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Allegato B
Seduta n. 200 del 2/8/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ASTORE. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
la legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 27 dicembre 2006) al comma 610 definisce il passaggio da INDIRE/IRRE ad «Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica» istituita allo scopo di sostenere l'autonomia delle istituzioni scolastiche nella dimensione dell'Unione europea ed i processi di innovazione e di ricerca educativa delle medesime istituzioni, nonché per favorirne l'interazione con il territorio;
l'Agenzia, con sede a Firenze, articolata a livello periferico, in Nuclei regionali ed in raccordo con gli Uffici Scolastici Regionali, ha molteplici funzioni, dalla ricerca educativa, alla realizzazione di iniziative di supporto alle scuole e di progetti per l'innovazione del sistema formativo;
il signor Pierpaolo Nagni è stato recentemente nominato subcommissario straordinario dell'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica con competenza sull'Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria, come comunicato nel corso di una conferenza stampa tenutasi nei giorni scorsi a Campobasso dall'onorevole Roberto Ruta;
al sopraccitato subcommissario sono state attribuite le funzioni già esercitate dai soppressi istituti regionali di ricerca educativa inerenti la formazione e l'aggiornamento del personale della scuola, la ricerca educativa, la consulenza pedagogica-didattica, l'attivazione di servizi di ricerca e sperimentazione ed altri aspetti tecnici che presuppongono specifiche competenze;
tali competenze sono state, nel passato, esercitate da docenti universitari, da personale direttivo della scuola o, comunque, da persone con alti profili tecnici e professionali;
nel programma di Governo sottoscritto dall'attuale maggioranza, si è marcata con decisione la volontà di rilanciare e riorganizzare la pubblica amministrazione utilizzando professionisti di alto profilo;
siamo coscienti che, proprio dal rilancio della pubblica amministrazione, dipende molta della competitività che il nostro sistema Paese sarà in grado di acquisire e di esprimere nei prossimi anni;
nel programma sottoscritto dalla maggioranza è scritto che: un'amministrazione capace, efficiente, autorevole e credibile è uno strumento essenziale di ogni sistema democratico perché è dalla qualità dell'amministrazione che dipendono la qualità dell'attuazione delle politiche pubbliche e la qualità dei servizi resi ai cittadini;
abbiamo il dovere di fare in modo che la pubblica amministrazione, nei suoi diversi comparti, sia in grado di aumentare la qualità dei servizi offerti ai cittadini
e a tale scopo serve innalzare i profili qualitativi dei suoi responsabili e dei suoi funzionari;
il criterio principale per ottenere questo obiettivo è quello di selezionare le responsabilità attraverso la meritocrazia e attraverso l'abbinamento a determinate responsabilità e incariche di specifiche e comprovate competenze;
la responsabilità ed il merito devono restare i criteri fondamentali per rilanciare ed ammodernare la nostra pubblica amministrazione;
con riferimento all'oggetto della presente interrogazione non si comprendono le ragioni in base alle quali l'incarico di subcommissario straordinario dell'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica con competenza sull'Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria sia stato affidato al signor Pierpaolo Nagni che, nonostante le cariche elettive ricoperte, appare completamente estraneo al mondo della scuola, definendosi egli stesso imprenditore;
la sua nomina appare, all'interrogante, assolutamente al di fuori delle sue reali competenze;
tale nomina ha provocato un impatto negativo sul mondo scolastico regionale dando vita a vibrate proteste -:
in base a quale criterio si è proceduto alla scelta ed alla nomina del signor Pierpaolo Nagni e se il Ministro non ritenga opportuno precedere alla verifica delle sue competenze per lo svolgimento del complesso incarico che gli è stato attribuito e invitare, conseguenza, il Commissario a revocare la nomina del signor Pierpaolo Nagni.
(4-04113)
Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante chiede chiarimenti circa la nomina del signor Pierpaolo Nagni, quale sub-commissario straordinario dell'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica con competenza sull'Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria.
Al riguardo si comunica che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 gennaio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2007, sono stati nominati tre commissari straordinari dell'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica, ed in particolare, il professor Onorato Grassi, il dottor Flaminio Galli e la dottoressa Leopolda Boschetti.
Il decreto di nomina, al punto 6, attribuisce al commissario straordinario, dottor Onorato Grassi, il potere di nominare uno o più sub-commissari straordinari.
Il commissario straordinario dell'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica, professor Onorato Grassi, competente ai sensi del punto 6 del suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 gennaio 2007, in data 23 maggio 2007 ha nominato il signor Pierpaolo Nagni quale sub-commissario per gli ex-Istituti Regionali di Ricerca Educativa (IRRE) del Molise, della Calabria, dell'Abruzzo e della Basilicata.
La nomina è motivata dall'esigenza dei commissari straordinari di poter disporre di una figura di supporto per le attività commissariali volte alla conclusione della fase transitoria degli ex-IRRE, soppressi dal comma 611 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), nell'attesa del subentro a tutti i fini dell'Agenzia Nazionale istituita dalla stessa legge.
Tale supporto è stato ritenuto necessario anche per razionalizzare e contenere gli spostamenti per le numerose missioni richieste ai commissari stessi, in relazione alla dislocazione sul territorio nazionale di 17 ex-IRRE esistenti nei capoluoghi di regione e compresi nella gestione commissariale.
Il sub-commissario Nagni opera quindi a diretto supporto del commissario straordinario, dottor Flaminio Galli, che mantiene la sua responsabilità come rappresentante legale degli ex-IRRE e collabora alla costruzione delle condizioni concrete per la loro riallocazione e trasformazione.
Si precisa che l'ambito di incarico attribuito al sub-commissario Nagni ha ad
oggetto compiti di natura amministrativa e relativi alla conclusione delle attività e non comprende pertanto le funzioni tecnico-specialistiche attribuite agli IRRE in materia educativo-didattica e di ricerca. Nulla muta rispetto alle funzioni di merito e di contenuto tecnico-attuativo proprie della struttura operativa, le quali continuano ad essere assicurate dai direttori degli ex-IRRE, con riferimento ai commissari straordinari.
Non sembra, pertanto, conferente e corretto quanto contenuto nell'interrogazione; infatti al sub-commissario Nagni non sono state attribuite funzioni in materia educativa, didattica e di ricerca, bensì, si ribadisce, compiti amministrativi e di liquidazione per i quali ha maturato ampia e qualificata esperienza.
Il Ministro della pubblica istruzione: Giuseppe Fioroni.
BARBIERI. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
la percentuale del 2 per cento sul totale dei volontari fissata dal Servizio Civile, in relazione all'articolo 40 della legge 289 del 2002, per l'utilizzazione dei volontari per il servizio di accompagnamento dei ciechi civili è del tutto insufficiente, coprendo soltanto una parte non rilevante delle richieste;
sono rimasti disattesi gli impegni presi dal Ministero della Solidarietà circa una accelerazione dei progetti di servizio civile riguardanti disabili gravi;
la Finanziaria 2007 ha comportato un taglio del 12,57 per cento di contributi statali, ancorché diretti a garantire la prestazione di servizi di assistenza sociale, nonostante il comma 507 dell'articolo 1, nello stabilire l'accantonamento e la indisponibilità di somme del bilancio triennale, consente di non applicare la decurtazione ai contributi destinati all'assistenza sociale;
la mancata emanazione del regolamento di attuazione della legge 69 del 2000, che dispone interventi finanziari per l'integrazione scolastica degli alunni con handicap, ha determinato per ben sette anni la dispersione delle risorse, circa 10 milioni di euro annui, per scopi diversi da quelli previsti dalla legge suddetta -:
se, alla luce delle problematiche sopra esposte, non ritengano opportuno adottare provvedimenti volti ad eliminare le criticità sollevate dalle organizzazioni interessate, in particolare quelle riguardanti i contributi destinati all'Unione Italiana dei Ciechi e del suo Centro Nazionale del Libro Parlato, alla Biblioteca Italiana per i Ciechi «Regina Margherita», alla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi ed alla Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità, all'I.R.i.Fo.R. ed allo IERFOP, la percentuale insufficiente di volontari del Servizio Civile destinata al servizio di accompagnamento dei ciechi civili e l'emanazione del regolamento di attuazione della legge 69 del 2000.
(4-03629)
Risposta. - In relazione all'atto parlamentare in esame, per la parte di competenza concernente l'insufficienza della percentuale di volontari del Servizio civile destinata al servizio di accompagnamento dei ciechi civili, si fa presente quanto segue.
Occorre anzitutto evidenziare che, secondo quanto stabilito dall'articolo 40, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), gli obiettori di coscienza di cui alla legge 8 luglio 1998, n. 230 e i volontari del servizio civile nazionale di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64, possono essere impiegati per lo svolgimento del servizio di accompagnamento ai ciechi civili che ne facciano richiesta.
Al fine di garantire la continuità del servizio di accompagnamento svolto dagli obiettori di coscienza attraverso l'attività dei volontari del servizio civile, anche a seguito della sospensione della leva obbligatoria, il Ministro per la solidarietà sociale, con decreto in data 3 agosto 2006, ha stabilito la possibilità di prevedere, fermi restando i
principi dettati dalla disciplina sull'accreditamento, deroghe ai termini di presentazione e valutazione dei progetti e ai criteri per la loro approvazione.
In particolare, per quanto riguarda i progetti di servizio civile nazionale presentati a norma dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2002, n. 288 e dell'articolo 40, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sono state fissate, per l'anno 2006, quattro scadenze annue per la pubblicazione di uno o più bandi straordinari per la selezione di volontari da impiegare nei progetti di servizio civile nazionale concernenti anche l'accompagnamento dei ciechi civili e dei grandi invalidi, fino alla concorrenza del 2 per cento del contingente dei volontari stabilito annualmente.
Il decreto stabilisce altresì che i suddetti progetti non sono sottoposti alla valutazione di qualità, di cui al paragrafo 4.3, il quale prevede l'attribuzione di un punteggio e la formazione di una graduatoria.
Tale deroga consente l'avvio dei progetti relativi allo svolgimento del servizio di accompagnamento ai ciechi civili senza che sia effettuata la selezione, volta a individuare i progetti finanziabili, prevista per tutti gli altri progetti da inserire nei bandi ordinari.
La previsione di una deroga ai criteri di selezione dei progetti in argomento e la fissazione di un'aliquota pari al 2 per cento del contingente dei volontari stabilito annualmente costituiscono disposizioni volte chiaramente a favorire le associazioni dei ciechi e dei grandi invalidi, tenuto conto che la legge 27 dicembre 2002, n. 289 all'articolo 40, comma 1, non stabilisce in capo all'amministrazione alcun obbligo di impiegare i volontari del servizio civile nello svolgimento del servizio di accompagnamento ai ciechi civili, ma prevede semplicemente la possibilità per i volontari stessi di essere impiegati in tali specifiche attività.
La determinazione di un'aliquota di volontari da destinare alle richiamate attività non deve, quindi, intendersi come un limite imposto dal Ministero, bensì come una previsione che garantisce annualmente l'avvio di una percentuale di volontari in specifici progetti che, essendo sottratti al sistema di selezione cui sono sottoposti tutti gli altri progetti inseriti nei bandi ordinari, saranno con certezza avviati sempre che non presentino le anomalie e irregolarità descritte ai paragrafi 4.1 e 4.2 del citato decreto del 3 agosto 2006.
Occorre, inoltre, rilevare che le associazioni dei ciechi e dei grandi invalidi possono usufruire di volontari anche attraverso la partecipazione ai bandi ordinari presentando progetti che sono valutati e selezionati al pari di tutti quelli presentati dagli altri enti pubblici o privati. Infatti attraverso la partecipazione ai bandi ordinari le associazioni in questione hanno avuto, nell'anno 2006, un'assegnazione di un numero complessivo di circa 683 volontari.
Appare evidente, alla luce delle considerazioni sopra esposte, che l'aliquota del 2 per cento rappresenta, come già evidenziato, una garanzia all'avvio di una determinata percentuale di volontari nelle attività di accompagnamento ai ciechi civili e ai grandi invalidi.
Con riferimento all'anno 2007, si evidenzia che, in base alle risorse stanziate nella legge finanziaria, l'aliquota del 2 per cento costituisce la percentuale massima da poter destinare alle associazioni in questione, così come le risorse stanziate nella finanziaria per il 2006 non avevano consentito inizialmente la determinazione di un'aliquota superiore al 2 per cento.
Peraltro, si rappresenta che la percentuale stabilita per il 2007 è stata completamente utilizzata con il bando straordinario pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 30 marzo 2007 che consentirà alle associazioni stesse di usufruire di un numero di volontari pari a 1.034 per l'accompagnamento dei grandi invalidi e dei ciechi civili. Si precisa al riguardo che le associazioni i cui progetti sono stati pubblicati nel citato bando sono 4 e che a ciascuna di esse è stato assegnato un numero diverso di volontari in relazione ai progetti presentati. In particolare all'Associazione nazionale privi della vista e ipovedenti sono stati assegnati 176 volontari in relazione ad 1 progetto, all'Unione italiana
ciechi sono stati assegnati 850 volontari per 80 progetti, all'Istituto europeo ricerca formazione orientamento professionale onlus (I.E.R.F.O.P.) sono stati assegnati 4 volontari per 1 progetto e all'Unione dei comuni antica terra di lavoro sono stati assegnati 4 volontari in relazione ad 1 progetto. Si fa presente, inoltre, che i volontari selezionati prendono servizio entro il 2 luglio 2007.
Si ribadisce comunque che tali associazioni possono usufruire di volontari anche attraverso la presentazione di progetti per la partecipazione ai bandi ordinari. Relativamente al bando per la selezione di 38.922 volontari pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 giugno 2007, n. 46, si rappresenta che sono stati inseriti 68 progetti, presentati dall'Unione italiana ciechi, per l'impiego di 1.291 volontari. Si evidenzia, al riguardo, che tali progetti sono stati valutati, al pari degli altri, sulla base dei criteri di selezione indicati nel citato decreto del Ministro per la solidarietà sociale in data 3 agosto 2006 che non prevedono di privilegiare alcuno dei settori o aree di intervento di cui alla legge n. 64 del 2001, quali l'assistenza, la protezione civile, l'ambiente, il patrimonio artistico e culturale, l'educazione e promozione culturale.
Pertanto, allo stato attuale, i bandi straordinari rappresentano l'unico strumento attraverso il quale è possibile privilegiare determinati progetti di servizio civile riguardanti disabili gravi, presentati a norma dell'articolo 1 della legge n. 288 del 2002 e dell'articolo 40 della legge n. 289 del 2002.
Per quanto concerne, infine, la denunciata mancata emanazione del regolamento previsto dalla legge n. 69 del 22 marzo 2000, il Ministero della pubblica istruzione ha fatto presente che fino alla riforma degli istituti atipici, (Istituto Statale «Romagnoli» per minorati della vista, Istituti statali per sordomuti di Milano, Roma e Palermo e Scuola Nazionale professionale di massofisioterapia per ciechi di Firenze), di cui agli articoli 64 e 71 del decreto legislativo 16 marzo 1994, n. 297, è autorizzato ad utilizzare l'intero stanziamento per gli interventi a favore degli alunni con handicap.
Ciò è puntualmente avvenuto fino ad oggi in attesa dell'emanazione del regolamento di riforma degli istituti di cui trattasi. Al riguardo, si precisa che il regolamento in questione era stato già predisposto ma non ha ottenuto il visto e la registrazione della Corte dei conti, pertanto in considerazione sia delle osservazioni formulate dalla predetta Corte dei conti, sia dell'opportunità di avviare una riflessione sul ruolo e le finalità degli istituti in parola, il Ministero della pubblica istruzione sta provvedendo ad elaborare una riformulazione del testo del regolamento, che ottemperi sia alle disposizioni intervenute medio tempore sulla materia, sia alle osservazioni formulate dalla Corte dei conti. Sulla questione si fa presente, inoltre, che lo scorso 10 maggio, si è tenuto un incontro tra il Ministero della pubblica istruzione e l'Unione italiana ciechi e ipovedenti, nel corso del quale sono state illustrate le linee generali delle modifiche da apportare al precedente testo del regolamento in questione, finalizzate sia a superare il controllo della Corte dei conti sia a dare attuazione all'articolo 21, comma 10, della legge n. 59 del 1997, attribuendo alle istituzioni interessate l'autonomia giuridico-organizzativa necessaria per il pieno espletamento delle loro funzioni e consentendo inoltre l'attribuzione alle stesse delle specifiche risorse finanziarie, previste dalla legge n. 69 del 2000.
Il Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale: Cristina De Luca.
BELLILLO, DE ANGELIS, LICANDRO, FERDINANDO BENITO PIGNATARO, ATTILI, SGOBIO, CESINI, SOFFRITTI, VENIER, VACCA, MUNGO, FRIAS, STRAMACCIONI, FRANCO RUSSO, BANDOLI, D'ANTONA, VOLPINI, NICCHI, BIANCHI, ZANOTTI, LENZI, MAZZONI, NAPOLETANO, CRAPOLICCHIO, DIOGUARDI, BOCCI, PORETTI, ASTORE e MANCINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
grande sconcerto ha suscitato la notizia del trasferimento ad altra sede di
lavoro di un agente di polizia di Pisa, «reo» di aver usufruito di «troppi» permessi lavorativi riconosciutigli dalla legge per assistere la figlia tredicenne disabile grave;
il trasferimento è stato disposto di autorità dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza su proposta del Procuratore della Repubblica di Pisa, senza acquisire il previo assenso dell'interessato ed in un ufficio dove orari ed impegni di servizio sono incompatibili con le necessità della figlia ed appare un deprecabile atto di imperio che viola gravemente le norme che tutelano le famiglie che assistono figli portatori di handicap;
è noto che, indipendentemente dall'età del figlio assistito, la normativa in materia di permessi per i familiari che assistono un disabile, all'articolo 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, introduce la possibilità di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e di non essere trasferito senza il proprio consenso ad altra sede;
sebbene il comma 5 dell'articolo 33 della citata legge n. 104 per queste agevolazioni si riferisca a «persona handicappata» senza il riferimento alla connotazione di gravità, la giurisprudenza, negli ultimi tempi, si è orientata nella direzione di richiedere anche per la fruizione delle stesse, il requisito della gravità;
nello stesso spirito si è mossa la legge finanziaria per il 2004 che favorisce i trasferimenti e le «ricongiunzioni familiari» per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni che assistono bambini disabili fino ai tre anni di età;
la ratio legis delle disposizioni normative predette consiste nel favorire l'assistenza al soggetto con handicap grave mediante la previsione del diritto del dipendente all'evidente fine di assicurare al familiare disabile bisognoso continuità nelle cure e nell'assistenza ed evitare vuoti pregiudizievoli alla salute psico-fisica dello stesso, quest'ultima costituente la finalità perseguita dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104;
invero l'essenziale ruolo della famiglia nell'assistenza e nella socializzazione del soggetto disabile è stato posto in rilievo dalla giurisprudenza che ha più volte affermato che la salute psico-fisica del soggetto affetto da handicap invalidante può essere notevolmente pregiudicata dalla mancanza o dall'insufficienza di cure da parte di una delle due figure genitoriali;
è fuori di dubbio che dopo la nascita di un figlio disabile la famiglia spesso organizza modalità e tempi di vita completamente intorno alle sopraggiunte esigenze di una patologia che compromette seriamente equilibri e dinamiche familiari. In tale contesto, è compito dello Stato, oltreché dell'intera comunità civile, farsi carico del problema predisponendo ed attuando una serie di misure normative ed adottando interventi economici integrativi di sostegno alle famiglie con soggetti portatori di handicap -:
se non ritenga dover urgentemente predisporre una indagine presso il dipartimento di pubblica sicurezza di Pisa al fine di individuare i responsabili e le motivazioni dagli stessi addotte a giustificazione del deprecabile atto d'imperio e se non ritenga dover intervenire presso le autorità preposte al fine di impedire che il provvedimento di trasferimento in premessa, che gli interroganti reputano lesivo oltreché del buon senso anche di numerose norme, non abbia luogo.
(4-02562)
Risposta. - Come segnalato dall'interrogante, un assistente capo della Polizia di Stato è stato trasferito d'ufficio, con decorrenza 4 dicembre 2006, dalla Sezione di Polizia giudiziaria istituita presso la procura della Repubblica del tribunale di Pisa alla questura della medesima provincia.
L'adozione del provvedimento trae origine da una richiesta di trasferimento formulata dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pisa, a seguito delle prolungate, seppur giustificate, assenze dal
servizio poste in essere dal dipendente per congedo ordinario, congedo straordinario per gravi motivi ed anche in attuazione della legge n. 104 del 1992 («Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate»). Si trattava, complessivamente, di 72 giorni continuativi nel periodo luglio/settembre 2005 e di 70 giorni nel periodo giugno/settembre 2006.
Tali assenze, a giudizio dello stesso procuratore, avrebbero determinato conseguenze negative sulla efficienza e sul buon andamento del lavoro della sezione di Polizia giudiziaria.
È necessario precisare che, ai sensi della normativa vigente, l'assegnazione e la permanenza del personale delle Forze di Polizia presso le sezioni di Polizia giudiziaria è strettamente legata al rapporto di collaborazione con il competente procuratore della Repubblica.
L'articolo 8, comma 6, del decreto legislativo n. 271 del 1989 («Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale») prevede infatti, che l'assegnazione alle sezioni di Polizia giudiziaria venga disposta dall'Amministrazione di appartenenza su richiesta nominativa congiunta del procuratore generale presso la corte d'appello e del procuratore della Repubblica interessato.
Analogamente, l'articolo 11, comma 1, del medesimo decreto legislativo prevede che il trasferimento dalle sezioni di Polizia giudiziaria sia disposto dall'Amministrazione di appartenenza su proposta motivata del procuratore della Repubblica da cui la sezione dipende.
Si ribadisce, infine, che il dipendente non è stato trasferito ad altra sede ma assegnato alla Divisione anticrimine della questura di Pisa, dove è stato esonerato, in considerazione della particolare situazione personale, dai turni di notte e fruisce regolarmente dei riposi mensili di cui alla citata legge n. 104 del 1992.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
BELTRANDI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2 della Legge n. 22 del 27 Gennaio 2006 ha previsto per le elezioni politiche dello scorso 9 e 10 Aprile 2006 una rilevazione degli scrutini negli uffici elettorali di sezione che poi è stata svolta nelle regioni Puglia, Lazio, Sardegna e Liguria. Tale rilevazione segue analoghe iniziative realizzate negli anni precedenti 2005 e 2004. La rilevazione informatizzata dello scrutinio è stata pagata dai contribuenti oltre 50 milioni di euro negli scorsi tre anni, di cui 34 milioni per la tornata elettorale delle scorse politiche per la realizzazione di due sostanziali innovazioni;
la prima innovazione è stata la rilevazione dei risultati degli scrutini negli uffici elettorali di sezione, così svolta:
fin dalla sua costituzione del sabato, all'interno di ogni sezione elettorale è stato inserito un computer portatile. Un tecnico informatico (chiamato operatore di seggio) avrebbe dovuto seguire la procedura di scrutinio. Per ogni scheda scrutinata con il sistema manuale, in un apposito programma l'operatore avrebbe dovuto cliccare il simbolo relativo alla lista scelta dall'elettore e successivamente confermare la scelta. Dopo tale operazione sarebbe dovuto essere impossibile modificare il dato immesso;
alla fine dello scrutinio il computer avrebbe dovuto stampare il numero di voti di ciascuna lista in un modulo, per la verifica della conformità del risultato così raccolto con quello proveniente dalle normali tabelle di scrutinio. In caso di discordanza tra il risultato elettronico e quello delle tabelle di scrutinio, il presidente di seggio avrebbe dovuto negare la conformità e l'operatore avrebbe dovuto adottare una procedura alternativa per introdurre il risultato ufficiale e poi provvedere a destinarlo, via penna USB, ad un coordinatore di plesso;
nel merito si fa notare che la legge istitutiva della rilevazione indicava che «... in caso di discordanza tra i risultati, il presidente, senza per questo procedere ad ulteriori verifiche, provvede agli adempimenti previsti dalla legge, tenendo conto dei risultati riportati sulle tabelle di scrutinio cartacee.»(comma 4,articolo 2, legge 27 gennaio 2006 n. 22).
la seconda innovazione è stata la trasmissione informatizzata dei risultati dello scrutinio agli uffici preposti alla proclamazione ed alla convalida degli eletti;
questa procedura avrebbe dovuto aver luogo solo in Liguria ed avere comunque carattere sperimentale. Anche in questi seggi, quindi, i verbali cartacei di scrutinio dovevano essere recapitati ai comuni, alle prefetture e infine al Viminale e i risultati ufficiali/calcolati esclusivamente su tali verbali;
«... Tale trasmissione informatizzata, avente carattere esclusivamente sperimentale, non ha alcuna incidenza sul procedimento ufficiale di proclamazione dei risultati e di convalida degli eletti.» (comma 5 articolo 2 L. 27/01/2006 n. 22);
la procedura di trasmissione telematica che la legge avrebbe voluto limitate alle sole sezioni elettorali della Liguria, appare però essere in effetti stata utilizzata in tutte le regioni coinvolte nella sperimentazione (Puglia, Sardegna, Lazio e Liguria), come si evince ad esempio dalle istruzioni ricevute dagli operatori informatici di plesso pubblicate sul sito apposito ris2006.it (ancora attivo alla data del 3 luglio 2006);
la Circolare del Ministero dell'interno n. 18 del 17 febbraio 2006 definiva le principali attività da svolgere presso gli uffici elettorali di sezione fino al termine delle operazioni di scrutinio. In particolare in merito alle norme d'ammissione degli operatori ai seggi elettorali disponeva: «Al momento della costituzione dei seggi l'operatore informatico, munito di apposito cartellino identificativo e di copia del decreto di nomina con il quale è stato nominato dal Ministero dell'Innovazione e le Tecnologie, ai sensi del secondo comma dell'articolo 2 della legge num. 22/2006, si presenta al presidente dell'ufficio elettorale di sezione per essere da questi identificato»;
nonostante queste chiare indica indicazioni alcuni rappresentanti di lista presenti ai seggi, la stampa nazionale e i forum su Internet in cui partecipavano gli stessi operatori coinvolti nella sperimentazione hanno riportato che un cospicuo numero di operatori informatici sono stati ammessi ai seggi elettorali anche sprovvisti di cartellino identificativo nominativo e dal decreto di nomina, come previsto dalla circolare n. 18/2006 del Ministero dell'interno, e che su richiesta dei presidenti o dei rappresentanti di lista potevano fornire esclusivamente una fotocopia del prestampato del proprio contratto di lavoro interinale;
inoltre sul decreto di nomina non era dichiarata una specifica assegnazione dell'operatore al particolare seggio elettorale e pertanto, in base a questa mancanza, agli operatori di seggio e di plesso era possibile identificarsi presso differenti seggi e spostarsi liberamente nei seggi e addirittura nei differenti plessi in cui le elezioni si svolgevano;
inoltre è stato riportato che in alcuni seggi gli operatori informatici di seggio e di plesso non erano neppure presenti impedendo di fatto la rilevazione dello scrutinio, e quindi la trasmissione delle risultanze dello scrutinio agli uffici centrali;
la risposta scritta fornita dal ministro dell'innovazione e delle tecnologie e pubblicata giovedì 23 febbraio 2006 all'Interrogazione 4-19957 presentata dall'on. Magnolfi, garantiva che la procedura digitale avrebbe ridotto notevolmente costi e tempi dei diversi adempimenti, dal conteggio dei voti alla compilazione dei relativi verbali sino alla comunicazione dei risultati, avendo come esplicito obiettivo quello di limitare al massimo gli errori manuali:
«Come è noto la procedura digitale oltre a ridurre notevolmente i costi ed i tempi dei diversi adempimenti, dal conteggio dei voti alla compilazione dei relativi verbali sino alla comunicazione dei risultati, ha come obiettivo anche quello di limitare al massimo gli errori manuali che hanno sempre caratterizzato lo spoglio dei voti e determinato ritardi, incertezze e contenziosi.»;
a seguito delle consultazioni il ministero degli interni pubblicava sul sito, Internet l'elenco degli ultimi contributori ai risultati di scrutinio (al Senato) nelle elezione del 2006. In tale lista ben il 50 per cento appartengono alle sezioni in cui era presente la rilevazione elettronica, esclusi i collegi del Trentino dove lo spoglio era reso più complesso da una sostanziale difformità dalla legge nazionale:
Medio Campidano - Sardegna - 02:31 del 11 aprile 2006- El;
Napoli - Campania - 02:22 dell'11 aprile 2006 - Man;
Roma - Lazio - 01:53, de1 11 aprile 2006 - El;
Cagliari - Sardegna - 01:52 dell'11 aprile 2006 - El;
Salerno - Campania - 01:22 dell'11 aprile 2006 - Man;
Barletta-A.-T. - Puglia - 01:16 dell'11 aprile 2006 - El;
Caserta - Campania - 01:14 dell'11 aprile 2006 - Man;
Bari - Puglia - 01:14 dell'11 aprile 2006 - El;
Varese - Lombardia - 01:12 dell'11 aprile 2006 - Man;
Palermo - Sicilia - 01:12 dell'11 aprile 2006 - Man;
Frosinone - Lazio - 01:11 dell'11 aprile 2006 - El;
Foggia - Puglia - 01:10 dell'11 aprile 2006 - El;
Collegio 06 - Trentino-Alto Adige - 01:09 dell'11 aprile 2006 - Altro;
Collegio 05 - Trentino-Alto Adige - 01:09 dell'11 aprile 2006 - Altro;
Collegio 04 - Trentino-Alto Adige - 01:09 dell'11 aprile 2006 - Altro;
Como - Lombardia - 01:08 dell'11 aprile 2006 - Man;
Potenza - Basilicata - 01:08 dell'11 aprile 2006 - Man;
Cosenza - Calabria - 01:05 dell'11 aprile 2006 - Man;
Milano - Lombardia - 01:05 dell'11 aprile 2006 - Man;
Viterbo - Lazio - 01:04 dell'11 aprile 2006 - El;
Nuoro - Sardegna - 01:04 dell'11 aprile 2006 - El;
attraverso informazioni di stampa e i forum di discussione su Internet è stato possibile ricostruire un quadro di informazioni relativo alla sperimentazione in netta contraddizione con le specifiche di sicurezza e le altre informazioni specifiche comunicate dal Ministero dell'Innovazione. In particolare:
è stato riportato che l'applicazione informatica in possesso degli operatori, non prevedealcun meccanismo di blocco dopo l'uso, né di verifica dell'hardware utilizzato al seggio, e che poteva cioè essere usata molteplici volte, eventualmente su sistemi informatici differenti, per introdurre differenti risultanze dello scrutinio, dando potenzialmente la possibilità agli operatori di fornire dati non esatti agli uffici centrali elettorali;
è stato riportato che, differentemente da quanto previsto, i computer utilizzati per la procedura di rilevazione e per quella di trasmissione erano provvisti di sistemi di memorizzazione di massa (hard-disk). In realtà risulterebbe che tali attrezzature fossero presenti ed abilitabili da una semplice procedura di BIOS e che non era impedito l'utilizzo di ulteriori
dispositivi di memorizzazione di massa agganciabili attraverso le porte esterne del computer (USB e Firewire);
dalle informazioni circa lo svolgimento della sperimentazione si desume che la procedura di rilevazione informatica dello scrutinio non prevede una certificazione esplicita da parte dei presidenti di seggio dei dati immessi dagli operatori dopo la firma del verbale di conformità, permettendo a questi ultimi di introdurre liberamente i dati da trasmettere agli uffici centrali elettorali, e che, inoltre non vi era una procedura organizzativa tale da confermare i dati relativi allo scrutinio, una volta arrivati, attraverso un contatto diretto con i presidenti di seggio, come invece avviene nella trasmissione tradizionale;
non risulta che gli operatori informatici fossero obbligati ad attendere presso i seggi il completamento delle operazioni dello scrutinio manuale e che quindi potessero abbandonare liberamente i seggi, per spostarsi eventualmente in seggi differenti, avendo piena disponibilità delle attrezzature e dei codici d'accesso del sistema informativo di rilevazione e trasmissione degli scrutini;
non risulta che vi sia stata alcun accorgimento da parte delle società appaltatrici nel dare informazioni agli operatori su come disfarsi dei programmi e delle password utilizzate per la trasmissione dei dati, lasciando potenzialmente programmi e codici d'accesso nelle mani di eventuali malintenzionati, in orari utili per l'utilizzo fraudolento di questi sistemi;
non è specificato se la procedura informatica utilizzata per l'acquisizione dei risultati dello scrutinio, realizzata su una versione del sistema operativo Debian GNU/Linux (Knoppix), e distribuita agli operatori informatici rispettasse le licenze pubbliche di distribuzione che normano l'utilizzo pubblico del software libero (licenze GNU GPL e similari);
risulta improbabile una riduzione dei costi con la procedura digitale, e non è stato comunicato a consuntivo dell'operazione di scrutinio informatizzato, se sia stato raggiunto l'obiettivo di limitare al massimo gli errori manuali che hanno sempre caratterizzato lo spoglio dei voti e determinato ritardi, incertezze e contenziosi;
non è stato chiarito a quale forma di trattamento e trasmissione siano stati assoggettati i dati raccolti presso gli uffici elettorali di sezione, né sono state esplicitate le modalità e le tecnologie di protezione, oltre che le figure responsabili delle chiavi di crittografia e protezione, secondo quanto previsto dalla legge, e quanti altri, all'interno delle società informatiche che hanno gestito il progetto, erano in possesso delle chiavi di crittografia -:
se, intenda fornire, in base agli atti depositati presso il Ministero dell'interno, risulti se e in quale misura i dati riportati corrispondano a quanto realmente accaduto, quali ne siano le cause, e se vi sia un resoconto dettagliato dell'andamento delle operazioni della rilevazione dello scrutinio informatico, sottolineando altresì che non esiste una rendicontazione pubblica di dettaglio neppure delle sperimentazioni degli anni precedenti;
quale sia la valutazione dei Ministri interrogati sugli aspetti critici, di tale progetto, e se è previsto uno specifico programma di applicazione futura;
se risulta che, come dichiarato, attraverso l'uso del sistema di rilevazione informatizzata dello scrutinio siano stati ridotti i tempi dei diversi adempimenti nei seggi, se sia avvenuto un più veloce conteggio dei voti o una più efficiente compilazione dei verbali ed infine se si possa considerare che la comunicazione dei risultati dei seggi delle regioni selezionate dalla sperimentazione sia da considerare in modo statisticamente significativo più veloce.
(4-00593)
Risposta. - L'articolo 2 della legge 27 gennaio 2006 n. 22 ha previsto, per le sole elezioni politiche tenutesi il 9 e 10 aprile
2006, la rilevazione informatizzata dei risultati dello scrutinio e la sperimentazione della trasmissione informatizzata dei risultati stessi agli uffici preposti alla proclamazione degli eletti.
La sperimentazione del 2006 rappresenta l'evoluzione del progetto avviato con le elezioni europee del 2004 e proseguito con le elezioni regionali del 2005, che ha come obbiettivo l'introduzione delle tecnologie informatiche ad ausilio dell'espletamento delle procedure elettorali.
In occasione delle consultazioni del 2006 la sperimentazione ha interessato 13.756 uffici elettorali di sezione, pari al 20,9 per cento del totale nazionale, ubicati nei territori delle regioni Lazio, Liguria, Puglia e Sardegna.
Il progetto prevedeva l'automazione di cinque fasi del procedimento elettorale:
la fase dello scrutinio all'interno di ciascun ufficio elettorale di sezione, consistente nello spoglio delle schede, nell'inserimento dei risultati in un sistema di sezione, nell'elaborazione, la stampa e la validazione della tabella riepilogativa dei voti di sezione;
la fase dell'invio dei voti di ciascun ufficio elettorale di sezione agli uffici elettorali dei comuni, agli uffici elettorali circoscrizionali ed agli uffici della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; l'invio telematico dei dati, una volta entrato a regime il sistema, sarà effettuato verso un unico Centro servizi;
la fase di pubblicazione ufficiosa dei risultati elettorali da parte del Ministero dell'interno, che con il sistema informatizzato ha potuto attingere i dati direttamente dalle banche dati degli uffici collettori e, in futuro, dal Centro servizi;
la fase di proclamazione degli eletti, che con l'informatizzazione consentirà l'acquisizione dei risultati da parte degli uffici elettorali circoscrizionali direttamente dal sistema;
la fase della verifica dei poteri, con l'acquisizione dei dati dal sistema anche da parte dei competenti uffici della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Si ritiene opportuno precisare, tuttavia, che la sperimentazione relativa alla trasmissione informatizzata dei risultati elettorali ha interessato solo la regione Liguria, come previsto dall'articolo 2, comma 5, della citata legge n. 22 del 2006. Solo in un secondo momento, per agevolare l'attività di controllo per la convalida degli eletti e d'intesa con gli uffici delle Amministrazioni coinvolte, anche i dati delle sezioni del Lazio, della Puglia e della Sardegna sono stati inviati alla Camera dei deputati. Il dato informatico, verificato con l'ausilio del supporto cartaceo, ha consentito un notevole risparmio di tempo nella procedura di verifica dei poteri.
In merito all'organizzazione è necessario evidenziare che la fase preparatoria delle consultazioni elettorali del 2006 è stata curata dalla Direzione centrale dei servizi elettorali di questo Ministero. Mentre gli aspetti operativi della rilevazione informatizzata, compresi quelli relativi alla sicurezza informatica, nonché l'organizzazione delle strutture e l'assistenza tecnica del progetto sono stati seguiti dal Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri - attuale Ministero per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione.
Inoltre, i risultati della sperimentazione sono stati verificati da un'apposita Commissione, istituita con decreto del Ministro dell'interno del 29 marzo 2006, composta da esperti informatici designati da maggioranza ed opposizione e da funzionari della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, del Ministero dell'interno, del Ministero della giustizia e del citato Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie.
La relazione conclusiva dei lavori della Commissione analizza puntualmente le varie fasi della sperimentazione, evidenziandone i risultati positivi e le criticità.
Si ritiene, inoltre, opportuno precisare che la rilevazione e la trasmissione informatizzata dei dati dello scrutinio non ha inciso sul procedimento elettorale ufficiale, poiché tutte le fasi per le quali si è proceduto alla sperimentazione sono state contemporaneamente
svolte secondo la procedura tradizionale del conteggio manuale. Quando, infatti, sono state rilevate delle difformità tra i risultati ottenuti con la procedura informatizzata e quelli frutto della procedura manuale, si è proceduto ad uniformare i primi ai secondi poiché solo a questi ultimi era riconosciuta validità giuridica.
