescita potenziale del sistema-Paese avendo come obiettivo almeno il 3 per cento;
a fronte di tali prospettive il DPEF è stato praticamente «bocciato» dal Governatore della Banca d'Italia, il quale ha affermato l'insufficienza delle politiche preannunciate nel Documento, ed ha ribadito che l'innalzamento dell'età pensionabile è obiettivo irrinunciabile sia tenendo conto dell'andamento demografico del Paese sia della necessità di contribuire alla diminuzione del peso del debito, notando, tra l'altro, che è improprio parlare di «tesoretto», quando occorre invece operare ogni sforzo per ridurre il disavanzo;
parimenti, la Corte dei conti ha rinnovato le perplessità sollevate nella relazione sul rendiconto dello Stato, dove si affermava che «l'elevato livello del debito pubblico richiederebbe [...] una attenta riconsiderazione delle cause degli insuccessi degli anni trascorsi in tema di controllo della spesa e l'assunzione di decisioni più incisive, in mancanza delle quali si prospetta uno scenario di mantenimento della pressione fiscale su valori difficilmente tollerabili sul piano sociale e causa di effetti distorsivi sul piano economico»;
i maggiori competitors europei di Italia, Francia e Germania, stanno ponendo in atto precise politiche tese a rilanciare il sistema economico. In particolare, la Francia del neo-presidente Sarkozy ha avviato una riforma del mercato del lavoro fondata su un nuovo contratto che offrirà garanzie crescenti nel tempo (precari all'inizio, ma con la prospettiva di divenire dipendenti stabili se con il passare del tempo il rapporto tra lavoratore e impresa dimostra di funzionare) ed una detassazione degli straordinari che favorirà l'occupazione, la deducibilità fiscale dei finanziamenti immobiliari, l'eliminazione della quasi totalità dell'imposta di successione;
sul piano metodologico, il DPEF contiene anche una indicazione allarmante circa la componente di spesa corrente per interessi, per il cui costo marginale all'emissione, in rapporto allo stock di debito, avrebbe già segnato un aumento di quasi un punto percentuale nel solo biennio rispetto al 2005 (dal 2,47 al 3,32 per cento) e che, nondimeno, alla luce dei recenti rialzi nel tasso di sconto operati dalla BCE e delle attese di ulteriori incrementi a cavallo tra la fine dell'anno corrente e l'inizio del prossimo anno, la previsioni indicherebbero la cifra «ottimistica» di un maggior onere, pari a solo 2,5 miliardi di euro. Tuttavia, se si guarda al
conto economico della P.A. nella versione a legislazione vigente, l'incremento è di almeno 4,5 miliardi di euro nel 2008, rispetto al 2007;
in tema di politiche previdenziali, le ragioni dell'equità e la difesa dei più deboli non possono che indurre ad intervenire per un riequilibrio di tali componenti. Qualsiasi ritardo nella riduzione del volume del debito pone infatti a carico dei più poveri e dei più giovani la più iniqua delle imposizioni fiscali. Appare, pertanto, essenziale che l'Italia faccia molto di più per aiutare le famiglie con bambini, per innalzare le pensioni più basse degli ultrasessantacinquenni, per accrescere le detrazioni a favore delle famiglie che si prendono cura di anziani non autosufficienti, per dotare i lavoratori italiani, a prescindere dal tipo di contratto, di un sistema di ammortizzatori sociali. L'innalzamento dell'età di pensionamento prevista dalla citata «legge Maroni» rappresenta pertanto un elemento ineliminabile del sistema. Appare infatti assolutamente iniquo, oltre che contrario agli orientamenti dell'Unione europea, l'intervento preannunciato dal Governo, il quale, prevedendo la riduzione delle soglie di età richieste per l'accesso ai trattamenti di quiescenza, si risolverà in un altro insostenibile aumento della spesa pubblica e, rinviando ulteriormente gli interventi a favore dei minori, delle fasce più giovani della popolazione, dei pensionati poveri, dei soggetti non autosufficienti e dei disoccupati, appare volto a risolvere problemi interni alla coalizione di maggioranza, piuttosto che a risolvere i problemi concreti del Paese. Sarebbe pertanto irrazionale, dal punto di vista della sana gestione della finanza pubblica, una scelta volta a trasformare in spesa corrente la quota di surplus fiscale necessaria per l'aggiustamento dei conti pubblici del 2008;
per quanto riguarda la politica dell'energia, a fronte di una dipendenza dall'estero pari a circa l'85 per cento del fabbisogno energetico nazionale, il DPEF non fa alcuna menzione dell'opzione nucleare, fonte dalla quale deriva attualmente circa il 16 per cento dell'energia elettrica prodotto nel mondo ed il 35 per cento in Europa. In sintesi, le azioni del Governo nel settore energetico previste dal DPEF appaiono totalmente inadeguate rispetto alla drammatica esigenza propria del Paese in questo settore;
