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Allegato B
Seduta n. 227 del 19/10/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
AMORUSO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 26 gennaio 2007 i carabinieri del Nas, nel corso di un controllo presso l'ipermercato Ipercoop di Andria, hanno sequestrato numerosi generi alimentari sfusi le cui date di scadenza erano state alterate;
i due dipendenti dell'ipermercato colti in flagrante durante l'operazione di rietichettatura hanno detto di obbedire a «disposizioni impartite dalla direzione» (cfr. La Gazzetta del Nord Barese - inserto della Gazzetta del Mezzogiorno - del 28 gennaio 2007, pag. 2);
questo episodio ha comprensibilmente allarmato i consumatori di Andria e dei centri limitrofi, tanto più sorpresi perché negli ultimi anni la grande distribuzione alimentare ha preso sempre più piede anche sulla scorta dell'idea che essa, pur a scapito dei prodotti più tradizionali delle varie regioni italiane, dovrebbe assicurare i migliori standard igienici e di sicurezza alimentare -:
quali urgenti iniziative intenda intraprendere perché le catene della grande distribuzione siano sottoposte ad un costante e continuo controllo in modo da evitare il ripetersi di episodi gravi e causa di allarme nei consumatori come quello di Andria;
se, nel corso di altri controlli dei Nas, siano state riscontrate irregolarità analoghe in altri centri di grande distribuzione pugliesi.
(4-02465)
Risposta. - Si precisa che la competente Direzione generale del Ministero della salute ha richiesto, con nota del 21 febbraio 2007, all'Assessorato alla sanità della Regione Puglia e al Comando Carabinieri per la tutela della salute (NAS) ogni informazione utile sulla problematica oggetto dell'interrogazione e sui provvedimenti adottati al riguardo, finalizzati a prevenire il ripetersi di tali episodi e ad assicurare un elevato livello di tutela del consumatore.
Personale del citato Comando di Bari, nell'ambito di accertamenti, relativi a presunte irregolarità nell'etichettatura di prodotti alimentari, e di specifici controlli presso i Supermercati «Ipercoop» di Andria e Barletta, il giorno 25 gennaio 2007 hanno sorpreso, nel reparto di vendita dei formaggi e dei prodotti di pasticceria dell'Ipercoop di Andria, due dipendenti intenti a confezionare e riconfezionare la merce alimentare, con etichette recanti una nuova data di confezionamento (26 gennaio 2007).
In tale circostanza i NAS hanno:
effettuato il sequestro di chilogrammi 124 dei predetti alimenti, nonché degli imballaggi impiegati per le illecite operazioni di rietichettatura;
prelevato n. 2 campioni;
informato la Procura della Repubblica di Trani (Bari), in ordine all'ipotesi di reato di cui agli articoli 515 codice penale (frode
nell'esercizio del commercio) e 5, lettera b), legge 30 aprile 1962, n. 283 (detenzione di alimenti in cattivo stato di conservazione).
In data 5 febbraio 2007 sono stati condotti analoghi accertamenti presso l'Ipercoop di Barletta, i quali hanno consentito di verificare che i prodotti alimentari esposti in vendita non riportavano in etichetta l'indicazione relativa alla data di confezionamento.
Si precisa che precedenti sporadici casi sono emersi negli anni 2000, 2002 e 2003 nelle Regioni Lazio e Toscana, con conseguente sequestro di chilogrammi 11.000 di derrate alimentari, per contraffazione del «Termine minimo di conservazione» o della «Data di scadenza».
Anche il Dipartimento di Prevenzione della competente ASL, su sollecitazione dell'Assessorato regionale alle politiche della salute, ha effettuato sopralluoghi presso i citati centri di vendita; non sono state accertate irregolarità presso il punto vendita di Andria, mentre presso quello di Barletta sono emerse carenze per le quali sono stati adottati provvedimenti sanzionatori e prescrittivi.
L'Assessorato regionale suddetto ha confermato che, nell'ambito dei programmi regionali di sicurezza alimentare, è prevista una regolare attività di vigilanza e controllo nel settore della grande, media e piccola distribuzione, da parte dei Dipartimenti di prevenzione delle Aziende sanitarie locali.
Non può non essere segnalata, inoltre, la costante e fattiva attività di vigilanza espletata dai NAS su tutto il territorio nazionale relativamente al sistema di distribuzione alimentare e a quello di conservazione degli alimenti, e ad ogni possibile forma di frode in commercio che costituisca pericolo per la salute dei consumatori.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Gian Paolo Patta.
AZZOLINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dei trasporti, al Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
è sempre più diffusa la figura del «cane da salvataggio in acqua» con la Società Nazionale di Salvamento, che attraverso associazioni ad essa affiliate, rilascia specifici brevetti di abilitazione a tale servizio, svolto anche in ambito di Protezione Civile, che consente, tra l'altro, di svolgere attività di ausilio al salvataggio e sorveglianza litorale, in collaborazione con le Capitanerie di Porto;
da tali brevetti per consuetudine vengono esclusi, a giudizio dell'interrogante, senza alcuna motivazione i cani meticci, non di razza e ciò non permette, peraltro, possibili adozioni dai canili che potrebbero fornire una casa a questi animali abbandonati e far risparmiare le amministrazioni locali;
è sempre più diffusa l'insana pratica di far effettuare ai «cani di salvataggio in acqua» tuffi da elicotteri, che mettono in pericolo la salute dei cani stessi, per puro scopo spettacolare, senza alcun oggettivo indirizzo operativo -:
se ritengano di dover adottare iniziative concrete volte a disporre il riconoscimento, l'affiliazione o la collaborazione dei propri Ministeri e di organi controllati, solo con Società e Club che riconoscano brevetti per unità cinofile di salvamento anche a cani meticci, non di razza;
se in applicazione della legge n. 189 del 2004 contro il maltrattamento degli animali, non ritengano di dover adottare iniziative concrete volte ad introdurre il divieto di effettuare tuffi in acqua dei cani da salvataggio da elicotteri.
(4-01993)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri ed entro i limiti delle proprie competenze istituzionali.
Il Ministero dell'interno ha precisato che, nell'ambito del settore cinofilo della Polizia di Stato, non vengono impiegati cani per operazioni di salvataggio a nuoto e che
la stessa Polizia si avvale, già da alcuni anni, anche di cani di razza meticcia.
Per i cani delle forze dell'ordine pubblico, tra i quali si possono ricomprendere anche quelli utilizzati dalla Protezione civile, il Ministero della salute non ha previsto uno specifico regime normativo, nel presupposto che le organizzazioni di pubblica sicurezza utilizzino gli animali, prevalentemente i cani, in modo corretto e per scopi di pubblica utilità.
Peraltro, si ritiene che cani, così attentamente addestrati sino a raggiungere un'estrema professionalizzazione (esempio cani anti-droga, cani ricerca valanghe, cani salvataggio naufraghi, cani poliziotto per il mantenimento dell'ordine pubblico, eccetera), vengano utilizzati con ogni possibile precauzione e ricevano le cure adeguate da parte dei custodi e dell'organizzazione che li ha in dotazione.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Gian Paolo Patta.
BELLILLO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
un articolo (Lavoratrice usa e getta) pubblicato sul periodico Diario (del 30 marzo 2007) riporta il caso di una lavoratrice dipendente da una banca tedesca attiva in Italia, sottoposta e mobbing e demansionamento in quanto malata;
la banca tedesca BHW di diritto tedesco, che in Germania svolge la normale attività bancaria, in Italia opera unicamente nella concessione di mutui per la casa. Nel nostro Paese i dipendenti sono circa 70 e i collaboratori (agenti commerciali) sono circa 600; in Italia i dirigenti sono inquadrati nei contratti del settore creditizio; i dipendenti hanno contratti del commercio il che provoca notevole malcontento, ma nessuno prende l'iniziativa di azioni di protesta per paura di licenziamenti ed anche perché non vi è alcuna garanzia sindacale, in quanto i sindacati non sono ben visti. Non esistono rappresentanze sindacali in azienda;
la lavoratrice in questione fino al 2005 ha ricoperto il ruolo di quadro responsabile della formazione per gli addetti alla rete commerciale e la sua professionalità è sempre stata ampiamente apprezzata;
la lavoratrice si ammala di cancro: nel gennaio del 2005 viene operata e a marzo 2005 si sottopone a un ciclo di radioterapia. In questo periodo il direttore generale le invia due raccomandate per contestarle presunti inadempimenti lavorativi, cui la lavoratrice non si risparmia di rispondere puntualmente;
a maggio 2005 rientra al lavoro e chiede di poter spostare la sede di lavoro da Verona a Milano (ove risiede, dove sono i suoi affetti più importanti, ma è anche il luogo in cui segue le terapie). Intanto la sua segretaria/assistente lascia il lavoro per ragioni non chiare e al suo posto arriva una nuova persona, indicata alla lavoratrice come la nuova segretaria/assistente;
BHW concede alla lavoratrice di trasferirsi a Milano, ma approfitta del suo allontanamento per incaricare la nuova segretaria/assistente della responsabilità dell'ufficio formazione. Recandosi comunque anche a Verona per assolvere quello che credeva essere ancora il suo incarico di responsabile, la lavoratrice malata viene informata, dalla stessa neo assunta della mutata situazione;
la lavoratrice si ritrova in concreto in uno stato di demansionamento: può svolgere solo corsi di formazione per Area Manager e Team Manager che, peraltro, le vengono sempre più ridotti, il che comporta anche la perdita della parte premiale dello stipendio;
l'ASL le riconosce il grado di inabilità al 100 per cento: può continuare a lavorare, non ha pensione ma può godere dei benefici della legge 104 (due ore al giorno) per le cure a cui deve sottoporsi;
termina ogni tipo di rapporto con la Direzione da cui dipende la lavoratrice: il suo superiore gerarchico diviene di fatto
un dipendente dell'Ufficio legale che, a ottobre 2006, le invia una lettera in cui le contesta di aver svolto pochi corsi e le impone di tornare a Verona. La lavoratrice, prima di decidere se accettare, chiede che le vengano spiegati i motivi del trasferimento, ma la spiegazione non viene data. È invece convocata a dicembre dall'Ufficio legale che le dice di voler interrompere il rapporto di lavoro in quanto, essendo malata, per la Banca costituirebbe solo un costo. Le chiede anche una lettera per la proposta di trasformare il rapporto di lavoro in consulenza o lavoro part time rinnovabile o di risolvere il rapporto di lavoro con una transazione economica: si tratta di una forma «coperta» di licenziamento per malattia (peraltro, le assenze per malattia della lavoratrice nel 2006 risultano essere estremamente limitate);
da ottobre 2006 a fine febbraio 2007 viene concesso solo 1 giorno di corso, e intanto è obbligata a presentare ogni giorno il dettaglio delle attività svolte (elenco completo per ogni ora di presenza sul luogo di lavoro);
a questo punto, tramite il proprio legale, la lavoratrice invia una diffida a BHW, la quale, a fine gennaio risponde disponendo nuovamente il trasferimento a Verona, a decorrere dal 1 marzo 2007, e «propone» nuovamente la trasformazione del contratto in tempo parziale o la conversione del rapporto di lavoro da subordinato a progetto;
intanto la lavoratrice ha presentato ricorso in base all'articolo 700 codice procedura civile per ottenere la reintegrazione nelle mansioni. Il giudice presenta una proposta conciliativa tra le parti: la lavoratrice resta a Milano (anche per curarsi) e le viene garantito un numero discreto di corsi. La transazione non riesce anche perché il rappresentante dell'Ufficio legale (munito di procura della società), in udienza, dichiara che la lavoratrice deve andare a Verona, dove comunque sostiene che BHW non saprebbe cosa farle fare, e ripropone le due alternative: contratto a tempo parziale o contratto a progetto, da svolgersi a Verona. In pratica il rappresentante dell'Ufficio legale ammette che per BHW si tratta di una dipendente malata e rappresenta «solo un costo»;
il giudice ordina la reintegrazione nelle mansioni originarie il 22 marzo 2007. Il reintegro deciso dal giudice non è ancora avvenuto -:
se e quali iniziative intendano assumere per indurre il riconoscimento, da parte della Banca BHW, dei dettati dello Statuto dei lavoratori e del diritto dei lavoratori e delle lavoratrici all'attività delle organizzazioni sindacali;
se e quali iniziative intendano avviare per garantire il diritto alla salute da parte di lavoratori e di lavoratrici affetti da patologie;
se non ritengano di dover attivare i propri poteri ispettivi al fine di verificare la situazione della lavoratrice per far cessare i comportamenti lesivi della personalità e della professionalità, ristabilendo il riconoscimento dei diritti fondamentali della persona e la lavoratrice possa espletare la propria mansione senza subire ulteriori arbitrii;
quali iniziative intendano intraprendere al fine di dotare anche il nostro Paese di una normativa a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici vittime del fenomeno denominato mobbing.
(4-03752)
Risposta. - Con riferimento alla interrogazione di cui all'oggetto, si fa presente, in via preliminare, che il termine mobbing individua un fenomeno sociale consistente nell'aggressione sistematica posta in essere nei confronti del lavoratore dal datore di lavoro (o da un suo preposto) o da un superiore gerarchico, oppure anche da colleghi e compagni di lavoro, con chiari intenti discriminatori protesi a emarginare progressivamente il medesimo nell'ambiente di lavoro, per ragioni di concorrenza, gelosia, invidia e quant'altro di simile è possibile ipotizzare, durante lo svolgimento dell'attività lavorativa.
Al fine di fornire rilevanza giuridica al fenomeno appena descritto, sia la dottrina che la giurisprudenza lavoristica hanno affermato che i principali elementi caratterizzanti nel senso dell'illiceità della condotta consistono nella ripetitività e/o reiterazione delle azioni di mobbing, ovvero nell'illecita finalità di discriminare, emarginare o arrecare altrimenti pregiudizio al dipendente-vittima.
Al riguardo, va segnalato come la Suprema Corte abbia sinora qualificato il mobbing al più come illecito contrattuale dal quale origina il diritto del lavoratore al risarcimento del danno in presenza dei requisiti di legge e, in particolare, della prova del nesso di causalità tra il comportamento, doloso o colposo, del datore e il pregiudizio che ne è disceso al lavoratore.
Pertanto, allo stato la norma di riferimento per individuare la responsabilità del datore di lavoro è l'articolo 2087 codice civile il quale, in materia, deve essere interpretato congiuntamente agli articoli 32 (diritto alla salute) e 41, 2o comma (libertà di iniziativa economica privata), della Costituzione in modo da contemperare tra loro i due diritti costituzionalmente garantiti.
La giurisprudenza che si sta formando in materia - assai diversificata nelle sue espressioni - riconduce al mobbing sia fattispecie già tipizzate e sanzionate penalmente o civilmente che comportamenti atipici, censurabili più sotto il profilo relazionale che per la loro contrarietà a regole giuridiche. Assai discussa, anche in dottrina, è, poi, la natura contrattuale o extra-contrattuale della responsabilità per mobbing, specie con riferimento alle fattispecie di angherie operate da dipendenti all'insaputa del datore di lavoro e delle quali, secondo una parte della dottrina e della giurisprudenza di merito, l'imprenditore dovrebbe comunque rispondere.
Pertanto, appare chiaro come la materia risenta della difficoltà di individuare gli stessi elementi costitutivi del fenomeno e, quindi, di conoscerne significato ed implicazioni di tipo risarcitorio, ancora prima che penalistiche.
Sempre in via generale, si evidenzia come la giurisprudenza prevalente consideri come possibile elemento costitutivo (sempre in combinato disposto con altri elementi nel loro insieme costitutivi della strategia vessatoria, la cui sussistenza va sempre verificata in concreto) del mobbing la totale inattività per lunghi periodi (Cass. lav., 2 gennaio 2002, n. 10, in Rivista italiana di diritto del lavoro, 2002, n. 58; Cass. lav., 7 luglio 2001, n. 9228, in D&L - Rivista critica di diritto del lavoro, 2001, 999), la sottrazione di mansioni con conseguente inoperosità del lavoratore (Tribunale Milano, 26 aprile 2000, in D&L - Rivista critica di diritto del lavoro, 2000, II, 750), il trasferimento illegittimo accompagnato da vessazioni morali (Tribunale Forlì, 15 marzo 2001, in Rivista italiana di diritto del lavoro, 2001, II, 728) nonché i comportamenti offensivi e mortificanti al ritorno da un periodo di malattia (Cass. lav., 16 giugno 2001, n. 8173, in Rivista italiana di diritto del lavoro, 2002, II, 154).
Tutto ciò premesso, si comunicano le risultanze degli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Verona, in merito alla specifica vicenda di cui all'interrogazione in oggetto.
La Banca BHW di diritto tedesco, in data 18 aprile 2007, ha rivolto alla lavoratrice in parola, mediate raccomandata a.r., formale invito ai sensi dell'articolo 18, comma 5, della legge n. 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori), in ottemperanza all'ordinanza del Tribunale ordinario di Milano - Sezione Lavoro, emessa in data 19 marzo 2007.
In particolare, la lavoratrice, invitata ad operare dal 2 maggio 2007 presso gli uffici BHW di Verona, sarebbe stata adibita alle mansioni, dalla stessa richieste e precisate nella lettera di invito, relative all'organizzazione ed al coordinamento dell'attività formativa, nonché all'effettuazione dei corsi di formazione di volta in volta assegnati in base alle necessità aziendali.
L'attività di coordinamento della formazione e di svolgimento dell'attività formativa, come precisato sia nella lettera di invito sia dall'addetto all'ufficio legale presente al momento dell'accesso ispettivo, presuppone la presenza della lavoratrice presso gli uffici di Verona, cui fa riferimento
tutta la rete commerciale della BHW Financial S.r.l., garantendo al contempo, la fruizione di permessi e di tutto quello cui possa avere bisogno per sottoporsi alle visite mediche necessarie per il totale recupero della salute.
Si è, altresì, rilevato che la lavoratrice ha presentato, a far data dal 2 maggio 2007, certificati medici che giustificano la sua assenza dal lavoro fino al 9 settembre 2007.
È stato, inoltre, accertato che la BHW ha predisposto un ufficio presso la sede di Verona, ancora non utilizzato attesa l'assenza per malattia della lavoratrice, al fine di permettere alla stessa di espletare le sue mansioni, e mettendole a disposizione, oltre alla scrivania ed alla targhetta fuori la stanza con indicazione del nome anche un computer aziendale.
Con specifico riferimento alla richiesta, da parte dell'interrogante, di conoscere quali iniziative intende intraprendere il Governo al fine di dotare il Paese di una normativa a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici vittime del mobbing, si rende noto che gli esperti del Ministero del lavoro, su iniziativa del Ministro Damiano e del Sottosegretario Antonio Montagnino, stanno elaborando un progetto di legge in materia.
Infine, per completezza espositiva, si fa presente che, sia al Senato della Repubblica che alla Camera dei deputati, sono state presentate alcune proposte di legge in questa materia. Le proposte di legge, assegnate in sede referente alle Commissioni permanenti Lavoro dei due rami del Parlamento, sono attualmente in trattazione presso le stesse (disegni di legge nn. 132, 405, 471, 584, 657, 939 e progetto di legge n. 2185).
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
BELLILLO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel corso della seconda guerra mondiale, nei pressi della cittadina di Kahla, precisamente nella regione di Thuringen, uno dei sedici stati federali nella Germania centrale, dal 1939 al 1945 furono deportati migliaia di lavoratori coatti provenienti da ben nove paesi europei. I primi deportati italiani, provenienti dalla provincia di Macerata vi giunsero nel 1944; in seguito provennero da diverse aree del territorio nazionale, condotti a forza anche operai della Pirelli colpevoli di aver aderito a manifestazioni di sciopero;
nel campo di lavoro allestito a Kahla i deportati furono utilizzati per il disboscamento e il livellamento della cima della collina sovrastante, di modo che potesse essere utilizzata come pista di decollo per i caccia a reazione Messerschmdt 262, la cui fabbrica segreta era stata scavata all'interno della collina in una imponente sistema di gallerie (ben 72 distribuite in 32 km). Tale progetto denominato «Reimahg», coinvolse lo sfruttamento di ben 15000 esseri umani, tra cui numerose donne e bambini; è fatto noto come le condizioni disumane di vita e di lavoro, la mancanza di assistenza medica al dilagare di infezioni ed epidemie, l'insufficiente alimentazione abbiano condannato circa l'80 per cento di loro alla morte. I decessi ufficiali riconducibili al «progetto Reimahg» furono 855 di cui ben la metà italiani; è pur vero però che stime approssimative si assestano intorno a 6000 vittime seppellite oltre che nelle fosse comuni con calce viva, anche al vicino KZ di Buchenwald, dove venivano gettati nel forno crematorio;
recentemente si sono verificati alcuni atti vandalici, sono state oltraggiate diverse lapidi commemorative dei deportati di Kahla (alcune delle quali addirittura collocate da amministrazioni italiane); tale gesto pur nell'anonimato è palese espressione dell'animosità e dell'avversione alla Commemorazione Internazionale in onore delle vittime della ex fabbrica di armamenti Reimahg (3-5 maggio 2007) che ogni anno raccoglie maggiore consenso da parte degli stati europei;
in ultimo l'area occupata dall'ex campo di prigionia di Kahla è stato al centro di interessi privati, riservandosi la proprietà il diritto di poter vendere la
zona al miglior offerente con la conseguenza che la comunità si possa veder sottratto il Monumento commemorativo di Walpersberg, sito di grande interesse storico e di forte impatto emotivo; inoltre verrebbe oscurata la memoria di un episodio, che pur in misura ridotta rispetto ai tragici eventi dell'Olocausto, rappresenta un monito per le generazioni future -:
se non ritenga di dover intervenire presso la rappresentanza della Germania nel nostro paese affinché il Governo tedesco tuteli con maggiore fermezza i luoghi teatro del nazifascismo ed individui gli autori materiali degli episodi di oltraggio e vandalismo sopra menzionati;
se sia a conoscenza dell'intenzione della municipalità di Kahla che ha manifestato interesse all'acquisto e alla conservazione dell'intera area, se vi sia da parte del Governo italiano la possibilità di sostenere l'iniziativa di modo che non venga rimosso il memoriale posto a fianco della collina di Walpersberg testimonianza indispensabile per la sensibilizzazione delle generazioni a venire.
