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Allegato B
Seduta n. 198 del 31/7/2007
AFFARI ESTERI
Interpellanze:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
su alcune agenzie di venerdì 27 luglio 2007 si legge «Le autorità afgane torturano prigionieri che gli vengono consegnati dai militari dei Paesi della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF)»;
queste affermazioni, sempre secondo quanto riportato dalle agenzie, sarebbero scritte in una nota dell'ambasciata norvegese a Kabul. In particolare in questa nota i diplomatici affermerebbero che alle organizzazioni umanitarie internazionali come la Croce Rossa (Cicr) e la Commissione afgana per i diritti dell'uomo sarebbe impedito di andare a visitare i prigionieri tra cui alcuni che avrebbero subito torture;
sempre secondo il documento in questione «quello che inquieta particolarmente è il degrado con i cattivi trattamenti e torture in Afghanistan, in particolare da parte dei servizi segreti afgani, su alcuni prigionieri che sono stati consegnati dalle forze armate internazionali»;
l'Italia, come del resto l'ultima conferenza internazionale sulla giustizia in Afghanistan ha confermato, e il Paese a cui è stato assegnato il ruolo guida nella ricostruzione del sistema giudiziario in Afghanistan -:
se il Ministro interpellato sia informato della vicenda e se sia in grado di fornire ulteriori chiarimenti;
se, qualora tali notizie trovassero conferma, il Ministro non ritenga necessario intervenire al fine di porre termine a tale situazione, in modo da ripristinare perlomeno le condizioni di rispetto dei diritti umani.
(2-00683) «Deiana».
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, il Ministro della solidarietà sociale, per sapere - premesso che:
nel gennaio del 1947, la Birmania ha conquistato l'indipendenza. Dal 1962, a seguito di un colpo di Stato del generale Ne Win, si è instaurato un regime di stampo socialista, guidato da un «Consiglio rivoluzionario» di generali dell'esercito. Nel 1988, un altro colpo di Stato delle forze armate ha dato vita ad un regime militare che ha come presidente e primo ministro il generale Saw Maung. Successivamente la Birmania assume la denominazione ufficiale di «Myanmar». Le elezioni politiche indette nel maggio 1990, che avrebbero dovuto legittimare il governo militare, hanno visto la vittoria schiacciante della Lega Nazionale per la Democrazia (NLD), il partito di Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la pace nel 1991 e figlia di Aung San, padre della Birmania indipendente. La giunta militare non ha riconosciuto il risultato elettorale, iniziando una feroce politica di repressione nei confronti degli oppositori politici (Amnesty International per il 2006 denuncia 1.185 prigionieri politici). Il partito NLD è stato messo fuori legge e Aung San Suu Kyi, dopo alcuni brevi periodi di libertà, ancora oggi si trova agli arresti domiciliari. In questi anni poco è cambiato e, nonostante l'embargo dell'Unione europea sul materiale bellico per il Myanmar deciso nel 1988 e confermato nel 2002 e nel 2006, il Consiglio di Stato per la pace e lo sviluppo (SPDC) alla guida del paese non ha compiuto passi significativi verso la democrazia;
nel giugno del 2000, con l'88a sessione, la Conferenza generale dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) ha approvato una risoluzione che invita i governi, gli imprenditori e i sindacati a rivedere i loro rapporti con il Myanmar e ad adottare tutte le misure necessarie per evitare che il Paese membro possa trarre profitto da questi rapporti per perpetuare o sviluppare il sistema del lavoro forzato.
