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Allegato B
Seduta n. 229 del 23/10/2007
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ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta immediata:
LA RUSSA, LEO, MENIA, LAMORTE, CONTENTO, CONSOLO, GERMONTANI, PROIETTI COSIMI, BELLOTTI, FILIPPONIO TATARELLA, DE CORATO, ARMANI, FRASSINETTI, ALBERTO GIORGETTI, MANCUSO, MOFFA, ANTONIO PEPE, PEDRIZZI, PERINA, PORCU e SAGLIA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
moltissimi enti locali hanno sottoscritto i cosiddetti «derivati», vale a dire strumenti finanziari aventi la precipua finalità di garantire dal «caro tassi»;
il ricorso a tali operazioni sta determinando il sorgere, in capo ai sottoscrittori dei suddetti strumenti finanziari, di debiti di ingente ammontare;
la particolare gravità della situazione è stata più volte evidenziata sia dalla stampa specializzata (si veda Il Sole 24 ore del 16 ottobre 2007), che da accurate indagini proposte dal servizio pubblico radiotelevisivo (si veda la trasmissione di Rai 3 Report, di domenica 14 ottobre 2007);
la procura della Repubblica di Milano, a quanto è dato sapere, ha aperto un'indagine con riferimento alla problematica oggetto della presente interrogazione a risposta immediata;
il Governo ha emanato, di recente, una circolare esplicativa (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 2 luglio 2007), con la quale si stabilisce la non applicabilità delle cosiddette «delegazioni di pagamento» di comuni, province e regioni per gli strumenti
derivati, senza tuttavia affrontare in maniera «definitiva» la rilevante questione del rischio assunto dagli enti locali che utilizzano gli strumenti finanziari in questione;
come anticipato da autorevole stampa specializzata (si veda Il Sole 24 ore del 20 ottobre 2007), lo stesso disegno di legge finanziaria per il 2008 dovrebbe imporre, in sede di approvazione di emendamenti modificativi, l'obbligo di una vera e propria valutazione ex ante, a seguito della quale il competente dipartimento del ministero dell'economia e delle finanze «attesterà» la bontà dello strumento finanziario proposto ai comuni;
tuttavia, non è chiaro se con le nuove disposizioni da introdurre in finanziaria si prevederà un divieto assoluto di sottoscrizione degli strumenti finanziari, laddove gli stessi presentino elevati e significativi profili di rischio;
tale divieto assoluto troverebbe la sua giustificazione nelle conseguenze che si determinerebbero, a seguito dell'incremento del debito, sul cosiddetto «patto di stabilità» cui sono tenuti gli enti locali;
in effetti, gli strumenti finanziari derivati, pur se contabilizzati «fuori bilancio», qualora risultino eccessivamente rischiosi, aumenteranno, nel medio-lungo periodo, il debito, incidendo negativamente sul patto di stabilità;
un'operazione di monitoraggio da parte del ministero dell'economia e delle finanze sul ricorso agli strumenti finanziari derivati, da parte degli enti locali, dovrebbe essere possibile, dato che, per effetto della legge finanziaria per il 2002 - si veda l'articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 - gli enti locali hanno l'obbligo di comunicare al ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi alle operazioni in derivati. Peraltro, la legge finanziaria per il 2007 - si veda l'articolo 1, comma 737, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 - ha «rafforzato» i predetti obblighi di comunicazione -:
se il Governo abbia effettuato un'attenta opera di monitoraggio delle operazioni poste in essere dagli enti locali, dal momento che gli interventi messi in campo paiono limitarsi a fissare maggiori regole, senza prevedere espressi divieti di sottoscrizione dei derivati in presenza di rischi eccessivi, e se il Governo intenda chiarire quale sia l'ammontare complessivo dei rischi latenti cui gli stessi enti locali sono sottoposti.