(4-04366)
Risposta. - I fatti riportati dall'interrogante sono stati segnalati nello scorso mese di maggio al Consolato Generale d'Italia a Lipsia, il quale era immediatamente intervenuto presso la competente autorità locale, il Landrat della Provincia Saale-Holzland-Kreis, per sollecitare indagini dirette ad individuare i responsabili degli atti vandalici contro le targhe commemorative dei deportati italiani, nonché misure di protezione di luoghi sacri per la memoria di tante vittime del nazifascismo che vi soffrirono e vi persero la vita. Analoghi interventi erano stati svolti dallo stesso Consolato generale sia con il Ministro degli interni dello Stato libero della Turingia, dottor Karl-Heinz Gasser, sia presso il Ministro della cultura del Land della Turingia, dottor Jens Goebel (anch'egli competente per i siti ed i monumenti commemorativi delle vittime naziste nel Land), con la richiesta di svolgere indagini approfondite su quanto accaduto e di prendere adeguate misure di sicurezza, onde evitare il ripetersi di fatti di vandalismo rivolti alle lapidi commemorative dei deportati al Walpersberg.
A seguito dei suddetti interventi, il Ministro degli interni della Turingia ha comunicato, con una lettera in data 28 giugno 2007 al nostro Console generale in Lipsia, che la Polizia di Jena ha costituito un apposito gruppo di lavoro, che sta svolgendo ricerche nelle varie direzioni, per individuare gli autori dei reati in questione e che le stesse autorità di polizia hanno adottato rafforzate misure di sicurezza e tutela dei siti in questione. Nella lettera il Ministro degli interni della Turingia ha inoltre tenuto ad assicurare, non solo la nostra autorità consolare ma anche i sopravvissuti e le città italiane delle vittime, che la polizia del Land sta ponendo in essere tutte le misure possibili per chiarire i fatti avvenuti e per prevenire analoghe situazioni.
Le indagini della polizia criminale di Jena sono ancora in corso e, in tale ambito, sono stati tra l'altro effettuati rilievi scientifici su quanto lasciato sul posto dagli autori degli inqualificabili ed oltraggiosi atti. Le bottiglie di birra trovate ed altri elementi indurrebbero a qualificare quanto accaduto come «semplice» vandalismo. Gli organi di polizia mantengono comunque una certa cautela, in attesa dell'esito di ulteriori indagini, sul possibile movente politico degli atti in questione, rilevando peraltro che non sono state rinvenute scritte o segni che possano essere attribuiti a gruppi politicamente motivati.
Lo stesso Consolato generale d'Italia a Lipsia è altresì intervenuto con l'Ufficio della Turingia (con sede ad Erfurt) del Bundesanstalt fur Immobilienaufgaben, ente federale che corrisponde nelle grandi linee alla nostra Agenzia del demanio, per contrastare il programma (facente parte di una direttiva federale che impone al Bundesanstalt fur Immobilienaufgaben la vendita di beni immobili in suo possesso, ad esso non necessari), di vendita a privati dei terreni ove si trova il «Luogo della memoria» di Walpersberg e per chiedere che il medesimo venga invece trasferito ad un'entità pubblica. Su sollecitazione della
nostra rappresentanza consolare, sia il Ministro delle finanze della Turingia, Birgit Diesel, sia il Prefetto Heller della Provincia Saale-Holzland-Kreis si sono rivolti al Ministro federale delle finanze Peer Steinbrueck (dal quale dipende il Bundesanstalt fur Immobilienaufgaben) per chiedere che l'area in questione del Walpersberg non venga venduta o, comunque, non venga «privatizzata».
Un ulteriore intervento è stato compiuto presso il sopraccitato Ministro della cultura del Land della Turingia, dottor Jens Goebel, per sollecitarne l'interessamento al fine di impedire la vendita a privati del «Luogo della memoria» in questione.
Tali ultimi interventi hanno fatto sì che la Bundesanstalt fur Immobilienaufgaben ha sospeso l'aggiudicazione della gara (era già stata individuata un'associazione privata come potenziale vincitore). L'ipotesi di un trasferimento della proprietà del Walpersberg ad un consorzio dei comuni della zona appare al momento non praticabile, ma sembra tuttavia prevalere tra le autorità locali e federali tedesche un consenso sulla opportunità di evitare che il «Luogo della memoria» di Walpersberg venga acquisito da privati.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
BOFFA. - Al Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 419 del 1998 di delega al Governo per la razionalizzazione del SSN ha stabilito, tra l'altro, che con legge delegata fossero previste le modalità per pervenire, per aree, funzioni ed obiettivi, a regime, all'esclusività del rapporto di lavoro quale scelta individuale per il solo personale della dirigenza sanitaria in ruolo al 31 dicembre 1998 da incentivare anche con il trattamento economico aggiuntivo di cui all'articolo 1, comma 12, della legge n. 662 del 1996 secondo modalità applicative definite in sede di contrattazione collettiva;
in applicazione del principio sancito dalla norma sopra richiamata il decreto legislativo n. 229 del 1999 «Norme per la razionalizzazione del SSN», in materia di esclusività del rapporto di lavoro, all'articolo 15-quater, comma 5, ha previsto che: «I contratti collettivi di lavoro stabiliscono il trattamento economico aggiuntivo da attribuire ai dirigenti sanitari con rapporto esclusivo ai sensi dell'articolo l, comma 12, della legge 662 del 1996». Norma quest'ultima che, però, riguardava il trattamento incentivante in favore del personale che aveva esercitato l'opzione per l'attività intramuraria (e cioè il solo personale medico veterinario ed odontoiatra a cui si era aggiunta solo parte del personale psicologo);
i CCNL relativi al II biennio economico 2000-2001 per la dirigenza area III e IV del SSN, all'articolo 5 hanno riconosciuto il trattamento economico aggiuntivo denominato «indennità di esclusività del rapporto di lavoro» non soltanto in favore del personale della dirigenza medica, veterinaria, odontoiatrica e per gli psicologi cui era consentita la libera professione ma anche a tutti i dirigenti dell'area sanitaria e, quindi, anche a biologi, farmacisti, chimici e fisici sull'evidente presupposto che il legislatore avesse inteso riconoscere l'indennità a tutto il personale sia medico che del ruolo sanitario, in ragione dell'esclusività del rapporto, indipendentemente dalla pregressa disciplina del rapporto stesso:
con l'applicazione contrattuale che ne è derivata l'indennità in esame ha perso la propria originaria connotazione così come identificata dal legislatore, divenendo un istituto applicabile in relazione al solo dato dell'esclusività del rapporto;
la suddetta applicazione contrattuale è stata effettuata in modo estremamente difforme tra i dirigenti della medesima area con pari obbligo di rapporto esclusivo nel senso che mentre ai dirigenti del ruolo sanitario (psicologi, biologi, farmacisti, chimici e fisici) l'indennità è stata riconosciuta come emolumento specifico di importo
consistente (da un minimo di circa 1.500 ad un massimo di circa 15.500 euro annui) diversificato in ragione dell'anzianità di servizio e dell'incarico rivestito, ai dirigenti dei ruoli professionale, tecnico e amministrativo della sanità l'indennità è stata riconosciuta come elemento aggiuntivo della retribuzione di posizione variabile nell'importo unificato in misura pari a quello più basso previsto per i dirigenti del ruolo sanitario da corrispondere ai dirigenti con più di 5 anni di servizio senza alcun ulteriore diversificazione;
l'articolo 45, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 impone alle Amministrazioni Pubbliche di garantire ai propri dipendenti «parità di trattamento contrattuale»;
nel caso in argomento l'applicazione, in sede contrattuale, delle disposizioni contenute nell'articolo 15-quater, comma 5, del decreto legislativo n. 229 del 1999 sia erronea ed illegittima in quanto introduce un ingiustificato elemento di discriminazione tra la dirigenza del ruolo sanitario e la dirigenza degli altri ruoli amministrativo, tecnico e professionale dello stesso comparto -:
quali iniziative intenda adottare per rimuovere la parziale applicazione in sede di contratto collettivo nazionale delle disposizioni di legge in argomento e garantire la parità di trattamento contrattuale ai dirigenti dell'area III del Comparto degli Enti ed Aziende del SSN.
(4-03668)
Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione in esame, concernente l'estensione del trattamento economico aggiuntivo denominato «indennità di esclusività», attualmente riconosciuta alla sola dirigenza medica, anche nei confronti del personale dirigente dei ruoli amministrativo, tecnico e professionale.
Al riguardo si rappresenta che l'introduzione della suddetta indennità consegue alla previsione - contenuta nel decreto legislativo n. 502 del 1992, articolo 15-quater - dell'«esclusività» del rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari che abbiano optato per l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria, rinunciando, pertanto, alla facoltà di svolgere la libera professione extramuraria e qualsiasi altra attività resa a titolo non gratuito.
Pertanto, la legge n. 448 del 1998, articolo 72, comma 6, ha provveduto ad istituire un apposito «fondo per l'esclusività del rapporto dei dirigenti del ruolo sanitario» alle condizioni sopra ricordate; in particolare, per la definizione del trattamento economico aggiuntivo da attribuire ai dirigenti sanitari con rapporto di lavoro esclusivo si è fatto rinvio all'autonomia collettiva, nei limiti delle risorse finanziarie destinate alla contrattazione.
Successivamente, la manovra di finanza pubblica per l'anno 1999 ha confermato tale orientamento, prevedendo che i criteri per l'utilizzo delle risorse in esame sono individuati con uno specifico atto di indirizzo all'Agenzia per la rappresentanza regionale delle pubbliche amministrazioni emanato dal Comitato di settore di comparto, costituito, nel caso di specie, dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e da un rappresentante del Ministero della salute.
Pertanto, con l'articolo 42 del Contratto collettivo nazionale del lavoro 1998-2001 per le Aree III e IV della dirigenza medica, stipulato in data 8 giugno 2000, è stata prevista l'istituzione di una specifica «indennità di esclusività» in favore di dirigenti medici e veterinari, indennità che, successivamente, per effetto del Contratto collettivo nazionale del lavoro Area III della dirigenza dei ruoli sanitari, è stata estesa ai dirigenti sanitari biologi, chimici, fisici, psicologi e farmacisti che abbiano optato per il rapporto di lavoro esclusivo.
Tanto premesso, si rappresenta che l'eventuale rivisitazione dell'istituto dell'indennità di esclusività - al fine di consentirne, come richiesto dall'interrogante, l'applicazione ai dirigenti dei ruoli amministrativo, tecnico e professionale del Servizio sanitario nazionale - richiede necessariamente che, su iniziativa del Ministro della salute, vengano novellati il decreto legislativo n. 502 del 1992 e la legge n. 448 del 1998 e successive modificazioni, non essendo,
al contrario, possibile addivenire ad una interpretazione estensiva della normativa in questione.
A ciò si aggiunga che l'estensione a nuovi soggetti dell'indennità di esclusività può determinare un notevole impegno finanziario gravante sulle disponibilità economiche delle singole Regioni.
Occorre, comunque, precisare che anche l'atto di indirizzo all'Agenzia per la rappresentanza regionale delle pubbliche amministrazioni per la rivisitazione dei criteri per l'utilizzo del fondo di esclusività esula dalle competenze del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, essendo, infatti, la relativa competenza attribuita al Comitato di settore costituito dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e da un rappresentante designato dal Ministero della salute.
Peraltro, qualora si ritenga che l'attuale quadro normativo e contrattuale non corrisponda più alle mutate esigenze degli operatori del settore del Servizio sanitario nazionale si dovrebbe valutare l'opportunità - anche al fine di superare una sperequazione dei trattamenti economici accessori attribuiti ai dirigenti pubblici nei diversi comparti di lavoro e, in alcuni casi, anche all'interno degli stessi comparti - di avviare una fase di approfondimento che, salvaguardando l'autonomia negoziale delle parti, coinvolga tutti gli attori interessati.
Il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione: Luigi Nicolais.
BRIGUGLIO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
gli infermieri sono una categoria che svolge una funzione essenziale nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale e dell'assistenza pubblica e privata;
sarebbe equo ed opportuno adottare un pacchetto di proposte al fine di affrontare la questione infermieristica, degli infermieri italiani adeguando le condizioni economiche e lavorative alla media europea e in particolare:
1) incrementare lo stipendio degli infermieri di 600,00 euro entro il 2010;
2) triplicare il numero dei posti nella facoltà di Scienze infermieristiche;
3) adeguare le dotazioni organiche alla media europea;
4) adeguare il numero degli operatori di supporto nelle corsie per consentire agli infermieri di dedicarsi all'assistenza ed allo sviluppo della professionalità;
5) investire nell'autonomia professionale responsabilizzando gli infermieri nella gestione dei farmaci e dei presìdi sanitari quale meccanismo incentivante nella riduzione degli sprechi;
6) allargare agli infermieri l'esclusività e la libera professione intra ed extra moenia, per garantire la continuità assistenziale nel territorio dopo le dimissioni ospedaliere (casa della salute, assistenza domiciliare, infermiere di quartiere, prevenzione) -:
se il Governo intenda assumere le iniziative necessarie normative, regolamentari e di intervento nelle contrattazioni, per andare incontro alle esigenze degli infermieri italiani.
(4-01657)
Risposta. - In riferimento a quanto richiesto nell'interrogazione parlamentare, per quanto di competenza del Ministero della salute si forniscono le seguenti precisazioni.
Le determinazioni relative al trattamento economico degli infermieri non rientrano nelle competenze istituzionali di questa Amministrazione, in quanto la materia è oggetto di definizione in sede di contrattazione collettiva del relativo comparto. Deve, tuttavia, essere segnalato che il riconoscimento di un eventuale aumento stipendiale agli infermieri, avrebbe, con ogni probabilità, un effetto di trascinamento sugli emolumenti spettanti alle altre professioni sanitarie collocate nella medesima fascia retributiva.
Il numero dei posti programmati per l'accesso ai corsi di laurea per infermiere è il risultato di una procedura che, ai sensi della legge 2 agosto 1999, n. 264, concernente «Norme in materia di accessi ai corsi universitari», coinvolge anche il Ministero dell'università e della ricerca, le Regioni, le istituzioni universitarie e le associazioni professionali. Il procedimento, per il quale è necessario anche l'Accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni, prevede l'emanazione da parte del suddetto Ministero del decreto che determina il numero dei posti messi a concorso per l'accesso ai corsi di laurea.
Va precisato, inoltre, che la quantificazione numerica delle immatricolazioni non può discostarsi in maniera sensibile dalle risultanze di tale procedimento, in particolar modo dai dati numerici forniti dalle Regioni.
Ai sensi della parte seconda del Titolo V della Costituzione, come modificata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, l'eventuale incremento della consistenza organica delle strutture sanitarie rientra nelle esclusive competenze di livello regionale, fatti salvi comunque i limiti individuati dai vincoli di finanza pubblica.
Poiché già da tempo era emersa la consapevolezza della necessità di figure professionali di supporto all'infermiere, con l'Accordo Stato-Regioni del 22 febbraio 2001, richiamato dall'articolo 1, comma 8, del decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402, è stata individuata la figura dell'operatore socio sanitario (OSS), attribuendo alle Regioni la possibilità di consentire a tale figura di accedere ai corsi di formazione professionale (operatori socio sanitari con formazione complementare in sanità - OSSS); pertanto, non si ravvisa l'opportunità di individuare nuove figure professionali che andrebbero a svolgere mansioni del tutto analoghe a quelle della figura citata.
Relativamente ad una maggiore autonomia professionale, che viene richiesta nell'atto parlamentare, si sottolinea che il profilo professionale in esame vede già riconosciuta una specifica autonomia operativa, in quanto l'articolo 1, comma 3, lettera c), del decreto ministeriale 14 settembre 1994, n. 739, «Regolamento concernente l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'infermiere», prevede che questo professionista «pianifica, gestisce e valuta l'intervento assistenziale infermieristico».
Un eventuale «allargamento» delle competenze e funzioni infermieristiche contrasterebbe con quelle già riconosciute ad altre figure professionali; peraltro, risulta che già in alcune strutture pubbliche vengono affidati a questi operatori sanitari incarichi di livello dirigenziale.
In merito al riconoscimento della libera professione intra ed extra moenia, si richiama l'articolo 1, punto g), del decreto ministeriale n. 739 del 1994, il quale prevede che l'infermiere «svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie pubbliche o private, nel territorio e nell'assistenza domiciliare, in regime di dipendenza o libero-professionale».
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Gian Paolo Patta.
BRIGUGLIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Presidente del Venezuela Ugo Chavez, nei giorni scorsi ha deciso la chiusura delle trasmissioni di Radio Caracas Televisif.n (Rctv), un canale televisivo a lui apertamente ostile;
l'emittente televisiva - la più influente del Paese - ha perso la sua licenza dopo 53 anni in quanto si è rifiutata di piegarsi al potere;
contestualmente iniziare a trasmettere il nuovo canale TV pubblico, TVES, politicamente favorevole al presidente;
il carattere autoritario del regime di Chavez è testimoniato da questa ulteriore prova di grave violazione della libertà di espressione e di ferma volontà di procedere al controllo dell'informazione nazionale;
si è in presenza in Venezuela, secondo l'interrogante, di una palese deriva
antidemocratica e di violazione dei diritti umani -:
quali iniziative il Governo intenda assumere in relazione alla grave violazione della libertà di espressione e informazione costituita dalla chiusura forzata in Venezuela di Radio Caracas Televisif.n (Tctv).
(4-03918)
Risposta. - Il 27 maggio 2007 il Governo venezuelano non ha rinnovato la licenza che consentiva a Radio Caracas Television di trasmettere su frequenze hertziane ed ha giustificato il mancato rinnovo richiamando i princìpi della Unione internazionale delle telecomunicazioni che riconosce il diritto sovrano di ogni Stato a regolamentare le proprie telecomunicazioni ed ha sostenuto che Radio Caracas Television (RCTV) sarebbe il canale con maggior numero di infrazioni commesse visto che in passato anche Governi pre-Chavez hanno avviato procedimenti nei confronti di Radio Caracas Television per pratiche sleali (incluso il mancato pagamento di imposte).
Sulla questione del mancato rinnovo della licenza per RCTV, il Governo italiano ha agito in stretto raccordo con i partner europei. La questione è stata attentamente seguita nel corso di intense consultazioni tra le Capitali nonché delle riunioni periodiche di coordinamento sia a Bruxelles sia a Caracas (tra gli Ambasciatori dei Paesi dell'Unione europea ivi accreditati).
In questo contesto è stata elaborata una dichiarazione comune il cui testo concordato tra i Paesi membri dell'Unione europea esprime preoccupazione per la decisione del Governo venezuelano di lasciar scadere, al suo termine naturale, la licenza di RTCV.
Per quanto riguarda la libertà di espressione occorre ricordare che sono numerosi i mezzi di stampa e radiotelevisivi critici nei confronti del Presidente Chavez e del suo Governo (ad esempio Globovision) pur in presenza del preoccupante segnale costituito dal mancato rinnovo della licenza di RCTV che peraltro ha recentemente ripreso le trasmissioni via cavo.
Il Governo continuerà a seguire con grande attenzione le dinamiche interne al Venezuela, in modo particolare in relazione alla libertà di espressione.
La posizione dell'Italia in materia di diritti umani, incluso il diritto alla libertà di stampa, è nota: il Governo attribuisce grande importanza ad una relazione bilaterale matura e solida con tutti i Paesi dell'America latina, incluso il Venezuela. Pertanto, è necessario che tale relazione sia fondata sulla effettiva condivisione dei valori di democrazia, libertà ed il rispetto dei valori umani.
Questa posizione è stata, del resto, illustrata direttamente da me agli interlocutori venezuelani durante la mia visita a Caracas dal 7 all'11 marzo scorso. In tale occasione ho incontrato sia esponenti del Governo, sia rappresentanti dei partiti di opposizione e della società civile nonché l'ex candidato presidenziale Teodoro Petkoff.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Donato Di Santo.
BRIGUGLIO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la fondazione Valentino Bucchi - come recita un suo documento - con la propria attività prioritaria statutaria, il «Premio Internazionale annuale Valentino Bucchi di esecuzione e composizione per giovani musicisti» nato a Roma nel 1978 e intitolato al musicista che gli ha dato il nome, deceduto nel 1976, è un piccolo esempio di una «cultura» senza partita IVA che ha realizzato però per 29 anni consecutivi 29 edizioni di un evento oggi divenuto «Festival dei concorsi ed incontri parole e musica per l'unità dei popoli», sostenendo ed avvalorando giovani scelti sulla base della meritocrazia e della professionalità;
nei 29 anni della sua presenza in gare meritocratiche giovani del mondo si sono affermati, prescelti da giurati di 62 Paesi di provenienza, con il risultato di 349 premi e di 489 borse di studio in denaro, ottenute sinora da musicisti di 45 Paesi. Gli italiani si sono soprattutto distinti in campo compositivo;
adesso la Fondazione denuncia che detto premio sta morendo: nel 2006 ha ottenuto dallo Stato per la ventinovesima edizione del premio svoltosi dal 20 al 29 novembre a Roma, solo 20.000 euro-:
quali siano le valutazioni del Ministro interrogato e se intenda adottare i provvedimenti necessari perché la Fondazione possa proseguire dignitosamente la propria attività.
