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Allegato B
Seduta n. 246 del 20/11/2007
TESTO AGGIORNATO AL 21 NOVEMBRE 2007
SALUTE
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
la Finanziaria 2007 ha stanziato 3 milioni di euro per la ricerca sulle malattie rare e sulle cellule staminali, all'articolo 1, comma 813; «Per gli anni 2007, 2008 e 2009, nell'utilizzazione delle risorse previste nella Tabella C allegata alla presente legge e destinate al finanziamento di progetti di ricerca sanitaria di cui all'articolo 12-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, un importo pari a 10 milioni di euro è vincolato al finanziamento di progetti proposti dagli Istituti zooprofilattici sperimentali in materia di sicurezza degli alimenti e tre importi pari a 3 milioni di euro ciascuno sono vincolati al finanziamento di progetti per il miglioramento degli interventi di diagnosi e cura delle malattie rare anche in riferimento alla facilitazione della erogazione ai pazienti dei farmaci orfani, al finanziamento di progetti per l'utilizzazione di cellule staminali e al finanziamento di progetti per la qualificazione ed il potenziamento delle attività di tutela della salute nei luoghi di lavoro.»;
Elena Cattaneo, Paolo Bianco e Ranieri Cancedda, illustri ricercatori italiani a livello mondiale, con una lettera riguardo questi finanziamenti hanno denunciato il 10 novembre 2007 al Ministro della salute, Livia Turco, che ci sono: «circostanze che destano grande preoccupazione, rivestono significato generale, e necessitano, a nostro giudizio, di un intervento autorevole e correttivo». Nella lettera si precisa che i 3 milioni di euro a quel che risulta, sono gestiti: «direttamente dal Ministero della salute e dall'Istituto Superiore di Sanità e sono già stati assegnati, per ammissione anche pubblica di alcuni ricercatori, ma non risulta che sia stato pubblicato un bando o che singoli ricercatori o istituzioni abbiano potuto liberamente presentare progetti o domande di finanziamento». I tre ricercatori hanno fatto presente al Ministro, quindi, che: «richieste di informazioni rivolte al Direttore dell'Iss da più membri della comunità scientifica, al fine di conoscere chi avesse definito e valutato la destinazione dei fondi e secondo quale procedura, sono rimaste eluse, pur ottenendo obliquo quanto inequivocabile riscontro di una procedura di assegnazione di risorse che non appare accettabile»;
per quanto riguarda le «richieste di informazioni rivolte al Direttore dell'Iss» si fa riferimento a quanto richiesto dai ricercatori, precedentemente alla lettera al ministro, direttamente al Presidente dell'Iss, Enrico Garaci, e alla sua risposta secondo la quale i finanziamenti: «rappresentano una piccola percentuale dei fondi dell'ex articolo 12, ma il più delle volte essi vanno a coprire esigenze pressanti o argomenti di particolare interesse politico e sanitario in questi progetti pure per l'esiguità delle risorse vengono limitati gli obiettivi e individuate le strutture da coinvolgere sempre nell'ambito dei destinatari istituzionali». Garaci ha anche detto: «faccio presente che la valutazione di tale progetto è in corso perché nel frattempo è intervenuta la nomina di una nuova Commissione: alcune informazioni richieste quindi non sono, al momento, disponibili». Quindi si conferma che vi siano assegnazioni in corso in assenza di adeguata e trasparente pubblicità;
i tre ricercatori nella lettera al ministro precisano che tale comportamento e modo di finanziare la ricerca sulle staminali è sintetizzato nel neo-anglismo top-down: in realtà questa procedura che non appartiene ad alcuna realtà scientifica internazionale «consisterebbe nella attribuzione» anomala e aberrante «di risorse lungo una catena che dalla Commissione Ministeriale procederebbe verso una singola istituzione e singoli ricercatori, a loro volta investiti della facoltà di cooptare