da tale quadro emerge il dato rilevante costituito dal rinvio degli interventi correttivi necessari per raggiungere il pareggio di bilancio al triennio 2009-2011; in particolare, circa la metà è programmata per il 2011, ultimo anno della legislatura, mentre la fase congiunturale favorevole avrebbe invece consentito di accelerare il riequilibrio dei conti;
dal DPEF risulta una miscela perversa di politica economica: più tasse, più spesa corrente, più deficit;
il DPEF indica come prioritario il controllo della qualità e della quantità della spesa pubblica. La riduzione del disavanzo e il contenimento del prelievo richiedono però un forte rallentamento dell'espansione della spesa primaria corrente, che anche nel 2007 resta elevata e superiore ai livelli inizialmente programmati;
la filosofia di fondo della politica economica proposta nel DPEF si presenta contraria a tutti i dettami della sana gestione della finanza pubblica poiché propone un forte incremento della spesa pubblica. In sostanza, anziché utilizzare le maggiori entrate per ridurre il disavanzo o per diminuire la tassazione, si limita ad utilizzarle per aumentare la spesa corrente, contro ogni principio, se non altro, di buon senso;
per quanto concerne il Mezzogiorno, nel DPEF manca una linea di politica per lo sviluppo. L'unico riferimento è al quadro di risorse che proverranno - come residuo finale per l'obiettivo 1 - omettendo del tutto una proposta, un ragionamento, un impegno per la risoluzione di una questione che vieppiù si rivela drammatica e comunque decisiva
per lo sviluppo del Paese. Nel 2006 il Mezzogiorno d'Italia è «bypassato» non soltanto dalla Spagna e dal Portogallo, che ormai possono anche guardare al sorpasso dell'Italia intera, ma dalla Grecia. È vero che esiste una questione settentrionale in questi ultimi anni. Ma a parte la considerazione che essa è conseguenza della questione meridionale irrisolta, il problema non è mettere in rivalità il Nord ed il Sud d'Italia, ma metterli in direzione di una ripresa di uno sviluppo che possa essere ordinato ed armonico. Il DPEF si limita in modo notarile ad indicare scelte che sembrano ormai tutte orientate a mantenere uno status quo dell'economia nazionale senza alcuna linea guida e senza obiettivi generali che realmente permettano al Paese di continuare a crescere come è avvenuto in altri tempi. Il Governo ha tolto di mezzo tutti quei progetti che potevano rappresentare le idee-forza di una nuova fase dello sviluppo del Paese. Ha utilizzato e frammentato risorse - oltretutto non proprie - rispetto all'impegno per avviare la costruzione del ponte sullo Stretto da considerare come il mezzo di estendere al Mezzogiorno d'Italia l'alta velocità ed integrare un sistema di trasporti che lo rendano adeguato a concorrere allo sviluppo generale;
nell'esprimere un parere contrario sul Documento in esame,
impegna il Governo:
ad operare una radicale correzione degli indirizzi di politica economica, finalizzandola al rinnovamento del Paese, nel senso di un deciso rafforzamento della sua posizione competitiva e della liberalizzazione di settori e comparti sinora caratterizzati da protezioni e limiti all'accesso di nuovi operatori, prescindendo da interventi microsettoriali di stampo punitivo e concentrando, invece, l'azione sui grandi servizi a rete e sui servizi pubblici locali nonché intervenendo sui conglomerati industriali partecipati dallo Stato che spesso operano in regime di monopolio e che quasi sempre determinano maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
ad agire in sede comunitaria per verificare, in base a quale interpretazione dello statuto della BCE, la politica monetaria dell'UEM si sia concentrata in modo assoluto e aprioristico sull'obiettivo della lotta all'inflazione, nonostante questo indicatore abbia raggiunto livelli minimi e comunque non preoccupanti, con ciò dimenticando l'effetto collaterale dell'apprezzamento dell'euro che aumenta notevolmente le difficoltà di bilancio dei governi europei, atteso che con un euro ragionevolmente più equilibrato, il profilo di crescita e il profilo di deficit pubblico sarebbero di gran lunga migliori, a parità di condizioni strutturali e a parità di necessità di interventi strutturali;
a destinare gran parte delle maggiori risorse, che si conseguiranno rispetto alle previsioni tendenziali, al risanamento dei saldi di finanza pubblica e a ridurre gli interventi di distribuzione delle medesime risorse, con eccezione delle spese per investimenti, onde anticipare il pareggio di bilancio all'anno 2010 piuttosto che rimandarlo all'anno 2011, e inoltre a destinare la parte restante di tali maggiori risorse alla riduzione della pressione fiscale, anche in considerazione del prelievo fiscale forzoso imposto ai contribuenti dai provvedimenti fiscali adottati dal Governo Prodi;
