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Allegato B
Seduta n. 230 del 24/10/2007
...
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanze:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
la Procedura per la stipula di un'intesa tra una confessione religiosa e lo Stato italiano prevede, tra l'altro, che il Presidente del Consiglio dei ministri affidi l'incarico di condurre le trattative con le rappresentanze delle Confessioni religiose al sottosegretario-Segretario del Consiglio dei ministri che si avvale della «Commissione interministeriale per le intese con le Confessioni religiose» affinché essa predisponga la bozza di intesa unitamente alle delegazioni delle Confessioni religiose richiedenti. Su tale bozza d'intesa esprime il proprio preliminare parere la «Commissione consultiva per la libertà religiosa»;
la «Commissione interministeriale per le intese con le Confessioni religiose» composta da: professor Francesco Pizzetti, Presidente; Rappresentanti dei seguenti Ministeri: Presidenza del Consiglio dei ministri, interno, giustizia, economia e finanze - dipartimento ragioneria, economia e finanze - agenzia delle entrate, difesa, pubblica istruzione, università e ricerca, beni e attività culturali, salute;
la «Commissione consultiva per la libertà religiosa» è composta da: professor Francesco Margiotta Broglio, Presidente; professor Carlo Cardia, professor Giovanni Long, professor Giorgio Pastori, professor Francesco Pizzetti, professor Giorgio Sacerdoti -:
se sia a conoscenza o, in caso contrario, se intenda verificare se vi siano membri di dette Commissioni che abbiano svolto o svolgano attività di consulenza retribuita a favore di confessioni religiose che godano di intese: approvate con legge ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione; firmate e non approvate con legge; avviate in vista della conclusione dell'intesa ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione;
se non ritenga che un'eventuale consulenza retribuita costituisca un patente conflitto di interessi e, in caso affermativo, quali provvedimenti intenda assumere.
(2-00802)«Turco».
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
dopo la gara per la privatizzazione di Alitalia la situazione sembra avviarsi su di
un percorso fortemente critico e le consistenti perdite finanziarie giornaliere a cui è soggetta Alitalia ne aggravano pesantemente l'esposizione debitoria in costante aumento di giorno in giorno;
secondo l'interpellante il piano industriale presentato dal Presidente di Alitalia, Maurizio Prato, lo scorso 31 agosto, non è considerabile come «piano industriale» e non è risolutivo dei problemi dell'impresa rischiando invece di aggravarli;
le scelte in esso contenute, si ripercuotono sul suo valore e sulla sua immagine;
il rischio per i dipendenti della compagnia di perdere il posto di lavoro diviene di giorno in giorno più concreto, creando uno stato di malessere «sociale» che non può più essere ignorato;
il Presidente di Alitalia, Maurizio Prato, con procedure discutibili, durante la recente audizione congiunta delle Commissioni Trasporti e Attività Produttive della Camera ha dichiarato che «entro la prima decade di novembre indicherà al Governo il partner industriale e che sarà poi l'esecutivo a decidere come perfezionare la cessione di tutto o parte del pacchetto azionario pubblico al nuovo acquirente»;
sempre nel corso della medesima Audizione il Presidente di Alitalia, Maurizio Prato, ha ribadito che «il piano di transizione e risanamento è assolutamente necessario e servirà a tagliare i costi per tamponare l'emorragia di perdite quantificata in un milione di euro al giorno e a garantire la continuità aziendale necessaria anche per certificare il bilancio, ma non sarà risolutivo per il futuro della compagnia» -:
se sia vero che il piano presentato dal Presidente di Alitalia Maurizio Prato sia stato in realtà redatto anche con l'intervento di «alti funzionari» di altre compagnie aeree;
a quanto ammonti la valorizzazione delle Azioni di Alitalia effettuata da UBS;
quanto sia il valore complessivo posto in bilancio per la flotta di Alitalia e per ciascun aeromobile;
quali e quanti siano gli slot in uso ad Alitalia, quanti quelli sospesi e quali i termini di scadenza per ciascuno slot;
quali siano i principali contratti pluriennali di Alitalia;
quali siano i costi sostenuti da Alitalia per consulenze esterne e servizi professionali nel biennio 2006-2007, sostenuti anche ai fini della gara per la sua privatizzazione e a chi siano stati corrisposti con particolare riferimento ai contratti stipulati con le società di advisor e quali siano queste società.