(3-01365)
MUNGO, MIGLIORE, ANDREA RICCI e MASCIA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nella puntata di domenica 14 ottobre 2007 della trasmissione televisiva Report, dal titolo «Il Banco vince sempre», è stato affrontato, con dovizia di testimonianze e documentazione, il problema, dai contorni talora drammatici, dell'esposizione finanziaria di comuni, province e regioni italiane - oltre che di cittadini e imprenditori - causata dal diffondersi della cosiddetta finanza derivata strutturata;
tale problema non è nuovo alle cronache e, di recente, Il Sole 24 ore, in un'inchiesta del 7 settembre 2007, dal titolo «Enti Locali, un macigno chiamato derivati», aveva lanciato l'allarme per le conseguenze pesanti cui stava dando luogo il ricorso massiccio e poco oculato da parte degli enti locali e delle regioni degli strumenti finanziari derivati (swap, contratto cap, contratto floor, collar), il cui meccanismo, che può rivelarsi utile per far fronte al riequilibrio del debito, è diventato invece un modo per fare «cassa» a breve termine, scontando poi effetti disastrosi, a medio e lungo termine, a spese della collettività;
tali operazioni finanziarie, per loro natura rischiose, possono essere utilizzate dagli enti locali e dalle regioni a partire dall'anno 2002, a ciò autorizzati dall'articolo 41 della legge finanziaria 28 dicembre
2001, n. 448, prima manovra finanziaria del Governo Berlusconi;
già negli anni immediatamente successivi, visto che già si vedevano gli effetti distorsivi del ricorso a questi strumenti finanziari, si sono cercati correttivi, rivelatisi però inefficaci, attraverso il decreto 1o dicembre 2005, n. 389, e con la circolare interpretativa del ministero dell'economia e delle finanze del giugno 2004;
la legge finanziaria per il 2007, prima manovra finanziaria del Governo Prodi, ai commi 736-738, introduceva la comunicazione obbligatoria al ministero dell'economia e delle finanze ai fini della validità dell'operazione e limitava sia le fattispecie possibili, sia la durata, così come specificato anche nella successiva circolare interpretativa del luglio 2007;
nonostante la presa d'atto del Governo e del Parlamento dell'importanza del problema e della necessità di intervenire per evitare pesanti ripercussioni sulla finanza locale, le previsioni della legge finanziaria per il 2007, per quanto utili, non si sono rivelate risolutive per arginare il problema in oggetto;
il sistema bancario non è «innocente» rispetto alla situazione che si è venuta a creare, essendo la condizione degli amministratori per lo più squilibrata quanto a conoscenze e competenze sullo strumento, al punto che nella maggior parte dei casi si assiste ad una pressoché totale inconsapevolezza del rischio da parte degli amministratori, a ciò spesso condotti dalla spregiudicatezza e dalla scorrettezza degli operatori finanziari, che si sono occupati delle operazioni in veste di contraenti «forti»;
tale squilibrio tra i contraenti ha già comportato in taluni casi il dissesto finanziario di amministrazioni locali e, in ogni caso, di consistenti perdite di denaro pubblico, reali o potenziali, mentre d'altro canto ha garantito elevati guadagni agli istituti di credito che hanno gestito tali operazioni;
naturalmente, gli amministratori pubblici che hanno fatto un uso incauto di tali strumenti finanziari non sono esenti da responsabilità, in quanto obbligati dalla loro funzione istituzionale ad adoperare il massimo dell'oculatezza nell'utilizzo del denaro pubblico;
tuttavia, occorre valutare la situazione in cui si sono trovati ad operare regioni ed enti locali dall'inizio degli anni 2000, rispetto alla mancanza di risorse per investimenti, al forte indebitamento, ai limiti per l'assunzione di nuovi mutui, e, dunque, occorre ripensare al rapporto con gli enti locali, con l'obiettivo di meglio tutelare i cittadini e l'interesse generale;
la complessità tecnico-finanziaria dei derivati e, soprattutto, delle loro conseguenze induce a ritenere che l'introduzione della norma della legge finanziaria per il 2001 sia stata, ex post, un elemento che ha contribuito a destabilizzare i bilanci degli enti locali e che, qualora la si fosse valutata correttamente ex ante, avrebbe dovuto far pensare all'inopportunità di consentire a regioni ed enti locali l'accesso a questo mercato;