L'automazione della procedura ha, comunque, consentito di accelerare i tempi di conclusione della stessa. Infatti, i risultati delle consultazioni elettorali sono pervenuti telematicamente presso il Ministero dell'interno circa 4-5 ore prima dell'arrivo dei dati rilevati con la tradizionale procedura manuale. Tuttavia, trattandosi ancora di una procedura sperimentale, questo Ministero ha deciso di attendere i risultati della procedura manuale, prima di procedere alla loro divulgazione, per evitare il rischio di eventuali difformità.
Pertanto, i ritardi nella comunicazione dei risultati rilevati dalla Signoria Vostra Onorevole, non sono dipesi da problemi relativi alla sperimentazione.
Per quanto attiene ai profili di sicurezza informatica delle procedure, dalla Relazione finale della Commissione di verifica della sperimentazione risulta che il sistema ha garantito una sicurezza delle operazioni maggiore rispetto al sistema tradizionale.
Più nel dettaglio, e per rispondere ad alcune specifiche osservazioni fatte dall'interrogante, si ritiene necessario precisare che le memorie di massa dei computer usati per lo svolgimento della sperimentazione erano disattivate e la loro attivazione era protetta da una password. Pertanto, solo delle memorie esterne ed abilitate potevano interagire con il programma applicativo usato per la rilevazione delle operazioni di voto.
Per specifico impegno assunto dalle società informatiche che hanno gestito la procedura, inoltre, il sistema operativo usato doveva rispettare le disposizioni normative in materia di licenze pubbliche che regolano l'utilizzo del software libero.
Quanto alle memorie esterne, le chiavi USB usate per memorizzare i dati di scrutinio sono state inizializzate da un coordinatore presso ciascuna, postazione di plesso, tramite un collegamento effettuabile solo dalle dette postazioni di plesso su specifiche linee, le uniche abilitate a comunicare con i siti collettori dei dati. Infine, la corrispondenza dei dati informatici con quelli cartacei, verificati e siglati dal Presidente di ciascuna sezione, è stata assicurata da un numero apposto sul supporto cartaceo e corrispondente, in maniera univoca, al file inviato.
In merito alla gestione degli operatori informatici, invece, il Ministero per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione riferisce che, effettivamente, il decreto di nomina non prevedeva l'assegnazione univoca di ciascun operatore ad uno specifico seggio e ciò per rendere flessibile la gestione delle assegnazioni. Tuttavia, poiché ogni operatore informatico era in possesso di un solo sistema di sessione, utilizzabile solo presso la prima sezione di assegnazione, era impossibile che svolgesse la propria attività in più sezioni.
A ciò si aggiunga che i detti operatori hanno ricevuto istruzione di permanere presso il seggio di assegnazione sino alla conclusione delle operazioni di scrutinio manuale e, quindi, di consegnare tutto il materiale messo a loro disposizione imballato e sigillato.
Gli operatori informatici presenti presso i seggi, inoltre, dovevano esporre un cartellino identificativo che ne consentisse l'identificazione, come previsto dalla circolare n. 18/2006 del Ministero dell'interno. Tuttavia, la loro ammissione al seggio rientrava nelle responsabilità dei singoli Presidenti di sezione.
Il citato Ministero per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione osserva in proposito anche che, a regime, sarà opportuno che la figura dell'operatore informatico sia inserita nella dotazione di ciascuna sezione anche al fine di evitare che alcune sezioni rimangano scoperte, cosa che, come evidenziato dall'interrogante si è verificata durante la sperimentazione. La mancata copertura delle sezioni, comunque, è stata sanzionata con l'applicazione delle clausole penali contrattualmente previste.
Quanto ai costi della sperimentazione, dalla relazione conclusiva dei lavori della Commissione di verifica risulta che l'operazione è costata 2,68 euro ad elettore (contro i 10 euro della sperimentazione condotta nel 2004 ed i 5 euro di quella del 2005), costo che potrebbe diminuire sino ad 1,5 euro qualora, appunto, le funzioni di operatore informatico fossero affidate ad un componente del seggio elettorale.
Infine, per quanto concerne la futura applicazione delle procedure e delle tecnologie sperimentate, i risultati ottenuti non consentono ancora di passare dalla fase della sperimentazione a quella della applicazione generalizzata ai procedimenti di consultazione elettorale.
Fermo restando che, come detto, la sperimentazione prevista dalla legge 22 del 2006 si riferiva unicamente alla tornata elettorale dell'aprile 2006, in atto nessuna altra determinazione è stata assunta in merito a possibili sviluppi applicativi della tecnologia in parola.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Francesco Bonato.
BERTOLINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
in data 30 gennaio 2006, il Ministero dell'interno stipulava una Convenzione con Poste Italiane Spa, avente la durata di tre anni, per l'esecuzione delle procedure relative alla presentazione delle istanze per il rilascio ed il rinnovo dei permessi di soggiorno e delle carte di soggiorno per i cittadini stranieri e delle carte di soggiorno presentate dai cittadini appartenenti ad uno dei Paesi dell'Unione europea, nonché delle procedure relative alla presentazione delle istanze per il rilascio del nulla osta al ricongiungimento familiare ed al lavoro subordinato di cittadino straniero;
Poste italiane Spa si impegnava, in base alla Convenzione, a fornire servizi postali ed a svolgere attività amministrative ed informatiche, connesse ai procedimenti in materia di immigrazione;
al fine di assicurare un efficace coordinamento delle attività previste ed il monitoraggio del livello dei servizi offerti, la Convenzione prevedeva l'istituzione di un Comitato composto da quattro rappresentanti del Ministero dell'interno e quattro rappresentanti di Poste italiane Spa;
per le inadempienze o le infrazioni alle clausole della Convenzione direttamente imputabili a Poste Italiane Spa, il Ministero dell'Interno, ex articolo 11 dell'accordo, ha il diritto di «procedere alla risoluzione in danno»;
in ottemperanza della Convenzione Ministero dell'Interno-Poste Italiane Spa, a partire dall'11 dicembre, le richieste di rilascio e rinnovo dei permessi e delle carte di soggiorno, dovevano essere presentate presso gli sportelli degli uffici postali abilitati all'accettazione di tali istanze, attraverso speciali kit distribuiti gratuitamente dalle Poste Italiane Spa;
in data 12 gennaio 2007, l'Associazione dei consumatori Aduc ha segnalato che, ad un mese dall'avvio del nuova sistema di rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno tramite spedizione dei kit postali, la procedura, non supportata da un'adeguata campagna informativa, ha palesato gravi lacune ed inefficienze;
a causa dell'esaurimento della documentazione necessaria alla redazione delle istanze, si è creato un mercato illegale dei kit gratuiti, i quali vengono venduti sottobanco a prezzi che raggiungono anche i 500 euro;
a causa dei ritardi nell'espletamento delle relative procedure di rilascio e rinnovo, i permessi stanno maturando i termini di scadenza, generando una situazione di irregolarità per gli utenti stranieri, i quali rischiano peraltro di perdere anche il lavoro;
se i fatti sopraesposti corrispondano alla verità;
se siano a conoscenza di particolari non ancora noti di cui vogliano informare la Camera dei Deputati;
se tale assurda vicenda non rischi di creare una situazione di illegalità per tutti quei cittadini extracomunitari che non riusciranno in tempo utile a sanare la propria posizione lavorativa, attraverso il tempestivo rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno;
come Poste Italiane Spa giustifichi la situazione che si è venuta a creare;
se il Comitato di controllo, predisposto dalla Convenzione, abbia segnalato tempestivamente il disservizio e quali provvedimenti abbia assunto in merito;
come intenda il Ministero degli Interni risolvere la situazione e con quale tempistica.
(4-02137)
Risposta. - La convenzione con Poste Italiane per l'esternalizzazione delle attività di front office nelle procedure di rinnovo dei permessi di soggiorno è stata sottoscritta nel gennaio 2006 avvalendosi della possibilità offerta dalla legge 271 del 2004 di stipulare convenzioni con concessionari di pubblici servizi o soggetti non pubblici ai fini della raccolta di istanze, dichiarazioni o atti dei privati, lo svolgimento di operazioni preliminari e l'inoltro agli interessati dei provvedimenti conseguentemente rilasciati.
La finalità principale della convenzione, di durata triennale, era quella di consentire il recupero del personale degli Uffici immigrazione delle Questure precedentemente addetto a tali incombenze, così da destinarlo ad altri servizi operativi, facendo venir meno al contempo la necessità di ricorrere a lavoratori interinali e riducendo i tempi di rinnovo dei permessi di soggiorno.
L'importo relativo al servizio - e non del modulo, che, si sottolinea, è gratuito - è a carico dell'interessato ed è stato stabilito con decreto ministeriale del 12 ottobre 2005 in 30 euro, cui debbono aggiungersi 14,62 euro per la marca da bollo e 27,50 euro per il permesso di soggiorno elettronico, importo fissato con decreto del 4 aprile 2006, adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno.
A seguito di tale previsione normativa, e nell'ottica di reingegnerizzare la procedura di rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno, il Ministero dell'interno ha elaborato un progetto che prevede la stipula di intese con l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e gli istituti di patronato, nonché una convenzione con Poste Italiane Spa al fine di perseguire economie gestionali nello svolgimento dell'attività amministrativa, realizzando un ottimale utilizzo delle risorse disponibili.
Sulla base del progetto, sono stati stipulati il 31 gennaio 2006 una convenzione con Poste Italiane, il 9 febbraio 2006 un protocollo d'intesa con gli istituti di patronato ed il 13 febbraio 2006 un protocollo d'intesa con l'ANCI.
La convenzione con Poste Italiane prevede l'esternalizzazione dell'attività di front office precedentemente svolta dagli uffici immigrazione delle questure.
Gli istituti di patronato e gli uffici comunali hanno, invece, il compito di assistere gli stranieri, supportandoli gratuitamente nella compilazione e nella trasmissione telematica di istanze e dati, e dispongono di un canale privilegiato per seguire le pratiche.
La nuova procedura di rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno opera nel pieno rispetto delle regole fissate dalla normativa vigente in materia di procedimento amministrativo.
Non esiste, infatti, alcun impedimento alla produzione di documentazione aggiuntiva rispetto a quella prevista dal kit; la Questura rimane l'unico soggetto titolare dei procedimento amministrativo, poiché l'attività delegata a Poste Italiane Spa è quella relativa alla fase di acquisizione delle istanze; la stessa Questura, inoltre, può richiedere integrazioni alla documentazione prodotta dal richiedente.
I campi obbligatori della procedura informatica corrispondono a quelli previsti dalla normativa vigente quali requisiti indispensabili per la ricevibilità della domanda. In ogni caso, la Questura può
intervenire direttamente sull'istanza in formato elettronico, «sbloccandola» qualora ne sussistano i presupposti.
La nuova procedura interviene, dunque, solo sulle modalità di presentazione delle domande, al fine di fornire un miglior servizio agli interessati, in quanto i punti di accesso all'utenza non sono più rappresentati dai 103 uffici immigrazione delle Questure, bensì dai 5.332 uffici postali abilitati all'accettazione dell'istanze e dai 14.000 uffici postali abilitati alla distribuzione della modulistica.
Relativamente alla problematica della carenza della modulistica presso gli sportelli abilitati, si precisa che Poste Italiane Spa ha comunicato che il 12 febbraio 2007 sono stati distribuiti 2.000.000 di kit, quantitativo ritenuto sufficiente a soddisfare le richieste di rilascio/rinnovo per i prossimi 18 mesi ed ha espresso l'avviso che l'urgenza kit sia stata superata.
In particolare tutti gli uffici postali sono stati posti in grado di fronteggiare le richieste, in quanto le scorte di kit vengono ricostituite tempestivamente.
Tuttavia, ha proseguito Poste, in casi di temporanea indisponibilità di kit presso gli uffici postali, legata a fattori contingenti, lo straniero può rivolgersi a comuni e patronati per ottenere un ausilio alla compilazione della pratica che, in questi casi, avverrà in modalità elettronica.
In ogni caso, lo straniero può rivolgersi anche ai patronati e ai comuni aderenti all'accordo, presso i quali l'istanza può essere compilata e inviata in formato elettronico.
Il Ministero dell'interno il 19 gennaio scorso ha ribadito, come già esposto in una serie di colloqui con l'azienda Poste, che la piena disponibilità dei moduli presso tutti gli uffici è da considerare condizione essenziale per il proseguimento della convenzione stipulata.
Al contempo, è stata avviata una capillare attività informativa a beneficio degli stranieri per informarli che i kit sono gratuiti e che, in caso di esaurimento presso gli sportelli postali, non bisogna rivolgersi a nessuno che li ceda a pagamento bensì avvalersi del supporto qualificato e gratuito dei patronati e dei Comuni coinvolti. Per tale campagna informativa è stato utilizzato il Portale Immigrazione www.portaleimmigrazione.it nonché il numero verde gratuito 800.309.309, che corrisponde ad un call center multilingue sviluppato e gestito in collaborazione con l'Anci.
La complessità del nuovo sistema, che vede l'interazione di più sistemi informatici gestiti da amministrazioni ed enti diversi, ha effettivamente determinato in molti casi il mancato rispetto dei tempi previsti dalla norma per il rilascio dei documenti richiesti. Sono state, pertanto, attivate tutte le iniziative volte ad eliminare le rigidità che il sistema ha sin qui evidenziato, registrando un trend di crescita nell'attività di rilascio dei permessi di soggiorno che diviene di settimana in settimana più consistente.
Le iniziative finora descritte sono oggetto di un attento monitoraggio del Ministero dell'interno che ha ben chiaro il proprio dovere di garantire la dignità personale degli immigrati anche attraverso l'offerta di servizi che agevolino il loro rapporto con la pubblica amministrazione.
A questo impegno sono stati richiamati e sono continuamente sollecitati tutti i soggetti coinvolti nelle procedure descritte, chiamati, ciascuno per la sua competenza, ad una attività di prevenzione e di controllo perché non si innestino nelle procedure situazioni di strumentalizzazione delle condizioni di vulnerabilità che molti immigrati vivono.
Nel far presente che il ricorso all'ausilio di sistemi informatici per la trattazione delle pratiche in questione si è reso necessario considerato l'alto volume di istanze da gestire, Poste italiane ha precisato che il processo informatico sotteso ai rilasci dei permessi di soggiorno è diverso rispetto a quello utilizzato per il decreto flussi: la problematica segnalata riguarda unicamente le procedure di rinnovo del permesso di soggiorno.
Nei casi di primo rilascio del permesso di soggiorno, per la presentazione dell'istanza non viene utilizzato il kit distribuito dalle Poste, bensì un apposito modello predisposto dagli sportelli unici per
l'immigrazione attraverso il proprio sistema informatico, che, una volta compilato, viene presentato, in apposita busta, agli uffici postali.
Anche nel caso dei nulla osta per lavoro stagionale relativi all'emanando decreto flussi per l'anno 2007, allo scopo di semplificare e rendere più agevole il servizio sono in corso di definizione procedure volte a favorire la compilazione e l'inoltro delle domande, per il tramite delle associazioni di categoria, attraverso il sito internet. Negli altri casi sarà, comunque, possibile scaricare via internet la modulistica necessaria per la richiesta di nulla osta, evitando di doversi avvalere dei kit a suo tempo predisposti da Poste Italiane.
Tali iniziative si muovono in una linea di assoluta coerenza con lo spirito delle politiche per l'immigrazione condotte dal Governo, che intendono promuovere una reale integrazione degli stranieri regolari e tutelarne la dignità personale, consentendo loro di poter esercitare pienamente i propri diritti al riparo da rischi di strumentalizzazione e sfruttamento dello stato di bisogno.
Si fa presente infine che, ai sensi della direttiva del Ministro del 6 agosto 2006, nelle more del rinnovo del permesso di soggiorno lo straniero titolare della ricevuta di presentazione dell'istanza è considerato regolarmente soggiornante e può lasciare il territorio nazionale per recarsi all'estero (quindi non esclusivamente nel paese di origine) a condizione che non transiti per un Paese aderente all'Accordo di Schengen.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Marcella Lucidi.
BERTOLINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per i diritti e le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
la cronaca quotidiana informa, con crescente drammaticità, di violenze consumate sul territorio italiano all'interno di nuclei familiari o di comunità di origine extracomunitaria, soprattutto nei confronti delle donne e dei soggetti che, in questi contesti, vivono in una condizione di debolezza e di minorità;
in data 28 febbraio 2007 il quotidiano Il Corriere della Sera ha dato conto delle minacce di morte indirizzate alla signora Nosheen Ylias, a causa dell'impegno da lei profuso nel sociale, sia come giornalista che come mediatrice culturale;
la signora Nosheen Ylias costituisce un caso di esemplare tentativo di integrazione nel tessuto sociale italiano, attraverso una consapevole e convinta adesione ai valori ed alle tradizioni culturali italiane;
la signora Nosheen Ylias è soggetto attivo della comunità pachistana di Carpi, all'interno della quale, attraverso l'insegnamento della lingua italiana a favore dei propri connazionali, tenta di promuovere ed agevolare un'effettiva integrazione;
la famiglia della donna pakistana, a causa dello stile di vita e delle lotte per l'emancipazione delle donne straniere da lei condotte, è stata più volte fatta oggetto di minacce, intimidazioni e violenze da parte di connazionali-:
se siano a conoscenza dell'episodio come sopra descritto;
se intendano mettere al corrente la Camera dei Deputati di eventuali nuove circostanze;
se le gravi violazioni alle regole di convivenza civile che di fatto vengono perpetrate sul nostro territorio non comportino pericolose ripercussioni sia sotto il profilo dell'ordine pubblico, sia sotto il profilo del rispetto delle pari opportunità delle donne extracomunitarie presenti nel nostro Paese, sulle quali grava una situazione di discriminazione, sottomissione e mancato rispetto dei più elementari diritti civili ed umani;
come intendano intervenire per scongiurare l'insorgere ed il ripetersi di violenze e discriminazioni nei confronti di donne straniere.
(4-02793)
Risposta. - Si risponde anche per conto del Ministro per i diritti e le pari opportunità.
L'episodio dal quale trae spunto l'interrogazione ha avuto luogo nello scorso mese di febbraio, quando la cittadina pakistana Nosheen Ilyas, regolarmente residente a Carpi ed impiegata come mediatrice culturale in quel Comune, si è presentata presso il Commissariato di pubblica sicurezza di Carpi per sporgere querela nei confronti di un connazionale per i reati di minaccia e molestie.
A seguito degli accertamenti investigativi condotti, l'organo di polizia ha deferito all'autorità giudiziaria un giovane pakistano residente a Gonzaga (Mantova) quale presunto responsabile delle ripetute molestie subite dalla donna e di una lettera minatoria a lei indirizzata.
Secondo quanto riferito dalle autorità locali, le ragioni che hanno indotto l'uomo a tali molestie sarebbero riconducibili alla sfera sentimentale e non a motivi di carattere religioso, sebbene la risonanza che gli organi d'informazione hanno riservato all'episodio, anche in ambito nazionale, può aver indotto a collocare la vicenda in un contesto politico-religioso che non le è proprio.
Il Prefetto di Modena ha anche riferito che, all'interno della comunità pakistana di Carpi, la Ilyas gode di stima per il suo impegno nel sociale a favore della comunità e, pur mantenendosi fedele alle tradizioni dei Paese d'origine, risulta ben integrata nella realtà carpigiana.
Per quanto riguarda, più in generale, il tema degli atti di discriminazione o di violenza nei confronti delle donne motivata da consuetudini, pratiche e dettami a sfondo tradizionale o religioso, si ricorda innanzitutto che la Consulta per l'Islam italiano, istituita presso questo Ministero, sin dalla sua prima riunione ha riservato particolare rilievo alla questione del rispetto, da parte delle comunità di stranieri presenti nel nostro Paese, del principio di parità fra uomo e donna.
L'attenzione al tema è dimostrata dallo specifico rilievo che ad esso è stato riservato nel testo della Carta dei valori della cittadinanza e dell'integrazione, adottata dal Ministro dell'interno con provvedimento del 23 aprile 2007 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 15 giugno scorso, nella quale sono racchiusi i principi cui il Ministero si ispira nell'esercizio delle proprie attribuzioni e nelle relazioni con le comunità straniere e religiose.
Nella Carta, in particolare, sono evidenziati e ribaditi i seguenti punti, coerenti ai precetti costituzionali ed ai principi generali dell'ordinamento interno e internazionale:
principio di uguaglianza e di pari opportunità senza distinzioni di sesso, etnia, religione, condizioni sociali (punto 1);
sostegno a chi subisce discriminazioni o vive in stato di bisogno, in particolare alle donne e ai minori (punto 2);
pari dignità fra uomo e donna dentro e fuori la famiglia (punto 4);
tutela del lavoro e lotta ad ogni forma di sfruttamento, in modo particolare quello delle donne e dei bambini (punto 6);
riconoscimento dei diritti della famiglia come società naturale a struttura monogamica fondata sul matrimonio, nell'eguaglianza di diritti e di responsabilità tra marito e moglie (punti 16 e 17);
rifiuto della poligamia (punto 17);
rifiuto di ogni forma di violenza e coercizione all'interno della famiglia e tutela della dignità della donna in tutte le sue manifestazioni ed in ogni momento della vita associativa (punto 18).
Pur non avendo valore normativo cogente, la Carta, quale compendio di principi a carattere valoriale e pregiuridico, si propone di accompagnare il processo d'integrazione ed il percorso per la cittadinanza degli immigrati, costituendo un utile strumento di orientamento dell'azione dell'amministrazione per l'integrazione dei soggetti dell'immigrazione nella società italiana e per favorire la coesione sociale attraverso le più idonee garanzie civili e sociali, in
coerenza con il quadro normativo costituzionale, comunitario e internazionale sui diritti umani.
Per quanto concerne le iniziative avviate da questo Ministero per prevenire e contrastare i reati di violenza alle donne, si precisa che già a partire dal 1988 sono state impartite su questo tema specifiche direttive agli uffici periferici, raccomandando, fra l'altro, di impiegare nelle connesse attività personale qualificato e dotato di particolare sensibilità, anche sotto il profilo umano.
Istruzioni sono state poi diramate per la costituzione, nell'ambito delle squadre mobili delle Questure, di équipes specializzate cui è demandata la ricezione delle denunce e delle querele, delle segnalazioni telefoniche e delle richieste di aiuto.
Per coordinare l'azione delle citate unità specializzate ed indirizzare al meglio l'attività di prevenzione e repressione nello specifico settore, si è provveduto anche a specifiche iniziative di formazione ed aggiornamento professionale. Mirati seminari formativi, da ultimo, sono stati promossi anche nell'ambito di un progetto europeo denominato «SARA» (Spousal Assault Risk Assessment), finalizzato ad identificare precocemente il rischio di recidiva nei casi di maltrattamento familiare.
Per quanto riguarda le iniziative di competenza del dipartimento per i diritti e le opportunità, si ricorda innanzitutto che, presso la Presidenza del Consiglio, è operante l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR), istituito con il decreto legislativo 9 luglio n. 2003 n. 215, con il compito di fronteggiare qualsiasi forma di discriminazione e di molestia posta in essere per motivi di razza e origine etnica, tenendo comunque conto - come previsto dall'articolo 1 dello stesso decreto legislativo 215 - «del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione possono avere su uomini e donne». L'Ufficio, operativo dal novembre 2004, mira a costituire un presidio istituzionale di garanzia e controllo della parità di trattamento in tutti i settori pubblici e privati della vita sociale quali il lavoro, l'assistenza sanitaria, l'istruzione, l'accesso a beni e servizi, la protezione sociale. In poco più di due anni di attività, questa struttura è diventata punto di riferimento istituzionale per le comunità straniere e per le istituzioni impegnate nel campo della tutela degli immigrati e delle minoranze.
Per il perseguimento della sua missione istituzionale, l'Unar - collabora costantemente con le associazioni, gli enti e le organizzazioni non governative, fra cui anche diverse associazioni («Candelaria donne immigrate», «Associazione donne brasiliane» e «Associazione donne in movimento») impegnate in modo mirato nel campo della tutela delle donne.
Inoltre, dall'8 marzo 2006 presso lo stesso Dipartimento per i diritti e le pari opportunità opera il numero verde di pubblica utilità 1522 «Antiviolenza Donna», dedicato al supporto, alla protezione e all'assistenza delle donne vittime di maltrattamenti e violenze. Il servizio è operante 24 ore su 24, è multilingue, accessibile gratuitamente dall'intero territorio nazionale, da rete fissa e mobile e garantisce l'assoluto anonimato. Il 1522 offre un servizio di accoglienza telefonica specializzato (ascolto, analisi della domanda, preme indicazioni e suggerimenti utili, informazioni legali) e l'orientamento all'accesso ai servizi del privato sociale, socio sanitario, forze dell'ordine, e centri antiviolenza presenti nel territorio di riferimento. È stata avviata una campagna nazionale pubblicitaria nazionale di informazione e di diffusione del numero verde antiviolenza.
Inoltre, il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità ha avviato per la prima volta i programmi cosiddetti di prima assistenza a favore delle vittime dei reati di cui agli articoli 600 e 601 del codice penale (vittime dei reati di riduzione in schiavitù e tratta di esseri umani), disciplinati dal decreto del Presidente della Repubblica n. 237 del 19 settembre 2005, e finalizzati a garantire, in via transitoria, alle vittime dei reati anzidetti adeguate condizioni di alloggio, vitto ed assistenza sanitaria. A latere di tali programmi si è proseguito nel finanziamento di azioni di sistema, precedentemente attivate, di supporto ai programmi stessi come la gestione di un numero verde di ausilio alle vittime della
tratta in grado di fornire loro informazioni utili e una prima assistenza.
L'operatività di tale numero verde è stata riattivata in base ad un'articolazione del servizio diversa da quella del passato, che non prevede più una postazione centrale, ma soltanto postazioni locali dislocate sul territorio nazionale, con le quali sono state concluse nuove convenzioni.
Prosegue anche l'attività del Dipartimento diretta al finanziamento dei programmi di assistenza ed integrazione sociale di cui all'articolo 18 del testo unico immigrazione, finalizzati a dare alle vittime del fenomeno della tratta degli esseri umani l'opportunità di affrancarsi dai circuiti di sfruttamento e iniziare un percorso per il recupero di condizioni normali di vita e l'integrazione nel tessuto sociale italiano.
Si segnala, infine, che il medesimo Dipartimento ha avviato, anche in occasione dell'Anno europeo delle pari opportunità per tutti, numerose iniziative e campagne di informazione e sensibilizzazione circa le tematiche di antidiscriminazione di genere.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Marcella Lucidi.
BRICOLO, LUSSANA, GOISIS, GARNERO SANTANCHÈ, PORETTI, BERTOLINI, MELONI, BIANCOFIORE, SANTELLI, CARLUCCI, APREA, LICASTRO SCARDINO, D'IPPOLITO VITALE, MAZZONI, CECCACCI RUBINO, PAOLETTI TANGHERONI, CARFAGNA, ANGELA NAPOLI, FRASSINETTI, GERMONTANI, CASTELLANI, MILANATO, CAPITANIO SANTOLINI, ARMOSINO, PELINO, MISTRELLO DESTRO, MONDELLO e GARDINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da quanto si apprende dalle notizie riportate dagli organi di stampa, in Italia dilaga il fenomeno della violenza contro le donne vittime della sottomissione irragionevole ai dettami fanatico religiosi (mortificazione del corpo e della personalità, mutilazioni sessuali, segregazione, poligamia, matrimoni imposti dalle famiglie);
in un articolo pubblicato in data 27 gennaio 2007 sul Corriere della Sera, viene citato a corollario di un elenco di casi di donne straniere vittime di violenza «giustificata» da assurde convinzioni confessionali, il paradossale episodio accaduto il 26 agosto 2005, nel quale, durante una funzione tenutasi all'interno della moschea di Verona sita in via Biondani, la guida spirituale Wagdy Ghoneim (un estremista incarcerato in Egitto, espulso dagli Stati Uniti e Canada per apologia del terrorismo internazionale entrato in Italia su invito dell'UCOI), interpretando il Corano, ha indicato tra i doveri di ogni buon musulmano quello di usare la violenza nei confronti delle donne che «sbagliano»;
sempre dalle notizie riportate dai mass media è ipotizzabile dedurre come le parole d'istigazione alla violenza nei confronti delle donne pronunciate in quella occasione dall'Imam Wagdy Ghoneim furono da più di un fedele interpretate alla lettera. Caso emblematico quello denunciato da una donna coraggio Amal El Boufrai che dopo anni di vessazioni e violenze subite dal marito e due gravidanze interrotte per le percosse subite dallo stesso ha raccontato alle Forze dell'ordine come proprio in quel giorno fatidico del 26 agosto 2005 il marito Moustapha Ben Har, marocchino residente nel capoluogo scaligero, si sia sentito ancora di più autorizzato a picchiarla dopo aver partecipato all'incontro di preghiera nella moschea;
è assordante e colpevole il silenzio delle Comunità musulmane presenti in Italia dinnanzi a casi così eclatanti;
è inaccettabile che la Consulta per l'islam italiano, istituita con decreto del Ministro dell'interno, che tanta influenza dovrebbe avere sulle comunità musulmane presenti nel nostro Paese, non abbia una posizione univoca nel condannare, tali episodi;
dignità e diritti sono elementi su cui non è possibile scendere a patti. È necessario quindi ribadire come non vi potrà mai essere integrazione senza la preventiva
accettazione da parte di tutta la comunità islamica delle normative vigenti in materia di libertà individuale e di pensiero, di obbligo scolastico, di autodeterminazione e di uguaglianza formale di tutti i cittadini davanti alla legge, lo status giuridico o religioso delle donne, il rispetto del diritto di famiglia e dell'istituto del matrimonio, dei minori e dei non credenti e il trattamento degli animali;
è noto che la moschea, oltre ad essere sede di attività religiosa, diventa anche centro della vita sociale, politica e culturale della comunità musulmana;
una politica non attenta, ha contribuito al brulicare del fondamentalismo islamico;
mentre oramai è palese ad avviso degli interroganti che anche in Italia all'interno di alcune comunità islamiche si annidi la presenza di gruppi eversivi allo stesso tempo non è invece facilmente riscontrabile una collaborazione con le Forze dell'ordine e la magistratura da parte di quei musulmani che si dichiarano moderati e che continuano a chiedere diritti dimostrando la volontà di volersi integrare nella nostra società;
è stato più volte documentato da fonti giornalistiche che molto spesso, in occasione di funzioni religiose, gli imam predicano odio nei confronti della cultura occidentale e sentenziano condanne contro tutti coloro che non si comportano secondo i dettami coranici (inutile ribadire come questi, in molti casi, siano antitetici ai principi e ai valori su cui è fondata la nostra tradizione culturale e che come tali si ritrovano anche nella Costituzione italiana) -:
quali provvedimenti il Ministro intenda assumere per non permettere il verificarsi di tali situazioni nel nostro Paese e se non ritenga indispensabile che vengano predisposti controlli approfonditi in tutte le moschee e, considerato il caso descritto nelle premesse in particolar modo nella moschea di via Biondini (Verona), e centri islamici presenti sul territorio italiano, giungendo anche alla chiusura precauzionale di quelli al cui interno si riscontrano presenze eversive;
quali provvedimenti il Ministro intenda adottare nei confronti degli imam della moschea di Verona che hanno ospitato ed invitato a parlare durante la funzione religiosa tenutasi nella moschea il signor Wagdy Ghoneim già noto a livello internazionale per le sue posizioni radicali e fondamentaliste.
(4-02403)
Risposta. - È innanzitutto da premettere come il rispetto dei diritti delle donne rappresenti, per il Governo, uno dei valori fondamentali che devono orientare i rapporti fra l'amministrazione e le comunità straniere, costituendo condizione inderogabile di ogni effettivo processo d'integrazione degli stranieri nel nostro Paese.
In tale direzione si è costantemente rivolta l'azione del Ministero dell'interno, come è dimostrato dalle molteplici iniziative avviate nei mesi scorsi, dall'approvazione della Carta dei valori della cittadinanza e dell'integrazione all'attività promossa in seno alla Consulta per l'Islam italiano, senza dimenticare le specifiche azioni avviate in materia di sicurezza per la prevenzione dei reati di violenza in danno alle donne o in ambito familiare.
La Carta dei valori, adottata dal Ministro dell'interno con provvedimento del 23 aprile 2007 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 15 giugno scorso, racchiude i principi cui il Ministero si ispira nell'esercizio delle proprie attribuzioni e nelle relazioni con le comunità straniere e religiose.
L'attenzione al tema della condizione femminile è dimostrata dalle seguenti previsioni contenute nella Carta, peraltro coerenti ai precetti costituzionali ed ai principi generali dell'ordinamento interno e internazionale:
principio di uguaglianza e di pari opportunità senza distinzioni di sesso, etnia, religione, condizioni sociali (punto 1);
sostegno a chi subisce discriminazioni o vive in stato di bisogno, in particolare alle donne e ai minori (punto 2);
pari dignità fra uomo e donna dentro e fuori la famiglia (punto 4);
tutela dei lavoro e lotta ad ogni forma di sfruttamento, in modo particolare quello delle donne e dei bambini (punto 6);
riconoscimento dei diritti della famiglia come società naturale a struttura monogamica fondata sul matrimonio, nell'eguaglianza di diritti e di responsabilità tra marito e moglie (punti 16 e 17);
rifiuto della poligamia (punto 17);
rifiuto di ogni forma di violenza e coercizione all'interno della famiglia e tutela della dignità della donna in tutte le sue manifestazioni ed in ogni momento della vita associativa (punto 18).
Pur non avendo valore normativo cogente, la Carta, quale compendio di principi a carattere valoriale e pregiuridico, si propone di accompagnare il processo d'integrazione ed il percorso per la cittadinanza degli immigrati, costituendo un utile strumento di orientamento dell'azione dell'amministrazione per l'integrazione dei soggetti dell'immigrazione nella società italiana e per favorire la coesione sociale attraverso le più idonee garanzie civili e sociali, in coerenza con il quadro normativo costituzionale, comunitario e internazionale sui diritti umani.
L'iniziativa della Carta è il naturale coronamento di un percorso di riflessione avviato anche in seno alla Consulta per l'Islam italiano, al cui interno il principio di parità fra uomo e donna ed il tema degli atti di discriminazione o di violenza nei confronti delle donne motivata da consuetudini, pratiche e dettami a sfondo tradizionale o religioso ha costituito sin dapprincipio uno dei temi sui quali si è soffermata maggiormente l'attenzione, grazie anche al contributo di alcune personalità chiamate a far parte del consesso che hanno manifestato una particolare sensibilità specifica sull'argomento.
Non vanno dimenticate, inoltre, le iniziative avviate da questo Ministero per prevenire e contrastare i reati di violenza alle donne, che - inserendosi nel solco di una consolidata attenzione che le forze di polizia riservano al problema già da diversi anni - si sono recentemente tradotte anche in mirate iniziative di formazione ed aggiornamento professionale, fra cui si ricordano i seminari promossi nell'ambito di un progetto europeo denominato «SARA» (Spousal assault risk assessment), finalizzato ad identificare precocemente il rischio di recidiva nei casi di maltrattamento familiare.
Per quanto riguarda il caso specifico richiamato dall'interrogante risulta che il caso della signora Amai El Boufrai è stato riferito da una sorella della donna alla giornalista Souad Sbai, presidente dell'Associazione donne marocchine in Italia e membro della Consulta per l'Islam italiano. Secondo la versione ripresa dal giornalista del Corriere della Sera Magdi Allam e da altri organi di stampa, i maltrattamenti cui Amai sarebbe stata sottoposta sarebbero da ricondurre alle parole pronunciate da Wagdy Mohamed Ghoneim, noto integralista islamico di origine egiziana, nel corso di una funzione svoltasi il 26 agosto 2005 in una sala di preghiera di Verona.
Dagli accertamenti esperiti dalla Questura di Verona, non è peraltro emerso che in quell'occasione fossero stati trattati temi caratterizzati da uno spiccato estremismo politico-religioso.
La stessa Amal El Boufrai, sentita presso gli uffici della Questura, ha escluso che il comportamento del marito Moustapha Ben Har sia da ricondurre alle parole pronunciate dall'imam Wagdy Ghoneim, aggiungendo che il Ben Har (soggetto che risulta aver provocato lesioni anche ad altri cittadini extracomunitari e che, proprio per i reati a suo carico, si è vista negare la concessione della cittadinanza italiana) si era dimostrato da sempre violento nei suoi confronti.
Il Ben Har, da parte sua, avrebbe manifestato l'intenzione di adire le vie legali per quanto divulgato sulla propria vita privata ed analoga intenzione sarebbe stata manifestata anche dall'Associazione culturale religiosa «Consiglio islamico di Verona» che gestisce e dirige la predetta sala di preghiera, impropriamente denominata moschea,
nei confronti di coloro i quali l'hanno coinvolta nella vicenda.
La problematica situazione del nucleo familiare dei signori Ben Har ed El Boufrai risultano, comunque, da tempo seguite, per gli aspetti di rispettiva competenza, dalla Stazione dei carabinieri di San Giovanni Lupatoto e dal medesimo Comune, che ha provveduto ad avviare la donna ed i suoi figli ad una struttura protetta.
Sul più generale tema delle presunte responsabilità di imam e moschee in atti contrari all'ordinamento italiano, si precisa peraltro che, nel quadro delle iniziative finalizzate a garantire la sicurezza pubblica e la concreta osservanza del diritto alla libertà religiosa, il Ministero dell'interno ha da tempo attivato un costante monitoraggio su tutte le realtà religiose, non solo quella islamica, nell'intento anche di rilevare - nelle modalità di espressione del diritto alla libertà religiosa in forma individuale o associata - l'intendimento della comunità di svilupparsi secondo principi democratici e di integrarsi nel tessuto sociale, pur mantenendo la propria identità religiosa.
Il monitoraggio viene costantemente aggiornato grazie anche al costante flusso di informazioni proveniente dalle Prefetture-uffici territoriali del Governo che, grazie alla loro attività istituzionale sul territorio, dispongono di un ampio quadro conoscitivo su problemi, istanze e necessità delle comunità locali, comprese quelle relative alla presenza religiosa.