(2-00803)«Pedrini».
Interrogazione a risposta in Commissione:
MARCHI, LA FORGIA e GIOVANELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2 della legge n. 285 del 2000 ha istituito L'Agenzia Torino 2006 per lo svolgimento dei XX giochi olimpici invernali;
l'Agenzia è soggetto di diritto pubblico con risorse finanziarie a carico di Stato, Regione Piemonte, Provincia e Comune di Torino;
l'Agenzia opera sotto l'alta vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri;
detta Agenzia risulta aver appaltato a varie imprese esecutrici le opere per lo svolgimento dei XX Giochi Olimpici invernali;
i suddetti Giochi Olimpici si sono svolti con grande successo, nei tempi prestabiliti, e con una ricaduta di prestigio sul nostro Paese;
in data 21 settembre 2007 si è svolta a Torino una manifestazione di protesta
da parte delle maestranze e dei dirigenti della Cooperativa Orion, che ha realizzato l'impianto sportivo per lo svolgimento delle gare olimpiche di bob, slittino e skeleton, durante la quale si è segnalato che la società cooperativa vanta un credito di oltre 54 milioni di euro dall'Agenzia Torino 2006 e che il relativo contenzioso è oggetto di una causa civile avanti il tribunale di Torino;
risulta che anche altre imprese esecutrici rivendicano crediti per mancato pagamento delle opere dell'Agenzia Torino 2006;
pur a fronte dell'espletamento della procedura di bonario componimento della controversia prevista dall'articolo 31-bis della legge n. 109 del 1994, l'Agenzia non ha provveduto a pagare l'importo dei crediti nella misura riconosciuta dalle commissioni di cui al richiamato articolo 31-bis;
il mancato pagamento dei crediti, in relazione alla dimensione degli stessi ai tempi lunghi di tutela giudiziaria per le controversie in corso, può determinare inevitabilmente la crisi di queste imprese con effetti dirompenti sul piano occupazionale e con la perdita per il nostro Paese di realtà produttive e sociali avanzate sul terreno tecnologico -:
quali iniziative la Presidenza del Consiglio dei ministri abbia assunto o intenda assumere per risolvere i problemi segnalati ed in particolare se non ritenga opportuno e necessario che, in attesa della definizione giudiziaria delle controversie, l'Agenzia preveda il pagamento dei crediti vantati dalle imprese esecutrici nella misura già riconosciuta dalle Commissioni di cui all'articolo 31-bis della legge n. 109 del 1994.
(5-01665)
Interrogazioni a risposta scritta:
PEDULLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel territorio del comune di Tredozio (provincia di Forlì-Cesena), nel territorio del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi-M. Falterona e Campigna, è ubicato il Lago di Ponte, costruito degli anni '60;
il suo ruolo, molto importante, ha natura sia ambientale sia di approvvigionamento idrico in funzione antincendio: a tal fine compare nell'elenco delle fonti di approvvigionamento idrico per elicotteri impegnati in operazioni AIB;
ultimo episodio di incendio verificatosi a Tredozio dal 20 al 22 luglio 2007, ha visto l'intervento di canadair e di elicotteri, che hanno riscontrato la difficoltà di approvvigionamento idrico dal citato bacino, per il suo grave stato di interramento e per le perdite sul fronte a valle, che determinano una scarsa disponibilità idrica -:
come intenda attivarsi affinché venga predisposto, finanziato e realizzato con urgenza un intervento di riassetto complessivo del Lago di Ponte, mediante adeguate opere di dragamento del fondo e di rafforzamento della tenuta su fronte dello sbarramento a valle.