nell'accesso al finanziamento altre istituzioni e altri ricercatori di loro personale scelta, anche nell'ambito del mondo universitario (...) i destinatari dei finanziamenti per la ricerca sarebbero de facto identificati a priori, senza pubblicità, senza trasparenza, e senza procedure di valutazione scientifica, mentre l'identità di alcuni presunti beneficiari dei finanziamenti è affidata sia alla spontanea circolazione di notizie entro la comunità scientifica sia, incredibilmente, a dichiarazioni rilasciate alla stampa nazionale. Non è stato possibile conoscere direttamente e ufficialmente dal Direttore dell'Iss la lista dei ricercatori e dei progetti finanziati, l'importo dei finanziamenti, l'identità e la qualificazione dei selezionatori, le procedure di valutazione scientifica espletate, i criteri di selezione (...) si ha conferma ufficiale dell'esistenza di un «progetto speciale» gestito dal Ministero, «in corso di valutazione», di cui sono stati definiti «obbiettivi» e per il quale sono state «individuate strutture da coinvolgere»;
secondo quanto scritto nella lettera, per i ricercatori «in base alle informazioni disponibili, la situazione descritta configurerebbe un caso esemplare di impropria attribuzione di finanziamenti pubblici per la ricerca, secondo una prassi distante anni luce dalle normali procedure di assegnazione di risorse per la ricerca (peer-review), storicamente concepite proprio per escludere qualunque forma (o parvenza) di diretta negoziazione tra pubblica amministrazione e singoli ricercatori o istituzioni scientifiche. Il sistema di peer-review, ignorato nel caso qui rappresentato, è infatti inteso non solo e non tanto a premiare «i migliori» come spesso si dice, quanto ad assicurare il buon uso delle risorse pubbliche, salvaguardando tanto la qualità e competitività scientifica (migliore scienza), quanto ovvi principi economici (miglior uso del denaro, miglior aspettativa di ricadute applicative), politici (pari opportunità, libertà della ricerca, trasparenza, sottrazione della pubblica amministrazione da pressioni indebite e conflitti di interesse), e di sviluppo e valorizzazione umana e sociale (tutte le cose precedenti insieme). Non riconoscerne l'importanza è cosa fortemente negativa, che arretra la ricerca italiana e ne compromette il successo e la valorizzazione applicativa, penalizza il nostro paese economicamente, lo impoverisce culturalmente e nell'immagine internazionale, e disperde risorse pubbliche». E quindi a parere dei ricercatori: «urgente che siano definitivamente rimosse dalle leggi e dai regolamenti dello Stato qualsiasi procedura di finanziamento che lasci spazio a modalità di assegnazione top-down. Consistendo de facto nella assegnazione individualizzata e diretta di finanziamenti scientifici da parte di pubblici amministratori a singoli ricercatori o istituzioni, queste procedure attribuiscono impropriamente alla pubblica amministrazione competenze nella valutazione scientifica, le quali invece appartengono alla scienza. Le stesse pratiche attribuiscono inoltre a singoli ricercatori il potere davvero improprio di attribuire direttamente fondi a loro colleghi o collaboratori secondo personali valutazioni. Invece, la valutazione della ricerca (che pur compete ai ricercatori), va obbligatoriamente esercitata con imprescindibili garanzie di competenza, autorevolezza, terzietà e indipendenza. Va esercitata analiticamente da esperti multipli, su progetti specifici e multipli, e su base competitiva. Oltre ad essere concepite in aperta violazione dei principi consolidati e universali di valutazione e finanziamento della scienza, le procedure top-down sono quindi oggettivamente e pericolosamente vicine a pratiche clientelari nelle quali si degradano con estrema facilità»;
ma è altrettanto: «urgente che la politica colmi il ritardo secolare del nostro Paese in tema di politica scientifica, e identifichi istituzioni adeguate e procedure adeguate e uniformi per il finanziamento della ricerca, già in uso nel mondo scientificamente avanzato, e anzi volano unico di quell'avanzamento»;
in due precedenti interrogazioni della prima firmataria del presente atto (5-00014 e 5-01349) elaborate insieme all'Associazione Coscioni l'interrogante ha