I risultati di tale monitoraggio si affiancano ad una capillare e costante attività di controllo finalizzata a prevenire il rischio di possibili infiltrazioni eversive all'interno delle comunità islamiche presenti nel nostro Paese, problematica già da tempo alla massima attenzione del Ministero dell'interno, che in questi anni, quando ne ricorrevano i presupposti di legge, non ha mancato di adottare i necessari provvedimenti di espulsione per motivi di sicurezza dello Stato nei confronti di soggetti a vario titolo presenti nei luoghi di culto islamico di Torino, Como, Varese, Reggio Emilia, Trino Vercellese e Carmagnola.
Si ribadisce, peraltro, che il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale da adottarsi ai sensi dell'articolo 13, primo comma, del vigente testo unico sull'immigrazione necessita di un robusto impianto istruttorio e motivazionale a sostegno della prognosi di pericolosità dell'espellendo sotto il profilo della sicurezza dello Stato, prognosi che non può essere desunta unicamente da fonti giornalistiche ove non adeguatamente suffragate da ulteriori riscontri.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Marcella Lucidi.
BURGIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da diversi anni il Centro di Documentazione di Pistoia, associazione sorta alla fine degli anni Sessanta come centro di raccolta di documentazione sulla storia del movimento progressista italiano, sviluppa contatti e scambi diretti con associazioni culturali e personalità del mondo intellettuale latino-americano;
tra il luglio e l'agosto 2006 il Centro di Documentazione di Pistoia ha invitato la scrittrice e poetessa cubana Liudmila Quincoses Clavelo e lo scultore e pittore Julio Neira Miliàn, anch'egli cubano, a partecipare ad una serie di iniziative, in programma tra l'11 ottobre e il 9 novembre 2006 in diverse città toscane, di promozione della cultura popolare cubana (nello specifico della sua poesia e delle sue arti plastiche);
il CDP organizzava dunque, con un numero significativo di realtà sociali e culturali, appuntamenti nelle città di Pistoia, Lucca, Firenze, Campi (FI), Siena e Livorno;
in seguito a ciò il CDP inviava, negli ultimi giorni di agosto, tutta la documentazione concernente la richiesta dei visti per i due artisti e per la loro piccola figlia, Martha Inés;
a questo primo invio, l'Ambasciata rispondeva con la richiesta di nuovi documenti
che, una volta prodotti, dichiarava esaustivi;
contrariamente a quanto in precedenza asserito, l'Ambasciata richiedeva, nei primi giorni di ottobre, che la firma dell'Assessore alla Cultura del Comune di Pistoia, Tommaso Braccesi (il quale il 19 settembre aveva fatto pervenire all'Ambasciata una lettera con cui dichiarava il patrocinio della sua amministrazione alle iniziative promosse con i due artisti) fosse autenticata, pena il mancato rilascio dei visti;
il 4 ottobre l'Assessore alla Cultura di Pistoia rispediva la lettera integrata dall'autentica;
il 5 ottobre l'Ambasciata richiedeva che l'assessore integrasse in una nuova dichiarazione, sempre autenticata, di essere a conoscenza della venuta in Italia della figlia dei due artisti; oltre a ciò l'Assessore avrebbe dovuto fornire copia di un suo documento d'identità: l'intera documentazione sarebbe dovuta pervenire entro e non oltre la mattinata di venerdì 6 ottobre, pena la mancata concessione dei visti;
per una pura coincidenza venerdì 6 ottobre alle ore 8.00 due membri del CDP riuscivano ad intercettare l'Assessore Braccesi il quale, per sua personale disponibilità e dopo aver redatto per la terza volta la lettera, autorizzava con procedura d'urgenza la realizzazione delle ultime richieste, rendendo possibile il rilascio dei visti;
nelle settimane precedenti il Ministero della Cultura di Cuba aveva inviato al Consolato italiano una lettera spiegando come il viaggio di Liudmila Quincoses fosse da intendersi precisamente come un'occasione di diffusione e promozione della cultura cubana in Italia -:
quale sia il giudizio del ministro in indirizzo sulla vicenda in parola;
quali iniziative il ministro in indirizzo intenda attivare per evitare che, in futuro, si ripetano circostanze nelle quali il diniego al rilascio dei visti da parte dell'Ambasciata viene scongiurato soltanto grazie alla casualità di circostanze favorevoli.
(4-03593)
Risposta. - I cittadini cubani Julio Emilio Neira Milian e Liudmila Quincones Clavelo con la loro figlia minore, hanno presentato istanza di rilascio del visto di ingresso per invito in data 29 settembre 2006, corredando, a sostegno della richiesta, la prevista documentazione di rito, che comprendeva tra l'altro la lettera di invito della Associazione privata «Centro Documentazione di Pistoia» opportunamente completata dalla richiesta del Comune di Pistoia sottoscritta dall'assessore alla Cultura signor Tommaso Braccesi.
Trattandosi di documentazione inizialmente presentata in copia via telefax sono state chieste, come è prassi e norma in tutti i casi analoghi maggiori garanzie di autenticità mediante la certificazione di un Ufficiale di stato civile, dato che non era allegata la fotocopia del documento di identità del suddetto assessore del Comune di Pistoia.
Una volta acquisita la suddetta dichiarazione e verificata la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge, i visti sono stati rilasciati senza indugio nel giro di una settimana, precisamente in data 5 ottobre 2006, permettendo ai cittadini cubani di effettuare il previsto viaggio come richiesto dagli enti invitanti.
L'Ambasciata a L'Avana ha appurato che i ritardi segnalati nella interrogazione, secondo quanto riferito dallo stesso signor Neira Milan, sarebbero in realtà da attribuirsi alle Autorità cubane, i cui tempi per l'espletamento delle procedure di autorizzazione all'espatrio, cui sono sottoposti senza eccezioni tutti i cittadini cubani, sono talvolta alquanto lunghi.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
CARLUCCI. - Al Ministro della solidarietà sociale, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i dati sull'uso della droga in Italia resi noti di recente dalla Direzione centrale per i servizi antidroga - in occasione della presentazione della Relazione Annuale antidroga 2006 - confermano nel nostro paese l'esistenza di una «spaventosa domanda di cocaina» come denunciato dallo stesso ministro Amato;
nella Relazione si rileva - altresì - l'aumento del consumo e della richiesta di sostanze stupefacenti da parte dei giovani;
rispetto al 2005 i decessi per consumo di droga sono in diminuzione ma questo dato non deve autorizzare ad allentare la guardia nella lotta a questo nemico subdolo che ghermisce le migliori energie dei nostri ragazzi e diventa un incubo per migliaia di famiglie;
di fronte a tale fenomeno occorre lanciare messaggi univoci ai ragazzi, avviando politiche che con chiarezza e determinazione dicano ciò che è bene per la loro salute e ciò che invece non lo è;
al contrario la strada intrapresa dal Governo - con l'emanazione del decreto Turco, il provvedimento che ha innalzato da 500 milligrammi a 1 grammo la quantità massima di detenzione di cannabis al di là della quale scattano le sanzioni penali - ha nei fatti legittimato - a giudizio dell'interrogante - il consumo di sostanze stupefacenti;
il decreto ha ricevuto la bocciatura del Tar del Lazio ma rimane il messaggio antieducativo e pericoloso in esso contenuto;
ben diversa è stata la linea di condotta adottata nella passata legislatura dal Governo Berlusconi nei confronti del fenomeno droga, improntata a rafforzare l'azione sia sul piano della prevenzione, cura e recupero dei tossicodipendenti, sia a livello di repressione dei traffici illeciti e dello spaccio;
in questo quadro il Dipartimento per le politiche antidroga ha sottoscritto una serie di accordi di programma con i Ministeri della giustizia, della salute e della pubblica istruzione per un ammontare di 16.190.000,00 euro;
si tratta di sette progetti, cinque dei quali finalizzati al recupero e al reinserimento sociolavorativo dei tossicodipendenti - anche minori - collocati in carcere o nelle comunità terapeutiche, mentre il sesto propone interventi per venire incontro ai bisogni terapeutici degli assuntori di cocaina e il settimo ha come obiettivo quello di realizzare un'azione di prevenzione nelle scuole a sostegno delle famiglie -:
quale sia lo stato della realizzazione di tali progetti e dell'utilizzo delle risorse appositamente stanziate dal momento che - come detto in premessa - siamo in presenza di un fenomeno dilagante che deve essere contrastato con azioni concrete.
(4-03639)
Risposta. - In relazione all'atto in esame, si conviene con quanto esposto dall'interrogante in ordine alla relazione al Parlamento, relativa al periodo 2000-2005, dalla quale si evince che i consumi di cocaina e di cannabis sono raddoppiati. Ciò mostra con tutta evidenza che le politiche perseguite negli ultimi anni non sono state efficaci come deterrenti verso il consumo di sostanze e stimola ulteriormente il Governo attuale a muoversi in sintonia con le richieste provenienti dal mondo degli operatori e della comunità scientifica. Una direzione che, in coerenza con la cosiddetta politica dei quattro pilastri, proposta dall'Unione europea e adottata da ogni Paese europeo (prevenzione, cura, riduzione del danno e lotta al narcotraffico) implica la messa a sistema nel territorio nazionale delle azioni suddette, attraverso un piano nazionale degli interventi che, dato che negli anni precedenti non si è operato in questo senso, è in via di definizione e che
il Governo sta costruendo insieme alle regioni.
Entrando, quindi nello specifico dei quesiti posti nella su richiamata interrogazione, in ordine alla realizzazione degli Accordi di programma in materia di prevenzione, cura e riabilitazione della dipendenza stipulati dal precedente Governo, si precisa che questo Ministero, nell'ambito delle azioni di sviluppo della strategia di prevenzione e lotta a tutte le forme di dipendenza da sostanze legali e illegali, ha previsto interventi sui fondamentali aspetti dell'informazione, della prevenzione, della cura e della riduzione del danno, dando seguito ai progetti:
1. «Libera-Mente - Nuovi modelli d'intervento nei confronti di minori con problemi di tossicodipendenza che entrano nel circuito penale, al fine di consentirne il pieno recupero» per un totale di euro 1.000.000,00, sottoscritto in data 22 settembre 2005 con il Ministero della giustizia - Dipartimento giustizia minorile;
2. «Ordinaria riabilitazione» euro 6.000.000,00 - «IRIS» euro 1.500.000,00 - «Liberi dentro» euro 500.000,00 - «Vortumno» euro 2.190.00,00; sottoscritti in data 26 settembre 2005 con il Ministero della giustizia - Dipartimento amministrazione penitenziaria;
3. «Programma di prevenzione delle tossicodipendenze: rafforzare i fattori protettivi della famiglia» - per un totale di euro 4.000.000,00, sottoscritto in data 6 ottobre 2005 con l'ex MIUR - Dipartimento istruzione;
4. «Unità operative ad elevata integrazione tra i servizi pubblici e del privato sociale per il trattamento e, la riabilitazione dei cocainomani e dei consumatori di psicostimolanti» per un totale di euro 1.000.000,00 , sottoscritto in data 6 ottobre 2005, con il Ministero della salute - Dipartimento della prevenzione e della comunicazione.
Per completezza di informazione si precisano di seguito le modalità con cui si è intervenuti sui progetti sopra esposti:
il primo progetto sopra menzionato «Libera-Mente - Nuovi modelli d'intervento nei confronti di minori con problemi di tossicodipendenza che entrano nel circuito penale, al fine di consentirne il pieno recupero» del Dipartimento giustizia minorile - Ministero della giustizia - è stato realizzato. Infatti, sono stati assegnati i fondi ai Centri per la giustizia minorile al fine di consentire il collocamento dei minori tossicodipendenti e/o con doppia diagnosi in comunità del privato sociale terapeutiche e socio-riabilitative; è stata, inoltre, realizzata la ricerca dalla Fondazione Yard «Interventi di sistema. Standardizzazione di indicatori di valutazione in itinere per i percorsi relativi alle tossicodipendenze in ambito penale minorile»; e parimenti è stata realizzata la ricerca dall'Opera Don Calabria «I nuovi fenomeni legati all'abuso di sostanze psicotrope in ambito penale minorile; nuove droghe, alcol e psicofarmaci. Messa in rete, formazione - sperimentazione e valutazione di qualità di approcci al problema italiani ed europei».
I progetti del Dipartimento amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia sono in fase di realizzazione - «Ordinaria riabilitazione» ha avviato gli specifici progetti operativi previsti nei 20 istituti penitenziari individuati (Provveditorato regionale Torino: Casa circondariale Lo Russo Cotugno; Provveditorato regionale Genova: Casa circondariale Genova Marassi; Provveditorato regionale Milano: Casa circondariale Brescia, Casa circondariale Milano; Casa circondariale Bergamo; Provveditorato regionale Padova: Casa circondariale Padova, Casa circondariale Verona; Provveditorato regionale Bologna: Casa circondariale Bologna; Provveditorato regionale Firenze: Casa circondariale nuovo complesso Sollicciano; Provveditorato regionale Roma: Casa circondariale nuovo complesso Roma Rebibbia, Casa circondariale Regina Coeli; Provveditorato regionale
Napoli: Casa circondariale Poggioreale Napoli, Direzione centro penitenziario NapoliSecondigliano; Provveditorato regionale Catanzaro: Casa circondariale Reggio Calabria; Provveditorato regionale Bari: Casa circondariale Bari, Casa circondariale Lecce; Provveditorato regionale Palermo: Casa circondariale Catania Bicocca, Casa circondariale Palermo Ucciardone; Provveditorato regionale Cagliari: Casa circondariale Sassari, Casa circondariale Cagliari). - «IRIS - Insieme per il recupero e l'inserimento sociale, Casa di reclusione di Castelfranco Emila», ha realizzato una lavanderia ed ha avviato la realizzazione di una stalla e di una falegnameria - la casa Circondariale di Giarre, attraverso il progetto «Liberi dentro» ha realizzato opere strutturali (costruzione di un campo di calcio in erba sintetica nell'area di uno dei cortili annessi alla struttura penitenziaria e realizzazione di un corpo di fabbrica destinato a sala polivalente presso l'area verde adiacente al fabbricato adibito ai colloqui dei detenuti), sono inoltre stati sottoscritti accordi con professionisti ed Enti coinvolti nel progetto che afferiscono alla sensibilizzazione ed al raccordo con il territorio, all'addestramento e/o miglioramento delle competenze degli operatori e al trattamento delle persone detenute (educazione alla legalità, prevenzione delle varie patologie, inserimento lavorativo e iniziative per la socializzazione).
Il progetto «Vortumno - Valorizzazione dell'intervento socio riabilitativo delle comunità terapeutiche» ha, attraverso la Direzione generale dell'esecuzione penale esterna del Ministero della giustizia, assegnato un contributo alle Comunità terapeutiche per tossicodipendenti che hanno ospitato soggetti affidati in prova al servizio sociale ed hanno realizzato protocolli operativi, ha inoltre realizzato un convegno - «Vortumno - Per una risposta pluriprofessionale ad esigenze complesse» - per la promozione e la divulgazione del progetto.
Il Progetto «Programma di prevenzione delle tossicodipendenze: rafforzare i fattori protettivi della famiglia» è in fase di realizzazione, ha subito un notevole ritardo nella fase iniziale a causa di un ricorso per la gara di assegnazione del servizio. In seguito al parere del Consiglio di Stato che ha respinto il ricorso, la Direzione generale dello studente del Ministero della pubblica istruzione, responsabile della realizzazione del progetto, ha individuato il Raggruppamento temporaneo di scopo che gestisce il progetto (Associazione centro sportivo italiano - associazione mandataria -, Federazione italiana comunità terapeutiche, Forum oratori italiani), ha stato stipulato il contratto con l'associazione mandataria dell'RTS; sono state, quindi, avviate le attività progettuali previste. Il progetto prevede l'adattamento e l'applicazione in almeno 40 centri in Italia del programma «Strengthening Families Program - S.F.P. elaborato in america dal N.I.D.A. (National Institute on Drug Abuse)»; un programma per il rinforzo dei fattori di protezione della famiglia, di prevenzione dell'uso di sostanze a componenti multiple che coinvolge l'intero nucleo familiare.
La Commissione giudicatrice della Direzione generale dello studente, in seguito alla valutazione delle offerte pervenute, ha inoltre individuato come gestore della valutazione e del monitoraggio del servizio, l'Università Ca' Foscari di Venezia.
Il progetto «Unità operative ad elevata integrazione tra i servizi pubblici e del privato sociale per il trattamento e la riabilitazione dei cocainomani e dei consumatori di psicostimolanti» finalizzato alla realizzazione di 18 unità operative a carattere sperimentale ad alta integrazione tra sistema pubblico e privato, rivolte a soggetti dipendenti dalla cocaina e dagli amfetamino-derivati, è in fase di realizzazione. Il Ministero della salute - Dipartimento di prevenzione e della comunicazione - ha invitato la regione Lombardia a svolgere il ruolo di capofila e a realizzare il progetto esecutivo. Al progetto hanno aderito 14 regioni italiane e le attività operative sono state avviate a dicembre 2006 con la costituzione di un gruppo di coordinamento e l'articolazione in tre sottogruppi, finalizzati alla mappatura dei centri pubblici e privati per la cura della dipendenza da stimolanti, alla formazione degli operatori del settore (pubblici e del privato sociale), alla costruzione
di indicatori di processo e di esito. Ad oggi sono state individuate le Unità operative che, nelle Regioni partecipanti, prenderanno parte alla sperimentazione.
Il Ministro della solidarietà sociale: Paolo Ferrero.
CATONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in un'intervista sul quotidiano Financial Times, il segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, confermando che la minaccia di un attacco missilistico contro un Paese Nato è fondata, ha richiamato all'ordine Usa e Russia, entrate in rotta di collisione sul progetto di Washington che prevede l'installazione di un sistema di difesa antimissilistica in Europa centrale;
tale progetto, che prevede di installare basi radar e intercettori in Polonia e Repubblica Ceca, farebbe restare fuori da tale copertura l'Italia, la Grecia e la Turchia;
la mancata previsione di tale copertura ha fatto dichiarare al Segretario Generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, che: quando si tratta di difesa missilistica, non dovrebbero esserci paesi di serie A e paesi di serie B;
secondo le fonti interpellate dal giornale londinese, «sarebbe sia tecnicamente che economicamente fattibile un'estensione della protezione ai paesi non coperti entro l'inizio del prossimo decennio» -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno, ed in che modo, di intervenire nelle sedi idonee per garantire una ulteriore difesa al nostro Paese, inserendolo, quale partner Nato, nel suddetto progetto, insieme alla Grecia e la Turchia, a tutt'oggi escluse.
(4-02922)
Risposta. - 1. La difesa missilistica si inquadra nel più generale concetto di «deterrenza» e prende atto dalla natura imprevedibile, asimmetrica e non necessariamente razionale della nuove minacce dominate dal terrorismo internazionale e dagli Stati proliferatori di armi di distruzione di massa. In tale nuovo quadro concettuale, si collocano i programmi portati avanti in ambito NATO e quelli sviluppati sul piano bilaterale con gli Stati Uniti da alcuni Paesi europei.
2. I principali programmi portati avanti in ambito NATO sono tre:
il programma Active Layered Theatre Ballistic Missile Defence (ALTBMD) - già entrato nella sua fase realizzativa - che mira a realizzare una difesa missilistica per assicurare la protezione delle forze armate dei paesi NATO da missili balistici di teatro. Il programma, la cui piena capacità operativa è prevista nel periodo 2010-2012, una volta completato dovrebbe costituire un significativo sviluppo tecnologico ed il naturale sostituto del sistema Patriot, al quale è attualmente affidata la difesa antimissile di teatro dell'Alleanza;
parallelamente e indipendentemente dall'ALTBMD (ma come sua naturale ed ambiziosa espansione) è stato finalizzato uno studio tecnico di fattibilità sulla difesa dai missili strategici per una architettura volta a garantire la sicurezza di tutti i territori e le popolazioni dei Paesi alleati. Lo studio ipotizza la creazione di una complessa architettura che integra il sistema ALTBMD con radar fissi basati a terra, missili intercettori, nonché sistemi satellitari di early warning. Al vertice NATO di Riga del 29 novembre 2006, i Capi di Stato e di Governo dell'Alleanza atlantica hanno annunciato il completamento dello studio di fattibilità e hanno dato mandato agli organi della NATO di proseguire l'analisi delle implicazioni politiche e militari in vista della fase realizzativa;
in seno al Consiglio NATO-Russia è stato infine realizzato un primo studio di fattibilità sulla interoperabilità dei rispettivi sistemi di difesa contro i missili di teatro.
3. L'Amministrazione americana ha dato nuovo slancio ai programmi nazionali di difesa missilistica in un quadro concettuale
che attribuisce maggior peso alla deterrenza negativa, cioè alla vanificazione degli obiettivi dei potenziali aggressori. Il progetto americano, inizialmente concepito in funzione della difesa nazionale, è evoluto a programma volto a tutelare anche i territori e le popolazioni dei Paesi amici e alleati. Gli USA hanno avviato il rafforzamento dei loro sistemi operativi dislocando sistemi di missili intercettori, sensori e radar in Alaska e California. Analogamente, Washington intende dispiegare sistemi di difesa (prevalentemente radar per allertamento rapido, ma anche sistemi per l'intercettazione dei missili offensivi nella prima fase del lancio) anche in Polonia e Repubblica Ceca. I principali alleati sono stati incoraggiati ad associarsi ai progetti americani e sono state avviate cooperazioni con vari paesi, fra i quali, Italia, Giappone, Regno Unito, Danimarca, Australia, Israele, Olanda e Russia. Da parte nostra, si è manifestato interesse ad esplorare le possibilità di collaborazione bilaterale con il programma di difesa missilistica americano.
4. La difesa contro la proliferazione della minaccia missilistica è avvertita in seno all'Alleanza Atlantica come un'esigenza. Da parte italiana, siamo favorevoli all'avvio di una riflessione sulle opportunità di svolgere un approfondito dibattito sul tema della difesa missilistica sia in sede NATO sia in sede UE. In particolare riteniamo che vada opportunamente considerata la possibile integrazione dei due progetti NATO e USA. Recenti sollecitazioni in questo senso sono giunte dalle stesse Repubblica Ceca e Polonia che, in relazione alle sopra citate installazioni, hanno fatto stato della loro volontà che esse divengano parte di un sistema di protezione «alleato».
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
CIRIELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da quanto si evince dalla documentazione della Prefettura di Salerno - Ufficio Territoriale di Salerno, allegata alla presente interrogazione ed inviata al Segretario Generale del Comune di Acerno (Salerno), il giorno 29 settembre 2006 è stato notificato al predetto comune il decreto ricognitivo di avvenuta decadenza di diritto dalla carica di Sindaco del Comune di Acerno del Signor Michele Giannattasio;
da quanto si evince dal predetto decreto rìcognitivo allegato, il giorno 20 settembre 2006 è stato trasmesso alla Prefettura di Salerno-Ufficio Territoriale di Salerno la sentenza n. 25326/06, datata 16 giugno 2006 della Corte Suprema di Cassazione-Quinta Sezione Penale, emessa nei confronti dei Signor Michele Giannattasio;
la predetta sentenza respinge il ricorso presentato dal Signor Michele Giannattasio avverso la sentenza di condanna ad un anno e sei mesi di reclusione della Corte di Appello di Salerno, datata 16 febbraio 2005, per la violazione degli articoli 476 (Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici) e 479 (Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici) del codice penale;
secondo quanto previsto dall'articolo 58, comma 1, lettera c) e dall'articolo 59, comma 6, del Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, il signor Michele Giannattasio è, di diritto, decaduto dalla carica di Sindaco -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, se corrispondenti al vero, come mai il ministero dell'interno non abbia ancora provveduto agli adempimenti relativi allo scioglimento del Comune di Acerno, così come proposto dal Prefetto di Salerno.
(4-01917)
Risposta. - Con decreto del Presidente della Repubblica del 27 ottobre 2006, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 262 del 10 novembre 2006, è stato disposto lo scioglimento del consiglio comunale di Acerno, in provincia di Salerno.
Lo scioglimento dell'organo elettivo è dipeso da una sentenza di condanna definitiva che ha colpito il sindaco di Acerno.
Il 16 febbraio 2005, infatti, il signor Michele Giannattasio, primo cittadino del comune campano, è stato condannato dalla Corte di appello di Salerno, con sentenza resa irrevocabile dalla successiva pronuncia della Corte suprema di cassazione del 16 giugno 2006.
Pertanto, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 58, comma 1, lettera c), e dell'articolo 59, comma 6, del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), il signor Giannattasio è decaduto di diritto dalla carica di sindaco.
In conseguenza, in base a quanto previsto dall'articolo 53, comma 1, del citato decreto legislativo 267 del 2000, in caso di decadenza del sindaco decade anche la giunta comunale e si deve procedere allo scioglimento del consiglio dell'ente locale.
Difatti, col decreto del Presidente della Repubblica del 27 ottobre 2006, ai sensi degli articoli 53 e 141, comma 1 lettera b) n. 1, del decreto legislativo n. 267 del 2000, si è proceduto a sciogliere il consiglio comunale di Acerno e lo stesso comune ha partecipato al turno elettorale per le elezioni amministrative previsto per il 28 e 29 maggio scorsi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
COSENZA. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
nell'aprile del 2006 è stata firmata la convenzione tra il Ministero delle Infrastrutture, la Regione Puglia e il Commissario Straordinario per l'acquedotto del Sele-Calore, per la costruzione della nuova Galleria di Valico Caposele - Conza, detta «Pavoncelli Bis»;
tale opera riguarda la realizzazione di una condotta idrica sotterranea, di circa 10 chilometri, tra i comuni di Caposele e Conza della Campania, entrambi in provincia di Avellino;
l'opera suddetta, ancorché finanziata dal CIPE e regolarmente appaltata, ad oltre un anno di distanza dalla firma della convenzione, non ha ancora visto l'inizio dei lavori;
le finalità dell'opera non sono state adeguatamente spiegate alle comunità interessate;
in particolare né la Regione Campania, né la Provincia di Avellino, sono state coinvolte quali parti interessate nella convenzione di cui innanzi;
inoltre, non sembrano rispettate, nella convenzione medesima, le norme di ristoro previste per i territori in cui è effettuata l'attenzione idrica, come stabilito dal Decreto del Ministro dell'ambiente del 5 luglio 2005, relativo alle «Modalità ed importi delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello Stato dalle imprese che effettuano le attività di bonifica dei siti» -:
quali siano i benefici di cui godranno i cittadini di Caposele e di Conza della Campania a seguito della realizzazione della «Pavoncelli Bis»;
quali sino le motivazioni che giustificano i ritardi nell'avvio delle opere;
se siano state valutate tutte le conseguenze idro-geologiche derivanti dalla maggiore attenzione di acqua dalle sorgenti coinvolte.
(4-04010)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
I lavori per la realizzazione della galleria Pavoncelli bis sono stati oggetto di appalto integrato e sono stati affidati, a valle dell'espletamento della gara, con ordinanza del Commissario straordinario in data 4 settembre 2006; il relativo contratto d'appalto è stato stipulato in data 16 ottobre 2006 e, in data 22 novembre 2006, si è dato inizio alle attività di progettazione esecutiva che, giusta capitolato, sono state concluse entro novanta giorni.
Attualmente è in fase di completamento la validazione del progetto esecutivo che verrà approvato entro il corrente mese di
luglio 2007; nei giorni successivi si procederà, quindi, alla consegna dei lavori.
In data 4 giugno 2007 si è tenuto un incontro, presso questo Ministero, finalizzato a presentare il progetto dell'opera e ad evidenziarne le finalità; a detto incontro sono state invitate tutte le amministrazioni locali interessate anche se solo alcune di esse hanno inviato propri rappresentanti.
Per quanto qui esposto, non si ritiene che siano individuabili ritardi nella consegna dei lavori.
Con riferimento al coinvolgimento della Regione Campania e della Provincia di Avellino alla Convenzione sottoscritta in data 21 aprile 2006 dal Commissario straordinario, dal Direttore generale della Direzione generale per l'edilizia statale e gli interventi speciali, in rappresentanza di questo Ministero e dall'Assessore ai lavori pubblici della Regione Puglia, in rappresentanza della stessa, si ribadisce che tale Convenzione è esclusivamente relativa alle modalità di accesso in funzione del futuro avanzamento dei lavori e, alle disponibilità finanziarie derivanti da varie fonti di finanziamento gestite da questo Ministero e dalla Regione Puglia.
Per quanto attiene alle norme di ristoro previste per i territori in cui è effettuata l'attenzione idrica, come stabilito dal Decreto del Ministro dell'ambiente del 5 luglio 2005 relativo alle «Modalità ed importi delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello Stato dalle imprese che effettuano le attività di bonifica dei siti», si specifica che non sembra attinente alla fattispecie il richiamo al decreto ministeriale n. 507 del 2005 del Ministro dell'ambiente poiché l'intervento non rientra tra le tipologie di interventi previsti da tale decreto ministeriale.
L'intervento, di per sé, non è finalizzato ad ingenerare benefici per le due comunità di Caposele e di Conza della Campania citate nell'ambito dello stesso. È comunque prevista la realizzazione di una centrale idroelettrica la cui produzione consentirà di fornire gratuitamente al Comune di Caposele l'elettricità per la pubblica illuminazione.
Con riferimento alle conseguenze idro-geologiche derivanti dalla maggiore attenzione di acqua dalle sorgenti coinvolte, si fa presente che l'opera costituisce esclusivamente un by-pass della galleria Pavoncelli, attualmente notevolmente dissestata, e non interviene sull'opera di presa dell'acquedotto del Sele Calore.
Ciò implica che la galleria Pavoncelli bis veicolerà esclusivamente una portata pari a quella attualmente derivata e che quindi, non essendovi incremento di captazione, non vi sono connessioni con l'attuale assetto idrogeologico che comunque è stato oggetto di apposito studio nell'ambito della progettazione esecutiva.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
DE CORATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il rilevante fenomeno dell'immigrazione proveniente dai Paesi dell'Est, in particolare dalla Romania, ha visto e vedrà aumentare, soprattutto in alcune grandi città italiane, non solo la presenza di manodopera, ma soprattutto quella di nomadi rom di origine romena;
alcuni Paesi europei, come la Spagna, l'Inghilterra e l'Irlanda, si accingono, mediante l'adozione di specifiche misure che entreranno in vigore il 1 gennaio 2007, ad imporre una moratoria per limitare l'ingresso nel proprio Paese di lavoratori soprattutto romeni;
nella sola città di Milano, si sta già affrontando la presenza di circa 5 mila nomadi sparsi su tutto il territorio, di cui una gran parte sono proprio rom di origine romena;
all'interno dei nove campi nomadi regolari e dei venti campi abusivi presenti nelle periferie milanesi, continuano ad aumentare fenomeni di degrado, criminalità e clandestinità con gravi disagi per tutta la cittadinanza e con serie difficoltà da parte dell'amministrazione comunale, delle associazioni di volontariato e delle
Forze dell'ordine che, da tempo, denunciano tale situazione -:
se il Ministro interrogato non intenda chiarire al più presto i motivi per cui in Italia non vengono adottate misure restrittive finalizzate a prevenire le massicce ondate migratorie provenienti da alcuni Paesi dell'Est e se, altresì, il Ministro non intenda valutare le conseguenze negative che la mancata adozione di queste misure potrebbe comportare su alcune città italiane già provate da continui flussi migratori, dove la fitta presenza, ad esempio, di alcuni campi nomadi già costituisce un serio problema di sicurezza e vivibilità.
(4-01584)
Risposta. - La questione dell'allargamento ad est dell'Unione europea e dei suoi riflessi sulla sicurezza e sull'immigrazione è stata affrontata dal Governo con azioni ed interventi coerenti con gli obblighi assunti a livello internazionale e con i principi costituzionali e legislativi vigenti, che - nel rifiutare qualsiasi pregiudiziale discriminazione collegata a differenze di nazionalità - riconoscono allo status di cittadino comunitario un contenuto di diritti e facoltà ovviamente più ampio rispetto a quello dei cittadini extracomunitari.
Con l'ingresso nell'Unione europea di Romania e Bulgaria, infatti, nei confronti dei cittadini di quei Paesi dal 1o gennaio 2007 hanno trovato applicazione le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 18 gennaio 2002, n. 54, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di circolazione e soggiorno dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea» successivamente abrogate dal decreto legislativo n. 30 del 6 febbraio 2007, con il quale è stata recepita la direttiva comunitaria n. 2004/38/CE e sono state disciplinate le modalità di esercizio del diritto di libera circolazione, ingresso e soggiorno nel territorio dello Stato da parte dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari.
Dal 1o gennaio 2007, pertanto, rumeni e bulgari possono entrare liberamente in Italia e, se in possesso dei requisiti di legge, possono esercitare il diritto di soggiorno sul territorio nazionale al pari degli altri cittadini comunitari, in conformità alle disposizioni introdotte con il decreto legislativo citato, che dall'11 aprile scorso ha fatto venir meno l'obbligo dei cittadini comunitari di richiedere la carta di soggiorno. Sempre dal 1o gennaio 2007, i componenti del nucleo familiare del cittadino neocomunitario non devono più chiedere il nulla osta al ricongiungimento e le relative pratiche già presentate allo Sportello unico per l'immigrazione si intendono archiviate. Inoltre, sono venuti a cessare gli effetti dei provvedimenti di espulsione adottati nei loro confronti, salvo quelli per motivi di ordine e sicurezza pubblica e sanità pubblica.
Accanto a questi adempimenti conseguenti all'assolvimento degli obblighi assunti a livello internazionale, il Governo ha peraltro avviato azioni ed iniziative per la migliore gestione della fase di allargamento.
Per quanto riguarda l'accesso al mercato del lavoro, il Consiglio dei Ministri nella seduta del 27 dicembre scorso ha deciso di fare ricorso al regime transitorio previsto dai trattati di adesione prima di liberalizzare completamente la circolazione dei lavoratori subordinati provenienti dai due Paesi.
Analogamente a quanto previsto da altri Stati dell'Unione europea, il regime transitorio stabilisce l'apertura immediata per i settori agricolo e turistico-alberghiero, del lavoro domestico e di assistenza alla persona, edilizio e metalmeccanico, dirigenziale e altamente qualificato, nel quale rientrano ricercatori, artisti, sportivi e lavoratori che si spostano tra filiali della medesima azienda; apertura immediata anche per il lavoro stagionale e per l'ingresso dei lavoratori autonomi, così come pure libera è la circolazione per motivi diversi dal lavoro.
Per quanto riguarda i settori diversi da quelli sopra menzionati, si sono invece adottate procedure semplificate e monitorato l'accesso al mercato del lavoro, ritenendo di non doversi fare ricorso a quote numeriche.
Relativamente ai profili relativi alla sicurezza ed alla lotta alla criminalità, inoltre,
già nell'imminenza dell'ingresso dei due Paesi nell'Unione, lo scorso dicembre, il Ministro dell'interno si è recato personalmente in visita in Romania e Bulgaria per innalzare il livello di cooperazione e lo scambio di notizie con gli omologhi organi di governo di quei Paesi.
In occasione dell'incontro con il Ministro dell'interno rumeno, è stato sottoscritto un protocollo che stabilisce forme di collaborazione operativa tra le forze di polizia, in materia di lotta a taluni gravi fenomeni criminali che investono i due Paesi, con l'obiettivo di porre un concreto argine alla possibile diffusione e al radicamento di organizzazioni malavitose rumene, dedite a fenomeni criminosi di varia natura quali la contraffazione e clonazione di carte di credito e la tratta e lo sfruttamento della prostituzione (secondo stime del Ministero della giustizia, basate sul numero di rumeni arrestati o denunciati in stato di libertà, la Romania è complessivamente al secondo posto nel panorama dei Paesi stranieri che «esportano» criminalità in Italia).
Il Protocollo di collaborazione fra Italia e Romania prevede l'istituzione di pattuglie miste, formate da personale delle due Polizie di frontiera, ed è finalizzato ad ottenere la collaborazione romena nel controllo delle persone che varcano illegalmente le frontiere romene ed il confine italo-austriaco.
Anche con la Bulgaria vi è una buona collaborazione in materia di sicurezza, grazie anche alla maggiore capacità acquisita dalle istituzioni e dagli organismi di sicurezza bulgari per quanto riguarda il contrasto della criminalità e dell'immigrazione illegale, la cui entità desta minori preoccupazioni.
Gli accordi raggiunti con le autorità rumene e bulgare si inseriscono in un quadro di proficua e consolidata collaborazione che già negli anni scorsi aveva consentito il raggiungimento di positivi risultati e lo sviluppo di significativi programmi di cooperazione: si fa riferimento, fra gli altri, al progetto operativo «Ita.Ro.», finalizzato al contrasto delle organizzazioni criminali di matrice romena dedite al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, alla tratta degli esseri umani, allo sfruttamento della prostituzione anche minorile ed ai reati contro il patrimonio, cooperazione che ha portato nel dicembre scorso all'arresto di 389 soggetti, alla denuncia di altri 278 in stato di libertà, nonché all'adozione di 1.100 provvedimenti di espulsione e 771 rimpatri con accompagnamento alla frontiera; ed all'operazione «Elvis-Bulgaria», coordinata nel 2006 dalla Procura nazionale antimafia, relativa ad un'associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, all'immigrazione clandestina ed al traffico internazionale di stupefacenti e di valuta, nell'ambito della quale 25 soggetti sono stati estradati dalla Bulgaria all'Italia mentre 2 sono stati estradati dall'Italia verso la Bulgaria.
Per quanto attiene poi, più specificatamente, alla presenza di nomadi di etnia rom di origine romena nel territorio della città di Milano, è da premettere che le forze di polizia sono da sempre impegnate in una costante attività di vigilanza volta non solo a contrastare la violazione delle norme sul soggiorno in Italia ma anche a prevenire e contrastare gli episodi di criminalità diffusa lamentati dai residenti nelle zone limitrofe ai campi nomadi.
Nel caso dell'insediamento di via Triboniano (il maggiore campo attrezzato di Milano, ove sono ospitate circa 300 persone autorizzate e 400 abusive, quasi tutte munite di permesso di soggiorno), oltre agli interventi abituali di personale del più vicino Commissariato di Polizia di Stato viene assicurata la presenza giornaliera di due equipaggi automontati della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Guardia di finanza e della Polizia municipale, che curano il pattugliamento delle aree limitrofe. In esito a tali specifici servizi, nel 2006 sono state controllate 1.196 persone con 125 arresti e 184 denunce in stato di libertà.