ad attuare, posto che esiste una relazione inversa tra la pressione fiscale e la crescita economica, ogni efficace azione mirata alla riduzione della pressione fiscale e alla riduzione della spesa pubblica, introducendo un meccanismo di tetti, finalizzato a far sì che essa si riduca in misura comunque non inferiore a 0,5 punti percentuali ogni anno, mediante una efficace e costante azione di riduzione di quella improduttiva e degli sprechi, responsabilizzando i centri di spesa, grazie anche all'attuazione del federalismo fiscale;
a puntare, per tal via, a ridurre la spesa pubblica senza ridurre il benessere dei cittadini agendo sul fiscal churning, ovvero riducendo sia l'imposizione fiscale
che la spesa pubblica mediante una profonda ridefinizione selettiva dell'intervento statale e delle sue funzioni;
ad agire sulla spesa mediante una radicale revisione dei fattori critici individuabili a monte della crescita inerziale della spesa, riconducibili alle dinamiche sinora registrate dalla spesa nei comparti del pubblico impiego, pensionistico e sanitario e degli enti decentrati, adottando dispositivi di riordino della spesa pubblica in grado di operare il contenimento della componente corrente;
ad operare, per quanto riguarda il fisco, una decisa riduzione dell'IRES per rilanciare la competitività delle imprese in linea con quanto deciso dai maggiori paesi europei;
a procedere verso una più forte semplificazione fiscale, riducendo gli adempimenti fiscali e ridefinendo gli studi di settore attraverso il metodo della consultazione;
a porre in essere, per quanto riguarda il Mezzogiorno, valutati i profili di compatibilità con la disciplina dell'Unione Europea, una politica di fiscalità di vantaggio ed una strategia politica di bilancio orientata al contenimento della spesa corrente a favore di quella in conto capitale e ad attuare, pertanto, un livello almeno pari al 40 per cento della spesa in conto capitale per il Mezzogiorno;
ad implementare inoltre, per lo stesso Mezzogiorno, una politica complessiva di incentivazione della localizzazione degli investimenti esteri, in particolare mediante un organico piano di marketing territoriale;
a valutare, per il Mezzogiorno, una organica disciplina del mercato del lavoro, che preveda, in particolare per i neoassunti, trattamenti differenziati in relazione a differenti livelli di produttività;
a rafforzare la riduzione del cuneo fiscale secondo un criterio di distinzione territoriale che tenga conto delle aree sottoutilizzate;
a confermare l'impianto delle norme adottate nella precedente legislatura a tutela della flessibilità del mercato del lavoro, requisito essenziale per una crescita della produttività, ferma restando la possibilità di interventi migliorativi, coniugando la flessibilità con la sicurezza del lavoro, in linea con la strategia comunitaria contenuta nel documento;
a prevedere misure di decontribuzione e di detassazione degli straordinari e dei salari di produttività per sostenere i redditi dei lavoratori e la competitività delle imprese;
a mantenere il cosiddetto «scalone» introdotto dalla legge n. 243 del 2004, che prevede dal 2008 un doppio canale di uscita, 40 anni di contributi oppure 60 anni di età più 35 anni di contributi;
a sostenere il federalismo fiscale, dando attuazione, attraverso un percorso partecipato e graduale, ad un sistema di federalismo basato su criteri di autonomia e responsabilità fiscale degli enti territoriali, invertendo i criteri sui quali si basa il recente disegno di legge approvato dal Governo;
nell'ambito del conseguimento di una maggiore autonomia decisionale degli enti locali e territoriali, e comunque nei limiti del rispetto del conseguimento della riduzione dell'indebitamento netto della pubblica amministrazione, ad adottare principi e criteri per il patto di stabilità per il triennio 2008-2010, che consentano agli enti locali in avanzo di bilancio di poter utilizzare il medesimo per spese di investimento o per spese aventi funzione sociale, inasprendo per compensazione i vincoli del patto per gli enti «non virtuosi»;
a far sì che vengano adottate in tempi brevi misure dirette al sostegno della natalità e della famiglia, che intervengano in particolare nella fascia di età più delicata del bambino, fino ad almeno il terzo anno di età («bonus bebè» e assegni familiari), al fine di invertire il trend demografico negativo che vede l'Italia tra i Paesi europei e mondiali con il più basso tasso di natalità;
a compiere, per la famiglia, ogni sforzo utile nella elaborazione di strumenti di agevolazione fiscale per le famiglie. In particolare, per quelle con molti componenti minori di età ed anziani, ivi compresa, ad esempio, l'adozione graduale del cosiddetto «quoziente familiare» ai fini di imposizione del reddito, in aggiunta ad ogni incentivazione (deducibilità delle spese per l'istruzione e forme di sussidio diretto all'assistenza familiare domiciliare) per il mantenimento dei figli, sia sul piano delle spese per l'istruzione che per la cura della salute fisica e psichica nel senso di una sana crescita dei fanciulli;
