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Allegato B
Seduta n. 221 del 10/10/2007
TESTO AGGIORNATO AL 16 OTTOBRE 2007
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la globalizzazione dell'economia e la pratica di deregolamentazione del commercio mondiale stanno provocando effetti indesiderati sulle industrie manifatturiere dei Paesi dell'Unione, in particolare in Italia;
in Italia, l'impiego industriale rappresenta il 13 per cento dell'occupazione;
se non si agisce con decisione a favore del settore industriale, la progressiva riduzione della partecipazione dell'industria al prodotto interno lordo dei Paesi dell'Unione europea, registrata a partire dagli anni '80, potrebbe subire un'ulteriore accelerazione nei prossimi anni;
recenti studi hanno posto l'accento su questo problema, segnalando che la progressiva scomparsa dell'occupazione industriale nell'Unione europea non si accompagna ad un aumento dell'occupazione nei servizi e nell'alta tecnologia;
nel rispetto degli obiettivi di Lisbona, basati su un accrescimento della conoscenza, dell'innovazione, della ricerca e della formazione permanente, sarebbe necessario creare una politica industriale comune nell'Unione europea che eviti gli effetti economici e sociali negativi della dislocazione industriale nei paesi terzi, assicurando che il mercato europeo sia tutelato da pratiche commerciali che non rispettano quei valori e quelle esigenze che l'Unione europea stabilisce per la propria produzione industriale;
il settore del tessile/abbigliamento e calzaturiero, in particolare, è considerato strategico per l'industria europea e per quella italiana, non soltanto perché è un'industria con milioni di occupati (800.000 solo in Italia), ma anche perché è il testimone più evidente della cultura, del gusto, del modo di vivere del popolo italiano;
giova evidenziare che l'Italia, pur non essendo un paese «protezionista», per evitare una crisi stagnante, oggi alimentata dalla crescita di beni importati dalla Cina e da altri paesi concorrenti, necessita di un periodo di tempo per poter rinnovare, riconvertire e rilanciare il settore tessile/abbigliamento con una strategia di investimento sul piano dell'innovazione, della ricerca, della formazione;
come è noto, molte industrie cinesi, favorite dal basso costo della manodopera, spesso sfruttata e non retribuita, e dei materiali di scarsa qualità, hanno la possibilità di produrre ed esportare i loro prodotti a prezzi nettamente inferiori a quelli del mercato occidentale, anche se ciò non avviene sempre nel rispetto della legislazione vigente;
a dimostrazione di quanto da ultimo affermato, l'86 per cento degli oltre 250 milioni di articoli contraffatti e sequestrati in un anno in ambito europeo, per un giro d'affari stimabile tra 5 e 7 miliardi di euro, proviene dalla Cina;
i prodotti maggiormente contraffatti sono le sigarette, l'abbigliamento e gli strumenti tecnologici di uso comune, anche se il dato più allarmante riguarda la crescita esponenziale di falsificazioni pericolose dei medicinali, nella misura del 400 per cento, dei generi alimentari e dei prodotti per la cura personale;
nei giorni scorsi, la Guardia di finanza di Prato ha sequestrato, in una società di distribuzione all'ingrosso, giocattoli e prodotti per la casa potenzialmente pericolosi di provenienza e fattura cinese che recavano, nella maggior parte dei casi, un'imitazione del marchio di conformità «CE», tale da indurre in inganno il compratore, convinto della loro autenticità e attratto dal basso costo del prodotto;
nel dicembre 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di
regolamento relativa all'obbligo dell'indicazione del paese d'origine per taluni prodotti importati da paesi terzi. La proposta mira a introdurre un sistema obbligatorio di apposizione del marchio del paese d'origine (requisito «made in») per vari prodotti importati quali tessili, gioielli, abbigliamento, calzature, pellame, lampade e accessori per l'illuminazione, articoli in vetro e borse. La proposta non contempla il marchio «made in UE» in quanto si applica solamente ai prodotti importati;
il Gruppo parlamentare per Unione per l'Europa delle Nazioni ha presentato, il 3 luglio 2006, una risoluzione che accoglie favorevolmente la proposta di regolamento del Consiglio europeo che introduce l'obbligo di indicare il paese di origine di taluni prodotti importati da paesi terzi nell'Unione europea («marchio di origine») e incoraggia la Commissione ad intervenire energicamente, insieme agli Stati membri, per difendere le aspettative e i diritti legittimi dei consumatori ogniqualvolta vi siano prove evidenti di un comportamento ingannevole e/o dell'uso di marchi di origine fraudolenti o fuorvianti da parte di produttori stranieri e importatori;