Al riguardo, si evidenzia altresì come il 18 maggio scorso il Vice Ministro dell'interno, il Prefetto ed il Sindaco di Milano abbiano sottoscritto un accordo in materia di sicurezza urbana, denominato «Patto per
Milano sicura», che contiene specifiche previsioni a proposito dei campi-nomadi.
In particolare, l'articolo 2 del Patto stabilisce che, entro tre mesi dalla sottoscrizione, venga presentata al Governo una proposta finalizzata alla piena attuazione del «Protocollo d'intesa per la realizzazione del piano strategico emergenza Rom nella città di Milano» precedentemente siglato il 21 settembre 2006, con conferimento di poteri straordinari ad un commissario da individuarsi nella persona del Prefetto.
L'accordo ha previsto anche che lo stesso Prefetto istituisca un gruppo di lavoro interistituzionale per studiare e gestire il fenomeno dei nomadismo, distinguendolo da quello delle etnie stanziali ed operando, ai fini della dislocazione degli insediamenti, anche in relazione alle capacità di assorbimento di ciascun territorio.
Com'è noto il medesimo Patto, oltre a contenere (articolo 3) impegni finalizzati all'immigrazione ed integrazione degli stranieri attraverso politiche che non favoriscano l'eccessiva concentrazione monoetnica sul territorio urbano, ha previsto anche un significativo potenziamento degli organici delle forze territoriali di polizia con un incremento complessivo à di circa 440 unità, così da poter corrispondere sempre più efficacemente alle esigenze di controllo del territorio e di prevenzione dei fenomeni criminosi nella città di Milano e nel suo hinterland.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Marcella Lucidi.
DELLA VEDOVA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
desta un grande allarme sulla situazione dei diritti umani e delle libertà civili nella Federazione Russa il modo in cui le autorità di polizia hanno ieri, a Mosca, represso la manifestazione, promossa dal Partito Radicale Transnazionale a sostegno del Gay Pride in Russia, a cui hanno partecipato, insieme ad attivisti russi per i diritti umani, alcuni cittadini italiani ed europei;
alla manifestazione erano fra gli altri presenti due parlamentari della Repubblica Italiana, il deputato nazionale Vladimir Luxuria e il deputato europeo Marco Cappato;
la manifestazione è nella sostanza consistita nel fatto che una piccola delegazione di persone si è recata nei pressi del Municipio di Mosca per consegnare al sindaco della capitale russa una dichiarazione sottoscritta da 50 parlamentari europei e italiani, in cui si denunciava il fatto che il Gay Pride era stato arbitrariamente proibito dalle autorità cittadine;
dalle testimonianze convergenti e ampiamente confermate dai giornalisti presenti risulta chiaro che le forze di polizia hanno dapprima consentito che i manifestanti venissero aggrediti da alcuni gruppi di teppisti politici, e quindi, anziché arrestare gli aggressori, hanno proceduto all'arresto di alcuni degli aggrediti;
alcuni dei manifestanti sono tuttora detenuti e in attesa di processo per capi di imputazione in nulla corrispondenti alla condotta da essi tenuta nel corso della manifestazione -:
quali passi abbia compiuto e intenda compiere nei confronti del Governo di Mosca per appurare le ragioni dell'accaduto e tutelare quanti sono oggi arbitrariamente detenuti o imputati per i fatti svoltisi ieri a Mosca;
in quali forme e attraverso quali canali politici e diplomatici ritenga di denunciare che la libertà di espressione, la libertà di manifestazione pacifica e la libertà dalle discriminazioni (in parte formalmente recepiti nell'ordinamento russo e quasi sempre sostanzialmente contraddetti dai comportamenti delle autorità politiche e delle forze di polizia) derivano dall'adesione della Federazione Russa al Consiglio d'Europa e alla Convenzione Europea sui diritti umani e le libertà fondamentali (CEDU) e non possono essere provvisoriamente «sospese» per ragioni di opportunità.
(4-03770)
Risposta. - Come indicato anche nell'atto parlamentare, la seconda edizione del Gay Pride di Mosca, non autorizzata dalle Autorità cittadine, è stata bloccata dagli agenti di polizia e fortemente osteggiata dai movimenti di estrema destra, dai filo-monarchici e dagli ortodossi fondamentalisti.
Sull'evento in parola il Sindaco di Mosca Luzhkov si era detto fermamente intenzionato ad impedire il Gay Pride fin dalla prima richiesta di autorizzazione inoltrata dagli organizzatori a marzo scorso, definendolo «un atto satanico» che non avrebbe potuto avere luogo in Russia per motivazioni sia morali che di ordine pubblico. La Chiesa ortodossa aveva a sua volta invitato le autorità a persistere nel divieto di manifestazione.
Il Sindaco di Mosca ha quindi negato l'autorizzazione all'evento richiamandosi all'impossibilità di bloccare il traffico automobilistico lungo il tragitto proposto ed al fine di proteggere gli omosessuali da attacchi di skinhead e di fondamentalisti religiosi. A tal fine, un ingente spiegamento di unità antisommossa - che pattugliava il centro della capitale fin dalle prime ore del mattino - è intervenuto per disperdere i manifestanti impedendo loro di sfilare lungo l'arteria principale (via Tverskaya) e di raggiungere la sede del Governo cittadino, dove avrebbero dovuto consegnare una lettera aperta - sottoscritta da decine di deputati europei - in favore della libertà sessuale, di espressione e di riunione pacifica.
Una ventina di persone sono state bloccate per violazione dell'ordine pubblico e per mancato rispetto dell'ordinanza comunale sulla manifestazione in questione. L'Eurodeputato Cappato ed il funzionario del Gruppo liberal-democratico del Parlamento Europeo, Marzocchi - giunti a Mosca per partecipare al Gay Pride in segno di solidarietà alla comunità omosessuale russa sono stati dapprima aggrediti da gruppi di conservatori ed in seguito fermati dalla Polizia.
La nostra Ambasciata a Mosca ha immediatamente chiesto l'intervento del Ministero degli esteri della Federazione Russa affinché i due esponenti radicali venissero rilasciati al più presto ed il Capo della cancelleria consolare si è recato sul posto. In conformità alla normativa russa, i due cittadini italiani, sempre assistiti dai funzionari dell'Ambasciata, sono stati tradotti al Commissariato di zona, dove è stata loro addebitata una infrazione di tipo amministrativo, dagli stessi contestata, e quindi comminata una multa. La procedura, che ha riguardato una decina di fermati tra manifestanti delle due parti, ha richiesto alcune ore e nel pomeriggio i due sono stati rilasciati.
L'Onorevole Wladimiro Guadagno (Vladimir Luxuria) - parimenti presente per prendere parte all'iniziativa - ha subito lanci di oggetti ad opera degli ultranazionalisti (infiltrati tra le file dei giornalisti) convenuti sul posto con l'intenzione di impedire lo svolgimento della manifestazione, ma non è stata coinvolta nel fermo perché si era allontanata prima dell'intervento della Polizia russa.
L'organizzatore della manifestazione, Alekseyev, ed altri due esponenti radicali russi sono stati invece trattenuti per resistenza a pubblico ufficiale e rischiano una pena detentiva di 15 giorni. Si segnalano arresti anche tra gli ultranazionalisti, benché già si sia accesa la polemica intorno all'atteggiamento compiacente della polizia a vantaggio dei contro manifestanti.
Oltre ad alcune personalità straniere (tra cui i citati connazionali, il deputato tedesco, Volker Beck, ed il parlamentare olandese, Sofie Intveld), il Gay Pride di Mosca ha annoverato tra i suo sostenitori il Vice-Presidente della Commissione costituzionale della Duma, Mitrofanov. Una difesa aperta della diversità sessuale è stata formulata dal leader liberal-democratico, Zhirinovsky, mentre il resto della classe politica ha preferito mantenere uno stretto riserbo.
Quanto accaduto domenica scorsa a Mosca non è dissimile da quanto accadde nel 2006, quando il tentativo della comunità omosessuale di sfilare nonostante l'interdizione ufficiale sfociò in scontri violenti tra i manifestanti, gruppi di skinheads ed estremisti ortodossi (fu allora pesantemente aggredito il deputato Volker Beck). Migliaia
di poliziotti in tenuta antisommossa intervennero per bloccare la sfilata, arrestando 120 persone. Quest'anno, i fermi dei deputati stranieri hanno conferito all'evento una maggiore visibilità, facendo rimbalzare la notizia sulla stampa internazionale e suscitando vivaci reazioni politiche contro le violazioni delle libertà civili in Russia.
Va osservato che nella Federazione Russa il reato di omosessualità è stato depenalizzato nel 1993. Tuttavia, il movimento gay non è registrato e non ha alcun tipo di riconoscimento giuridico suscettibile di garantire tutela. Da segnalare inoltre la forte avversione della Chiesa Ortodossa e di ampi settori della società (un sondaggio condotto dal Centro Levada rivela che l'81 per cento dei russi era contrario alla manifestazione in questione).
Il 28 maggio 2007 il Vice Primo Ministro e Ministro degli esteri Massimo D'Alema, a margine della sua partecipazione ai lavori del Consiglio Italia-USA Venezia, ha manifestato preoccupazione per gli incidenti che hanno coinvolto a Mosca parlamentari italiani ed europei, con particolare riferimento al ruolo che hanno avuto le forze dell'ordine e le autorità russe. Il Vice Presidente del Consiglio ha pubblicamente rivendicato la necessità di una «fiducia reciproca» con la Russia come elemento indispensabile per «relazioni più positive» e di «ricevere assicurazioni sulle credenziali democratiche di Mosca e della sua accettazione delle regole nel contesto delle relazioni internazionali». Il Ministro D'Alema ha inoltre espresso pieno apprezzamento e sostegno per l'iniziativa della Presidenza tedesca dell'UE di chiedere chiarimenti alle autorità russe, incaricando l'Ambasciatore d'Italia a Mosca di esprimere al Ministero degli Esteri russo deplorazione per gli incidenti occorsi in occasione del Gay Pride e di richiedere spiegazioni affinché venga fatta piena luce sugli inaccettabili episodi di violenza che hanno coinvolto rappresentanti del Parlamento italiano. In tale contesto, dunque, il Governo italiano ha inteso con fermezza ribadire come episodi come quello che precede siano giudicati da parte nostra con particolare severità e deplorazione.
Per quanto concerne la questione dei diritti umani in Russia, dall'interrogante sollevata nel secondo quesito dell'atto parlamentare, essa forma oggetto di specifiche consultazioni tra Unione europea e Russia, la cui quinta sessione si è tenuta il 3 maggio 2007. Nel corso di tali consultazioni, l'UE solleva regolarmente anche il tema della libertà di espressione, del rispetto delle minoranze e dell'eguaglianza di genere. In questa occasione, l'Unione europea ha rinnovato l'attenzione con cui l'Europa segue il rispetto del diritto di espressione e di assemblea delle minoranze sessuali, ed ha espresso preoccupazione riguardo il divieto che la Federazione Russa ha posto nei confronti dei gay prides in generale. La Federazione Russa ha infornato l'Unione europea che l'omofobia è ufficialmente proibita dall'ordinamento russo, ma ha anche attirato l'attenzione dell'Unione europea sul fatto che questo tipo di parate non sarebbero ben accette alla maggior parte dell'opinione pubblica.
L'Unione europea ha sempre svolto ogni azione per ottenere da parte delle Autorità russe il pieno rispetto degli standard internazionali in materia di rispetto della libertà di associazione, assemblea e rispetto delle minoranze, in particolare la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sottoscritta dalla Russia nel 1998. A tal proposito le segnalo che durante il vertice semestrale UE-Russia svoltosi nella città russa di Samara gli scorsi 17 e 18 maggio 2007, il tema della libertà di espressione e manifestazione è stato affrontato dal Cancelliere Merkel ed è stata espressa viva preoccupazione per il comportamento delle forze dell'ordine nei confronti di tali eventi.
Per quanto riguarda, più in generale, l'azione del nostro Paese nelle sedi multilaterali contro i fenomeni di discriminazione, anche sessuale, si segnala che l'Italia è da tempo fortemente impegnata sul fronte della promozione e della tutela dei diritti di espressione e di associazione, nonché nel sostegno ad ogni azione finalizzata al contrasto di tutte le forme di discriminazione compresa quella fondata sul sesso. In particolare, l'Italia ha aderito alla Dichiarazione
contro le violazioni dei diritti umani basate sull'orientamento sessuale e l'identità di genere, promossa dalla Norvegia e presentata alla terza sessione del Consiglio diritti umani, ai primi di dicembre 2006. In essa, i firmatari esprimono la loro preoccupazione per queste violazioni e auspicano, tra le altre cose, che il Consiglio Diritti Umani ospiti presto una discussione sul tema.
Si ritiene quindi, in via generale, di confermare la linea sin qui seguita, tesa ad utilizzare i buoni rapporti con la Federazione Russa per incoraggiare il Paese a progredire sulla via della democrazia e di una sempre più convinta tutela dei diritti umani e tolleranza. Il Governo continuerà, sia sul piano bilaterale che nell'ambito degli opportuni fori internazionali (Unione europea e Consiglio d'Europa in primis), a stimolare un sempre più puntuale rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali della persona, anche veicolando le preoccupazioni che si levano dal Parlamento e dalla società civile italiani.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
FALOMI. - Al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
a partire da lunedì 3 aprile 2006, per decisione unilaterale del Comune di Messina, il punto di approdo per le motonavi dirette da Villa San Giovanni a Messina stessa ed utilizzate dai mezzi pesanti è stato spostato a sud della città;
il Comune di Villa San Giovanni ha da subito manifestato la propria contrarietà a tale decisione;
quanto sopra descritto ha comportato un allungamento del percorso di collegamento tra le due sponde da 3,5 chilometri a 5,8 chilometri, tale che i tempi di attesa nelle ore di punta sono raddoppiati da 20 minuti a 40 minuti in media;
il raddoppio dei tempi di attesa e la conseguente diminuzione delle corse disponibili, ha prodotto un ulteriore peggioramento della situazione sia dal punto di vista della viabilità che del livello di inquinamento;
il Comune di Villa San Giovanni subisce da decenni enormi disagi a causa della sua natura di città portuale di importanza fondamentale per il collegamento della Sicilia al resto del Paese;
in più occasioni è stata riconosciuta la situazione di eccezionalità e di rischio per l'intero Comune, tanto da essere oggetto di un recente e specifico decreto di emergenza ambientale;
nei prossimi mesi al consueto traffico commerciale si andrà a sommare quello turistico con tutto ciò che ne consegue;
per quanto risulta all'interrogante, esiste una proposta ferma al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la realizzazione di nuovi moli decentrati rispetto all'attuale porto di Villa San Giovanni al fine di liberare il centro cittadino da un traffico insostenibile per qualunque altro centro abitato -:
se il Governo non ritenga necessario un intervento urgente affinché sia realizzata la necessaria concertazione tra tutti gli enti su cui grava l'onere di garantire il collegamento tra la Sicilia e il resto del Paese;
in base a quali valutazioni il progetto di decentramento della portualità nel Comune di Villa San Giovanni sia stato ignorato, quando invece, a giudizio dell'interrogante, avrebbe permesso di realizzare un reale miglioramento della situazione.
(4-00054)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Con lo spostamento dell'approdo dei mezzi per il trasporto gommato a sud della città di Messina presso la struttura portuale di Tremestieri, il trasporto da Villa San Giovanni a Messina e viceversa, si è verificata
una riduzione del numero di corse giornaliere tra le due sponde.
L'allungamento del percorso tra Villa San Giovanni e il nuovo punto di approdo di Tremestieri ha portato come conseguenza un maggior tempo di navigazione e, quindi, al raddoppio dei tempi di attesa prima dell'imbarco.
Proprio per ovviare a tali inconvenienti, questo Ministero, d'intesa con l'Amministrazione comunale di Villa San Giovanni e la Prefettura di Reggio Calabria, ha redatto da tempo una proposta progettuale preliminare che individua una nuova struttura portuale in adiacenza all'attuale scalo marittimo di Villa San Giovanni, situato presso le località di Acciarello e Bolano.
Tale progetto prevede la costruzione di un primo modulo di sei scivoli (Roll-On/Roll-Off) in località Acciarello del Comune di Villa San Giovanni e di un secondo modulo di altri sei scivoli in località Bolano del Comune di Reggio Calabria, entrambi protetti da una diga foranea.
Tali nuove infrastrutture marittime, una volta realizzate, consentirebbero l'ormeggio contemporaneo di sei natanti con conseguente riduzione degli attuali tempi di attesa, riportandoli entro parametri compatibili con gli standard europei che prevedono un'attesa contenuta entro i dieci minuti.
Inoltre, il progetto della nuova struttura prevede un collegamento diretto con Io svincolo autostradale di Villa San Giovanni che, in quanto separato dalla viabilità cittadina, non andrebbe ad interferire con la stessa.
Il costo di tale intervento è stato quantificato in 40.000.000,00 di euro ed è in corso la valutazione per l'inserimento dell'opera nella programmazione triennale 2007/2009, ovvero, qualora non fossero disponibili fondi del bilancio ordinario del Ministero, si potrà provvedere l'utilizzo dei fondi già destinati alla realizzazione del ponte sullo stretto di Messina.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
FORMISANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da alcuni quotidiani, un agente di polizia giudiziaria di Pisa, a seguito di una segnalazione del proprio superiore, è stato trasferito d'autorità su proposta del Procuratore della Repubblica della città toscana, solo perché, dopo ben undici anni di meritevole servizio, lo scorso anno ha fruito dei giorni di congedo necessari per assistere la figlia, portatrice di handicap grave, invalida al 100 per cento, sommati a quelli per la nascita di un figlio;
l'articolo 33 della legge n. 104 del 1992 tutela e garantisce proprio quelle famiglie che devono sostenere i gravi oneri causati dalla presenza di un familiare disabile, attraverso la concessione di permessi speciali;
il poliziotto è stato improvvisamente e senza alcun preavviso trasferito in un ufficio dove gli orari e gli impegni di servizio sono incompatibili con le necessità della figlia, che è la vera vittima incolpevole di questa assurda ingiustizia;
il destinatario del provvedimento in questione è un sindacalista e come tale non può essere dislocato senza il suo consenso;
la fruizione della suddetta legge è troppo importante per poter anche solo pensare che chi ne ha diritto oggi possa domani ritrovarsi ad averne un danno -:
se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali provvedimenti intenda adottare al riguardo, onde evitare di riportare brutalmente indietro la società italiana rispetto ai problemi quotidiani dei disabili, veri sconfitti di questa ignobile vicenda.
(4-02543)
Risposta. - Come segnalato dall'interrogante, un assistente capo della Polizia di Stato è stato trasferito d'ufficio, con decorrenza 4 dicembre 2006, dalla Sezione di
Polizia giudiziaria istituita presso la procura della Repubblica del tribunale di Pisa alla questura della medesima provincia.
L'adozione del provvedimento trae origine da una richiesta di trasferimento formulata dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pisa, a seguito delle prolungate, seppur giustificate, assenze dal servizio poste in essere dal dipendente per congedo ordinario, congedo straordinario per gravi motivi ed anche in attuazione della legge n. 104 del 1992 («Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate»). Si trattava, complessivamente, di 72 giorni continuativi nel periodo luglio/settembre 2005 e di 70 giorni nel periodo giugno/settembre 2006.
Tali assenze, a giudizio dello stesso procuratore, avrebbero determinato conseguenze negative sulla efficienza e sul buon andamento del lavoro della sezione di Polizia giudiziaria.
È necessario precisare che, ai sensi della normativa vigente, l'assegnazione e la permanenza del personale delle Forze di Polizia presso le sezioni di Polizia giudiziaria è strettamente legata al rapporto di collaborazione con il competente procuratore della Repubblica.
L'articolo 8, comma 6, del decreto legislativo n. 271 del 1989 («Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale») prevede infatti, che l'assegnazione alle sezioni di Polizia giudiziaria venga disposta dall'Amministrazione di appartenenza su richiesta nominativa congiunta del procuratore generale presso la Corte d'appello e del procuratore della Repubblica interessato.
Analogamente, l'articolo 11, comma 1, del medesimo decreto legislativo prevede che il trasferimento dalle sezioni di Polizia giudiziaria sia disposto dall'Amministrazione di appartenenza su proposta motivata del procuratore della Repubblica da cui la sezione dipende.
Si ribadisce, infine, che il dipendente non è stato trasferito ad altra sede ma assegnato alla Divisione anticrimine della questura di Pisa, dove è stato esonerato, in considerazione della particolare situazione personale, dai turni di notte e fruisce regolarmente dei riposi mensili di cui alla citata legge n. 104 del 1992.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
HOLZMANN. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano altoatesino in lingua tedesca Dolomiten, nell'edizione di martedì 8 maggio 2007, ha dato notizia che il Governo Austriaco, tramite il Poligrafico di Stato, ha emesso un francobollo commemorativo, con corso legale, venduto regolarmente in Austria a 0,50 euro;
tale francobollo reca la scritta «Tirol», la dicitura «da Kufstein fino a Salorno 1809-2009», con riferimento ai confini del Tirolo ante Prima Guerra Mondiale, la carta geografica del Tirolo prima del trattato di pace nonché il disegno di Castel Tirolo che si trova vicino a Merano, cioè in Italia -:
se il Governo non ritenga tale francobollo offensivo per l'Italia, poiché la regione Trentino Alto Adige fa parte del territorio nazionale, non certo dell'Austria;
se il Governo, che nel 1996 ha ottenuto la quietanza liberatoria da parte dell'Austria con la chiusura della vertenza internazionale davanti all'ONU, non ritenga che un simile francobollo sia lesivo dei buoni rapporti tra Italia ed Austria e alimenti quello spirito revanscista che assai spesso anima le frange più estremiste della popolazione di lingua tedesca, innescando richieste di autodeterminazione, come avvenuto di recente con la petizione firmata da quasi tutti i sindaci della provincia di Bolzano ed atti di aperta ostilità nei confronti dei simboli dello Stato, giungendo addirittura a rivalutare, con dichiarazioni pubbliche di importanti esponenti politici, il terrorismo degli anni sessanta, che provocò numerose vittime;
se il Governo italiano intenda protestare formalmente con quello austriaco, per quella che l'interrogante giudica l'assoluta
mancanza di rispetto dei confini nazionali, messi in discussione da un francobollo stampato dallo Stato austriaco.
(4-03634)
Risposta. - Il disegno del francobollo che riproduce il Tirolo unificato (e sul quale si legge il motto «Fedeli al Tirolo», nonché "Tirolo 1809-2009, da Kufstein a Salorno") sarebbe stato opera del Consigliere della Provincia Autonoma di Bolzano Andreas Poder, in collaborazione con gli altoatesini Roland Stauder, Helmut Taber, Peter Prugger e Oswald Werth. L'indirizzo del sito internet riportato nel francobollo, www.land-tirol.eu, non è accessibile in quanto appare inesistente. Sulla base delle informazioni raccolte dalle Poste Austriache, l'emissione in questione ha riguardato 1.000 unità, consegnate ai committenti (i francobolli emessi su disegno delle stesse Poste si contano invece in milioni e sono distribuiti al pubblico).
La stampa del francobollo è avvenuta ad opera dello «Osterreichische Staatsdruckerei» (OeSD), che svolge funzioni analoghe a quelle del nostro Poligrafico dello Stato. Dal 2000 l'OeSD è stato privatizzato, acquistato da ECP Euro Capital Partner; (una società di gestione finanziaria con sede a Vienna ed a capitale interamente privato) ed ha ora la forma di una società a responsabilità limitata. L'emissione del francobollo è stata effettuata dalle Poste austriache, ovvero dalla Osterreichische Post AG, società per azioni fondata nel 1999, il cui capitale è detenuto per il 51 per cento dalla IAG (Osterreichische Industrieholding AG, finanziaria cui la legge ha assegnato prima il compito di amministrare le imprese statali e poi la loro privatizzazione), mentre il restante 49 per cento è in mano a privati. La Osterreichische Post AG è soggetta al controllo del Ministero per i Trasporti, l'Innovazione e la Tecnologia.
Le suddette società stampano ed emettono francobolli su richiesta di singoli contro pagamento.
Avuta notizia della circolazione del francobollo in questione questo Ministero si è prontamente attivato con l'analogo dicastero austriaco, con la Presidenza Federale e con questa Ambasciata d'Austria, per sollecitare chiarimenti in merito.
A seguito di tali interventi, il Ministero degli Esteri austriaco ha segnalato che il Governo di Vienna si dissocia da quanto contenuto nel francobollo in parola e che il medesimo non riflette la posizione di Vienna sulla materia. Entrando nel merito della questione, gli interlocutori austriaci hanno affermato di condividere pienamente la nostra valutazione sull'inopportunità dell'emissione del francobollo, sottolineando peraltro come le Poste Austriache siano al momento private ed operino di conseguenza, vendendo tra l'altro «francobolli personalizzati», come quello del caso in questione, per i quali quanto contenuto riflette l'opinione dei committenti e non quella delle Poste, Alla nostra osservazione che le stesse Poste sono comunque soggette ad un controllo del Ministero per i Trasporti, l'Innovazione e la Tecnologia, gli stessi interlocutori del Ministero Esteri austriaco hanno fatto presente che tale controllo non investe il testo dei francobolli emessi e che quindi lo stesso Ministero per i Trasporti, l'Innovazione e la Tecnologia non era stato preventivamente consultato, né poteva intervenire a posteriori. La normativa austriaca prevede infatti un divieto solo per emissioni contrarie alla pubblica decenza o alla sicurezza nazionale, mentre dispone che il proponente dei francobolli debba tenere indenne la Società da eventuali danni dovuti a terzi.
La norma di linguaggio e di condotta adottata anche in questo caso dalle Autorità austriache, ispirata a criteri di correttezza e collaborazione, conferma come, in un contesto di eccellenza delle relazioni bilaterali italo-austriache, le iniziative di certi ambienti altoatesini, ancorati ad una visione ottocentesca degli assetti europei, costituiscano di fatto un elemento di disturbo e di provocazione anche per il Governo di Vienna.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
JANNONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
risultano reperibili con eccessiva difficoltà i cosiddetti «kit per la regolarizzazione degli immigrati»;
la redazione del telegiornale satirico «Striscia la notizia» ha evidenziato l'esistenza di un vero e proprio mercato abusivo ed illecito dei suddetti kit;
i moduli dovrebbero essere reperibili a titolo gratuito presso gli uffici postali mentre vengono venduti abusivamente, come documentato da «Striscia la notizia», a cifre che possono raggiungere i 500 Euro;
tale mercato illecito colpisce persone già in difficoltà economica, evidenziando nel contempo le inefficienze delle istituzioni preposte alla complessa gestione delle procedure di regolamentazione -:
quali misure ed interventi urgenti si intendano adottare per risolvere le inefficienze testé evidenziate.
(4-02202)
Risposta. - La convenzione con Poste Italiane per l'esternalizzazione delle attività di front office nelle procedure di rinnovo dei permessi di soggiorno è stata sottoscritta nel gennaio 2006 avvalendosi della possibilità offerta dalla legge 271 del 2004 di stipulare convenzioni con concessionari di pubblici servizi o soggetti non pubblici ai fini della raccolta di istanze, dichiarazioni o atti dei privati, lo svolgimento di operazioni preliminari e l'inoltro agli interessati dei provvedimenti conseguentemente rilasciati.
La finalità principale della convenzione, di durata triennale, era quella di consentire il recupero del personale degli Uffici immigrazione delle Questure precedentemente addetto a tali incombenze, così da destinarlo ad altri servizi operativi, facendo venir meno al contempo la necessità di ricorrere a lavoratori interinali e riducendo i tempi di rinnovo dei permessi di soggiorno.
L'importo relativo al servizio - e non del modulo, che, si sottolinea, è gratuito - è a carico dell'interessato ed è stato stabilito con decreto ministeriale del 12 ottobre 2005 in 30 euro, cui debbono aggiungersi 14,62 euro per la marca da bollo e 27,50 euro per il permesso di soggiorno elettronico, importo fissato con decreto del 4 aprile 2006, adottato dal Ministro dell'Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno.
A seguito di tale previsione normativa, e nell'ottica di reingegnerizzare la procedura di rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno, il Ministero dell'interno ha elaborato un progetto che prevede a stipula di intese con l'Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) e gli istituti di patronato, nonché una convenzione con Poste Italiane Spa al fine di perseguire economie gestionali nello svolgimento dell'attività amministrativa, realizzando un ottimale utilizzo delle risorse disponibili.
Sulla base del progetto, sono stati stipulati il 31 gennaio 2006 una convenzione con Poste Italiane, il 9 febbraio 2006 un protocollo d'intesa con gli istituti di patronato ed il 13 febbraio 2006 un protocollo d'intesa con l'Anci.
La convenzione con Poste Italiane prevede l'esternalizzazione dell'attività di front office precedentemente svolta dagli uffici immigrazione delle questure.
Gli istituti di patronato e gli uffici comunali hanno, invece, il compito di assistere gli stranieri, supportandoli gratuitamente nella compilazione e nella trasmissione telematica di istanze e dati, e dispongono di un canale privilegiato per seguire le pratiche.
La nuova procedura di rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno opera nel pieno rispetto delle regole fissate dalla normativa vigente in materia di procedimento amministrativo.
Non esiste, infatti, alcun impedimento alla produzione di documentazione aggiuntiva rispetto a quella prevista dal kit; la Questura rimane l'unico soggetto titolare del procedimento amministrativo, poiché l'attività delegata a Poste Italiane Spa è quella relativa alla fase di acquisizione delle istanze; la stessa Questura, inoltre,
può richiedere integrazioni alla documentazione prodotta dal richiedente.
I campi obbligatori della procedura informatica corrispondono a quelli previsti dalla normativa vigente quali requisiti indispensabili per la ricevibilità della domanda. In ogni caso, la Questura può intervenire direttamente sull'istanza in formato elettronico, «sbloccandola» qualora ne sussistano i presupposti.
La nuova procedura interviene, dunque, solo sulle modalità di presentazione delle domande, al fine di fornire un miglior servizio agli interessati, in quanto i punti di accesso all'utenza non sono più rappresentati dai 103 uffici immigrazione delle Questure, bensì dai 5332 uffici postali abilitati all'accettazione dell'istanze e dai 14000 uffici postali abilitati alta distribuzione della modulistica.
Relativamente alla problematica della carenza delta modulistica presso gli sportelli abilitati, si precisa che Poste Italiane Spa ha comunicato che il 12 febbraio 2007 sono stati distribuiti 2.000.000 di kit, quantitativo ritenuto sufficiente a soddisfare le richieste di rilascio/rinnovo per i prossimi 18 mesi ed ha espresso l'avviso che l'urgenza kit sia stata superata.
In particolare tutti gli uffici postali sono stati posti in grado di fronteggiare le richieste, in quanto le scorte di kit vengono ricostituite tempestivamente.
Tuttavia, ha proseguito Poste, in casi di temporanea indisponibilità di kit presso gli uffici postali, legata a fattori contingenti, lo straniero può rivolgersi a comuni e patronati per ottenere un ausilio alla compilazione della pratica che, in questi casi, avverrà in modalità elettronica.
In ogni caso, lo straniero può rivolgersi anche ai patronati e ai comuni aderenti all'accordo, presso i quali l'istanza può essere compilata e inviata in formato elettronico.
Il Ministero dell'interno il 19 gennaio scorso ha ribadito, come già esposto in una serie di colloqui con l'azienda Poste, che la piena disponibilità dei moduli presso tutti gli uffici è da considerare condizione essenziale per il proseguimento della convenzione stipulata.
Al contempo, è stata avvìata una capillare attività informativa a beneficio degli stranieri per informarti che i kit sono gratuiti e che, in caso di esaurimento presso gli sportelli postali, non bisogna rivolgersi a nessuno che li ceda a pagamento bensì avvalersi del supporto qualificato e gratuito dei patronati e dei Comuni coinvolti. Per tale campagna informativa è stato utilizzato il Portale Immigrazione www.portaleimmigrazione.it nonché il numero verde gratuito 800.309.309, che corrisponde ad un call center multilingue sviluppato e gestito in collaborazione con l'Anci.
La complessità del nuovo sistema, che vede l'interazione di più sistemi informatici gestiti da amministrazioni ed enti diversi, ha effettivamente determinato in molti casi il mancato rispetto dei tempi previsti dalla norma per il rilascio dei documenti richiesti. Sono state, pertanto, attivate tutte le iniziative volte ad eliminare le rigidità che il sistema ha sin qui evidenziato, registrando un trend di crescita nell'attività di rilascio dei permessi di soggiorno che diviene di settimana in settimana più consistente.
Le iniziative finora descritte sono oggetto di un attento monitoraggio del Ministero dell'interno che ha ben chiaro il proprio dovere di garantire la dignità personale degli immigrati anche attraverso l'offerta di servizi che agevolino il loro rapporto con la pubblica amministrazione.
A questo impegno sono stati richiamati e sono continuamente sollecitati tutti i soggetti coinvolti nelle procedure descritte, chiamati, ciascuno per la sua competenza, ad una attività di prevenzione e di controllo perché non si innestino nelle procedure situazioni di strumentalizzazione delle condizioni di vulnerabilità che molti immigrati vivono.
Nel far presente che il ricorso all'ausilio di sistemi informatici per la trattazione delle pratiche in questione si è reso necessario considerato l'alto volume di istanze da gestire, Poste Italiane ha precisato che il processo informatico sotteso ai rilasci dei permessi di soggiorno è diverso rispetto a quello utilizzato per il decreto flussi la problematica segnalata riguarda unicamente
le procedure di rinnovo del permesso di soggiorno. Nei casi di primo rilascio del permesso di soggiorno, per la presentazione dell'istanza non viene utilizzato il kit distribuito dalle Poste, bensì un apposito modello predisposto dagli sportelli unici per l'immigrazione attraverso il proprio sistema informatico, che, una volta compilato, viene presentato, in apposita busta, agli uffici postali.
Anche nel caso dei nulla osta per lavoro stagionale relativi all'emanando decreto flussi per l'anno 2007, allo scopo di semplificare e rendere più agevole il servizio sono in corso di definizione procedure volte a favorire la compilazione e l'inoltro delle domande, per il tramite delle associazioni di categoria, attraverso il sito internet. Negli altri casi sarà, comunque, possibile scaricare via internet la modulistica necessaria per la richiesta di nulla osta, evitando di doversi avvalere dei kit a suo tempo predisposti da Poste Italiane.
Tali iniziative si muovono in una linea di assoluta coerenza con lo spirito delle politiche per l'immigrazione condotte dal Governo, che intendono promuovere una reale integrazione degli stranieri regolari e tutelarne la dignità personale, consentendo loro di poter esercitare pienamente i propri diritti al riparo da rischi di strumentalizzazione e sfruttamento dello stato di bisogno.
Si fa presente infine che, ai sensi della direttiva del Ministro del 6 agosto 2006, nelle more del rinnovo del permesso di soggiorno lo straniero titolare della ricevuta di presentazione dell'istanza è considerato regolarmente soggiornante e può lasciare il territorio nazionale per recarsi all'estero (quindi non esclusivamente nel paese di origine) a condizione che non transiti per un Paese aderente all'Accordo di Schengen.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Marcella Lucidi.
LA RUSSA e MINASSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nelle scorse settimane il Consiglio comunale della Spezia è stato interessato da diverse pratiche all'ordine del giorno, tra cui la nuova Convenzione fra il Comune e l'Enel relativa al risarcimento dei danni all'ambiente e alla salute prodotti negli anni dalla Centrale di Vallegrande;
nel corso di questo confronto, l'opposizione ha presentato su alcune delibere svariate centinaia di emendamenti ed ha manifestato l'intenzione di presentarne altre migliaia sulla pratica suddetta, il cui esame è previsto dopo il 23 ottobre 2006;
nel corso della seduta del 13 ottobre 2006, a seguito di specifica richiesta formulata nella riunione precedente da parte di un consigliere comunale di maggioranza, è stato prodotto all'attenzione dell'assemblea da parte del Presidenza del Consiglio comunale un doppio parere scritto, firmato dal Direttore Generale del Comune e dal Segretario comunale, sull'ammissibilità di 850 emendamenti presentati da diversi consiglieri di opposizione sulla pratica in quel momento in discussione;
nel primo parere, quello del Direttore Generale, dottor Pier Luigi Fusoni, si faceva genericamente rilevare che le proposte di modifica - in blocco e non singolarmente - «si sostanziano nella sola sostituzione di singole parole del testo o con parole di significato equivalente e pertanto sono prive di qualsiasi portata modificativa»;
nel secondo, reso dal Segretario Generale, dottor Nicola Ianigro, veniva invece ricordato il divieto contemplato dall'articolo 1, comma 3, della legge n. 241 del 1990 secondo cui «la pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento amministrativo se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell'istruttoria»;
utilizzando come base d'appoggio tali pareri, la Presidenza del Consiglio Comunale decideva di cassare in blocco tutti gli 850 emendamenti presentati dai consiglieri di opposizione e, di fronte alle reiterate proteste di questi ultimi, non riteneva nemmeno di sospendere la seduta per
ascoltare su tale punto il parere della locale Prefettura, come esplicitamente richiesto nel corso del dibattito dai firmatari delle proposte di modifica contestate;
dinnanzi ad un simile comportamento, chiaramente lesivo dei loro diritti di espressione democratica, i capigruppo dei tre gruppi di minoranza presenti nel Consiglio Comunale inoltravano un'istanza scritta con richiesta di parere urgente al Prefetto della Spezia sulla legittimità del comportamento tenuto dalla Presidenza;
nella mezz'ora successiva, veniva recapitata a mano al Presidente del Consiglio Comunale e al Sindaco da parte di un consigliere di opposizione (non essendo stato possibile per la Prefettura inoltrare la stessa via fax, essendo tutti i fax del Comune staccati o spenti) una nota a firma del Vice Prefetto Vicario della Spezia, dott. Annunziata Gallo, in cui, relativamente alla questione oggetto della richiesta dell'opposizione, veniva ricordato non solo che «tale legge (l'articolo 1, comma 3 della legge n. 241 del 1990 citato dal Segretario Comunale) non può trovare alcuna applicazione alle sedute del Consiglio Comunale, che sono disciplinate, come è noto, dal Testo Unico del 2000 e dal Regolamento del Consiglio» ma anche che «tali testi non attribuiscono al Segretario Generale e al Direttore Generale il potere di pronunciarsi preventivamente sulla ammissibilità degli emendamenti, decidendo se abbiano carattere modificativo o meno», ricordando che «tale potere è invece riservato al Consiglio Comunale, come si evince dagli articoli 55-56-57 del Regolamento;
il Presidente del Consiglio, contestando la legittimità delle modalità di inoltro, non riteneva di prendere in esame tale parere e procedeva senza indugi a sottoporre a votazione la delibera all'ordine del giorno, dopo aver eliminato tutti gli emendamenti presentati dalla minoranza e negando ripetutamente (come risulta dal verbale della seduta) la parola a più consiglieri che la chiedevano sull'ordine dei lavori (che il Regolamento consiliare prevede invece debba essere concessa in qualsiasi momento, qualora ne venga fatta esplicita richiesta da un componente del Consiglio);
considerato particolarmente grave e lesivo dei diritti di espressione delle minoranze tutelate dalle leggi dello stato, dallo statuto del Comune e dalle consuetudini in vigore in tutte le assemblee elettive - il comportamento tenuto in questa occasione dal Presidente del Consiglio Comunale, supportato dal Segretario comunale e dal Direttore Generale;
ritenuta del tutto illegittima e particolarmente immotivata lo bocciatura in blocco di tutti gli emendamenti presentati dall'opposizione sulla base di un parere generico reso da organi tecnici che, stante a quanto evidenziato dalla Prefettura, non solo non avevano titolo a intervenire sulla ammissibilità preventiva degli stessi, ma che non hanno ritenuto opportuno nemmeno presentare una valutazione circostanziata per ogni singola proposta di modifica;
ritenuto che il Consiglio Comunale della Spezia, secondo comune della Liguria per numero di abitanti, sia un'istituzione in cui, al pari di qualsiasi altra assemblea elettiva democratica, deve essere sempre garantito il rispetto delle leggi e dei regolamenti, assicurando fino in fondo le prerogative politiche e gli spazi di agibilità democratica di tutte le componenti in esso rappresentate -:
se non ritenga, a fronte dei palesi comportamenti in violazione di legge, in capo al Presidente del Consiglio, al Direttore Generale e al Segretario Generale, che ricorrano le condizioni per promuovere le procedure di scioglimento del Consiglio Comunale.