(4-05345)
MURGIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto si evince da articoli di stampa, sembrerebbe che in Sardegna i rappresentanti degli agricoltori e degli allevatori abbiano messo in atto lo sciopero della fame nella sala del consiglio comunale di Decimoputzu a causa della vendita all'asta di centinaia di aziende agricole e il problema sembrerebbe interessare complessivamente 5.000 imprese sarde;
le predette aziende agricole sarebbero al secondo o terzo incanto all'asta e ciò rappresenta un disastro che coinvolge la vita di decine di migliaia di persone: agricoltori, pastori e braccianti sarebbero ridotti in condizioni economiche disastrose ed allarmanti;
le aziende in premessa avrebbero beneficiato delle disposizioni della legge regionale n. 44 del 1988 che istituiva, all'articolo 5, un regime di aiuti sotto forma di mutui a tasso agevolato per favorire la ricostituzione della liquidità di aziende agricole in difficoltà per colpa di circostanze avverse;
successivamente la stessa legge è stata dichiarata illegittima dalla Comunità europea e pertanto gli agricoltori sarebbero stati costretti a restituire alle banche quanto ricevuto;
da quanto si evince dagli organi di stampa sembrerebbe che soltanto «...con lettera del 1o settembre 1992, l'Italia notifica alla Commissione europea la legge regionale n. 17 della Regione Sardegna. L'articolo 12 di suddetta legge rimandava, per le modalità tecniche di esecuzione, all'articolo 5 della legge n. 44 del 1988 della stessa regione, ma mai notificata alla Commissione europea...»;
in particolare, secondo quanto si evince dagli organi di stampa, sembrerebbe che «...il 1o agosto 1994 la Commissione europea comunica all'Italia l'avvio di un procedimento nei confronti degli aiuti stabiliti dall'articolo 5 della legge n. 44 del 1988 ritenendo tali aiuti atti a falsare la concorrenza (articolo 92 del trattato dell'Unione europea)...»;
secondo quanto affermato dagli organi di stampa, sembrerebbe che, a causa della dichiarata illegittimità della legge regionale n. 44 del 1988, «...il sistema creditizio chiede a chi lavora la terra in Sardegna circa 700 milioni di euro...»;
la Comunità europea avrebbe, pertanto, invitato l'Italia a presentare proprie osservazioni al riguardo; purtroppo, pare che l'Italia non abbia ottenuto alcun parere favorevole in merito alle sue osservazioni perché incompatibili con i criteri che generalmente vengono applicati da tutti gli Stati membri per aiutare le aziende agricole in difficoltà;
secondo quanto affermato dagli organi di stampa sembrerebbe che «...pur se teoricamente la Commissione può procedere a posteriori alla verifica di compatibilità di una legge con la normativa comunitaria, in questo caso le giustificazioni avanzate dall'Italia sono state così deboli da costringere l'Unione europea a dichiarare illegali gli aiuti concessi dalla Regione Sardegna in base all'articolo 5 della legge n. 44 del 1988 e successive delibere...»;
a causa di quanto descritto in premessa l'Italia sarebbe stata obbligata a recuperare presso i beneficiari l'importo dell'aiuto illegittimamente concesso;
secondo quanto riferito dagli articoli di stampa, sembrerebbe che «...Mercoledì 3 ottobre 2007, l'assessore regionale dell'agricoltura sarda Francesco Foddis tiene a precisare che "L'indebitamento delle aziende agricole è la vertenza più grave del comparto ed è per questo che deve avere una risposta anche dal Governo nazionale". La Regione lavora ogni giorno per trovare soluzioni, ma deve essere chiaro a tutti che la controparte sono gli istituti di credito, che fino a oggi, pur convocati a più riprese per risolvere la vicenda, non hanno mai voluto firmare un accordo...»;
secondo quanto si evince dai comunicati stampa dei rappresentanti degli agricoltori sardi, i proprietari dei terreni agricoli così affermano «...Siamo stati indotti ad investire e ad indebitarci con le banche da una legge regionale dichiarata illegale dalla Commissione europea. Ci viene chiesto di restituire le somme garantite da quella legge con tutti gli interessi (che sono lievitati in maniera abnorme e su cui siamo convinti ci siano ampi profili di illegittimità nei calcoli) mentre le banche, per la stessa legge illegale, si guardano bene da restituire gli interessi (anche pubblici) incassati. Siamo, forse, gente semplice ma abituati a pensare che se una cosa è illegale, lo è per tutti ed, allora, se è illegale per noi lo è anche per le banche e per la Regione che ha fatto la legge e, dunque, ognuno se ne dovrà assumere la responsabilità...»;
