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Allegato B
Seduta n. 229 del 23/10/2007
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INTERNO
Interrogazioni a risposta immediata:
DE ZULUETA e ZANELLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 20 settembre 2007 le agenzie di stampa battono un comunicato del Consiglio italiano per i rifugiati, nel quale viene denunciata la prassi del respingimento, dai porti adriatici, di rifugiati iracheni e di altre nazionalità verso la Grecia. Nella nota si dichiara, inoltre, che «il fenomeno ha assunto dimensioni allarmanti: nel solo mese di agosto vi sono stati ben 190 respingimenti dal porto di Bari, 153 dal porto di Ancona, 17 dal porto di Brindisi e 2 dal porto di Venezia, per un totale di 362 persone, di cui 200 iracheni e 30 afgani». E ancora si legge: «abbiamo l'evidenza che le persone molto spesso vengono prima detenute e poi rinviate in Turchia, da dove rischiano di essere rimandate in Iraq»;
qualche mese prima (11 aprile 2007) lo stesso Consiglio italiano per i rifugiati in un'altra nota dichiara di essere in possesso di «informazioni attendibili secondo le quali in Grecia gruppi interi di rifugiati iracheni sono stati respinti senza alcun esame delle loro domande d'asilo»;
da un rapporto della delegazione della Commissione libertà civile, giustizia e affari interni del Parlamento europeo, risulta che nel 2006 lo zero per cento di iracheni ha ottenuto asilo o una forma di protezione sussidiaria in Grecia;
quest'ultima adotta la prassi dell'«interruzione» (disposizioni dell'articolo 2(8) del decreto presidenziale n. 61 del 6 aprile 1999) della procedura d'asilo per i richiedenti che lasciano il proprio luogo di residenza senza informare adeguatamente le autorità greche di competenza. Tale
mancanza viene considerata, dalle autorità elleniche, come una rinuncia implicita alla domanda di asilo, che induce il segretario generale del ministero dell'ordine pubblico ad «interrompere» l'esame della domanda;
le disposizioni di cui sopra producono l'effetto di negare a molti richiedenti asilo ritornati in Grecia, in applicazione del regolamento di Dublino II, un'effettiva considerazione delle loro domande di asilo una volta che erano state interrotte;
l'allontanamento di richiedenti asilo dalla Grecia in un Paese, nel quale essi ritengono che la loro vita o libertà siano minacciate, comporta una violazione dell'obbligo di non-refoulement, sancito dall'articolo 33 della Convenzione del 1951 sullo statuto dei rifugiati, e lo Stato che ha rimandato il richiedente asilo in Grecia è a sua volta indirettamente responsabile di refoulement;
l'11 luglio 2007 il Parlamento europeo adotta una risoluzione nella quale gli Stati membri vengono sollecitati, in considerazione della gravissima crisi umanitaria che coinvolge i rifugiati iracheni, a non procedere a trasferimenti o respingimenti (in applicazione del regolamento Dublino II) verso quegli Stati nei quali vi è incertezza che le domande dei richiedenti asilo iracheni non verranno esaminate correttamente;
l'articolo 3(2) del regolamento di Dublino sancisce la possibilità per gli Stati membri di: «esaminare una domanda d'asilo presentata da un cittadino di un Paese terzo, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento. In tale ipotesi, detto Stato membro diventa lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento e assume gli obblighi connessi a tale competenza. Eventualmente, esso ne informa lo Stato membro anteriormente competente, lo Stato membro che ha in corso la procedura volta a determinare lo Stato membro competente o quello al quale è stato chiesto di prendere o riprendere in carico il richiedente asilo»;