(4-02122)
Risposta. - Sui fatti esposti dall'interrogante la prefettura della Spezia ha svolto approfonditi accertamenti dai quali risulta che all'ordine del giorno della seduta del Consiglio comunale del capoluogo, fissato per il 12 ottobre scorso, era previsto, in particolare, l'esame della deliberazione relativa
alla ricognizione dello stato di attuazione dei programmi e alla permanenza degli equilibri di bilancio - ai sensi dell'articolo 193 del testo unico n. 267 del 2000 -, nonché la modifica della convenzione stipulata a suo tempo tra il comune e l'ENEL per il risarcimento dei danni ambientali provocati dalla centrale di Vallegrande.
Nel corso delle precedenti sedute, i consiglieri di minoranza avevano presentato un numero rilevantissimo di emendamenti in merito alle proposte di deliberazione sopra indicate, 850 dei quali riguardavano la deliberazione sugli equilibri di bilancio.
In particolare, l'atteggiamento della minoranza si era irrigidito a causa della netta contrapposizione con la maggioranza in merito alla questione del risarcimento dei danni ambientali da parte dell'ENEL.
Sulla questione, in apertura della seduta del 12 ottobre, la Presidenza del Consiglio comunale presentava all'Assemblea un parere a firma del Direttore generale e del Segretario generale, relativo agli emendamenti delle due deliberazioni.
Nella prima parte del parere, si rilevava che le proposte di modifica alla deliberazione «si sostanziano nella sola sostituzione di singole parole del testo o con parole di significato equivalente e, pertanto, sono prive di qualsiasi portata modificativa».
Nella seconda parte del parere, si richiamava il disposto di cui all'articolo 1, comma 3, della legge n. 241 del 1990, secondo cui la pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento amministrativo se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell'istruttoria».
Sulla base di tale orientamento il Presidente del consiglio comunale dichiarava inammissibili tutte le proposte di modifica avanzate dall'opposizione, senza procedere all'esame e alla votazione dei singoli emendamenti.
In relazione a quanto sopra, i capigruppo di minoranza, con esposto inviato alla prefettura della Spezia chiedevano un urgente intervento del prefetto, ritenendo l'operato del Presidente del Consiglio «palesemente illegittimo e gravemente lesivo dei diritti di espressione democratica».
Con nota indirizzata al sindaco ed al Presidente del Consiglio comunale, la prefettura della Spezia, nel precisare che la legge n. 241 del 1990 non può trovare applicazione alle sedute del Consiglio comunale - disciplinate, com'è noto, dal testo unico n. 267 del 2000 e dal Regolamento del Consiglio comunale - rilevava che tali norme non attribuiscono al Segretario comunale e al Direttore generale il potere di pronunciarsi preventivamente sull'ammissibilità degli emendamenti, essendo tale potere riservato al Consiglio comunale, come si evince dagli articoli 55, 56 e 57 di tale Regolamento.
La nota veniva inviata immediatamente al comune di La Spezia e, contestualmente, veniva consegnata ai Consiglieri di minoranza, in attesa di risposta immediata all'esposto presentato, stante l'inutilità di una pronuncia intervenuta dopo la conclusione della seduta consiliare.
A seguito del parere espresso dalla prefettura, il Presidente del Consiglio comunale rimetteva la decisione circa l'ammissibilità degli emendamenti all'assemblea, che li respingeva in blocco, con un'unica votazione, senza esaminarli e votarli singolarmente.
La seduta si concludeva con l'approvazione della deliberazione relativa alla permanenza degli equilibri di bilancio.
Si fa presente, inoltre, che il sindaco ed il Presidente dei Consiglio comunale della Spezia, invitati dal prefetto per fornire chiarimenti in merito alla vicenda sopra descritta, per evitare anche il ripetersi in futuro di situazioni analoghe, hanno motivato la procedura irrituale seguita per l'esame degli emendamenti dell'opposizione con la necessità di approvare con urgenza la delibera relativa alla permanenza degli equilibri di bilancio, al fine di non incorrere nello scioglimento del Consiglio, essendo già scaduti in data 30 settembre 2006 i termini per l'adozione di tale delibera.
Si precisa infine che, quanto richiamato dall'interrogante concretizza un singolo episodio di illegittimità, come tale non rapportabile
alla fattispecie normativa di cui all'articolo 141 del testo unico n. 267 del 2000.
Quest'ultima disposizione prevede, infatti, lo scioglimento degli organi collegiali degli enti locali ancorandolo a specifici presupposti, individuati nel compimento di atti contrari alla costituzione o in gravi e persistenti violazioni di legge ovvero per gravi motivi di ordine pubblico.
In considerazione del fatto che l'ipotesi in esame non può essere considerata come atto contrario alla Costituzione ovvero connesso a gravi motivi di ordine pubblico, va altresì esclusa una responsabilità per gravi e persistenti violazioni di legge, in considerazione dell'assenza, nel caso di specie, dei caratteri della gravità e persistenza, richiesti dalla norma ai fini dello scioglimento dell'organo collegiale.
D'altra parte, va ricordato che la giurisprudenza consolidata considera grave la violazione che dia luogo ad un comportamento deviante e scorretto pregiudizievole per la funzionalità dell'ente amministrato, che si rifletta direttamente sulle posizioni giuridiche dei cittadini e/o attenti alla funzionalità complessiva del sistema dei pubblici poteri per interferire nella sfera di altri soggetti pubblici. (cfr. Tar Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 25 ottobre 2004, n. 3687; Consiglio di Stato, Sez. V, 10 febbraio 2000, n. 736).
Viene, altresì, considerato persistente il reiterato e pervicace comportamento contrastante con un preciso obbligo di legge, che manifesta inequivocabilmente la volontà di disattendere, nonostante le rituali diffide, una prescrizione normativa di valore cogente posta a garanzia delle regole fondamentali che presiedono al corretto svolgimento delle funzioni dell'ente. La persistenza è caratterizzata, quindi, da episodi legati da un intento apertamente conflittuale con le altre istituzioni interessate; conflitto che, anche in ragione della sua durata, non può non incidere negativamente sulla funzionalità stessa dell'amministrazione.
Nel caso di specie, l'amministrazione comunale ha ottemperato alle indicazioni del Prefetto rimettendo, come detto, la decisione sull'ammissibilità degli emendamenti al voto del Consiglio, che li ha respinti in blocco.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
LOMAGLIO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
i lavori per il raddoppio ferroviario della dorsale tirrenica Messina-Palermo hanno avuto inizio nel lontano 1985;
allo stato attuale, però, risulta funzionante l'attraversamento del traforo dei Monti Peloritani fino alla stazione di Rometta nonché la tratta San Filippo del Mela-Patti, mentre sono ancora in fase di completamento i lavori relativi alla tratta Rometta-San Filippo del Mela;
il contratto di programma, settennale, tra Ministero dei Trasporti e della Navigazione e le Ferrovie dello Stato, firmato il 25 marzo 1996 dopo l'approvazione del CIPE del 13 marzo 1996, la cui decorrenza è stata stabilita dal 1 gennaio 1994 al 31 dicembre 2000, oltre ad aver destinato le risorse finanziarie a favore delle tratte Messina-Patti e Fiumetorto-Cefalù ed aver sancito il raddoppio ferroviario Palermo-Messina, ha consentito il finanziamento della tratta Cefalù-Castelbuono;
nell'accordo di programma quadro sottoscritto dal Ministero delle infrastrutture, R.F.I. e il Presidente della Regione on. Salvatore Cuffaro, nell'ottobre del 2001, tuttavia, pur prevedendo il completamento del raddoppio sulla direttrice Palermo-Messina, non è stata destinata, a favore della medesima, alcuna risorsa finanziaria;
nel luglio del 2002 è avvenuta la sciagura ferroviaria di Rometta Marea che ha causato la morte di otto persone ed il ferimento di altre quaranta. Ciò ha determinato una netta presa di posizione dell'allora Ministro per le infrastrutture Pietro Lunardi che, in quell'occasione, dichiarò che l'ammodernamento della dorsale
con il completamento del raddoppio sarebbe stata la priorità del Governo;
con nota del Ministero dei Trasporti del 28 febbraio 2002 prot. n. 11739/2002/S.P., è stato comunicato all'On. Presidente della Regione Sicilia e al coordinamento dei Sindaci (costituitosi nel 1996) che il completamento di tutta la dorsale, già inserito nelle opere strategiche di cui alla legge n. 443/2001 (Legge Obbiettivo) era stato approvato anche dal CIPE e che presto sarebbe stato avviato il progetto di completamento che avrebbe compreso anche la tratta Patti-Castelbuono il cui costo secondo le prime stime di R.F.I. sarebbe stato di 4.300 milioni di euro e la cui progettazione sarebbe stata completata entro l'anno 2002;
il coordinamento dei Sindaci unitamente a tutte le forze sociali ha ripetutamente chiesto al Presidente della Regione Sicilia (a tal proposito esiste una copiosa corrispondenza), la rivisitazione del richiamato accordo di programma del 2001 per reperire e destinare le necessarie risorse finanziarie;
in data 25 giugno 2002, su iniziativa di tutti i Deputati della Provincia di Messina è stata presentata all'Assemblea Regionale una mozione attraverso la quale il Governo Regionale si è impegnato a promuovere tutti gli atti idonei a reperire le risorse finanziarie necessarie al completamento della dorsale tirrenica Messina-Palermo;
con nota del 28 maggio 2004, il Gruppo R.F.I. ha comunicato alla Presidenza della Regione Siciliana di aver avviato lo studio di fattibilità relativo al raddoppio della tratta Patti-Castelbuono;
a favore e per il sostegno delle iniziative ispirate ad ottenere il completamento del raddoppio su tutta la dorsale sono state votate e approvate 38 delibere di altrettanti consigli comunali ed analoga delibera ha approvato il Consiglio della Provincia Regionale di Messina;
da diversi anni è circolata la notizia secondo la quale il Gruppo R.F.I. in accordo con lo Stato e la Regione Sicilia, ha proposto un collegamento a doppio binario su nuovo percorso tra Castelbuono e Catania, di fatto in alternativa al completamento della dorsale tirrenica;
a tutt'oggi gli impegni assunti dalla Regione Sicilia, dal Ministero alle Infrastrutture e dal Gruppo R.F.I. in ordine alla necessità strategica di ammodernare la dorsale tirrenica, con il completamento del raddoppio, sono stati disattesi. Naturalmente, qualora l'opera non venisse realizzata o venisse rinviata ciò rappresenterebbe un passo indietro rispetto alle speranze di sviluppo e di modernità della Provincia di Messina che vedrebbe penalizzato il proprio territorio il quale ha delle alte potenzialità di crescita economica, turistica e occupazionale. Di primaria importanza appare, inoltre, l'esigenza di rendere competitiva la zona attraverso l'adozione di un modello di trasporto sostenibile in grado di tutelare ed esaltare la qualità ambientale dei luoghi ed il livello di vivibilità dei paesi;
nei prossimi giorni tra il Ministero per le infrastrutture, il Governatore della Regione Sicilia e Rete ferroviaria italiana si dovrà modulare un accordo di programma quadro contenente il piano strategico delle opere da realizzare nell'isola;
tuttavia, il piano delle priorità diffuso dal Ministero delle Infrastrutture su proposta del Gruppo R.F.I. esclude la possibilità di completare il raddoppio della più volte richiamata dorsale tirrenica;
per di più, è attualmente in atto un pericoloso arretramento dal territorio da parte di Trenitalia che, in questi giorni, nonostante le proteste e le manifestazioni ha confermato di voler procedere a ridurre i treni a lunga percorrenza, sulla dorsale tirrenica, da e per la Sicilia -:
se il Ministro competente intenda attivarsi per promuovere ogni iniziativa utile, volta alla realizzazione di un'importante infrastruttura strategica e assolutamente necessaria per lo sviluppo della Regione Sicilia, senza la quale si resterebbe
in uno stato di perenne marginalizzazione rispetto al contesto nazionale e internazionale posto che il raddoppio della dorsale ferroviaria, al contrario, avrebbe delle ricadute assolutamente favorevoli a livello economico, occupazionale, turistico e culturale dell'intera Regione.
(4-03982)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Nel Contratto di programma 2007-2011 il completamento complessivo del raddoppio della linea Messina-Palermo è stato inserito tra gli interventi relativi allo «sviluppo infrastrutturale della rete Alta Capacità».
Si riportano di seguito elementi relativi al programma di realizzazione del raddoppio Messina-Palermo:
in tabella A04 - opere in corso - è stato inserito il completamento del raddoppio Messina-Patti, per il quale resta da ultimare il solo tratto Rometta-Pace del Mela;
in tabella B04 - opere prioritarie da avviare - è previsto il raddoppio Ogliastrillo-Fiumetorto già affidato mediante gara di general contracting e per il quale è in corso la progettazione esecutiva mentre la cantierizzazione è programmata per il 2009;
in tabella C04 - altre opere da realizzare - è previsto il raddoppio Castelbuono-Ogliastrillo per il quale è stato predisposto il progetto definitivo;
in tabella D04 - opere previste a completamento del Piano - è previsto il raddoppio dell'ultima tratta a semplice binario Patti e Castelbuono, di cui è stato predisposto lo studio di fattibilità.
Il costo a vita intera del completamento del raddoppio della Messina-Palermo ammonta complessivamente a 5.622 milioni di euro, di cui 1.672 milioni di euro disponibili per la realizzazione delle opere in corso riportate in tabella A04; i restanti 3.950 milioni di euro occorrenti per le opere previste a completamento del Piano hanno competenza finanziaria da reperire.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
LO MONTE. - Al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 16 novembre il Ministro Di Pietro ha presentato il Documento sulle infrastrutture prioritarie definendo un quadro generale di scelte infrastrutturali per lo sviluppo del Paese;
nella premessa del documento il Ministro sostiene che l'operazione di rivisitazione del 1 programma delle infrastrutture strategiche è il risultato di un processo di programmazione, condiviso e partecipato con le regioni, gli enti locali e territoriali;
per quanto riguarda i sistemi ferroviari, si prevede il raddoppio della linea Messina-Palermo. In particolare gli interventi rientrano nell'ambito della realizzazione delle opere ferroviarie per la velocizzazione dell'asse Messina-Palermo, con riferimento alle seguenti tratte: Tratta Fiumetorto-Cefalù-Castelbuono (l'intervento riguarda un'estesa complessiva di oltre 32 Km e comporta il raddoppio della tratta e l'interramento della nuova stazione di Cefalù); Tratta Fiumetorto-Cefalù Ogliastrillo: i lavori sono stati affidati in data 11 ottobre 2005 al Contraente Generale Maire Engineering S.p.A. ed è in corso la progettazione definitiva; Tratta Cefalù Ogliastrillo: lavori in appalto tramite contraente Generale; Tratta Patti-Messina. Il soggetto aggiudicatore degli interventi è RFI S.p.A.;
da tempo gira la voce secondo la quale RFI non ha la disponibilità di cassa in quanto sembra che i fondi destinati al raddoppio della tratta sopra citata siano stati dirottati per la realizzazione di un'altra opera in provincia di Modena;
ciò sembra essere avvalorato dall'inclusione dei due lotti della Fiumetorto-Cefalù-Castelbuono nell'elenco pubblicato dal Ministero delle infrastrutture relativo alle opere strategiche da realizzare, secondo quanto previsto dalla Legge Obiettivo e da finanziare con il DPEF 2007-2011;
questo contraddice le assicuranti affermazioni fornite da RFI al Comune di Cefalù con nota del 17 giugno 2005 dove si afferma testualmente che «il raddoppio della tratta ferroviaria Fiumetorto-Ogliastrillo-Castelbuono è totalmente finanziato» e, nella quale, si precisa inoltre che la completa disponibilità economica per la realizzazione della predetta opera è stata conseguita alla fine del 2004 -:
quali provvedimenti il Ministro in oggetto intenda adottare visto che la predetta opera è inserita nell'asse ferroviario Berlino-Palermo, corridoio transeuropeo n. 1, al fine di assicurare la necessaria disponibilità di cassa di RFI così che l'impresa aggiudicataria dei lavori, sin dal dicembre 2005, possa procedere alla realizzazione del 1 lotto Fiumetorto-Cefalù Ogliastrillo e quali iniziative intende porre in essere al fine di dare avvio alle più volte annunciate procedure di espletamento delle procedure di appalto del 2 lotto Cefalù-Ogliastrillo Castelbuono.
(4-03494)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Gli interventi riguardanti la realizzazione delle opere ferroviarie per la velocizzazione dell'asse Messina-Palermo, risultano ricompresi tra le priorità infrastrutturali che interessano il territorio della Regione siciliana, come individuate nel documento «Infrastrutture prioritarie» e nell'«Allegato G, infrastrutture prioritarie» del «documento di programmazione economica finanziaria per gli anni 2008-2012» predisposti da questo Ministero.
In particolare tali interventi riguardano:
la tratta Fiumetorto-Cefalù Ogliastrillo-Castelbuono;
la tratta Patti-Messina.
L'attivazione della tratta Ogliastrillo-Castelbuono, secondo quanto risulta dal documento «Infrastrutture prioritarie» è prevista nel 2014.
Nel «Contratto di programma 2007-2011 tra Stato e Rete Ferroviaria Italiana, il completamento complessivo del raddoppio della linea Messina-Palermo è stato inserito tra gli interventi relativi allo «sviluppo infrastrutturale della rete Alta Capacità».
Si riportano di seguito elementi relativi al programma di realizzazione del raddoppio Messina-Palermo:
in tabella A04 - opere in corso - è stato inserito il completamento del raddoppio Messina-Patti, per il quale resta da ultimare il solo tratto Rometta-Pace del mela;
in tabella B04 - opere prioritarie da avviare - è previsto il raddoppio Ogliastrillo-Fiumetorto già affidato mediante gara di general contracting e per il quale è in corso la progettazione esecutiva mentre la cantierizzazione è programmata per il 2009;
in tabella C04 - altre opere da realizzare - è previsto il raddoppio Castelbuono Ogliastrillo per il quale è stato predisposto il progetto definitivo;
in tabella D04 - opere previste a completamento del Piano - è previsto il raddoppio dell'ultima tratta a semplice binario Patti e Castelbuono, di cui è stato predisposto lo studio di fattibilità.
Il costo a vita intera del completamento del raddoppio della Messina-Palermo ammonta complessivamente a 5.622 milioni di euro, di cui 1.672 milioni di euro disponibili per la realizzazione delle opere in corso riportate in tabella A04; i restanti 3.950 milioni di euro occorrenti per le opere previste a completamento del Piano hanno competenza finanziaria da reperire.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
LONGHI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
ho ricevuto per conoscenza una lettera inviata ai Ministri interrogati dal signor Lorenzo Guadagnucci che condivido, faccio mia e trascrivo:
«Signori Ministri Amato e Mastella,
sono un cittadino che ha vissuto nell'estate del 2001 una vicenda spaventosa. La notte del 21 luglio ero all'interno della scuola Diaz, a Genova: sono entrato verso le 22 per dormire e ne sono uscito intorno alle 2 su una barella, con ossa rotte, varie ferite e anche in stato d'arresto, con accuse del tutto fantasiose: associazione a delinquere finalizzata a devastazione e saccheggio, detenzione abusiva di armi, addirittura resistenza a pubblico ufficiale.
In realtà, com'è ormai noto, io e gli altri 92 che hanno condiviso la mia sorte siamo stati vittima di un brutale pestaggio compiuto dalla Polizia di Stato, e di un arresto infondato e illegittimo. È in corso il processo contro 28 agenti e funzionari di Polizia. Ieri dal tribunale è arrivata la notizia che non si trovano più le due bottiglie incendiarie, portate lì dalla polizia e usate come "prova" per il nostro arresto. Questa notizia mi riempie di tristezza. Spero ancora, come tutti, che le molotov saltino fuori subito, che la questura si scusi e che il processo possa proseguire regolarmente, ma questa "scomparsa" si aggiunge alle altre "anomalie" notate durante l'inchiesta e il processo. Tutte insieme compongono un quadro che mi rattrista, e un po' mi angoscia, come cittadino prima ancora che come parte civile del processo.
Come saprete, e come testimoniato in aula dal funzionario che condusse l'indagine interna dopo la "notte della Diaz", la polizia di Stato ha in vario modo ostacolato il lavoro dei magistrati. Ha fornito liste incomplete degli agenti impegnati nella "perquisizione" della scuola e foto vecchie degli agenti, inservibili ai fini dei riconoscimenti personali.
Ha sostenuto, contro ogni evidenza, che la "perquisizione", fu condotta senza che vi fosse una catena di comando, nonostante la presenza fisica, nel cortile della scuola, di altissimi dirigenti nazionali.
Ha sostenuto di non poter identificare, come se nessuno li conoscesse, alcuni specifici agenti individuati tramite foto e immagini: ad esempio il poliziotto con la coda di cavallo (quanti potevano avere una simile capigliatura?) ripreso mentre trascina una ragazza in un corridoio, o l'agente con la camicia bianca che io stesso - forse - avrei potuto riconoscere in un confronto faccia a faccia.
Ora si aggiunge l'incredibile vicenda delle molotov. Se queste fossero davvero scomparse, sarebbe un intollerabile attentato all'amministrazione della giustizia, e quindi alla nostra Costituzione. Sono sicuro che vorrete intervenire con forza di fronte ad un simile affronto, e che anzi abbiate già chiesto chiarimenti alla questura di Genova e ai vertici della Polizia di Stato.
C'è stato anche un altro modo, signori ministri, con il quale l'amministrazione di polizia ha influito sul processo in corso e quindi sul tentativo dei magistrati di accertare i fatti e di fare giustizia. È qualcosa che vi riguarda direttamente: sto parlando delle promozioni, del tutto inopportune, con le quali in questi anni sono stati premiati i principali imputati del processo Diaz. Credo che - concorderete con me - e con Amnesty International e con tutti gli osservatori internazionali indipendenti, inclusi alcuni governi di paesi europei, quelli che protestarono nel 2001 per il trattamento ricevuto da loro cittadini (alla Diaz eravamo solo in 15 italiani su 93) - quando dico che con la "perquisizione" alla Diaz è stata scritta una delle pagine più nere nella storia della polizia del dopo guerra.
Il blitz si è risolto in un pestaggio sistematico, con un arresto collettivo motivato con prove false e spiegato all'opinione pubblica con argomenti del tutto inventati (ci hanno fatto passare per violenti teppisti e hanno anche sostenuto che le nostre ferite erano "pregresse").
In queste condizioni, e a processo aperto, in qualsiasi paese i dirigenti in questione sarebbero stati sospesi dai loro incarichi dirigenziali e le loro carriere ne avrebbero inevitabilmente risentito, a prescindere dai meriti eventualmente acquisiti in precedenza.
In Italia no. Da noi cinque o sei dirigenti sotto processo sono stati addirittura promossi, e intanto si ostacolava il lavoro dei magistrati. In questo modo, signori ministri, si condizionava il lavoro dei giudici e non si tutela il buon nome della polizia, né si preserva il diritto degli agenti - di tutti gli agenti in servizio - ad appartenere ad un corpo dello Stato guidato da dirigenti probi e al di sopra di ogni sospetto. Tutti i cittadini hanno diritto di avere una polizia efficiente, credibile, leale. Ho pensato in questi anni che il silenzio della politica e dello Stato di fronte a questi fatti, quindi l'avallo assicurato agli ostruzionismi e alle promozioni inopportune, fossero una scelta politica - che io giudico pericolosa per la nostra democrazia - compiuta dal precedente Governo. Mi pare invece che anche voi - Ministro degli interni, competente sulla polizia di Stato, e Ministro della giustizia, garante del pieno esercizio della funzione giudiziaria - di fronte a questa vicenda abbiate scelto la strada del silenzio e, quindi dell'avallo.
Non me l'aspettavo. Ora devo prenderne atto: la fiducia che nutrivo, all'indomani del 21 luglio 2001, nelle istituzioni dello Stato e nella loro capacità di cancellare quell'abisso di illegalità che ho vissuto sulla mia stessa pelle, era mal riposta. Vivo le notizie di questi giorni come una sconfitta, che mi riempie di tristezza e mi fa temere per il futuro della nostra democrazia. Credevo di poter contare su di voi nella battaglia per la legalità e i diritti costituzionali che ho intrapreso, con molti altri, dopo il luglio del 2001. Mi sbagliavo.
Saluti da un cittadino deluso, Lorenzo Guadagnucci»;
secondo l'interrogante, le direttive impartite dal Governo Berlusconi hanno di fatto portato ai tragici fatti accaduti durante i tristi giorni del G8 -:
se l'attuale Governo intenda promuovere un'indagine interna atta, almeno, ad appurare chi ha ostacolato la ricerca della verità con reticenze e con la distruzione delle prove;
se non intenda retrocedere i dirigenti di polizia coinvolti nei tragici fatti di Genova e promossi dal Governo Berlusconi;
se non concederà promozioni ad altri dirigenti di polizia coinvolti.
(4-02370)
Risposta. - Come è noto la vicenda relativa ai fatti del G8 di Genova dell'estate 2001, ampiamente riportata da ricorrenti notizie di stampa, è ancora nella fase del giudizio dibattimentale per ben due processi: uno, dinanzi alla I sezione penale del tribunale di Genova, riguardante la responsabilità di ventisette funzionari e dirigenti della polizia di Stato in ordine all'irruzione compiuta nella scuola Diaz; un altro procedimento dinanzi alla III sezione penale dello stesso tribunale, riguardante comportamenti delle forze dell'ordine nei confronti dei manifestanti arrestati e condotti presso la caserma di Bolzaneto.
In ordine alla vicenda della scomparsa delle «molotov» presso la procura della Repubblica di Genova, è tutt'ora in corso un'indagine giudiziaria contro ignoti, per un'ipotesi di peculato, affidata ad un procuratore aggiunto e a tre magistrati della stessa procura.
In relazione alla questione posta dall'interrogante sugli avanzamenti in carriera del personale della Polizia di Stato che prese parte alle attività sopra riportate, si precisa, che l'Amministrazione in precedenti casi analoghi non ha mai preso iniziative sul piano amministrativo fin tanto che vi è in atto un procedimento penale e non vi è una pronunzia dell'Autorità giudiziaria.
Questo è un atteggiamento ormai consolidato al fine di evitare sia sovrapposizione di interventi investigativi, sia la possibilità di conclusioni affrettate ed opposte rispetto a quelle della Magistratura.
Si soggiunge che, con riferimento all'incidenza dei procedimenti penali in corso, in ordine alla progressione in carriera di funzionari di polizia, il vigente ordinamento prevede solo alcune ipotesi di temporanea non scrutinabilità.
In particolare non sono scrutinabili, sino alla conclusione del procedimento penale e del conseguente procedimento disciplinare, i funzionari sospesi dal servizio per motivi cautelari, sia in caso di sospensione obbligatoria che facoltativa. Parimenti sono sospesi dalla partecipazione agli scrutini i funzionari rinviati a giudizio o ammessi ai riti alternativi per i delitti tassativamente indicati all'articolo 58, comma 1, lettere a) e b) del decreto legislativo n. 267 del 2000.
Ne consegue, come affermato dalla giurisprudenza in materia, che le disposizioni concernenti le cause di esclusione dalla partecipazione agli scrutini per l'avanzamento in carriera non sono suscettibili di estensione in via interpretativa a fattispecie non contemplate nominativamente, quali sono i reati contestati ai quindici dirigenti e direttivi della Polizia di Stato coinvolti nel procedimento in argomento.
Pertanto tutto il personale in possesso dei prescritti requisiti di anzianità che non si trovi in una delle situazioni sopra evidenziate, deve necessariamente prendere parte agli scrutini per un'eventuale promozione alla qualifica superiore.
Si rappresenta, infine, che questa Amministrazione, a conclusione dei procedimenti penali, non mancherà di attuare, nei confronti del personale dipendente ritenuto responsabile di atti e comportamenti difformi alle normative vigenti, tutti quei provvedimenti a garanzia delle Forze di polizia che giornalmente operano sul territorio per tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
MASCIA e ROCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il giorno 12 giugno si sono svolte in diverse città d'Italia manifestazioni organizzate unitariamente da Spi-Cgil e Fnp-Cisl. Una di queste si è svolta anche nella città di Roma. I sindacati dei pensionati chiedevano più soldi per le pensioni e l'approvazione della legge sulla non-autosufficienza. A Roma la manifestazione si è articolata in un affollato sit-in a Piazza Santissimi Apostoli;
alle ore 10:59 dello stesso giorno l'agenzia stampa Dire ha comunicato che come preannunciato il giorno precedente dalle categorie sindacali dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil di Roma e Lazio il presidio di Piazza Santissimi Apostoli si sta trasformando in una «passeggiata» verso Palazzo Chigi;
la stessa agenzia stampa riporta che «lo spostamento alla spicciolata verso la sede del Governo fa seguito al divieto - giudicato inspiegabile dai sindacati - opposto dalla Questura di Roma alla richiesta di una simbolica catena umana dei pensionati intorno ai «palazzi del potere» romani;
il Corriere della Sera del giorno 13 giugno riporta che alcuni pensionati si sarebbero recati infatti alla spicciolata verso Palazzo Chigi e a questo proposito il giornalista Rinaldo Frignani scrive che «un gruppo che si era staccato dal sit in principale a Santissimi Apostoli è stato bloccato dalle forze dell'ordine in Piazza Colonna. Gli agenti avrebbero intimato a tutti di togliersi i berretti e di chiudere gli ombrelli con le insegne dei sindacati. Secondo i pensionati ci sarebbero stati spintoni e minacce. Sarebbero volati anche qualche paio di occhiali e hanno aggiunto "hanno identificato tutti i presenti e anche alcuni dirigenti sindacali"»;
a confermare l'accaduto il giorno prima l'ANSA alle ore 11:34 riportava che «le forze dell'ordine hanno disperso alcuni capannelli che a gruppi si stavano avvicinando a Palazzo Chigi»;
a commento di ciò lo stesso segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni ha affermato a diverse agenzie stampa (ANSA, APCOM, ADNKRONOS, 9COLONNE) di
essere «dispiaciuto e preoccupato per il comportamento delle forze dell'ordine. Protesto fortemente per un comportamento inqualificabile verso i pensionati e persone anziane che non facevano altro che protestare». Bonanni ha poi aggiunto che «si tratta di un atto gravissimo per il quale protesteremo formalmente con il Ministro dell'interno Giuliano Amato. Vogliamo ragione - ha concluso - di un comportamento inqualificabile, di uno zelo eccessivo che viola le libertà più elementari»;
la Stampa del 13 giugno riporta, inoltre, a riprova della gravità degli avvenimenti, che i segretari del Lazio di Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto un incontro con il Questore di Roma per capire i motivi «di una reazione certamente non proporzionata ai reali rischi rappresentati dal passaggio di alcune decine di terribili settantenni armati di palloncini e cappellini colorati»;
sempre secondo la giornalista della Stampa Flavia Amabile, nel pomeriggio il questore Marcello Fulvi avrebbe fatto una telefonata ai tre dirigenti sindacali. Al termine la Questura smentisce atti di forza, ammette che si sono verificati «alcuni episodi di lieve entità, dovuti all'eccesso di zelo»;
è successo in altre occasioni che alcuni esponenti delle forze dell'ordine nei pressi di Palazzo Chigi abbiano usato la forza verso manifestanti inermi e senza che ve ne fosse motivo -:
se non ritenga l'intervento delle forze dell'ordine sproporzionato e ingiustificabile di fronte ad una manifestazione di pensionati;
se sia a conoscenza di chi ha impartito l'ordine di allontanare i manifestanti adottando tali comportamenti.
(4-04046)
Risposta. - Nella mattinata del 12 giugno si è diffusa la notizia di presunti scontri e cariche delle Forze di polizia che si sarebbero verificati a Roma in occasione della manifestazione indetta dalle organizzazioni sindacali dei pensionati.
La manifestazione si è svolta in piazza SS. Apostoli dalle 9,30 alle 10,30 e in quella sede non si è verificata alcuna situazione di tensione.
Attorno alle 11,00 una parte dei manifestanti, pur sapendo che la manifestazione non prevedeva alcun corteo, si è diretta verso Palazzo Chigi dove erano presenti le Forze di polizia che li hanno invitati ad allontanarsi.
A questo proposito, bisogna ricordare che una decisione assunta il 5 ottobre 2006 dal Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica di Roma non consente lo svolgimento di manifestazioni in prossimità di Palazzo Chigi.
Nell'occasione non è stata esercitata alcuna coercizione e le forme di comunicazione sono state corrette.
La parte di manifestanti che con bandiere, vessilli e striscioni si è fermata accanto alla Galleria Alberto Sordi è rimasta lì sotto il controllo delle forze di polizia per circa cinquanta minuti e cioè fino alle ore 11,50 circa.
Poiché dal presidio non vi era alcuna comunicazione, gli operatori di polizia, in presenza del responsabile del servizio d'ordine pubblico, secondo modalità ordinarie, hanno identificato cinque persone, tra cui il Segretario generale nazionale della CISL ed il segretario della CISL di Roma.
È bene precisare che nel pomeriggio dello stesso 12 giugno, il questore di Roma ha preso diretto contatto con i Segretari generali delle Organizzazioni sindacali di Roma e del Lazio, per un colloquio chiarificatore.
Nell'impossibilità di un incontro diretto, dovuto a pregressi impegni dei dirigenti sindacali, il questore ha avuto con loro una lunga e cordiale telefonata, durante la quale è stato escluso qualunque episodio di asprezza tra le forze di polizia e i manifestanti e sono stati chiariti tutti gli aspetti della vicenda.
I sindacalisti, invece, hanno lamentato che vi è stata un'eccessiva lentezza nel deflusso dei pensionati al termine della manifestazione, da piazza SS. Apostoli, inconveniente
poi risolto dal funzionario preposto al servizio di ordine pubblico, intervenuto per evitare che un deflusso disordinato potesse creare pericoli alle persone o intralcio al traffico.
È stato anche lamentato che qualche agente avrebbe chiesto ad alcuni manifestanti di togliersi il berretto con la sigla del sindacato perché causa di un possibile travisamento.
Non è stato possibile accertare se ciò sia realmente accaduto, ma il questore di Roma non ha esitato a riconoscere che la richiesta, se effettuata, sarebbe stata erronea.
In merito alla rituale identificazione di alcuni sindacalisti in piazza Colonna, il questore ha chiarito che il personale si è attenuto alle procedure ordinarie in caso di manifestazione non preannunziate.
Da ultimo, per ricostruire nel migliore dei modi quello che è avvenuto il 12 giugno è bene riportare integralmente il comunicato stampa ufficiale fatto diramare dal questore Marcello Fulvi alla fine dei suoi colloqui con i sindacalisti: «Nel pomeriggio odierno il questore di Roma ha intrattenuto un colloquio connotato dalla massima cordialità reciproca con i segretari regionali di CGIL, CISL e UIL-pensionati del Lazio. Nella circostanza è stato congiuntamente escluso che nel corso o al margine della manifestazione si siano verificati incidenti o forme di violenza o, comunque, di coazione fisica. Nel corso della conversazione sono stati chiariti alcuni episodi di lieve entità, dovuti a eccesso di zelo, che non inficiano il rapporto di correttezza sempre intercorso tra le organizzazioni sindacali e la questura di Roma».
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
MENIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. - Per sapere - premesso che:
nella Gazzetta Ufficiale, IV Serie speciale, n. 19, del 6 marzo 2007, è stato pubblicato il bando di concorso, per esami, per l'ammissione di 390 borsisti al III corso-concorso selettivo di formazione per il conseguimento dell'abilitazione richiesta ai fini dell'iscrizione di 300 segretari comunali nella fascia iniziale dell'Albo dei segretari comunali e provinciali;
il predetto bando prevede la riserva di dieci posti ai candidati che parlino fluentemente la lingua slovena, destinati alla sezione regionale Friuli-Venezia Giulia, e a tal fine, prevede, all'articolo 8, punto 6, un colloquio aggiuntivo in lingua slovena destinato a comprovarne la conoscenza;
tale disposizione appare discriminatoria in danno di quei candidati al corso-concorso che provengano da Trieste o dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, ma che non conoscono la lingua slovena, posto che la riserva di posti diminuisce, per questi candidati, le possibilità di rimanere nel territorio della propria regione se dovessero superare l'esame -:
se il Ministro sia informato di quanto esposto in premessa e quali provvedimenti intenda assumere al riguardo.