nell'ambito delle problematiche descritte in premessa relativamente ai debiti
agricoli delle aziende sarde, sarebbe da sottolineare la cattiva gestione dell'amministrazione della Regione Sardegna in quanto le colpe della stessa sarebbero così evidenti che il Consiglio di Stato pare abbia dato ragione a 72 imprenditori agricoli, assistiti dall'Unione agricoltori di Sassari, che si erano opposti alle ingiunzioni; nella seduta del 26 gennaio 2003, infatti, il Presidente della Repubblica ed il Consiglio di Stato pare abbia stabilito che «...i provvedimenti con i quali la Regione ha richiesto la restituzione dei contributi agli agricoltori sono illegittimi "in quanto contrastanti con il principio generale della tutela dell'affidamento"» -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, se gli stessi corrispondano al vero, quali iniziative di propria competenza intenda adottare;
se non ritenga opportuno intervenire con iniziative urgenti presso la Comunità europea per scongiurare la definitiva vendita all'asta delle aziende agricole in premessa onde poter garantire il sostentamento a migliaia di agricoltori, allevatori e alle loro famiglie che non potranno sopportare la prospettiva drammatica della perdita del fondo, del lavoro e conseguentemente di ogni possibilità di sostentamento, senza che si determini un diffuso disastro economico e sociale;
se sia a conoscenza del fatto che 72 imprenditori agricoli assistiti dall'Unione agricoltori di Sassari ricorrendo al Consiglio di Stato hanno ottenuto dallo stesso la sentenza nella quale si condanna il comportamento.
(4-05346)
PELLEGRINO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, con decreto del 6 marzo 2003, dispone la nomina dei componenti della commissione nazionale incaricata di provvedere all'aggiornamento dei piani di emergenza dell'area vesuviana e dell'area flegrea per il rischio vulcanico;
tale decreto, risulta poco chiaro in quanto non evidenzia se e come sono stati resi operativi i piani di emergenza e con quali modalità sono offerti alla pubblica consultazione, non indica i termini per i lavori della commissione ed inoltre, non precisa che le risultanze dei lavori della commissione saranno sottoposte all'autorità politica che ha predisposto la ricostruzione della commissione;
nonostante, ripetute denuncie da parte di ricercatori e di personalità politiche, i fondi di ricerca stanziati dal Dipartimento della Protezione Civile per le ricerche vulcanologiche finalizzate alla mitigazione del rischio vulcanico in Italia, sono stati attribuiti senza alcuna regola che proibisse ai coordinatori di progetto di presentare a loro volta domanda di finanziamento;
infatti, per quanto riguarda il Vesuvio e i Campi Flegrei, sono stati finanziati progetti coordinati da membri della Commissione nazionale per l'aggiornamento dei Piani che sono stati al tempo stesso sia referenti scientifici per le ricerche, sia responsabili della valutazione e del trasferimento delle ricerche più aggiornate alla Protezione Civile per la realizzazione e l'aggiornamento dei Piani;
i Piani, a fronte di una notevole produzione scientifica documentata su riviste scientifiche specialistiche internazionali di riconosciuta autorevolezza, sono rimasti praticamente immutati rispetto alla prima versione, risalente al 1995;
il mancato aggiornamento del Piano di emergenza Vesuvio e l'assenza a tutt'oggi di un Piano per i Campi Flegrei, tra le aree a più alto rischio al mondo, risulta inaccettabile;
le carenze principali denunciate in recenti pubblicazioni scientifiche concernono, in sintesi, l'inadeguatezza degli scenari eruttivi e delle mappe di pericolosità adottate dalla Protezione civile, essendo i primi scelti in base ad arbitrarie valutazioni probabilistiche e non sulla base di
rigorose ricerche scientifiche, e le seconde prive di qualsiasi valutazione probabilistica;
inoltre, tra gli elementi critici dell'attuale Piano uno dei più evidenti, da più parti criticato, è il criterio per l'eventuale evacuazione della così detta zona gialla. Questa sarebbe evacuata nel corso dell'eruzione. È noto da tempo a livello mondiale e si è sperimentato in eruzioni recenti come l'evacuazione in corso di eruzione dell'area soggetta alla caduta dei lapilli sia estremamente critica e come il successo dell'evacuazione dipenda da quanto questa preceda l'evento eruttivo;
