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Allegato B
Seduta n. 235 del 5/11/2007
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AFFARI ESTERI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
il 15 giugno 2007 a Tuzla, una delle maggiori città della Bosnia-Erzegovina è circolata la notizia, poi confermata dalla stampa locale, che un Tribunale serbo aveva emesso un mandato di cattura e d'estradizione internazionale, via Interpol, per tre cittadini di Tuzla;
alcuni giorni prima era stato arrestato a Belgrado, durante uno scalo all'aeroporto, Ilija Jurišic, ex presidente del Consiglio comunale della città, che a tutt'oggi non risulta essere stato ancora rilasciato;
insieme a Enver Delibegovic e Budimir Nikolic il mandato di cattura ha riguardato anche l'ex sindaco di Tuzla, Sélim Bešlagic, oggi parlamentare della Federazione della Bosnia-Erzegovina, accusato di «crimini di guerra» per un fatto collegato all'inizio del conflitto, quando, il 15 maggio 1992, una colonna della JNA (l'allora esercito jugoslavo), che fino a quel momento aveva occupato la maggior parte della Bosnia-Erzegovina, era stata invitata a lasciare la città che aveva deciso di opporsi alla guerra di conquista da parte delle milizie serbe, sostenuta da Slobodan Miloševic;
nell'accusa si sostiene che la colonna disarmata era stata attaccata e che furono uccisi circa 200 soldati. Già nel 1993 la magistratura di Miloševic aveva avviato questa iniziativa. L'accusa promossa dalla polizia di guerra di Karadzic, era stata fatta propria dalla polizia di tutti i presidenti della Republika Srpska, fino a Dodik;
«Le accuse e gli arresti sono senza senso - ha dichiarato Zdravko Djuranovic a Oslobodenje del 16 giugno (articolo tradotto da: www.osservatoriobalcani.org) -: il Governo di guerra di Tuzla si occupò dei feriti della colonna e li lasciò andare a casa. Difesero i diritti umani di tutti i cittadini. Difesero la multiculturalità e
l'immagine della Bosnia. Difesero le fondamenta della civiltà e adesso non sono inclini alla schematizzazione nazionale dei Balcani. Solo a Tuzla si dice che i crimini di guerra furono commessi da bosgnacchi, serbi e croati e altri. Nell'ex Jugoslavia i crimini furono commessi da gruppi mononazionali contro altri gruppi nazionali. Si vuole accusare per crimini gli abitanti di Tuzla perché non sono scivolati nell'abisso della politica nazionalista»;
«Non desidero entrare nei dettagli dell'accusa - ha dichiarato allo stesso giornale Sinan Alic, direttore della Fondazione "Verità, giustizia e riconciliazione" di Tuzla - ma desidero dire che tutto ciò è basato su note falsità. Noi sulla base di documenti, ricerche e contatti con le fonti serbe abbiamo confermato che nella battaglia per la "Brcanska malta" furono uccisi 49 soldati della JNA e quattro difensori della città. C'erano circa 70 feriti. Quello che vi sto dicendo lo ha detto anche Miloševic all'Aja. Tuttavia all'attuale governo serbo serve un'esibizione e non la verità. La Serbia pare che desideri creare in modo artificiale l'impressione di un equilibrio tra i crimini commessi, ma questo non è possibile»;
portato in Tribunale a Sarajevo dalla polizia, l'ex-sindaco di Tuzla Sélim Bešlagic - che aveva rinunciato alla sua immunità parlamentare - e gli altri suoi concittadini erano stati subito rilasciati per «inconsistenza delle accuse» ma non potranno lasciare la Federazione senza rischiare di essere arrestati perché il cosiddetto «Accordo di Roma», che garantiva la libertà di movimento dei cittadini dei diversi paesi dell'ex-Jugoslavia, è scaduto nel 2004 ed è stato inspiegabilmente rinnovato solo dalla Serbia e dalla Croazia;
