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Allegato B
Seduta n. 220 del 9/10/2007
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INTERNO
Interrogazioni a risposta immediata:
ANGELO PIAZZA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sabato 29 settembre 2007 si è tenuto nella città di Bologna un corteo di giovani appartenenti a diversi centri sociali, i quali, tra l'altro, protestavano contro il sindaco di Bologna, nel corso del quale i manifestanti non hanno rispettato il percorso autorizzato dal questore;
le forze dell'ordine non sono intervenute con la forza per interrompere la manifestazione, avendo il questore ed il prefetto di Bologna - nella loro discrezionalità tecnica - ritenuto preferibile e più efficace tale modalità di gestione della vicenda;
a seguito dell'opportuna e corretta scelta operativa del questore e del prefetto, il corteo e la manifestazione si sono svolti, infatti, pacificamente, senza disordini gravi né incidenti, né tanto meno vittime;
inopinatamente il sindaco di Bologna ha attaccato duramente il questore ed il prefetto, accusandoli di non essere intervenuti con la forza contro i manifestanti;
molti esponenti politici, organizzazioni e cittadini di Bologna hanno espresso sostegno ed apprezzamento per l'operato del questore e del prefetto di Bologna in ordine alla gestione dell'ordine pubblico durante la manifestazione;
analoga vicenda si è verificata sabato 6 ottobre 2007 con un corteo sempre di protesta contro il sindaco medesimo, il quale ancora una volta ha attaccato duramente il comportamento del questore di Bologna per la gestione dell'ordine pubblico, peraltro di nuovo ineccepibile, non essendosi verificata alcuna grave conseguenza in termini di danni materiali e alle persone -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per tutelare il prestigio ed il corretto operato del questore, del prefetto e delle forze dell'ordine di Bologna, nonché la loro piena autonomia nell'esercizio delle responsabilità in materia di ordine pubblico.
(3-01312)
MARONI, COTA, DOZZO, GIBELLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BODEGA, BRICOLO, BRIGANDÌ, CAPARINI, DUSSIN, FAVA, FILIPPI, FUGATTI, GARAVAGLIA, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LUSSANA, MONTANI, PINI e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da quanto si apprende dalle notizie pubblicate sugli organi di informazione in data 5 ottobre 2007, al termine di una riunione con la Consulta per l'immigrazione e l'associazione Migrantes, il prefetto di Treviso, Capocelli, ha affermato che: «se per motivi religiosi una persona indossa il burqa, lo può fare, basta che si sottoponga all'identificazione e alla rimozione del velo»;
non è la prima volta che la prefettura di Treviso si pronuncia in merito; già in passato si era espressa in ordine alla richiesta di far rispettare la normativa vigente, che vieta il «travisamento» in pubblico delle persone, affermando che l'ordinamento giuridico italiano non conosce norme che vietano l'occultamento dei tratti somatici delle persone fisiche, se non in presenza di situazioni particolari, tassativamente indicate da alcune leggi speciali, in cui tale comportamento può concretamente costituire un elemento di pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica;
il Presidente del Consiglio dei ministri Prodi e il Ministro interrogato hanno più volte ribadito come da una lato sia di fondamentale importanza garantire a tutte le confessioni religiose il diritto alla libertà religiosa e alla manifestazione dei propri principi di fede e dall'altro lato come l'utilizzo del burqa e del niqab siano incompatibili con il nostro ordinamento giuridico, perché non rendono possibile l'identificazione della persona e soprattutto perché rappresentano un'offesa alla dignità della donna;
in contrapposizione con la posizione più volte espressa ufficialmente da questo Governo, il Ministro delle politiche per la famiglia, Rosy Bindi, in questa occasione è intervenuta a difesa della decisione presa dal prefetto di Treviso, dichiarando «allo stesso modo con il quale vogliamo vedere i crocefissi appesi nelle nostre aule, siamo tenuti a essere rispettosi del velo con cui le donne islamiche si coprono il volto»;
a dispetto delle nuove norme contenute nella legge 31 luglio 2005, n. 155, approvata dal Parlamento all'indomani degli attentati londinesi del 7 e 21 luglio 2005, che dispongono l'inasprimento delle sanzioni previste nei confronti di chi si rende irriconoscibile dall'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, alcune prefetture continuano a permettere l'uso pubblico del burqa, rifacendosi ad un parere espresso dal ministero dell'interno in data 18 ottobre 2004, cioè antecedentemente al varo del cosiddetto «pacchetto Pisanu»;