da qualche tempo Abi ha costituito un gruppo di lavoro che sta elaborando, con Anci e Upi, un libro bianco su questo tema, che dovrebbe costituire da una parte una sorta di codice etico per gli intermediari finanziari, dall'altra un manuale d'uso per la gestione cauta e consapevole dei derivati;
al Senato della Repubblica, nella discussione del disegno di legge finanziaria per il 2008, si stanno discutendo emendamenti al testo per introdurre ulteriori «paletti», a partire dalla attribuzione al ministero dell'economia e delle finanze di un ruolo di supervisione sulla «rischiosità» delle operazioni: una sorta di valutazione di impatto finanziario che dovrebbe servire agli amministratori per decidere o meno se concludere quel tipo di contratti e a quali condizioni;
probabilmente questo potrebbe essere il primo passo per una «normalizzazione»
della situazione in essere, ma ad esso si devono accompagnare ulteriori correttivi per un controllo più stringente, e comunque è necessaria l'istituzione di una cabina di regia, cui partecipino tutti i soggetti interessati, al fine di tutelare i cittadini amministrati dalle mire di profitto degli intermediari e dall'ansia di fare cassa degli amministratori -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato rispetto al problema complessivamente inteso e, in particolare, rispetto alla discussione in atto sulla manovra finanziaria e alle azioni da intraprendere nei confronti del sistema bancario, alla luce anche del lavoro che Abi sta svolgendo, di concerto con le associazioni degli enti locali, per una «moralizzazione» dei suoi associati e per un'alfabetizzazione finanziaria degli amministratori.
(3-01366)
OLIVA, MINARDO, LO MONTE, NERI, RAO e REINA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 1152, della legge finanziaria per il 2007 destinava 1 miliardo e 500 milioni di euro, nel triennio 2007-2009, per la viabilità secondaria della Sicilia e della Calabria;
in un incontro a Palazzo Chigi del 24 luglio 2007, con i presidenti delle province siciliane, il Presidente del Consiglio dei ministri dava rassicurazioni precise circa lo stanziamento in tempi brevissimi dei 500 milioni di euro previsti per il 2007;
ad oggi il Governo non ha destinato un centesimo per il miglioramento della viabilità secondaria in Sicilia e Calabria;
il Presidente dell'Unione regionale delle province siciliane, Raffaele Lombardo, ha chiesto un incontro urgente con il Presidente del Consiglio dei ministri sull'attuazione dell'articolo 1, comma 1152, della legge finanziaria per il 2007 e, in caso di esito negativo dell'incontro, ha annunciato per il 7 novembre 2007 una manifestazione davanti a Palazzo Chigi -:
quale siano i reali intendimenti del Governo sullo stanziamento dei fondi previsti dall'articolo 1, comma 1152, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
(3-01367)
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:
GERMONTANI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze.- Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 233, convertito con modificazioni con la legge 4 agosto 2006, n. 248, è stato introdotto il regime della cosiddetta inversione contabile, reverse charge, in materia di IVA nei subappalti, in particolare nel settore dell'edilizia;
la norma, mai entrata in vigore a causa dei numerosi dubbi interpretativi, è stata riproposta, nella sua identica formulazione dalla legge Finanziaria 2007;
l'articolo 35, comma 5, del decreto-legge 223 del 2006 aveva introdotto nell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, il comma 6. Tale disposizione è stata sostituita con altra di identico dettato, inserita alla lettera a), dall'articolo 1, comma 44, della legge n. 296 del 2006 prevede l'applicazione del reverse charge per le «prestazioni di servizio, compresa la manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l'attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell'appaltatore principale o di un altro subappaltatore»;
con il decreto del 25 maggio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 luglio scorso, il Ministero dell'economia e delle finanze ha individuato una ulteriore operazione cui applicare il meccanismo del reverse charge, ai sensi dell'articolo 17, comma 6, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 633 del 1972. Si tratta delle cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali, di cui all'articolo 10, primo comma, n. 8-ter), lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972; tali cessioni saranno soggette al reverse charge a decorrere dal 1o ottobre 2007;
