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Allegato B
Seduta n. 235 del 5/11/2007
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LAVORO E PREVIDENZA SOCIALE
Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere - premesso che:
la tassazione delle pensioni dei cittadini italiani residenti in Francia è regolata dalla convenzione bilaterale ratificata
con la legge n. 20 del 7 gennaio 1992, che all'articolo 18 ha previsto:
1. Fatte salve le disposizioni del paragrafo 2 dell'articolo 19 (pensioni pubbliche, dello Stato, enti locali, eccetera) le pensioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato.
2. Nonostante le disposizioni del paragrafo 1, le pensioni ed altre somme pagate in applicazione della legislazione sulla sicurezza sociale di uno Stato, sono imponibili in detto Stato;
a seguito di questa normativa, con circolare n. 176 del 14 settembre 1999 (punto 3.1), l'INPS comunica che la nuova convenzione (quella succitata del 1992) modifica la precedente, prevedendo la tassazione nel paese di residenza fatte salve (confrontare par. 2) le pensioni corrisposte in applicazione della legislazione sulla «sicurezza sociale», che sarebbero tassate nel paese erogatore. Su questo termine di sicurezza sociale a detta dell'INPS vi sarebbe stato un contenzioso interpretativo per cui la circolare preannunciava (stanti le previsioni del Ministero delle finanze) un accordo amichevole tale da far prevedere il ritorno generale alla tassazione, non nel paese di residenza, ma nel paese di erogazione;
nella previsione di poter scomputare in sede di dichiarazione dei redditi francese le tasse trattenute dall'INPS sulle pensioni italiane, l'INPS ha diramato l'istruzione di procedere alla tassazione in Italia e, facendosi riserva di ulteriori istruzioni, interessava le sedi a tenere le domande in apposita evidenza;
dal 1999, prima disposizione risultante dopo la convenzione del 1992, non consegue nessuna diversa indicazione, mentre nei fatti le sedi INPS provvedono alla regolare tassazione italiana respingendo le richieste di detassazione prodotte dai connazionali residenti in Francia, al contrario di come avviene in genere per gli altri Stati;
si osserva, inoltre, che anche con la dichiarazione dei redditi francesi, in base alle norme di quel paese, il credito di imposta che viene accordato a seguito della indicazione del reddito derivante dalla pensione italiana (e della conseguente ritenuta) risulta molto inferiore alla ritenuta stessa effettuata dall'Italia. In sostanza si viene a verificare una sorta di doppia imposizione, o comunque una imposizione che almeno in parte si sovrappone. Detto in altri termini, la dichiarazione della pensione italiana in Francia non consente di recuperare dal fisco francese l'equivalente della ritenuta effettuata in Italia;
il contrasto normativo indicato circa l'interpretazione del sopra illustrato paragrafo 2 non sembra per niente fondato. Se la nuova norma - a differenza della precedente - stabilisce al paragrafo 1 la regola generale (che vale per la maggior parte degli Stati convenzionati) per cui le pensioni pagate ad un residente di uno Stato in relazione ad un cessato impiego sono imponibili soltanto in questo Stato, bisogna capire a chi si applica questa regola generale. Perché, secondo il comportamento dell'INPS, nei fatti questa regola generale non si applica a nessuno;
la terminologia generica per cui le pensioni e le altre somme erogate in applicazione della «legislazione sulla sicurezza sociale» (non la legislazione relativa al settore delle previdenziale o pensionistico) non può che indicare prestazioni diverse da quelle pensionistiche del settore privato;
d'altra parte la stessa Agenzia delle Entrate con circolare n. 41/E del 2003 (anche se non riferita alla Francia, ma per lo più agli stati scandinavi che hanno un sistema di sicurezza sociale basato su parametri anche diversi dall'accantonamento contributivo) ha comunque avuto modo di affermare che per somme pagate nell'ambito di un sistema di sicurezza sociale, conformemente all'attuale Commentario all'articolo 18 del Modello OCSE, si intendono le prestazioni garantite dallo
