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Allegato B
Seduta n. 208 del 20/9/2007
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GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta in Commissione:
VICO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
dal 16 novembre 2006 il servizio di verbalizzazione delle udienze penali è stato appaltato a livello nazionale ad un unico Consorzio;
sono stati riscontrati, sin da subito, mancanza di qualità nelle trascrizioni, oltreché gravissimi disservizi e ritardi (nonostante in molti Tribunali vengano dati termini di consegna diversi da quelli stabiliti dal contratto!), provati dalle penalità applicate al Consorzio aggiudicatario dell'appalto e culminati con documenti di protesta di varie Camere Penali locali e con uno sciopero degli avvocati del Foro di Catanzaro il giorno 4 giugno 2007 con presa di posizione dell'Unione delle Camere Penali Italiane (vedi delibera del 16 maggio 2007);
anche molti Magistrati hanno segnalato, con denunce al Consorzio e richiami al Ministero (vedi ad esempio Tribunale di Venezia, Pinerolo, Agrigento, eccetera), lo stato di disagio causato dal nuovo tipo di contratto, dovendo - ad esempio - ricordare a memoria le fasi processuali, non essendo - a distanza di tempo - in possesso dei verbali di udienza ovvero in possesso del solo verbale sintetico del Cancelliere a causa della mancata consegna delle trascrizioni;
si ritiene leso, in molti casi, il diritto di difesa degli imputati;
molti Magistrati - soprattutto G.I.P. - sono costretti ad affidare a periti esterni le trascrizioni di delicati procedimenti per mancanza di disponibilità da parte del Consorzio ad intervenire in tempi brevi ovvero dove non esistono impianti di fonoregistrazione - tra l'altro forniti, con regolare contratto, da azienda facente parte dell'R.T.I. - aumentando così i costi della Giustizia, ma assicurando per lo meno un servizio efficiente;
ancora oggi, a distanza di quasi un anno dalla partenza del contratto e nonostante le ripetute promesse di immediata attivazione da parte del Consorzio, si riscontra la non entrata in funzione del portale telematico - tranne che in qualche località ben visibile agli occhi del Ministro (vedi Roma) - che avrebbe dovuto essere il quid pluris del nuovo sistema di trascrizione e doveva essere il vero impianto innovativo di questo contratto;
ancora oggi si riscontra che, in talune parti di Italia (vedi Calabria e Sicilia), risultano scoperte di personale le Aule Giudiziarie, ritenendo - di conseguenza - che il Consorzio aggiudicatario del contratto abbia attestato il falso al momento
della formulazione dell'offerta tecnica, avendo dichiarato la completa copertura del territorio nazionale;
ancora oggi, oltreché ad un continuo viavai di persone all'interno degli Uffici e delle Aule giudiziarie senza alcun giuramento di rito (peraltro richiesto dal contratto), si verificano casi di dipendenti sottopagati o, addirittura, «a nero»;
si riscontra una lesione della privacy poiché si è persa la rintracciabilità del trascrittore, molto spesso non presente nell'Aula del dibattimento, mancando quasi dappertutto la firma apposta dallo stesso sotto la trascrizione, rischiando di causare la nullità del verbale stesso (come recitano gli articoli dal 134 al 142 del codice di procedura penale);
si ha notizia di file di trascrizione che circolano liberamente su internet, viaggiando - senza protezione - da un capo all'altro dell'Italia, col pericolo di un'intrusione da parte di hackers senza scrupoli o con interessi specifici, soprattutto per i più delicati procedimenti;
risulta evidente la presenza di numerosissime ditte sub-appaltatrici del contratto, inseritesi dopo la stipula dello stesso, mentre il capitolato ed il bando ne prevedevano l'elencazione ab origine e non in corso d'opera;
si può pensare che, alla scadenza naturale del contratto - due anni - vi potrà essere una situazione di monopolio in questo settore, non avendo alcun'altra azienda un fatturato specifico per poter partecipare all'eventuale futura gara e rendendo così il Consorzio attualmente detentore del contratto unico in grado di dettare regole economiche e tecniche;