secondo il predetto parere, il burqa in questione non sarebbe assimilabile «ad una maschera né ad un qualsiasi travestimento atto ad alterare i tratti somatici della persona», dovendosi piuttosto considerare «quale segno esteriore di una tipica fede religiosa»;
l'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, proibisce «l'uso di caschi protettivi o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo»;
si ricorda, inoltre, la circolare 14 marzo 1995, n. 4, con la quale il ministero dell'interno ha autorizzato l'uso del copricapo nelle fotografie destinate alle carte di identità di cittadini professanti culti religiosi, che impongano l'uso di tali copricapo;
con un'altra circolare del 24 luglio 2000, il ministero dell'interno ha precisato che il turbante, lo chador e il velo, imposti da motivi religiosi, «sono parte integrante degli indumenti abituali e concorrono, nel loro insieme, ad identificare chi li indossa, naturalmente purché mantenga il volto scoperto» e, pertanto, tali accessori sono ammessi, anche in ossequio al principio costituzionale di libertà religiosa, purché i tratti del viso siano ben visibili; tale circolare, di conseguenza, estende il principio della precedente, riferita alla carta d'identità anche alle fotografie da apporre sui permessi di soggiorno;
mentre il burqa e il niqab, oltre ad essere un simbolo religioso, nascondono il volto di chi l'indossa, i chador e i copricapo mantengono il loro significato simbolico e religioso, ma non occultano il volto della persona;
la definizione di ordine pubblico è stata resa in modo magistrale dalla Corte costituzionale, con sentenza 16 marzo 1962, n. 19: l'ordine pubblico è un valore costituzionalmente protetto, quale patrimonio dell'intera collettività; sono, pertanto, costituzionalmente legittime le norme che effettivamente, ed in modo proporzionato, siano rivolte a prevenire e a reprimere i turbamenti all'ordine pubblico (intesi come insorgere di uno stato concreto ed effettivo di minaccia all'ordine legale mediante mezzi illegali idonei a scuoterlo), eventualmente anche mediante la limitazione di altri diritti costituzionalmente garantiti;
la norma che vieta il mascheramento risale, infatti, ai cosiddetti «anni di piombo», nei quali accadeva di frequente che si commettessero omicidi con il volto nascosto da un passamontagna;
la Corte costituzionale ha dettato i criteri: è possibile limitare un diritto costituzionalmente garantito (quale quello della libertà religiosa), ma solo con norme che in modo proporzionato reprimano uno stato concreto ed effettivo di minaccia all'ordine legale mediante mezzi illegali idonei a scuoterlo;
nel nostro Paese le indagini sul terrorismo internazionale hanno portato a numerosi arresti e hanno dimostrato, senza ombra di dubbio, la presenza di cellule eversive del terrorismo islamico legate al movimento di Al Qaeda;
le varie inchieste giudiziarie hanno accertato la presenza di cellule terroristiche islamiche in Italia, che è divenuta terra di indottrinamento e arruolamento per aspiranti mujahidin, miliziani islamici che hanno combattuto in Afghanistan, Bosnia, Kashmir, Palestina e Iraq. Gli estremisti islamici hanno sentenziato che l'Italia è diventata un dar al-harb, territorio di guerra, legittimandone l'aggressione -:
quali direttive intenda impartire nei confronti del prefetto di Treviso al fine di garantire la corretta interpretazione delle norme vigenti finalizzate alla sicurezza pubblica, anche in relazione alle contraddittorie dichiarazioni del Ministro Rosy Bindi rispetto alla posizione assunta dal Ministro interrogato.
(3-01313)
LEONE e SANTELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il prefetto di Treviso ha autorizzato l'utilizzo del burqa, basando questa incredibile decisione su una circolare del dipartimento di polizia del 2004, e il Ministro Bindi avrebbe espresso parere favorevole su tale decisione;
ad avviso degli interroganti, è del tutto inconcepibile ed assurdo ammettere l'uso del burqa, indumento offensivo per la dignità della donna, dando così spazi e credibilità alla parte più retriva ed estremista degli islamici presenti nel nostro Paese;
va sottolineato, inoltre, che la decisione del prefetto di Treviso si pone in stridente contrasto con i principi di assoluta parità tra uomo e donna sancita dalla nostra Carta costituzionale e patrimonio di tutte le democrazie degne di questo nome -:
come valuti la sorprendente decisione del prefetto di Treviso, che sembra attribuire maggior valore ad una circolare piuttosto che ad una legge dello Stato.