Stato, al fine di perseguire obiettivi generali di solidarietà, a coloro che versano in una situazione ritenuta dalla legge meritevole di tutela (ad esempio pensioni sociali ai soggetti privi di copertura previdenziali, eccetera);
occorre inoltre considerare che le istruzioni al Modello Unico PF sin dall'anno 2000 riportano la seguente indicazione: «Le pensioni private francesi (quelle dei lavoratori dipendenti privati) sono tassate, secondo una regola generale, solo in Italia ...», per cui, nella situazione speculare, non si vede perché l'INPS non debba consentire un comportamento analogo per le pensioni private italiane in Francia -:
se, stante il lasso di tempo trascorso nella incertezza, non sia giunto il momento di emanare disposizioni certe raccordate tra l'INPS e l'Agenzia delle Entrate, considerando per altro il danno già prodotto da tassazione indebita per il cui recupero vi sono delle prescrizioni;
se si condivida, che le indicazioni, stanti le premesse illustrate, non debbano essere nella direzione di interpretare la convenzione bilaterale con la Francia alla stessa stregua della generalità degli altri Stati con la possibilità di detassazione delle pensioni erogate dall'INPS ai connazionali residenti in Francia, consentendo agli stessi, in virtù della loro residenza, di fruire appieno delle norme dello Stato nel quale vivono che sono più favorevoli di quelle italiane (si veda l'impossibilità di recuperare le maggiori somme trattenute sulle pensioni italiane);
se non si intenda dare seguito urgente, per i cittadini italiani residenti in Francia come pure per la generalità dei cittadini italiani residenti all'estero, alla attuazione delle norme contenute nel comma 1234, articolo unico, della finanziaria 2007 che ha previsto il diritto alle detrazioni d'imposta per i familiari a carico previa presentazione di documentazione probante la loro situazione reddituale da definire con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che non risulta ancora emanato, ciò in quanto se vi dovesse essere tassazione legittima in Italia, al danno non dovrebbe conseguire la beffa di non essere equiparati nelle detrazioni d'imposta almeno ai cittadini italiani residenti in Italia per mancata attuazione di un dispositivo legislativo pur utilmente introdotto dalla legge finanziaria.
(2-00814)
«Narducci, Gianni Farina, Bafile, Fedi, Bucchino, Benvenuto, Benzoni, Betta, Barbi, De Biasi, Gambescia, Froner, Allam Khaled Fouad, Crisci, Attili, Morri, De Brasi, Vincenzo De Luca, Olivieri, Amendola, Intrieri, Cesario, Iannuzzi, Ghizzoni, Migliori, Incostante, Marcenaro, Sanga, Pertoldi, Bellanova, Fiorio, Lovelli, Mattarella, Musi, Maran, Tessitore, Testa, Duilio, Raiti, Forlani, Lucà, Marino».
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
Unilever Italia S.r.l., divisione Ice Cream & Frozen Food di Unilever Italia (gelati e surgelati), è parte del gruppo multinazionale Unilever, uno dei più grandi produttori mondiali di beni di largo consumo (alimenti, detersivi e cosmetici). La divisione, con sede amministrativa a Roma, si occupa da cinquant'anni di prodotti alimentari che, con i marchi Findus e Algida, si sono affermati sul mercato come leader assoluti nei settori dei gelati e dei surgelati. Opera in Italia con tre unità produttive, Cisterna di Latina (Latina), Caivano (Napoli) e Cagliari, e una rete distributiva presente su tutto il territorio nazionale;
in data 21 settembre 2007 la multinazionale Unilever, proprietaria dello stabilimento per la produzione di gelati sito a Cagliari nel viale Marconi, ha comunicato alle Organizzazioni Sindacali di categoria,
alla presenza dei responsabili dell'Associazione degli Industriali di Cagliari, la chiusura al 31 dicembre di quest'anno dello stabilimento cittadino, annunciando l'apertura delle procedure di mobilità, seguendo una riorganizzazione complessiva del gruppo a livello mondiale ed europeo, secondo un nuovo modello organizzativo, denominato «One Unilever», che prevede appunto, una razionalizzazione della struttura organizzativa coordinata da un solo Amministratore Delegato in ogni paese europeo, che ha il compito di gestire e coordinare tutto il business Unilever;