l'altro punto critico riguarda la scelta dello scenario sub-pliniano, come unico scenario possibile per l'elaborazione del piano, basato sull'evento ritenuto più probabile in base ad antiquate valutazioni di correlazione tra durata del periodo di quiescenza e magnitudo dell'eruzione, peraltro mai validate scientificamente. Infatti, è noto da tempo, come per i vulcani esplosivi a condotto chiuso (il Vesuvio è uno di essi) risultino infondate le valutazioni di probabilità basate sulla lunghezza del periodo di quiescenza precedente l'evento;
il mancato aggiornamento del Piano ed alcuni aspetti paradossali della sua attuale versione hanno già avuto ed avranno in futuro conseguenze gravi sulla pianificazione territoriale. Basti ricordare il costruendo Ospedale del Mare, localizzato a Ponticelli (Napoli) presso il limite della zona rossa, che in tale versante del Vesuvio solo per un caso è estesa circa 8 km, contro i circa 12 dell'opposto settore corrispondente al comune di Pompei (Napoli);
l'assurda localizzazione del nosocomio giusto al limite della zona rossa e comunque in piena zona gialla (interessata in caso di eruzione all'accumulo di un notevole spessore di cenere e lapilli), è il risultato di un'assurda definizione della zona rossa;
invece, ancora più grave è il ritardo nella realizzazione di un piano di emergenza per l'area dei Campi Flegrei, universalmente riconosciuta come una tra le aree a più alto rischio vulcanico su scala mondiale e già interessata nel corso degli ultimi trent'anni da due crisi bradisismiche (sismiche e vulcaniche) che potevano culminare in un'eruzione esplosiva catastrofica -:
se, il Governo, intenda assumere provvedimenti per verificare la sussistenza di quanto anzi premesso e se confermato, ritenga opportuno disporre quanto necessario al fine di chiarire il motivo per il quale il Piano di emergenza per il Vesuvio non è stato aggiornato contrariamente a quanto previsto;
se, alla luce delle considerazioni esposte, intenda adottare provvedimenti al fine di realizzare il Piano di emergenza per i Campi Flegrei;
se, in relazione al decreto del Capo del Dipartimento della Protezione Civile, intenda chiarire i criteri adottati per la nomina dei membri della commissione incaricata di provvedere all'aggiornamento dei piani di emergenza dell'area vesuviana e dell'area flegrea per il rischio vulcanico.
(4-05361)
RAMPELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 10, comma 4, della legge n. 40 del 2007, con cui è stato convertito in legge con modificazioni il «decreto-Bersani», recante misure urgenti per la liberalizzazione di alcune attività economiche, ha introdotto nuove disposizioni in materia di esercizio della professione di guida turistica;
nonostante lo scopo della nuova disciplina sia quello di «ricondurre l'attività di guida turistica all'eccellenza che merita in quanto professione dedicata ad illustrare l'enorme patrimonio storico-artistico dell'Italia», la sua prima applicazione sta determinando rilevanti problemi, in virtù di una sua non corretta interpretazione
e diffusione sia a livello regionale sia tra gli operatori turistici provenienti da altri Stati membri dell'Unione Europea;
sembrerebbe, in particolare, che la disposizione secondo cui «le regioni promuovono sistemi di accreditamento, non vincolanti, per le guide turistiche specializzate in particolari siti, località e settori» sia stata interpretata nel senso che l'accreditamento potrebbe essere ottenuto relativamente a siti posti al di fuori dell'ambito territoriale di riferimento per il quale la guida ha ottenuto l'abilitazione, laddove, al contrario, il carattere «territoriale» è elemento qualificante dell'attività di guida turistica;
risulta ancora che, a seguito dell'emanazione della nuova normativa, la Provincia di Roma abbia addirittura sospeso la sessione d'esame di abilitazione all'esercizio della professione di guida turistica, già indetta da tempo ed in procinto di essere effettuata, sull'erroneo presupposto e/o convinzione della retroattività della norma;
addirittura, in Italia e all'estero si sono moltiplicate e diffuse voci circa la possibilità di svolgere la relativa professione in assenza di qualsiasi controllo e senza necessità di far constare, attraverso il superamento delle apposite prove previste dalla normativa regionale di riferimento, dei requisiti di qualificazione previsti;