Negli anni successivi, l'OIL ha riaffermato e sostenuto la stessa linea d'intervento e le stesse misure nei confronti del governo birmano e anche di recente, nel marzo 2007 durante la 298a sessione del Consiglio Direttivo dell'OIL, la questione dell'osservanza da parte del Myanmar della Convenzione n. 29 del 1930 sul lavoro forzato è stato oggetto di discussione e di dibattito;
nel maggio 2007, le organizzazioni Cisl, Legambiente, WWF e Greenpeace hanno promosso la «Campagna Birmania» e lanciato un appello per la liberazione di Aung San Suu Kyi e per la difesa dei diritti umani, sindacali, della democrazia, dell'ambiente di questo paese dove «centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini sono tutt'ora costretti al lavoro forzato, da parte sia dei militari, sia delle autorità locali, e sono spesso obbligati alle deportazioni forzate, mentre sono comuni la detenzione e le esecuzioni, torture, stupri, utilizzati come mezzo di potere». L'appello è rivolto, in particolare «alle imprese italiane che hanno rapporti commerciali con la Birmania e alle multinazionali impegnate nel settore forestale, petrolifero, del gas e minerario, nei progetti di costruzione di dighe ed infrastrutture - che comportano ingenti profitti per il regime, la violazione dei diritti umani, sindacali, ambientali -» affinché provvedano a «sospendere i loro rapporti con questo paese, per non contribuire a rafforzare il potere della giunta, che continua ad utilizzare il lavoro forzato e la devastazione ambientale come fonte di potere»;
il 21 giugno 2007, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla Birmania, la 14a dal 2000 ad oggi, che «condanna la repressione incessante e la persecuzione continua perpetrata dall'SPDC nei confronti del popolo birmano» e «invita le industrie che investono in Birmania ad assicurare che i loro progetti siano realizzati nel rispetto dei diritti umani effettivi e, in caso di abuso di tali diritti, a sospendere l'attività nel paese; esprime il proprio disappunto dinanzi al fatto che taluni paesi abbiano ritenuto opportuno aumentare sostanzialmente gli investimenti in Birmania, nonostante la disastrosa situazione dei diritti umani nel paese»;
il 19 luglio 2007, il Presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr), Jacob Kellenberger, ha denunciato, attraverso diverse agenzie di stampa, gravi violazioni dei diritti umani nell'ex Birmania e in particolare ha fatto riferimento al lavoro forzato a cui migliaia di detenuti sono costretti dalle forze armate birmane. Inoltre il Myanmar dalla fine del 2005 ha vietato al Cicr le visite indipendenti nelle carceri, limitando così l'apporto determinante delle organizzazioni umanitarie negli istituti di pena;
Amnesty International, nel rapporto annuale 2007, riporta notizie allarmanti sul Myanmar e denuncia che per il 2006 «la situazione dei diritti umani si è deteriorata nel corso dell'anno, con l'intensificarsi della repressione messa in atto in tutto il Paese dalle autorità nei confronti sia dell'opposizione armata sia degli oppositori politici pacifici. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha inserito il Myanmar nella propria agenda. Violazioni diffuse e sistematiche delle norme internazionali sui diritti umani e del diritto internazionale umanitario, equiparabili a possibili crimini contro l'umanità, sono state perpetrate nel corso di operazioni militari nello Stato del Kayin e nella divisione di Bago. Mentre le autorità continuavano a lavorare a una bozza per una nuova Costituzione, attivisti venivano sottoposti a pressioni al fine di far loro abbandonare il proprio ruolo all'interno dei partiti politici. Decine di arresti di persone impegnate in attività politiche pacifiche sono continuati durante tutto l'anno così come quelli di persone impegnate in altre attività non violente nel contesto del loro esercizio delle libertà di espressione e di associazione. A fine anno, la maggior parte delle figure di primo piano dell'opposizione erano state imprigionate o detenute in via amministrativa, mentre più di altri 1.185 prigionieri politici continuavano a essere detenuti in
condizioni carcerarie sempre peggiori. Sono state almeno due le persone condannate a morte». Nel rapporto di Amnesty International è, inoltre, dedicato un capitolo alla diffusa pratica del lavoro forzato che impone ai prigionieri «di fare da portantini per l'esercito, e gli stessi sarebbero stati sottoposti a torture e ad altre forme di maltrattamenti»;
nella puntata di domenica 8 luglio 2007 del programma televisivo «Alle falde del Kilimangiaro» trasmesso su Rai Tre, la vicepresidente del partito LND, Daw San San, in esilio in Thailandia, durante un'intervista ha ribadito e confermato la drammatica situazione politica, sociale e lavorativa della popolazione birmana che per il 30 per cento, circa 15 milioni di persone, vive sotto la soglia di povertà ed è vittima di spaventosi abusi e di inaudite violenze da parte della giunta militare. A tale denuncia Daw San San ha aggiunto un serio invito a tutti i turisti affinché non si rechino in Myanmar, per evitare di fornire con i proventi del turismo un'ulteriore fonte di profitto economico e di rafforzamento politico del regime -:
quali siano le valutazioni del Governo sui fatti sopra esposti e quali misure intenda adottare a livello comunitario ed internazionale per la difesa dei diritti umani e sindacali in Myanmar, a sostegno della piena applicazione della risoluzione OIL del giugno 2000 e delle successive risoluzioni del Parlamento europeo.