(4-04328)
Risposta. - Si fa presente preliminarmente che nel 2007, pur avendo subìto gli stanziamenti a valere sul Fondo unico per lo spettacolo destinati al settore delle attività musicali nel suo complesso (euro 60.925.574,21) una seppur lieve flessione rispetto al 2006 (euro 62.454.850,70), in particolare per il settore dei concorsi (settore a cui si riferisce l'interrogazione), lo stanziamento è stato aumentato (euro 900.000,00) rispetto a quello del 2006 (euro 794.000,00).
Tale decisione - assunta dal Ministro per i beni e le attività culturali con proprio provvedimento, su conforme parere della Commissione consultiva per la Musica - ha dato seguito sostanziale ad impegni assunti proprio in considerazione del ruolo rivestito dai concorsi nell'individuazione e promozione di giovani talenti.
Si porta a conoscenza dell'interrogante Briguglio che nell'anno in corso (con delibera del Direttore generale per lo spettacolo dal vivo in data 19 aprile 2007) al Premio internazionale annuale Valentino Bucchi (n. 3 concorsi di esecuzione e n. 1 concorso di composizione) è stato assegnato un contributo di euro 25.000,00, invertendo così dopo parecchi anni la tendenza alla graduale diminuzione del sostegno in favore del Premio medesimo.
Si fa presente, altresì, che il Ministero per i beni e le attività culturali, sempre nel 2007, ha finanziato anche l'attività di promozione della musica programmata dalla Fondazione concedendo un ulteriore contributo pari a euro 5.000,00 (nel 2006 a favore della stessa attività di promozione non era stato concesso alcun contributo).
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Elena Montecchi.
CARUSO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 26 giugno 1999, il leader curdo Abdullah Ocalan è stato condannato a morte, pena confermata in corte d'Appello il 21 novembre dello stesso anno. In data 3 agosto 2002 la Turchia, per poter avviare i negoziati per l'ingresso nell'Unione europea, ha abolito la pena di morte e pertanto la sua pena è stata commutata in ergastolo;
Ocalan attualmente è l'unico detenuto nella prigione dell'isola di Imrali da ormai oltre 8 anni, durante i quali non hanno trovato applicazione nei suoi confronti nemmeno i codici legali dello Stato turco: vive in regime di isolamento totale, in condizioni di trattamento inumano e degradante, come testimoniano i suoi avvocati. Recentemente, a seguito di analisi effettuate da un autorevole laboratorio medico francese su un campione di capelli del leader curdo, è stata rilevata una presenza eccessiva di alcune sostanze chimiche, in particolare cromo e stronzio, che lasciano intendere che il detenuto sia sottoposto ad un'intossicazione o, peggio, ad un lento avvelenamento. Secondo l'analisi effettuata dal Policlinico Universitario di Roma la presenza di tali agenti chimici possono determinare effetti deleteri alla salute umana, in particolare l'indebolimento del sistema immunitario, danno a fegato e polmoni, alterazione del materiale genetico, cancro ai polmoni e, più in generale, una degenerazione neuronale irreversibile -:
se il Governo italiano non ritenga opportuno di dover agire in tempi rapidi per la salvaguardia della salute di Abdullah Ocalan, al quale il Tribunale civile di Roma riconobbe l'asilo politico nell'ottobre 1999, intervenendo nei confronti del governo turco per sollecitare il trasferimento di Ocalan in un altro carcere e lasciare che una delegazione di medici indipendenti possano visitarlo per rendere pubblica una diagnosi attuale circa la sua situazione di salute, evidentemente incompatibile con le condizioni ambientali in cui è tenuto;
se il Governo non ritenga opportuno sollecitare il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura (CPT), affinché invii immediatamente una delegazione a Imrali per indagare sulle condizioni di salute del signor Ocalan.
(4-03837)
Risposta. - A seguito delle accuse di avvelenamento lanciate all'inizio dell'anno dai legali di Ocalan in vari Paesi, inclusa l'Italia, il Ministero della Giustizia turco aveva proceduto a disporre delle analisi su sangue, urine e capelli di Abdullah Ocalan. Secondo quanto comunicato ufficialmente a fine marzo dallo stesso Ministero, le analisi avrebbero riportato esito negativo.
La comunicazione ufficiale era stata affidata al Procuratore della città di Bursa, competente territorialmente, che aveva dunque respinto le accuse degli avvocati del detenuto come «infondate», riferendosi al rapporto della commissione dei tre medici del Dipartimento di medicina legale di Istanbul, incaricata di effettuare le analisi.
Le conclusioni ufficiali dell'indagine hanno chiuso il caso, sotto il profilo giuridico. Va infatti ricordato che la Turchia ha firmato, ma non ancora ratificato, il Protocollo opzionale della Convenzione contro la tortura del 2002, e pertanto non ha l'obbligo giuridico di sottoporsi ad ispezioni nel luogo di detenzione di Ocalan da parte di organismi internazionali, come richiesto sia dai legali del leader del PKK, che dalle organizzazioni turche di difesa dei diritti umani.
Il tema del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Turchia forma oggetto di monitoraggio in sede comunitaria nell'ambito del processo di adesione del Paese all'Unione europea, processo regolarmente avviato il 3 ottobre 2005 come previsto nelle conclusioni del Consiglio europeo del 17 dicembre 2004. Il caso specifico della detenzione di Ocalan viene quindi attentamente monitorato dalla Commissione dell'Unione europea e dagli Stati membri nel contesto del costante confronto con la Turchia sui parametri di natura politica - tra i quali rientra quello del pieno rispetto dei diritti umani - previsto per l'adesione all'Unione europea.
Tra gli strumenti di monitoraggio europei assume particolare rilievo il Turkey 2006 Progress Report, documento della Commissione Ue redatto nel quadro del processo di adesione e volto ad analizzare i progressi effettuati dal Paese, anche in termini di rispetto dei diritti umani. Sul tema del rispetto della normativa internazionale in materia di tortura e trattamenti inumani e degradanti, il rapporto sottolinea anzitutto come la ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni unite contro la tortura - firmato ad Ankara nel 2005 e non ancora ratificato - rappresenti una priorità nel quadro del processo di adesione della Turchia all'Unione europea. Al tempo stesso, il documento precisa come le riforme portate avanti dal Governo turco nel sistema giudiziario e penitenziario abbiano determinato una progressiva diminuzione dei casi di tortura e maltrattamenti. Vengono citate, ad esempio, le riforme introdotte nelle procedure di detenzione e nei tempi di detenzione ed il regolamento relativo al sistema delle visite mediche delle persone sotto fermo giudiziario, che risulterebbe in linea con le precedenti raccomandazioni del Comitato europeo per la prevenzione della tortura. Più problematica appare, invece, la concreta applicazione delle riforme introdotte negli ultimi anni: si registrano ancora casi di tortura e maltrattamenti, in particolare al di fuori dei centri di detenzione; preoccupazioni sussistono sulla qualità delle visite mediche dei detenuti; occorre elevare il ruolo delle commissioni diritti umani, presenti a livello distrettuale, in particolare per quanto riguarda il monitoraggio del rispetto della legislazione esistente nelle stazioni di polizia e nei centri di detenzione.
Oltre alla cornice europea, la nostra azione di monitoraggio del rispetto dei diritti umani in Turchia si sviluppa anche all'interno del Consiglio dei diritti umani. Un ruolo importante in tal senso viene svolto dal Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria, che ha effettuato nell'ottobre 2006 una missione in Turchia, su invito del Governo turco, i cui esiti sono stati presentati all'organismo onusiano lo
scorso febbraio 2007. In sintesi, il rapporto del Gruppo di lavoro - risultato di visite a numerose centri di detenzione, stazioni di polizia, strutture di accoglienza di immigrati ed ospedali psichiatrici - conferma i progressi conseguiti con le recenti riforme del sistema di giustizia penale e del sistema penitenziario. Motivi di preoccupazione emergono, invece, dall'osservazione del trattamento degli individui accusati di atti di terrorismo - che sembrano non beneficiare delle garanzie giuridiche introdotte dalle riforme citate (ad esempio, i sospetti terroristi sarebbero soggetti a lunghi periodi di detenzione senza essere giudicati) - e dal trattamento carcerario dei detenuti di nazionalità straniera. Tali preoccupazioni vengono tradotte dal Gruppo di lavoro in una serie di raccomandazioni al Governo turco, tra le quali si segnala la richiesta di rivedere la legislazione anti-terrorismo, in particolare gli aspetti relativi alla definizione del crimine, la cui eccessiva ampiezza avrebbe consentito sinora restrizioni all'esercizio non violento dei diritti alla libertà di espressione, di associazione e di riunione.
In prospettiva, dunque, una adesione della Turchia alle intese multilaterali che prevedono il monitoraggio e il controllo da parte di organismi esterni sul puntuale rispetto delle Convenzioni internazionali rappresenta un obiettivo di particolare rilievo. L'adeguamento - ancora mancante - di Ankara agli standard internazionali in tale materia rappresenta, infatti, un'esigenza sulla quale non si è mancato di sensibilizzare adeguatamente le autorità turche nelle occasioni opportune.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
DONADI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dopo il cambio della politica avvenuto nei Paesi balcanici alla fine degli anni '90, lo Stato italiano ha approvato, la legge n. 19 del 1991 di interesse nazionale e comunitario per lo sviluppo economico dell'est europeo, compresa l'Albania;
precedentemente, il Governo albanese, per dare credibilità agli investitori stranieri, aveva emanato un provvedimento sulla «Protezione e garanzia degli investimenti stranieri» con il decreto-legge 7406 del 21 giugno 1990 che venne ufficializzato a Roma il 12 settembre 1991 dai capi di Governo Giulio Andreotti e Ylli Bufi come «Accordo sulla promozione e protezione degli investimenti italiani in Albania»;
successivamente la suddetta legge n. 7046 venne abrogata e sostituita con la legge 7764 del 2 novembre 1993 che intendeva garantire ancora meglio gli investimenti italiani;
anche l'Ambasciata d'Italia a Tirana, per assistere e proteggere meglio gli investimenti degli italiani, volle istituire, con la volontà dell'Ambasciatore Paolo Foresti, l'Associazione degli Imprenditori Italiani in Albania;
il 13 marzo 1997, dopo il fallimento delle finanziarie piramidali, il popolo albanese insorse mettendo a ferro e fuoco l'intera Nazione, distruggendo e saccheggiando gli investimenti stranieri che davano occupazione a 150.000 persone e provocando un danno economico che superò i 150 miliardi delle vecchie lire;
in seguito a tali eventi nacque l'Associazione Difesa Investimenti, legalizzata ed iscritta al tribunale di Tirana con il n. 2765 e verdetto n. 1325 del 25 marzo 1997;
su richiesta dell'Ambasciata i soggetti danneggiati presentarono documentazione legalizzata relativa ai danni subiti insieme alle denunce che ognuno aveva fatto nelle varie procure del territorio albanese;
sotto il profilo penale le denunce non ebbero alcun esito in quanto il Governo albanese decretò una amnistia con legge n. 8202 del 27 marzo 1997;
anche il Presidente del Consiglio di allora, Romano Prodi, prese atto della
grave situazione degli italiani che avevano investito in Albania ed invitò una loro delegazione a Palazzo Chigi;
in quell'occasione il Presidente Prodi manifestò la sua solidarietà e promise il massimo aiuto;
purtroppo non ci fu un seguito a tale evento come pure alle lettere inviate agli ambasciatori italiani a Tirana che si susseguirono in quel periodo;
anzi, le cose andarono peggiorando e l'Ambasciatore Massimo Iannuzzi arrivò a proporre un possibile risarcimento in natura la cui offerta si è, pure, dileguata nel nulla;
le numerose lettere inviate alle varie Autorità riscuotevano risposte verbali di sicuro interesse, ma, in realtà erano sempre negative e a volte contenevano un tono di rassegnazione in relazione alla impossibilità di ottenere da parte albanese alcun risarcimento;
il 19 gennaio 2005, non avendo avuto alcun riscontro le numerose richieste di aiuto da parte delle Autorità interpellate, le parti danneggiate hanno presentato una denuncia-querela -:
se il Ministro non ritenga di dover intervenire presso le Autorità politiche e diplomatiche in aiuto degli imprenditori italiani che hanno operato in Albania ed hanno subito i gravi ed ingenti danni in seguito agli eventi sopra descritti.
(4-04199)
Risposta. - Risulta esatta la ricostruzione effettuata dall'interrogante sugli atti normativi emanati sia dallo Stato italiano che da quello albanese; da ultima, è in vigore la legge albanese n. 7764 del 2 novembre 1993 sulla protezione degli investimenti stranieri. Risulta parimenti esatto che nella difficile fase di apertura al mondo occidentale dell'Albania, l'Ambasciata d'Italia incoraggiò l'istituzione della «Associazione degli Imprenditori Italiani Operanti in Albania» (AIIOA). Da quest'ultima fuoriuscirono alcuni imprenditori nel 1997, a seguito dei moti che misero in crisi l'intero sistema produttivo albanese. Essi fondarono l'Associazione Difesa Investimenti (ADI) con l'intento di svolgere autonome iniziative.
Non risulta esservi traccia, presso la nostra Ambasciata a Tirana, della documentazione esibita dai rappresentanti dell'ADI a sostegno delle proprie richieste di risarcimento nei confronti delle autorità albanesi né gli interessati hanno consegnato copia della medesima all'Ambasciata, nonostante le reiterate richieste di quest'ultima. In ogni caso, la legge albanese di amnistia del 27 marzo 1997, approvata due giorni dopo la costituzione dell'ADI, rese nulle le denunce sporte sotto il profilo penale, vanificando le richieste di risarcimento; tale aspetto giuridico è stato più volte ribadito dal Governo albanese, a seguito dei ripetuti interventi della nostra Ambasciata. Va altresì rilevato che per le autorità albanesi gli eventi del 1997 non sono considerati quali episodi di «guerra civile» bensì atti legati alla criminalità organizzata ed al banditismo e che nessun imprenditore, albanese o straniero, risulta aver ricevuto indennizzi o compensazioni per i danni subiti a seguito degli eventi del 1997.
Sempre a seguito dei continui interventi della nostra Ambasciata, le autorità albanesi hanno concesso agli imprenditori, quale forma di compensazione per i danni subiti, un'esenzione dai dazi doganali per l'importazione di macchinari, l'esenzione dall'IVA e l'esenzione dalla tassa sui profitti nel 1997. In aggiunta a ciò, nel 2004 l'Ambasciata d'Italia ha prospettato all'ADI, con il parere favorevole del Ministro delle finanze albanese, la possibilità di ottenere agevolazioni fiscali particolarmente favorevoli per l'insediamento di joint-ventures nell'area industriale di Koplik, proposta che tuttavia non ha riscontrato l'interesse dell'ADI.
Dagli atti risulta che le autorità diplomatiche italiane hanno costantemente fornito, dal 1997 ad oggi, assistenza anche sul piano legale all'ADI fornendo a quest'ultima puntuale riscontro, Come confermato dal Primo ministro Sali Berisha in una lettera del 20 marzo 2007, le autorità albanesi considerano di aver comunque a
suo tempo tenuto conto, seppur in modo modesto, dei danni subiti dagli imprenditori italiani con la legge sull'esenzione fiscale del 1997.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
FOTI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa (Libertà di venerdì 8 giugno 2007 Provincia) riferiscono di una lettera inviata dal Ministro Di Pietro al presidente della Comunità montana di Valtrebbia Mauro Guarnieri nella quale - in merito al cantiere chiuso oramai da dieci anni sulla strada statale 45 di Val Trebbia, in provincia di Piacenza - testualmente si legge: «Per quanto riguarda il tratto Perino-Cernusca ho provveduto ad interessare l'Anas la quale ha confermato la redazione del progetto definitivo per il completamento funzionale della struttura e la relativa pubblicazione del bando di appalto in data 24 marzo 2006. L'intervento "in stallo" per indisponibilità di risorse finanziarie risulta ora compreso nel redigendo programma 2007-2011 per un importo pari a 18 milioni 742 mila 320 euro con "priorità alta". L'approvazione di tale programma prevista entro l'estate consentirà l'aggiudicazione dei lavori» -:
volgendo ormai al termine l'estate se e quando i lavori in questione saranno aggiudicati e quando sia possibile ipotizzarne l'avvio.
(4-04831)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Con riferimento all'affidamento dei lavori sulla strada statale 45 nel tratto Perino-Cernusca, l'ANAS ha fatto conoscere che nel corso dell'anno 2006, stante il contenimento delle opere finanziate, le attività connesse al procedimento concorsuale sono state sospese. Ad oggi, a seguito della disponibilità prevista per l'opera in oggetto, inserita nel piano di appaltabilità delle opere per l'anno 2007, si sono venute a determinare le condizioni necessarie al prosieguo del procedimento concorsuale mediante appalto integrato.
Pertanto, fatto salvo l'intervento di eventuali ricorsi o di ulteriori condizioni ostative non derivanti dal procedimento di affidamento dei lavori, si può prevedere che la conclusione dello stesso, con relativa aggiudicazione dell'opera, possa avvenire entro gennaio 2008.
L'avvio dei lavori può invece essere stimato entro due mesi successivi all'aggiudicazione.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
FOTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 14 febbraio 2007 il Governo ha fornito risposta alle interrogazioni 5-00021 e 5-00401 relative alla questione di «Via della Chiesa», sita in frazione di Vicobarone del Comune di Ziano Piacentino (Piacenza);
per quanto consta all'interrogante, la risposta resa (sulla base di errate informazioni recepite dal Ministero) contiene diverse inesattezze, tali da condizionare - come hanno condizionato - le conclusioni del Governo e di cui alla predetta risposta;
invero ed in particolare, la causa sulla destinazione d'uso della strada di cui trattasi non è stata promossa da un Comitato di cittadini di Vicobarone - come si legge nella risposta - contro i proprietari del Castello, ma, al contrario, da questi ultimi contro il Parroco e il Presidente del Consiglio parrocchiale;
le opere provvisionali prescritte con ordinanza sindacale del 7 agosto 2006 ben possono essere eseguite servendosi della «Via della Chiesa», solo parzialmente occupata da mesi e mesi da strutture metalliche che avrebbero dovuto servire all'esecuzione di lavori al Castello comunque non iniziati, strutture facilmente smontabili e rimontabili (in mezza giornata);
impraticabile è invece la possibilità di passare sulla proprietà della Parrocchia (richiesta di cui non si comprende comunque il significato, se non strumentale) per eseguire le opere predette;
la «situazione di stallo» rappresentata dal Governo non è assolutamente addebitabile a quanto nella stessa risposta sostenuto;
ad oggi, né il Comune né il Prefetto hanno adottato le iniziative sostitutive di legge per l'adempimento coattivo dell'ordinanza sindacale 7 agosto 2006, ormai da 7 mesi totalmente ignorata dagli ingiunti;
il Prefetto di Piacenza non risulta avere assunto alcuna iniziativa, come preannunciato nella risposta del Governo, e tanto meno risulta avere convocato una conferenza di servizi con la presenza anche di un rappresentante della Soprintendenza, così come si renderebbe invece urgentemente necessario;
paradossalmente perdura, quindi, l'inerzia a provvedere di ogni e qualsiasi autorità competente, dopo mesi e mesi;
con la questione delle opere provvisionali nulla interferisce la sentenza del Tribunale di Piacenza da poco emessa che, per ragioni processuali, ha ritenuto di non poter entrare nel merito dell'uso pubblico o meno della strada;
la violazione dell'articolo 30 del Codice della strada era stata in precedenza segnalata dall'interrogante in altro atto di sindacato ispettivo al fine di sottolineare che la stessa prevede l'irrogazione di una sanzione ad opera del Prefetto che - anche dopo l'intervento dei Vigili del fuoco - non risulta peraltro irrogata -:
come il Governo e le competenti autorità locali (Prefetto, Comune, Soprintendenza, Vigili del Fuoco) intendano procedere per assicurare la pubblica incolumità relativa al sagrato della Chiesa e, comunque, l'esecuzione delle opere provvisionali, dichiarate urgenti mesi e mesi fa, ma che nessuno a tutt'oggi si è paradossalmente curato di erigere in via diretta (Sindaco) o in via surrogatoria (Prefetto).
(4-04988)
FOTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dopo la pubblicazione della sentenza del Tribunale di Piacenza con la quale il Giudice unico dello stesso Tribunale ha ritenuto di non poter entrare nel merito dell'uso pubblico o meno della Via della Chiesa sita in provincia di Piacenza, segnatamente a Vicobarone di Ziano Piacentino, già oggetto di precedenti atti di sindacato ispettivo, la situazione di pericolo paventata a proposito della vecchia casa di proprietà privata prospiciente la detta strada, sembra essersi subitaneamente (e fortunatamente) risolta;
il Comune di Ziano Piacentino ed il Comando provinciale Vigili del Fuoco non sembrano ora ritenere necessarie opere provvisionali e/o definitive per la tutela della pubblica incolumità;
nessun organo giuridicamente ed istituzionalmente competente, in via diretta o di surroga, sembra più occuparsi dell'adempimento dell'ordinanza sindacale 7 agosto 2006;
non risulta all'interrogante che l'ordinanza anzidetta sia stata revocata, né eventualmente sulla base di quali esatti e specifici motivi -:
quali opere esatte siano state eseguite per la messa in sicurezza del fabbricato di cui trattasi e quali opere, separatamente, i soggetti deputati istituzionalmente a farlo (il Comune di Ziano Piacentino e il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Piacenza) abbiano accertato come eseguite, giudicandole e ritenendole sufficienti a scongiurare i gravi pericoli solo pochi mesi fa paventati;
se le opere eseguite siano state previamente autorizzate dalla competente Soprintendenza;
in ragione di quali motivazioni tecniche il Comune e il Comando VVFF nonché la Soprintendenza non abbiano più ritenuta necessaria l'esecuzione di ulteriori opere;
se risultino avviate indagini relativamente ai fatti in questione.
(4-04989)
Risposta. - Si ritiene, in via preliminare, di dover riepilogare brevemente la vicenda sulla quale, com'è noto, si è tenuta in I Commissione una seduta dedicata allo svolgimento di interrogazioni in data 14 febbraio 2007.