a prevedere l'esenzione totale ai fini ICI sull'abitazione principale, introducendo lo strumento del credito d'imposta ai fini IRE per l'intero importo effettivamente pagato;
a promuovere interventi in materia previdenziale per agevolare la lavoratrice madre anche ai fini pensionistici;
a non stravolgere i principi ispiratori della riforma previdenziale di cui alla legge n. 243 del 2004, atteso che tale provvedimento ha determinato l'auspicata stabilizzazione della spesa previdenziale, concepita per portare in equilibrio il rapporto fra contributi versati nel corso della vita lavorativa e prestazioni previdenziali ricevute negli anni del pensionamento;
a definire quanto prima un nuovo sistema di trasporti e infrastrutture che dia all'intero Paese la capacità di fungere da raccordo strutturale tra il Mediterraneo e l'Europa e tra Est e Ovest europeo, confermando pienamente gli impegni già presi con l'Unione europea in tema di TAV, assicurando i necessari collegamenti trasversali e dei valichi alpini e assegnando priorità, nella distribuzione delle risorse, all'ultimazione delle opere già iniziate, anche attraverso i ricorsi agli investimenti privati e al project financing e a riqualificare i centri urbani anche mediante agevolazioni fiscali e nuove procedure urbanistiche;
a prevedere, nell'ambito della ripartizione delle risorse destinate agli interventi di realizzazione delle opere strategiche e di quelle collegate alle reti transeuropee di tarsporto TEN, il completamento, nel più breve tempo possibile, di collegamenti orizzontali e verticali quali il corridoio multimodale n. 5 (sistema infrastrutturale multimediale che dovrebbe collegare Barcellona a Kiev, passando per Lione, Torino, Milano e Trieste), quale principale via di comunicazione per la libera circolazione di beni e persone tra l'Est e l'Ovest europeo, e il completamento dell'asse pedemontano, nonché dei necessari collegamenti trasversali e dei valichi alpini, al fine di facilitare il superamento della barriera naturale delle Alpi verso l'Europa centrale. In tal modo, infatti, si potrà assegnare all'Italia un ruolo di ponte tra l'Unione europea e i Paesi del bacino mediterraneo, di cerniera tra l'Est e l'Ovest, e garantire per i territori del Nord un ruolo centrale nell'ambito del crescente traffico europeo e dell'economia internazionale;
a rivedere le priorità indicate nell'allegato B (Legge obiettivo: quadro complessivo degli interventi) dell'allegato I al Documento di programmazione economica e finanziaria 2008-2011, inserendovi anche tutte le opere, che non richiedono per la loro realizzazione o per il loro completamento l'utilizzo di risorse finanziarie pubbliche, previste dall'allegato G (Infrastrutture prioritarie);
per quanto riguarda la politica dell'energia, a compiere ogni sforzo per ridurre la dipendenza energetica dall'estero, valutando senza pregiudiziali tutte le fonti disponibili;
per quanto riguarda la salvaguardia dell'ambiente, ad istituire, in aggiunta a quello generale, un nuovo 5 per mille «ambientale»;
ad incrementare con tutti gli strumenti ritenuti utili il sostegno alla ricerca e alle nuove tecnologie e, per quanto riguarda l'università e la ricerca, a definire un piano strategico degli interventi e degli investimenti, sentite le Commissioni parlamentari, per un innalzamento decisivo
della qualità dell'università italiana in rapporto alla comparazione internazionale, collegando l'incremento del Fondo per il funzionamento ordinario dell'università ad un progressivo aumento della percentuale da assegnare attraverso la valutazione;
ad aumentare la concessione di contributi di partecipazione alle spese delle scuole paritarie di ogni ordine e grado, allo scopo di sostenere e valorizzare gli interventi mirati all'elevazione dei livelli di qualità delle attività educative, in coerenza anche con i processi innovativi in atto nel sistema scolastico nazionale;
per quanto riguarda i programmi nel settore della difesa: a confermare le scelte fatte nella più recente sessione di bilancio in merito alla prosecuzione dei principali programmi multinazionali di progettazione, sviluppo, produzione ed acquisizione di sistemi d'arma, materiali d'armamento di vario tipo e piattaforme aerospaziali complesse; ad interrompere la tendenza a comprimere le spese in favore del personale militare e del suo addestramento; a destinare adeguate risorse finanziarie per la manutenzione e l'acquisizione dei mezzi destinati alle forze di polizia ad ordinamento civile e militare.