(2-00684) «Boato».
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:
D'ELIA e MELLANO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in un documento di 79 pagine, recentemente reso noto a Washington ed intitolato «Nessuno si può opporre: trasferiti i pastori del Gansu, Qinghai, Sichuan e della Regione Autonoma Tibetana», l'organizzazione Human Rights Watch denuncia il forzato trasferimento di settecentomila tra pastori e nomadi dai pascoli dell'altopiano tibetano e delle aree adiacenti in case coloniche situate nelle vicinanze dei centri abitati;
i pastori sono stati obbligati ad uccidere il loro bestiame (yak, pecore e capre), in cambio di rimborsi minimi o inesistenti;
le persone forzatamente trasferite nelle aree urbane incontrano inoltre enormi difficoltà a trovare un lavoro dignitoso in grado di garantirne la sopravvivenza, in parte perché non conoscono la lingua cinese e in parte perché non possiedono il denaro necessario all'avvio di una qualsiasi attività;
secondo il governo cinese, il processo di urbanizzazione, iniziato nel 2000 e proseguito a ritmi serrati a partire dal 2003, è necessario per la protezione dell'ambiente e per «sviluppare», «civilizzare» e «modernizzare» sia le aree interessate sia la popolazione;
Human Rights Watch, che ha chiesto a Pechino di sospendere i trasferimenti e di consentire ai pastori e ai nomadi di tornare alle proprie terre, ritiene invece che dietro questa politica si nasconda il desiderio di cancellare la cultura tibetana e di assimilare i tibetani alla popolazione han;
il Tibet storico, formato di cinque province (Amdo, Kham, Kham occidentale, U e Tsang) è stato amministrativamente smembrato ed accorpato a formare le province cinesi di Qinghai, Gansu, Sichuan, Yunnan e Regione Autonoma del Tibet (TAR). Esso comprende un territorio di altopiano e di vette dalla fondamentale importanza ambientale per tutto il continente asiatico -:
se il Ministero degli affari esteri italiano non ritenga doveroso ed opportuno trovare le forme ed i modi più adeguati per chiedere a Pechino di sospendere i trasferimenti e di consentire ai pastori e ai
nomadi di tornare alle proprie terre, e se non intraveda che dietro questa politica si nasconda il desiderio di cancellare la cultura tibetana e di assimilare i tibetani alla popolazione han.
(5-01385)
SPINI e PETTINARI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
si è espressa la notizia dell'uccisione del secondo ostaggio sudcoreano da parte delle forze talebane in Afghanistan -:
quali siano le considerazioni del Governo in proposito e quali azioni intenda intraprendere per concorrere al salvataggio delle vite umane degli altri ostaggi.
(5-01386)
RANIERI e MARCENARO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 22 luglio dodici cittadini iraniani sarebbero stati giustiziati;
l'esecuzione imminente di altri diciassette cittadini iranianièstata preannunciata dal procuratore-capo di Teheran;
le motivazioni per le predette pene capitali farebbero riferimento alla pericolosità sociale dei condannati, tra cui rientrerebbe - secondo dichiarazioni di stampa di un alto ufficiale iraniano - il loro orientamento sessuale;
il Ministero degli affari esteri francese ha convocato al riguardo il rappresentante diplomatico iraniano a Parigi -:
quale iniziativa il Governo intenda assumere nei confronti delle autorità iraniane per manifestare la ferma condanna dell'Italia in generale della pena di morte ed in particolare della repressione dell'omosessualità, segnalando le inevitabili conseguenze di simili violazioni dei diritti umani non solo sul piano dei rapporti bilaterali, ma anche su quello delle relazioni internazionali.