risultano ancora senza giusta collocazione molti degli addetti delle ditte che, precedentemente al nuovo contratto, lavoravano con professionalità e puntualità all'interno dei nostri Tribunali;
a seguito di precedente interrogazione del 1o marzo 2007, il Ministro rispondeva in data 25 giugno 2007 che tutto andava per il meglio, non vivendo evidentemente quotidianamente la vita all'interno dei Tribunali e non conoscendo appieno ovvero conoscendolo per interposta persona la formulazione del contratto -:
quali provvedimenti il Ministro del lavoro e della previdenza sociale intenda assumere per tutelare tutti i lavoratori delle tante aziende locali che svolgevano il servizio di fonoregistrazione e trascrizione e che dal 16 novembre 2006 sono stati privati della loro occupazione e per tutelare i tanti lavoratori che all'interno del Consorzio Astrea-Lutech operano quotidianamente in condizioni di estrema precarietà, se non proprio senza alcun diritto sancito dallo Statuto dei Lavoratori;
quali provvedimenti il Ministro della giustizia intenda assumere per rimuovere questa gravissima situazione affinché lo stesso diritto di difesa sia garantito a tutti i cittadini, ripristinando un sistema «certo» di assegnazione del servizio a livello locale o distrettuale; per risolvere le inadempienze contrattuali, e della fornitura di servizio dell'appalto nei confronti della pubblica amministrazione; per assicurare la copertura della parte di territorio nazionale privo del servizio di fonoregistrazione e trascrizione attraverso le unità lavorative che operavano con le ditte estromesse dalla gara nazionale e mai rimpiazzate con altri lavoratori dal Consorzio aggiudicatario.
(5-01487)
Interrogazioni a risposta scritta:
ZACCHERA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante - che ne ha avuto copia in conoscenza - come in data 8 settembre 2007 il sindacato autonomo della Polizia Penitenziaria OSAPP abbia inviato al Ministro, ai Gruppi politici ed a numerosi parlamentari una lunga «lettera aperta» sulla situazione nelle carceri italiane e sull'impiego della Polizia Penitenziaria nei diversi Istituti di pena;
nella lettera si sottolinea come da ormai 8 anni non siano state operate variazioni nelle diverse piante organiche ciò comportando spesso una impossibilità nel seguire adeguatamente le necessità della popolazione carceraria che - per esempio a seguito del recente indulto - è molto variata a seconda delle zone del Paese sia in numero che per specifiche caratteristiche;
viene lamentata una sostanziale mancanza di dialogo tra Amministrazione penitenziaria e le rappresentanze sindacali del personale;
il numero dei detenuti sta nettamente aumentando e peraltro ciò è in linea con le promesse del Ministro dell'interno per avere «tolleranza zero» nei confronti della criminalità organizzata e della stessa microcriminalità -:
quali iniziative intenda prendere il Ministro in merito alle problematiche sollevate dai Sindacati di categoria della Polizia penitenziaria e specificatamente dall'OSAPP e se quanto sostenuto dalla scrivente Organizzazione sindacale abbia riscontri oggettivi e rappresenti quindi la difficile realtà delle carceri italiane.
(4-04876)
ZACCHERA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la stampa locale (vedi La Stampa del 7 settembre 2007) ha dato ampio spazio ad una iniziativa assunta dai sindacati autonomi della Polizia penitenziaria operante nel carcere Cerialdo di Cuneo che, oltre a voler organizzare un sit-in di protesta, paventano l'avvio di uno sciopero della fame degli agenti per protestare contro quelle che vengono lamentate come gravi mancanze nella gestione del carcere, tanto da chiedere anche il trasferimento della Dirigenza;
di tale situazione sarebbe stato informato anche il ministero -:
se quanto esposto dai gruppi sindacali abbia fondamento ed in questo caso che cosa si stia operando per venire incontro alle richieste del personale;
se sia stata avviata da parte del Ministero una operazione di controllo ispettivo o di verifica;
se non si ritenga comunque utile predisporre una accurata ispezione al carcere stesso al fine di valutare se quanto sollevato dalle predette Organizzazioni sindacali sull'andamento del carcere di Cuneo abbia obbiettivo fondamento, prendendo le conseguenti, eventualmente necessarie decisioni.