chiesto di fare luce su alcuni finanziamenti per la ricerca sulle cellule staminali, quando Enrico Garaci fu nominato Presidente della Commissione Ministeriale cellule staminali, in seno all'Istituto Superiore della Sanità, di cui lo stesso Garaci è presidente dal 2001. Le risposte fornite non hanno chiarito la «spartizione» dei fondi, per l'esattezza 7,5 milioni di euro che dovevano essere suddivisi in tre bandi dal 2001. Solo del primo si ha qualche informazione certa, sul secondo occorre ancora fare chiarezza, mentre il terzo non si è tenuto per inspiegabile esaurimento dei fondi. Dalle risposte alle interrogazioni si è evinto che riguardo il primo bando i 12 membri della commissione che decidevano i finanziamenti potevano essere anche presentatori di progetti che li richiedevano, tanto che 7 progetti finanziati avevano come primo firmatario un componente della commissione, per altri progetti il componente della commissione era solo secondo firmatario e ulteriori progetti erano intestati ai giovani ricercatori degli stessi laboratori diretti da membri della commissione. Vale a dire che la commissione e la «spartizione» di denaro pubblico avvenne grazie a un regolamento che prevedeva che chi chiedeva i finanziamenti era anche chi decideva a chi destinarli. Una volta venuta alla luce la vicenda ad opera di ricercatori finanziati a quel bando, per tutta risposta dal sito internet dell'Iss venne cancellato qualsiasi riferimento alla Commissione Ministeriale cellule staminali;
nella risposta data alla prima interrogazione (5-00014) il ministero della salute affermò: «A nostro avviso la disciplina della procedura seguita non garantisce adeguatamente la trasparenza. A tal proposito ci preme ribadire che è preciso intendimento del Ministro giungere, nel campo della ricerca medico-scientifica, a garantire l'adozione di procedure di valutazione per l'attribuzione dei finanziamenti che, similmente a quanto accade negli ambienti scientifici internazionali più qualificati, siano condotte nel rigoroso rispetto dei principi della trasparenza e dell'indipendenza (...) In termini più generali è possibile affermare che l'adozione dei peer review system, metodo che implica il coinvolgimento di revisori terzi e indipendenti, dovrà essere la regola che ispira l'azione degli organi del Ministero e quella cui dovranno uniformarsi gli enti rispetto ai quali il Ministero esercita compiti di vigilanza quali l'Iss (articolo 9, comma 2, del decreto legislativo n. 419 del 1999)»;
il 5 settembre 2007 è stata insediata la Commissione Nazionale della Ricerca Sanitaria, presieduta dal Ministro della salute. Nel sito del ministero si riporta come questa abbia tra i suoi compiti «la definizione dei criteri di selezione dei progetti di ricerca che dovranno essere successivamente valutati da esperti italiani e stranieri secondo il metodo della peer- review dove necessario ed appropriato, integrato con lo strumento della study section -:
se il ministro intenda rispondere alle richieste avanzate dai tre ricercatori nella lettera, in particolare per conoscere: chi siano i ricercatori identificati come destinatari del finanziamento; quale procedura, formale e pubblicamente accessibile, ciascuno abbia seguito per accedere al finanziamento; a quale valutazione scientifica selettiva sia stato sottoposto il contributo di ciascun ricercatore; quali siano i progetti finanziati, chi abbia definito la lista dei destinatari dei finanziamenti e secondo quale procedura, chi valuti i progetti e in base a quale specifica competenza scientifica; chi definisca, e in base a quale specifica competenza scientifica, gli obbiettivi scientifici e applicativi, i temi specifici e le priorità dell'investimento di risorse;
se il ministro in quanto Presidente della Commissione Ricerca del ministero non ritenga di sospendere la procedura di finanziamento e fare in modo che nessun finanziamento sia erogato o semplicemente formalmente assegnato, fino a che non sia pubblicato un bando a cui possano accedere, secondo regole prestabilite e pubbliche, tutti i ricercatori soggettivamente
e oggettivamente interessati al tema del finanziamento, e istituita una procedura competitiva, rigorosa e trasparente di peer-review affidata alla valutazione nel merito scientifico da parte di ricercatori anonimi, competenti, terzi e indipendenti, se necessario stranieri;
se a seguito di questa ulteriore denuncia questo Governo intenda seriamente e nell'immediato futuro dare seguito a quanto dichiarato in risposta alla mia prima interrogazione parlamentare adottando, in tutte le sue forme di finanziamento pubblico alla ricerca italiana, quelle procedure e quelle modalità operative che, in tutti gli Stati avanzati, garantiscono equa competizione e valutazione delle idee e dei progetti oltre a trasparenza e indipendenza delle valutazioni e delle assegnazioni, elementi indispensabili per un vero rilancio della ricerca italiana.