in un comunicato stampa del 2 ottobre 2007, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati pubblica le cifre dell'esodo iracheno: «gli iracheni sradicati sono più di 4,4 milioni e continuano a fuggire al ritmo di circa 60mila al mese. Più di 2,2 milioni di essi sono sfollati all'interno del Paese (di cui 900.000 nei governatorati del nord). Altri 2,2 milioni di iracheni sono fuggiti dal Paese, la maggior parte di essi per raggiungere la Siria». Una via di fuga che rischia di venire chiusa, in quanto, come riferisce l'agenzia delle Nazioni Unite, la Siria dal 1o ottobre 2007 ha imposto forti restrizioni sui visti per gli iracheni, a causa dell'enorme pressione subita dal Paese nell'accogliere più di 1,4 milioni di rifugiati iracheni. Nella nota del 2 ottobre 2007 si legge anche che «durante i primi sei mesi del 2007, circa 19.800 iracheni hanno chiesto asilo in Paesi industrializzati al di fuori della regione (Nord America, Europa, Australia). Allo stesso tempo, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite ha segnalato i casi di più di 14mila tra gli iracheni più vulnerabili ai Paesi di reinsediamento. Alla fine di settembre, circa 1.800 di questi erano partiti alla volta di diversi Paesi di reinsediamento»;
le attuali tensioni al confine tra Turchia e Kurdistan iracheno potrebbe provocare un nuovo esodo che vedrebbe aggiungersi ai rifugiati iracheni arabi, già presenti nei governatorati del Nord, anche profughi curdi;
il 16 ottobre 2007 l'Alto commissario Onu per i rifugiati, Antonio Guterres, lancia un appello ai Paesi dell'Unione europea, affinché facciano prova del massimo di apertura nei confronti dei richiedenti asilo iracheni. L'Alto commissario dichiara: «l'Europa deve aprire le porte ai rifugiati, non può lasciare sole Siria e Giordania, due Paesi già saturi e che devono affrontare le conseguenze di un numero di rifugiati che rappresenta il dieci per cento della popolazione nazionale»;
lo stesso Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha elaborato
delle indicazioni in materia di «rinvio in Grecia di richiedenti asilo con domande di riconoscimento dello status di rifugiato interrotte». In particolare, l'agenzia dell'Onu raccomanda un uso generoso da parte degli Stati membri del proprio potere discrezionale sancito dall'articolo 3(2) di cui sopra -:
se non ritenga di dover diramare specifiche direttive agli operatori di frontiera perché agevolino l'accesso alla procedura asilo a iracheni, con particolare attenzione per i curdi, indipendentemente dal luogo di partenza - pure comunitario - anche nell'ambito delle deroghe previste dalla Convenzione di Dublino II, nonché l'attivazione di un programma per il reinsediamento di rifugiati iracheni nel quadro del programma dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.
(3-01370)
MARAN, SERENI, BRESSA, GIACHETTI, ZACCARIA, BORDO, CESARIO, GAMBESCIA, INTRIERI, MANTINI, NACCARATO, SAMPERI, SQUEGLIA, SUPPA, TENAGLIA, TOCCI, VELO, ALLAM, AMICI, BUCCHINO, DE MITA, FERRARI, GIOVANELLI, GOZI, INCOSTANTE, LA FORGIA e MARONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il rapporto sulla criminalità di Sos impresa della Confesercenti indica la mafia come la prima «azienda» d'Italia; si parla, infatti, di un utile annuo che si aggira intorno ai 90 milioni di euro;
l'usura, il racket, l'estorsione, l'abusivismo, le truffe rappresentano l'articolazione economica della criminalità organizzata di stampo mafioso, che talvolta registra forme di sostanziale rassegnazione delle grandi imprese, che, invece, trovano più «conveniente» pagare piuttosto che denunciare i reati subiti;
chi, come alcuni imprenditori, piccoli esercenti, giornalisti, scrittori, trova il coraggio di ribellarsi e di denunciare subisce gravissime intimidazioni e violenze: emblematici sono, ad esempio, i casi del giornalista dell'Ansa Lirio Abate, che in seguito alla pubblicazione di un libro sul boss Bernardo Provenzano, ha subito minacce ed intimidazioni (un pacco bomba è stato individuato e disinnescato dalle forze dell'ordine nei pressi della sua abitazione), così come quello dello scrittore Roberto Saviano, che in seguito alla pubblicazione di «Gomorra» ha ricevuto dure minacce da parte della camorra, e dell'industriale catanese Andrea Vecchio, vittima di ripetuti atti intimidatori -:
quali iniziative il Governo intenda mettere in campo per contrastare duramente il potere economico in capo alla criminalità organizzata di stampo mafioso, anche attraverso forme di tutela, protezione e incoraggiamento degli atti di reazione provenienti dalla società civile e da esponenti delle istituzioni locali.