(4-02957)
Risposta. - In riferimento all'atto parlamentare di sindacato ispettivo in esame, e sulla base degli elementi qui pervenuti dall'Agenzia autonoma per la gestione dell'Albo dei Segretari comunali e provinciali, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 1 del bando relativo al Concorso pubblico, per esami, per l'ammissione di 390 borsisti al IIIo corso-concorso selettivo di formazione per il conseguimento dell'abilitazione richiesta ai fini dell'iscrizione di trecento segretari comunali nella fascia iniziale dell' Albo dei Segretari Comunali e Provinciali, prevede una riserva di dieci posti a favore dei candidati che parlino fluentemente la lingua slovena, destinati alla Sezione Regionale Friuli Venezia Giulia.
Il successivo articolo 8, comma 6, dispone, inoltre, che «i candidati che abbiano fatto richiesta di concorrere per la quota di riserva destinata al Friuli Venezia Giulia
dovranno sostenere un ulteriore colloquio aggiuntivo in lingua slovena destinato a comprovarne la conoscenza...».
Tale comma è stato introdotto appositamente al fine di colmare la carenza, nell'ambito della Regione Friuli Venezia Giulia, di segretari comunali in grado di comprendere e parlare la lingua slovena, e quindi di rispondere pienamente allo spirito della legge 38/2001, contenente norme a tutela della minoranza linguistica slovena di tale Regione.
In particolare, l'articolo 8 di tale legge, rubricato «uso della lingua slovena nella Pubblica Amministrazione», prevede, al comma 1, che: «fermo restando il carattere ufficiale della lingua italiana, alla minoranza slovena presente nel territorio di cui all'articolo 1 è riconosciuto il diritto all'uso della lingua slovena nei rapporti con le autorità amministrative e giudiziarie locali...», disponendo, al comma 3, che «nei comuni di cui all'articolo 4 gli atti e i provvedimenti di qualunque natura destinati ad uso pubblico e redatti su moduli predisposti, compresi i documenti di carattere personale quali la carta di identità e i certificati anagrafici, sono rilasciati, a richiesta dei cittadini interessati, sia in lingua italiana e slovena sia nella sola lingua italiana. L'uso della lingua slovena è previsto anche con riferimento agli avvisi e alle pubblicazioni ufficiali».
Infine, al comma 4, la medesima disposizione prevede che «al fine di rendere effettivi ed attuabili i diritti di cui ai commi 1, 2 e 3 le amministrazioni interessate, compresa l'amministrazione dello Stato, adottano, nei territori compresi nella tabella di cui all'articolo 4, le necessarie misure, adeguando i propri uffici, nel rispetto delle vigenti procedure di programmazione delle assunzioni di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili ai sensi del presente articolo».
Alla luce di tale ricostruzione normativa e fattuale può comprendersi, e conseguentemente ritenere legittima, la previsione introdotta dall'Agenzia Autonoma per la Gestione dell'Albo dei Segretari Comunali e Provinciali nel succitato bando di concorso quale misura volta a tutelare, nel rispetto della normativa richiamata, la minoranza linguistica slovena presente nella Regione Friuli Venezia Giulia. La conoscenza della lingua italiana e della lingua slovena è richiesta, pertanto, come requisito attitudinale e non come indice di appartenenza a gruppi linguistici a favore dei quali si intendono creare privilegi.
Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali: Linda Lanzillotta.
MIGLIORI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
si apprende dall'agenzia di stampa ufficiale IRNA e dal Giornale governativo Aftab-Yazd che il regime della dittatura religiosa iraniana dei mullah, guidato da Ahmadinejad, nell'ultima settimana ha dato vita a sei impiccagioni e una condanna a morte, di cui tre impiccagioni eseguite in pubblico;
l'aumento drammatico del numero delle esecuzioni dall'arrivo di Ahmadinejad è il risultato del silenzio della Comunità Internazionale e della sua inerzia di fronte alle atrocità perpetrate dalla dittatura religiosa al potere in Iran -:
se non si ritenga opportuno esprimere una energica condanna nei confronti della dittatura iraniana ed attivarsi affinché la stessa Assemblea dell'ONU adotti una risoluzione di condanna in merito.
(4-00397)
Risposta. - La questione dei diritti umani in Iran è oggetto di costante attenzione da parte dell'Italia e della Comunità internazionale.
Il 19 dicembre 2006 l'Assemblea generale delle Nazioni unite ha adottato una Risoluzione, presentata dal Canada e co-sponsorizzata dall'Italia e dai partner europei, sulla situazione dei diritti umani in Iran. Nel testo viene espressa, tra l'altro, profonda preoccupazione per il perpetrarsi delle esecuzioni capitali nel Paese - applicate
peraltro senza rispettare le garanzie processuali previste dalle norme internazionali in materia - e delle condanne alla lapidazione.
In particolare, la Risoluzione pone l'accento sul fenomeno delle esecuzioni di persone minorenni al momento del reato, segnalando come tale pratica risulti in violazione della Convenzione sui Diritti del fanciullo (articolo 37) e del Patto sui diritti civili e politici (articolo 6), strumenti giuridici di cui Teheran è parte, ed in contrasto con l'annuncio da parte dello stesso Governo iraniano di una moratoria delle esecuzioni dei minorenni.
A livello operativo, la Risoluzione invita l'Iran ad abolire de jure e de facto la pena di morte, in particolare ponendo termine alle esecuzioni di minori e alle condanne alla lapidazione.
All'impegno attivo nei fora multilaterali, il Governo italiano ha affiancato una costante azione, assieme ai partner europei, affinche l'Unione europea intervenisse presso le Autorità iraniane sia in occasione di singoli casi di condanne alla pena capitale, sia per ribadire la posizione dell'Unione in materia di pena di morte.
Nel febbraio 2007, con una Dichiarazione a nome dell'Unione europea la Presidenza di turno ha manifestato alle Autorità iraniane rammarico per la condanna a morte di quattro arabi ahwazi, accusati di presunta partecipazione ad attività terroristiche.
Nella Dichiarazione, l'Unione europea denuncia inoltre il mancato rispetto del diritto ad un processo equo pubblico, invitando pertanto Teheran ad assicurare piena apertura e trasparenza in tutti i procedimenti giudiziari.
Per quanto riguarda l'esecuzione nel Paese di condanne a morte nei confronti di minorenni, l'Unione europea ha sollevato la questione presso le Autorità iraniane sia con un passo ufficiale - il primo maggio 2007 - sia con una Dichiarazione da parte della Presidenza tedesca il 25 maggio 2007.
In entrambe le occasioni è stato rimarcato come le continue esecuzioni nei confronti di minori violino gli strumenti internazionali sottoscritti dall'Iran in materia e risultino in aperto contrasto con la moratoria annunciata dalle autorità iraniane nel 2005.
Nella Dichiarazione, l'Unione europea ha richiamato inoltre Teheran ad assicurare l'effettività della moratoria sulle condanne ad amputazioni, annunciata nel marzo 2003 e disattesa più volte nel corso del tempo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.
MINASSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che -:
nelle scorse settimane il Consiglio comunale della Spezia è stato interessato da diverse pratiche all'ordine del giorno, tra cui la nuova convenzione fra il Comune e l'Enel relativa al risarcimento dei danni all'ambiente e alla salute prodotti negli anni dalla centrale di Vallegrande;
nel corso di questo confronto, l'opposizione ha presentato su alcune delibere svariate centinaia di emendamenti ed ha manifestato l'intenzione di presentarne altre migliaia sulla pratica suddetta, il cui esame sarebbe stato previsto dopo il 23 ottobre 2006;
nel corso della seduta del 13 ottobre 2006, a seguito di specifica richiesta formulata nella riunione precedente da parte di un consigliere comunale di maggioranza, è stato prodotto all'attenzione dell'assemblea da parte della Presidenza del Consiglio comunale un doppio parere scritto, firmato dal direttore generale del Comune e dal Segretario comunale, sull'ammissibilità di 850 emendamenti presentati da diversi consiglieri di opposizione sulla pratica in quel momento in discussione;
nel primo parere, quello del Direttore Generale, dottor Pier Luigi Fusoni, si faceva genericamente rilevare che le proposte di modifica - in blocco e non singolarmente - «si sostanziano nella sola sostituzione di singole parole del testo o
con parole di significato equivalente e pertanto sono prive di qualsiasi portata modificativa»;
nel secondo, reso dal Segretario Generale, dottor Nicola Ianigro, veniva invece ricordato il divieto contemplato dall'articolo 1, comma 2, della legge 241 del 1990 secondo cui «la pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento amministrativo se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell'istruttoria»;
utilizzando come base d'appoggio tali pareri, la Presidenza del Consiglio Comunale decideva di cassare in blocco tutti gli 850 emendamenti presentati dai consiglieri di opposizione e, di fronte alle reiterate proteste di questi ultimi, non riteneva nemmeno di sospendere la seduta per ascoltare su tale punto il parere della locale Prefettura, come esplicitamente richiesto nel corso del dibattito dai firmatari delle proposte di modifica contestate;
dinnanzi ad un simile comportamento, chiaramente lesivo dei loro diritti di espressione democratica, i capigruppo dei tre gruppi di minoranza presenti nel Consiglio comunale inoltravano un'istanza scritta con richiesta di parere urgente al Prefetto della Spezia sulla legittimità del comportamento tenuto dalla Presidenza;
nella mezz'ora successiva, veniva recapitata a mano al Presidente del Consiglio comunale e al Sindaco da parte di un consigliere di opposizione (non essendo stato possibile per la Prefettura inoltrare la stessa via fax, essendo tutti i fax del Comune staccati o spenti) una nota a firma del Vice Prefetto vicario della Spezia, dottor Annunziata Gallo, in cui, relativamente alla questione oggetto della richiesta dell'opposizione, veniva ricordato non solo che «tale legge (l'articolo 1, comma 2 della legge 241 del 1990 citato dal Segretario comunale) non può trovare alcuna applicazione alle sedute del Consiglio comunale, che sono disciplinate, come è noto, dal Testo Unico del 2000 e dal Regolamento del consiglio» ma anche che «tali testi non attribuiscono al Segretario Generale e al Direttore Generale il potere di pronunciarsi preventivamente sulla ammissibilità degli emendamenti, decidendo se abbiano carattere modificativo o meno», ricordando che «tale potere è invece riservato al Consiglio comunale, come si evince dagli articoli 55-56-57 del Regolamento»;
il Presidente del Consiglio, contestando la legittimità delle modalità di inoltro, non riteneva di prendere in esame tale parere e procedeva senza indugi a sottoporre a votazione la delibera all'ordine del giorno, dopo aver eliminato tutti gli emendamenti presentati dalla minoranza e negando ripetutamente (come risulta dal verbale della seduta) la parola a più consiglieri che la chiedevano sull'ordine dei lavori (che il Regolamento consiliare prevede invece debba essere concessa in qualsiasi momento, qualora ne venga fatta esplicita richiesta da un componente del Consiglio);
considerato particolarmente grave e lesivo dei diritti di espressione delle minoranze tutelate dalle leggi dello Stato, dallo statuto del Comune e dalle consuetudini in vigore in tutte le assemblee elettive il comportamento tenuto in questa occasione dal Presidente del Consiglio comunale, supportato dal Segretario comunale e dal Direttore generale;
ritenuta del tutto illegittima e particolarmente immotivata la bocciatura in blocco di tutti gli emendamenti presentati dall'opposizione sulla base di un parere generico reso da organi tecnici che, stante quanto evidenziato dalla Prefettura, non solo non avevano titolo a intervenire sulla ammissibilità preventiva degli stessi, ma che non hanno ritenuto opportuno nemmeno presentare una valutazione circostanziata per ogni singola proposta di modifica;
ritenuto che il Consiglio comunale della Spezia, secondo comune della Liguria per numero di abitanti, sia un'istituzione in cui, al pari di qualsiasi altra assemblea elettiva democratica, deve essere sempre garantito il rispetto delle leggi
e dei regolamenti, assicurando fino in fondo le prerogative politiche e gli spazi di agibilità democratica di tutte le componenti in esso rappresentate -:
se non ritenga, a fronte dei palesi comportamenti in violazione di legge, in capo al Presidente del Consiglio, al Direttore generale e al Segretario generale, che ricorrano le condizioni per promuovere le procedure di scioglimento del Consiglio comunale.
(4-02399)
Risposta. - Sui fatti esposti dall'interrogante la Prefettura della Spezia ha svolto approfonditi accertamenti dai quali risulta che all'ordine del giorno della seduta del Consiglio comunale del capoluogo, fissato per il 12 ottobre scorso, era previsto, in particolare, l'esame della deliberazione relativa alla ricognizione dello stato di attuazione dei programmi e alla permanenza degli equilibri di bilancio - ai sensi dell'articolo 193 del testo unico n. 267 del 2000 -, nonché la modifica della convenzione stipulata a suo tempo tra il Comune e l'ENEL per il risarcimento dei danni ambientali provocati dalla centrale di Vallegrande.
Nel corso delle precedenti sedute, i consiglieri di minoranza avevano presentato un numero rilevantissimo di emendamenti in merito alle proposte di deliberazione sopra indicate, 850 dei quali riguardavano la deliberazione sugli equilibri di bilancio.
In particolare, l'atteggiamento della minoranza si era irrigidito a causa della netta contrapposizione con la maggioranza in merito alla questione del risarcimento dei danni ambientali da parte dell'ENEL.
Sulla questione, in apertura della seduta del 12 ottobre, la Presidenza del consiglio comunale presentava all'Assemblea un parere a firma del Direttore generale e del Segretario generale, relativo agli emendamenti delle due deliberazioni.
Nella prima parte del parere, si rilevava che le proposte di modifica alla deliberazione «si sostanziano nella sola sostituzione di singole parole del testo o con parole di significato equivalente e, pertanto, sono prive di qualsiasi portata modificativa».
Nella seconda parte del parere, si richiamava il disposto di cui all'articolo 1, comma 3, della legge n. 241 del 1990, secondo cui la «pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento amministrativo se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell'istruttoria».
Sulla base di tale orientamento il Presidente del consiglio comunale dichiarava inammissibili tutte le proposte di modifica avanzate dall'opposizione, senza procedere all'esame e alla votazione dei singoli emendamenti.
In relazione a quanto sopra, i capigruppo di minoranza, con esposto inviato alla Prefettura della Spezia chiedevano un urgente intervento del Prefetto, ritenendo l'operato del Presidente del Consiglio «palesemente illegittimo e gravemente lesivo dei diritti di espressione democratica».
Con nota indirizzata al Sindaco ed al Presidente del Consiglio comunale, la Prefettura della Spezia, nel precisare che la legge n. 241 del 1990 non può trovare applicazione alle sedute del Consiglio comunale - disciplinate, com'è noto, dal testo unico n. 267 del 2000 e dal Regolamento del Consiglio comunale - rilevava che tali norme non attribuiscono al Segretario comunale e al Direttore generale il potere di pronunciarsi preventivamente sull'ammissibilità degli emendamenti, essendo tale potere riservato al Consiglio comunale, come si evince dagli articoli 55, 56 e 57 di tale Regolamento.
La nota veniva inviata immediatamente al Comune di La Spezia e, contestualmente, veniva consegnata ai Consiglieri di minoranza, in attesa di risposta immediata all'esposto presentato, stante l'inutilità di una pronuncia intervenuta dopo la conclusione della seduta consiliare.
A seguito del parere espresso dalla Prefettura, il Presidente del Consiglio comunale rimetteva la decisione circa l'ammissibilità degli emendamenti all'assemblea, che li respingeva in blocco, con un'unica votazione, senza esaminarli e votarli singolarmente.
La seduta si concludeva con l'approvazione della deliberazione relativa alla permanenza degli equilibri di bilancio.
Si fa presente, inoltre, che il Sindaco ed il Presidente dei Consiglio comunale della Spezia, invitati dal Prefetto per fornire chiarimenti in merito alla vicenda sopra descritta, per evitare anche il ripetersi in futuro di situazioni analoghe, hanno motivato la procedura irrituale seguita per l'esame degli emendamenti dell'opposizione con la necessità di approvare con urgenza la delibera relativa alla permanenza degli equilibri di bilancio, al fine di non incorrere nello scioglimento del Consiglio, essendo già scaduti in data 30 settembre 2006 i termini per l'adozione di tale delibera.
Si precisa infine che, quanto richiamato dall'interrogante concretizza un singolo episodio di illegittimità, come tale non rapportabile alla fattispecie normativa di cui all'articolo 141 del testo unico n. 267 del 2000.
Quest'ultima disposizione prevede, infatti, lo scioglimento degli organi collegiali degli enti locali ancorandolo a specifici presupposti, individuati nel compimento di atti contrari alla costituzione o in gravi e persistenti violazioni di legge ovvero per gravi motivi di ordine pubblico.
In considerazione del fatto che l'ipotesi in esame non può essere considerata come atto contrario alla Costituzione ovvero connesso a gravi motivi di ordine pubblico, va altresì esclusa una responsabilità per gravi e persistenti violazioni di legge, in considerazione dell'assenza, nel caso di specie, dei caratteri richiesti dalla norma ai fini dello scioglimento dell'organo collegiale.
D'altra parte, va ricordato che la giurisprudenza consolidata considera grave la violazione che dia luogo ad un comportamento deviante e scorretto pregiudizievole per la funzionalità dell'ente amministrato, che si rifletta direttamente sulle posizioni giuridiche dei cittadini e/o attenti alla funzionalità complessiva del sistema dei pubblici poteri per interferire nella sfera di altri soggetti pubblici. (cfr. Tar Emilia Romagna, Bologna, Sez. 1, 25 ottobre 2004, n. 3687; Consiglio di Stato, Sez. V, 10 febbraio 2000, n. 736).
Viene, altresì, considerato persistente il reiterato e pervicace comportamento contrastante con un preciso obbligo di legge, che manifesta inequivocabilmente la volontà di disattendere, nonostante le rituali diffide, una prescrizione normativa di valore cogente posta a garanzia delle regole fondamentali che presiedono al corretto svolgimento delle funzioni dell'ente. La persistenza è caratterizzata, quindi, da episodi legati da un intento apertamente conflittuale con le altre istituzioni interessate; conflitto che, anche in ragione della sua durata, non può non incidere negativamente sulla funzionalità stessa dell'amministrazione.
Nel caso di specie, l'amministrazione comunale ha ottemperato alle indicazioni del Prefetto rimettendo, come detto, la decisione sull'ammissibilità degli emendamenti al voto del Consiglio, che li ha respinti in blocco.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi la stampa regionale calabrese ha diffuso la notizia di una lettera, indirizzata al Ministro di giustizia, sottoscritta dal Procuratore della Repubblica facente funzioni, Franco Scuderi, e dal Procuratore aggiunto e coordinatore della distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, Salvatore Boemi, nella quale viene evidenziata la carenza strutturale degli organici rispetto all'allarmante situazione in cui versa l'ordine pubblico di quel Distretto giudiziario;
nella stessa lettera i Procuratori citati affermano che «Le strutture giudiziarie reggine», e in particolare la Procura della Repubblica di Reggio Calabria, si apprestano, anzi sono già impegnate, a fronteggiare una nuova fase dell'azione del crimine organizzato;
di fatto, ancora negli ultimi mesi, le Forze dell'Ordine hanno scoperto, nel territorio reggino, delle vere e proprie «santabarbare»,
con armi da guerra, materiale esplosivo e munizioni di diverso calibro, che certamente fanno comprendere quale sia ormai la «potenza di fuoco» raggiunta dai clan della 'ndrangheta, in particolare, nel territorio della Piana di Gioia Tauro;
lo stesso Procuratore Nazionale Antimafia, Piero Grasso, nella giornata di ieri ha testualmente dichiarato: «L'allarme lanciato nei giorni scorsi dai magistrati della DDA di Reggio Calabria, nella lettera inviata al Ministro della Giustizia, sul pericolo di una possibile ripresa dello scontro tra le cosche della 'ndrangheta mi è sembrato giusto ed opportuno»;
il pericolo paventato dai Procuratori della DDA reggina è stato supportato anche da una dichiarazione del Prefetto di Reggio Calabria, Luigi de Sena;
proprio ieri sera è stato ucciso, nella Città di Reggio Calabria il pregiudicato Salvatore Tuscano, presunto affiliato alla cosca Libri-Zindato, a conferma dell'allarme lanciato dalla Procura Antimafia di quella Città;
l'interrogante ritiene indispensabile che venga fornita un'adeguata struttura per fronteggiare la ormai palese offensiva della 'ndrangheta -:
se non ritenga necessario ed urgente supportare l'organico della DDA di Reggio Calabria con la nomina di un ulteriore Procuratore Aggiunto e comunque con interventi che riterrà più utili a supportare il pesante lavoro giudiziario di quel Distretto.
(4-03587)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, comunico che il 16 maggio scorso ho richiesto il parere al Consiglio superiore della magistratura in merito all'istituzione di un ulteriore posto di Procuratore aggiunto nella pianta organica della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria.
Con decreto interministeriale 23 marzo 2007, pubblicato sul Bollettino Ufficiale n. 9/2007, si è inoltre provveduto ad adeguare l'organico delle sezioni di polizia giudiziaria, portando il numero complessivo del personale assegnato alla Procura della Repubblica di Reggio Calabria da 80 a 84 unità.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
OSVALDO NAPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'ultimo contratto sottoscritto dai Segretari Comunali e Provinciali, per il quadriennio giuridico 1998/2001 e per i bienni economici 1998/1999 e 2000/2001, risale al 16 maggio 2001, risale al 16 maggio 2001;
il suddetto contratto prevedeva per i Segretari Comunali e Provinciali l'allineamento retributivo alla dirigenza degli enti locali;
nel mentre la dirigenza degli enti locali ha stipulato il contratto per il quadriennio giuridico 2002/2005 e i bienni economici 2002/2003 e 2004/2005;
gli incontri fin qui avuti con l'ARAN non hanno consentito un avanzamento della trattativa con le organizzazioni sindacali rappresentative della categoria, perché il Governo non vuole confermare l'allineamento alla retribuzione dei dirigenti degli enti locali;
tutta la categoria dei Segretari Comunali e Provinciali vive con disagio la mancata sottoscrizione del contratto tanto da essere costretta a rendere pubblico il proprio disappunto con manifestazioni di piazza;
la categoria è tuttora in stato di agitazione e minaccia ulteriori iniziative di lotta che potrebbero compromettere il corretto funzionamento degli enti locali, per i quali questa; importante figura professionale
costituisce indispensabile punto di riferimento soprattutto per i piccoli comuni -:
a cosa sia dovuto, caso unico nella pubblica amministrazione, il ritardo di oltre 60 mesi nella sottoscrizione del contratto dei Segretari Comunali e Provinciali tenuto conto che non si rendono necessarie ulteriori risorse economiche;
quali iniziative siano in corso per riprendere la trattativa Aran-organizzazioni sindacali e quali provvedimenti si rendono necessari per mantenere lineamento delle retribuzioni dei Segretari Comunali e Provinciali a quella dei dirigenti degli Enti Locali.
(4-03941)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, concernente la stipula del contratto collettivo nazionale di lavoro dei segretari comunali e provinciali, si rappresenta che, nell'ambito del ciclo negoziale relativo alla tornata contrattuale 2002-2005, ormai conclusosi sia per le aree della dirigenza sia per i comparti relativi ai dipendenti non dirigenti delle amministrazioni pubbliche, non si sono realizzate le condizioni per la sottoscrizione del contratto dei segretari comunali e provinciali.
In particolare, atteso che le leggi finanziarie degli anni 2001 e seguenti hanno autorizzato un incremento delle retribuzioni pari a 5,66 per cento per il biennio 2002-2003 ed al 5,01 per cento per il secondo biennio 2004-2005, le richieste di riallineamento avanzate in ordine alla retribuzione dei segretari comunali e provinciali non hanno potuto trovare adeguata copertura finanziaria, in quanto le istanze di parte sindacale sono risultate eccedenti rispetto ai limiti di incremento delle retribuzioni pubbliche definiti dalle leggi finanziarie nel periodo contrattuale di riferimento.
Ad ogni modo, al fine di superare le suddette difficoltà economico-finanziarie e di addivenire, quindi, alla più rapida conclusione di un accordo, il Dipartimento della funzione pubblica ha ritenuto opportuno avviare una serie di incontri con l'ARAN e con le parti sindacali per l'individuazione di idonee soluzioni tecniche.
Il Governo è, infatti, consapevole della necessità di superare in tempi brevi tale situazione di criticità suscettibile di incidere sul corretto funzionamento degli enti locali - dei quali, infatti, i segretari comunali e provinciali costituiscono una imprescindibile figura professionale - ed intende, pertanto, operare al fine di un tempestivo rinnovo del contratto in esame, anche valutando, previa individuazione delle necessarie risorse finanziarie, la possibilità di procedere ad un allineamento delle retribuzioni con quelle dei dirigenti degli enti locali.
Il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione: Luigi Nicolais.
NUCARA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel Comune di Bari, in seguito al provvedimento di conversione delle ex frazioni relative alle circoscrizioni I (S. Spirito-Palese), IV (Carbonara-Ceglie-Loseto) e V (Torre a Mare) in quartieri del comune stesso, esistono ben 370 aree di circolazione multiple, cioè aree di circolazione dello stesso tipo e con stessa identica denominazione, per cui, ad esempio, il Corso Vittorio Emanuele II si ripete sia nel centro della città di Bari che nei quartieri denominati Carbonara e Palese;
da tale provvedimento risalente al 26 gennaio 1970, delibera n. 489/70 del Consiglio comunale di Bari sono trascorsi oltre 36 anni;
una tale situazione è in contrasto con le disposizioni di legge in materia di adempimenti ecografici da parte delle amministrazioni comunali, come disciplinato dal regolamento anagrafico decreto del Presidente della Repubblica 223/89 ai commi 1 e 5 dell'articolo 41;
la presenza di queste aree identificate con il medesimo nome è causa di molteplici
e gravissimi disservizi sia nella circolazione sia nel recapito della corrispondenza agli abitanti di queste zone, compromettendo, tra l'altro, anche la tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico nel territorio del comune di Bari;
sono state inviate da parte della cittadinanza barese diverse sollecitazioni e presentate molte istanze al comune, alle quali non sono state date risposte adeguate al fine di risolvere i problemi causati da questa singolare situazione -:
se non ritenga opportuno, verificata la sussistenza di questi casi di toponimia, adottare quei provvedimenti che riterrà opportuni al fine di risolvere questo annoso problema, consentendo così un regolare svolgimento della vita quotidiana della cittadinanza e una più proficua salvaguardia dell'ordine pubblico.
(4-01826)
Risposta. - La problematica evidenziata dall'interrogante relativa all'esistenza nello stradario del comune di Bari di più strade con lo stesso toponimo e ubicate nelle diverse circoscrizioni amministrative costituenti quel territorio comunale, è stata più volte esaminata dall'Amministrazione comunale interessata.
L'attuale stradario ufficiale è il risultato dell'inglobamento degli stradari delle ex frazioni amministrative e, nelle linee programmatiche dell'attuale Amministrazione, è preminente la volontà di mantenere inalterata la dimensione storica territoriale ed anagrafica dei residenti, anche nel rispetto delle disposizioni che regolamentano la toponomastica.
Nel caso in esame risulta - da quanto riferito dalla prefettura UTG di Bari - che in data 23 settembre 2005 si è tenuta presso la sede dell'Ufficio toponomastica del comune di Bari una conferenza di servizi per discutere la cennata questione, alla quale hanno partecipato il dirigente dell'Area enti locali della Prefettura, funzionari della Sovrintendenza per i beni ambientali ed architettonici e della Società di storia patria, i Presidenti delle circoscrizioni ed il Direttore della ripartizione servizi demografici del comune.
Nel corso dell'incontro è stato evidenziato che un eventuale avvio di procedure tese alle variazioni di toponomastica avrebbe comportato per gli Enti stessi grande dispendio di tempo ed energie oltre a notevoli disagi per i singoli cittadini dovendo gli stessi apportare variazioni sui documenti personali.
Si è ritenuto, quindi, opportuno mantenere inalterata la dimensione storica della toponomastica cittadina, conservando il passato storico delle ex frazioni.
Per tali motivi, l'Assessorato competente ha deciso di non avviare una operazione totale di sostituzione dei toponimi ripetuti, ma di attribuire un nuovo toponimo alle sole aree di circolazione, quali traverse, parallele, vichi, a cui finora era stata assegnata una denominazione provvisoria.
Al momento, pertanto, pur permanendo talune difficoltà in ordine alla singolare situazione della toponomastica del comune di Bari, la volontà manifestata dai competenti organi locali a trovare idonee soluzioni ha di fatto evitato l'insorgere di problemi nella collettività locale che potessero generare criticità sotto il profilo dell'ordine pubblico.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Francesco Bonato.
PELLEGRINO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il consiglio comunale di Pozzuoli (Napoli) è stato sciolto con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno in data 23 dicembre 2005, con la registrazione alla Corte dei Conti in data 3 gennaio 2006;
tale decreto prevede un periodo di commissariamento di 18 mesi che scade il 23 giugno 2007, infatti da diversi mesi i responsabili delle forze politiche organizzate sul territorio e la società civile segnalano con forza l'urgenza di dare nuovamente la parola ai cittadini chiamati ad esprimersi democraticamente sul futuro amministrativo della propria città;
codesta aspettativa appare legittima considerando la delicatezza del momento e le importanti determinazioni politico-amministrative che l'amministrazione comunale di Pozzuoli dovrà prendere nel prossimo futuro circa lo sviluppo del suo territorio;
auspicabilmente è necessario il ripristino e l'operare del fisiologico circuito decisione-responsabilità che solo elezioni democratiche possono assicurare;
un decreto legge del 2005, n. 8, recante disposizioni urgenti per lo svolgimento delle elezioni amministrative 2005, convertito dalla legge n. 40 del 2005, prevedendo, per i comuni sciolti ai sensi dell'articolo 143 del T.U.E.L. (Testo unico enti locali) la possibilità di essere inseriti nel turno elettorale fissato, per l'appunto per il 2005, qualora il periodo di durata della gestione commissariale si fosse concluso entro il giorno antecedente a quello fissato per la votazione;
il termine del commissariamento del comune di Pozzuoli (Napoli) non risulta trascorso entro i 45 giorni antecedenti alla prima domenica utile per votare (e, inoltre, non è prorogato) non è possibile l'accorpamento alla tornata elettorale -:
se il Governo non ritenga opportuno conoscere le modalità ed i tempi tecnici per sanare tale situazione facendo in modo di consentire loro la partecipazione al voto amministrativo del 2007;
se possa accertare quali sono le possibilità ammesse dalla legge per uno svolgimento regolare e democratico della tornata elettorale;
se intenda verificare l'eventuale disagio, dettato da questa situazione al limite del paradosso, nel quale la popolazione del Comune di Pozzuoli (Napoli) continua a vivere non sentendosi, probabilmente, rappresentata da quei soggetti politici da loro individuati e scelti.
(4-01549)
Risposta. - Il decreto-legge 1o febbraio 2005 n. 8, recante «Disposizioni urgenti per lo svolgimento delle elezioni amministrative del 2005», convertito in legge 24 marzo 2005, n. 40 ha disposto l'anticipazione dei termini del procedimento elettorale, collocando tra il 1o aprile ed il 15 giugno 2005 il periodo di svolgimento delle elezioni provinciali e comunali.
La previsione, tuttavia, rivestiva carattere straordinario in quanto valida esclusivamente per le consultazioni elettorali previste per la primavera del 2005.
Il citato decreto legge è stato necessario per consentire che le ordinarie elezioni amministrative si svolgessero in contemporanea al rinnovo dei Presidenti e degli organi consiliari delle Regioni a statuto ordinario, che per l'anno 2005 erano state fissate il 3 e 4 aprile.
L'articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 8 del 2005 stabiliva che gli enti locali sciolti a causa di fenomeni di infiltrazione e condizionamenti di tipo mafioso (articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267) potessero partecipare all'indicata tornata elettorale qualora il periodo di durata della gestione commissariale si fosse concluso entro il giorno antecedente a quello fissato per la votazione.
Previsione che, si ribadisce, era valida solo per le consultazioni elettorali amministrative del 2005.
Per l'elezione degli organi di governo del Comune di Pozzuoli, dunque, si deve applicare l'ordinaria previsione normativa, contenuta nell'articolo 143 del citato decreto legislativo 267 del 2000 (Testo unico per gli enti locali).
Tale disposizione e la prassi costantemente seguita dal Ministero dell'interno, stabiliscono che le amministrazioni locali, sciolte per ipotesi di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, vanno alle urne nel primo turno elettorale utile.
Normalmente le consultazioni elettorali sono fissate nel periodo che va dal 15 aprile al 15 giugno, pertanto, perché l'ente locale possa partecipare è necessario che la scadenza della gestione commissariale intervenga entro il 45o giorno antecedente la data fissata per le elezioni, che coincide con il termine per l'affissione dei manifesti dei comizi elettorali.
Nel caso in questione, il Consiglio comunale di Pozzuoli è stato sciolto con decreto del Presidente della Repubblica il 23 dicembre 2005, come ricordato anche dall'interrogante. Il provvedimento prevede un periodo di commissariamento di 18 mesi che è scaduto il 23 giugno 2007, dunque posteriore alle consultazioni elettorali effettuate il 27 e 28 maggio 2007. Pertanto, il Comune campano non è stato inserito nell'elenco degli enti locali interessati a tale turno elettorale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Francesco Bonato.
ANTONIO PEPE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la città di Foggia sta vivendo, nell'ultimo periodo, una emergenza criminalità legata all'aumento di reati contro le cose e le persone;
alcune filiali di banca, nell'ultima settimana, sono state rapinate da malviventi armati e si sono registrati anche due stupri ai danni di cittadine polacche perpetrati ad opera di uomini di nazionalità africana;
in particolare desta non poca preoccupazione la presenza in condizioni di degrado assoluto di un altissimo numero di extracomunitari e neocomunitari dell'est Europa che attirati dalla campagna di raccolta dei prodotti agricoli locali soggiornano in numero sproporzionato, rispetto alla capacità di accoglienza del territorio, nella provincia di Foggia;
le forze dell'ordine sono encomiabili per lo sforzo che profondono sul territorio in difesa della legalità, ma a causa di una strutturale carenza di organico e mezzi sono nella condizione di non poter far fronte in modo sufficiente al notevole numero di reati compiuti;
la città di Foggia a causa della situazione di profondo malessere sociale ed economico derivante dal pericolo criminale vede il suo sviluppo rallentato e frenato;
la città capoluogo e l'intera provincia rischiano di scivolare ulteriormente verso una situazione di disagio con il rischio che anche le aree sane lentamente degradino e si marginalizzino -:
che cosa intenda fare per far fronte alla grave situazione sopra descritta e se, in tempi rapidissimi, non intenda dislocare ulteriori uomini e mezzi sul territorio di Capitanata per invertire la rotta del declino sociale e per permettere alla popolazione una situazione di convivenza degna di un paese civile.
(4-00984)
Risposta. - Nella provincia di Foggia si determina, soprattutto nel periodo della raccolta dei prodotti agricoli, un consistente afflusso di lavoratori stranieri stagionali i quali, spesso senza dimora, bivaccano in alcune aree e, in particolare, a Borgo Incoronata, Mezzanone, Segezia, Tessanti, Borgo Libertà, nonché in contrada Cicerone di San Marco in Lanis.
Il forte consumo di alcolici e la menzionata precaria situazione alloggiativa sono certamente all'origine di problemi per l'ordine pubblico, con ripercussioni anche in alcune zone dello stesso capoluogo, quali la stazione ferroviaria e la villa comunale, per le quali è già stata disposta l'intensificazione dei servizi di prevenzione e di controllo del territorio.
Più in generale, occorre evidenziare che le Forze di polizia definiscono e rivedono periodicamente le strategie per l'ottimale impiego degli operatori nei servizi di prevenzione generale sull'intera area e dispongono, anche al fine di dare una più incisiva risposta alla domanda di sicurezza dei cittadini, l'intensificazione dei servizi di controllo con l'impiego sia delle Forze di polizia territoriali, sia anche con l'intervento di Reparti specializzati.
Tale azione di prevenzione e di contrasto, effettuata secondo una strategia volta a privilegiare una più efficace «presenza dinamica» delle Forze dell'ordine su tutto il territorio, ha consentito un incremento del numero delle persone deferite all'Autorità giudiziaria (dai 262 deferimenti del 2005 ai 473 del 2006, di cui rispettivamente 21 e 48
extracomunitari), nonché di quelle arrestate (dai 163 arresti del 2005 ai 274 del 2006, di cui rispettivamente 45 e 41 extracomunitari).
Per quanto in particolare concerne gli episodi delittuosi menzionati nell'atto di sindacato ispettivo parlamentare, si rappresenta che effettivamente, nelle date dell'11 e del 13 settembre 2006, sono state consumate due rapine ai danni di istituti di credito, le cui indagini sono tuttora in corso da parte delle Forze di polizia territoriali.
Viceversa queste ultime hanno, in data 2 settembre 2006, assicurato alla giustizia i quattro cittadini rumeni resisi responsabili della rapina ai danni di cittadini polacchi e della tentata violenza sessuale nei confronti di una di essi.
Le Forze dell'ordine conducono costanti azioni di contrasto anche nei confronti della locale criminalità organizzata e l'arresto di esponenti di spicco ha determinato il positivo effetto di una graduale riduzione del fenomeno degli omicidi, che sono progressivamente scesi dai 30 casi riscontrati nel 2003, ai 12 del 2004, ai 6 verificatisi sia nel 2005, che nel 2006. Gli autori degli omicidi commessi nello scorso anno sono stati tutti individuati e denunciati all'Autorità giudiziaria.
Per quanto attiene il fenomeno delle rapine, anch'esso menzionato nell'atto di sindacato ispettivo parlamentare, le Autorità provinciali di pubblica sicurezza ritengono che l'aumento delle stesse, soprattutto per quanto riguarda alcune zone, compresa quella di San Severo, sia la conseguenza indiretta della forte attività di prevenzione e di contrasto che le Forze di polizia conducono contro altre tipologie delittuose, quali, soprattutto, il traffico delle sostanze stupefacenti.
A conferma di tale orientamento è da rilevare che le rapine consumate in danno di istituti di credito sono state, nella maggioranza dei casi, effettuate presso agenzie con ridotto numero di personale e con l'uso di «taglierini», che sfuggono alla rilevazione dei Metal detector.
Tali episodi, senza dubbio da non sottovalutare, sono tipici di un contesto criminale certamente di non elevato profilo.
Risulta, inoltre, che gli autori di sei delle rapine consumate nei modi suddetti sono stati individuati e tratti in arresto.