La «Strada della Chiesa» è una delle vie di accesso al sagrato della locale parrocchia e costeggia un castello di proprietà privata.
Originariamente era inserita nell'elenco - risalente al 1964 -, delle strade soggette a pubblico transito del comune di Ziano Piacentino. Tuttavia nel vigente Piano regolatore generale, la via risulta di proprietà privata, anche perché l'elenco comunale ha natura meramente dichiarativa.
Il contenzioso nasce nel 1998, quando i proprietari del castello propongono un'azione nei confronti del comune per ottenere la condanna al risarcimento dei danni derivati alla proprietà a seguito di operazioni per sgombero neve disposte dall'amministrazione comunale sulla via. Il comune, in quell'occasione, si è costituito in giudizio, chiedendo il rigetto della domanda e il riconoscimento della strada quale strada pubblica.
La sentenza n. 17 del 28 dicembre 1999 del giudice di pace di Borgonovo, accogliendo la domanda di risarcimento dei danni, ha accertato l'insussistenza di una servitù di uso pubblico che consentisse il passaggio dei cittadini per recarsi in Chiesa.
Tale sentenza è passata in giudicato.
Malgrado la pronuncia del giudice di pace, gli abitanti della zona continuavano a percorrere la «Strada della Chiesa», pertanto i proprietari del Castello hanno convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Piacenza, il parroco ed un altro privato chiedendo che fosse loro inibito il transito sulla strada.
Questi ultimi, in via riconvenzionale, chiedevano nuovamente che venisse accertato il pubblico uso della strada, in quanto esercitato ab immemorabili. Nel giudizio si costituivano ad adiuvandum il comune di Ziano ed altri tredici cittadini.
Con sentenza n. 80 del 19 febbraio 2007 il Tribunale di Piacenza ha dichiarato l'insussistenza di servitù di uso pubblico sulla strada, già esclusa dal precedente giudicato del giudice di pace di Borgonovo, ordinando ai convenuti di astenersi dal passaggio.
Si precisa che avverso tale sentenza è stato proposto appello il 27 aprile 2007 e che il giudizio è ancora pendente.
Secondo quanto riferisce la Prefettura di Piacenza l'accesso alla Chiesa è oggi possibile sia dalla scalinata che sale al sagrato dalla via principale del paese, sia da uno stradello carrabile di proprietà della Parrocchia, al quale si accede da un'altra via comunale.
In ordine alle specifiche problematiche sollevate dall'interrogante, concernenti la messa in sicurezza dell'area del castello al fine di prevenire eventuali pericoli per la pubblica incolumità, si rappresenta quanto segue.
Nel 2006, i vigili del fuoco, dopo aver constatato che la facciata del castello prospiciente il sagrato della Chiesa presentava parti di intonaco pericolante ed una fratturazione nello sperone di base, hanno proceduto ad un transennamento provvisorio della «Strada della Chiesa».
Per tali ragioni i proprietari del castello, anche a seguito di solleciti della Prefettura di Piacenza, sono stati diffidati ad eseguire le dovute indagini e le eventuali idonee «opere provvisionali» dirette a ridurre la pericolosità del sito.
Data l'inerzia dei proprietari, il Comune formalizzava le precedenti richieste nell'ordinanza contingibile ed urgente del 7 agosto 2006, ragion per cui gli stessi- proprietari si attivavano per chiedere alla competente Soprintendenza informazioni sulle procedure di autorizzazione previste per l'esecuzione delle opere di messa in sicurezza.
La Soprintendenza di Parma e Piacenza rispondeva precisando che l'esecuzione di opere e lavori su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del Soprintendente, salvi i casi di assoluta urgenza nei quali,
per l'esecuzione degli interventi provvisori e reversibili, è sufficiente la previa comunicazione alla Soprintendenza stessa. Pertanto, attesa la possibilità di eseguire senza ulteriori formalità le opere provvisionali di cui all'ordinanza del 7 agosto 2006, la medesima Soprintendenza invitava i proprietari a trasmettere il progetto relativo alle opere definitive di restauro, per la conseguente autorizzazione.
Nel successivo mese di ottobre 2006, constatato il perdurare dell'inerzia dei proprietari, il Comune di Ziano ha incaricato un tecnico abilitato di individuare le opere provvisionali necessarie ad eliminare i pericoli per la pubblica incolumità già indicati nella precedente ordinanza.
Il professionista, il 30 novembre 2006, ha steso una relazione con la quale ha individuato le suddette opere provvisionali urgenti.
Si trattava in particolare:
1) della verifica puntuale di tutto l'intonaco della facciata, compresa la cornice di gronda, da eseguirsi mediante battitura e rimozione delle parti distaccate;
2) della verifica della struttura in legno della gronda;
3) del puntellamento del tratto soprastante la finestra verso est in modo da evitare futuri anche se remoti pericoli di distacco dei conci fessurati;
4) di mantenere transennata, in via prudenziale, una striscia di terreno di metri 2,60 dal fabbricato in prossimità della facciata.
Il 6 aprile 2007, dopo vari solleciti della Prefettura al Comune e del Comune ai proprietari, sono state eseguite le citate opere provvisionali.
Il tecnico incaricato dal Comune ha dichiarato che esse erano state eseguite in conformità alle indicazioni contenute nella sua relazione del 30 novembre 2006, ed ha concluso che le condizioni del sito erano sufficientemente sicure e pertanto non era più necessario il transennamento precedentemente disposto.
Parimenti i vigili del fuoco hanno autorizzato il Comune di Ziano a rimuovere le transenne.
Pertanto, in base a quanto precisato dal Comune di Ziano, allo stato le prescrizioni di cui all'ordinanza sindacale del 7 agosto 2006, risultano soddisfatte con riferimento all'incolumità pubblica, essendo state individuate e rimosse le cause di pericolo o di danno attuali ed imminenti.
Per quanto riguarda le opere di consolidamento statico dell'edificio, le stesse dovranno essere direttamente eseguite dai proprietari a seguito dell'autorizzazione della Soprintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio delle province di Parma e Piacenza.
Per quanto riguarda la presunta violazione dell'articolo 30 del Codice della strada, si ricorda che tale norma, facendo salvi i provvedimenti che nei casi contingibili ed urgenti possono essere adottati dal Sindaco a tutela della pubblica incolumità, attribuisce al Prefetto, sentito l'ente proprietario o concessionario, il potere surrogatorio di ordinare la demolizione o il consolidamento dei fabbricati e dei muri che minaccino rovina, a spese del proprietario se quest'ultimo nonostante diffida, non abbia provveduto a compiere le opere necessarie.
Nel caso di specie, il sindaco - come ha riferito la Prefettura di Piacenza -, ha adottato i provvedimenti di competenza nel giugno 2006 e conseguentemente sono venuti meno i presupposti che legittimavano l'azione surrogatoria del Prefetto.
Questo è lo stesso motivo che ha indotto il Prefetto a non irrogare la sanzione citata dall'interrogante.
Si precisa, inoltre, che secondo quanto riferito dal Ministero della giustizia, il Procuratore della Repubblica di Piacenza, a seguito degli accertamenti eseguiti dai carabinieri e dai vigili del fuoco, non ha ritenuto di iscrivere a carico dei proprietari del castello alcun procedimento in relazione al pericolo di crollo del fabbricato o alla minaccia all'incolumità pubblica.
Tuttavia a carico dei proprietari del castello, sono attualmente iscritti presso la locale Procura della Repubblica altri procedimenti
penali relativi all'accertamento di reati connessi alla vicenda in questione.
Fra questi, un procedimento per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, ai sensi dell'articolo 388, secondo comma, del codice penale. Ai proprietari del castello è stato contestato di avere eluso l'esecuzione del provvedimento del tribunale di Piacenza con il quale era stato loro ordinato di reintegrare nel possesso del passaggio pedonale sulla «Strada della Chiesa» il parroco ed un altro privato, mediante rimozione delle transenne e conseguente arretramento del cantiere allestito a tutela della pubblica incolumità per la realizzazione dei lavori di messa in sicurezza.
Il procedimento in questione è stato definito, il 20 aprile 2007, con l'emissione di un decreto penale di condanna, avverso il quale i proprietari del castello hanno proposto opposizione il 15 giugno 2007.
Allo stato, il procedimento è pendente dinanzi al giudice per le indagini preliminari, in attesa di fissazione dell'udienza dibattimentale secondo il rito ordinario.
Si soggiunge, infine, che presso la medesima Procura è altresì pendente un procedimento relativo al restauro dell'immobile storico.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
FRATTA PASINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in base alla legislazione vigente in materia venatoria gli Ambiti Territoriali di Caccia corrispondono contributi ai conduttori di fondi rustici in esso siti al fine di favorire interventi di miglioramento ambientale ai fini faunistici diretti alla conservazione ed alla implementazione degli habitat per gli animali selvatici;
non è chiaro il regime fiscale di tali contributi -:
se tali contributi sono soggetti all'applicazione dell'IVA e, in caso affermativo, con quale aliquota.
(4-00371)
Risposta. - Con l'interrogazione cui si risponde l'interrogante ha chiesto chiarimenti in merito al trattamento tributario, ai fini dell'IVA, dei contributi corrisposti dagli Ambiti territoriali di caccia «ai conduttori di fondi rustici in esso siti al fine di favorire interventi di miglioramento ambientale ai fini faunistici diretti alla conservazione ed alla implementazione degli habitat per gli animali selvatici».
L'Agenzia delle entrate, sentita al riguardo, ritiene che, nel caso di specie, l'interrogante si riferisca ai contributi disciplinati dall'articolo 14, commi 11 e 14, della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
In particolare, il comma 11 prevede l'attribuzione di incentivi economici ai conduttori dei fondi rustici siti negli ambiti territoriali di caccia al fine, tra l'altro, di ricostituire una presenza faunistica ottimale per il territorio, per le coltivazioni per l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli (soprattutto nei terreni dismessi da interventi agricoli ai sensi del regolamento CEE n. 1094/88 del Consiglio del 25 aprile 1988), per il ripristino di zone umide e di fossati, per la differenziazione delle colture, per la coltivazione di siepi, cespugli, alberi adatti alla nidificazione, nonché per la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamento della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica.
Il successivo comma 14 stabilisce che l'organo di gestione degli ambiti territoriali di caccia provvede, altresì, all'erogazione di contributi per il risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e dall'esercizio dell'attività venatoria, nonché alla erogazione di contributi per interventi, previamente concordati, ai fini della prevenzione dei danni medesimi.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate ha precisato che, in linea generale, per quanto concerne l'assoggettamento ad IVA di detti contributi non esiste una specifica disposizione normativa che regoli la materia; pertanto la questione deve essere risolta
facendo ricorso ai principi generali dell'imposizione ed analizzando, caso per caso, le disposizioni di legge e le eventuali pattuizioni convenzionali che ne regolano l'erogazione.
Per prassi amministrativa consolidata (risoluzioni n. 54 del 24 aprile 2001 e n. 183 dell'11 giugno 2002), il contributo acquista rilevanza ai fini IVA se erogato a fronte di un'obbligazione di dare, fare, non fare o permettere, ossia quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive.
In altri termini, il contributo assume natura onerosa e configura un'operazione rilevante agli effetti dell'IVA quando tra le parti intercorre un rapporto giuridico sinallagmatico nel quale il contributo ricevuto dal beneficiario costituisce il compenso per il servizio effettuato o per il bene ricevuto.
Di contro, l'esclusione dal campo di applicazione dell'IVA si configura ogni qualvolta il soggetto che riceve il contributo non diventa obbligato a dare, fare, promettere alcunché in controprestazione. Così, in genere, i contributi a fondo perduto, ossia versati senza alcuna connessione con prestazioni di servizi o cessioni di beni da parte del beneficiario, non sono soggetti ad imposta.
In materia, la Corte di giustizia CEE, nella sentenza del 3 marzo 1994 (causa C16/93, Tolsma), ha precisato che «una prestazione di servizi viene effettuata a titolo oneroso ai sensi dell'articolo 2, n. 1, della sesta direttiva 77/388/CEE..., e configura pertanto un'operazione imponibile, soltanto quando tra il prestatore e l'utente intercorre un rapporto giuridico nell'ambito del quale avviene uno scambio di reciproche prestazioni, nel quale il compenso ricevuto dal prestatore costituisce il controvalore effettivo del servizio prestato all'utente».
Con riferimento al caso di specie, l'Agenzia ha osservato che i contributi in questione sono erogati per incentivare, da parte dei conduttori dei fondi rustici, lo svolgimento di attività di ricognizione delle risorse ambientali e di tutela della consistenza faunistica, di ripristino e conservazione degli habitat per gli animali selvatici, di implementazione della presenza faunistica sul territorio, nonché di manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica e di difesa della coltivazioni passibili di danneggiamento.
I contributi erogati dagli ambiti territoriali di caccia a favore dei conduttori dei fondi rustici, per realizzare gli interventi in parola, sembrerebbero rientrare tra quelli qualificabili come «contributi, a fondo perduto», versati al di fuori di un rapporto sinallagmatico fra enti eroganti e soggetti beneficiari.
In tal caso, secondo l'Agenzia delle entrate, detti contributi rientrerebbero, ai fini dell'IVA, fra le cessioni di denaro di cui all'articolo 2, terzo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, come tali esclusi dal campo di applicazione dell'imposta.
Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Vincenzo Visco.
GRIMOLDI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 10 novembre 2006 il sottoscritto ha presentato un'interrogazione a risposta scritta (n. 4-01589), nella quale si sollecitava il Ministro della salute ad una verifica dei provvedimenti adottati dal Comune di Sesto Fiorentino e dalla Regione competente in materia di chiusura del canile di Sesto Fiorentino;
in data 16 marzo 2007, è stata pubblicata la risposta scritta fornita dal Ministro della salute all'interrogazione di cui sopra; nel testo della risposta, in particolare, si dà conto dell'esito delle verifiche svolte dall'Amministrazione statale presso il Dipartimento della prevenzione dell'Azienda sanitaria di Firenze e dal Comune di Sesto Fiorentino;
molti dei dati forniti dal Ministro nella sua risposta all'interrogazione in titolo appaiono non veritieri, come certificato da alcuni atti di competenza del
Comune di Sesto Fiorentino e dall'Azienda sanitaria di Firenze;
in primo luogo, va precisato che come testimoniato dall'ordinanza del Comune di Sesto Fiorentino del 10 aprile 1997 «l'esecuzione di alcune opere» che il Comune, nel 1997, avrebbe richiesto al canile riguardano non già ristrutturazioni interne, bensì l'organizzazione di «una struttura provvisoria attigua al vecchio canile di via del Termine, finalizzata esclusivamente all'accoglimento di animali provenienti dalla struttura sanitaria»;
in secondo luogo, si evidenzia come nell'autorizzazione sanitaria rilasciata dall'Azienda sanitaria 10 di Firenze in data 6 aprile 2004 sia stata richiesta la presenza massima di 350 cani con riferimento alla sola struttura autorizzata; in tale parte autorizzata, il numero dei cani non ha mai superato le 250 unità;
in terzo luogo, si fa osservare come dei 500 cani presenti ad ottobre 2005 nel canile di via del Termine solo 90 non erano ancora anagrafi, perché di età ormai anziana o arrivati da poco nel canile;
in quarto luogo, nel testo della risposta si fa riferimento al provvedimento emesso in data 17 maggio 2006 dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze, il quale stabiliva l'obbligo di dismettere il canile di via del Termine, in quanto struttura non sanabile perché eseguita in area di rispetto aeroportuale nella quale è inibita la presenza di qualsiasi manufatto edilizio;
in risposta a tale sollecitazione, l'amministrazione del canile ha provveduto tempestivamente a contattare l'ENAC, che ha confermato che il canile non rappresenta un ostacolo per la navigazione aerea, in quanto il livello massimo degli edifici del canile è comunque inferiore al livello della strada adiacente alla struttura e il canile appare adeguatamente segnalato, in quanto in linea con il cono di atterraggio della pista;
in quinto luogo, solleva numerose perplessità la decisione del Comune di Sesto Fiorentino di stipulare una convenzione con il canile rifugio «Casa Marchese» situato nel Comune di Montespertoli, considerato che la legge della Regione Toscana 8 aprile 1995, n. 43 non consente ai Comuni toscani di stipulare convenzioni con canili di privati;
in sesto luogo, è agevole accertare come il Protocollo di intesa stipulato in data 16 gennaio 2006 fra i Comuni di Campi Bisenzio, Cadenzano, Sesto Fiorentino e Signa per la realizzazione di un nuovo canile non abbia, ad oggi, prodotto alcun risultato, trovandosi in una condizione di assoluta giacenza;
infine, destano quanto meno stupore le dichiarazioni della Regione, la quale ritiene che «il canile del Termine non rivesta un ruolo attivo e specifico nel controllo del randagismo nell'area fiorentina», considerato che il canile ha dato in adozione circa 1.750 cani in 5 anni di attività (con una media di 1 cane al giorno) e che, quindi, rappresenta un punto di riferimento per tutto il comprensorio fiorentino -:
sulla base di quali fonti di informazione e/o di documentazione il Ministro interrogato abbia provveduto a predisporre la sua risposta all'interrogazione a risposta scritta 4-01589;
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno svolgere ulteriori verifiche per accertare eventuali responsabilità del Comune di Sesto Fiorentino e della Regione competente nella compiuta attuazione delle finalità e degli interventi di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281.
(4-03842)
Risposta. - Come già precisato nella risposta alla precedente interrogazione n. 4-01589, si ribadisce la competenza esclusiva degli enti territoriali in materia di modalità attuative della riduzione del randagismo e di definizione dei criteri per la gestione dei rifugi per cani.
Analogamente, nella medesima risposta veniva comunicato che gli elementi informativi erano stati acquisiti dai soggetti istituzionali competenti, specificatamente
dalle note del 20 dicembre e 22 dicembre 2006 trasmesse dalla Prefettura di Firenze.
Relativamente al secondo quesito dell'interrogante, si precisa che la situazione del canile di Sesto Fiorentino è ben conosciuta da questo Ministero, che ha seguito con grande attenzione le vicissitudini della struttura e il destino degli oltre trecento cani ospitati.
L'inchiesta, della quale si faceva cenno nella precedente risposta, si è conclusa con il rinvio a giudizio dei vertici dell'associazione che aveva in gestione il canile, e l'udienza preliminare è stata fissata per il mese di settembre. Permane inoltre il sequestro giudiziario del canile affidato in custodia all'Azienda sanitaria locale di Firenze.
In considerazione del fatto che tale vicenda è attualmente oggetto di un procedimento giudiziario, si rileva l'opportunità da parte del Ministero della salute di una doverosa astensione da qualsiasi iniziativa, nel rispetto degli organi giudiziari e nella piena fiducia sul loro operato.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Gian Paolo Patta.
JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a seguito delle note decisioni del Consiglio di Stato e dell'Avvocatura dello Stato, è stato sostanzialmente sospeso l'uso dello strumento del fermo amministrativo (le cosiddette «ganasce fiscali») sui veicoli, in attesa del nuovo regolamento applicativo;
attualmente, (e inevitabilmente), i tempi tecnici di aggiornamento del PRA e il meccanismo delle compravendite automobilistiche spesso non consentono la conoscenza in tempo reale della presenza di un fermo amministrativo registrato. Ciò comporta che la conclusione delle transazioni, e quindi delle trascrizioni, con il conseguente sostenimento delle non indifferenti spese della voltura, porti a scoprire solo a posteriori il richiamato vincolo con le conseguenti onerose operazioni di risoluzione contrattuale e/o di contenzioso;
attraverso la conoscenza «preventiva» della sussistenza di un gravame sul bene, i menzionati oneri verrebbero al contrario evitati e verrebbe reso un servizio agli utenti basato sui princìpi della trasparenza e della correttezza -:
a che punto sia l'iter di approvazione del citato regolamento;
se sia stata prevista nello schema del Regolamento una disposizione finalizzata a rendere obbligatoria, da parte del Pubblico registro automobilistico (PRA), la preventiva segnalazione dell'esistenza del fermo in sede di presentazione - tramite lo sportello telematico dell'automobilista di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, - delle formalità di annotazione al PRA medesimo dei trasferimenti di proprietà dei veicoli.
(4-00016)
Risposta. - Con l'interrogazione cui si risponde si chiede di conoscere a che punto sia l'iter di approvazione del regolamento recante la disciplina del fermo amministrativo di beni mobili registrati, ai sensi dell'articolo 86, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 29 settembre 1973, nonché se sia stata prevista, nel citato regolamento, una disposizione che renda obbligatoria, da parte del Pubblico registro automobilistico (PRA), la preventiva segnalazione dell'esistenza del fermo in sede di presentazione delle formalità di annotazione al PRA medesimo dei trasferimenti di proprietà dei veicoli.
Al riguardo, si comunica che lo schema di regolamento di cui trattasi è in corso di rielaborazione all'esito del parere interlocutorio del Consiglio di Stato. Tale provvedimento, poi, dovrà essere sottoposto all'attenzione dei Ministeri dell'interno e dei trasporti per il relativo concerto prima dell'inoltro al Consiglio di Stato.
Quanto alla richiesta in ordine all'esistenza nel testo del regolamento di una disposizione finalizzata a rendere obbligatoria
da parte del PRA la preventiva segnalazione dell'esistenza del fermo in sede di trasferimenti di proprietà dei veicoli, si rassicura l'interrogante che, nel definire il Regolamento citato in premessa, quanto rappresentato nel documento di sindacato ispettivo in esame sarà tenuto in debita considerazione.
È appena il caso, infine, di ricordare che attualmente, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del regolamento recante norme in materia di fermo amministrativo di veicoli a motore ed autoscafi (decreto ministeriale 7 settembre 1998, n. 503), l'iscrizione del fermo amministrativo al PRA comporta, a tutela dei terzi, l'annullamento del provvedimento di fermo disposto su beni relativamente ai quali l'atto di disposizione del veicolo ha data anteriore all'iscrizione stessa ma è stato trascritto successivamente.
Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Vincenzo Visco.
MIGLIORI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
dopo la forte accelerazione realizzativa garantita dal Governo Berlusconi alle opere di completamento del raddoppio della linea ferroviaria Pontremolese, si assiste oggi ad una incomprensibile fase di stallo circa la progettazione definitiva e soprattutto a riguardo dei lavori di raddoppio della tratta Solignana-Osteriazza già assegnati nel maggio 2005 con progettazione esecutiva dell'opera in questione già ultimata;
la linea ferroviaria Parma-La Spezia (Pontremolese) risulta prioritaria per il corridoio plurimodale Tirreno-Brennero e come tale è tra l'altro riconosciuta, seppur solo teoricamente, dalla legge finanziaria per il 2007;
le preoccupazioni circa il collasso dell'iter complessivo per il raddoppio della Pontremolese sono ulteriormente ampliate dopo la mancata risposta di fatto del Sottosegretario elle infrastrutture in data 25 luglio 2007 alle interrogazioni presentate in Commissione trasporti sull'argomento tanto che gli stessi deputati della maggioranza si sono dichiarati insoddisfatti della risposta del Governo -:
se non reputi urgente e doveroso comunicare ufficialmente, quali siano la effettive motivazioni che impediscono, nonostante gli impegni finanziari assunti, la ripresa delle opere per il raddoppio della tratta Solignana-Osteriazza nonché la conclusione del lavori per la relativa progettazione definitiva.
(4-04726)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il ritardo sul cronoprogramma della realizzazione del raddoppio della tratta della linea ferroviaria Pontremolese Solignano-Osteriazza è ascrivibile, fa conoscere Ferrovie dello Stato (FS), al rallentamento prima e al fermo totale poi dei cantieri da parte dell'impresa Astaldi per dichiarate difficoltà di bonifica del territorio dagli ordigni bellici, è stimato oggi in 18 mesi, tenuto conto anche del tempo divenuto eventualmente necessario per reimpiantare i cantieri già smobilitati.
L'impresa Astaldi, rispetto al processo di bonifica già progettato e approvato da parte delle FS, avrebbe, di sua iniziativa, prospettato un nuovo progetto di bonifica con un costo maggiore di alcune decine di milioni di euro non condiviso, sia nelle modalità sia nei costi, da Ferrovie dello Stato.
In considerazione di ciò, l'impresa ha anche sospeso ogni attività di perforazione in galleria, che nulla ha a che vedere con le difficoltà prospettate richiedendo una rescissione del contratto.
A fronte dell'urgenza rappresentata sia dalle realtà locali sia dalla società ferroviaria, il Ministro delle infrastrutture ha convocato per il 9 ottobre 2007 una riunione con le parti interessate per addivenire ad una rapida risoluzione delle problematiche insorte e, quindi, alla ripresa dei lavori sulla tratta in questione.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
PICCHI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 3 giugno 2007 il Consolato generale italiano di Zurigo ha indetto una prova d'esame per l'assunzione di n. 1 impiegato a contratto con mansioni di concetto da adibire ai servizi di Contabilità-Manifestazioni culturali-Traduzione presso l'Istituto Italiano di Cultura di Zurigo;
la prova d'esame ha avuto luogo fra la fine del 2006 e il febbraio del 2007 (prove scritte e orali) si sono svolte ben oltre i sei mesi di legge a partire dall'autorizzazione ministeriale;
manca a tutt'oggi la firma del Direttore dell'Istituto italiano di Cultura (IIC) di Zurigo dottoressa Luisa Pavesio, sui verbali delle prove scritte, pubblicati peraltro prima dell'apposizione delle firme da parte di tutti i membri;
vincitore delle prove è risultato un contrattista consolare, il signor Marco Palombo, esaminato da una Commissione composta per quattro membri su sei da personale consolare;
ci sono state irregolarità nella composizione della commissione in quanto non sono state rispettate le norme che fanno divieto al personale a contratto di far parte di commissioni di concorso delle due precedenti selezioni;
il Direttore IIC non è stato informato, nella fase preliminare delle prove, delle candidature pervenute, non ha avuto la pur richiesta nomina a Vicepresidente della Commissione ed è stato sostituito nella sua qualità di membro titolare per la materia degli Istituti Italiani di Cultura da un membro supplente, nominato in corso d'opera e non all'avvio delle prove;
tale membro supplente è stato individuato nell'Addetto all'Istituto Italiano di Cultura il quale ha rivolto accuse al Direttore Pavesio, in seguito riconosciute prive di fondamento da sentenza arbitrale del 7 aprile 2007; il membro supplente è un Addetto di nuova nomina procedente da mobilità, che non ha mai prestato servizio in un Istituto Italiano di Cultura, e di cui il Direttore aveva rilevato le incompetenze in materia;
la sostituzione del Direttore titolare è stata attuata agli esami orali a causa di tre giorni di congedo per malattia del Direttore, nonostante si fossero attese per oltre un anno l'autorizzazione e l'avvio delle prove, e nonostante il bassissimo numero di candidati presenti agli orali, per i quali candidati un'ulteriore attesa di cinque giorni non avrebbe significato molto, rispetto all'anno intercorso fra il bando e l'effettuazione delle prove;
il Direttore IIC non è stato invitato a partecipare ai lavori di ratifica dei risultati del sabato 24 febbraio 2007, pur essendo già terminato in quella data il suo congedo per malattia e non ha potuto in alcun momento esprimere il suo parere relativamente ai punteggi riconosciuti ai candidati per la carriera anteriore, tant'è che il candidato che aveva lavorato per oltre dieci anni presso l'Istituto di Cultura ha ricevuto minore punteggio del vincitore, che non ha mai prestato servizio in un Istituto;
infine il contrattista già lavorava in Consolato e quindi sarebbe stata opportuna una procedura di mobilità, e non un vero e proprio concorso, posto che comunque il lavoro è andato non a un figlio inoccupato/disoccupato di nostri connazionali in Svizzera, bensì a un impiegato già in servizio -:
quali iniziative tempestive intenda intraprendere per verificare i fatti in premessa e verificare la correttezza delle prove d'esame svolte;
se non ritenga opportuno modificare le direttive di reclutamento di nuovo personale degli Istituti di Cultura, considerando la specificità dei compiti che devono assolvere, al fine di renderle trasparenti e meno discrezionali.
(4-04247)
Risposta. - In merito a quanto segnalato dall'onorevole interrogante nel presente
atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Svolgimento delle prove d'esame. Le prove concorsuali per l'assunzione di un impiegato a contratto presso l'Istituto Italiano di Cultura di Zurigo sono state prorogate oltre il termine di sei mesi per circostanziate esigenze d'ufficio e sulla base di apposita autorizzazione ministeriale.
Va precisato che la legge non impone un termine di sei mesi per procedere alle prove di selezione; è solo prassi dell'Amministrazione avvisare le sedi che ricevono un'autorizzazione all'assunzione di impiegati a contratto che, qualora non venga dato corso alle relative procedure entro sei mesi, l'autorizzazione verrà annullata. In ogni caso, il Consolato generale in Zurigo ha proceduto alla pubblicazione del bando in data 3 giugno 2006, mentre l'autorizzazione era stata concessa il 28 febbraio precedente, quindi solo tre mesi prima. Le prove si sono svolte in autunno per questioni organizzative, come non è peraltro infrequente che avvenga.
Mancanza di firma del direttore dell'Istituto italiano di cultura (IIC) sul verbale delle prove, scritte. Al termine della correzione delle prove scritte è stata prodotta immediatamente una tabella/graduatoria con i punteggi riportati dai candidati. Tutti i membri della Commissione che hanno partecipato alla correzione - compreso il direttore dell'Istituto di Cultura - hanno firmato detta tabella. I membri della Commissione si sono riservati di comune accordo di procedere successivamente alla redazione e alla firma del verbale. Quest'ultimo, peraltro, ha carattere ricognitivo (non costitutivo) e ha comunque riportato esattamente i punteggi di cui alla citata tabella. Tutti i membri della Commissione hanno firmato il verbale in questione, ad esclusione del direttore dell'Istituto di cultura.
Partecipazione e vincita del concorso da parte di un impiegato consolare. Non esistono, per quanto a conoscenza della competente Direzione generale del Ministero degli esteri, preclusioni normative alla partecipazione di un impiegato dello Stato (di ruolo o a contratto) ad un pubblico concorso, purché in possesso dei requisiti di legge richiesti. Ad insindacabile giudizio di merito della Commissione è risultato ovviamente vincitore il candidato che ha riportato il punteggio finale più elevato. Delle prove pratiche rimane traccia scritta, mentre di quelle orali è agli atti un apposito processo verbale.
Composizione della Commissione esaminatrice. Per quanto concerne la presenza, nella commissione giudicatrice, di quattro membri su sei del personale consolare, va osservato che di essa ha fatto parte un commissario amministrativo, per il necessario accertamento delle competenze in materia di contabilità, e tre impiegati a contratto del Consolato d'Italia in qualità di esperti ai sensi dell'articolo 8 del decreto ministeriale n. 032/655.
Tale articolo, nell'affermare che «possono essere chiamate a far parte della Commissione come esperti persone qualificate non appartenenti all'Amministrazione», implicitamente invita a ricercare questi esperti prioritariamente proprio all'interno dell'Amministrazione. Ciò anche e soprattutto nel rispetto delle indicazioni generali di contenimento della spesa pubblica.
Personale a contratto membro di precedenti procedure concorsuali. La Commissione esaminatrice è stata formata nello scrupoloso rispetto dell'articolo 8 del decreto ministeriale n. 032/655 del 16 marzo 2001. Riguardo alla partecipazione alla commissione del concorso di personale a contratto membro di precedenti procedure concorsuali, non si rileva nessuna apposita norma. Nessun impiegato a contratto facente parte di precedenti commissioni per concorsi presso gli Istituti italiani di cultura ha comunque fatto parte della Commissione del concorso in oggetto.
Partecipazione e sostituzione del direttore dell'Istituto alla Commissione giudicatrice. La normativa vigente (articolo 8, comma 7, del decreto ministeriale succitato) prevede che sia l'Ufficio consolare a procedere al vaglio delle domande di partecipazione alla selezione. La stessa normativa (comma 2 dell'articolo 8 appena ricordato) non contempla l'incarico di vicepresidente,
bensì semplicemente altri due membri oltre al presidente (il Capo dell'Ufficio consolare). La dottoressa Pavesio è stata designata quale membro. Nella previsione di legge non è tuttavia in via esclusiva il rettore, ma più semplicemente «un funzionario di ruolo dell'Istituto» chiamato obbligatoriamente a far parte della Commissione.
Riguardo alla sostituzione del direttore dell'Istituto nelle prove orali del concorso, questi aveva fatto sapere, il giorno precedente alle prove orali e con tutti i candidati già convocati, di essere malata. La nomina di supplenti in caso di impedimento di un membro di una commissione giudicatrice è ammessa dalla normativa generale sui concorsi pubblici ed è avvenuta previa consultazione del Ministero degli esteri.
A prescindere da ogni altra considerazione, la nomina dell'Addetto è stata imposta dalla norma contenuta nel comma 3 del suddetto articolo 8, che prevede che della Commissione faccia comunque parte un membro di ruolo del personale dell'Istituto.
È prassi comune sostituire i membri di commissioni giudicatrici che non possano essere presenti per impedimento per evitare di dover riconvocare i candidati, senza considerare che l'indisposizione della dottoressa Pavesio è sopraggiunta in tempi troppo ristretti per poter formalmente procedere ad avvisare gli interessati.
La pretesa del direttore dell'Istituto italiano di cultura di partecipare ai lavori di ratifica dei risultati del sabato 24 febbraio 2006 non trova fondamento. Come risulta dal verbale delle prove orali, le decisioni finali e definitive la Commissione le prese il venerdì 23 febbraio, rinviando al giorno successivo la mera redazione della graduatoria ufficiale e il completamento del verbale stesso.
Punteggi da attribuire a pregressi periodi di servizio. I punteggi in questione sono previsti dalla normativa vigente. Il candidato, che aveva prestato servizio per 6 anni presso l'Istituto di Cultura con mansioni di concetto, ha ottenuto il massimo di 3 punti attribuibili, analogamente al vincitore signor Palombo che, essendo in servizio presso il Consolato generale dal 1999 in mansioni immediatamente inferiori, ha ottenuto anch'egli il massimo di 3 punti consentiti dalla norma (quindi non di più). Quanto alla mancata consultazione del direttore al riguardo, va tenuto presente che la norma in questione non lascia alcun margine di discrezionalità alla Commissione se non nella valutazione della rilevanza delle mansioni svolte presso datori di lavoro diversi dall'Amministrazione.
Si segnala infine che l'aver lavorato in periodi pregressi presso un Istituto italiano di cultura non costituisce automaticamente un titolo di merito. In tal senso, non si ritiene corretto privilegiare una pregressa esperienza verosimilmente non supportata dai necessari aggiornamenti richiesti dall'evoluzione della materia.
Procedure di mobilità e riserve per connazionali. La possibilità di assumere il signor Palombo tramite procedura di mobilità non è contemplata dalla vigente normativa sugli impiegati a contratto. Nessuna disposizione sull'assunzione di personale a contratto, inoltre, prevede riserve di posti per connazionali inoccupati o disoccupati.
Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.
PIRO e LOMAGLIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la città di Palermo, per il suo approvvigionamento idrico, riceve acque da diverse fonti e tra queste dalla sorgente Presidiana nel comune di Cefalù e dalla diga Rosamarina in territorio di Termini Imerese per diverse centinaia di litri al secondo;
le acque della sorgente Presidiana sono particolarmente ricche di minerali e sali mentre le acque della Rosamarina, in virtù della natura dei terreni ricompresi nel bacino, contengono elevate quantità di solfati, entrambe, pertanto non presentano caratteristiche adatte al consumo umano, né l'Amap, azienda comunale che gestisce attualmente il servizio idrico è dotata di adeguato impianto di demineralizzazione;
al fine di rendere potabili le acque, l'Amap provvede a miscelarle con acque provenienti da altre fonti, anche se, come è accaduto nelle scorse settimane, per carenza di acqua provenienti da altre fonti, non sempre può effettuare una miscelazione completa;
come ampiamente riportato dalla stampa locale (Giornale di Sicilia e La Repubblica-Palermo soprattutto) nelle scorse settimane nelle acque immesse nella rete cittadina, la concentrazione di solfati ha più volte fatto rilevare il superamento dei limiti imposti dalla normativa;
in un articolo pubblicato dal quotidiano La Repubblica il 14 marzo 2007 nelle pagine locali di Palermo, l'Amap, dichiara che «... Il problema degli sforamenti è destinato a ripetersi in futuro, tanto che l'Amap e il comune ribadiscono l'intenzione di chiedere alla regione e al ministero della sanità una deroga sui limiti di legge ...»;
il sindaco di Palermo, secondo quanto si legge nell'articolo, avrebbe dichiarato che «... non c'è mai stato alcun allarme né emergenza sui livelli di solfato ... anzi ... la situazione è sotto controllo e lo è sempre stata ... il primo cittadino di Palermo avrebbe ammesso però che, nelle scorse settimane ... i rilevamenti dell'Ausl 6 hanno accertato un dato compreso tra 300 e 350 milligrammi, superiore alla soglia di legge, ma inferiore a quanto consentito in altre regioni che hanno ottenuto la deroga ministeriale come il Veneto e il Lazio ...»;
lunedì 12 marzo 2007, secondo il comune e l'Amia, nell'acqua erogata ai cittadini palermitani c'erano 270 milligrammi per litro, il giorno dopo scesi a 247. Il quantitativo di solfati presenti nell'acqua varia però da zona a zona. Non esiste, dunque, un'analisi che possa accomunare tutti i quartieri di Palermo;
buon senso e saggia amministrazione avrebbero voluto che i cittadini palermitani fossero prontamente informati dei rischi derivanti dall'utilizzo dell'acqua distribuita nella rete cittadina ed ancor di più sarebbe stata opportuna l'emissione di una apposita ordinanza al fine di non utilizzare l'acqua per il consumo umano. Tutto questo a preventiva tutela della salute pubblica -:
se il Ministro della salute ritenga l'eventuale deroga richiesta compatibile con l'esigenza della tutela della salute dei cittadini di Palermo;
se non intenda disporre un'ispezione del Nucleo operativo ecologico dell'Arma dei Carabinieri a tutela dell'incolumità pubblica.
(4-03048)
Risposta. - Con riferimento a quanto segnalato nell'interrogazione parlamentare, preliminarmente si precisa che il parametro solfati è inserito nell'allegato 1, parte C «Parametri indicatori» del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, di attuazione della direttiva 98/83/CE sulla qualità delle acque destinate al consumo umano, quali sostanze «che in sé e ai valori proposti, non rappresentano un rischio per la salute umana: essi sono stati inseriti per fornire un'indicazione tempestiva delle variazioni nella qualità dell'acqua e dell'eventuale necessità di adottare azioni correttive».
L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), nelle proprie Linee guida del 2004, non ha ritenuto di identificare un livello di solfati nelle acque potabili correlato ad effetti sanitari a rischio per la popolazione; tuttavia viene raccomandato che le Autorità sanitarie debbano essere a conoscenza dell'eventuale esistenza di acque con contenuto di solfati superiore a 500 mg/L (valore, peraltro, indicato come intake giornaliero da tutte le fonti).
Inoltre, l'OMS ha evidenziato che a una concentrazione superiore a 250mg/L, i solfati possono essere percepiti organoletticamente (sapore) e possono causare corrosione del sistema di distribuzione.
L'United States Environmental Protection Agency (USEPA) inserisce il parametro solfati nel Secondary Drinking Water Regulation ad una concentrazione di 250
mg/L (SMCLs), come guidelines, in quanto possono influenzare gli aspetti organolettici senza costituire rischio per la salute umana.
In merito a quanto richiesto, si precisa che la gestione degli eventuali casi di non conformità ai valori indicati per tali parametri, è esercitata, nel caso segnalato, dalla Agenzia regionale acque e rifiuti e dall'AMAP s.p.a. (ente gestore dell'erogazione idrica nella città di Palermo), sentito il parere della Azienda USL n. 6 di Palermo, mentre la concessione di deroghe ed i conseguenti adempimenti sono di competenza dell'Assessorato per la sanità della Sicilia.
Nel merito, la Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Palermo ha comunicato che l'ente gestore, nel quadro delle fonti di approvvigionamento per uso urbano previste dalle apposite autorizzazioni e nell'ambito del piano di riparto predisposto dall'Agenzia regionale acque e rifiuti, utilizza per l'approvvigionamento idrico anche le acque provenienti dalla sorgente Presidiana (sita nel territorio di Cefalù) e dall'invaso di Rosamarina (sito nel territorio di Caccamo).
L'utilizzo dell'invaso di Rosamarina è iniziato nel 2002, con la realizzazione di una prima condotta di collegamento dell'invaso stesso con l'acquedotto Scillato e di una seconda con l'acquedotto Scanzano-Risalaimi.
La sorgente Presidiana ha un tenore di cloruro di sodio che supera i limiti consentiti dalla normativa vigente; pertanto, l'Assessorato regionale per la sanità con nota del 21 febbraio 2007 ha rilasciato il nulla osta igienico-sanitario provvisorio per l'utilizzo di detta fonte, con la prescrizione che l'acqua immessa alla distribuzione non superi i parametri chimici previsti dal decreto legislativo n. 31 del 2001.
Per tale motivo, al fine di assicurare la necessaria miscelazione ed il rispetto della prescrizione, vengono immessi nella condotta dello Scillato solo 100 l/s di detta acqua.
L'AMAP ha precisato che le acque dell'invaso di Rosamarina sono invece caratterizzate da un significativo contenuto di solfato di calcio, che non supera i 400 mg/l, derivante dalla natura geologica del bacino imbrifero (terreni gessosi).
L'uso di tali acque è autorizzato dalle autorità sanitarie, dopo trattamento e miscelazione, presso l'impianto di potabilizzazione (contrada Risalaimi del Comune di Marineo), con le acque dell'invaso Scanzano e delle sorgenti Risalaimi.
Per la stagione invernale 2006-2007, caratterizzata da una scarsa piovosità, la citata Agenzia regionale ha disposto una limitazione nei prelievi idrici dagli invasi, che ha determinato notevoli diminuzioni negli apporti disponibili di acque dell'invaso Scanzano e delle sorgenti Risalaimi, creando difficoltà nel mantenimento del rapporto di miscelazione con le acque dell'invaso di Rosamarina, necessario ad assicurare il rispetto del parametro solfati previsto dalla normativa vigente sulle acque potabili. Si è prodotto, di conseguenza, in assenza di possibili immediate alternative, il temporaneo, sia pur limitato, superamento del valore di riferimento, verificatosi nei periodi prima citati.
Relativamente alla lamentata mancata informazione alla cittadinanza palermitana e all'eventuale «emissione di una apposita ordinanza al fine di non utilizzare l'acqua per il consumo umano», il citato ente ha sottolineato che il parametro solfati, ai sensi della normativa vigente, non è ricompreso tra i cosiddetti parametri tossici né microbiologici (allegato I - Parte A e Parte B del decreto legislativo n. 31 del 2001) per i quali, in caso di superamento, indipendentemente dall'entità del valore, il Sindaco, sentita l'Autorità sanitaria, ha l'obbligo di adottare immediatamente provvedimenti cautelativi o limitazioni all'uso potabile, a tutela della salute pubblica.
Il parametro solfati, contemplato, come già esposto,nella tabella parte C del decreto legislativo n. 31 del 2001, è un parametro «che viene preso in considerazione per esprimere un giudizio complessivo di idoneità delle acque destinate al consumo umano, ma che non rappresenta un vincolo formale e rigido, come nel caso dei parametri tossici.