Sélim Bešlagic è stato un amico dell'allora euro-parlamentare Alexander Langer che lo aveva accompagnato in Italia e al Parlamento europeo ed aveva un po' adottato la sua Tuzla «interetnica», dove si era svolto nel novembre dei 1994, nonostante l'assedio, uno dei più importanti incontri del «Verona Forum per la pace e la riconciliazione nei territori dell'ex Jugoslavia». Dopo l'attentato del 25 maggio 1995 che aveva ucciso 71 giovani della città di Tuzla, Alexander Langer, anche sotto l'impulso di Bešlagic, fu spinto a presentare alla riunione dei Capi di Stato e di Governo del 26 giugno 1995 a Cannes il drammatico appello «l'Europa nasce o muore a Sarajevo» (pubblicato in: www.alexanderlanger.org). In occasione del conferimento del Premio Alexander Langer a Irfanka Pašagic, Sélim Bešlagic era tornato in Italia nel maggio 2005 ed aveva riannodato i rapporti di gemellaggio con la città di Bologna, stabiliti durante e dopo la guerra, contribuendo a far apprezzare Tuzla come uno dei pochi luoghi di resistenza ad un feroce progetto di spartizione della Bosnia Erzegovina secondo linee etniche;
il 16 luglio 2007 Sélim Bešlagic ha diffuso dalla sua casa di Tuzla una lettera appello, fatta pervenire alla Fondazione Alexander Langer di Bolzano, qui di seguito riprodotta:
«Cari amici, vorrei sottolineare fin dal principio che non Vi scrivo questa lettera per problemi personali avuti in passato. Come persona responsabile sono a conoscenza del fatto che devo essere a disposizione delle istituzioni giuridiche della Bosnia ed Erzegovina dato che sono sospettato di aver commesso crimini di guerra. Allo stesso tempo riesco difficilmente ad accettare il fatto che, assieme ad altri cittadini, sono soggetto a un mandato internazionale per motivi politici, come anche il fatto che allo stesso tempo si stanno svolgendo indagini in ben due paesi. Ciò comporta il pericolo d'estinzione dei diritti umani. Ho la coscienza a posto e per questo motivo non ho usato l'immunità che mi spetta essendo un membro del Parlamento quando sono stato arrestato dalla polizia e trasferito alla Corte Statale della Bosnia-Erzegovina. In tempi molto difficili per noi mi sono opposto con i cittadini di Tuzla al male e all'odio che ci ha rivestito nella primavera del 1992. Abbiamo difeso la nostra città con l'unico mezzo a nostra disposizione allora, che era la polizia locale. C'erano
innumerevoli rappresentanti di organizzazioni internazionali e NGO a quel tempo che possono rendere testimonianza del modo in cui le autorità di Tuzla hanno svolto i loro compiti durante la guerra. Per dimostrare tutto ciò possiamo citare diversi premi internazionali che sono stati assegnati alla città di Tuzla e a me stesso. In quel tempo di guerra Tuzla era l'unica città che non era vittima di forze paramilitari. Durante questo periodo più terribile nella storia di Tuzla siamo riusciti a preservare lo spirito multietnico della nostra città.
Un accordo come questo andrebbe ad eliminare tutte le incomprensioni che esistono tuttora e soprattutto anche la mancanza di leggi e di conseguenza con indagini parallele ma non coordinate per gli stessi casi in paesi diversi. Si aggiunge anche il fatto che il tribunale dell'Aja ha passato i dati su questo caso solo ad uno di questi paesi. Per citare un caso concreto, ci sarebbe la questione della "Brcanska malta" il cui mandato è stato trasferito dalla corte dell'Aja esclusivamente alla giurisdizione della Bosnia-Erzegovina. A causa di duplici investigazioni siamo di fronte a un caso di "caccia umana", dove persone vengono catturate per il solo motivo di essere cittadini di un certo paese e in questo caso della Bosnia-Erzegovina. Sono state arrestate anche persone non soggette a mandato di cattura.