il Parlamento europeo, inoltre, ha presentato e approvato, in data 24 settembre 2007, una risoluzione comune sulla sicurezza dei giocattoli, volta a sollecitare una normativa che preveda l'indicazione del paese d'origine sui prodotti importati, la revisione della direttiva europea sulla sicurezza dei giocattoli e la creazione di un marchio europeo per la sicurezza dei consumatori,
impegna il Governo:
ad assumere urgenti iniziative in ambito europeo affinché la Commissione europea fissi come priorità, nei prossimi anni, una politica industriale forte che contribuisca a mantenere l'occupazione e a sostenere la produzione dell'industria dei paesi membri, volta, pur in una logica di libera competizione, al controllo delle esportazioni provenienti dai Paesi competitori e, contemporaneamente, ad investimenti nel rilancio industriale, permettendo così di tutelare in modo idoneo lo sviluppo del tessile/abbigliamento europeo;
ad assumere iniziative volte a far sì che il rispetto della qualità, della tutela ambientale e sociale che si richiede alle industrie localizzate nei paesi dell'Unione europea venga richiesto, almeno in prospettiva e con tempi definiti, anche dalle industrie dei paesi terzi che esportano i propri prodotti verso l'Unione europea;
ad intervenire affinché l'attuale regolamentazione del mercato del lavoro evolva in un quadro di dialogo e condivisione con le parti sociali in modo tale da consentire alle industrie europee di intraprendere la transizione necessaria per far fronte alla concorrenza dei paesi terzi;
a mettere in atto politiche di sostegno alle industrie europee nel periodo di transizione per il loro adattamento alla nuova situazione di liberalizzazione commerciale, al fine di evitare che le massicce esportazioni provenienti dai paesi terzi provochino una «esportazione di disoccupazione» che difficilmente potrà essere assorbita da molti paesi dell'Unione europea;
a sollecitare, in base all'articolo 133, paragrafo 2, del Trattato istitutivo della CE, l'esame e l'approvazione della succitata proposta di regolamento da parte del Consiglio europeo, al fine di garantire che la qualità di fabbricazione dei prodotti sia perseguita anche dalle industrie dei Paesi terzi che esportano i propri prodotti verso l'Unione europea;
ad assumere urgenti provvedimenti, al fine di arginare il dirompente fenomeno della contraffazione che minaccia, nel nostro territorio, tutti i consumatori e le imprese italiane.
(1-00230)
«Pedrizzi,Lamorte, Proietti Cosimi, Germontani, Ciccioli, De Corato, Frassinetti, Migliori, Antonio Pepe, Perina, Baratella, Pedrini».
La Camera,
premesso che:
la questione dell'impatto ambientale, sociale ed economico del polo energetico brindisino non può essere ulteriormente procrastinata, al di là dell'appartenenza a qualsiasi schieramento politico;
ciascuna con propri distinti studi, Greenpeace, WWF e Legambiente hanno assegnato alla centrale a carbone di Cerano a Brindisi Sud la palma di centrale più sporca tra quelle esistenti in Italia (e tra quelle più sporche in Europa) con oltre 15 milioni di tonnellate di CO2 emesse in atmosfera nel 2005 ed una produzione (2.560 Mw) pari a tre volte la seconda centrale italiana del medesimo tipo;
da sola la suddetta centrale assorbe il 10 per cento di tutte le quote di emissione disponibili per il settore termoelettrico; né si dimentichi che sullo stesso territorio gravano la centrale Edipower a carbone da 640 Mw e la centrale a ciclo combinato Enipower da 1.170 Mw;
la Convenzione del 1996, contenente il Piano di risanamento dell'area di crisi ambientale di Brindisi e trasfusa nel decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 1998, che prevedeva la chiusura di una delle centrali a carbone e il funzionamento a gas di uno dei gruppi di Cerano è stata disattesa o stravolta da successivi atti delle amministrazioni locali, anche a seguito di tangenti processualmente accertate;
se la massiccia produzione di anidride carbonica comporta problemi di attuazione del Protocollo di Kyoto, ancor di più preoccupano le comunità locali le emissioni di metalli pesanti, gli sforamenti continui dei limiti PM10, la preoccupante crescita delle neoplasia, l'inquinamento accertato delle falde acquifere che hanno portato in vaste aree al pubblico divieto di impiantare colture agricole e di prelievo acquifero; acque che invece l'Enel preleva al ritmo di 1,8 milioni di mq/annui e che successivamente riversa, bollenti e sporche, in mare;
nel porto di Brindisi alcune aree, un tempo interamente dedicate ai commerci, oggi sono occupate dal carbone (8 milioni di tonnellate scaricate nel 2006), con ulteriore danno all'economia della provincia, mentre l'Agenzia europea dell'ambiente ha dichiarato la marina del porto di Brindisi come una delle più inquinate d'Europa;