(3-01314)
Interrogazioni a risposta orale:
GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA e ACERBO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come risulta da un articolo del quotidiano locale di Pescara Il centro del 4 ottobre 2007 i carabinieri di Pescara avrebbero fermato e multato, nel corso di un blitz contro la prostituzione, alcuni transessuali utilizzando l'articolo 5 del regio decreto del 1931 - Testo unico delle leggi di sicurezza;
l'articolo 85 (articolo 83 testo unico 1926), cita testualmente: «È vietato comparire mascherato in luogo pubblico. Il contravventore è punito con l'ammenda da 20.000 a 200.000 lire. È vietato l'uso della maschera nei teatri e negli altri luoghi aperti al pubblico, tranne nelle epoche e con l'osservanza delle condizioni che possono essere stabilire dall'autorità locale di pubblica sicurezza con apposito manifesto. Il contravventore e chi, invitato, non si toglie la maschera, è punito con l'ammenda da 20.000 a 200.000 lire»;
l'utilizzo di tale articolo, a parte l'incongruità oggettiva di riesumare un articolo di polizia riferito a una normativa regia del 31 firmata da Mussolini, appare all'interrogante del tutto decontestualizzato rispetto alla questione in oggetto poiché l'unica sentenza della Cassazione che accredita tale articolo, risalente al 1976, afferma sì il divieto di comparire mascherati in pubblico e ne ribadisce «un
carattere assoluto, essendo diretto a impedire che, mediante il mascheramento, possano compiersi reati» ma risulta palesemente non riferibile all'intervento messo in atto dai carabinieri di Pescara poiché il nostro ordinamento giuridico non contempla il reato di prostituzione e dunque i transessuali fermati con riferimento a questa norma ormai obsoleta avrebbero, a parere degli interroganti, subito un abuso;
ciò che invece appare evidente agli interroganti è che l'utilizzo di questa norma nel caso in oggetto, viola chiaramente il principio costituzionale della non discriminazione nonché la normativa europea che vieta qualsiasi discriminazione per motivi di religione, sesso, razza, orientamento personale e identità di genere, poiché in questo caso il travestimento non è affatto un mascheramento né un travisamento atto ad alterare i connotati essenziali del sesso e della persona fisica ma è strettamente connesso con l'orientamento personale e di identità di genere delle persone sottoposte a fermo di polizia -:
se il Ministro sia al corrente di tale circostanza e di quali elementi disponga in merito.
(3-01307)
GASPARRI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
si apprende dal quotidiano «Libero» del 7 ottobre 2007 che, per le consultazioni interne al Partito democratico previste per il 14 ottobre 2007, in alcuni comuni italiani saranno utilizzate anche delle strutture scolastiche -:
se i ministri interrogati siano a conoscenza di questo fatto sconcertante;
in caso affermativo, quante scuole siano state messe a disposizione dei partiti della sinistra per essere trasformate in seggi per le elezioni primarie del Partito democratico;
se non si ritenga di impedire immediatamente questo uso improprio degli istituti scolastici, nei quali si vota soltanto per le elezioni valide ai sensi della legge;
quanto costerebbe allo Stato, ovvero ai contribuenti, quello che appare all'interrogante come un vero e proprio abuso;
se ritengano coerente questo scandalo con la lotta agli sprechi della quale il governo Prodi si dichiara paladino;
quali siano le valutazioni del governo su questa inammissibile iniziativa che l'interrogante ritiene debba essere subito bloccata.
(3-01322)
Interrogazioni a risposta scritta:
COSTA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il signor Massimiliano De Santis residente a Peveragno (Cuneo) ha convissuto con la signora Anastasiya Kulyeva cittadina moldava;
dalla loro unione è nata Sophie Nicole De Santis, regolarmente riconosciuta da entrambi i genitori;
il rapporto tra i genitori entrava successivamente in crisi: nell'interesse della piccola Sophie veniva interessato il tribunale dei minorenni di Torino;
la questura di Verona, nel frattempo, su richiesta del padre, temendo che la madre - come già aveva fatto in passato - la recasse con sé fuori dall'Italia, ritirava il passaporto della bambina;
in seguito ai trasferimento della Kulyeva a Verona, il Tribunale per i minorenni di Torino disponeva che, oltre alle già previste visite feriali, il padre della bambina avrebbe potuto tenerla con sé a Cuneo per una settimana al mese;
il giudice dei Tribunale di Verona, revocando la decisione della Questura, disponeva la restituzione del passaporto della bambina;
come conseguenza immediata di tale decisione del Tribunale di Verona la
Kulyeva, portando con sé la figlia, si allontanava dall'Italia, facendo perdere le proprie tracce;
tale decisione appare all'interrogante estremamente grave, tenuto conto dei prevedibili - e puntualmente verificatisi - effetti della medesima;
il padre, signor De Santis sporgeva querela contro la donna presso la Squadra Mobile della Questura di Cuneo (7 maggio 2007) ed intraprendeva, ad iniziativa dei legali, un'istanza di restituzione della figlia ai sensi della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, presso il Dipartimento di Giustizia Minorile del Ministero della giustizia -:
quali azioni intendano promuovere al fine di rintracciare la piccola Sophie che, per le precarie condizioni di salute, necessita di particolari cure ed attenzioni.