Questa procedura potrebbe essere semplificata se l'Interpol nazionale, avendo avuto notizia del mandato internazionale, a sua volta identificasse la nazionalità delle persone ricercate e informasse poi il paese che ha chiesto il mandato.
Sono sicuro che capirete la complessità della situazione e le mie buone intenzioni. Io vi chiedo gentilmente di partecipare nella risoluzione di questo problema che in futuro potrebbe influenzare la costruzione o implementazione della fiducia internazionale e della libertà di movimento in questa regione» -:
se il Governo sia a conoscenza di questo grave fatto di limitazione della libertà personale che colpisce alcuni stimati esponenti della Bosnia-Erzegovina;
se il Governo ritenga di potere e volere intervenire - nei limiti delle sue competenze - per dichiarare non applicabile nel territorio italiano ed in quello europeo un provvedimento così arbitrario dando opportune disposizioni all'Interpol.
(2-00813)
«Boato, Bonelli, Balducci, Cassola, De Zulueta, Francescato, Fundarò, Lion, Pellegrino, Camillo Piazza, Trepiccione, Zanella».
Interrogazioni a risposta scritta:
CAPEZZONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa Reuters, nella giornata di venerdì 26 ottobre, la polizia birmana sarebbe tornata a pattugliare alcuni siti religiosi a Rangoon (Myanmar) a un mese dalle proteste dei monaci buddisti, con l'obiettivo di soffocare eventuali nuovi dissensi, proprio alla fine del periodo della Quaresima buddista;
un giornalista della citata agenzia di stampa ha potuto testimoniare la presenza di poliziotti armati nelle zone d'accesso alle pagode di Sule e Shwedagon, due dei luoghi da cui iniziarono le imponenti manifestazioni antigovernative;
paradossalmente, quest'inasprimento delle misure di sicurezza arriva immediatamente dopo l'incontro tra la leader dell'opposizione e premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, e il ministro del lavoro, il generale Aung Kyi;
il quotidiano Nuova Luce di Myanmar, organo del regime militare birmano, informava giovedì 25 ottobre che le autorità cercano «falsi» monaci buddisti implicati nell'organizzazione delle manifestazioni avvenute alla fine di settembre;
secondo quanto riferito dall'agenzia di Delhi Mizzima (creata nel 1998 da un gruppo di giornalisti del Myanmar in esilio), i servizi di intelligence tailandesi avrebbero l'intenzione di perquisire gli
uffici in Thailandia dei gruppi dell'opposizione filo-democratica birmana, nell'ambito di «un'operazione nazionale di sicurezza» contro i gruppi birmani «illegali»;
tale operazione, prevista per l'inizio di novembre, sarebbe stata decisa a seguito alle accuse della giunta militare del Myanmar contro le organizzazioni con sede in Thailandia, «istigatrici o sostenitrici» della protesta dei monaci;
il capo redattore dell'agenzia di stampa Mizzima a Chiang Mai, in una dichiarazione all'ADNKronos International, ha affermato che la giunta birmana avrebbe consegnato alle autorità tailandesi una lista di persone in contatto con i gruppi democratici all'interno della Birmania;
parallelamente aumenta il numero di profughi nei campi allestiti in territorio tailandese, lungo il confine con l'ex Birmania (Mae Lae, Mae La Mo ed Eh Thoo), anche se dopo la repressione di fine settembre la giunta ha bloccato le vie d'uscita dal Paese;
nel recente rapporto di Human Right Watch del 31 ottobre, la giunta militare del Myanmar viene nuovamente accusata di arruolare nel suo esercito bambini, anche di 10 anni, nel suo esercito al fine di contrastare, tra l'altro, l'alto tasso di diserzione e la mancanza di volontari;