nonostante il Governo in carica si dichiari propugnatore del Protocollo di Kyoto e dell'utilizzo di fonti energetiche pulite i fatti dimostrano il contrario: nessuna pressione reale è esercitata nei riguardi dell'Enel di cui pure il Tesoro è il principale azionista, ad onta di tutte le proteste locali; d'altro canto la discrasia tra parole ed azione è dimostrata dalla riapertura delle miniere di carbone del Sulcis, uno dei più inquinanti in circolazione, con previsione di realizzare colà una centrale termoelettrica, incentivata anche con i contributi CIP/6, come se si trattasse di energie rinnovabili e i cui maggiori costi sono scaricati direttamente nelle bollette degli italiani;
impegna il Governo:
ad attuare immediatamente la Convenzione del 1996, contenente il Piano di risanamento dell'area di crisi ambientale di Brindisi, trasfusa nel decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 1998;
ad escludere il polo energetico brindisino da qualsiasi ulteriore ipotesi di crescita.
(1-00231)«Leone, Vitali».
La Camera,
premesso che:
è in atto dal mese di ottobre una forte limitazione del traffico in uno dei tratti più tortuosi e difficili dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria e precisamente in quello che va da Bagnara Calabra a Scilla, il tutto nell'ambito degli interminabili lavori
di un ammodernamento di tale autostrada, fondamentale per il sud e per la Sicilia;
tale restrizione del traffico ad una sola corsia dovrebbe avere una durata di ben 5 anni con pesantissimi riflessi sia per il traffico automobilistico sia per quello dei mezzi pesanti;
circa i due terzi del traffico merci da e per la Sicilia, con un flusso di circa 35 milioni di tonnellate annue, avviene su gomma a cui si aggiunge il normale traffico automobilistico e quello stagionale legato al turismo: si ha così un quadro completo dei gravissimi danni che si prospettano per l'economia della Sicilia e della Calabria e dei gravissimi disagi che questa restrizione del traffico comporta per le popolazioni delle due regioni;
non sono stati ancora previsti percorsi alternativi adeguati in particolare per il traffico pesante e l'ipotesi di collegamento marittimo tra il porto di Gioia Tauro e i porti di Catania e Messina, specie per il traffico merci, ancora non è operativo e non avrà comunque la possibilità di risolvere tempestivamente tutti i problemi sul tappeto;
le inconcludenti dichiarazioni del Ministro delle infrastrutture, nel corso dello svolgimento di una recente interrogazione a risposta immediata, con cui ha sostanzialmente riconosciuto di non essere riuscito ad individuare adeguati percorsi alternativi in tempi e modi ragionevoli, hanno dimostrato ad avviso dei firmatari del presente atto l'assoluta impreparazione del Governo, nell'affrontare tale situazione che si può definire emergenziale;
nonostante il Governo Berlusconi fosse riuscito ad ottenere, primo Paese in Europa, l'autorizzazione a finanziare le «autostrade del Mare» e a predisporre i necessari provvedimenti a distanza di sedici mesi le disposizioni per avviare tale possibilità, che avrebbe favorito lo spostamento di quote di traffico sulla modalità marittima, riducendo il flusso di traffico oggi esistente, non sono state ancora emanate;
riemerge in maniera evidente quanto sia stata improvvida la decisione del Governo Prodi, di accantonare il progetto della realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, che avrebbe certamente rappresentato una definitiva svolta positiva per l'intero sistema della viabilità, non solo per la Sicilia e la Calabria, ma per l'intero Mezzogiorno d'Italia;
impegna il Governo
ad assumere immediate iniziative legislative volte a disporre adeguate compensazioni finanziarie per tutti gli operatori economici parte delle filiere dell'intero sistema economico della Sicilia e della Calabria, penalizzati dalla grave e prolungata restrizione del traffico autostradale tra Bagnara Calabra e Scilla;
a individuare finalmente e realizzare tempestivamente validi percorsi alternativi o modalità alternative di trasporto, da e per la Sicilia, senza che questi comportino una maggiorazione dei costi per gli utenti, siano essi automobilisti o autotrasportatori;
a prevedere compensazioni economiche, anche attraverso interventi di defiscalizzazione, per le imprese di trasporto su gomma che assicurano all'economia insulare la consegna delle merci prodotte o trasformate nell'isola, anche al fine di evitare che i maggiori costi e tempi di trasporto penalizzino l'economia della Sicilia e della Calabria;
a emanare deroghe sui divieti di circolazione per consentire, nell'ambito della Sicilia, agli autotrasportatori di poter effettuare le operazioni di raccolta delle merci in tempo utile per favorire l'utilizzo delle vie del mare, oltre che a realizzare varchi dedicati allo sbarco delle merci nei porti di partenza che sono terminali di tali tratte marittime;
a realizzare, da parte delle forze dell'ordine, controlli mirati sui tempi di guida e di riposo nei confronti di quei
conducenti che optassero per l'utilizzo della modalità stradale, per il trasporto delle merci provenienti dalla Sicilia.