(4-05162)
FUGATTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel nostro Paese gli uomini e le donne di fede musulmana sono circa un milione, poco più di diecimila invece gli italiani convertiti all'Islam. Di fondamentale importanza è analizzare come si è organizzata questa comunità in Italia, dove opera, come agisce e da chi è finanziata;
in Italia, e anche in Trentino, il fenomeno sociale della diffusione di centri islamici e moschee, in molti casi abusivi, sta subendo negli ultimi anni una crescita esponenziale allarmante. Nel giro di poco tempo sono sorte nel territorio trentino moschee, centri culturali e religiosi (che altro non sono che scuole coraniche), nonché attività commerciali gestite direttamente dalle comunità musulmane (macellerie, phone center eccetera);
per quanto riguarda il Trentino i centri culturali islamici sorti negli ultimi anni sono ubicati a Trento in via Vivaldi, a Dro in via Roma, a Cles in via Fabio Filzi, a Rovereto in largo Posta, a Pergine Valsugana;
inoltre, negli ultimi mesi alcune amministrazioni comunali hanno concesso ad associazioni islamiche l'utilizzo di locali pubblici per la loro attività, all'interno della quale si svolgono anche momenti di preghiera, come accade per esempio ad Ala presso la sala Zendri;
è stato più volte documentato da fonti giornalistiche che molto spesso, in occasione di funzioni religiose o di semplici incontri associativi, gli imam predicano odio nei confronti della cultura occidentale e sentenziano condanne contro tutti coloro che non si comportano secondo i dettami coranici (inutile ribadire come questi, in molti casi, siano antitetici ai principi e ai valori su cui è fondata la nostra tradizione culturale e che come tali si ritrovano anche nella Costituzione italiana);
poco o nulla si sa sulle modalità di finanziamento di tali attività da parte delle associazioni islamiche -:
se il ministero possa fornire una mappatura completa di tutte le moschee, i centri culturali islamici e i locali pubblici concessi dalle amministrazioni comunali alle associazioni islamiche presenti in Trentino, ed una scheda informativa sulle relative modalità di organizzazione e finanziamento.
(4-05168)
FITTO e LAZZARI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da alcuni mesi ormai nel Comune di Neviano, in Provincia di Lecce, il Sindaco di centrosinistra Giorgio Cuppone nega alla opposizione l'uso della Piazza Concordia per comizi politici;
nei giorni scorsi per la quarta volta il Sindaco ha respinto una richiesta dei partiti del centrodestra, in base ad una sua interpretazione del regolamento comunale
che, a suo dire, impedirebbe di concedere Piazza Concordia per i comizi, se non in periodo elettorale;
il regolamento comunale, in vigore dal 1991, prevede espressamente che Piazza Concordia possa essere concessa per comizi e manifestazioni politiche in occasione di consultazioni elettorali o, comunque, a sfondo politico;
posto che l'espressione «a sfondo politico» utilizzata nel testo del regolamento può riferirsi solo a «manifestazioni» e non a «consultazioni elettorali», l'interpretazione del Sindaco appare del tutto errata;
i Sindaci che dal 1991, data in cui è entrato in vigore il regolamento comunale, ad oggi, hanno preceduto il Sindaco Cuppone, fossero di destra o di sinistra, hanno sempre concesso l'uso di Piazza Concordia per comizi politici anche al di fuori dei periodi di campagna elettorale, mai nessuno prima ha interpretato il regolamento comunale in maniera tanto restrittiva;
numerosi cittadini e consiglieri comunali hanno già interessato del problema la Prefettura di Lecce che, pur essendosi attivata, non ha ancora convinto il Sindaco di Neviano a rispettare i diritti dell'opposizione -:
se il Ministro interrogato non intenda acquisire elementi informativi presso la Prefettura in merito a tale vicenda.
(4-05171)