ad adottare iniziative volte a risolvere il problema della dotazione organica soprannumeraria dell'esercito attraverso forme di mobilità;
al fine di consentire una lettura più trasparente del bilancio, a corredare il disegno di legge di bilancio per l'anno 2008 e per il triennio 2008-2010 di una adeguata e completa documentazione informativa che consenta di verificare con esattezza la corrispondenza tra la riorganizzazione, in missioni e programmi, del sistema di classificazione del bilancio dello Stato e la precedente struttura articolata in centri di responsabilità;
poiché la riclassificazione del bilancio per missioni potrebbe comportare un'apparente crescita di alcune poste di bilancio, peraltro non ascrivibile ad un effettivo aumento della spesa, ma ad una diversa aggregazione dei dati, a tenere adeguatamente conto di tale fattore, al fine di non adottare, con riferimento a tali dotazioni, misure di riduzione o di taglio della spesa che risulterebbero del tutto ingiustificate.
6/00019. Elio Vito, La Russa, Maroni, Angelino Alfano, Armosino, Casero, Gianfranco Conte, Crosetto, Giudice, Leone, Marras, Ravetto, Verro, Zorzato, Alemanno, Armani, Garnero Santanchè, Alberto Giorgetti, Taglialatela, Filippi, Garavaglia.
La Camera,
considerata e pienamente assunta la risoluzione approvata al Senato il 26 luglio 2007, n. 6-00043 (testo 2), con particolare riferimento:
1) al carattere prioritario che, nell'ambito del DPEF, assumono le politiche per l'equità e l'inclusione sociale, stante il divario che tuttora si registra rispetto ai più avanzati paesi dell'Unione europea, in particolare per quanto concerne il tasso di povertà e l'insufficiente dotazione di risorse per le persone non autosufficienti. A tal fine, si segnala, in particolare, l'esigenza di sostenere il reddito delle famiglie incapienti e di riprendere il progetto del reddito minimo di inserimento;
2) all'importanza di promuovere l'occupazione stabile e a tempo indeterminato, regolare e inclusiva, riducendo le forme di lavoro precarizzanti, anche attraverso una riforma degli ammortizzatori sociali, l'allargamento della base occupazionale, con particolare riguardo ai soggetti più deboli, e il contrasto al fenomeno del lavoro nero e irregolare;
3) alla necessità di orientare le politiche economiche per una crescita sostenibile, al fine di dare attuazione al Protocollo di Kyoto, abbattendo le emissioni di gas serra, sviluppando le fonti rinnovabili, l'efficienza e il risparmio energetico e spostando l'onere tributario dal fattore lavoro alle attività inquinanti;
4) a selezionare le opere infrastrutturali di carattere strategico, privilegiando la mobilità urbana, il trasporto ferroviario, le vie del mare e la portualità;
impegna il Governo:
A. Relativamente agli obiettivi di carattere finanziario:
1) a stabilire il limite massimo del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, al netto delle regolazioni contabili e debitorie, in un valore non superiore, per il 2008, a 24 miliardi di euro e, per gli anni successivi, a 21,5 miliardi di euro per il 2009 e a 18 miliardi di euro per il 2010;
2) a mantenere il fabbisogno di cassa del settore statale entro il limite del 2,1 per cento per il 2008, dello 0,7 per cento per il 2009, in pareggio nel 2010 ed in avanzo per lo 0,7 per cento per il 2011;
3) a conseguire l'obiettivo di un indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche che, comprensivo degli effetti del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, e dell'assestamento di bilancio per il 2007, risulti pari al 2,2 per cento del PIL nel 2008, all'1,5 per cento nel 2009, allo 0,7 per cento nel 2010, e si trasformi in accreditamento netto, pari allo 0,1 per cento, nel 2011;
4) a perseguire un progressivo miglioramento dell'avanzo primario, dal 2,7 per cento nel 2008 al 4,9 per cento nel 2011, che permetta il raggiungimento degli obiettivi indicati nel documento;
5) a mantenere il rapporto tra debito pubblico e PIL entro valori non superiori al 103,2 per cento nel 2008, al 101,2 per cento nel 2009, al 98,3 per cento nel 2010, al 95 per cento nel 2011;
6) a presentare una Nota di aggiornamento nel mese di settembre, con un congruo anticipo rispetto alla trasmissione del disegno di legge finanziaria, qualora ciò risulti necessario in relazione all'evoluzione dell'andamento dei dati macroeconomici e di finanza pubblica;
B. Relativamente alla manovra di finanza pubblica:
1) a non effettuare una manovra correttiva netta per il 2008, che non sarebbe congruente con le condizioni economiche e sociali del Paese, considerando il grande sforzo di aggiustamento strutturale effettuato nel 2007;
2) a realizzare con la legge finanziaria per il 2008 gli interventi connessi agli impegni sottoscritti, alle prassi consolidate e a nuove iniziative a sostegno della competitività e della produttività dell'economia nazionale e della modernizzazione ed estensione del sistema del welfare, mediante una riprogrammazione e riqualificazione della spesa corrente primaria e, in ogni caso, senza ricorrere ad aumenti della pressione fiscale, ferma restando l'esigenza di proseguire e rafforzare ulteriormente il proficuo lavoro già realizzato per il contrasto all'evasione, presupposto imprescindibile ai fini di una più equa ripartizione del carico tributario;
3) a finalizzare le eventuali maggiori entrate derivanti dalla politica di contrasto dell'evasione fiscale, qualora permanenti, a riduzioni della pressione fiscale prioritariamente per le fasce più deboli, nell'ambito di un programma di generale riduzione del prelievo fiscale su famiglie e imprese, già a partire dalla legge finanziaria per il 2008;
4) a migliorare l'economicità e l'efficienza delle pubbliche amministrazioni, anche per quanto riguarda i rapporti fra lo Stato e le autonomie territoriali, allo scopo di eliminare sovrapposizioni e ridondanza dei livelli burocratici a vantaggio dell'effettivo funzionamento dei servizi pubblici;
5) a promuovere in tale direzione un «Patto per la qualificazione e la razionalizzazione della spesa», da concordare tra lo Stato, le regioni e il sistema delle autonomie, allo scopo di riqualificare la spesa corrente a favore della spesa in conto capitale per investimenti e sviluppo;
6) ad estendere e approfondire le procedure di revisione della spesa già avviate nell'ambito del bilancio dello Stato, portandole al massimo livello di governo e promuovendole nelle intese con gli enti territoriali, in modo da incentivare le singole amministrazioni alla trasparenza, motivazione e comparabilità delle spese;
7) ad effettuare, allo scopo di riqualificare e rendere più efficiente la spesa, una accurata rivisitazione dell'assetto normativo vigente, anche ai fini della conseguente abrogazione delle norme rispondenti a finalità ormai superate e, pertanto, da abbandonare;
8) ad effettuare, anche nei rapporti con l'Unione europea, una ricognizione di tutti gli strumenti utili a determinare una significativa riduzione del debito pubblico, sia con riferimento a forme concordate di utilizzo delle riserve delle banche centrali, in oro e in valuta, eccedenti quanto richiesto dal concerto con la BCE per la difesa dell'euro, anche sulla base delle esperienze di altri Paesi, sia con riferimento alla classificazione delle operazioni patrimoniali e delle partite finanziarie, nonché ad aprire nuovi spazi per forme più qualificate di spesa pubblica;
C. Relativamente al sistema delle autonomie locali ed al federalismo fiscale:
1) in attesa dell'approvazione del disegno di legge sul federalismo fiscale, ad individuare procedure idonee - anche valorizzando le sedi tecniche in cui siano rappresentate tutte le istituzioni e gli enti interessati (Governo, Parlamento ed enti territoriali) - allo scopo specifico di definire:
a) i fabbisogni di spesa degli enti territoriali, svolgendo le opportune quantificazioni e definendo i costi standard e gli indicatori di spesa relativi a beni e servizi dei sistemi regionali e locali;
b) le modalità per il collegamento e il tendenziale consolidamento dei conti dei singoli enti e tra i diversi livelli di Governo, allo scopo di disporre di un quadro completo delle responsabilità e delle competenze nell'esercizio delle funzioni trasferite, e per un efficace monitoraggio della spesa;
c) le regole essenziali da ricomprendere nel patto per la qualificazione e la razionalizzazione della spesa, di cui al punto B.5), con l'individuazione di variabili-obiettivo per tutti i livelli istituzionali, nella direzione di ridurre la spesa corrente a favore della spesa in conto capitale per investimenti e sviluppo;
d) modalità idonee a favorire la diffusione delle «buone pratiche» tra enti territoriali e locali e tra i diversi livelli in cui si articola l'amministrazione centrale dello Stato, anche promuovendo l'assistenza tecnica reciproca, al fine di conseguire una più razionale ed omogenea organizzazione dei centri di spesa e di responsabilità amministrativa;