nella sostanza si sta consolidando, anche all'interno delle stesse amministrazioni locali, un quadro di assoluta incertezza circa il significato e la concreta portata della nuova disciplina, nel cui contesto ha buon gioco la diffusione di pratiche di esercizio abusivo della professione da parte di soggetti privi di qualunque qualificazione ed al di fuori di qualsiasi controllo, che finiscono per mettere in pericolo proprio le esigenze di tutela del consumatore e di corretta esplicazione della concorrenza che detta disciplina dichiarava di voler perseguire;
l'articolo 10, comma 4, all'ultimo periodo, stabilisce - in applicazione dei principi comunitari di libera circolazione - che «i soggetti abilitati allo svolgimento dell'attività di guida turistica nell'ambito dell'ordinamento giuridico del Paese comunitario di appartenenza operano in regime di libera prestazione dei servizi senza necessità alcuna autorizzazione, né abilitazione sia essa generale o specifica»;
a giudizio dell'interrogante, tale prescrizione appare del tutto eccessiva e sproporzionata rispetto a quanto richiesto dagli stessi principi comunitari;
la disposizione citata non richiede - per le guide turistiche provenienti da altri Paesi membri che intendano svolgere la professione in Italia, in ogni monumento storico e museo - l'accertamento della conoscenza del nostro patrimonio storico-artistico nazionale, contrariamente a quanto disposto dalla sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea del 26 febbraio 2001 relativamente ai beni che richiedono una maggior tutela da parte dello Stato;
tale situazione, da un lato, determina una chiara quanto illegittima «discriminazione a rovescio» nei confronti delle guide abilitate in Italia; dall'altro, consente l'esercizio della professione di guida turistica in maniera indiscriminata a soggetti la cui qualificazione e specializzazione (connessa alla conoscenza dei luoghi e dei siti culturali italiani che sono chiamati a «illustrare») non è stata in alcun modo verificata;
l'apertura indiscriminata del mercato alle guide turistiche comunitarie - a prescindere da qualsiasi verifica circa la specifica conoscenza del patrimonio storico-artistico e culturale del nostro Paese - è suscettibile di determinare non solo gravissime conseguenze di carattere economico per le guide turistiche, ma mette anche a serio rischio le esigenze di tutela del turista-consumatore e quelle legate ad una corretta conoscenza del nostro patrimonio storico-artistico;
a ciò bisogna aggiungere che vi è la diffusa convinzione tra gli operatori stranieri
del settore che l'esercizio della attività di guida turistica in Italia sia ormai libera e possa essere effettuata anche dai semplici accompagnatori, come da tempo si aspira da parte dei nostri concorrenti a scapito del turismo italiano;
l'Associazione nazionale guide turistiche ha segnalato come alcuni tour operator stranieri abbiano per tali motivi disdetto in massa a guide turistiche abilitate l'affidamento dei relativi servizi da effettuarsi nei viaggi in Italia, programmati in serie e promossi anche via internet;
la situazione che si sta determinando mette in grave crisi un settore come il turismo «prima industria italiana» che dovrebbe costituire - come affermato da autorevoli esponenti del Governo - la base delle stesse prospettive di ripresa e sviluppo economico del nostro Paese -:
se il Governo sia a conoscenza della situazione sopra descritta ed in quale misura;
quali interventi intenda adottare per garantire una corretta ed uniforme applicazione della normativa in materia di guide turistiche, con particolare riferimento all'opportunità di diramare chiare ed inequivoche indicazioni alle Regioni - anche mediante l'emanazione delle linee-guida previste dalla legge n. 135 del 2001 - e di darne un'adeguata diffusione agli operatori turistici provenienti da altri Stati membri dell'Unione Europea;
se non ritenga opportuno modificare, sempre nel rispetto dei principi comunitari, la disciplina di cui all'articolo 10, comma 4, ultimo periodo, della legge n. 40 del 2007, nel senso di prevedere anche per gli operatori comunitari l'obbligo di una verifica legata alla specifica conoscenza del patrimonio storico-artistico italiano.