(3-01371)
MARONI, COTA, DOZZO, GIBELLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BODEGA, BRICOLO, BRIGANDÌ, CAPARINI, DUSSIN, FAVA, FILIPPI, FUGATTI, GARAVAGLIA, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LUSSANA, MONTANI, PINI e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il sindaco di Verona Flavio Tosi è stato vittima di un grave atto di intimidazione, avendo ricevuto il 20 ottobre 2007 presso la propria abitazione una lettera minatoria accompagnata da un proiettile;
nella citata lettera veniva rivolta una palese minaccia al sindaco in questi termini: «Se fai il traforo delle Torricelle tu e Pasquotti siete morti»;
tale minaccia è da porsi in relazione con la scelta da parte dell'amministrazione Tosi di realizzare il traforo delle Torricelle, un'importante opera pubblica di interesse sovraprovinciale, inserita tra le priorità nel programma elettorale del sindaco;
tale opera, duramente contestata dall'opposizione di centrosinistra, dalle associazioni
ambientaliste e da un comitato anti-traforo, che per i prossimi giorni ha annunciato una «catena umana» in segno di protesta, una volta realizzata, sarà di grande utilità, a giudizio dell'amministrazione in carica, tanto alla cittadinanza, quanto agli operatori economici, avendo un positivo impatto sia sulla viabilità che sulla riduzione dell'inquinamento;
costituisce un fatto gravissimo che un amministratore pubblico possa essere fatto bersaglio di intimidazioni di tale entità, che sono dirette a condizionare la serenità nello svolgimento delle sue funzioni istituzionali -:
quali iniziative e quali misure il Governo intenda assumere affinché i sindaci e gli amministratori locali in generale siano posti nelle condizioni di poter espletare in piena libertà le proprie funzioni, senza subire il condizionamento di atti intimidatori come quelli descritti in premessa.
(3-01372)
Interrogazione a risposta immediata in Commissione:
I Commissione:
FRIAS, MASCIA e FRANCO RUSSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
per lo snellimento delle procedure e per la riduzione dei tempi di rilascio e di rinnovo dei permessi di soggiorno il Ministro dell'interno ha stipulato il 30 gennaio 2006 una convenzione con Poste italiane il 9 febbraio 2006 un protocollo di intesa con gli istituti di patronato e il 13 febbraio 2006 un protocollo di intesa con l'ANCI;
con decreto del Ministro dell'interno del 12 ottobre 2005, il costo del servizio, a carico del richiedente, è stato stabilito in 30 euro, a cui vanno aggiunti 14,62 euro per la marca da bollo e ulteriori 27,50 euro, fissati con decreto del 4 aprile 2006, adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, per il rilascio del permesso di soggiorno elettronico;
tale procedura, se pur positiva, in quanto ha evitato agli immigrati di dovere affrontare code indecorose davanti alle questure di tutta Italia, pur tuttavia ha dimostrato enormi difficoltà e soprattutto ha determinato un pesante aggravio dei costi per i cittadini immigrati che hanno dovuto affrontare un'ulteriore spesa di 30 euro per la presentazione della domanda di rinnovo o rilascio del permesso di soggiorno;
tale cifra, soprattutto nel caso di più di un rinnovo o rilascio di permesso di soggiorno, stanti gli stipendi estremamente bassi della maggioranza dei cittadini immigrati, rappresenta un pesante onere;
in questo senso, risulta non più rinviabile la definizione di un accordo con l'ANCI affinché tutte le pratiche relative al rinnovo e al rilascio del permesso di soggiorno siano delegate agli Enti pubblici locali, non solo per facilitare i cittadini immigrati nello svolgimento delle loro richieste ma per determinare una nuova mentalità sull'immigrazione che non può essere intesa come problema di ordine pubblico, ma come parte integrante e importante della nostra realtà sociale -:
se, e in che tempi, il Ministro intenda sospendere l'accordo cosi oneroso con Poste Italiane e/o intervenire per abbattere quella cifra insostenibile per le snelle finanze dei migranti e delle migranti in beneficio dell'ente poste.