e) piani integrati e programmi comuni tra Governo, regioni e autonomie locali per la tutela dell'ambiente e il controllo delle emissioni inquinanti, le politiche energetiche, lo sviluppo economico, con una chiara individuazione degli obiettivi, delle competenze e delle responsabilità;
f) modelli di sperimentazione e di applicazione di innovazioni tecnologiche nei servizi pubblici essenziali nelle amministrazioni centrali e decentrate;
D. In merito alle procedure per la decisione di bilancio:
1) a proseguire il processo di riclassificazione del bilancio dello Stato implementando e aggiornando la relativa disciplina, fermo restando che l'oggetto del voto parlamentare, per la spesa, dovrà individuarsi nei macroaggregati;
2) a riferire in Parlamento, entro il 20 settembre, sullo stato di attuazione della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 3 luglio 2007 con la quale sono state definite le modalità per la
predisposizione della legge finanziaria, esponendo metodi, criteri e regole adottate per una drastica diminuzione degli interventi da inserire nella legge finanziaria rispetto agli anni precedenti e per la distribuzione dei restanti interventi in provvedimenti collegati, da indicare nella eventuale Nota di aggiornamento, ivi compresi eventuali provvedimenti di urgenza che si dimostrassero necessari, individuando quelli da includere in un unico quadro di copertura;
3) conseguentemente, ad attenersi ad uno scrupoloso e puntuale rispetto dei vincoli previsti dalla normativa vigente per quanto concerne la delimitazione del contenuto della legge finanziaria, sia nella fase di trasmissione del disegno di legge del testo in Parlamento che in quella successiva della eventuale presentazione di proposte emendative, in modo da ridimensionarne l'eccessiva ampiezza. A tal fine, si evidenzia l'esigenza di predisporre un testo con un numero limitato di articoli omogenei, tutti rigorosamente corrispondenti al suo contenuto tipico, come definito dalla legislazione contabile, evitando, in particolare, l'inserimento di norme meramente ordinamentali ovvero di carattere localistico o microsettoriale;
4) a prevedere un aggravamento della procedura relativa alla presentazione degli emendamenti da parte del Governo, disponendone la previa delibera del Consiglio dei Ministri;
5) a migliorare l'utilizzazione dello strumento dei disegni di legge collegati anche attraverso la previsione delle necessarie coperture nell'ambito dei fondi speciali;
6) a verificare la possibilità di collocare le norme relative alla finanza regionale e locale, con particolare riguardo alle eventuali correzioni alle regole del Patto di stabilità interno, che oggi confluiscono nel disegno di legge finanziaria, in un provvedimento collegato, previa una fase di confronto e valutazione congiunta con regioni, province e comuni;
7) a presentare, entro il mese di giugno 2008, una relazione al Parlamento sullo stato di attuazione delle norme contenute nella legge finanziaria e sui loro effetti finanziari, dando conto degli eventuali ritardi nell'adozione dei provvedimenti di carattere amministrativo o regolamentare;
E. Per quanto concerne la crescita sostenibile:
1) in materia di politica industriale: (i) a dare piena attuazione alla nuova politica industriale per lo sviluppo e la competitività del sistema economico, secondo gli obiettivi delineati dal programma «Industria 2015» e dalla legge finanziaria per il 2007; (ii) ad attivare tutti gli adempimenti procedurali e il flusso di risorse per l'attuazione del Quadro Strategico Nazionale 2007-2015 e della politica regionale sia comunitaria (Fondi strutturali) che nazionale (Fondo aree sottoutilizzate); (iii) a riformare l'intero sistema degli incentivi pubblici, anche mediante la ridefinizione di modelli organizzativi, secondo una logica di semplificazione e di flessibilità degli strumenti in un quadro di cooperazione integrata con le Regioni;
2) a sostenere la capacità di penetrazione nei mercati mondiali delle piccole e medie imprese italiane, anche mediante l'introduzione di incentivi all'aggregazione per distretti o per filiera e l'avvio in tempi rapidi di un vasto programma di formazione di professionalità in materia di politiche di internazionalizzazione e di riforma degli organismi e delle amministrazioni competenti nel settore;
3) in materia di editoria, a determinare, nell'ambito della prossima legge finanziaria, le risorse necessarie al rilancio e al riequilibrio del settore, così come previsto nelle linee di riforma annunciate dal Governo;
4) a sostenere le attività del settore no profit, confermando la previsione della destinazione del 5 per mille dell'IRPEF e,