il reverse charge, o inversione contabile, prevede che, in deroga alle regole ordinarie, il pagamento dell'imposta sia di competenza dell'acquirente, se è un soggetto passivo di imposta nel territorio italiano: di conseguenza, la fattura emessa del cedente senza addebito d'imposta deve essere integrata dall'acquirente con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta nell'apposito registro;
con la circolare n. 37 del 29 dicembre 2006, l'Agenzia delle entrate ha precisato che devono considerarsi al di fuori della portata della norma le forniture con posa in opera, che si sostanziano in operazioni costituenti cessioni di beni, a prescindere dall'attività del destinatario della cessione e, più in generale, dall'inquadramento dell'operazione nell'ambito dell'autonomia contrattuale delle parti;
la circolare n. 37 del 29 dicembre 2006 dell'Agenzia delle Entrate chiarisce inoltre che: «in particolare, per delimitare, sulla base di criteri oggettivi, le prestazioni per le quali deve essere adottato il reverse charge, occorre fare riferimento alla tabella di classificazione delle attività economiche Atecofin (2004). La sezione F della richiamata tabella indica i codici riferiti alle attività di Costruzioni;
inoltre, con la risoluzione n. 148 del 28 giugno 2007, l'Agenzia delle Entrate afferma che le operazioni che consistono in cessioni di beni sono del tutto estranee al reverse charge, indipendentemente dal codice di attività adottato dai soggetti interessati e sono sottoposte alle regole ordinarie sia nei confronti del cessionario che nel rapporto con il posatore -:
se l'inclusione del nolo con operatore, il cosiddetto «nolo a caldo» nella succitata sezione F è sufficiente a coinvolgere tali casistiche nel reverse charge, se tale prestazione è riconducibile ad un contratto di appalto o si tratta invece di un contratto misto di locazione e manodopera; e in questa seconda ipotesi, laddove la manodopera sia meramente accessoria alla locazione e quindi «prevalga» il noleggio sul lavoro, se trovi comunque applicazione il reverse charge.
(5-01646)
FUGATTI e FAVA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Comune di Dosolo (Mantova), con deliberazione n. 65 del 9 luglio 2005, ha affidato alla società Areariscossioni S.p.A., con sede legale a Mondovì e filiale a Cremona, l'attività di verifica dell'imposta comunale sugli immobili e di riscossione dei relativi importi;
il Comune, richiamando l'articolo 6, comma 2, lettera d), della legge n. 157 del 1995, ha affidato tale servizio senza esperire alcuna procedura di evidenza pubblica, né alcuna modifica del regolamento comunale in materia di ICI, che prevede la gestione del servizio in economia;
la definizione delle posizioni ICI dei contribuenti è stata di fatto svolta da una collaboratrice che risulta amministratore unico di un'altra società, Urbania Srl di Cremona, la quale svolge servizi di elaborazione grafica, contabile e tecnica per architettura ed ingegneria, e non è, quindi, iscritta all'albo nazionale per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997;
tra il 2005 ed oggi, a seguito di un esposto presso la Corte dei conti, è intercorsa una fitta corrispondenza tra il Comune di Dosolo, il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Autorità per la protezione dei dati personali, a seguito della quale non è tuttavia scaturita alcuna pronuncia sulla regolarità o meno della procedura di affidamento del servizio da parte dell'ente locale;
la vicenda sopra richiamata appare emblematica di una diffusa situazione di difficoltà nel sistema della riscossione dei tributi locali, che sta determinando frequenti irregolarità amministrative, e che rischia di determinare conseguenze negative sugli stessi contribuenti -:
quali iniziative, anche di carattere interpretativo, intenda assumere per chiarire se, e in quali casi, l'affidamento da parte dei comuni del servizio di verifica dell'Imposta comunale sugli immobili e di riscossione dei relativi importi possa avvenire senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica, anche tenendo conto del fatto che l'affidamento dell'attività di verifica e riscossione della predetta imposta è avvenuto, nel caso di specie, nei confronti di una società privata non iscritta all'albo istituito dall'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, e quali siano le procedure per la raccolta ed il trattamento dei dati personali previste in tale fattispecie.