La presenza dei solfati in quantità superiore al valore limite fissato dal decreto legislativo n. 31 del 2001 è da ritenersi come una situazione non conforme, ma non indicativa di reale e immediato rischio igienico sanitario per la salute pubblica, in quanto il superamento del valore limite di un parametro indicatore prevede un intervento discrezionale basato su una valutazione di merito in ordine alla tipologia ed entità del superamento stesso».
È stato, peraltro, segnalato che il Sindaco di Palermo, a seguito della comunicazione del 5 marzo 2007 della AUSL n. 6 di Palermo, con la quale si evidenziava la necessità di una ordinanza di non utilizzo dell'acqua per il consumo umano nelle zone cittadine servite dal serbatoio Monte Grifone e Pedemontana, ha convocato per il 21 marzo 2007 una Conferenza di servizio alla quale hanno partecipato i vertici aziendali e il direttore generale dell'AMAP.
In tale occasione è stato concordato di informare la popolazione della non conformità del suddetto parametro qualora questa avesse continuato a persistere, nonostante le modifiche tecniche in corso di realizzazione, finalizzate a consentire una diversa miscelazione delle acque.
Viene, inoltre, confermato che dalla prima decade del mese di marzo 2007, le modifiche apportate all'utilizzo delle risorse idriche, grazie anche agli interventi tecnici eseguiti e alle successive condizioni meteorologiche favorevoli verificatesi nel frattempo, hanno assicurato il rientro ed il costante contenimento della presenza dei solfati nelle acque in distribuzione a Palermo.
L'AMAP sottolinea che la correttezza del comportamento tenuto dalle Autorità in presenza del limitato temporaneo innalzamento del contenuto di solfati di calcio, mai oltre i 350 mg/l, è peraltro confermata anche da quanto verbalizzato nella suddetta Conferenza: «Si precisa che in dipendenza del consumo umano delle acque medesime, nel periodo considerato, non vi sono mai stati rischi per la salute dei cittadini».
È stata data assicurazione, inoltre, che la miscelazione delle acque della sorgente Presidiana e dell'invaso di Rosamarina viene tuttora eseguita con le acque dell'invaso Scanzano e delle sorgenti Risalaimi e, a brevissimo termine, sarà assicurata anche l'ulteriore possibilità di miscelazione con le acque provenienti dall'invaso di Piana degli Albanesi, la cui disponibilità, al momento, è ampiamente adeguata.
La soluzione definitiva della problematica in esame è prevista mediante la realizzazione di un impianto di dissalazione ad osmosi inversa, da costruire nel territorio del Comune di Termini Imerese, i cui lavori sono stati assegnati con la procedura dell'appalto-concorso alla Coopcostruttori S.c.a.r.l. di Argenta (Ferrara) in data 17 giugno 2002; i lavori non sono stati ultimati per intervenuta rescissione contrattuale in data 30 luglio 2003, per gravi inadempienze contrattuali.
Detto impianto avrebbe dovuto assicurare l'integrazione idrica di 400 l/s delle acque provenienti dalla sorgente Presidiana, così direttamente ed interamente disponibili per la miscelazione delle acque provenienti dall'invaso di Rosamarina.
Attualmente sono in corso le procedure per un nuovo affidamento dei lavori di realizzazione dell'impianto di dissalazione; l'AMAP assicura di poter garantire in tempi ragionevolmente rapidi l'emanazione del nuovo bando e la successiva ripresa dei lavori.
Nelle more del definitivo completamento dell'impianto di dissalazione, l'AMAP ha richiesto all'Assessorato regionale alla sanità l'autorizzazione all'utilizzo in deroga, in caso di emergenza idrica, delle acque del citato invaso.
Relativamente a quanto di conoscenza del Ministero della salute, è opportuno sottolineare, infine, che questa Amministrazione ha appreso la situazione verificatasi a Palermo solo tramite gli organi di stampa, non avendo ricevuto alcuna comunicazione dalle competenti autorità sanitarie locali.
Pertanto, è stata inoltrata in merito una richiesta di informazioni alla Regione Sicilia.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Gian Paolo Patta.
PIRO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
la Strada statale 120 attraversa, a partire dal versante tirrenico per arrivare a quello ionico, molti comuni siciliani, alcuni dei quali situati nell'entroterra e in zone di montagna;
la strada in questione attraversa anche i quattro più importanti parchi naturalistici della Sicilia (Alcantara, Etna, Nebrodi e Madonie), che esercitano una forte attrazione turistica e pertanto essa costituisce un percorso storico-naturalistico e paesaggistico di grande interesse per l'intera area isolana;
le condizioni in cui attualmente versa il percorso viario sono alquanto precarie dal punto di vista della fruibilità e della sicurezza stradale con alcuni tratti danneggiati da frane e smottamenti, soprattutto nelle zone di montagna (e precisamente nei tratti che collegano i Comuni di Cesarò con Troina e quest'ultimo con Nicosia);
la Strada Statale 120 è quotidianamente interessata da notevoli flussi di traffico e nei mesi invernali, per le cattive condizioni climatiche e per le frequenti precipitazioni nevose, e percorribile con grosse difficoltà nei tratti di montagna;
permanendo queste condizioni disastrate, le popolazioni dei Comuni attraversati dalla strada in oggetto non possono fruire agevolmente e tempestivamente dei servizi essenziali (Ospedale di zona, Vigili del fuoco, Tribunale, Agenzia delle entrate...) poiché per percorrere il tratto di strada in questione occorre circa un'ora di tempo -:
se non ritenga opportuno intervenire affinché l'ANAS programmi tempestivamente interventi di manutenzione straordinaria per sistemare i tratti più vetusti e in pessime condizioni, soprattutto nella parte di strada che collega i Comuni di Cesarò con Troina e quest'ultimo con Nicosia;
quali iniziative intenda assumere affinché la Strada statale 120 possa essere inserita tra gli interventi prioritari della rete infrastrutturale siciliana, al fine di modernizzare l'oramai vetusto percorso viario e collegarlo con le principali arterie stradali della Sicilia.
(4-03863)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il tratto della strada statale 120 «dell'Etna e delle Madonie», compreso tra i km 102+200 (comune di Nicosia) ed il km 156+000 (comune di Cesarò), durante le stagioni invernali del 2005 e del 2006 è stato interessato da alluvioni che hanno inciso pesantemente sulle caratteristiche meccaniche dei terreni attraversati dalla stessa. A causa di frane e smottamenti il tratto della strada statale in questione presenta dissestamenti.
Di conseguenza l'ANAS, per consentire il transito della statale, ha istituito tratti a senso unico alternato.
Allo stato attuale, sono già stati appaltati i lavori di ripristino del corpo stradale in frana dal km 128+000 al km 132+000, nel tratto compreso tra gli abitati di Cerami e Troina, mentre è in corso di pubblicazione il bando di gara per intervento al km 120+900, compreso tra Nicosia e Cerami.
Inoltre, nell'ambito delle ordinarie attività di manutenzione del corpo stradale sono già stati eseguiti vari interventi di risagomatura del piano viabile e, a breve, inizieranno gli interventi di consolidamento del corpo stradale alle progressive 145+500 e 148+050.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
RONCONI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
a seguito del tragico incidente verificatosi il 25 novembre 2006 nello stabilimento Umbria Olii, in località Campello sul Clitunno, provincia di Perugia, che ha provocato la morte di 4 operai che lavoravano
all'interno della struttura, si apprende che circa 2.000 tonnellate di olio sono fuoriuscite dai silos dell'azienda dopo lo scoppio, riversandosi nelle zone limitrofe;
una buona quantità di liquido ha invaso le acque del fiume Clitunno, il cui corso scorre vicino i confini dell'impianto in questione;
i tecnici dell'Arpa hanno effettuato una prima serie di operazioni di aspirazione del liquido fuoriuscito per la bonifica di tutta l'area interessata;
si stanno predisponendo tutti i necessari controlli finalizzati all'accertamento di eventuale inquinamento del fiume Clitunno, delle aree interessate e delle falde sotterranee;
l'impianto è inspiegabilmente localizzato accanto ad un centro abitato e nelle vicinanze del fiume Clitunno, corso d'acqua straordinariamente importante non solo dal punto di vista storico e paesaggistico ma anche ambientale -:
come ritenga possibile - con riferimento ad autorizzazioni, prese d'atto ed altri atti di assenso di competenza governativa - che siano state concesse le necessarie autorizzazioni allo svolgimento delle attività di produzione dello stabilimento Umbria Olii, visto il particolare utilizzo di materiali altamente infiammabili e la localizzazione, come richiamato in premessa, in un'area a densità abitativa e di particolare interesse ambientale;
se non ritenga opportuno attivarsi per verificare l'effettivo stato della situazione e assumere tutti gli atti in suo potere per far fronte alla risoluzione della problematica in questione.
(4-02870)
Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, l'interrogante chiede al Ministro se non ritenga opportuno attivarsi per verificare l'effettivo stato della situazione determinatasi a seguito del tragico incidente del 25 novembre 2006 presso lo stabilimento Umbria, in località Campello sul Clitunno, in provincia di Perugia, ed assumere tutti gli atti in suo potere per far fronte alla risoluzione della problematica in questione. In merito il Servizio qualità della vita, competente ha riferito quanto segue.
Come noto, infatti, il giorno 25 novembre 2006, nella zona industriale del comune su indicato, presso la sede della raffineria Umbria Olii, a causa dell'esplosione di un silos nel quale era stoccato olio naturale, si è verificato un gravissimo incidente che ha provocato la morte di 4 persone, nonché conseguenze di notevole portata ambientale, sociale ed economica.
A causa dell'incidente si è riversata nell'area della ditta Umbra Oli e poi nel territorio circostante una notevolissima quantità di sansa che ha dapprima invaso il cortile della stessa società per poi fuoriuscirne attraverso l'ingresso principale.
Sulla base delle informazioni fornite dalla Regione Umbria, sul posto sono prontamente intervenuti tecnici comunali, Vigili del Fuoco, l'Agenzia regionale protezione ambientale (ARPA) e la Valle Umbra Servizi, società che cura la gestione del servizio di igiene urbana per i comuni dell'area interessata, che si sono adoperati per arginare un'emergenza che, già all'inizio, si preannunciava di dimensioni tutt'altro che contenute.
Nonostante la tempestività dell'intervento, infatti, le modalità di innesco dell'incidente avevano già fatto sì che l'olio si fosse espanso attraverso le linee viarie ed idrografiche intorno all'area. Risultavano da subito coinvolti il fosso laterale, il fosse a valle e il fiume Clitunno, nonché la principale via d'accesso alla zona industriale.
A livello logistico e strutturale è stata disposta l'immediata chiusura del sistema fognario a servizio della zona industriale, procedendo altresì alla realizzazione di argini in terra a protezione dell'area limitrofa alla Umbra Olii. Lungo circa 300 m della zona industriale sono stati riversati più di 150 m3 di terra al fine di tamponare ed assorbire la fuoriuscita della massa oleosa.
L'azione dei Vigili del Fuoco si è da subito concentrata nello spegnimento dell'incendio che nel frattempo aveva investito
gran parte della struttura. L'ARPA al contempo ha individuato 2 punti strategici lungo il fiume Clitunno, ove ha collocato chiuse atte ad intercettare e a bloccare la sansa prima che questa li raggiungesse. L'incendio è stato di fatto domato solo nelle prime ore della giornata di domenica 26.
Considerata quindi la necessità e l'urgenza di procedere alla realizzazione di tutte le iniziative di carattere straordinario finalizzate al risanamento ambientale del sito, per il quale la Regione ha stimato un costo pari a circa 7 milioni di euro, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o dicembre 2006 è stato dichiarato lo stato d'emergenza.
Il titolare della ditta, in adempimento a quanto disposto dalla Pubblica amministrazione al fine di eliminare o circoscrivere qualsiasi ulteriore fattore di danno, ha provveduto a rimuovere il terreno contaminato dell'area non pavimentata e a depositarlo presso un sito completamente impermeabilizzato così da scongiurare eventuali fenomeni di dilavamento. L'area pavimentata è stata bonificata con lo spargimento di sostanze assorbenti e poi ripulita attraverso la completa rimozione del materiale fuoriuscito. Il bacino di contenimento, sottostante i serbatoi, è stato svuotato dei liquidi in esso contenuti e l'area interessata dall'incendio è stata delimitata attraverso la realizzazione di uno spartiacque superficiale, in modo da non permettere alle acque meteoriche non contaminate di penetrare nella zona.
Conclusa la prima fase di emergenza, si è poi proceduto alla programmazione delle successive attività di bonifica e ripristino.
Secondo quanto riferito dall'ARPA, il problema principale e più immediato per evitare seri danni all'ambiente è stato quello di rimuovere e gestire la grande quantità di olio fuoriuscito dallo stabilimento, parte del quale aveva raggiunto le acque superficiali.
La raccolta di olio con mezzi aspiranti ed autobotti è iniziata nello stesso pomeriggio dell'incidente sia in corrispondenza delle arginature immediatamente approntate, sia del corso d'acqua chiamato Fossa Nuova e del fiume Clitunno.
Poiché la quantità di olio aspirata è apparsa molto consistente, è sorto da subito il problema di reperire volumi disponibili per uno stoccaggio temporaneo in attesa di uno smaltimento definitivo del materiale raccolto.
Si è stabilito quindi di conferire detto materiale alla Soc. Codep di Bettona, che gestisce il più grande impianto di trattamento di reflui zootecnici esistente in Italia e dispone di grandi digestori anaerobici per la produzione di biogas impiegato per generare energia elettrica. L'impianto è altresì autorizzato a trattare acque di vegetazione provenienti da frantoi oleari, che hanno una composizione simile a quella dell'olio fuoriuscito dallo stabilimento di Campello.
A seguito dell'ordinanza regionale n. 94 del 30 novembre 2006 che disponeva il trasporto e lo stoccaggio temporaneo presso l'impianto di depurazione della ditta su citata, è stato successivamente autorizzato il trattamento dell'olio presso lo stesso impianto assieme al liquame zootecnico e alle acque di vegetazione per la produzione di biogas.
La terra utilizzata per arginare l'olio fuoriuscito dallo stabilimento è stata trasportata presso la discarica di S. Orsola di Spoleto, dove, prima di essere definitivamente smaltita, è stata campionata, analizzata e classificata.
Nei giorni successivi all'incidente l'ARPA ha iniziato una campagna di analisi per verificare possibili contaminazioni ambientali attribuibili allo sversamento dell'olio. Le verifiche, ancora in atto, riguardano le acque superficiali, le acque sotterranee e l'effluente dell'impianto di digestione anaerobica di Bettona.
Dalle analisi effettuate sulle acque superficiali non è stata riscontrata la presenza dei contaminanti ricercati, anche tenuto conto che la quasi totalità dell'olio è stata rapidamente recuperata.
Allo stesso modo, le indagini condotte sulle acque sotterranee non hanno mostrato tracce di sostanze riconducibili all'incidente. La presenza di minime quantità di contaminanti, di origine diversa e al di sotto del limite di potabilità, è comunque sottoposta a monitoraggio ed è stata comunicata
all'Autorità Sanitaria competente per territorio. Il controllo continuerà ancora per alcuni mesi, posto che a causa delle scarse precipitazioni avute negli ultimi tempi eventuali contaminanti penetrati nel terreno potrebbero non ancora essere stati veicolati nella falda sotterranea. Deve comunque rilevarsi che l'Azienda ha prontamente attivato il piano di messa in sicurezza asportando, come su evidenziato, tutto il terreno contaminato dalla caduta dell'olio, poi lasciato a disposizione dell'Autorità giudiziaria.
Anche dalle analisi condotte sull'effluente del digestore anaerobico di Bettona non è emersa traccia delle impurezze contenute nell'olio di sansa grezzo, ma le indagini continueranno finché non sarà stato trattato tutto l'olio conferito (circa 1100 mc).
Si rappresenta, infine, che questa Amministrazione, avendo intenzione di agire in giudizio per ottenere il ristoro dei danni cagionati - per la cui valutazione è stato conferito incarico ad esperti qualificati dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) - ha richiesto, attraverso la competente Avvocatura di Stato, alla Procura della Repubblica la trasmissione degli atti accessibili e delle consulenze tecniche che dovessero essere disposte, nonché, oltre al già ipotizzato omicidio colposo, ha segnalato la configurabilità di ulteriori reati quali l'incendio e il disastro ambientale affinché siano estese a tale ambito le indagini in corso.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
SMERIGLIO. - Al Ministro della salute, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
nell'XI Municipio di Roma, in Largo Bargellini, in una zona ad alta densità abitativa e in prossimità di scuole ed asili, di fronte ad un'area a verde ad uso pubblico, è stata istallata, in un edificio di proprietà dell'Enasarco, un ripetitore di telefonica mobile utile per la videotelefonia e per internet;
tale situazione ha determinato una forte protesta da parte degli abitanti della zona, degli Amministratori del Municipio, delle Associazioni che operano sul territorio e la richiesta di un tavolo di confronto con il Sindaco di Roma, affinché tale ripetitore sia subito rimosso;
tale protesta si inserisce in un ambito più generale nella città di Roma e a livello nazionale, che vede moltissimi cittadini ed associazioni impegnati a richiedere monitoraggi periodici e un abbassamento degli attuali limiti previsti per legge in materia di emissioni elettromagnetiche;
la stessa Commissione Internazionale per la Sicurezza Elettromagnetica (ICEMS) che ha tenuto a Benevento un conferenza internazionale dai titolo «Approccio precauzionale ai campi elettromagnetici: Razionale, Legislazione e Applicazione» dal 22 al 24 febbraio 2006, nel documento finale ha, tra l'altro, affermato:
«a) ulteriori evidenze accumulate suggeriscono che, ai livelli attuali di esposizione, vi sono effetti avversi alla salute derivanti dalle esposizioni della popolazione e delle lavoratrici e dei lavoratori ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, o CEM (campi elettromagnetici di frequenza tra 0 Hz e 300 GHz). È necessaria, poiché non ancora realizzata, un'ampia, indipendente e trasparente disamina delle evidenze di questo potenziale problema emergente di salute pubblica.
b) le risorse disponibili per accertare tale realtà sono fortemente inadeguate, malgrado l'esplosiva crescita delle tecnologie relative alle comunicazioni «senza fili» e gli enormi continui investimenti nella costruzione di linee elettriche;
c) le tesi che i campi elettromagnetici di bassa intensità non possono avere effetti sui sistemi biologici non rispecchia l'attuale spettro di opinioni scientifiche;
d) «... evidenze sperimentali epidemiologiche, in vivo e in vitro dimostrano
che l'esposizione a specifici campi elettromagnetici a bassa frequenza (ELF) può aumentare il rischio di cancro nei bambini ed indurre altri problemi di salute sia nei bambini che negli adulti....»
e) noi incoraggiamo i governi ad adottare linee guida per la esposizione della popolazione e delle lavoratrici e dei lavoratori basate sul «Principio della precauzione» (tale principio stabilisce che quando ci sono indicazioni di possibili effetti nocivi per la salute, anche se essi restano incerti, i rischi della inazione possono essere di gran lunga maggiori di quelli derivanti dall'azione volta a contenere tali rischi)»;
tra le precauzioni che vengono indicate vi è quella di pianificare le istallazioni delle antenne per telefonia mobile in modo da minimizzare l'esposizione delle persone;
nella sola città di Roma risultano censite, alla data del 31 gennaio 2007, 2.400 stazioni base per telefonia mobile -:
se non si ritenga necessario ed urgente, in attesa delle necessarie modifiche legislative in materia, in ottemperanza di quanto stabilito dall'articolo 32 della Costituzione, promuovere un tavolo di lavoro con le Amministrazioni locali e con tutte la parti in causa affinché non siano aumentati i livelli correnti di esposizione elettromagnetica per tutta la popolazione, evitando l'istallazione di potenziali strutture dannose per la salute pubblica in zone densamente popolate e in vicinanza di scuole e ospedali;
se non si ritenga necessario ridurre i livelli di esposizione alle onde elettromagnetiche al di sotto di quelli per i quali la ricerca scientifica ha determinato un possibile danno per la salute pubblica e che quindi sia necessario lavorare, sin da subito, alla promozione di sistemi alternativi a quelli attualmente esistenti nella comunicazione «senza fili».
(4-03707)
Risposta. - In riferimento all'atto parlamentare in esame, e per quanto di competenza del Ministero della salute, si precisa che le attuali valutazioni del rischio sanitario associato alle esposizioni ai campi elettromagnetici sono basate su numerosissimi studi condotti negli ultimi decenni in ambito epidemiologico e sperimentale; inoltre la problematica è stata oggetto di numerosi piani di ricerca coordinati ed armonizzati a livello internazionale.
La Commissione europea ha promosso e finanziato programmi di ricerca ai quali hanno partecipato varie istituzioni scientifiche dei paesi europei, e ha avviato un'attività di interpretazione condivisa del complesso degli studi disponibili, attraverso il progetto EMF-NET.
Anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha in corso un progetto sui campi elettromagnetici, e ha pubblicato importanti documenti scientifici sulla valutazione dei rischi sanitari; inoltre, il tema è all'attenzione dell'Agenzia internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), che nel 2001 ha classificato i campi magnetici alla frequenza di rete.
Recentemente anche lo Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks (SCENIHR), organo scientifico consultivo della Commissione Europea, ha pubblicato un'argomentata opinione preliminare.
Quanto sopra precisato evidenzia il quadro di riferimento internazionale che caratterizza l'argomento, e l'elevato grado di condivisione, a livello mondiale, delle valutazioni complessive del rischio e delle politiche di protezione.
Per quanto riguarda l'esposizione a radiofrequenze e microonde, inclusa la telefonia mobile, le indagini epidemiologiche, relative a popolazioni residenti nelle vicinanze di impianti radiotelevisivi, presentano risultati complessivamente contraddittori e non definitivi; in relazione, inoltre, alla recente espansione della telefonia mobile sono stati intrapresi numerosi studi epidemiologici per verificare le eventuali associazioni tra l'uso del cellulare e l'insorgenza di patologie, in particolare di tumori del cervello.