(4-04878)
BOCCHINO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito della riforma universitaria con riferimento al decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 5 giugno 2001 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 17 agosto 2001, si evidenzia nell'articolo 46 comma 2 e 3 un'oggettiva carenza circa l'attribuzione delle competenze all'ingegnere civile e ambientale iscritto alla sezione B dell'ordine professionale di appartenenza;
tale mancanza normativa sta comportando e comporterà non pochi disagi ai neolaureati, i quali, una volta iscritti all'albo di appartenenza, non sono in grado di comprendere le limitazioni in ambito progettuale derivanti dall'uso di «metodologie standardizzate», così come richiamato dall'articolo 46 comma 3 lettera a, n. 3 del decreto del Presidente della Repubblica -:
se non ritenga opportuno prendere i provvedimenti del caso per chiarire la norma e le modalità concrete di applicazione della stessa.
(4-04884)
CARUSO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il detenuto Adamo Pisapia, nato a Salerno il 13/02/1970, attualmente ristretto presso la casa di reclusione di Padova ha più volte sollecitato istanza di
trasferimento presso gli istituti penitenziari di Ariano Irpino, Melfi, Roma, Potenza o comunque qualsiasi istituto non lontano da Salerno, la sua città di residenza;
la richiesta è collegata a ragioni strettamente familiari;
Adamo Pisapia ha infatti genitori anziani, che, a causa della distanza geografica, non riescono a garantirgli la relazione e l'affettività familiare di cui attualmente ha estremo bisogno, vista sua la condizione di fragilità psicologica;
a tal proposito, già in data 10/11/2006, la direzione dell'istituto penitenziario di Padova ha ritenuto opportuno sottoporlo ad un periodo di Osservazione Psichiatrica presso l'apposita area sanitaria «M. Zagarolo» della c.c. di Livorno;
al termine dell'Osservazione, i responsabili del servizio psichiatrico accertavano che «il Pisapia non ha manifestato significative elevazioni della quota ansiosa se si esclude la preoccupazione relativa ad un eventuale rientro presso il carcere di provenienza. Al riguardo ha espresso ripetutamente l'insofferenza e il mancato adattamento in detta struttura a causa della lontananza dai familiari;
gli stessi sanitari concludevano la relazione affermando che «sarebbe opportuno, per ridurre il disagio psicologico e migliorare l'adattamento all'ambiente carcerario, un eventuale trasferimento del Pisapia in un Istituto più vicino ai suoi familiari»;
in data 29 maggio 2007 l'equipe di osservazione e trattamento della casa di reclusione di Padova, nella relazione di sintesi dell'ipotesi trattamentale, sottoscritta dall'educatore, l'assistente sociale, l'Ispettore Capo di Polizia penitenziaria, l'Esperto psicologo e il direttore coordinatore area pedagogica, afferma che «questa equipe prende atto delle difficoltà personali incontrate dal detenuto nell'aderire alle offerte trattamentali propostegli in questo Istituto. In considerazione dei disagi vissuti ed esternati e della sua richiesta specifica di avvicinamento ai familiari, si considera opportuno sostenere la persona in tale sua aspirazione per consentirgli di vivere la detenzione in maniera più adeguata e rispondere ai suoi bisogni effetti»;
tale relazione di sintesi di osservazione veniva successivamente approvata in data 06 agosto 2007 dal Magistrato di Sorveglianza di Padova con decreto n. 291 del 2007 R. Prog. Tratt. -:
se non ritenga opportuno sollecitare la competente Direzione Amministrativa Penitenziaria affinché venga predisposto in tempi brevi il trasferimento del detenuto presso un istituto più prossimo alla residenza della famiglia.