(5-01647)
BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nell'aprile scorso la Commissione Finanze, con parere favorevole del Governo, approvava una Risoluzione con la quale si impegnava l'Esecutivo a rivedere la normativa prevista dal Testo Unico della Finanza e dal Testo Unico Bancario in merito ai requisiti di onorabilità degli amministratori di banche e delle imprese di investimento;
in particolare si impegnava il Governo ad integrare la normativa regolamentare prevista in materia secondo i seguenti criteri:
a) le assemblee delle banche e delle imprese di investimento, prima di poter deliberare sull'eventuale reintegro degli amministratori e degli altri esponenti aziendali sospesi, attendono il deposito delle motivazioni delle sentenze non definitive di condanna. In ogni caso, anche ove le motivazioni della sentenza non siano state depositate, le assemblee delle banche e delle imprese di investimento procedono a deliberare sull'eventuale reintegro decorso un periodo non inferiore a 45 e non superiore a 90 giorni dalla pronuncia della sentenza;
b) di motivare in ogni caso analiticamente le deliberazioni di reintegro, dopo le sospensioni dovute a qualsiasi ragione di legge -:
quali siano i tempi di attuazione della nuova normativa regolamentare così come indicato dalla Risoluzione della Commissione Finanze.
(5-01648)
STRIZZOLO e FOGLIARDI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con il comma 346 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (legge finanziaria) vengono riconosciute detrazioni dall'imposta lorda per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute (fino ad un massimo pari a euro 60.000,00) per l'installazione di pannelli solari per produzione di acqua calda ad uso sanitario;
l'articolo 8 del decreto ministeriale 19 febbraio 2007 (Regolamento attuativo) definisce le condizioni per poter accedere alle detrazioni e, nello specifico, al comma 1 lettera c) si legge: «che i pannelli solari devono presentare una certificazione di qualità conforme alle norme UNI 12975 rilasciata da laboratorio accreditato»;
con circolare n. 36/E del 31 maggio 2007 l'Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Normativa e Contenzioso, confermava, al punto 3.3 la necessità della omologazione secondo UNI 12975;
i pannelli solari sono nella quasi generalità dei casi (se non addirittura la totalità) certificati non secondo la norma nazionale UNI 12975 ma secondo la norma europea EN 12975 perché, ovviamente, i produttori si rivolgono non solo al mercato italiano ma anche a quello europeo;
probabilmente, un'area di confusione e di incertezza si è determinata per il fatto che le due norme riportano il medesimo numero e che di conseguenza molte persone interessate hanno dato per scontata l'equivalenza fra le due normative;
a seguito di ulteriore pronunciamento dell'Agenzia delle Entrate con Circolare 244/E dell'11 settembre 2007, viene sancito che non vi è diritto alla detrazione fiscale in presenza di omologazione e certificazione diverse da quanto stabilito dalla normativa UNI 12975;
la regola di codifica del recepimento delle norme europee da parte di UNI prevede il mantenimento del numero attribuito dal CEN e l'aggiunta della sigla «UNI» a quella già presente e che di solito è «EN» e che, pertanto la corretta definizione avrebbe dovuto essere UNI EN 12975 e non UNI 12975 che, in realtà non esiste;
è probabile che il riferimento normativo inserito nella disposizione legislativa (decreto ministeriale 19 febbraio 2007 - Regolamento attuativo) non sia corretto e che si può presumere che l'effettiva intenzione del legislatore volesse far riferimento alla EN 12975 (o equivalente UNI EN 12975);
è evidente la necessità di un urgente intervento normativo chiarificatore che stabilisca l'equivalenza tecnica delle due norme, ciò al fine di evitare la situazione per cui molti cittadini rischierebbero di non poter accedere ai benefici fiscali previsti dal soprarichiamato comma 346 della finanziaria 2007 -:
quali iniziative intendano assumere, singolarmente o congiuntamente, per un immediato intervento che faccia puntuale chiarezza nel merito del problema sopra descritto.
(5-01649)