è da oltre nove mesi che i lavoratori difendono questa importante realtà produttiva del nostro territorio, attraverso numerose iniziative a carattere provinciale, regionale e nazionale a sostegno della vertenza. Oltre a diversi tavoli formali e informali con l'assessore regionale dell'Industria e una delegazione RSU dei lavoratori dell'Unilever e dei sindacati territoriali, in data 4 aprile 2007, alla presenza del Sottosegretario onorevole Alfonso Gianni, è stato aperto un tavolo a livello nazionale con il Ministero delle Attività Produttive, l'Assessore al Lavoro della Regione Sardegna, i rappresentanti dell'Unilever accompagnati dai rappresentanti di Confindustria di Cagliari e Roma, le rappresentanze sindacali nazionali e territoriali della FLAI-CGIL, FAI-CISL e UILA-UIL accompagnate dalle RSU. Il giorno 5 giugno 2007 si è avuta poi una giornata di mobilitazione di fronte al palazzo della Regione in Viale Trento a Cagliari;
lo stabilimento di Cagliari grazie ad un'organizzazione molto semplice e ad un impianto pilota d'avanguardia ha assunto anche il ruolo di fabbrica specializzata nei test di sviluppo di buona parte dei gelati prodotti con il marchio Algida. La produzione è destinata in buona parte al mercato nazionale ed europeo e solo per il 4 per cento è destinata al mercato regionale. Con l'introduzione delle metodologie di gestione TPM (Total Productive Maintenance, che prevede la gestione condivisa delle attività giornaliere, tecniche e operative; la divulgazione e l'aumento delle conoscenze, l'eliminazione dei problemi e delle perdite; la sicurezza e la salute dell'ambiente di lavoro, la gestione della qualità e del miglioramento continuo), nel corso dell'anno 2000, la fabbrica di Cagliari si è posta a pieno titolo come fabbrica di punta del gruppo Unilever;
nell'impianto cagliaritano sono impiegati circa 200 lavoratori in tre turni giornalieri, ottanta sono lavoratori a tempo indeterminato, tra operai e impiegati, 26 part-time, decine di stagionali. Una forza lavoro altamente qualificata, con un bassissimo tasso di assenteismo, confermato al 2,6 per cento, che ha permesso alla fabbrica di assumere un ruolo pilota nella sperimentazione di prodotti di nicchia. L'incremento del rendimento produttivo è salito dal 87,4 per cento nel 2001 al 91,80 per cento nel 2006, raggiungendo così il miglior premio per obbiettivi. Nel 2006 lo stabilimento sardo ha prodotto ben 133 milioni di pezzi, otto milioni in più di quanto previsto dal piano aziendale, vincendo un premio internazionale per la qualità totale e la cultura del miglioramento continuo e per il 2007 sono stati confermati almeno 13,7 milioni di litri di produzione. Proprio le dimensioni ridotte dello stabilimento e la flessibilità nell'impiego delle maestranze, hanno sempre rappresentato un suo punto di forza e, con l'aumentata capacità produttiva e il continuo aggiornamento tecnologico degli impianti, lo stabilimento di Cagliari si è saputo ritagliare un ruolo da protagonista nel difficile mercato dei gelati;
sottolineando, appunto, i sacrifici dei lavoratori per corrispondere alle reiterate sollecitazioni della società per la riduzione dei costi di produzione, attraverso l'applicazione di criteri di flessibilità nell'organizzazione del lavoro e l'attivazione di procedure di mobilità che hanno coinvolto 60 addetti, la scelta della multinazionale anglo-olandese più che da cause economiche dipende, quindi, da fattori di geopolitica e strettamente economici;
l'equilibrio tra la necessità di produrre utili ed un comportamento aziendale responsabile, nonché l'attenzione all'impatto e ai costi che il fare impresa oggi comporta, sono stati da sempre i principi cardine dell'Unilever, che si è saputa distinguere nei mercati di tutto il mondo per l'eccellente capacità imprenditoriale accompagnata da un genuino spirito sociale. Politiche che hanno permesso all'azienda di rispondere alle sfide del nuovo mercato in maniera più responsabile e più consapevole, mettendo in atto una serie di strategie volte a potenziare il rapporto con il territorio e di essere profondamente radicata nella cultura locale;