Gli utenti del telefono cellulare rappresentano infatti la categoria di popolazione
maggiormente esposta, a causa delle peculiari caratteristiche di esposizione (prossimità della testa), che implicano livelli di energia elettromagnetica circa mille volte superiori a quelli riscontrabili nelle esposizioni da impianti fissi (stazioni radio base).
I risultati sinora disponibili non evidenziano, nel loro complesso, eccessi di mortalità per patologie tumorali dell'encefalo nelle popolazioni di soggetti adulti esaminati o in corso di follow-up».
Solo tra diversi anni sarà possibile pervenire a conclusioni definitive, sia perché le patologie considerate possono avere tempi di latenza molto lunghi, a fronte dei pochi anni trascorsi dalla diffusione di tale strumento tecnologico, sia perché sarà necessario indagare sulle eventuali associazioni con altre patologie (es. le malattie neuro-degenerative) e con le malattie gravi dell'infanzia.
Sul versante sperimentale, l'insieme delle evidenze di effetto in vitro ed in vivo delle radiofrequenze (basato su diverse migliaia di studi) ai diversi livelli della scala biologica e in relazione a svariati parametri fisiopatologici è, peraltro, incerto, ed il complesso dei risultati non permette di identificare alcun razionale biologico, in termini di meccanismo d'azione, che sia in grado di supportare ipotesi di effetti a lungo termine.
Nel caso dei campi magnetici alla frequenza di rete (quelli generati dagli elettrodotti), i risultati epidemiologici, bilanciati dal peso di numerosi studi in vitro ed in vivo, hanno indotto la IARC a classificare i campi magnetici ELF nella categoria 2B (possibile cancerogeno per l'uomo), in relazione alle sole leucemie dell'età infantile.
L'allocazione di un agente in tale categoria non implica che sia stato accertato un nesso di causalità, ma significa che esiste una limitata evidenza di cancerogenicità nell'uomo e un'insufficiente evidenza di cancerogenicità nell'animale da esperimento.
Alcune stime dell'Istituto superiore di sanità hanno evidenziato che, in caso di sussistenza del nesso di causalità, meno di 1 caso/anno, su circa 400/anno attesi in Italia, potrebbe essere attribuito all'esposizione ai campi magnetici alla frequenza di rete degli elettrodotti.
Il quadro normativo italiano in materia (legge 22 febbraio 2001, n. 36 «Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici» e decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003), ha introdotto, in conformità all'osservanza del principio di precauzione, l'obbligo per i gestori degli impianti di rispettare i limiti di esposizione per gli effetti acuti accertati, i valori di attenzione, quali misure di cautela per la protezione da possibili effetti a lungo termine, nonché gli obiettivi di qualità per la progressiva riduzione delle esposizioni.
Limiti di esposizione precauzionali per possibili effetti a lungo termine sono stati adottati, oltre che dall'Italia, solo da alcuni paesi, mentre la quasi totalità dei paesi dell'Unione europea dispone di normative ispirate alla Raccomandazione 519/1999/CE, che prevede la protezione dai soli effetti accertati, come avviene negli Stati Uniti d'America e nel Canada.
La vigente normativa nazionale italiana, se correttamente applicata, deve pertanto ritenersi particolarmente cautelativa rispetto alle reali indicazioni di rischio sanitario prodotte dalla ricerca scientifica, ed alle politiche di protezione che si vanno via via armonizzando a livello mondiale, in articolare per l'esposizione a radiofrequenze e microonde.
Nel rispetto dei principi generali della legge n. 36 del 2001, il Ministero della salute, riconoscendo la rilevanza di una corretta informazione e comunicazione nel settore della tutela sanitaria dagli effetti dei campi elettromagnetici, ha avviato presso il Centro nazionale di controllo delle malattie (CCM) il progetto «Salute e campi elettromagnetici (CAMELET)».
Il progetto, di durata triennale, è realizzato dall'Istituto Superiore di Sanità ed ha come obiettivo generale l'istituzione, presso il CCM, di una struttura di riconosciuta competenza in materia di campi elettromagnetici, per la valutazione dei dati
scientifici, la stima dei rischi sanitari e la relativa comunicazione ai cittadini.
Tra i principali risultati attesi sono compresi la raccolta e traduzione di documenti internazionali, la predisposizione di opuscoli e fogli informativi, e la divulgazione dei citati documenti tramite apposito sito web.
Inoltre, in merito all'atto parlamentare in esame, il Ministero delle comunicazioni ha precisato che l'articolo 87 del decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259 concernente il «Codice delle comunicazioni elettroniche» dispone che l'installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici e la modifica delle caratteristiche di emissione di questi ultimi e, in specie, l'installazione di torri, di tralicci, di impianti radio-trasmittenti, di ripetitori di servizi di comunicazione elettronica, di stazioni radio base per reti di comunicazione elettroniche mobili GSM/UMTS, viene autorizzata dagli enti locali, previo accertamento, da parte delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA), della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità stabiliti uniformemente a livello nazionale dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003.
Il controllo sul rispetto dei limiti massimi di intensità di campo elettromagnetico, nonché gli interventi di riduzione a conformità, rientrano nelle competenze regionali.
Le disposizioni del Codice delle comunicazioni elettroniche (articoli da 86 a 94) non sottraggono competenze alle Regioni, né alcuna prerogativa ai Comuni in materia di pianificazione del territorio, in quanto intervengono sulle fasi del procedimento relative al rilascio delle autorizzazioni, con l'obiettivo della semplificazione amministrativa.
Rimangono, pertanto, inalterati i poteri-doveri dei Comuni in ordine all'accertamento delle emissioni elettromagnetiche prodotte dalle infrastrutture da realizzare, come permane il potere-dovere degli enti locali di accertare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge prescritti per l'installazione.
Il suddetto Ministero ha ribadito che i Comuni sono, quindi, titolari di ogni potere decisorio in ordine al rilascio o al diniego dell'autorizzazione alla installazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica, nel rispetto del regime dei controlli, preventivi e successivi, in materia di inquinamento elettromagnetico.
Ed infatti, l'istanza di autorizzazione - redatta conformemente a modelli allegati al codice stesso e corredata dalla documentazione idonea a comprovare il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità relativi alle emissioni elettromagnetiche - deve essere presentata al competente ufficio del Comune, il quale deve provvedere a darne pubblicità affinché tutti gli interessati, cittadini ed associazioni ambientaliste, possano esprimere il loro avviso.
Il Comune, entro 20 giorni dal ricevimento, deve trasmettere la domanda alla competente Agenzia (ARPA) ed alla locale Azienda sanitaria.
Le suddette Agenzie, inoltre, devono monitorare continuamente tutti gli impianti, affinché ai sensi della normativa vigente, non vengano superati i limiti di esposizione (20 volt/metro), i valori di attenzione (6 volt/metro) all'interno di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere, e delle loro pertinenze esterne, fruibili come ambienti abitativi e intensamente frequentate (ad esempio balconi).
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Gian Paolo Patta.
SPINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in Germania è presente il più grande archivio sulla Shoah nella cittadina di Bad Arolsencomposto di 50 milioni di documenti per 26 chilometri di scaffali, in un palazzo ex caserma delle Ss;
dal 1955 la consultazione dell'archivio è regolata da un complesso accordo che lo ha affidato all'Interational tracing service (Its) della cittadina, organo della Croce rossa internazionale, sotto la responsabilità
di 11 paesi (Italia, Belgio Francia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Olanda, Polonia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Israele);
in base a tale accordo l'archivio finora è stato consultabile soltanto ai sopravvissuti o con un permesso della persona su cui si cercavano notizie;
da alcuni anni gli organi preposti discutono sulla possibilità di aprire la consultabilità dell'archivio;
nell'autunno 2005 il sindaco di Roma Walter Veltroni su sollecitazione della comunità ebraica romana si è rivolto all'allora ministro Antonio Martino, che ha risposto indicando come referente l'allora rappresentante italiano all'Its, il quale ha sollevato questioni relative alla privacy;
nell'aprile 2006 la Germania ha firmato un trattato per la definitiva apertura dell'archivio, ma l'Italia deve ancora effettuare la ratifica;
l'Italia ha in passato operato una resistenza all'apertura tale che negli Stati Uniti in più occasioni è stata indicata come il principale ostacolo a procedere;
nel dicembre 2006 il presidente della Commissione esteri del Senato americano ha scritto all'ambasciatore italiano sollecitando l'approvazione, e quattro mesi dopo Hillary Clinton ha presentato una risoluzione per sollecitare i paesi in ritardo, ossia Italia, Grecia, Francia e Lussemburgo; Francia e Lussemburgo nel frattempo hanno annunciato la ratifica come imminente;
alcuni hanno ipotizzato tra le cause della resistenza italiana la possibilità che possano venire alla luce complicità imbarazzanti, tra cui anche quella di parte del mondo della Chiesa cattolica, e la possibilità che le notizie lì contenute possano far aumentare le richieste d'indennizzo delle polizze vita degli ebrei rivolte alle compagnie di assicurazioni, e quelle avanzate agli Stati che ospitarono i campi di lavoro, da parte di chi vi fu costretto ai lavori forzati. Anche per fugare tali preoccupazioni è importante che l'Italia proceda -:
quando sarà pronto il disegno di legge di ratifica dell'accordo.
(4-04146)
Risposta. - L'Italia è sempre stata fautrice di una maggiore apertura degli Archivi di Bad Arolsen per fini di ricerca. Tuttavia, il processo è stato lungo e laborioso e ha occupato il lavoro degli 11 Paesi membri della Commissione internazionale per il servizio internazionale delle ricerche (SIR) per molto tempo, dovendo promuovere una modifica degli accordi originari (gli accordi di Bonn del 1955) in modo da permettere la consultabilità dei documenti ai fini di ricerca. Le implicazioni legali, sia interne a ciascun Paese, sia internazionali, hanno richiesto il lavoro di esperti giuridici degli 11 Paesi: essi hanno dovuto in particolare esaminare gli aspetti più delicati, connessi alla tutela dei dati personali delle vittime e dei loro familiari, dell'auspicata apertura. Nel maggio del 2006, gli esperti hanno felicemente concluso il proprio lavoro permettendo la firma, a Berlino, il 26 luglio 2006, degli emendamenti agli accordi di Bonn. L'Italia è stata tra i primi firmatari degli emendamenti, evidenziando il proprio impegno in favore dell'apertura degli Archivi. Per tutelare le esigenze poc'anzi ricordate, l'Italia ha altresì emesso una dichiarazione all'atto della firma, con la quale auspica che l'accesso ai dati contenuti negli Archivi di Bad Arolsen e nelle loro copie digitali nonché la loro utilizzazione anche in caso di eventuali diffusioni siano regolati da tutti gli Stati firmatari degli accordi di Bonn in modo tale da non arrecare pregiudizio alle persone coinvolte o ai loro familiari.
In base agli emendamenti, ciascuno Stato membro della Commissione potrà altresì richiedere una copia degli Archivi, che nel frattempo sono oggetto di un rapido processo di digitalizzazione. In questo modo, l'accesso dei ricercatori potrà essere garantito anche sul suolo nazionale dei Paesi che abbiano acquisito una copia, allargando così le possibilità di ricerca. Per quanto riguarda l'Italia, l'Archivio centrale dello Stato ha recentemente
confermato la propria disponibilità a svolgere la funzione di archivio nazionale per la conservazione e la fruizione della copia digitale degli Archivi.
Per quanto riguarda il processo di ratifica degli emendamenti agli accordi di Bonn, ho il piacere di comunicarLe che la nostra Ambasciata a Berlino ha depositato lo strumento di ratifica presso le competenti autorità della Repubblica federale tedesca, come disposto dall'articolo IV comma 1 dell'accordo stesso.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
TURCO, BELTRANDI, CAPEZZONE, D'ELIA e PORETTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasposti, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il signor Gino Antonio Santilli ha indirizzato al compartimento ANAS di Roma, in data 31 gennaio 2005, una richiesta di installazione di barriere fonoassorbenti sullo spartitraffico centrale dell'autostrada Grande Raccordo Anulare, nel tratto Casilina-Tuscolana, in particolare nel tratto compreso tra i km 39+400 e 39+800;
a richiesta è stata presentata alla società ANAS al fine di prevenire e porre termine ai danni attuali e potenziali alla salute degli abitanti residenti in prossimità di tale arteria autostradale connotata da alta densità di traffico diurno e notturno;
in modo specifico gli abitanti degli stabili prossimi al tratto autostradale sopra indicato, in via Libero Leopardi, a causa della mancata installazione delle barriere fonoassorbenti, hanno accusato malesseri come insonnia ed esaurimento nervoso, documentati da certificati medici;
lo stesso signor Santilli ha ricevuto, in data 27 aprile 2005, una risposta dell'ANAS con la quale lo si rende edotto che, in passato, innanzi ad analoghe richieste di installazione, la società si è trovata nella materiale impossibilità di soddisfarle a causa di una insufficiente disponibilità economica. La risposta è stata inoltrata, per conoscenza, all'ARPA Lazio ed all'Ufficio Prevenzione Inquinamento Atmosferico e Acustico del Comune di Roma per poter «nel limite delle disponibilità economiche», provvedere all'installazione. Installazione non ancora realizzata a distanza di oltre due anni dalla richiesta effettuata -:
se siano a conoscenza dei fatti affermati;
se e quali rimedi intendano predisporre al fine di arrestare il danno arrecato alla salute dei numerosi cittadini residenti in prossimità del tratto autostradale citato.
(4-03649)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il tratto ubicato in carreggiata interna tra lo svincolo A1 Roma-Napoli e lo svincolo Tuscolana è già stato interessato da un primo intervento di mitigazione acustica con l'installazione di barriere fonoassorbenti in corrispondenza della carreggiata interna, lungo il tratto prospiciente l'insediamento abitativo.
L'ANAS informa che ha avviato una specifica indagine lungo tutto il tracciato del Grande raccordo anulare allo scopo di definire un piano operativo di intervento previsto dalla normativa vigente. All'esito, potranno attivarsi tutte le opportune iniziative, anche nel tratto individuato nell'interrogazione, con avvio delle opere secondo le compatibilità finanziarie.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
la commissione di studio istituita nello scorso ottobre al fine di derimere le incertezze applicative sulla normativa relativa
all'Ici (imposta comunale sugli immobili) ha praticamente concluso i suoi lavori e dovrebbe a breve relazionare al Ministero la posizione assunta riguardo la necessità di emanare una nuova legge che escluda le incertezze e le ambiguità contenute in quella attuale, specialmente nella parte in cui esenta di fatto dall'imposta gli enti religiosi e le onlus;
è necessario rispondere alla Commissione Europea che ha richiesto nuovamente informazioni precise a riguardo e di evitare la possibilità che nei confronti dell'Italia venga aperta una procedura di infrazione -:
quale sia la posizione del Governo ed in particolare del Ministro sulla necessità di emanare una nuova normativa a riguardo;
quale sia lo stato in cui si trova la procedura avviata dalla Commissione europea e come il Governo intenda rispondere alle richieste formulategli dalla stessa.
(4-03822)
Risposta. - Con il documento di sindacato ispettivo cui si risponde l'Onorevole ha chiesto di conoscere lo stato della procedura avviata dalla Commissione europea con la quale si chiedono informazioni circa l'esenzione dal pagamento dell'ICI a favore degli enti religiosi e delle Onlus e sulle iniziative che il Governo intende assumere al riguardo.
Detta problematica è stata oggetto, come è noto, di approfondito esame durante lo svolgimento di una interrogazione a risposta immediata presso l'Aula della Camera dei Deputati (n. 3-00860), in data 9 maggio 2007, presentata dall'interrogante. In detta sede, è stato fatto presente, in particolare, che, a seguito della richiesta di informazioni, in data 25 gennaio 2007, da parte della Commissione europea riguardo alla compatibilità dell'agevolazione in esame con le regole comunitarie in materia di aiuti di Stato, gli uffici dell'Amministrazione finanziaria hanno fornito, per il tramite della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per le politiche comunitarie, gli opportuni elementi di risposta.
Allo stato, la Commissione europea deve pronunciarsi sugli elementi forniti dalle Autorità italiane.
Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 2 ottobre 2006 è stata istituita una Commissione con il compito di fornire un contributo di analisi e di studio nella materia di cui trattasi, al fine di approfondire le problematiche che riguardano l'applicazione dell'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili a favore degli enti religiosi e delle organizzazioni no profit.
I lavori di detta Commissione di studio non sono ancora terminati.
Al riguardo, è opportuno far presente che i risultati dei lavori di questa Commissione saranno oggetto di valutazioni da parte del Governo, in modo che, una volta disponibili, anche le valutazioni della Commissione europea in ordine agli elementi forniti dalle Autorità italiane, il Governo potrà far conoscere la propria ponderata posizione in proposito.
Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Vincenzo Visco.
ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nei prossimi giorni il governo venezuelano imporrà la chiusura del canale televisivo RCTV, emittente che in via radiofonica e TV è attiva in Venezuela da ben 53 anni;
è ben noto che RCTV è di fatto il principale se non unico canale televisivo dell'opposizione al regime del presidente Chavez e - con la sua forzata chiusura - si impedisce di fatto alla opposizione politica venezuelana di avere una propria presenza e visibilità sui media del paese;
ciò costituisce un serio attacco al pluralismo politico in Venezuela dove la figura del presidente Chavez sembra sempre di più essere quella di un dittatore
piuttosto che di un presidente, sia pur eletto con la maggioranza dei voti -:
quale sia il giudizio del Governo italiano sulla attuale situazione politica venezuelana e sul suo Presidente e se si ritenga che in Venezuela siano oggi osservate le norme minime affinché sia tutelato il diritto di opposizione e di critica al governo Chavez o se invece il paese stia avviandosi verso una pericolosa fase di involuzione autoritaria;
che cosa intenda fare il Governo italiano per favorire la pluralità politica e dell'informazione in Venezuela e quali siano stati gli eventuali passi diplomatici compiuti al fine di sottolineare alle autorità di Caracas come queste decisioni non siano in linea con una società democratica e pluralista.
(4-03745)
Risposta. - Il 27 maggio 2007 il Governo venezuelano non ha rinnovato la licenza che consentiva a Radio Caracas Television di trasmettere su frequenze hertziane ed ha giustificato il mancato rinnovo richiamando i principi della Unione Internazionale delle Telecomunicazioni che riconosce il diritto sovrano di ogni Stato a regolamentare le proprie telecomunicazioni ed ha sostenuto che Radio Caracas Television (RCTV) sarebbe il canale con maggior numero di infrazioni commesse visto e in passato anche Governi pre-Chavez hanno avviato procedimenti nei confronti di Radio Caracas Television per pratiche sleali (incluso il mancato pagamento di imposte).
Sulla questione del mancato rinnovo della licenza per RCTV, il Governo italiano ha agito in stretto raccordo con i partner europei. La questione è stata attentamente seguita nel corso di intense consultazioni tra le Capitali nonché delle riunioni periodiche di coordinamento sia a Bruxelles sia a Caracas (tra gli Ambasciatori dei Paesi dell'Unione europea ivi accreditati).
In questo contesto è stata elaborata una dichiarazione comune il cui testo concordato tra i Paesi membri dell'Unione europea esprime preoccupazione per la decisione del Governo venezuelano di lasciar scadere, al suo termine naturale, la licenza di RTCV.
Per quanto riguarda la libertà di espressione occorre ricordare che sono numerosi i mezzi di stampa e radiotelevisivi critici nei confronti del Presidente Chavez e del suo Governo (ad es. Globovision) pur in presenza del preoccupante segnale costituito dal mancato rinnovo della licenza di RCTV che peraltro ha recentemente ripreso le trasmissioni via cavo.
Il Governo continuerà a seguire con grande attenzione le dinamiche interne al Venezuela, in modo particolare in relazione alla libertà di espressione.
La posizione dell'Italia in materia di diritti umani, incluso il diritto alla libertà di stampa, è nota: il Governo attribuisce grande importanza ad una relazione bilaterale matura e solida con tutti i Paesi dell'America latina, incluso il Venezuela. Pertanto, è necessario che tale relazione sia fondata sulla effettiva condivisione dei valori di democrazia, libertà ed il rispetto dei valori umani.
Questa posizione è stata, del resto, illustrata direttamente da me agli interlocutori venezuelani durante la mia visita a Caracas dal 7 all'11 marzo scorso. In tale occasione ho incontrato sia esponenti del Governo, sia rappresentanti dei partiti di opposizione e della società civile nonché l'ex candidato presidenziale Teodoro Petkoff.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Donato Di Santo.
ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
si acuisce la pressione del presidente del Venezuela Chavez sui mezzi informativi dell'opposizione, culminata il 27 maggio 2007 con la chiusura dell'emittente RCTV, la più antica e diffusa del paese;
conseguentemente, ad oggi solo una rete televisiva risulta permettersi di portare avanti una posizione critica verso quel governo che ormai controlla quasi tutte le possibilità informative del paese;
in molte parti del mondo si sottolinea che questo nuovo gesto di Chavez non solo sta aumentando la tensione all'interno del
paese, ma pone anche seri dubbi sulla tenuta democratica del Venezuela;
anche in Italia gruppi di italo-venezuelani stanno programmando iniziative di protesta e di segnalazione di questi fatti all'opinione pubblica -:
quale sia la posizione del Governo italiano su questo episodio;
quali iniziative abbia intrapreso o abbia in animo di intraprendere il Governo nei confronti di quello venezuelano affinché sia garantito un effettivo pluralismo informativo in quella nazione.