(4-05364)
LONGHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della difesa. - Per sapere - considerato che:
il Tribunale Militare della Spezia riveste un ruolo di grande importanza in quanto depositario delle indagini atte a far luce sulle stragi nazi-fasciste che provocarono la morte di migliaia di civili durante la seconda guerra mondiale;
grazie all'azione dei Magistrati Militari della Spezia, negli ultimi anni, si è potuto riscattare la memoria delle vittime, le cui vicende sono state insabbiate nel famoso «Armadio della Vergogna»;
tale Tribunale rischia ora, la soppressione, provocando di fatto l'interruzione delle indagini in corso e dei relativi processi sulle stragi nazi-fasciste;
tale soppressione dovrebbe avvenire, assieme alle Procure Militari, in base all'articolo 77 (contenimento dei costi della giustizia militare) a partire dal 2008;
tale provvedimento, che prende origine dalla riduzione del numero di reati conseguenti alla riforma della leva e all'abolizione dei coscritti, sarebbe applicato anche al Tribunale e alla Procura spezzina, che in questi anni, hanno operato per rimediare a una ferita giuridica che colpisce la memoria e la dignità dello Stato italiano;
tra il 1943 e il 1945 vennero massacrati dalle truppe nazi-fasciste più di quindicimila civili, in maggioranza donne e bambini, e i fascicoli riguardanti tali crimini furono sepolti nell'«Armadio della Vergogna» presso la sede della Procura Militare di Roma, dove fu rinvenuto casualmente nel 1994;
su 695 fascicoli riguardanti le stragi nazi-fasciste, contenuti in tale armadio, ben 214 sono stati assegnati al Tribunale della Spezia -:
se non si ritenga, di assumere iniziative affinché il Tribunale e la Procura Militare della Spezia non rientrino negli enti da sopprimere in base all'articolo 77, consentendo così la conclusione dei processi relativi alle stragi nazi-fasciste;
se non sia logica, nella città della Spezia, la presenza di un Tribunale Militare,
in quanto sede storica di importanti presidi militari, a partire dalla Base Navale e dall'Arsenale.
(4-05377)
FABRIS. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in data 20 luglio 2006 l'Assemblea degli Azionisti dell'Anas SpA ha nominato membro del Consiglio di Amministrazione dell'Anas l'Avvocato Sergio Scicchitano, già avvocato dell'onorevole Antonio Di Pietro, nonché liquidatore giudiziale di C.P. Federconsorzi, presidente di Lazio Service SpA e coadiutore giudiziario dell'amministrazione straordinaria del Gruppo Cirio;
in data 19 settembre 2006, il medesimo Avvocato Scicchitano veniva chiamato ad assumere la qualità di arbitro Anas nella causa instaurata dalla Asfalti Sintex SpA contro l'Anas;
non risulta che l'Avvocato Scicchitano si sia dimesso dalla carica di Consigliere di amministrazione dell'Anas a seguito della costituzione del collegio arbitrale nella causa «Asfalti Sintex»;
secondo quanto contenuto in una lettera spedita nei giorni scorsi dal Presidente dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici al Ministro per le infrastrutture, dall'inizio di luglio 2005 fino a giugno 2007, quindi in appena due anni, lo Stato ha vinto soltanto 15 cause, rimesse ad un collegio arbitrale, su 279, risultando soccombente, quindi, nel 94,6 per cento dei casi;
dal 2005 a oggi, inoltre, lo Stato ha dovuto pagare, per le cause perse, oltre 715 milioni di euro, di cui 50 milioni per i compensi dei collegi arbitrali;
nell'articolo 86 del disegno di legge finanziaria per il 2008, il Governo ha previsto il divieto per le amministrazioni pubbliche di ricorrere ad arbitrati;
lo stesso Ministro per le infrastrutture, nel corso di un'intervista riportata dal Sole 24 Ore del 7 settembre 2007, aveva annunciato il previsto inserimento nella legge finanziaria dell'abolizione totale del sistema degli arbitrati nelle opere pubbliche -:
se il Presidente del Consiglio non ritenga quanto meno inopportuno il comportamento del Ministro delle infrastrutture, onorevole Antonio Di Pietro, segnatamente nel perseguire una politica di moralizzazione della Pubblica Amministrazione e al medesimo tempo scegliere il proprio avvocato come consigliere per il Cda dell'Anas e come componente Anas nei collegi arbitrali in cui la Società stessa è coinvolta;
quali provvedimenti il Presidente del Consiglio intenda assumere, alla luce di quanto descritto nella presente interrogazione, al fine di evitare spiacevoli situazioni di conflitto di interessi come quella sopra segnalata.