l'impegno dell'Unilever, tenuto conto del contesto sociale che connota l'impianto di Cagliari, va orientato a promuovere il recupero industriale del sito;
non è chiaro il vincolo posto dall'Azienda, secondo cui i candidati all'acquisto dello stabilimento sardo non debbano produrre gelati. Una condizione dettata dalla volontà del colosso anglo-olandese di non perdere quote di mercato lasciandole alla concorrenza, ma che rappresenta una grave limitazione che condizionerà in modo negativo la vendita almeno su tre aspetti: è difficile determinare il numero dei possibili acquirenti e gli stessi requisiti; non si conosce cosa si produrrà nello stabilimento da gennaio; sono a rischio le professionalità dei lavoratori che potrebbero essere disperse se l'acquirente dovesse avere un'altra vocazione;
va considerata la frustrazione che stanno vivendo i lavoratori e le loro famiglie che, con un altissimo senso di responsabilità mantenuto a fatica negli ultimi tempi, fra circa due mesi resteranno senza lavoro e andranno a rinforzare la numerosa schiera di disoccupati che registra l'area cagliaritana -:
quali iniziative, eventualmente, intendano assumere per scongiurare la chiusura dello stabilimento;
se non si ritenga opportuno intervenire presso l'azienda per ottenere un chiarimento in merito alla situazione dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato destinati a risolversi nei prossimi mesi e dei part-time al quale proprio in questi giorni scade il programma triennale che avrebbe dovuto portarli all'assunzione a tempo indeterminato e convocare a tal proposito un tavolo tecnico operativo con la partecipazione della Unilever Italia, della Regione Sardegna, della Provincia e del Comune di Cagliari;
se esistano previsioni e condizioni di riconversione industriale, ed eventualmente conoscerle e se intenda chiedere all'azienda garanzie sul mantenimento dei livelli occupativi, essendo fondato il timore dei ridimensionamento degli organici.
(2-00815)
«Schirru, Sanna, Fadda, Quartiani».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
SCHIRRU, SANNA, FADDA e SORO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
le leggi n. 9 del 12 luglio 2001 e n. 10 del 13 ottobre 2003 della Regione Sardegna, anche in conformità alla volontà espressa con referendum dai sardi, hanno ridisegnato gli ambiti territoriali delle otto circoscrizioni provinciali e di conseguenza la Provincia di Oristano ha assunto una nuova conformazione che comprende, in aggiunta, i comuni di Bosa, Flussio, Magomadas, Modolo, Montresta, Sagama, Suni, Tinnura, appartenenti all'area della Planargia e Laconi e Genoni del territorio del Sarcidano con un incremento della popolazione di circa 15.000 abitanti;
a tutt'oggi i cittadini di quei comuni vivono una situazione che si può definire di «spaesamento istituzionale»: per alcuni adempimenti devono fare riferimento alla vecchie conformazioni territoriali provinciali e per altri alla nuova, con considerevoli disagi oltre che costi economici e sociali;
questa situazione rende urgente e non più procrastinabile l'effettivo ingresso di questi comuni nella provincia di Oristano mettendo in condizioni tutte le Istituzioni Pubbliche di fornire i propri servizi ai cittadini-utenti dei territori entrati a far parte della provincia per i quali è necessario salvaguardare i diritti di cittadinanza;
a tal proposito, tra le Istituzioni Pubbliche, si sottolinea la situazione che sta caratterizzando l'Inps, istituzione che svolge un ruolo primario ed essenziale nel tessuto sociale: i cittadini-utenti devono, ancora oggi, rivolgersi alla Direzione Provinciale Inps di Nuoro e di Cagliari per avere risposte alle loro istanze. In tal senso il Consiglio di Amministrazione dell'Inps si era già espresso con le delibere n. 155 dell'11 maggio 2005 e n. 21 del 25 gennaio 2006 con le quali sono state istituite le nuove Direzioni Provinciali e conseguentemente ridefiniti gli ambiti territoriali di quelle esistenti;
si reputa quindi, non più rinviabile l'attivazione dello scorporo degli archivi informatici e fisici dell'Inps trasferendoli presso la Sede Provinciale di Oristano perché sia la stessa a definire le istanze di quei cittadini.