Per ottimizzare l'azione di prevenzione di tale fenomeno, è stata definita, in base a precise direttive stabilite in sede di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, una dettagliata pianificazione dei servizi di vigilanza e di controllo del territorio, con la specifica individuazione sia delle fasce orarie, che dei giorni considerati più a rischio.
Sono stati, inoltre, stabiliti contatti diretti tra i responsabili delle pattuglie automontate in servizio di controllo del territorio con i direttori delle agenzie e per queste ultime è stato avviato un monitoraggio sul livello qualitativo dei sistemi di difesa passiva posseduti, al fine del loro progressivo potenziamento con strumenti dissuasivi più moderni o, comunque, idonei a rilevare ogni elemento utile per le indagini.
Sempre in sede di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, è stata promossa, attraverso la partecipazione delle associazioni di categoria, una forte azione di sensibilizzazione affinché gli operatori commerciali dotino i propri esercizi di avanzati sistemi di difesa passiva e di apparati di video sorveglianza, utilizzando, a tal fine, gli incentivi economici appositamente messi a loro disposizione dal comune di Foggia.
Da quanto sopra esposto si rileva che, pur in presenza di una non facile condizione dell'ordine e della sicurezza pubblica, sulla quale incidono negativamente fenomeni di disagio e di degrado sociale connessi alla nota crisi occupazionale, le Forze di polizia svolgono un'azione di prevenzione e di contrasto di ogni aspetto delinquenziale in modo tale da tenere comunque sotto controllo la situazione dell'intera provincia.
Per quanto riguarda gli organici delle Forze dell'ordine presenti nella città di Foggia, si precisa, sulla base dei dati aggiornati al mese di aprile scorso, che la consistenza degli effettivi risulta essere la seguente.
Per la Polizia di Stato, gli appartenenti ai ruoli operativi in forza presso la questura,
compresi i commissariati distaccati in ambito provinciale, sono costituiti da 579 unità, rispetto alla previsione organica di 491. A questi si devono aggiungere 32 operatori dei ruoli tecnici della Polizia di Stato, oltre a 67 dipendenti dell'Amministrazione civile dell'interno che contribuiscono, nell'espletamento di mansioni burocratiche, alla funzionalità delle strutture.
L'Arma dei Carabinieri conta su di una forza effettiva di 868 militari, distribuita nei sette presidii cittadini, rispetto di una previsione organica di 940 unità.
La Guardia di Finanza dispone di 171 militari, ripartita nei tre presidii cittadini, a fronte di una previsione organica di 164.
Si soggiunge che, nell'ambito della pianificazione delle risorse disponibili per il decorso 2006, è stata disposta l'assegnazione alla questura di Foggia di ulteriori 31 unità, tre delle quali per le specifiche esigenze del servizio di «poliziotto di quartiere» presso il Commissariato di pubblica sicurezza di Manfredonia.
In merito alla richiesta dell'interrogante di un ulteriore potenziamento degli organici, pur assicurando che la problematica verrà tenuta nella dovuta considerazione, si deve, tuttavia, evidenziare che detti incrementi potranno essere, di volta in volta, considerati compatibilmente, da un lato, con le esigenze di sicurezza e le priorità di altre aree distribuite su tutto il territorio nazionale e, dall'altro, nell'ambito della pianificazione delle risorse finanziarie disponibili.
Peraltro, va detto che le politiche del Governo in materia di sicurezza pubblica tendono a conseguire un più razionale impiego delle attuali risorse disponibili, obiettivo finalizzato ad ottimizzare il rapporto delle stesse con i risultati conseguiti nell'azione di prevenzione e di contrasto alla criminalità.
In questa direzione si muovono non solo alcuni interventi legislativi volti ad alleggerire il personale di polizia da compiti che non richiedano necessariamente l'esercizio di pubbliche potestà (articoli 17 e 18 del decreto-legge n. 144 del 2005 convertito con legge n. 155 del 2005), ma anche, più recentemente, dal comma 435 della Legge Finanziaria per il 2007, le cui disposizioni sono, tra l'altro, finalizzate ad un più efficace utilizzo delle risorse umane nelle mansioni istituzionali di ordine e di sicurezza pubblica sul territorio.
Ad analoghi fini di buona amministrazione delle attuali disponibilità, si ispirano anche sia provvedimenti assunti localmente dalle Autorità di polizia, come la citata rimodulazione delle strategie operative in sede di Coordinamento tecnico interforze, sia, nel pieno sviluppo di politiche integrate e partecipate di sicurezza, il pieno coinvolgimento, nella comune azione di prevenzione e di repressione dei reati, di tutte le componenti istituzionali nei settori di specifica competenza.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
FERDINANDO BENITO PIGNATARO. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 15 gennaio si è verificato un tragico incidente nello stretto di Messina che ha drammaticamente evidenziato come il livello di sicurezza del tratto Reggio-Messina già di per se debole e insufficiente, abbia raggiunto il collasso;
le corse già prima della collisione erano largamente insufficienti e non garantivano uno standard minimo di affidabilità, dopo il triste episodio hanno subito ulteriori rallentamenti, creando disagi ai pendolari che raggiungono le rispettive sedi di lavoro o studio con notevoli ritardi;
la vicenda della mobilità nello Stretto ha radici lontane e che le cattive programmazioni e gestioni del passato non possono continuare a ripercuotersi negativamente sui cittadini che da molto tempo chiedono servizi più efficienti a compensazione dei costi supportati mensilmente;
diventa sempre più urgente ed inderogabile definire un piano organico di interventi per migliorare la mobilità di persone e merci nell'area dello Stretto di Messina, al fine di promuovere una maggiore
integrazione tra le aree urbane calabresi e siciliane di Reggio Calabria-Villa San Giovanni e Messina;
è opportuno stornare parte dei finanziamenti inizialmente destinati alla realizzazione del ponte per dare concreta attuazione ai progetti che mirino a migliorare sia il livello di sicurezza del trasporto marittimo sia il coefficiente qualitativo dei servizi complessivi;
appare utile l'avvio di un tavolo di concertazione tra Governo ed enti locali per sanare l'emergenza ed elaborare una programmazione organica della mobilità di Calabria e Sicilia varando un pacchetto di investimenti mirati a garantire ai pendolari tempi certi di traghettamento -:
quali iniziative il Ministero ha già messo in atto per far fronte alle emergenze venutesi a creare all'indomani del tragico episodio nello Stretto di Messina del 15 gennaio 2007;
se e quali iniziative, con urgenza, intenda intraprendere il Ministro al fine di mettere in piedi un tavolo istituzionale che consenta di migliorare e mettere in sicurezza la mobilità nello Stretto di Messina garantendo relazioni e scambi sempre più stretti e servizi più adeguati alle esigenze dei pendolari.
(4-03666)
Risposta. - L'interrogazione cui si risponde pone un tema particolarmente delicato, la sicurezza del traffico marittimo nello Stretto di Messina, sul quale il Ministero dei trasporti sta dedicando una specifica attenzione.
In particolare, al fine di individuare efficaci soluzioni alla questione, con decreto del 7 marzo 2007 è stato istituito il «Comitato per la sicurezza della navigazione nello Stretto di Messina», con compiti consultivi e propositivi, al quale partecipano tutti soggetti territoriali locali e istituzionali interessati, unitamente alle associazioni rappresentative delle categorie e delle imprese che operano nell'area.
In tal modo si è inteso assegnare al Comitato l'obiettivo di «potenziare le condizioni di sicurezza della navigazione nell'area dello Stretto e nei relativi ambiti portuali per far fronte ai rischi potenziali e conseguenti all'incremento dei traffici.», nonché «permettere un confronto aperto tra le istituzioni e le categorie interessate e l'acquisizione di ogni utile contributo di esperienza e di professionalità».
Al fine di garantire operatività e tempestività dell'azione avviata, tale organismo si avvale di una segreteria tecnico-operativa, dai cui lavori è scaturita una mirata azione di indirizzo verso le autorità marittime locali e di raccordo con gli interlocutori sia istituzionali che privati interessati.
Allo stato attuale, sono state esaminate, prioritariamente, le indicate problematiche:
profili normativi e giuridici della navigazione dello stretto e del lavoro a bordo delle navi che effettuano i collegamenti nell'area;
studio di un nuovo modello organizzativo per la navigazione nello Stretto e degli ausili tecnologici per l'incremento della sicurezza nell'area;
ruolo dei servizi tecnico-nautici nell'area nello Stretto e negli ambiti portuali
interessati.
Nel corso delle riunioni che si sono svolte, sono già emersi ulteriori e numerosi spunti di riflessione e concrete indicazioni operative per migliorare gli attuali standard di sicurezza dell'area in questione, dal punto di vista del traffico e delle unità navali.
A tale riguardo, è stato predisposto uno schema di separazione del traffico nello Stretto sul quale è stato interessato il Ministero degli affari esteri per garantire un celere iter, nel rispetto del quadro normativo internazionale che assoggetta lo Stretto di Messina al regime del passaggio inoffensivo non sospendibile, di cui all'articolo 45 della Convenzione sul diritto del mare di Montego Bay.
A parere del Ministero degli affari esteri, è sufficiente il ricorso alla semplice comunicazione all'International maritime organization, tenuto conto delle esigenze di sicurezza dei traffici cui il nuovo schema risponde.
Azione di altrettanta rilevanza è stata, poi, quella di regolamentare il lavoro a bordo delle navi che effettuano trasporto nella Stretto, con l'adozione di linee guida per la determinazione delle tabelle d'armamento, ha consentito, da subito, di rendere omogeneo il meccanismo delle tabelle minime di sicurezza che sono state in effetti approvate per le navi operanti i collegamenti nell'area.
Inoltre, dalle riunioni che si sono tenute è emersa l'opportunità di razionalizzare l'impianto organizzativo degli uffici periferici marittimi già esistente in modo da assicurare unitarietà di indirizzo per l'intera area.
In attesa degli approfondimenti necessari, in via provvisoria, è stato comunque già disposto che le autorità marittime interessate alla determinazione delle tabelle di armamento per le navi operanti nello Stretto avviino un maggiore coordinamento per evitare criticità e/o distorsioni.
Infine, con l'obiettivo di garantire una cabina di regia del monitoraggio del traffico nello Stretto che unica può fornire una maggiore qualità della sicurezza, il centro VTS (Vessel Traffic system) operante nello Stretto di Messina è stato sottoposto ad un approfondito intervento di adeguamento tecnologico, conclusosi entro lo scorso mese di giugno, ed a breve sarà sottoposto ai collaudi di rito da parte di apposita commissione.
Nelle more, il personale del centro sta comunque operando con le nuove apparecchiature, procedendo, nel contempo, ad effettuare le comunicazioni con le unità navali in transito previste dalla vigente normativa che disciplina la navigazione nello stretto.
Nel corso dell'adeguamento tecnologico, per una maggiore definizione dell'immagine del traffico ivi esistente, i dati acquisiti dal centro VTS sono stati integrati con i dati provenienti dalle rete nazionale di identificazione automatica (AIS) a suo tempo realizzata in ottemperanza alla direttiva 2002/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.
In questo modo ai dati di posizione, rotta e velocità acquisiti dai sensori radar sono associati, in una più ampia visione olistica, i dati forniti dal sistema VAIS quali ad esempio, identità, tipologia della nave, carico a bordo, porto ed orario di destinazione.
Questo insieme di iniziative costituisce una prima risposta alla crescente domanda di mobilità di persone e merci nella direzione della efficacia, della sicurezza e della qualità dei servizi di trasporto.
Ovviamente l'obiettivo rimane quello di giungere ad una organizzazione di sistema dello Stretto di Messina e delle relative aree urbane che unica sarà capace di dare risposte pienamente efficaci.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.
FERDINANDO BENITO PIGNATARO. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
con decreto della Direzione Scolastica Regionale della Calabria n. 1134/P del 22 gennaio 2002 è stata autorizzata l'istituzione della sezione staccata di Cinquefrondi (RC) con sperimentazione ad indirizzo Pedagogico Musicale dell'Istituto Magistrale «G. Rechichi» di Polistena (RC);
in data 21 febbraio 2002, il Collegio dei docenti dell'Istituto Magistrale «G. Rechichi» di Polistena deliberava il piano di studi dell'indirizzo pedagogico-musicale;
in data 21 marzo 2002, si inviava copia al Ministero dell'Istruzione - Roma, alla Direzione Regionale di Catanzaro e al CSA di Reggio Calabria che ne prendevano atto;
con nota dell'Ufficio Scolastico Regionale di Catanzaro prot. n. 6887/P del 22 aprile 2002, si decretava a far data dal 1 settembre 2002, l'indirizzo sperimentale socio-pedagogico musicale presso la sezione di Cinquefrondi, staccata dall'Istituto Magistrale di Polistena;
alla data odierna il Liceo Pedagogico Musicale di Cinquefrondi è presente con cinque sezioni ed è stato ufficialmente
autorizzato dal Ministero, a conclusione del ciclo di studio, a svolgere esami di Stato per il conseguimento della Maturità;
per il liceo pedagogico musicale, unico in Calabria, sono state investite dal Comune ingenti risorse finanziarie per sostenere spese di ristrutturazione di una costruzione preesistente per renderla idonea a sede scolastica, oltre a spese di gestione come acqua, luce, telefono, gas ed arredi;
tanti sacrifici sono stati fatti per dotarlo di strumenti musicali e per garantire attività culturali e didattiche formative tese alla promozione del liceo su tutto il territorio provinciale;
per il fatto di non essere stato assunto nella banca dati del Ministero della pubblica istruzione, pare ci sia la volontà di cancellare l'indirizzo musicale del liceo pedagogico, comportando così la soppressione di una sperimentazione che per la sua specificità offre al comprensorio opportunità di natura economica e sociale sotto il profilo della crescita e dello sviluppo del territorio;
non può essere soffocata o limitata la possibilità di scelta dell'indirizzo musicale a studenti e genitori che in questi anni hanno sostenuto impegni di ordine anche economico a far data dal semestre 2002, data di istituzione della scuola;
l'istituzione del liceo pedagogico musicale a Cinquefrondi, dove da settembre 2007 sarà anche istituita una sezione staccata degli uffici di segreteria e di orientamento della Università «Mediterranea» di Reggio Calabria, rappresenta motivo di orgoglio e crescita culturale per un comune dalla grande tradizione musicale -:
quali iniziative e soluzioni, con urgenza, intenda intraprendere il Ministro al fine di evitare che il liceo pedagogico ad indirizzo musicale di Cinquefrondi, rischi la chiusura che creerebbe un notevole danno alla collettività ed un arretramento socio-culturale ad una cittadina che con enormi sacrifici vuole continuare a mantenere salda la sua unica scuola media superiore;
quali azioni concrete, secondo le proprie prerogative, vorrà mettere in atto al fine di maggiormente promuovere e valorizzare il liceo pedagogico ad indirizzo musicale di Cinquefrondi, unico in Calabria, garantendo maggiori investimenti e risorse per assicurare il futuro di una scuola che deve continuare a rappresentare una valida opportunità formativa per quegli studenti che vorranno continuarla a frequentare.
(4-04059)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, concernente il mantenimento dell'indirizzo pedagogico-musicale presso la sezione staccatà di Cinquefrondi dell'Istituto Magistrale «G. Rechichi» di Polistena Reggio Calabria.
La questione è stata risolta, infatti, il Direttore generale dell'ufficio scolastico regionale della Calabria ha comunicato di aver dato disposizioni, al Coordinatore dell'ufficio scolastico provinciale di Reggio Calabria, per ripristinare l'indirizzo pedagogico musicale nella prima classe della sezione staccata di Cinquefrondi, già funzionante nelle successive quattro classi.
Tale decisione è scaturita dopo una attenta valutazione delle situazioni rappresentate sia dagli Enti locali che dal Dirigente scolastico dell'Istituto magistrale di Polistena ed evidenziate anche dalla interrogante.
Infatti, nel comprensorio di riferimento esiste una riconosciuta spiccata vocazione musicale. Le bande musicali della zona, il cui valore è unanimemente riconosciuto, sono composte anche da studenti delle Scuole inferiori, in cui viene impartito l'insegnamento dello strumento musicale, e rappresentano, altresì, un significativo punto di aggregazione culturale e sociale; inoltre, l'opportunità del funzionamento del suddetto indirizzo musicale deriva dall'impegno economico affrontato dagli enti locali per adeguare l'istituzione a tali fini e per dotare gli studenti degli strumenti musicali necessari.
Infine, poiché le ore di insegnamento relative alle discipline di indirizzo musicale risultano dalla riduzione del monte-ore annuale dell'indirizzo ordinario, non sussiste particolare aggravio di spesa.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
PILI, OPPI, MEREU, MURGIA e PORCU. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio regionale della Sardegna ha approvato la legge regionale 28 dicembre 2006, n. 21 che reca l'approvazione dell'autorizzazione all'esercizio provvisorio del bilancio della Regione per l'anno 2007 e disposizioni per la chiusura dell'esercizio 2006;
la legge regionale relativa all'autorizzazione all'esercizio provvisorio del proprio bilancio per l'anno 2007 in data 27 dicembre 2006 prevede all'articolo 2, comma 7 della stessa legge che «lo stanziamento iscritto in conto del capitolo 12106/01 (UPB E034) del bilancio per l'anno 2006 costituisce accertamento d'entrata a valere su quota parte del gettito delle compartecipazioni tributarie spettanti alla regione in ragione di euro 500.000.000 per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015»;
secondo gli interroganti la norma approvata costituisce formalmente e sostanzialmente un potenziale falso di bilancio che rischia di mettere a repentaglio il futuro finanziario della stessa Regione;
un taleprovvedimento rischia - sempre secondo gli interroganti - di generare un potenziale dissesto finanziario della stessa Regione;
la norma in sostanza accerta una quota pari ad euro 1.500.000.000 delle somme iscritte nell'esercizio 2006 quale ipotesi di quote, pregresse relative alle compartecipazioni Irpef ed Irpeg, che la Regione vantava nei confronti dello Stato;
la norma prevede la conservazione in conto residui attivi, senza alcun titolo, di detta somma indicando però come copertura quote di competenza dei bilanci 2013, 2014 e 2015;
la Regione iscrive quelle che dovevano essere somme pregresse come risorse future riferite agli anni 2013-2015;
secondo gli interroganti la disposizione risulta in netto contrasto con il principio di annualità del bilancio, sancito dall'articolo 81 Costituzione, in quanto si provvede alla copertura della illegittima iscrizione di un residuo attivo con quote di competenza di futuri bilanci;
risulta inoltre confermata la violazione del principio di veridicità del bilancio, già riscontrabile in sede di approvazione del bilancio di previsione 2006, in quanto l'iscrizione delle somme non era supportata da alcun titolo, ed ancor più l'assenza di tale titolo è evidente in chiusura dell'esercizio;
la Regione, anziché dichiarare insussistenti le somme stanziate nel capitolo 12106/01, citato in norma, e conseguentemente sanare la violazione del principio di veridicità del bilancio, ha accertato l'entrata iscrivendola in conto residui e ricorrendo per la copertura, in modo del tutto illegittimo, a somme di competenza diverse da quelle indicate nell'iscrizione originaria;
gli interroganti hanno il fine di tutelare la stessa Regione Sardegna e garantire la veridicità e affidabilità del bilancio della Regione -:
se non ritenga il Governo di proporre l'immediata approvazione di un'impugnativa urgente della legge surichiamata al fine di scongiurare che tale atto possa inficiare la veridicità dello stesso bilancio della Regione per il 2007;
se non ritenga di proporre urgente segnalazione di tali norme agli organi di controllo, dalla Ragioneria Generale dello
Stato e alla Corte dei Conti per quanto di propria competenza;
se non ritenga il governo stesso di proporre un proprio provvedimento con il quale destina analogo stanziamento (1,5 miliardi di euro) da assegnare alla Regione garantendone l'immediata fruizione nel corso del triennio finanziario del bilancio dello Stato.
(4-02218)
Risposta. - L'articolo 2, comma 7, della legge regionale Sardegna n. 21 del 2006, prevede che lo stanziamento iscritto sul capitolo 12106-01 del bilancio regionale per l'anno 2006 costituisca accertamento di entrata a valere su parte del gettito delle compartecipazioni tributarie che spetterebbero alla Regione per gli anni 2013, 2014 e 2015.
Al riguardo, il Ministero dell'economia e finanze, con nota del 5 febbraio 2007, aveva rilevato che la disposizione di cui sopra, accertando entrate a valere sul gettito futuro, contrasta con i principi di contabilità di Stato (articolo 222, regio-decreto n. 287 del 1924), ed in particolare con quelli di annualità, veridicità e trasparenza del bilancio, in quanto vincola di fatto la gestione, per effetto degli elementi di rigidità introdotti nei bilanci futuri. La norma in esame, inoltre, così come formulata, sarebbe in contraddazione con l'articolo 36, comma 1, della legge regionale Sardegna n. 11/06 (norme in materia di bilancio e contabilità), che, nel fissare i principi generali in materia di contabilità, statuisce: «l'entrata è accertata quando è appurata la ragione del credito, l'identità del debitore e l'ammontare del credito che viene a scadenza entro l'esercizio finanziario».
In attuazione del principio di leale collaborazione, più volte richiamato dalla Corte costituzionale, il Dipartimento ha intrapreso la consueta azione di raccordo per verificare, con la regione interessata, le possibili modifiche normative che potessero evitare l'avvio di un giudizio innanzi alla Consulta. Nel corso delle riunioni di coordinamento, tenutesi con i rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, dalle quali è emerso, peraltro, che la volontà del legislatore regionale era quella principalmente di evitare un aggravio dell'indebitamento, si è raggiunto uno schema di intesa che prevedeva la modifica delle disposizioni censurate attraverso un impegno della Regione, volto, da una parte, a precisare, con norma di interpretazione, la portata eccezionale di tali disposizioni e, dall'altra, a rimodulare la normativa di cui all'articolo 17 della legge regionale n. 11 del 1983, (abrogata dalla legge regionale n. 11 del 2006), che consente di stanziare, in casi urgenti e qualora la Regione ne ravvisi la necessità, somme che verranno assegnate dallo Stato negli anni futuri.
In data 22 febbraio 2007, il Presidente Soru ha preso un formale impegno ad inserire una norma interpretativa nella legge finanziaria per l'anno 2007, attualmente al vaglio delle amministrazioni competenti al fine dell'esame previsto dall'articolo 127 della Costituzione, e a modificare la legge del 1983 nei sensi innanzi indicati. Il rispetto di tale impegno, secondo la prassi, sarà puntualmente monitorato dal Dipartimento.
Il Ministero dell'economia e delle finanze ha comunicato, con nota del 26 febbraio 2007, che, sulla base degli impegni assunti dalla Regione Sardegna, si potevano ritenere superate le censure tecniche precedentemente evidenziate.
Pertanto, per tali ragioni, la legge regionale Sardegna n. 21 del 2006 esaminata dal Consiglio dei ministri nella seduta del 27 febbraio 2007, non è stata impugnata dinanzi alla Corte costituzionale.
Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali: Linda Lanzillotta.
PIRO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che
il distaccamento volontario dei Vigili del Fuoco di Troina, direttamente dipendente dal comando provinciale di Enna, assicura attualmente il Soccorso Tecnico Urgente alla popolazione dei Comuni di Troina e Gagliano Castelferrato e in alcuni casi presta soccorso anche ad altri centri urbani limitrofi;
la zona di competenza del suddetto Distaccamento è costituita da territorio di montagna, particolarmente impervio che raggiunge anche i 1.000 metri di altitudine sul livello del mare;
nello stesso territorio ricadono aree protette facenti parte del Parco Regionale dei Nebrodi e zone boschive maggiormente esposte al rischio di incendi, mentre il presidio permanente più vicino, quello di Nicosia, dista circa trentacinque chilometri, percorribili approssimativamente in un'ora, a causa della precarietà e dell'arretratezza dei collegamenti viari;
l'organico operante nel Distaccamento, in sei anni di attività, ha effettuato ottocento interventi, molti dei quali fondamentali per la messa in salvo di vite umane; il personale dei Vigili del Fuoco non soltanto è numericamente sufficiente ad adempiere alle operazioni di soccorso ma è professionalmente efficiente, particolarmente distintosi per impegno, preparazione e competenza, anche grazie alla frequentazione dei corsi di formazione promossi dal Comando Provinciale;
in altre circostanze, al fine di garantire un più efficace servizio di soccorso tecnico urgente da parte del corpo nazionale dei vigili del fuoco, con riferimento al soccorso di territori esposti a disagiate condizioni ambientali, alcuni Distaccamenti volontari sono stati trasformati in permanenti, grazie a specifiche previsioni contenute nel decreto legge n. 24 del 30 gennaio 2004, convertito con legge n. 87 del 31 marzo 2004;
i cittadini dei vicini comuni di Cerami e di Gagliano Castelferrato distando pochi chilometri dal comune di Troina, conseguentemente all'auspicabile trasformazione del distaccamento in permanente, potrebbero usufruire del soccorso in tempi più tempestivi ed entro i limiti previsti dal progetto «Soccorso Italia in 20 minuti» - importante progetto del Ministero dell'Interno che si prefigge l'obiettivo di rendere omogeneo su tutto il territorio nazionale lo standard di 20 minuti dalla chiamata di soccorso all'arrivo sul posto delle squadre dei Vigili del Fuoco-:
se non ritenga opportuno attivarsi affinché il distaccamento volontario dei Vigili del Fuoco di Troina venga trasformato in Distaccamento permanente, tenendo conto della prioritaria esigenza di garantire e di potenziare, anche con nuovi e più efficienti mezzi, le operazioni di soccorso prestate in un territorio difficile ed impervio.
(4-03399)
Risposta. - Le argomentazioni esposte dall'interrogante nell'atto di sindacato ispettivo testimoniano, ancora una volta, l'efficienza dimostrata dalla componente volontaria del Corpo nazionale nell'adempimento delle operazioni di soccorso.
Al riguardo, si condivide ogni possibile iniziativa volta a consentire la migliore operatività di tale componente a sostegno ed integrazione dei ruoli professionali del Corpo nazionale nei sempre più complessi ambiti in cui questo è chiamato a svolgere i propri compiti a salvaguardia della vita delle persone.
Nel quadro delle iniziative di sviluppo della componente volontaria e nella prospettiva di un riequilibrio e potenziamento della componente permanente del Corpo nazionale è stato realizzato, nel 2002, il progetto «Soccorso Italia in 20 minuti» che, basandosi su uno studio sistematico del territorio, ha come obiettivo quello di rendere, in tempi rapidissimi dalla chiamata, un servizio più efficiente ad un maggior numero di abitanti.
A tal riguardo, dall'esame del numero degli interventi di soccorso in rapporto alle caratteristiche del territorio e alla densità della popolazione di riferimento, il distaccamento dei vigili del fuoco di Troina è stato individuato ed inserito nel progetto indicato quale sede per l'istituzione di un distaccamento volontario.
Nel caso si verifichi in futuro una particolare variazione dei suddetti parametri (esempio incremento del numero degli interventi), potrà essere valutata l'ipotesi della trasformazione in distaccamento permanente, tenuto conto del disegno complessivo
di riequilibrio sul territorio della componente permanente del Corpo dei vigili del fuoco e delle priorità di livello nazionale.
A questo proposito, si ricorda che la trasformazione di alcuni distaccamenti da volontari in permanenti non è contenuta nel decreto-legge 30 gennaio 2004, n. 24, convertito nella legge 31 marzo 2004 n. 87, che ha previsto, invece, nel quadro delle disposizioni urgenti per il potenziamento dell'organico del Corpo nazionale, una norma ad hoc per il reclutamento del personale per far fronte alle peculiari esigenze del servizio antincendio e di soccorso tecnico urgente nelle isole minori della Sicilia, mediante concorso riservato ai vigili del fuoco iscritti negli elenchi del personale volontario in servizio presso le sedi di Lampedusa, Lipari e Pantelleria.
Tenuto conto che le assunzioni del personale dei Vigili del fuoco, a norma dell'articolo 5 del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217 recante il nuovo «Ordinamento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco», avvengono mediante concorso pubblico a livello nazionale, la possibilità di bandire concorsi riservati a particolari ambiti regionali e per particolari categorie di personale potrà, eventualmente, essere presa in considerazione solo attraverso l'emanazione di un provvedimento legislativo ad hoc.
Nell'ottica del miglioramento delle operazioni di soccorso mediante il potenziamento dei mezzi, la carenza di fondi nel settore, di cui soffre attualmente il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, non rende disponibili, nell'immediato, risorse destinate a tale scopo per il distaccamento volontario di Troina.
Tuttavia, nel quadro dello stanziamento di fondi CIPE a favore della regione Sicilia, sono stati destinati alcuni automezzi per le necessità dei Comandi rientranti nel territorio di competenza dell'omonima Direzione regionale, in parte assegnati e in parte in corso di assegnazione.
La necessità rappresentata potrà, pertanto, essere sanata dalla suddetta Direzione regionale nell'ambito delle proprie competenze e contribuire all'auspicato accrescimento dell'efficienza operativa del distaccamento dei vigili del fuoco di Troina.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.
RAO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 4 gennaio 1997 a Partinico veniva ucciso, con modalità tipiche del modo di agire della mafia, l'Avv. Giuseppe La Franca, perché, come sostiene la pentita Giusy Vitale, non voleva cedere le sue terre alla famiglia Vitale;
l'omicidio di La Franca suscitò una vasta indignazione tra tutti i cittadini di Partinico e provocò una presa di posizione da parte delle Istituzioni, delle forze politiche e sociali;
la Procura di Palermo avviò le indagini al fine di individuare i mandanti e gli esecutori materiali del delitto;
quelle indagini, però, non hanno mai sortito alcun risultato concreto se non l'archiviazione del caso. Ciò, nel 2003, è stato sufficiente al Prefetto di Palermo, dottor Renato Profili, per giustificare il mancato riconoscimento dello status di vittima della mafia a Giuseppe La Franca, nonostante la matrice mafiosa appariva avvalorata pure dal contesto in cui è maturato l'omicidio e dalle modalità di esecuzione;
a seguito delle rivelazioni fatte dalla pentita Giusy Vitale, sorella del boss Vito, le indagini sono state riaperte e la vedova del defunto La Franca ha reiterato, nel mese di settembre 2004, l'istanza per il riconoscimento dello status di vittima di mafia;
il comportamento di questo cittadino semplice e gentile, così lo ricordano i partinicesi, che, con grande coraggio, non si è piegato alle minacce mafiose, ha segnato la strada dell'esempio da trasmettere alle nuove generazioni. Oggi questo
percorso viene animato dall'Osservatorio per lo Sviluppo e la Legalità, intitolato proprio a Giuseppe La Franca, che dal 2002, guardando soprattutto ai giovani, promuove azioni di sviluppo del territorio con l'obiettivo di affermare la cultura della legalità-:
quali siano, a dìeci anni dall'omicidio, le intenzioni del Governo e del Ministro interrogato in ordine al riconoscimento a Giuseppe La Franca lo status di vittima della mafia, atteso, oltre che dalla famiglia, da tutti i cittadini onesti che credono nella capacità dello Stato di rendere giustizia.
(4-03139)
Risposta. - In via preliminare, si precisa che il Ministero dell'interno, tramite il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, provvede alla concessione dei benefici economici in favore dei soggetti, cittadini italiani, stranieri ed apolidi, e dei loro familiari riconosciuti vittime del terrorismo e/o della criminalità organizzata di tipo mafioso.
I benefici vengono erogati al termine di un iter istruttorio che ha inizio presso la Prefettura territorialmente competente, la quale provvede a trasmettere l'istanza a questo Ministero, unitamente ad un dettagliato rapporto sulle circostanze dell'evento, corredato di sentenza sui fatti criminosi, di eventuali testimonianze e di ogni altro elemento conoscitivo acquisito, nonché del proprio parere al riguardo.
Inoltre, nel procedimento interviene la Commissione consultiva, istituita con il decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1999, n. 510, operante presso il predetto Dipartimento di questo Ministero.
Parimenti, la Regione siciliana, per le vittime della criminalità organizzata di tipo mafioso, ha adottato la legge 13 settembre 1999, n. 20, diretta a concedere analoghi benefici a favore degli aventi diritto.
Ai sensi dell'articolo 7 della legge in parola è stato istituito, alle dirette dipendenze del Presidente della Regione, l'Ufficio speciale per la solidarietà alle vittime del crimine organizzato e della criminalità mafiosa, incaricato di svolgere l'istruttoria delle richieste di ottenimento dei benefici, anche mediante l'acquisizione delle attestazioni dell'autorità competente in ordine all'accertamento della autenticità delle denunce e della documentazione prodotta per l'ottenimento dei benefici medesimi.
Tale ufficio, fino al 2004, aveva subordinato la concessione dei benefici regionali al riconoscimento della condizione di «vittima innocente della mafia e della criminalità organizzata» e per ottenere questa attestazione, nel passato, ha ritenuto di investire la Commissione consultiva sopraccitata ai fini dell'acquisizione del parere in ordine alla individuazione della natura e degli eventi criminosi.
Pertanto, per le istruttorie di sua competenza la Regione Sicilia si è avvalsa dell'operato delle Prefetture, dei competenti Uffici di questo Ministero compresa la Commissione consultiva, pur non essendo previsto da alcuna disposizione normativa.
La Commissione consultiva nella seduta del 3 marzo 2004 ha rilevato la sua incompetenza a valutare le istanze formulate ai sensi della legge regionale 20/1999, e ha ritenuto di non dare più seguito, da quella data, alle richieste pervenute dalla Regione siciliana; tale orientamento è condiviso dal Ministero dell'interno.
Per quanto riguarda più specificamente la vicenda segnalata dall'interrogante, risulta che la signora Calogera Franzella il 25 febbraio 2000 ha presentato l'istanza di riconoscimento dello status di vittima della mafia per il coniuge Giuseppe La Franca, deceduto il 4 gennaio 1997, alla Regione siciliana ed alla Prefettura di Palermo, e chiesto l'applicazione dei benefici previsti dalla legge regionale 20/1999 in favore dei familiari delle vittime di mafia.
La Prefettura di Palermo, a conclusione dell'istruttoria, tenuto conto della insufficienza degli elementi acquisiti in ordine alla natura ed al movente del reato nonché dell'archiviazione avvenuta il 14 maggio 1999 del procedimento penale riferito all'omicidio in questione, esprimeva parere contrario al riconoscimento dello status di vittima innocente della mafia in capo all'interessato.
La Commissione consultiva con decreto del 25 novembre 2003 esprimeva, a sua volta, parere negativo al riconoscimento per il signor Giuseppe La Franca di vittima innocente della mafia e della criminalità organizzata.
A seguito di ciò, la Regione siciliana respingeva l'istanza della signora Franzella, atteso che il riconoscimento della condizione di vittima innocente di mafia rappresentava l'indispensabile presupposto giuridico per l'erogazione dei benefici della legge regionale.
Nel settembre del 2005 l'Autorità Giudiziaria competente, a seguito delle dichiarazioni della pentita Giusi Vitale, chiedeva la riapertura delle indagini sull'omicidio in questione.
Conseguentemente, la signora Franzella avanzava al Ministero dell'interno ed alla Prefettura di Palermo, richiesta di riesame dell'istanza al fine di ottenere i benefici della legge 302/1990.
I nuovi elementi emersi, comunicati alla Prefettura di Palermo da parte dell'Autorità giudiziaria competente, permettevano di stabilire la matrice mafiosa del delitto e la totale estraneità della vittima ad ambienti delinquenziali e mafiosi, e, quindi, il parere favorevole della citata Prefettura all'accoglimento dell'istanza della signora Franzella in data 8 febbraio 2007.
Il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione di questo Ministero, tenuto conto che i nuovi elementi emersi avrebbero potuto far definire la pratica in senso favorevole, ha manifestato la disponibilità a sottoporre nuovamente l'istanza alla valutazione della Commissione consultiva, trattandosi di un riesame di una posizione già definita dalla Commissione stessa.
Dopo di che la signora Franzella, il 16 febbraio scorso, ha comunicato a questa Amministrazione di optare per la concessione dei benefici statali previsti dalla legge 20 ottobre 1990, n. 302, la Commissione consultiva nella seduta del 27 marzo scorso ha espresso parere favorevole alla concessione dei benefici richiesti e con lettera in data 23 aprile, indirizzata anche alla Regione siciliana, la signora Franzella è stata invitata a produrre la documentazione necessaria per l'adozione del provvedimento di concessione dei benefici statali.
Acquisita la richiesta documentazione, questo Ministero sta, pertanto, procedendo alla predisposizione del decreto di concessione della speciale elargizione e dell'assegno vitalizio.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.
REINA e NERI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in Sicilia, nel Comune di Barrafranca, in territorio della provincia di Enna, si sono svolti eventi che rischiano di pregiudicare in modo rilevante il regolare andamento delle elezioni di ballottaggio per la carica di sindaco: questi i fatti;
nella giornata di ieri, venerdì 25 maggio 2007, nei pressi di un esercizio pubblico si è venuto a determinare uno screzio tra un comune cittadino (signor Salvatore Crapanzano) e uno dei candidati sindaci in ballottaggio (avvocato Giuseppe Lo Monaco), talché, dopo aspra discussione, si è passato al litigio e di poi ad una vera e propria colluttazione, da cui è conseguito il ferimento al capo dello stesso candidato sindaco;
l'episodio, di per sé privo di reale valenza sotto il profilo politico, è stato - ad avviso degli interroganti - strumentalizzato dai sostenitori del candidato alla carica di sindaco, anche riportando sulla stampa affermazioni, che gli interroganti medesimi giudicano prive di fondamento, e che risultano, di fatto, gravemente pregiudizievoli e lesive nei confronti del partito politico (M.P.A.) nel quale milita l'altro candidato a sindaco (Angelo Ferigno) nonché della sua stessa persona, atteso che tanto il partito quanto il candidato sono estranei alla vicenda;
a questo punto è bene precisare, a scanso di equivoci, che lo stesso cittadino coinvolto nell'episodio descritto non ha mai svolto alcuna forma di attività politica, non è mai stato - né lo è tuttora -
iscritto al M.P.A., ed, altresì, risulta essere legato da vincoli di parentela sia con candidati al Consiglio Comunale appartenenti a liste dell'una coalizione sia con candidati di liste dell'altra;
peraltro, nei giorni antecedenti all'accaduto, sono stati diffusi sul territorio interessato ben tre diversi volantini anonimi contenenti espressioni ingiuriose e commenti pesanti nei confronti dell'altro candidato sindaco e dei suoi referenti politici e sostenitori;
evidentemente, su tutta questa storia un peso non indifferente avranno avuto i pronostici che sono circolati e che hanno dato per ampiamente favorito dall'esito del ballottaggio il candidato sindaco della parte avversa (Ferrigno) -:
quali iniziative intenda intraprendere per assicurare il regolare svolgimento di dette elezioni a Barrafranca, impedendo che vengano introdotti inammissibili elementi di turbativa, ed attuando misure, di converso, affinché venga ripristinato quel clima di serenità e piena legalità che è strettamente e tradizionalmente connaturato alla storia ed all'indole di codesta antica e fiera comunità della Sicilia.