(1-00232)
«La Loggia, Uggè, Alfano Angelino, Baiamonte, Caligiuri, D'ippolito Vitale, Fallica, Fedele, Floresta, Germanà, Giudice, Grimaldi, Marinello, Martino, Misuraca, Palumbo, Prestigiacomo, Stagno D'alcontres».
Risoluzioni in Commissione:
La VI Commissione,
premesso che:
l'articolo 1202 del codice civile disciplina la «Surrogazione per volontà del debitore»;
l'articolo 8 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese disciplina la portabilità del mutuo bancario;
il comma 1 dell'articolo 8 del decreto-legge n. 7 del 2007 consente al debitore di trasferire il mutuo, l'apertura di credito o altri finanziamenti contratti con una banca, un istituto finanziario o un ente previdenziale ad altri intermediari bancari e finanziari o enti previdenziali;
il comma 2 del sopra citato articolo 8 stabilisce che tale trasferimento si attua mediante un atto di surrogazione per volontà del debitore. Per effetto della surrogazione, il mutuante surrogato subentra nelle garanzie accessorie, reali e personali, al credito surrogato;
il comma 3 del sopra citato articolo 8 sancisce la nullità di ogni patto, anche posteriore, con il quale si impedisca o si renda oneroso per il debitore l'esercizio o la facoltà di surrogazione;
il comma 4-bis del sopra citato articolo 8 prevede che all'operazione di surrogazione non venga applicata né l'imposta sostitutiva di cui all'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, né le imposte di cui all'articolo 15 dello stesso decreto. L'atto di surroga è quindi esente da imposte;
il comma 1 dell'articolo 8-bis del decreto-legge n. 7 del 2007 vieta agli istituti assicurativi e bancari di addebitare al cliente le spese relative alla predisposizione, produzione, spedizione, o altre spese comunque denominate, relative alle comunicazioni di cui all'articolo 8 della medesima legge;
le associazioni dei consumatori, dal mese di aprile al mese di luglio 2007, hanno raccolto 2.507 denunce relative alla mancata applicazione della portabilità dei mutui;
nel mese di luglio 2007 le associazioni dei consumatori (Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori) hanno presentato esposti in 104 procure contro gli abusi e le illegalità delle banche rendendo noto, a mezzo stampa, che «non esiste una banca italiana o estera operante in Italia» che applichi correttamente la portabilità dei mutui così come disciplinata dalla legge n. 40 del 2007;
nel mese di luglio 2007 il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ha affermato, riguardo alle citate norme del decreto-legge n. 7 del 2007 che «le nuove norme hanno dato adito a difficoltà interpretative»;
nel mese di luglio 2007, il presidente dell'Antitrust, Antonio Catricalà, ha annunciato che è in corso una indagine, nei confronti degli istituti di credito, per verificare la corretta applicazione delle disposizioni introdotte in materia dal decreto-legge n. 7;
secondo una ulteriore indagine a campione, promossa dalle associazioni dei consumatori nel mese di settembre 2007 e resa nota dai mezzi di informazione, viene confermato che non esiste in Italia «una sola banca che attui la portabilità dei mutui»;
secondo quando emerso a mezzo stampa, le associazioni dei consumatori Adusbef e Federconsumatori hanno dichiarato che le banche monitorate «non hanno ancora applicato la portabilità dei mutui, forse perché consigliate dalla corporazione dei notai»;
venerdì 5 ottobre il consiglio nazionale dell'Ordine dei notai ha approvato una delibera con cui chiederà agli iscritti di contenere i costi degli atti necessari alla portabilità dei mutui;
nel mese di ottobre 2007 lo stesso Ministro dello sviluppo economico, Pierluigi Bersani, ha dichiarato, a mezzo stampa, che in tempi brevi «si sbloccherà davvero la portabilità dei mutui», riconoscendo quindi di fatto la mancata completa applicazione del decreto- legge n. 7,
impegna il Governo
a rimuovere ogni ostacolo di natura normativa e/o regolamentare che impedisce ai cittadini, che se ne intendano avvalere, di esercitare il diritto alla portabilità del mutuo, dando così piena attuazione all'articolo 8 del decreto-legge n. 7 del 2007.