(4-03977)
Risposta. - Il 27 maggio 2007 il Governo venezuelano non ha rinnovato la licenza che consentiva a Radio Caracas Television di trasmettere su frequenze hertziane ed ha giustificato il mancato rinnovo richiamando i principi della Unione Internazionale delle Telecomunicazioni che riconosce il diritto sovrano di ogni Stato a regolamentare le proprie telecomunicazioni ed ha sostenuto che Radio Caracas Television (RCTV) sarebbe il canale con maggior numero di infrazioni commesse visto e in passato anche Governi pre-Chavez hanno avviato procedimenti nei confronti di Radio Caracas Television per pratiche sleali (incluso il mancato pagamento di imposte).
Sulla questione del mancato rinnovo della licenza per RCTV, il Governo italiano ha agito in stretto raccordo con i partner europei. La questione è stata attentamente seguita nel corso di intense consultazioni tra le Capitali nonché delle riunioni periodiche di coordinamento sia a Bruxelles sia a Caracas (tra gli Ambasciatori dei Paesi dell'Unione europea ivi accreditati).
In questo contesto è stata elaborata una dichiarazione comune il cui testo concordato tra i Paesi membri dell'Unione europea esprime preoccupazione per la decisione del Governo venezuelano di lasciar scadere, al suo termine naturale, la licenza di RTCV.
Per quanto riguarda la libertà di espressione occorre ricordare che sono numerosi i mezzi di stampa e radiotelevisivi critici nei confronti del Presidente Chavez e del suo Governo (ad es. Globovision) pur in presenza del preoccupante segnale costituito dal mancato rinnovo della licenza di RCTV che peraltro ha recentemente ripreso le trasmissioni via cavo.
Il Governo continuerà a seguire con grande attenzione le dinamiche interne al Venezuela, in modo particolare in relazione alla libertà di espressione.
La posizione dell'Italia in materia di diritti umani, incluso il diritto alla libertà di stampa, è nota: il Governo attribuisce grande importanza ad una relazione bilaterale matura e solida con tutti i Paesi dell'America latina, incluso il Venezuela. Pertanto, è necessario che tale relazione sia fondata sulla effettiva condivisione dei valori di democrazia, libertà ed il rispetto dei valori umani.
Questa posizione è stata, del resto, illustrata direttamente da me agli interlocutori venezuelani durante la mia visita a Caracas dal 7 all'11 marzo scorso. In tale occasione ho incontrato sia esponenti del Governo, sia rappresentanti dei partiti di opposizione e della società civile nonché l'ex candidato presidenziale Teodoro Petkoff.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Donato Di Santo.
ZANELLA. - Al Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, al Ministro per i diritti e le pari opportunità, al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
nel luglio 2005 l'Amministrazione comunale di Venezia ha istituito il progetto «L'amore secondo noi - una campagna contro l'omofobia e per il diritto delle differenze», per attivare politiche nell'ambito delle «culture delle differenze» contro l'omofobia e per il diritto a vivere liberamente e pienamente le proprie identità e i propri orientamenti sessuali, con un ottimo riscontro di interesse e sensibilizzazione da parte degli utenti, studenti e cittadini;
la Giunta comunale, con delibera n. 36 del 29 luglio 2005 ha individuato
come obiettivi di fondamentale importanza: favorire l'accesso ai diritti di cittadinanza; contrastare fenomeni di discriminazione, omofobia ed esclusione sociale, in particolare nelle scuole; conoscere e far emergere bisogni sociali della popolazione lesbica, gay e transgender; attivare progetti e realizzare iniziative per far emergere e valorizzare le culture prodotte dalle comunità lgbt, in particolare da giovani artisti/e; collaborare col coordinamento cittadino della Memoria sulle persecuzioni contro lesbiche e gay; attivare queer studies; promuovere reti cittadine di servizi e gruppi locali e favorire l'associazionismo lgbt; partecipare a reti nazionali ed internazionali, in particolare con ILGA-Europe (International Lesbian and Gay Association); attivare collaborazioni con enti, istituzioni, centri culturali, e città europee ed euromediterranee;
nell'ambito di questo progetto, da settembre 2005 a dicembre 2006, sono state promosse 15 iniziative culturali [editoria, teatro, cinema]; un progetto culturale di un anno con giovani artisti che si chiuderà nel 2007 e due laboratori nelle scuole superiori Tommaseo e Benedetti (da cui sono state realizzate la campagna contro l'omofobia e il progetto europeo con il programma Gioventù); con il Dipartimento di Sociologia dell'Università di Padova, è stato realizzato un ciclo di focus-group sulla vita quotidiana di lesbiche e gay a Venezia, che verrà raccolto in un quaderno e un seminario sull'omogenitorialità e le nuove forme familiari che si è svolto a Civitas - salone della solidarietà e dell'economia sociale e civile; è stato attivato un tavolo cittadino di esperienze LGBT, che raccoglie una decina di servizi e associazioni impegnate sul tema, è tra i promotori della Rete nazionale delle città «LGBT friendly» (assieme alle città di Torino, Bologna e Roma ed altri dieci enti locali) di cui ha sottoscritto la Carta d'intenti con delibera di giunta n. 445 del 24 ottobre 2006, ed ha in corso collaborazioni e partnership con numerosi festival, enti ed associazioni europee ed euro-mediterranee;
nel corso di un laboratorio sulle culture delle differenze, realizzato nell'anno scolastico 2005/2006 al Liceo Nicolò Tommaseo di Venezia, nell'ambito dei progetti finanziati dalla legge n. 285 del 1997 sull'infanzia e l'adolescenza, è stata ideata la campagna di comunicazione «L'amore secondo noi»: un percorso che ha coinvolto le ragazze e i ragazzi della classe IV c (a.s. 2005/6) in un ciclo di incontri: un questionario sulla loro percezione delle differenze, la visione e la discussione di alcuni film, l'incontro con l'Agedo (l'associazione di genitori con figli lesbiche e gay) e la presentazione del libro «l'amore secondo noi» di Delia Vaccarello, giornalista e scrittrice; proprio con l'autrice di questo manuale-narrazione sulla ricerca dell'identità degli adolescenti, è nata l'idea di trasformare frasi e appunti degli incontri con i ragazzi e le ragazze, in una campagna contro l'omofobia e per il diritto alle differenze, dando vita ad un diario di bordo che è stato stampato a fine anno scolastico e dal quale sono nati otto tipi di manifesti, con i pensieri di ragazze e ragazzi veneziani, realizzati graficamente dallo studio grafico Tapiro, affissi sui muri di tutta la città, come un'esposizione urbana, con messaggi diretti, espliciti, immediati;
discussi ed elaborati assieme alle ragazze e ai ragazzi, i manifesti si sono rivolti alla cittadinanza per invitarla a riflettere sulla naturalezza e il valore delle relazioni e delle identità, da vivere liberamente e pienamente;
l'iniziativa è promossa dal Comune di Venezia, attraverso l'Osservatorio LGBT (lesbian, gay, bisexual e transgender) e l'Assessorato alle politiche giovanili, e realizzata con il patrocinio di Tutti diversi, tutti uguali, la campagna del Consiglio d'Europa a favore delle diversità, dei diritti umani e della partecipazione dei giovani;
l'Osservatorio LGBT e l'Assessorato alle Politiche Giovanili stanno portando avanti il loro lavoro nelle scuole anche per l'anno scolastico 2006-07, con progetti
sulle differenze, le identità, le relazioni sentimentali, contro ogni pregiudizio ed ogni forma di esclusione;
se il Governo sia a conoscenza di tale iniziativa e degli ottimi riscontri che ha ottenuto localmente -:
se il Governo voglia prendere in considerazione l'opzione di assumere tale progetto come linea guida per tutto il territorio nazionale per il diritto alla diversità, anche in risposta ai recenti episodi di razzismo e omofobia avvenuti soprattutto in ambito scolastico.
(4-03275)
Risposta. - Con l'interrogazione parlamentare in esame l'Onorevole chiede di acquisire elementi informativi sulle iniziative del Governo riguardanti la prevenzione dei fenomeni di bullismo omofobo.
L'inquadramento della problematica non può prescindere da alcune considerazioni di ordine generale.
La lotta alla discriminazione per motivi di orientamento sessuale e di identità di genere è uno degli obiettivi prioritari del Ministero per i diritti e le pari opportunità e di tutto il Governo.
A tale proposito Le ricordo che ho risposto in data 30 maggio 2007, alla richiesta di informativa urgente, da parte della Camera dei Deputati, sul tema dell'omofobia e sui più recenti episodi verificatisi nel paese. In quella sede ho voluto sottolineare l'importanza di una rapida approvazione del disegno di legge del Governo recante «Misure di sensibilizzazione e prevenzione, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell'ambito della famiglia, per l'orientamento sessuale, l'identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione», proposto dai Ministri per i diritti e le pari opportunità, per le politiche della famiglia e della giustizia. Il disegno di legge, come l'interrogante ben sa, è stato presentato al Parlamento il 25 gennaio 2007 ed attualmente è in discussione alla Commissione giustizia della Camera dei Deputati.
Prevede un intervento integrato in materia di contrasto verso ogni forma di violenza e molestia sessuale o di genere che investe tre livelli: le misure di sensibilizzazione e prevenzione, i diritti della vittima, la tutela penale.
In particolare, per quanto riguarda l'attivazione di specifiche politiche educative sul tema, si prevede un intervento a tutto campo attraverso misure di sensibilizzazione e prevenzione, fissando tra gli obiettivi della formazione scolastica di ogni ordine e grado il pieno riconoscimento dei principi di pari dignità sociale, eguaglianza e non discriminazione per ragioni di genere e di orientamento sessuale attuando anche interventi formativi rivolti ai docenti.
L'articolo 2 recante principi e strumenti nel sistema della formazione e dell'istruzione, in attuazione a quanto disposto dall'articolo 3 della Costituzione, inserisce, tra le finalità del sistema formativo inteso nel suo complesso, sia con riguardo alla formazione scolastica sia universitaria e post universitaria di specializzazione e di aggiornamento professionale, il principio di non discriminazione di genere o per motivi di orientamento sessuale.
Il mio impegno è confermato, inoltre, dalla istituzione, il 3 maggio 2007, contestualmente all'inaugurazione dell'anno europeo per i diritti e le pari opportunità, della Commissione per i diritti e le pari opportunità per lesbiche, gay, bisessuali e transgender, a carattere consultivo, che, nell'esercizio delle sue competenze, in particolare elabora proposte di provvedimenti da adottare al fine di rimuovere cause di discriminazione ed ogni effetto pregiudizievole. La stessa Commissione è impegnata ad analizzare le questioni di carattere istituzionale normativo che possano risultare direttamente o indirettamente discriminatorie in riferimento all'orientamento sessuale o all'identità di genere.
Le segnalo, altresì, alcune delle iniziative per i diritti delle persone lgbt e di contrasto all'omofobia previste all'interno del Piano nazionale per l'anno europeo per le pari opportunità per tutti:
Fiera dei diritti e delle pari opportunità per tutti - L'evento, promosso dalla Regione Piemonte, si terrà dal 22 al 24 ottobre e comprenderà un convegno sulla situazione delle persone Lgbt a scuola.
rete italiana delle istituzioni locali contro le discriminazioni per orientamento sessuale ed identità di genere - Evento informativo e divulgativo (con una mostra, un convegno, quattro workshop) che si terrà a Firenze il 26 e 27 ottobre;
piano di azione interministeriale per la promozione e tutela delle donne, delle immigrate, di gay, lesbiche e transgender - Seminario promosso dal Ministero della salute che si terrà in concomitanza con la Conferenza nazionale sulla salute delle donne.
Nel quadro delle iniziative, volte a contrastare i fenomeni segnalati nell'interrogazione Le evidenzio, inoltre, che il Ministero della pubblica istruzione con l'emanazione delle nuove indicazioni nazionali per la scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione ha inteso valorizzare la scuola come luogo in cui realizzare l'obiettivo il principio del rispetto di sé e degli altri, generato «dalla consapevolezza che esiste un valore intangibile: la dignità di tutti e di ciascuno, nessuno escluso».
Lo stesso Ministero, mi ha informato che, nell'ambito delle azioni già svolte, in data 5 febbraio 2007, ha emanato una serie di linee di indirizzo generali che prevedono azioni nazionali per il contrasto e la prevenzione dei fenomeni del bullismo.
Ha, inoltre, istituito degli osservatori regionali permanenti che, oltre a monitorare il fenomeno del bullismo e a verificare la attività di contrasto svolte dalle scuole, avranno il compito di promuovere percorsi di educazione alla legalità, all'interno delle stesse istituzioni scolastiche nell'ambito delle attività curricolari ed extracurricolari.
Il rispetto della diversità, quale quella di genere, è inoltre uno dei punti fondamentali del «Piano nazionale per il benessere dello studente», presentato il 18 aprile 2007 dal Ministro Giuseppe Fioroni, per promuovere azioni preventive del disagio fisico, psichico e sociale a scuola, tramite la collaborazione con altri dicasteri competenti e con i diversi soggetti presenti sul territorio.
Nel quadro delle iniziative volte a contrastare i fenomeni segnalati nell'interrogazione, il Ministero delle pubblica istruzione intende, inoltre, firmare un protocollo d'intesa con tutte le associazioni nazionali dei genitori compresa l'Associazione di genitori, parenti e amici di omosessuali (AGEDO) inerente il contrasto e le prevenzione dei fenomeni di bullismo, compresi quelli di natura omofobica, al fine di promuovere in collaborazione con tali associazioni percorsi culturali che contribuiscano alla diffusione del rispetto e delle cultura delle differenze e delle diversità.
In considerazione di quanto sopra illustrato, questo Governo, per quanto riguarda le iniziative del Comune di Venezia in collaborazione con l'Osservatorio Lgbt e l'Assessorato alle politiche giovanili, nelle more di ricevere il materiale di riferimento, per poter valutare e considerare i relativi progetti, esprime vivo apprezzamento per l'impegno profuso dagli studenti degli Istituti superiori Tommaseo e Benedetti della città di Venezia.
Da parte mia, confermo l'impegno a sostenere una cultura della differenza e della non discriminazione anche attraverso il potenziamento di esperienze formative rivolte agli adolescenti finalizzata al rispetto delle diversità e tra queste quella sessuale.
Il Ministro per i diritti e le pari opportunità: Barbara Pollastrini.
ZANELLA. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 6 maggio 2006, è avvenuta una fuga del cancerogeno cloruro di vinile monomero (cvm) dalla ineos evc di porto Marghera (Venezia);
secondo il gruppo consiliare di rifondazione comunista al comune di Venezia tale fuga potrebbe essere stata di alcune tonnellate e non di qualche decina di chili, come quantificato subito dopo (evento (ANSA 2 aprile 2007);
il Prc, che sulla questione ha presentato una interrogazione, dice di aver raccolto la notizia secondo cui successivi
approfondimenti sembra abbiano fatto emergere che la fuga fu di alcune tonnellate di cloruro di vinile monomero (cvm), tanto che ne è stata informata la commissione europea dei grandi rischi industriali a Bruxelles, come previsto dalla normativa per l'analisi di rischio industriale, direttiva seveso;
nel 1999, per una fuga di tre tonnellate, furono fermati gli impianti per alcune settimane, intervenne il ministero dell'ambiente e furono imposte intere pagine di prescrizione all'ineos evc -:
se il Governo sia al corrente di quanto esposto;
se il Governa non ritenga necessario ed urgente approfondire l'accaduto in modo da capire non solo la quantità esatta del materiale fuoriuscito ma anche la direzione nella quale si sono disperse le sostanze, per fare chiarezza sui rischi corsi dalla cittadinanza;
se e quali provvedimenti siano stati presi verso (azienda per fare in modo che non si ripetano più tali periodici incidenti.
(4-03527)
Risposta. - In riferimento all'atto ispettivo in esame, concernente un episodio di fuga di cloruro di vinile monomero (di seguito CVM) da un apparecchiatura a pressione del reparto CV 24-25 «Produzione PVC» dello Stabilimento INEOS Vinyis Italia S.p.A. di Porto Marghera verificatosi in data 6 luglio 2006, sulla base delle notizie pervenute dalla Direzione. per la salvaguardia ambientale si riferisce che nell'ambito delle attività istruttorie svolte dalla Direzione interessata, al fine di acquisire elementi di risposta, è stato richiesto alle Amministrazioni competenti di trasmettere, in relazione all'episodio segnalato, informazioni relative alla realizzazione di controlli o specifiche campagne di monitoraggio della qualità dell'aria e delle emissioni in atmosfera provenienti dal sopraccitato impianto al fine di chiarire la dinamica della dispersione delle sostanze emesse nella zona circostante lo stabilimento.
Con decreti direttoriali prot. DEC/DSA/2006/1108 del 10 novembre 2006 e prot. DEC/DSA/2006/1212 del 22 novembre 2006, è stata subito istituita un'apposita Commissione incaricata del sopralluogo da parte del Ministero dell'ambiente ai sensi del decreto legislativo n. 334 del 1999, articolo 24, comma 3, che ha prodotto una relazione finale, contenente tutte le risultanze emerse nel corso delle indagini.
L'Arpa Veneto ha trasmesso con nota prot. 47536/07 del 12 aprile 2007 la relazione tecnica della Commissione e le informazioni raccolte secondo il modello europeo MARS e con successiva nota, prot. 74272/07/VE dell'8 giugno 2007, la relazione in cui sono riportate le informazioni già rilasciate dal Gestore, nel corso del sopracitato sopralluogo, nonché alcune ipotesi sulla causa dell'evento, una stima del quantitativo di CVM rilasciato e le azioni correttive intraprese dal Gestore nella fase post-incidente.
Dagli elementi informativi trasmessi dall'ARPA Veneto, si evince che, a seguito dell'incidente, consistito nella fuoriuscita con dispersione nell'ambiente di sostanze tossiche e cancerogene, è stata avviata un'indagine penale attualmente ancora aperta. Parte della documentazione concernente l'evento è pertanto ricompresa nel fascicolo del procedimento penale.
Dalle registrazioni dei rilevamenti dei sensori del sistema di monitoraggio ambientale, si ipotizza che la fuoriuscita di CVM sia avvenuta tra le ore 7.50 e le ore 7.51 del 6 luglio 2006, nell'impianto di produzione di PVC, all'interno di un capannone solo parzialmente aperto verso l'esterno attraverso una parete.
Sulla base delle misure effettuate e delle azioni di contenimento attuate, si può ritenere che il fenomeno sia rimasto limitato all'area del reparto.
Il fatto che l'evento non abbia avuto effetti al di fuori dell'area interessata del reparto è confermato dalle rilevazioni effettuate con il laboratorio mobile immediatamente dopo la conclusione dell'evento stesso. Con il mezzo mobile sono state, infatti, effettuate dalla INEOS n. 28 misurazioni progressive a distanza di 12 minuti
l'una dall'altra, relative a 9 posizioni di cui 8 all'interno di un raggio di 500 metri dal reparto ed 1 compresa tra 500 e 1000 metri.
Le misure effettuate sono tutte comprese tra un valore minimo inferiore a 0,05 ppb (0,000005 ppm) e un valore massimo di 17,8 ppb (0,0178 ppm), ben al di sotto del valore di TLV-TWA di 1 ppm (ovvero 1000 ppb) che pertanto esclude all'esterno del reparto esposizioni a concentrazioni di danno.
Va evidenziato che la prima analisi effettuata dal mezzo mobile è alle ore 9.34 e quindi prima di tale ora non si possono avere dati certi di concentrazione del CVM all'esterno dei reparti, e che, comunque, fin dall'inizio, sono stati misurati dal mezzo mobile concentrazioni dell'ordine di qualche ppb, mentre contemporaneamente in reparto venivano rilevate concentrazioni superiori a 10 ppm.
La posizione monitorata più vicina all'abitato ha rilevato valori di 0,19 ppb e 0,8 ppb rispettivamente alle ore 11.34 e 11.46.
Per quanto concerne la direzione dei venti prevalenti dai dati iscontrabili dalla registrazione della stazione meteo 22 - Torre pompieri di Ente zona industriale di Porto Marghera, risulta che al momento dell'incidente il vento aveva velocità 1,2 mIs e direzione da 25o rispetto al Nord geografico (direzione sud-ovest).
Per quanto riguarda, gli obblighi di cui al decreto legislativo n. 334 del 1999, in attuazione della Direttiva 96/82/CE, afferenti il controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose (Seveso), lo Stabilimento INEOS risulta soggetto a tali disposizioni.
In particolare, il gestore dello stabilimento risulta aver presentato la Notifica Prevista dall'articolo 6 del citato decreto legislativo n. 334 del 1999 e redatto il Rapporto di sicurezza di cui all'articolo 8 del decreto stesso.
Istruttoria tecnica sul Rapporto di sicurezza:
il Comitato tecnico regionale (CTR ha concluso nel mese di maggio 2003 l'istruttoria tecnica per la valutazione del Rapporto di sicurezza ed. 2000, ed ha avviato nel mese di marzo 2006 la nuova istruttoria a seguito di presentazione da parte del gestore dell'aggiornamento quinquennale del Rapporto.
Istruttoria tecnica per nuovi stabilimenti o modifiche con aggravio:
per la modifica con aggravio di rischio avente ad oggetto il «progetto bilanciamento capacità produttiva» il CTR ha rilasciato, nel 2002, il Nulla osta di fattibilità (NOF) condizionato all'attuazione di prescrizioni.
Non risulta avviata l'istruttoria per il rilascio del Parere tecnico conclusivo (PTC).
Verifiche ispettive sui Sistemi di Gestione della Sicurezza:
nel luglio 2002 è stata conclusa una verifica ispettiva presso lo stabilimento ai sensi dell'articolo 25 del decreto legislativo n. 334 del 1999.
Infine, la Direzione per la salvaguardia ambientale, sulla base delle informazioni pervenute, ha avviato la procedura per la raccolta delle informazioni utili a determinare la classificazione dell'incidente secondo i punti dell'allegato VI al decreto legislativo n. 334 del 1999 e sta provvedendo alla trasmissione alla Commissione europea delle informazioni pervenute secondo il modello europeo.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.