(4-05387)
GIANFRANCO CONTE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con legge 20 ottobre 1990, n. 302, così come modificata dalla legge 23 novembre 1998, n. 407, sono stati disposti particolari benefici in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata nonché in favore dei loro superstiti;
tali misure, adottate sullo sfondo di una lunga e sanguinosa stagione nel corso della quale il terrorismo e la criminalità organizzata avevano sferrato un attacco durissimo al Paese e alle sue istituzioni, costituivano la risposta del Parlamento alle giuste istanze di quanti - rappresentanti delle istituzioni, personalità del mondo produttivo, sociale e culturale, ma anche semplici cittadini - avevano pagato un tributo altissimo in termini di sofferenza fisica e morale;
da ultimo, nell'intento di offrire alle vittime e ai loro familiari, anche superstiti, strumenti più adeguati di tutela e di sostegno, è stata approvata nella scorsa legislatura la legge 3 agosto 2004, n. 206, la quale ha disposto - accanto a quelli già
previsti - benefici economici, fiscali, assistenziali, pensionistici e previdenziali anche in deroga alle norme previste nei singoli ordinamenti;
tuttavia occorre rilevare che in sede di attuazione della citata normativa sono emersi profili di non puntuale applicazione, in particolare, per quanto riguarda le singole amministrazioni competenti ad una attuazione omogenea delle norme in parola;
è il caso di quanto disposto ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della citata legge n. 407 del 1998, relativamente all'attribuzione in favore dei superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, aventi diritto alla pensione di reversibilità, di due annualità del trattamento pensionistico previsto;
al riguardo sono stati segnalati casi, documentati da una fitta corrispondenza fra le amministrazioni interessate, in cui a distanza di anni dall'evento luttuoso ai familiari aventi causa non è stato ancora riconosciuto il predetto beneficio e questo in virtù di un grottesco quanto inaccettabile rinvio tra le amministrazioni coinvolte delle competenze in materia;
ad oggi, quanto disposto dall'articolo 2, comma 3, della legge 23 novembre 1998, n. 407 risulta integralmente disatteso dal momento che - in base anche a quanto accertato presso gli uffici della Direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze, Area I «Speciali elargizioni alle vittime del terrorismo e della criminalità di tipo mafioso» del Ministero dell'interno - nessun pagamento ai sensi della citata normativa è mai stato effettuato;
la presenza di oggettive difficoltà attuative della illustrata normativa è testimoniata, altresì, dall'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale con direttiva 27 luglio 2007, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 2 agosto 2007 - Serie generale, ha richiamato i Ministeri più direttamente coinvolti a comportamenti, di fatto più responsabili, avocando alla Presidenza del Consiglio dei Ministri stessa una funzione di coordinamento fra i diversi dicasteri -:
quali iniziative il Ministro dell'interno intenda adottare per la tempestiva erogazione dei benefici ai soggetti aventi diritto ai sensi di precise norme di legge e per la semplificazione degli adempimenti burocratici correlati, in quanto questi ritardi ed inadempienze sono del tutto inaccettabili;
quali tempestive iniziative intenda porre in essere il Presidente del Consiglio dei Ministri al fine di realizzare l'attività di coordinamento legislativo ed amministrativo sulla citata disciplina, altrimenti non avrebbe senso la predetta avocazione.
(4-05395)