sempre nel citato rapporto si legge che i reclutatori percepirebbero premi in denaro ed altri incentivi per ogni minore reclutato (http://www.hrw.org/ - Burma: Children Bought and Sold by Army Recruiters) e che i bambini soldato verrebbero costretti a partecipare ad abusi, ad appiccare fuoco a villaggi e costringere i civili a lavorare per l'esercito, «quelli che cercano di fuggire e vengono catturati, vengono malmenati, imprigionati o obbligati a tornare a combattere»;
secondo esponenti dell'opposizione birmana, la politica del Constructive Engagement portata avanti dall'Asean (Associazione dei Paesi del Sudest asiatico, ndr) non ha avuto alcun effetto se non quello di arricchire i generali birmani;
durante la visita a Singapore del 29 ottobre, il Ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, ha proposto la creazione di un fondo in favore dell'ex Birmania, che potrebbe essere finanziato dalla Banca Mondiale, in grado di offrire fondi, sul modello di quello costituito per contribuire alla ricostruzione del Kosovo, per sviluppare il Paese;
nella giornata del 31 ottobre, notizie d'agenzia riprese dal sito Internet dell'opposizione birmana «Mizzima news» hanno informato che i monaci buddisti del monastero Sasana Wilhmula hanno nuovamente manifestato in modo pacifico per le strade di Pakokku, città nel centro del paese;
nella giornata del 31 ottobre, notizie d'agenzia riprese del sito internet dell'opposizione birmana Mizzima news hanno informato che i monaci buddisti nel monastero di Sasana Wilhmula hanno nuovamente manifestato in modo pacifico per le strade di Pakkoku, città nel centro del paese;
le autorità militari starebbero però già indagando quali monasteri hanno aderito alla Marcia -:
come valuti questi nuovi accadimenti e le notizie relative alla «cooperazione anticrimine» con il governo tailandese citate nelle premesse, che lasciano temere nuovi inquietanti, se non addirittura drammatici, sviluppi;
come valuti le proposte del Ministro degli esteri francese e se tali proposte sono condivise dagli altri paesi dell'Unione europea;
quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere al fine di richiamare le autorità del Myanmar, anche in collaborazione con le organizzazioni internazionali, al rispetto dei diritti umani e civili, con particolare riferimento ai bambini-soldato;
quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere al fine di scongiurare che il Governo militare intervenga nuovamente con la forza nei confronti di pacifiche manifestazioni.
(4-05489)
ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
gli istituti di Patronato ricevono annualmente diversi milioni di euro, in Italia e all'estero, sotto forma di contributi legati alla loro organizzazione ed al numero e difficoltà delle pratiche (di pensione, previdenza, invalidità, assistenza eccetera) da essi curati nei confronti del pubblico;
molto spesso i cittadini potrebbero ottenere analoga assistenza rivolgendosi direttamente agli istituti di Previdenza in Italia ed agli uffici assistenza dei nostri consolati all'estero;
vi è un indubbio valore sociale in queste attività ma anche un formidabile e grave impegno finanziario da parte delle finanze pubbliche -:
quale sia il giudizio dei Ministri interessati sulla funzionalità degli Enti di Patronato in Italia ed all'estero;
se non si ritenga che una parte dei fondi ad essi destinati (eventualmente utilizzando anche parte del personale da essi dipendenti) non potrebbero essere investiti direttamente sulle strutture pubbliche (come i consolati) potenziandone gli uffici assistenza ed incrementandone la disponibilità economica;
quali e quante siano state le operazioni di verifica in Italia ed all'Estero sulle effettive attività svolte dagli Enti di Patronato e quali sono state le risultanze delle predette verifiche;
quali, quante e dove siano dislocate le sedi esteri dei suddetti patronati.