(4-04885)
GRIMOLDI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel recente passato della città di Locri rientra il tragico assassinio di Francesco Fortugno ex primario del Pronto Soccorso di Locri (Asl 9), compiuto il 16 ottobre 2005 per mano della 'ndrangheta mentre ricopriva la carica di vicepresidente del consiglio regionale della Calabria;
incriminato come mandante dell'omicidio, è risultato essere Alessandro Marcianò insieme al figlio, collega di lavoro sia di Francesco Fortugno sia della consorte della vittima, Maria Grazia Laganà, Vice Direttore Sanitario e responsabile del personale nella Asl 9 di Locri, fatta oggetto a sua volta di varie minacce di morte;
nel corso del 2006 viene deciso lo scioglimento e commissariamento della Asl 9 di Locri per infiltrazioni mafiose;
nel frattempo il Sostituto Procuratore della DDA di Reggio Calabria, titolare della indagine sull'omicidio Fortugno, ha accettato un nuovo incarico che lo vede vicedirettore dell'Ufficio legislativo del Ministero della giustizia;
il trasferimento non è stato certamente privo di conseguenza per le strutture giudiziarie di Reggio Calabria e di Locri, afflitte da gravi carenze di organico che ne impediscono il pieno funzionamento ed oggetto di richieste di chiarezza e di ispezioni;
nel frattempo mancano risposte all'omicidio, alla diffusa illegalità, alle connivenze mafiose all'interno della stessa Asl accertate da un documento ufficiale inspiegabilmente tenuto segreto;
nello scorso mese di luglio, la trasmissione televisiva «W l'Italia diretta» di Riccardo Iacona è tornata ad occuparsi dell'omicidio Fortugno, mettendo in risalto la difficoltà delle indagini e i troppi misteri ancora irrisolti, legati alle infiltrazioni stratificate della criminalità organizzata nella regione Calabria;
la procura di Catanzaro, dopo aver aperto un'inchiesta parallela che vede coinvolta la politica nazionale per un presunto utilizzo distorto di fondi pubblici, è stata recentemente oggetto di una ispezione ministeriale -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare per sopperire alle gravi carenze di organico e strutturali esistenti presso le strutture giudiziarie di Reggio Calabria e di Locri e garantire che le indagini proseguano ad ogni livello ed in ogni direzione;
quali siano le risultanze della indagine ministeriale disposta lo scorso mese di luglio presso la Procura di Catanzaro.
(4-04888)
PAOLO RUSSO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'organico di Polizia Penitenziaria previsto per la Casa Circondariale di Palmi, come da decreto del 2001 è di 121 unità, stilato sulla presenza XI della popolazione detenuta che all'epoca era di circa 120 detenuti;
dall'ultima relazione del Comandante di Reparto, risulta che ad oggi nonostante la popolazione carceraria sia lievitata a circa 220 detenuti l'organico di Polizia Penitenziaria, in controtendenza con l'aumento dei predetti sia attualmente di circa 172 unità di cui 50 in distacco presso altre sedi, 8 in missione e 4 allievi ufficiali;
tale situazione, nell'ultimo periodo, è anche degenerata poiché, per poter assicurare i livelli minimi di sicurezza dell'istituto, il personale ha dovuto effettuare turni di 12 ore continuativi e sono stati addirittura richiamati in servizio delle unità che si trovavano in congedo ordinario;
la cosa è ancor più grave se si considera che per la tipologia di detenuti reclusi (elevato indice di sorveglianza, alta e media sicurezza) presso la Casa Circondariale predetta sia arrivati, addirittura, ad impiegare nel turno pomeridiano solo 6 unità sulle 18 previste e nel turno notturno 5 sulle 12 previste;
tale condizione è stata più volte denunciata e portata all'attenzione del Ministro interrogato, del Sottosegretario alla giustizia e di altre alte Autorità dalla Confederazione Lavoratori Polizia Penitenziaria senza sortire ancora alcun esito -:
quali iniziative intenda assumere nell'immediato al fine di garantire all'istituto i livelli minimi di sicurezza previsti dalla legge;
quali provvedimenti ulteriori intenda assumere affinché sia rispettata la dignità del personale di polizia penitenziaria che con spirito di sacrificio ed abnegazione sta sacrificando la propria vita personale al di là di ogni obbligo contrattuale e per fare sentire agli stessi la Pubblica Amministrazione non distante e poco presente alle continue istanze che si levano dall'istituto.
