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Allegato B
Seduta n. 20 del 6/7/2006
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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO
Interrogazioni a risposta scritta:
D'AGRÒ. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
l'emergenza inquinamento nelle nostre città ha raggiunto limiti insostenibili, come dimostrano i frequenti allarmi sulla quantità di polveri e gas che respiriamo e sull'entità dello smog provocato da diversi fattori;
a partire dal 1o gennaio 1998 i valori consentiti di emissioni inquinanti sono di gran lunga superiori alle percentuali consentite ad esempio in Svizzera, Austria e Olanda, in quanto a fronte della soglia 1.000 tollerata in Italia per l'ossido di carbonio il valore massimo consentito nella Stira è 67, in Svizzera 93, in Olanda 160, ad Amburgo addirittura 15;
per quanto concerne le emissioni inquinanti di ossido di azoto, altra sostanza responsabile dell'effetto serra e delle piogge acide, in Italia non è paradossalmente configurato un limite massimo, al contrario di altri Paesi dove si attesta a livelli molto bassi;
la drammatica situazione ambientale delle nostre città è stata finora affrontata con interventi disarticolati e inadeguati, individuando quasi sempre come unico colpevole il traffico automobilistico;
un recente studio commissionato dall'UPPI (Unione piccoli Proprietari) rileva invece come l'altissimo grado di inquinamento prodotto dalle caldaie a gasolio superi di gran lunga quello prodotto dalle auto;
in base ai risultati di un altro studio pubblicato dall'ENEA gli impianti di riscaldamento domestico bruciano ogni anno circa 14 miliardi di litri di gas, 6,5
miliardi di litri di gasolio, 2 milioni di tonnellate di combustibili solidi come legna e carbone;
tale miscela di combustibili emette ogni anno oltre 42 milioni le tonnellate di anidride carbonica e circa 370 mila tonnellate di altre sostanze inquinanti come ossidi di azoto, di zolfo, di carbonio;
per ogni tonnellata di gasolio bruciata si emettono 3 tonnellate di CO2, mentre per una tonnellata di metano il CO2 è pari a 2,8 tonnellate;
in base ad una rilevazione fatta nella città di Bologna su circa 8.000 condomini con più di 5 appartamenti risulta che il 10 per cento non ha ancora effettuato la conversione in metano per cui, considerando che un'ora di funzionamento di una caldaia a gasolio produce un inquinamento equivalente a 250 vetture in movimento, gli 800 condomini interessati, posto che il riscaldamento sia mediamente acceso per 12 ore al giorno, producono la stessa quantità di smog di 2,4 milioni di veicoli circolanti per le medesime ore;
in un simile contesto emerge chiaramente la responsabilità degli impianti di riscaldamento per il progressivo peggioramento della qualità dell'aria che si respira, soprattutto laddove difetta la presenza di caldaie ad alto contenuto tecnologico ed ecologico, tali da abbassare drasticamente ed immediatamente i valori di inquinamento oltre che per garantire un grande risparmio energetico;
da tempo in diversi Paesi europei come l'Olanda, la Germania, la Gran Bretagna, l'acquisto o la vendita di caldaie inquinanti non è più consentito e le campagne di informazione promosse dai vari ministeri dell'ambiente hanno sensibilizzato concretamente all'uopo l'utente finale -:
se intenda adottare iniziative normative atte a stabilire nuovi parametri di riferimento per l'inquinamento ambientale;
se non ritenga opportuno promuovere adeguate campagne di informazione sugli effetti nocivi alla salute umana e all'ambiente derivanti dall'utilizzo di impianti di riscaldamento inquinanti ed incentivare, mediante apposite disposizioni normative, la loro sostituzione con caldaie ecologiche.
(4-00469)
NACCARATO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro del commercio internazionale. - Per sapere - premesso che:
con la direttiva quadro 96/62 la Comunità europea ha assegnato agli Stati membri il compito di difendere la qualità dell'aria. Con il decreto legislativo n. 351 del 4 agosto 1999 (articolo 7), l'Italia ha recepito tre anni più tardi tale direttiva e ha indicato nelle regioni l'organo istituzionale deputato a predisporre i piani di risanamento della qualità dell'aria;
secondo la direttiva europea 99/30 articolo 5 «gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le concentrazioni di particelle PM10 nell'aria ambiente» non superino il valore di 50 microgrammi per metrocubo; l'Italia recepisce la direttiva con il decreto n. 60 del 2 aprile 2002. Sempre secondo la direttiva è previsto il termine del 31 dicembre 2003 per presentare i piani di risanamento della qualità dell'aria e del 1o gennaio 2005 per rientrare nei valori previsti;
la Commissione nazionale per l'emergenza inquinamento atmosferico individua come sorgenti principali delle emissioni inquinanti la mobilità veicolare, il riscaldamento e le attività produttive e tra queste il traffico su strada produce il 49 per cento dell'inquinamento;
molte amministrazioni comunali si sono attivate per ridurre le concentrazioni di PM10 presenti nell'aria, attraverso il provvedimento delle targhe alterne e in altri casi, come ad esempio il comune di Parma, con veri e propri piani sistematici (trasporto pubblico, car pooling, sistemi misti energie rinnovabili per il riscaldamento): dai risultati prodotti risulta evidente l'insufficienza della dimensione comunale
per contrastare l'inquinamento atmosferico e si palesa la necessità di interventi su scala regionale;
al 31 dicembre 2003 nessuna regione italiana aveva provveduto ad inviare alla Commissione europea i piani di risanamento della qualità dell'aria quindi nel luglio 2004 la Commissione ha provveduto alla messa in mora del nostro Paese;
successivamente solo cinque piani sono stati presentati: Umbria, Piemonte, Veneto, Lombardia e provincia autonoma di Trento;
il 10 aprile 2006 la Commissione europea ha notificato all'Italia il parere motivato per la procedura d'infrazione per violazione dell'articolo 8 della direttiva 96/62 e articoli 4 e 5 della direttiva 99/30;
la Repubblica italiana era tenuta a conformarsi al parere motivato entro due mesi dal ricevimento del medesimo, quindi dal mese di giugno è inadempiente e per questo la Commissione europea ci ha sottoposti a procedura d'infrazione;
al comma 17 del parere motivato si legge che tra i piani presentati quello della regione Veneto addirittura è palesemente inidoneo a costituire davvero un piano perché mancante della descrizione delle misure deliberate e il calendario di attuazione;
le multe previste per questo genere di inadempienze partono da venti milioni di euro e sono commisurate alla gravità dell'inadempienza e all'importanza della materia;
lo scrivente esprime la preoccupazione che, dati i costi consistenti imposti dall'attuazione dei piani di risanamento dell'aria, che superano abbondantemente quelli delle multe per il mancato rispetto degli obblighi comunitari, vi sia qualche soggetto che pur essendo di fronte a scelte che tutelano la salute dei cittadini preferisca affrontare le multe per mancanza di risorse finanziarie o, ciò che è peggio, per mancanza di volontà politica -:
se il Governo sia al corrente della situazione generata dalla mancanza di iniziativa di alcune regioni e dall'insufficienza degli interventi previsti da quelle regioni che hanno presentato il piano e quali iniziative intenda adottare il Ministro per tutelare la qualità dell'aria così come imposto dalle norme comunitarie e per porre rimedio a queste mancanze evitando per l'Italia sanzioni molto onerose.
(4-00471)