(4-05492)
PICCHI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 19 della legge 21 novembre 1967 n. 1185 recita «nessuna tassa è dovuta per il rilascio o il rinnovo del passaporto ordinario, in Italia o all'estero: a) da coloro che sono da considerare emigranti ai sensi delle norme sull'emigrazione; b) dagli italiani all'estero che fruiscono di rimpatrio consolare o rientrino per prestare servizio militare; c) dai ministri del culto e religiosi che siano missionari; d) dagli indigenti»;
numerosi connazionali che versano in condizioni economiche difficili rinunciano a richiedere il passaporto a causa dell'elevato costo;
le direttive del Ministero degli affari esteri non sono esaustive e chiare ai fini dell'interpretazione della norma e per questo i consolati e le rappresentanze diplomatiche la applicano in maniera discrezionale e non uniforme con evidenti disparità di trattamento da consolato a consolato;
attualmente il connazionale che richiedesse l'esenzione del pagamento lo può fare dietro presentazione di una autocertificazione su modulo prestampato distribuito dalle rappresentanze consolari;
nel modulo prestampato è prevista la facoltà per l'autodichiarante di autorizzare o meno le rappresentanze consolari a verificare quanto da lui dichiarato senza peraltro sospendere l'emissione stessa del passaporto in attesa della verifica; inoltre le verifiche richieste sono difficilmente praticabili e comportano dispendio di risorse e tempi spesso non a disposizione dell'amministrazione consolare -:
quali direttive tempestive saranno emanate per chiarire l'ambito di applicazione della normativa ed evitare disparità di trattamento per i connazionali;
se non sia il caso di subordinare la gratuità del passaporto per coloro che ne
abbiano i requisiti ai soli casi in cui venga concessa l'autorizzazione alla verifica dei requisiti stessi;
se non sia il caso di rivedere complessivamente la normativa in materia di gratuità del passaporto e gli altri pagamenti dovuti dai connazionali per ottenere documenti nelle rappresentanze consolari.
(4-05493)
PICCHI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito al sindacato del personale a contratto del ministero degli affari esteri dalla Direzione Generale per il Personale del MAE è appena avvenuta la chiusura del Consolato Generale d'Italia in Edimburgo, competente per la Scozia;
la chiusura del consolato provocherebbe gravi danni alla comunità italiana in Scozia che vanta una importante tradizione storica e una rilevante consistenza numerica, in quanto essa è disseminata su un vasto territorio e il consolato più vicino è quello di Manchester;
nell'audizione al Comitato permanente per gli italiani all'estero il Viceministro Danieli aveva assicurato che nessun consolato sarebbe stato chiuso;
anche in questo caso le decisioni sulle chiusure delle rappresentanze consolari vengono messe in atto senza il minimo coinvolgimento delle forze politico-sociali, dei rappresentanti dei residenti all'estero, dei parlamentari eletti all'estero e dei sindacati del MAE;
nel consolato di Edimburgo sono in servizio tre impiegati a contratto per i quali sulla base dei contratti attualmente in vigore l'Amministrazione degli esteri si impegnerà unicamente - non sussiste infatti alcun obbligo di legge - a trovare adeguate soluzioni di ricollocamento -:
se corrisponda a verità la chiusura del Consolato e quali le motivazioni che l'hanno determinata;
quali ulteriori chiusure siano previste in Europa e quali i tempi delle stesse;
come intenda intervenire per garantire un adeguato livello si servizi alla comunità in Scozia;
se non ritenga opportuno mantenere almeno la presenza di una agenzia consolare per servire le esigenze di un territorio così vasto come quello scozzese e garantire i livelli occupazionali.