(4-04905)
CARUSO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 1o aprile 2004 sono stati tratti in arresto in Italia due esuli turchi presunti
membri dell'organizzazione DHKP-C, Avni Er e Zeynep Kilic durante un'operazione repressiva di dimensioni internazionali organizzata dalle Autorità turche in collaborazione con le Autorità di vari Stati europei che ha portato all'incriminazione di 82 persone nella sola Turchia e altre 59 tra Germania, Olanda, Belgio e Italia;
il 20 dicembre 2006 si è concluso a Perugia il processo di primo grado, che ha visto gli esuli turchi condannati rispettivamente a 7 e 5 anni di carcere, a causa del loro lavoro di contro-informazione sulla politica repressiva dello Stato turco, in particolar modo sulle condizioni drammatiche di vita dei prigionieri politici rinchiusi nelle carceri turche di tipo-F;
si fa presente che gli altri inquisiti nella medesima inchiesta in Europa sono stati tutti rilasciati e altrettanto è avvenuto in Turchia;
mentre il 7 maggio Clemente Mastella, Ministro di giustizia ha firmato l'estradizione verso la Germania di Zeynep, ed è di giugno la richiesta di estradizione per Avni avanzata direttamente dalle autorità turche;
le Autorità turche accusano Avni Er per la contestazione portata nel 2000 al ministro degli esteri turco in visita al Parlamento europeo a Bruxelles, contestazione in cui vennero mostrate le foto dell'assalto militare del 1999 al carcere di Ankara nel corso del quale 10 prigionieri politici vennero torturati a morte;
in 7 anni di proteste estreme contro l'isolamento carcerario portate avanti con l'unica arma a loro disposizione, cioè lo sciopero della fame, nelle carceri turche sono morti 122 detenuti mentre più di 600 sono rimasti invalidi a vita;
il timore per Avni Er e Zeynep Kilic è che al loro arrivo in Turchia essi vengano immediatamente incarcerati e torturati. Avni Er e Zeynep Kilic non possono essere consegnati alla Turchia, paese in cui essi rischiano la vita;
secondo le indicazioni di Amnesty International e di tutte le organizzazioni internazionali sui diritti umani ancor oggi nelle carceri turche viene usata sistematicamente la tortura e lo stupro: durante il periodo di detenzione senza alcun contatto con l'esterno, polizia e gendarmeria praticano nei confronti dei detenuti ogni tipo di violenza, con anche elettroshock a genitali e seni;
difatti il processo di democratizzazione dello Stato turco va formalmente avanti, nonostante, nella realtà, i diritti umani e le elementari regole di democrazia siano violate sistematicamente;
anche nei rapporti recenti di Amnesty International sulla Turchia si sottolinea come siano «continuate a pervenire segnalazioni di tortura, che hanno evidenziato il crescente impiego di metodi che non lasciano segni visibili sul corpo. I detenuti hanno continuato ad essere sottoposti a trattamenti quali scosse elettriche, sospensione per le braccia e la falaka (percosse sotto la pianta dei piedi). Altri metodi di tortura e di maltrattamenti regolarmente segnalati comprendono gravi percosse, abusi sessuali, l'essere colpiti con violenti getti d'acqua fredda pressurizzata, l'essere denudati durante gli interrogatori, minacce di morte e di stupro, altre torture psicologiche, privazione del sonno, del cibo, di qualsiasi bevanda e la proibizione ad usare i servizi igienici. Secondo i rapporti, le donne e le ragazze arrestate hanno subito frequentemente stupri e abusi di tipo sessuale»;
il rapporto di Amnesty del 2003 segnala ad esempio la vicenda di «Hamdiye Aslan: donna circa di 37 anni madre di cinque figli, fermata a marzo a Mardin, nella provincia di Kýzýltepe e trattenuta per due giorni presso la sezione anti-terrorismo della polizia di Mardin. Secondo quanto riferito, la donna è stata spogliata e sodomizzata con un manganello, bendata e minacciata, schernita quando ha supplicato i suoi torturatori. Hamdiye Aslan è stata trattenuta nella prigione di Mardin per quasi tre mesi fino al momento
del rilascio in attesa del processo. I referti medici hanno confermato le sue denunce di tortura. Il procuratore di Mardin ha aperto un'indagine su cinque agenti di polizia accusati di averla torturata, mentre l'Ordine dei medici turco ha aperto una procedura contro due medici che avevano precedentemente dichiarato che la donna non era stata torturata»;
nel medesimo rapporto si segnalano altre decine di casi, come ad esempio le torture subite da «Tekin Demir arrestato insieme al figlio, tenuto bendato, denudato, per diversi giorni ha ricevuto scosse elettriche, è stato colpito con getti d'acqua fredda, percosso e minacciato, gli sono stati strappati i capelli e i baffi, le dita sono state ustionate con acqua bollente, le mani fratturate con gli stivali mentre giaceva sul pavimento»;