(5-01387)
RIVOLTA, PAOLETTI TANGHERONI, AZZOLINI e PICCHI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
giunge notizia di una visita ufficiale in Argentina del Viceministro con delega alla cooperazione, Patrizia Sentinelli;
durante la predetta visita sarebbe stata tenuta una conferenza stampa a cui sarebbe stato invitato un numero limitato di giornalisti - che così come affermato dal responsabile dell'Ufficio stampa dell'Ambasciata italiana in Argentina ad Am570radioargentina, apparterrebbero a testate «suggerite» dalla stessa Viceministro - per cui si profilerebbe, ove ciò corrispondesse al vero, una scorrettezza deontologica del Viceministro ovvero, ove ciò non corrispondesse al vero, un grave comportamento del funzionario preposto che, per coprire un'eventuale propria inefficienza, avrebbe preferito gettare discredito su un Viceministro della Repubblica;
durante tale Conferenza stampa sarebbe stato annunciato un aiuto italiano per interventi di cooperazione per 67 milioni di euro di cui 25 milioni già erogati -:
perché il Governo, pur conscio del fatto che milioni di cittadini italiani siano tuttora creditori dello Stato argentino per milioni di euro nonostante che gli alti tassi di crescita dell'economia di quel paese negli ultimi quattro anni avrebbero consentito la restituzione del dovuto ai risparmiatori in possesso dei bond argentini, non abbia inteso raccordare gli interventi finanziari della cooperazione ad un piano di recupero dei crediti dei cittadini italiani, ferma restando l'esigenza di chiarire per quali programmi si intendano spendere i 67 milioni di euro e in particolare a cosa è già stata destinata la somma di 25 milioni di euro già erogata.
(5-01388)
VENIER. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
le ambasciate italiane si servono attualmente di call-center, gestiti da società esterne e locali, per prenotare gli appuntamenti
a quei cittadini stranieri per i quali è prevista la presentazione di documenti indispensabili al rilascio del visto di ingresso nel nostro paese;
i call-center prevedono un addebito per la rispostache oscilla dai 20 centesimi (es. la Serbia) a 1 euro (es. la Moldavia) circa per minuto, con la conseguenza che il cittadino straniero, lasciato per svariati minuti in attesa di risposta, si vede addebitare un costo che può anche raggiungere i dieci euro prima di riuscire ad ottenere un appuntamento;
ciò accade in paesi nei quali la retribuzione media raggiunge circa i 200 euro;
durante il periodo estivo, il numero delle chiamate è sicuramente maggiore in previsione del maggior numero di rilasci di visti per soggiorno -:
quale è il criterio adottato da parte del nostro Governo per la selezione delle società che gestiscono i citati call-center e se i contratti stipulati tra le nostre ambasciate (dei quali si presume sia possibile accedere alla visione) e le stesse siano posti in essere in forza di trattative private o a seguito di regolare bando pubblico.
(5-01389)
FORLANI e D'AGRÒ. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la maggior parte delle ambasciate italiane si sono dotate di call center per la prenotazione delle visite dei cittadini stranieri, necessarie ai fini della presentazione dei documenti per la richiesta del visto di ingresso in Italia (per quei Paesi che ne hanno bisogno);
tali call center sono affidati a società esterne e locali che addebitano al cittadino straniero una cifra variabile, a seconda dei Paesi, dai 20 centesimi al minuto della Serbia all'1,2 euro al minuto della Moldavia;
accade spesso che gli operatori dei call center lascino in attesa il chiamante per 20-30 minuti per poi, in più casi, invitare a richiamare;
durante il periodo estivo, quando l'afflusso delle chiamate è maggiore, può succedere che al cittadino straniero vengano addebitate dai 10 ai 30 euro prima di riuscire ad ottenere un appuntamento, magari in Paesi dove lo stipendio medio è di circa 200 euro -:
a quali società e con quali criteri sono stati affidati i call center al servizio delle ambasciate italiane, come vengono utilizzati i soldi addebitati per le chiamate e se non intenda intervenire per superare siffatte disfunzioni che screditano l'immagine del nostro Paese.
(5-01390)
Interrogazione a risposta scritta:
CASSOLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
gli impianti nucleari rimangono estremamente pericolosi, come ha dimostrato il recente incidente in Giappone verificatosi alla centrale di Kashwazaki-Kariwa, dove oltre 1200 litri di liquido radioattivo è fuoriuscito riversandosi, così, nel Mar del Giappone;
il Presidente francese Nicholas Sarkozy ha appena firmato un accordo affinché la Francia aiuti la Libia a costruire un reattore nucleare per la desalinizzazione dell'acqua in questo Stato del nord Africa;
il desalinizzatore a reattore nucleare sarebbe stanziato a poche centinaia di chilometri dal territorio italiano, in particolare da Lampedusa (Sicilia) ed anche da altri paesi del Mediterraneo appartenenti al territorio dell'Unione europea (es. Malta) -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga estremamente
importante richiedere un tavolo di discussione con il governo libico, francese e la Commissione europea sul problema della sicurezza da tragedie nucleari.
(4-04596)