(4-05498)
CAPEZZONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il primo novembre, il primo ministro della Bosnia-Erzegovina, il serbo-bosniaco Nikola Spiric, ha rassegnato le proprie dimissioni, quale segno di protesta contro le misure volute dall'Alto rappresentante della Comunità internazionale, Miroslav Lajkak, per facilitare il funzionamento del governo centrale;
le dimissioni arrivano all'indomani della dichiarazione di sostegno all'Alto rappresentante e alle riforme istituzionali da lui proposte da parte della comunità internazionale e del Consiglio d'implementazione della pace (PIC), riunito a Sarajevo;
tra i paesi del PIC solo la Russia si è dichiarata contraria alle linea di Lajcak, «preoccupata per le conseguenze delle misure che cambiano i meccanismi decisionali nel consiglio dei ministri e nel parlamento della Bosnia-Erzegovina» (come si legge nel documento conclusivo dei lavori);
le modifiche proposte Lajkak permetterebbero ai membri musulmani e croati del governo centrale di adottare alcune decisioni, soprattutto progetti di legge, senza il consenso dei ministri serbi;
secondo le autorità serbo-bosniache queste misure rappresenterebbero una violazione dell'accordo di Dayton che mise fine alla guerra in Bosnia-Erzegovina 1992-1995;
ad aumentare la tensione sono, inoltre, giunte le dichiarazioni del premier serbo Vojislav Kostunica che, commentando le dimissioni del premier bosniaco, ha affermato che al suo posto avrebbe dovuto rassegnare le dimissioni l'Alto rappresentante della Comunità internazionale, responsabile - secondo Kostunica - della crisi in Bosnia;
il primo ministro serbo ha chiesto alla Comunità internazionale di far rispettare l'accordo di Dayton e «di rettificare gli errori che hanno portato alla grave crisi in Bosnia»;
forti dell'appoggio di Belgrado e Mosca, i serbo bosniaci hanno iniziato il ritiro dei propri rappresentanti dalle istituzioni comuni previste dalla complessa struttura costituzionale bosniaca;
nonostante segnali confortanti giungano sul versante della ripresa economica, la Bosnia-Erzegovina, ma in generale tutta la regione dei Balcani, rischia ancora di sprofondare in una nuova crisi, a causa della debolezza delle istituzioni politiche, del nazionalismo, del dilagare della corruzione e della criminalità, dei sempre delicatissimi rapporti interetnici;
il prossimo anno sarà cruciale per consolidare il processo di transizione nei Balcani occidentali, in particolare per il rafforzamento delle istituzioni e dei processi democratici in gran parte dei Paesi dell'area;
ancora molto da fare rimane per quanto attiene la concreta difesa dei diritti umani, il rimpatrio degli sfollati a causa delle guerre dei decenni scorsi e la tutela delle minoranze -:
quali siano le sue valutazioni in merito a questi accadimenti, che da molti osservatori sono visti come un il primo passo verso il tentativo di secessione della Srpska Republika, magari da proclamare immediatamente a seguito dell'eventuale dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kossovo;
se e come il Governo stia intervenendo o intenda intervenire, di concerto con gli altri Paesi della UE e delle organizzazioni internazionali al fine di scongiurare che questi fatti, rinvigorendo odi e rancori interetnici mai sopiti, possano portare la Bosnia-Erzegovina nuovamente sull'orlo di una guerra civile.
(4-05501)
GALLETTI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 27 ottobre sul Resto del Carlino QN è stato pubblicato un reportage sul «casinò» di Rovereta, Repubblica di San Marino;
il «casinò fantasma» si trova fra Rimini e San Marino ed è a poche centinaia di metri dal confine con l'Italia;
dietro l'ufficialità di una sala bingo, si trovano all'interno dello stesso edificio due sale Keno con 150 macchinette computer (tipo slot machine) per un giro d'affari che, a quanto consta all'interrogante, si aggira a 500mila euro al giorno;
l'accordo italo-sammarinese del 1953 impegna la Repubblica di San Marino «a non permettere nel proprio territorio l'impianto o l'esercizio di case da gioco o di altri centri del genere comunque denominati, nei quali si svolgono giochi d'azzardo»;
la legge sammarinese del 2000 non disciplina il gioco d'azzardo che rimane vietato in qualunque forma esercitato -:
se questo «casinò» rispecchi o meno la convenzione Italia-San Marino del 1953 e in caso negativo quali provvedimenti il Governo intenda adottare al fine del rispetto della convenzione citata.
(4-05503)