considerato inoltre che si tratta di una zona caratterizzata da una frammentata densità di popolazione e da una penalizzante distanza chilometrica dai punti nevralgici, l'istituzione di un'Agenzia Inps nel territorio della Planargia e del Sarcidano consentirebbe ai cittadini di superare il problema della distanza chilometrica dalle altre strutture Inps, con riduzione del disagio, anche economico, per l'inadeguatezza dei collegamenti viari e del servizio di trasporto pubblico -:
quali motivazioni, visto il tempo trascorso dal referendum con cui la popolazione ha scelto di far parte della Provincia oristanese, abbiano impedito:
l'avvio dello scorporo degli archivi fisici e informatici dalla Sede Provinciale Inps di Nuoro per gli utenti dei comuni della Planargia e dalla Sede Provinciale Inps di Cagliari per quelli del Sarcidano e il conseguente trasferimento degli stessi presso la Direzione Provinciale Inps di Oristano e l'attivazione delle misure tecniche e organizzative necessarie alla ricezione e trattazione delle istanze da parte della stessa Sede;
l'apertura di un'agenzia Inps presso il comune di Bosa, analoga per competenze e struttura organizzativa a quelle già funzionanti in Sardegna, con ambito operativo sui comuni della Planargia.
(5-01689)
BURGIO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
Poste Italiane, la più importante azienda postale italiana, è una società per azioni il cui azionista di maggioranza è lo Stato Italiano;
il 13 febbraio 2001 Emanuela Strussiat viene assunta, con un contratto trimestrale, presso l'Ufficio postale di Cervignano del Friuli, in provincia di Udine, con la mansione di portalettere, riconducibile al livello professionale D di cui al Ccnl dell'11 luglio 2003;
scaduto il contratto, Emanuela Strussiat viene riassunta con un contratto trimestrale nel febbraio 2002 e infine, con un contratto trimestrale dall'ottobre 2002 a 31 dicembre 2002;
alla fine dell'ottobre del 2002 la signora Strussiat, insieme a diverse sue colleghe, aderisce al ricorso presentato presso il Tribunale di Udine dalle organizzazioni sindacali avverso Poste Italiane perché, in presenza di un aumento di carichi di lavoro tale da richiedere a Poste Italiane l'assunzione di nuovi lavoratori, Poste Italiane aveva preferito assumere (tra il maggio 2001 e il febbraio 2002 e tra il maggio 2002 e l'ottobre 2002) con contratti a tempo determinato altri lavoratori
rispetto a quegli stessi con i quali già in un passato prossimo aveva stipulato contratti di lavoro;
nel dicembre 2002 la Cisl territoriale prospetta ai ricorsisti la possibilità che si giunga ad una conciliazione tra le parti che preveda la rinuncia da parte delle lavoratrici degli arretrati spettanti ma anche l'assunzione immediata di tutte con contratto a tempo indeterminato;
alcuni ricorsisti danno la loro approvazione verbale alla conciliazione, a patto che l'assunzione sia immediata, tale cioè da non produrre arretrati consistenti;
in sede di conciliazione tra le parti, avvenuta in data 8 gennaio 2003, l'azienda rifiuta le richieste compromissorie proposte dalle Organizzazioni Sindacali;
il 23 marzo 2006 il Tribunale di Udine, con la sentenza n. 134 (ultima di una serie di sentenze dallo stesso esito), accoglie le richieste della sig.ra Strussiat e le comunica il ripristino del rapporto di lavoro con contratto a tempo indeterminato;
diverse lavoratrici, le cui richieste di ripristino dei contratti di lavoro erano state accolte dal Tribunale, in una seconda presentazione dal giudice (che per Emanuela Strussiat è fissata per il 3 aprile 2008) hanno ottenuto, nei mesi scorsi, anche gli arretrati spettanti;
risulta agli interroganti che Poste Italiane, in data 13 gennaio 2006 (posteriormente, quindi, ad alcune sentenze riguardanti alcune delle colleghe di Emanuela Strussiat) abbia stipulato un accordo con i sindacati confederali che decreta il ripristino immediato di tutti i contratti a tempo determinato riammessi in servizio in virtù di un provvedimento giudiziale a fronte della preventiva rinuncia di arretrati percepiti, anzianità accumulata, possibilità di azioni legali collegate, rivendicazioni in merito alla destinazione lavorativa decisa dall'azienda;
ai fini previdenziali, in virtù dell'accordo tra Poste e sindacati, gli arretrati risultano effettivamente restituiti, con ciò comportando la non esigibilità, da parte di Emanuela Strussiat - a quanto risulta da una lettera che la sede di Cervignano dell'Inps ha scritto alla signora il 26 aprile 2007-, dell'indennità di disoccupazione -:
quale sia il giudizio dei Ministri interrogati sul fatto in parola;
se i Ministri in indirizzo ritengano corretto che, a causa della mancata conciliazione con le Poste nel gennaio 2003, Emanuela Strussiat debba perdere gli arretrati che nel tempo ha maturato e non possa esigere, a causa dell'accordo tra Poste e sindacati confederali, ciò che il Tribunale di Udine ha stabilito.