(7-00285) «Ceccuzzi».
La VIII Commissione,
premesso che:
è stato di recente adottato il nuovo piano economico-finanziario di ANAS S.p.A., nonché l'elenco delle opere infrastrutturali di nuova realizzazione;
il valore delle opere stradali e autostradali da realizzare nell'arco temporale di riferimento del piano raggiunge l'importo di 112,4 miliardi di euro, se si considerano anche le opere in corso (il cui importo è pari a 10,5 miliardi di euro) e le opere per le quali si prevede il ricorso alla tecnica della finanza di progetto (per un totale di 23,1 miliardi di euro);
per valutare compiutamente la situazione complessiva degli investimenti nel settore stradale e autostradale, occorre procedere ad una integrazione del piano economico-finanziario dell'ANAS con il cosiddetto «Allegato infrastrutture» al DPEF, che inserisce il piano all'interno di un più generale disegno di programmazione delle priorità infrastrutturali;
occorre, dunque, che il Governo assicuri ogni possibile sforzo per implementare gli investimenti nel settore stradale, soprattutto in quelle aree che - per ragioni di forte capacità produttiva ed economica - necessitano di interventi coerenti di ammodernamento e messa in sicurezza dell'asse viario, anche ai fini di una maggiore prevenzione degli incidenti stradali;
lo stesso piano ANAS contiene la previsione di stanziamenti per la realizzazione di opere di manutenzione straordinaria e di interventi di manutenzione ordinaria sulla rete viaria dello Stato, in modo da raggiungere adeguati livelli e standard di sicurezza, che siano comparabili con quelli delle principali reti stradali e autostradali europee;
il piano non procede ad una individuazione dettagliata degli investimenti da realizzare, che è ripartita esclusivamente per grandi aree regionali;
in questo contesto, occorre riconoscere che il territorio della provincia di Treviso rappresenta una delle principali emergenze sulla rete viaria statale;
l'urgenza di intervenire sulle direttrici di competenza dell'ANAS sul territorio trevigiano è riconosciuta da tutte le autonomie locali e dalle stesse strutture territoriali della società stradale;
occorre, ora, che il Governo sappia inserire chiaramente tali interventi tra le proprie priorità di investimento, garantendo adeguati finanziamenti;
gli interventi necessari a risolvere le criticità esistenti sono i seguenti:
a) messa in sicurezza dell'intersezione tra la strada statale 13 «Pontebbana» e la strada statale 51 «di Alemagna» nel comune di San Vendemiano (fabbisogno finanziario pari a 8 milioni euro);
b) messa in sicurezza dello svincolo tra la strada statale 13 «Pontebbana» e la strada provinciale 71 «del Ponte della Muda» nel comune di Cordignano (fabbisogno finanziario pari a 1,5 milioni euro);
c) messa in sicurezza dell'intersezione tra la strada statale 13 «Pontebbana» e la strada provinciale 75 nel comune di Mogliano Veneto (fabbisogno finanziario pari a 4,9 milioni euro);
d) lavori di manutenzione straordinaria del ponte sul fiume Piave con realizzazione di pista ciclopedonale (fabbisogno finanziario pari a 4,9 milioni euro),
impegna il Governo
ad adottare ogni possibile iniziativa di competenza, al fine di promuovere la realizzazione degli interventi di cui in premessa, anche mediante il loro inserimento tra le priorità infrastrutturali del piano di investimenti dell'ANAS.
(7-00284)«Dussin».