(4-03769)
Risposta. - È innanzitutto da premettere che le consultazioni per il ballottaggio alla carica di sindaco nel comune di Barrafranca (Enna) si sono svolte, nelle giornate del 27 e 28 maggio scorso, con la massima regolarità, segno che l'episodio cui fa cenno l'interrogante non ha avuto alcuna influenza sullo svolgimento del confronto elettorale.
In ordine all'accaduto, secondo quanto riferito dalla Prefettura di Enna, nel pomeriggio del 25 maggio scorso, l'avvocato Giuseppe Lo Monaco, candidato a sindaco nel comune di Barrafranca in una lista di centro sinistra, denunciava presso la locale stazione dei Carabinieri di essere stato poco prima aggredito da tale Salvatore Crapanzano, cognato di un candidato consigliere del Movimento per l'Autonomia (MPA) e cugino di un altro candidato nella lista della Margherita.
L'aggredito, dopo essersi fatto visitare all'ospedale di Enna per le lesioni riportate, sporgeva atto di querela nei confronti dell'assalitore.
L'episodio di violenza nei confronti dell'avvocato Lo Monaco rientra verosimilmente nel clima di forte contrapposizione creatosi nel corso della campagna elettorale svoltasi nel comune di Barrafranca, che aveva visto anche il prodursi di una serie di episodi recanti riferimenti offensivi sia di tipo personale che politico nei confronti di candidati e di loro familiari. Questo ha portato ad una sequenza di contrasti interpersonali che ha prodotto una serie di querele contro ignoti per diffamazione.
Nella mattina del successivo 26 maggio anche il signor Crapanzano formalizzava, presso la stessa stazione dei Carabinieri, una denuncia-querela per ingiurie nei confronti del Lo Monaco. Le indagini sull'aggressione nei confronti del candidato Lo Monaco hanno consentito di ipotizzare che alla base dell'episodio vi possano essere motivazioni di carattere personale. Attualmente l'intera vicenda è al vaglio della procura della Repubblica di Enna che coordina le indagini.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Francesco Bonato.
SMERIGLIO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
le continue denunce, di fonti molto autorevoli, sul traffico di esseri umani e la loro riduzione in schiavitù hanno riportato l'attenzione su un fenomeno spaventoso che riguarda, pesantemente, anche il nostro Paese;
la tratta minorile, tra tutte le violazioni dei diritti umani, è quella che appare più spregevole per i danni fisici e psichici irreparabili che procura ai minori coinvolti;
tale fenomeno che affonda le sue radici nella povertà diffusa a livello mondiale,
pur essendo noto per quanto concerne le cause, rimane per lo più oscuro per quanto riguarda il numero reale dei minori coinvolti e soprattutto manca, ancora oggi, un impegno reale a livello internazionale per stroncare questo nuovo «mercato degli schiavi»;
stime recenti valutano in 17 milioni i bambini in stato di povertà soltanto nella «ricca» Europa e ciò non può che favorire i nuovi mercanti di schiavi;
i minori, sia maschi che femmine, vengono utilizzati come mano d'opera sfruttabile senza alcun controllo, ma soprattutto vengono sfruttati sessualmente, visto che la minore età è considerato un valore aggiunto sul mercato della prostituzione;
in Italia, secondo i dati del Comitato minori stranieri che si riferiscono solo a quelli censiti, al 31 dicembre 2005, erano 6.500 i minori stranieri;
con la legge n. 269 del 1998 «Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù» si è individuato un drammatico problema che coinvolge anche
il nostro Paese, recependo l'articolo 3 della Convenzione ONU che non riconosce la volontarietà della scelta prostituzionale da parte dei minori di 18 anni;
nonostante ciò il fenomeno è stato solo minimamente scalfito e rischia di diventare un «male» permanente nella nostra società;
i centri di prima accoglienza (CPA), che dovevano essere un filtro al carcere per i minori, si stanno, come hanno denunciato i sindacalisti della funzione pubblica Cgil nazionale, trasformando sempre più in «carceretti», con l'introduzione del programma Spide (dispositivo informatico per la catalogazione delle impronte digitali), mentre vengono tagliate le risorse e quindi l'aspetto del recupero del soggetto;
i minori nel CPA possono al massimo restare quattro giorni, dopo hanno l'udienza con il Gip che può scegliere tra:
a) non convalidare l'arresto;
b) prescrizione;
c) arresti domiciliari (nel caso molto improbabile che abbiano un'abitazione)
d) affidarli in comunità in forma libera o come detenzione;
e) nel caso facciano i nomi dei loro sfruttatori vengono mandati in una comunità protetta e tutelati (ma per molti di loro è impossibile praticare questa strada per le minacce alle loro famiglie);
nel caso vengano affidati al servizio sociale, senza la detenzione, gli operatori sociali non possono trattenerli con la forza, per cui accade molto spesso che si allontanino volontariamente per tornare dai loro sfruttatori;
nei centri «Scuola di volo-colombi» e «Erythros» entrambi siti a Roma, più volte si è verificato il caso di prostitute minorenni, spesso dei Paesi dell'Europa dell'Est (le zone in cui la criminalità che gestisce il mercato ha più volte colpito i familiari di coloro che si sono ribellate), che si sono allontanate lo stesso giorno in cui erano arrivate;
in questa situazione, ritenere che l'immissione di telecamere nelle zone dove si attua il mercato della prostituzione, così come è stato proposto da alcune amministrazioni comunali, possa colpire questo fenomeno appare del tutto illusorio (stante la mobilità del mercato della prostituzione che può tranquillamente trasferirsi in zone non videocontrollate) e lesivo delle libertà individuali;
appare del tutto evidente, a partire dalle considerazioni in precedenza esposte, che è pura illusione sperare di sradicare questo fenomeno utilizzando solo lo strumento repressivo e che, di conseguenza, è indispensabile rafforzare le misure
atte al recupero dei minori coinvolti e all'attivazione di percorsi di fuoriuscita dalla prostituzione -:
quali studi siano stati attuati per dimensionare con certezza il fenomeno dello sfruttamento sessuale minorile nel nostro Paese e quali ulteriori misure si intendano attuare per colpire i responsabili di questo nuovo mercato degli schiavi;
se non si ritenga indispensabile incrementare la rete di protezione e dissuasione nei confronti dei minori vittime di questo mercato, affinché non abbiano a trovarsi soli di fronte ad un apparato che li scheda e li lascia «liberi» di tornare dai loro sfruttatori, ma che li aiuti a costruirsi un futuro diverso;
se non si ritenga che l'installazione di telecamere, in presunta funzione di controllo della prostituzione nelle città, rappresenti una palese violazione del diritto alla riservatezza delle informazioni personali e della propria vita e che di conseguenza si debba considerare illegittima;
come si intenda incrementare, in collaborazione con gli Stati da dove provengono maggiormente i minori ridotti in schiavitù, la lotta contro le organizzazioni criminali che detengono questo mercato.
(4-01514)
Risposta. - Le questioni prospettate dall'interrogante rientrano nel più ampio dibattito sul grave ed attualissimo problema dello sfruttamento sessuale di esseri umani, in particolare donne e minori, operato attraverso reti criminose internazionali.
Come si evince anche dai principali studi criminologici e giuridici, nonché nella prassi operativa, non è sufficiente individuare nello strumento repressivo nei confronti degli autori della tratta e del traffico di minorenni l'unica soluzione per scoraggiare e debellare un fenomeno tanto vasto e radicato, capillarmente diffuso e connesso ad interessi economici estesi su larga scala.
Pertanto si ritiene importante da un lato rafforzare ed armonizzare a livello europeo gli strumenti normativi esistenti, che in molti casi hanno dato buoni risultati, dall'altro appare fondamentale ricostruire i percorsi internazionali della tratta dei minorenni, avvalendosi con sempre maggior frequenza dell'apporto del Servizio Sociale internazionale, oltre che dei Servizi Sociali per i Minorenni operanti in ciascun Paese.
Per quanto riguarda i Centri di prima accoglienza (CPA) la gestione amministrativa dei minori stranieri avviene in piena conformità con le disposizioni contenute nella normativa nazionale e le Convenzioni Internazionali.
Nelle generalità dei casi, l'ingresso dei minori nei Centri di prima accoglienza, istituiti con la legge 563 del 1995, avviene solo per quelli sbarcati clandestinamente sulle coste italiane e per prestare loro attività di primo soccorso in attesa di procedere all'identificazione.
In questi centri i minori dispongono di locali separati e vi permangono solo per il tempo necessario all'accertamento, tramite esame antropometrico, dell'età effettiva, dovendo poi essere immediatamente avviati presso le strutture individuate dall'autorità giudiziaria competente.
Poiché la permanenza nei centri è breve, questi non possono considerarsi le sedi deputate ad avviare vere e proprie attività di recupero, quanto piuttosto sedi idonee ad iniziare una conoscenza dei minori.
In questo contesto, è importante utilizzare il momento del contatto con la giustizia dei minorenni coinvolti nei traffici di prostituzione, come opportunità per uscire dai circuiti delle organizzazioni criminali o, se del caso, per disporre l'allontanamento dagli adulti delle famiglie di origine. In tali occasioni bisogna lavorare su diversi fronti: sul lato psicologico e motivazionale, rafforzando l'autostima di questi ragazzi; sul lato del sostegno, mediante l'accompagnamento di esperti in ogni grado del procedimento, e nell'affido successivo ai Servizi del territorio; infine sulle reali alternative in termini di attività concrete da proporre per iniziare una nuova vita.
Riguardo agli studi sul fenomeno dello sfruttamento sessuale minorile, gli Uffici competenti del Ministero della giustizia e il Dipartimento per la giustizia minorile hanno portato avanti alcuni progetti di
ricerca con l'OIM, Organizzazione internazionale per le migrazioni, per mettere a punto strategie a salvaguardia dei minori stranieri non accompagnati. Contestualmente si intrattengono rapporti con Ministero della giustizia, con il Comitato minori stranieri, con l'Osservatorio per l'infanzia e l'adolescenza del Ministero per la solidarietà sociale, con il Ministero degli esteri e con le associazioni del terzo settore attive nel contrasto al fenomeno della tratta e del traffico dei minori.
Inoltre dal 1996 il Dipartimento di pubblica sicurezza coordina il «Progetto arcobaleno» per cui sono stati costituiti gli «Uffici minori» delle Questure con funzione di «pronto soccorso» per le esigenze dei giovani e delle famiglie in difficoltà e con funzione di raccordo con gli altri soggetti che si occupano di problematiche per l'infanzia. Sempre dal 1996 lo stesso Dipartimento ha istituito un'apposita «Sezione minori» articolata nel Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato con il compito di monitorare il fenomeno sul territorio nazionale e di assicurare il costante scambio di informazioni tra gli Uffici centrali e periferici.
Nel 1998 sono poi state costituite le «Sezioni specializzate» presso le squadre mobili delle Questure che si occupano, in particolare, delle indagini sui reati a sfondo sessuale a danno di minorenni.
L'Italia ha compiuto sensibili passi avanti nel rafforzare la lotta contro il traffico degli esseri umani con la firma nel 2000 della Convenzione di Palermo contro la criminalità transnazionale e dei due protocolli aggiuntivi. In particolare, il «Protocollo sulla prevenzione, la lotta e la punizione della tratta di persone, in particolare donne e bambini» rappresenta il primo strumento a partecipazione universale che ha l'obiettivo di coprire un ampio numero di crimini di natura transnazionale, configurando la tratta degli schiavi come un crimine a carattere globale.
Dal punto di vista della legislazione interna l'Italia ha adottato nell'agosto del 2003 la legge n. 228 «Misure contro la tratta di persone»: essa ha modificato il codice penale stabilendo pene severe per i responsabili di traffico di esseri umani, e costituisce, a livello internazionale, un modello di legislazione in materia di protezione delle vittime della tratta.
A livello internazionale l'Italia ha sottoscritto con i principali paesi di provenienza degli immigrati irregolari oltre cinquanta accordi bilaterali di cooperazione, nei quali è compresa anche la lotta alla tratta di esseri umani e all'immigrazione clandestina.
Inoltre si segnala che è in costante incremento l'attività delle reti di relazioni europee (per esempio la rete di cooperazione giudiziaria Eucpn) ed internazionali che favoriscono la prevenzione dei crimini che coinvolgono i minorenni. Per i minori stranieri che siano vittime di organizzazioni criminali che detengono i mercati della tratta e dello sfruttamento sessuale, è utile potenziare il coordinamento fra i Tribunali dei minorenni, il Ministero della giustizia, il Ministero degli affari esteri in relazione agli accordi da prendere con le autorità degli Stati di origine.
L'Italia è stata attiva sostenitrice della proposta della Commissione UE, nella Comunicazione dell'ottobre 2005 («Combattere il traffico di esseri umani»), che ritiene indispensabile un approccio multidisciplinare alla tratta di esseri umani, che non si limiti alla coercizione, ma si occupi della prevenzione del fenomeno e del supporto alle vittime, in particolar modo dei minorenni.
Da ultimo, infine, particolare attenzione al fenomeno della prostituzione minorile viene rivolta dall'Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni delittuosi ad essa connessi, istituito il 24 gennaio di quest'anno presso il Ministero dell'interno e presieduto dalla Scrivente, che ha il compito di approfondire il sistema di prevenzione e di contrasto ai fenomeni della tratta di esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione, al fine di migliorarne l'efficacia e di potenziare le misure di assistenza, protezione e tutela delle vittime.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Marcella Lucidi.
TONDO e LENNA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel 1992 veniva presentato il primo progetto di massima per la realizzazione del collegamento stradale tra la SS 464 da Sequals e la SS a Gemona;
tale progetto di massima prevedeva quale tracciato dell'arteria quello posto a nord del Colle di Lestans, secondo quanto previsto dal Piano Regionale della viabilità del 1988;
il progetto preliminare è stato trasmesso dalla Provincia di Pordenone alla Regione Friuli Venezia Giulia in data 28 febbraio 2003 e con delibera G.R. 2513 dell'8 agosto 2003, conclusiva della procedura di V.I.A. del collegamento stradale tra la SS 464 e la SS 13 a Gemona, è stato dichiarato compatibile ai sensi della legge regionale n. 43 del 1990 in materia di impatto ambientale e ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 in materia di valutazione di incidenza;
il progetto preliminare - approvato nel 2003 - veniva inviato a Roma per successive approvazioni;
dal 1992 al 2004 non venivano formulate opposizioni o osservazioni né da parte di autorità o organi, né da parte di associazioni ambientaliste;
nel giugno 2004 il Ministero per i beni e le attività culturali esprimeva parere negativo alla localizzazione del tracciato a nord delle Colline di San Zenone;
il suddetto tracciato era previsto dagli strumenti urbanistici da oltre 15 anni;
l'Amministrazione Comunale, a seguito del parere negativo del Ministero promuoveva il 9 novembre 2004 un sopralluogo alla presenza di tutti i rappresentanti degli Enti e Istituzioni (Soprintendenza, Regione, Provincia, ANAS, Comune);
a seguito del sopralluogo vi è stata una apertura da parte della Soprintendenza Regionale all'utilizzo del tracciato a nord a patto che si provvedesse alla realizzazione di alcune migliorie;
la Provincia chiedeva la realizzazione di una variante urbanistica;
la variante richiesta veniva approvata dal Comune di Sequals;
nonostante la realizzazione della variante il Ministero confermava il suo parere negativo (in evidente contraddizione con le indicazioni precedenti);
il Comune chiedeva, a questo punto, l'intervento dell'allora Commissario per le Grandi Opere Strategiche, architetto Bortolo Mainardi;
il Commissario il 13 giugno 2005 effettuava un sopralluogo al quale era stata invitata anche la dottoressa Di Bene, rappresentante del Ministero, che però rifiutava l'invito e dichiarava che il Ministero non intendeva cambiare parere;
il Commissario, alla presenza di tutti gli Enti e Istituzioni si impegnava a preparare una relazione a favore del tracciato a nord;
il 27 marzo 2006 la relazione veniva ultimata e inviata al CIPE;
il CIPE, per quanto di sua competenza, non si è mai espresso;
l'8 novembre 2006 veniva effettuato un nuovo sopralluogo da Direttore Regionale della Soprintendenza, architetto Ugo Soragni;
il Direttore confermava il parere negativo;
in data 16 settembre 2006 la Regione emanava un decreto nel quale incaricava la Provincia di Pordenone di avviare la progettazione a sud del Colle di San Zenone, anziché a nord;
il Comune di Sequals chiedeva e otteneva il 18 aprile 2007 un incontro a Roma presso la Direzione Generale per i beni archeologici e paesaggistici;
il 15 maggio 2007 il Ministero per i beni e attività culturali confermavano il parere rilasciato il 24 giugno 2004: parere negativo per il tracciato a nord -:
se non ritenga di portare quanto prima il caso al Consiglio dei Ministri per una determinazione definitiva che, ad avviso degli interroganti, dovrebbe confermare le indicazioni da più parti espresse e acquisite positivamente dal Commissario delle Grandi Opere per il tracciato a Nord.
(4-04051)
Risposta. - In data 5 marzo 2003 la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha chiesto il parere di competenza del Ministero per beni e le attività culturali per gli adempimenti in materia di procedura di «Legge obiettivo» sul progetto preliminare del collegamento stradale tra la strada statale 464 da Sequals (Pordenone) e la strada statale 13 a Gemona del Friuli (Udine).
Trattandosi di un intervento sottoposto a valutazione di impatto ambientale regionale, il parere è stato reso ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 190 del 2002 e formalizzato in data 24 giugno 2004 al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e alla Regione Friuli Venezia Giulia.
Il suddetto parere favorevole detta alcune prescrizioni relativamente alla localizzazione dell'intervento, indicando la preferenza verso alcune alternative al tracciato scelto dal proponente e prospettate nello studio di impatto ambientale.
In particolare, il parere della Soprintendenza mista (BAP e PSAE) e dalla Soprintendenza archeologica del Friuli, ha portato la Direzione generale per i beni architettonici e paesaggistici a prescrivere - per un tratto del tracciato relativo al primo lotto - la variante sud di Lestans reputandola soluzione di minor impatto sia archeologico sia paesaggistico.
Successivamente la Regione in data 28 marzo 2006, ha trasmesso alla Direzione generale un elaborato relativo a tale primo lotto.
Tale variante proponeva un tracciato a nord del colle di Lestans, più distante rispetto al colle stesso e indicava, per l'area compresa tra la nuova strada e lo stesso colle, una zona di inedificabilità. Con delibera del 17 marzo 2006 la Giunta regionale ha approvato la citata «Variante a nord di Lestans».
Il 27 aprile 2006, la Direzione generale BAP ha chiesto alle Soprintendenze competenti di valutare la nuova proposta progettuale al fine di un'eventuale revisione del parere già formalizzato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Le soprintendenze di settore hanno riconfermato il parere favorevole alla variante sud di Sequals basandosi su tre argomentazioni che di seguito vengono riportate:
1) si eviterebbe che il passaggio dell'infrastruttura, a nord della località di Lestans, tra il colle di San Zenone, e le prime propaggini delle Prealpi, comprometta un ambiente di grande pregio paesaggistico, naturalistico ed ambientale;
2) con l'opzione sud, sarebbero maggiormente salvaguardate visioni e prospettive connesse alla chiesa di San Zenone, sia dal basso (dove l'eventuale presenza dell'arteria costituirebbe un pesante elemento invasivo) e sia dall'alto. Quindi si continuerebbe a spaziare in un contesto panoramico omogeneo, le cui uniche alterazioni antropiche, sedimentatesi nel tempo fino ad assumere un preciso significato paesaggistico, sono quelle legate alle attività agricole;
3) il tracciato sud, infine, si inserirebbe in un contesto più antropizzato, rispetto a quello nord, ed in particolare, potrebbe usufruire di percorsi stradali già esistenti.
La Direzione generale - visti i pareri delle soprintendenze - prima del definitivo parere ha ritenuto opportuno sottoporre il progetto al Comitato tecnico scientifico per i beni architettonici e paesaggistici, al fine di acquisire il parere di competenza.
Dopo una prima istruttoria svoltasi il 13 marzo 2007, il Comitato ha ritenuto opportuno convocare una seconda riunione per ascoltare le motivazioni dei rappresentanti
della regione Friuli Venezia Giulia e del comune di Sequals, invitando anche il Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici e un rappresentante delle citate Soprintendenze locali. Nel verbale n. 3 della predetta riunione che si è svolta il 18 aprile 2007, il Comitato tecnico scientifico ha espresso il seguente parere: «(...) il Comitato, valutati gli atti pervenuti, ritiene che la modifica proposta dalla Regione Friuli Venezia Giulia, per l'attuazione di parte del tracciato da collocarsi a nord del Colle di Lestans, non sia in grado di superare le criticità già a suo tempo evidenziate nei pareri espressi dagli uffici periferici di questo ministero e riportati a supporto della relazione illustrativa prot. N. 4934 del 12 marzo 2007, redatta dalla Direzione generale per i Beni Architettonici e Paesaggistici-Servizio II. Pertanto il Comitato è dell'opinione che possa essere confermato il parere già rilasciato dalla Direzione generale, con la prescrizione di adottare, per il primo lotto, la "variante sud di Lestans". Approvato seduta stante».
Nel verbale sopra citato si fa anche riferimento a un apposito sopralluogo eseguito dal Commissario straordinario per le opere strategiche, dove erano presenti tutti i rappresentanti delle amministrazioni pubbliche interessate.
La Direzione generale in data 15 maggio 2007 ha reso alla Regione Friuli Venezia Giulia ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il parere conclusivo accogliendo le determinazioni del Comitato.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
ZACCHERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in questa stagione invernale si sta manifestando una grave mancanza di neve in moltissime località sciistiche;
questo comporta una forte crisi nel settore del turismo invernale, con particolare riguardo alle aziende turistiche-alberghiere ed a quelle che gestiscono impianti sciistici e di risalita;
vi sono conseguentemente grandi difficoltà da parte delle imprese a far fronte alle scadenze di carattere previdenziale, contributivo ed a quelle finanziarie legate al rimborso dei mutui o contributi ottenuti per il miglioramento degli impianti e dell'offerta turistica -:
se non si ritenga giustificata la richiesta della dichiarazione di crisi nel settore e l'emissione da parte del governo di provvedimenti atti a contenerla tra i quali una sospensione delle scadenze previdenziali e contributive nonché dei rimborsi che le imprese devono effettuare per mantenere le concordate scadenze dei contributi e finanziamenti ottenuti dalle pubbliche amministrazioni e finalizzati alla costruzione di impianti sciistici e di risalta nonché, tenuto conto del minore utilizzo degli impianti, se non si possano assumere iniziative per prorogare le scadenze tecniche per il rifacimento di impianti di risalita, manutenzioni straordinarie eccetera.
(4-02150)
Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, si fa presente quanto segue.
Le problematiche legate al verificarsi di cambiamenti climatici, che incidono negativamente nell'ambito turistico e, conseguentemente, nell'economia del nostro Paese, sono all'attenzione del Comitato delle politiche turistiche, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, al fine di assicurare la necessaria azione di orientamento unitario delle politiche di indirizzo nel settore turistico e composto da rappresentanti di varie amministrazioni statali, delle regioni, delle province autonome di Trento e Bolzano, delle province, dei comuni, nonché da rappresentanti delle associazioni di categoria.
Si rappresenta, inoltre, che, in linea con il dettato dell'articolo 119, 5o comma, della Costituzione il quale prevede che per rimuovere squilibri economici, lo Stato possa effettuare interventi speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane
e regioni, è possibile delineare un percorso ad hoc al precipuo fine di individuare specifiche soluzioni volte a fronteggiare, sotto i vari aspetti, la problematica in argomento.
In ogni caso, i problemi relativi al turismo montano hanno già formato oggetto di un intervento da parte del Governo.
Infatti, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 1, comma 1228, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), concernente l'incentivazione dell'adeguamento dell'offerta delle imprese turistico-ricettive a nuovi livelli di servizi e della promozione di forme di turismo ecocompatibile, si è provveduto, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 febbraio 2007, registrato alla Corte dei conti il 2 aprile 2007, a prevedere, tra l'altro, il cofinanziamento - nella misura massima del 70 per cento - di iniziative aventi ad oggetto progetti volti alla promozione e allo sviluppo di forme di turismo ecocompatibile presentate dalle regioni o, d'intesa con le regioni, da enti locali ed altri soggetti pubblici o privati in favore anche del turismo montano.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
ZANELLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come si legge sul Resto del Carlino del 1 febbraio 2007, la Procura di Bologna ha aperto un'inchiesta sulle cosiddette «pattuglie cittadine» che operano a Bologna;
l'inchiesta è nata da una manifestazione dei no global del 2 giugno 2004, dove avvennero scontri tra manifestanti e alcuni «pattuglianti cittadini», ora indagati, che avrebbero affiancato la polizia in operazioni di ordine pubblico usando, non autorizzati, la violenza;
detto «Corpo delle pattuglie», volontari convenzionati dal Comune di Bologna, dovrebbero svolgere, a detta dell'amministrazione comunale, «su richiesta un compito di collaborazione con la polizia municipale» -:
quali provvedimenti intenda intraprendere al fine di fare chiarezza sul tipo di convenzione che hanno questi «corpi», per quali fini sono previsti e con quali costi per la pubblica amministrazione;
quali provvedimenti intenda intraprendere al fine di chiarire la responsabilità dell'utilizzo di questi «corpi di pattuglianti» alla luce anche dei fatti accaduti il 2 giugno 2004, poiché la gestione dell'ordine pubblico di una città non dovrebbe esser lasciata nelle mani di «semplici cittadini» ma esercitata esclusivamente da organi preposti dalla nostra Costituzione.
(4-02553)
Risposta. - Effettivamente, in occasione della manifestazione organizzata a Bologna da movimenti dell'area antagonista il 2 giugno 2004, si è registrata la presenza di appartenenti al cosiddetto «Corpo delle pattuglie cittadine», alcuni dei quali, postisi in prossimità dei reparti di polizia impegnati nei servizi di ordine pubblico, sono intervenuti durante gli incidenti avvenuti fra Forze dell'ordine e dimostranti, ricorrendo anche alla forza fisica nei confronti di persone che tentavano di superare i dispositivi di sicurezza.
Gli elementi acquisiti in merito dalla questura di Bologna sono stati oggetto di informativa all'Autorità giudiziaria, la quale, previ opportuni approfondimenti, ha poi delegato la medesima questura ad effettuare, fra il mese di maggio del 2006 ed il mese di gennaio del 2007, perquisizioni domiciliari nei confronti di 11 persone, nel corso delle quali si è provveduto al sequestro di manganelli, manette, dispositivi lampeggianti, placche di riconoscimento simili a quelle in dotazione alle Forze di polizia, munizionamento per armi corte eccedente il quantitativo denunciato, palette segnaletiche e caschi di protezione.
Al momento risultano 11 persone indagate per violenza privata, rissa, lesioni personali ed usurpazione di funzioni pubbliche. Nei
loro confronti si è proceduto alla revoca delle licenze di porto d'armi.
Relativamente al «Corpo delle pattuglie cittadine», si precisa che esso è stato fondato nel 1820 dal legato pontificio, con compiti di tutela dell'ordine pubblico e della proprietà.
Disciolto nel 1935, venne ricostituito dal prefetto di Bologna con decreto dell'8 settembre del 1945; ai sensi dell'articolo 2 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, in considerazione delle condizioni della sicurezza pubblica dell'epoca.
Per evitare interpretazioni equivoche circa l'attività dell'associazione, con decreto prefettizio del 1987 si chiarì, in via definitiva, che essa non avrebbe potuto esercitare funzioni attinenti all'ordine ed alla sicurezza pubblica.
Il «Corpo delle pattuglie cittadine» ha stipulato numerose convenzioni con l'Amministrazione comunale di Bologna, in merito alle quali la prefettura non ha mancato di esprimere perplessità.
Il comune ha più volte assicurato che l'associazione in argomento aveva soltanto il compito di segnalare alle Forze di polizia episodi di illegalità e vandalismo, nonché di fornire elementi informativi da utilizzare per la programmazione e la realizzazione di interventi finalizzati al miglioramento delle condizioni di sicurezza; recentemente, l'Amministrazione comunale si è impegnata ad escludere, in sede di sottoscrizione di ulteriori convenzioni, qualunque enunciazione suscettibile di ingenerare equivoci circa la configurazione giuridica del «Corpo delle pattuglie cittadine», che attualmente è un'associazione di volontariato civile Onlus, iscritta all'albo regionale del volontariato.
È bene precisare che le attività di associazioni o altre organizzazioni composte da privati cittadini che si propongono di affiancare le forze dell'ordine nel contrasto della microcriminalità sono da tempo all'attenzione di questa Amministrazione, la quale, sin dal 1995, ha diramato specifiche direttive alle autorità di pubblica sicurezza, individuando i limiti entro i quali possono operare tali sodalizi ed i possibili pericoli per l'ordine e la sicurezza pubblica.
È stato ricordato, in proposito, che le associazioni di volontariato non sono autorizzate a svolgere alcun tipo di attività che possa sovrapporsi in qualche modo ad atti e funzioni degli organi di polizia o di altre pubbliche autorità, né possono espletare quelle attività di sicurezza sussidiaria che la legge rimette agli istituti di vigilanza ed alle guardie giurate.
Ciò premesso, non può sottacersi che le attività qui specificamente in esame, esercitate al di fuori di un quadro organico coerente con le finalità solidaristiche proprie del volontariato, presentano spesso spunti di problematicità, che, lungi dall'agevolare gli organi di polizia, hanno frequentemente determinato un ulteriore impegno per gli apparati di pubblica sicurezza, distraendoli dai compiti di controllo del territorio.
Se, dunque, in linea di principio, sono da promuovere ed agevolare le iniziative volte ad incentivare la collaborazione dei cittadini con le forze dell'ordine e favorire, nei limiti ammessi dall'ordinamento, l'adozione di misure di sicurezza e di vigilanza complementari a quelle assicurate dall'apparato pubblico, non può non destare allarme il diffondersi di pratiche di «autovigilanza» e di «autodifesa» che rischiano di elevare pericolosamente le criticità per l'ordine e la sicurezza pubblica.
Per questo motivo le competenti autorità di pubblica sicurezza seguono con la massima attenzione il fenomeno, ed ogni irregolarità viene puntualmente riferita all'Autorità giudiziaria.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
ZANELLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i Vigili del fuoco italiani furono i primi civili in Italia dopo L'Aeronautica militare a portare soccorso con elicotteri, tanto che nel 1954 e fino agli anni 70 la P.S. volava con i loro osservatori a bordo dei nostri aeromobili;
con un'interrogazione del settembre 2003 si faceva presente che l'indennità di
volo della componente aerea dei Vigili del fuoco non era equiparata al resto dei Corpi dello Stato dotati di aeromobili, in particolare della Polizia di Stato e del Corpo forestale dello Stato;
ad oggi nulla è cambiato e nonostante le attività prestate dai Vigili del fuoco presentino una identità funzionale per quanto riguarda le finalità di pubblica sicurezza e difesa e conservazione del patrimonio boschivo dagli incendi, vi è una ancora disparità di trattamento retributivo a fronte di mansioni e responsabilità equivalenti tanto che gli aeronaviganti VVF si trovano ultimi in fatto di riconoscimenti giuridici ed economici: l'indennità di volo della componente aerea dei Vigili del fuoco è determinata in maniera completamente diversa (natura provvisoria e non pensionabile e senza la legge detta di Trascinamento) rispetto agli altri corpi dello Stato, infatti è ancora una indennità accessoria rispetto alla normale retribuzione (viene pagata come indennità accessoria al di fuori dello stipendio e sempre con quattro mesi e più di ritardo);
l'indennità di volo per i Vigili del fuoco prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 269 del 18 maggio 1987 che contempla una copertura equiparata a quella prevista per il personale di volo della Polizia di Stato e del Corpo forestale dello Stato non è ancora stata riconosciuta;
il decreto del Presidente della Repubblica n. 314 del 23 dicembre 2002 relativo al nuovo inquadramento economico, posizioni economiche e profili professionali del personale aeronavigante dei Vigili del fuoco è attuato parzialmente;
gli elicotteristi dei VV.F ancora oggi sono l'unico Corpo dello Stato ai quali non viene pagata l'indennità di allievo pilota/ specialista durante il corso basico di un anno di durata, che si tengono rispettivamente a Frosinone presso l'Aeronautica militare e presso l'Agusta;
a differenza degli altri Corpi dello Stato che volano come ad esempio P.S. - G.d.F. - C.F.S. - C.C. - eccetera, ai VV.F non viene pagata l'indennità di «pronto impiego aereo operativo»;
a differenza degli altri Corpi di Stato non viene percepita l'indennità di generi di conforto mensili previste: euro 80-90 circa per tutti i Corpi dello Stato, euro 10-15 per i VVF;
tutti i Corpi dello Stato con una apposita legge adeguano la loro indennità di volo agli aumenti che L'Aeronautica applica al proprio personale per arginare l'esodo verso ditte private, ma i VV.F anche qui si distinguono in negativo per le occasioni mancate;
il personale elicotterista che spesso viene inviato in missione per corsi, per copertura del servizio c/o altre sedi o per visite mediche, deve sempre anticipare le spese delle missione stessa mentre i rimborsi delle spese già anticipate dal personale dipendente che avvengono oltre i sei mesi successivi;
tutte queste discriminazioni portano l'operatore aeronautico VV.F a percepire nella sua globalità circa 500-600 euro in meno rispetto ai appartenenti della P.S. (stesso Ministero dell'Interno) e degli altri Corpi dello Stato, sempre a parità di anzianità di servizio;
attualmente lo stipendio medio mensile di un pilota dei VV.F con una anzianità di servizio di circa 22 anni, che pilota aeromobili del valore di circa 15 miliardi delle vecchie lire che rischia la vita in missioni di soccorso in condizioni estreme, è di poco superiore a euro 1.900 (al netto compresa l'indennità di volo) mentre un pilota elicotterista dei VV.F di Trento, guadagna circa euro 3.000 al mese;
il mancato riconoscimento di adeguate retribuzioni sta provocando un esodo di professionisti e specialisti formati dallo Stato; tale situazione, oltre che generare amarezza, rappresenta anche un
grande spreco di denaro pubblico investito per le professionalità dei tecnici al servizio dello Stato -:
se il Governo non ritenga che sia doveroso riconoscere al personale dei Vigili del fuoco le stesse indennità previste per gli altri corpi dello Stato, considerato che le funzioni e le responsabilità nello svolgimento dei propri compiti, sono le medesime e che il decreto del Presidente della Repubblica n. 269 del 18 maggio 1987 prevede una copertura equiparata, facendo sì che l'indennità di volo mensile sia pagata nello stipendio e resa quindi pensionabile ed avvenga l'estensione delle indennità di volo della Polizia di Stato, al personale elicotterista VV.F;
se non ritenga doveroso procedere con la massima celerità ad attuare le previsioni del decreto del Presidente della Repubblica n. 314 del 23 dicembre 2002 relativo al nuovo inquadramento economico, posizioni economiche e profili professionali del personale aeronavigante dei Vigili del Fuoco.
(4-03301)
Risposta. - L'articolo 159 del decreto legislativo n. 217 del 13 ottobre 2005, relativo all'ordinamento del personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, ha disposto l'inquadramento degli appartenenti ai profili professionali del settore aeronavigante nelle qualifiche ordinarie (Capo squadra, Capo Reparto, eccetera fermo restando il riconoscimento del trattamento economico maturato, ivi compresa l'indennità di volo.
Detto inquadramento riguarda il personale le del settore in argomento in servizio alla data di entrata in vigore del citato decreto legislativo 217 del 2005 (1o gennaio 2006), in base al quale devono ritenersi, pertanto, pienamente superate le relative disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 2002, n. 314.
Presso il Dipartimento dei vigili del fuoco, del Soccorso pubblico e della Difesa civile si sta, inoltre, lavorando per estendere il beneficio relativo all'indennità di volo anche al personale che ha conseguito le prescritte specializzazioni a tutto il 31 dicembre 2006 e che, pur non inserito nei citati ruoli, è addetto a svolgere le specifiche attività del settore aeronavigante.
Ad oggi, l'indennità di volo (istituita dal decreto del Presidente della Repubblica n. 141 del 6 marzo 1981), viene corrisposta mensilmente nella misura di euro 666,40 ed euro 565,45 al personale inquadrato, prima della riforma, nei profili rispettivamente di pilota e di specialista del settore aeronavigante del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, che abbiano conseguito i relativi brevetti.
Detti importi, di cui viene lamentata la mancata equivalenza con analoghe professionalità della Pubblica amministrazione, sono corrisposti sulla base di disposizioni di carattere contrattuale ed i ritardi nella corresponsione dell'indennità di cui trattasi sono da correlarsi alle disponibilità finanziarie sui pertinenti capitoli di spesa.
Al pari delle altre indennità accessorie (come lo straordinario), l'indennità di volo è corrisposta direttamente dall'Amministrazione dell'interno, a differenza delle partite stipendiali che, in quanto spese fisse, sono disposte dal Ministero dell'economia e delle finanze ed è pensionabile analogamente a quanto previsto per gli altri Corpi dello Stato.
Peraltro, i competenti Uffici del dipartimento dei Vigili del fuoco, del Soccorso pubblico e della Difesa civile stanno lavorando per includere tale emolumento nelle voci che compongono lo stipendio mensile, al fine di semplificare le modalità per l'erogazione dell'emolumento stesso a vantaggio degli interessati.
Si è pienamente consapevoli del fatto, evidenziato dalla Signoria Vostra Onorevole, che la componente aerea dei vigili del fuoco gode attualmente, nel complesso, di un trattamento economico inferiore a quello percepito dagli altri Corpi dello Stato.
Sotto questo profilo, è impegno del Governo lavorare nella direzione di una sostanziale equiparazione dei relativi benefici economici.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.