(5-01694)
Interrogazioni a risposta scritta:
MISIANI e SANGA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 2 ottobre la società Linificio e Canapificio Nazionale, controllata dal Gruppo Marzotto, ha annunciato un piano di riorganizzazione che comporterà la chiusura della produzione nello stabilimento di Fara Gera d'Adda (Bergamo), e il dimezzamento dell'attività di filatura a Villa d'Almé (Bergamo), concentrando la produzione sui titoli di alta qualità. La società, che è presente anche in Tunisia e in Lituania, ha messo in relazione il ridimensionamento delle attività produttive con la contrazione dei consumi e il brusco incremento delle importazioni dalla Cina e dall'Est;
gli interventi di riorganizzazione negli impianti situati in Provincia di Bergamo comportano l'esubero di 147 occupati, in larga prevalenza donne: 35 su 55 a Fara Gera d'Adda e 112 su 200 a Villa d'Almé, realtà dove sono in scadenza contratti di solidarietà. La riorganizzazione coinvolge anche 96 dipendenti dello stabilimento di Fossalta di Portogruaro, terza
realtà italiana del Linificio. Nel complesso sono a rischio 243 posti di lavoro su un totale di 571 del gruppo;
le organizzazioni sindacali hanno espresso netta contrarietà nei confronti del piano industriale della società, proclamando due giornate di sciopero e richiedendo il ricorso agli ammortizzatori sociali e interventi di ricollocazione del personale in esubero;
la provincia di Bergamo e il Comune di Villa d'Almé hanno promosso un tavolo permanente sulla crisi del Linificio e Canapificio Nazionale -:
quali iniziative intendano assumere per tutelare i lavoratori e le lavoratrici del Linificio e Canapificio nazionale, con particolare riferimento all'attivazione di adeguati ammortizzatori sociali e programmi di ricollocazione occupazionale.
(4-05488)
PICCHI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
a partire dal 1o giugno 2009 i lavoratori frontalieri italiani in Svizzera saranno soggetti alla trattenuta, in busta paga, dell'Indennità Speciale di Disoccupazione da parte della Svizzera;
la legge 5 giugno 1997 n. 147 «Norme in materia di trattamenti speciali di disoccupazione in favore dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera rimasti disoccupati a seguito della cessazione del rapporto di lavoro» prevede che gli importi trattenuti ai lavoratori come dell'Indennità Speciale di Disoccupazione siano retrocessi dalla Svizzera e contribuiscano ad una gestione con contabilità separata dell'INPS che poi provvederà ad erogare le somme ai frontalieri rimasti disoccupati;
nell'audizione al Comitato permanente per gli Italiani all'estero è emersa l'esigenza da parte delle organizzazioni sindacali di rinegoziare con la Svizzera la materia dei lavoratori frontalieri italiani così come anche i rapporti di lavoro con San Marino e il principato di Monaco -:
quale sia ad oggi la consistenza economica della gestione della contabilità separata INPS prevista dalla legge 147/97;
se la gestione della contabilità separata INPS sia per l'esclusivo utilizzo dell'indennità di disoccupazione e se essa sopravviva all'accordo tra Italia e Svizzera reso esecutivo con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1980, n. 90;
quali ulteriori azioni saranno intraprese per garantire un trattamento non discriminatorio dei lavoratori italiani frontalieri non solo in Svizzera ma anche negli altri paesi confinanti.