i rapporti inoltre evidenziano come «le vittime di tortura che hanno tentato di portare le loro denunce in tribunale hanno continuato ad incontrare grossi ostacoli. Poiché i detenuti erano frequentemente bendati, non era possibile identificare i torturatori. Spesso i referti medici che provavano l'avvenuta tortura sono stati distrutti e i medici che hanno documentato la tortura sono stati minacciati. L'intimidazione delle vittime e dei testimoni e un clima generalizzato di timore hanno anche contribuito a mantenere l'impunità, così come ha fatto la riluttanza dei procuratori ad indagare sul comportamento dei membri delle forze di sicurezza»;
l'isolamento nelle prigioni di massima sicurezza ha continuato ad essere oggetto di forte critica da parte delle organizzazioni internazionali in difesa dei diritti umani: le autorità turche infatti hanno proseguito nella costruzione di ulteriori penitenziari di tipo F e ad aggiungere, alle carceri già costruite, nuove sezioni in cui i dormitori sono stati sostituiti con piccole celle. Migliaia di reclusi nelle prigioni di tipo F subiscono uno stato di detenzione crudele, tenuti in isolamento prolungato o in isolamento a piccoli gruppi, trattamenti che possono configurarsi come inumani o degradanti, che disattendono sistematicamente le raccomandazioni del Comitato europeo per la prevenzione della tortura;
gli scioperi della fame contro le carceri di tipo F sono continuati e nel corso dell'anno hanno causato la morte di altre decine di detenuti. Sono giunte diverse segnalazioni circa i maltrattamenti subiti dai detenuti all'interno delle prigioni di tipo F, ma si sono rivelate difficili da verificare a causa dell'accesso limitato a tali strutture. Sotto la scure della censura è finita finanche l'ex presidente della commissione parlamentare sui diritti umani, Sema Piskinsut, rimossa dall'incarico non appena ha dichiarato che la tortura in Turchia è pratica sistematica: Piskinsut ha anche scritto un libro sulla tortura, per il quale ha subito l'incriminazione da parte del tribunale per la sicurezza dello stato;
più in generale sono centinaia i rappresentanti di organizzazioni per i diritti umani, partiti politici e sindacati che per aver denunciato le condizioni drammatiche di vita nelle prigioni di tipo F sono stati incriminati secondo l'articolo 169 del codice penale per complicità con organizzazioni armate illegali;
anche gli arresti di Avni Er e Zeynep Kilic rientrano in questa casistica, tant'è che gli arresti e le perquisizioni si sono svolte esclusivamente nelle sedi rappresentative di associazioni democratiche ed il materiale sequestrato come prova della loro presunta attività eversiva sono nella maggior parte dei casi, semplici dossier, volantini e materiale informativo sulle condizioni di vita nelle prigioni di tipo F;
fra i vari aspetti segnalati nel rapporto della Commissione europea sulla Turchia, emerge l'ancora preoccupante influenza dei militari nella società civile e nella politica, e i «casi di tortura fuori dai centri di detenzione», le «violazioni dei diritti umani nel sud-est curdo», i casi di «impunità» di «maltrattamenti da parte delle guardie carcerarie» e «l'applicazione troppo estesa dell'isolamento per i prigionieri»;
per questi motivi, l'estradizione di Avni Er e Zeynep Kilic verso la Turchia, sarebbe ancor più grave sapendo che questo paese pratica nelle sue carceri la tortura e l'isolamento;
si ricorda che violano il diritto internazionale non soltanto i Paesi che ricorrono a tortura e maltrattamenti, ma anche i governi che rimpatriano persone ben conoscendo il rischio di tortura cui esse vengono così esposte;
Louise Arbour, alto commissario dell'ONU per i diritti umani, ha inoltre dichiarato, nel maggio 2006, di ritenere che le eventuali garanzie diplomatiche non possano costituire una protezione efficace contro la tortura e i maltrattamenti, così come Thomas Hammarberg, commissario del Consiglio d'Europa per i diritti umani, ha rilevato, nel giugno 2006, che le garanzie diplomatiche non sono credibili e non si sono dimostrate efficaci in merito ad un caso analogo di rifugiati politici turchi per i quali il Belgio ha rifiutato di concedere l'estradizione -:
se non ritenga il ministro opportuno attenersi per i casi di Avni Er e Zeynep Kilic al dispositivo di diritto comunitario e internazionale per il quale l'estradizione non può essere autorizzata se vi è un pericolo concreto di violare una norma imperativa del diritto internazionale pubblico, quale il divieto della tortura o di altre pene e trattamenti disumani e degradanti.
(4-04907)