(5-01652)
Interrogazione a risposta scritta:
FLORESTA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. - Per sapere - premesso che:
con la legge 31 marzo 2005, n. 43 (articoli 7 vicies, ter e quater) la pubblica amministrazione si è posta l'obiettivo di
rinnovare i documenti di identificazione personale, trasformandoli da cartacei in elettronici, sia per adeguarsi alle norme europee ed internazionali, sia per garantire una maggiore sicurezza al Paese, con l'adozione di sistemi efficaci per contrastare la falsificazione dei documenti d'identità;
i tre fondamentali progetti legati ai documenti di identificazione, passaporto e carta d'identità elettronici per i cittadini italiani, permesso e carta di soggiorno elettronici per i cittadini stranieri, hanno registrato risultati diversi:
positivo per il passaporto elettronico che si è rapidamente allineato agli standard internazionali con quasi un milione e mezzo di passaporti emessi;
disastroso per gli altri due progetti che registrano un risultato altamente negativo per l'Amministrazione dello Stato, in particolare per il Ministero dell'interno che ha mostrato inaspettate e gravi inefficienze nella gestione di progetti che coinvolgono il sistema Paese;
la carta d'identità elettronica, dopo una soddisfacente stagione di emissione sperimentale che anticipava in Europa le più sicure tecnologie di sicurezza, è ora nel ristagno totale a causa di varie lobbies che se ne contendono la gestione, così come evidenziato in precedenti interrogazioni parlamentari dagli onorevoli Vitali e Zacchera, finora rimaste senza risposta;
il permesso di soggiorno elettronico ha un futuro ancor più problematico, se si considera l'esiguo numero di documenti emessi nel corso di un anno a causa di superabili difficoltà per persone di buon senso che diventano però insuperabili per la struttura burocratica del Ministero dell'interno -:
se i motivi di tali inconfutabili insuccessisiano imputabili, oltre secondo l'interrogante alla evidente inadeguatezza del Ministero dell'interno a gestire un progetto complesso, anche alla discontinuità delle posizioni burocratiche di comando con continui avvicendamenti tra i responsabili del Dipartimento dell'Immigrazione che ha registrato, nell'arco di 18 mesi, il ricambio di ben tre Prefetti;
se risponda al vero che le richieste di permessi di soggiorno elettronici, dal novembre dell'anno scorso ad oggi ammontanti ad oltre un milione, siano state soddisfatte per circa un decimo del totale, con tempi di attesa di otto, nove mesi, ben lontano dalle promesse del Governo;
se risponda al vero che gli impianti di produzione delle carte e dei permessi di soggiorno elettronici presso l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (costati circa 80 milioni di euro) sono fermi perché non arrivano i dati dal Ministero dell'interno;
se risponda al vero che il Poligrafico dello Stato, anche a causa degli investimenti per la produzione dei documenti elettronici, risulti essere carente di liquidità in ragione di crediti nei confronti del Ministero dell'interno per circa 500 milioni di euro;
se risponda al vero che a fronte di incertezze organizzative, la Direzione dell'Immigrazione abbia deciso di sospendere la consegna dei permessi di soggiorno elettronici, ritornando a quelli cartacei, per motivi di celerità procedurale, in contrasto con il richiamato articolo 7 vicies ter della legge n. 43 del 2005 che espressamente introduce, con decorrenza 1o gennaio 2006, il documento elettronico in sostituzione di quello cartaceo;
quale sia la differenza tra la procedura per il rilascio del documento cartaceo e quello elettronico, atteso che i relativi atti istruttori sono i medesimi ed hanno la medesima finalità e, qualora tale differenza sussista, perché non si applica la procedura per il rilascio del documento cartaceo (se meno lenta) a quello elettronico, perlomeno fino alla soluzione dei problemi procedurali che allo stato provocano i ritardi evidenziati;
se risponda al vero che finora i cittadini extracomunitari che hanno fatto richiesta del permesso e della carta di soggiorno elettronici abbiano versato nelle casse dello Stato oltre 42 milioni di euro e alla Società Poste Italiane (deputata dal Ministero dell'interno a ricevere le istanze e ad avviare una prima istruttoria) oltre 30 milioni di euro per un totale complessivo di oltre 72 milioni di euro, in aperta contraddizione con i conclamati proclami di solidarietà nei confronti degli immigrati;
se risponda al vero che, non riuscendo ad espletare le relative istruttorie, il Dipartimento dell'Immigrazione abbia equiparato la ricevuta della raccomandata postale (con la quale si è spedita l'istanza) al permesso ed alla carta di soggiorno, consentendo la libera circolazione, compresa l'uscita ed il rientro nel territorio nazionale, ai cittadini extracomunitari, in modo da elevare cosi una società privata, ancorché di proprietà pubblica quale «Poste Italiane», a somma autorità in materia di immigrazione;
se non si ritenga - nell'interesse della sicurezza nazionale, messa a grave repentaglio da questa incredibile vicenda, a tutela della parte più vulnerabile della nostra società rappresentata dagli immigrati desiderosi di lavorare e progredire, ed a salvaguardia dell'immagine anche internazionale del Paese - di rivedere drasticamente e con la massima urgenza le procedure di rilascio del permesso e della carta di soggiorno elettronici (ad iniziare dall'enigmistico ponderoso modulo di domanda), nonché di affidare maggiori compiti ai Patronati ed al Poligrafico dello Stato che, in base all'articolo 7 vicies quater della menzionata legge n. 43 del 2005, ha il ruolo di finanziatore e braccio operativo del Ministero dell'economia e delle finanze.
(4-05339)