allo stesso tempo, incrementando la misura degli importi complessivamente erogabili;
F. Con riferimento agli interventi per l'adeguamento infrastrutturale:
1) a destinare risorse per la costituzione di un Fondo per finanziare la ristrutturazione e l'ammodernamento della rete idrica sull'intero territorio nazionale;
2) a individuare le migliori strategie di prevenzione della crisi idrica di tutte le aree del Paese e, in particolare, del bacino del Po e del Mezzogiorno, anche mediante la tempestiva indizione di una conferenza nazionale sull'acqua, nonché ad individuare le relative risorse finanziarie;
G. Per quanto concerne le politiche relative alla sicurezza:
1) a rafforzare il Sistema nazionale di sicurezza quale strumento di garanzia e di democrazia ai fini del pieno esercizio dei diritti dei cittadini, in termini coerenti con le politiche sociali, per favorire l'integrazione sociale e la crescita civile, sociale ed economica, attraverso il controllo coordinato del territorio anche con il coinvolgimento dei diversi livelli di governo nella definizione ed adozione di modelli di sicurezza territoriale, privilegiando il contrasto alla criminalità organizzata; ad adoperarsi per il miglior utilizzo delle dotazioni organiche e la riduzione del personale delle Forze di polizia addetto a funzioni meramente amministrative, secondo le linee di razionalizzazione di sistema introdotte dalla legge finanziaria per il 2007;
2) a garantire il miglioramento del sistema di soccorso pubblico attraverso la soddisfazione delle esigenze organizzative e di dotazione strumentale e logistica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dei soggetti operanti nel sistema della protezione civile;
3) a prevedere tra le misure da adottare a seguito della sospensione della chiamata alla leva, anche ai fini della razionalizzazione della spesa, la drastica riduzione del numero di tribunali militari, con conseguente rimodulazione delle dotazioni organiche dei magistrati militari, del personale di cancelleria e di segreteria e il contestuale transito delle unità eccedenti nei corrispondenti ruoli della magistratura ordinaria e del Ministero della giustizia;
H. Relativamente alle politiche di sviluppo e crescita del Mezzogiorno:
1) a sviluppare le attrezzature materiali e immateriali per far diventare il Mezzogiorno una piattaforma di interconnessione economica e culturale tra Europa, Asia ed Africa;
2) a sviluppare la centralità politica, commerciale e culturale nel Mediterraneo valutando la possibilità di promuovere la creazione di una Banca euromediterranea degli investimenti, eventualmente con sede nel Mezzogiorno, e a realizzare interventi volti alla creazione di poli tecnici e scientifici, di formazione e ricerca;
3) a garantire il pieno rispetto degli impegni di spesa previsti dal DPEF, con un aumento del 37 per cento della spesa in conto capitale per l'accesso ai Fondi europei, in particolare per le aree dell'Obiettivo Convergenza;
4) ad assicurare piena efficacia agli strumenti di politica industriale e agli interventi strategici previsti dalla legge finanziaria per il 2007; a prevedere modalità di intervento automatiche di natura fiscale rivolte agli investimenti in ricerca, innovazione e internazionalizzazione delle imprese, alla stabilizzazione e all'incremento delle assunzioni e/o all'emersione del lavoro nero, alla attenuazione dei costi legati alla marginalità geografica;
5) a definire un adeguato Piano per l'occupazione nel Mezzogiorno, per garantire
più elevati tassi di occupazione e partecipazione, in particolare per la componente femminile;
6) a individuare obiettivi concreti con risorse adeguate nell'azione di governo, per assicurare legalità e sicurezza ai cittadini e agli insediamenti produttivi nei territori meridionali, e per contrastare l'esclusione sociale, in particolare dei minori a rischio;
7) a condizionare l'erogazione di risorse pubbliche ai grandi investitori istituzionali (quali, ad esempio, ANAS, Ferrovie dello Stato, ENEL, GRTN, ENI, Poste Italiane) al pieno rispetto del vincolo di destinazione territoriale della spesa ordinaria;
8) a prevedere un adeguato programma di interventi per una significativa riduzione dei divari di servizi, anche mediante il miglior utilizzo delle risorse umane e finanziarie.
6/00020. Ventura, Duilio, Ossorio, Franceschini, Migliore, Di Salvo, Donadi, Villetti, Sgobio, Bonelli, Fabris, Andrea Ricci, Aurisicchio, Raiti, Di Gioia, Napoletano, Zanella, D'Elpidio.