(4-05491)
EVANGELISTI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
con il termine Call center si intende un'organizzazione che svolge, all'interno di aziende ed enti o all'esterno, servizi di interazione mediante telefono e/o altri media (tipo fax, e-mail, ed internet) con clienti e/o utenti, in modo strutturato;
le diverse tipologie di CC, caratterizzate da differenti modelli di organizzazione del lavoro e di utilizzo della flessibilità influiscono notevolmente sulle condizioni di lavoro;
spesso non si tratta di un semplice centralino che risponde automaticamente e smista le chiamate, ma di una interfaccia umana multifunzionale basata su strumenti di comunicazione altamente tecnologici in cui gli operatori sono veri e propri consulenti telefonici in grado di comprendere le necessità degli utenti e di guidarli verso la soluzione migliore per i loro problemi, il tutto con il dovere e l'onere di rappresentare l'azienda da cui dipendono e per la quale svolgono il servizio;
il CC diventa così il «nodo di comunicazione» che, da un lato, ha la funzione più duratura a comunicare con il cliente, non solo per assisterlo, ma anche per mantenerlo (customer retention), e, dall'altro, permettendo, attraverso l'elaborazione
delle informazioni, di conoscere meglio i desideri e le esigenze della clientela consente di migliorare i servizi ed i prodotti;
i Call Center sono il fulcro delle nuove aziende «tecnologiche» attorno ai quali è plasmata tutta l'organizzazione aziendale;
quello dei Call Center è un business in rapida espansione nel mondo della new economy: quest'ultima, nella fattispecie, si dimostra capace di riproporre, così, un modello di lavoro simile a quello delle vecchie catene di montaggio che in tempi di liberismo sfrenato e di rinuncia a pensare politiche di tutela del lavoro, diventano, a parere dell'interrogante, nuove forme di schiavitù;
l'attività dei Call Center è caratterizzata dalla ripetitività e dall'elevato carico di lavoro che oltre a generare elevati livelli di stress concorrono a determinare una sorta di isolamento sociale degli operatori;
i rapporti di lavoro all'interno dei Call Center sono precari e spesso determinano una condizione di ricatto per il dipendente: si va dall'uso massiccio di contratti a termine, di formazione lavoro, part time, interinali, ai contratti di collaborazione a partita IVA, dove il dipendente non è un lavoratore subordinato, ma «autonomo», e perciò con zero diritti e tanti doveri;
in seguito ai contratti di lavoro e agli accordi siglati dalle organizzazioni sindacali nazionali, prima vengono le «esigenze aziendali» e la vita privata viene in secondo piano, i tempi sono scanditi dai tempi aziendali e gli orari si indirizzano sempre di più verso le 24 ore su 24 e i 7 giorni su 7, con turni massacranti;
caratteristiche del lavoro dei Call Center, quali: precarietà, numero elevato di compiti per unità di tempo, costante controllo, turni e lavoro notturno, ripetitività, scarsa consapevolezza della propria attività, rumore ambientale rapporti con i capi e insoddisfazione, sono cause del sorgere di situazioni di elevato stress, il cui insorgere è, peraltro, subdolo e insidioso;
la situazione sopra descritta riproduce anche lo scenario che si ravvisa nei Call Center di Telecom Italia: in primis il 187 che sicuramente è il più famoso «numero fatto di persone» ed ha già alle spalle una importante esperienza di lotta, organizzata negli scioperi promossi dal sindacato di base FLMU-CUB negli ultimi tempi, contro la nuova estensione di turni, introdotta tramite un (troppo) celere, specifico accordo tra Azienda e Sindacati Confederati -:
se il Ministro, nell'ambito delle proprie competenze, non ritenga di dover promuovere un nuovo impulso al mondo dei lavoro aiutando i giovani a crearsi un futuro stabile e per quanto riguarda specificatamente i Call Center non reputi necessario avviare e portare avanti un progetto a loro favore, che miri alla limitazione dell'utilizzazione del lavoro precario, a una riduzione dell'orario di lavoro e a turni legati alla reale necessità del servizio, nel rispetto delle normative di salute e di sicurezza;
se non reputi opportuno, di conseguenza, estendere le «clausole di salvaguardia» per tutte le categorie di lavoratori, al fine di offrire tutele, diritti e stabilità ai migliaia di lavoratori precari che operano nei Call Center.
(4-05504)