(2-00850)
«Poretti, Beltrandi, D'Elia, Mellano, Turco, Villetti, Turci».
Interrogazioni a risposta immediata:
MELLANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
agli inizi del mese di settembre 2007, a Torino tre associazioni (Associazione radicale Adelaide Aglietta, Malega9 e Forum droghe) hanno promosso la raccolta firme su una petizione popolare rivolta al consiglio comunale per l'istituzione di una «narcosala» (o «stanza del consumo», così chiamata perché in essa i cittadini tossicodipendenti possono consumare sotto controllo medico e in condizioni igieniche decenti le sostanze acquistate fuori, nel mercato criminale); a fine ottobre 2007, sono state consegnate agli uffici competenti le firme di oltre mille cittadini torinesi;
nel contempo, venti consiglieri comunali presentavano una mozione che prevede, tra l'altro, la proposta di istituzione delle suddette narcosale, mozione che sarà discussa nei prossimi giorni dal consiglio comunale;
il 30 ottobre 2007, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino ha richiesto un parere al ministero della salute sulla legittimità della sperimentazione di tale iniziativa di riduzione del danno;
il 12 novembre 2007, il Ministro interrogato ha inviato, sia al sindaco di Torino sia al presidente della regione Piemonte, Mercedes Bresso, una sintetica lettera, in cui, sostanzialmente, pone uno «stop» alla sperimentazione in oggetto, sulla base di tre considerazioni: necessità di mutare la legislazione vigente per non far incorrere gli operatori delle narcosale e i cittadini tossicodipendenti in sanzioni penali; l'iniziativa violerebbe le convenzioni internazionali in materia di stupefacenti; la narcosala non intacca il mercato criminale e, pertanto, ad essa è preferibile la sperimentazione della somministrazione controllata dell'eroina;
la posizione espressa dal Ministro interrogato nella lettera suddetta confligge patentemente con sue dichiarazioni pubbliche rilasciate in precedenza, tutte tese a favorire la sperimentazione torinese delle narcosale; dichiarazioni simili sono state rese dal Ministro della solidarietà sociale, competente in materia, che non risulta essere destinatario, neppure per conoscenza, della lettera del Ministro interrogato di cui in premessa;
la legge vigente non impedisce la sperimentazione in oggetto, perché ciò che sanziona - come si evince, peraltro, anche dai lavori preparatori e dalla giurisprudenza - è il favoreggiamento del consumo e spaccio in locali pubblici e circoli privati (articolo 79 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990), e certo non si può far rientrare in questa categoria la narcosala, un servizio socio-sanitario di riduzione del danno, gestito da medici, infermieri e operatori professionisti. Si richiama a tal proposito il precedente dell'introduzione nel nostro Paese degli «scambiasiringhe», nei confronti dei quali furono avanzate le medesime perplessità, poi fugate sia dalla dottrina sia dalla giurisprudenza;
il timore di entrare in collisione con le convenzioni internazionali sulle droghe è infondato: pur polemizzando con gli Stati che perseguono politiche di riduzione del danno (sono ben 70 le narcosale in funzione da anni in tutta Europa e non solo), nessuna agenzia dell'Onu ha mai potuto intraprendere alcun atto formale contro tali Stati, poiché le suddette convenzioni non possono interferire con le scelte nazionali in merito ai servizi socio-sanitari;
la prescrizione di eroina medica - peraltro difficilmente ipotizzabile e ancor meno attuabile nell'attuale contesto politico, considerato che il Governo in carica non è ancora riuscito ad abrogare la cosiddetta «legge Fini-Giovanardi», come gli impone di fare il suo programma elettorale - è in tutta Europa un trattamento terapeutico destinato a gruppi ristretti e selezionati di tossicodipendenti, una terapia ad «alta soglia», che nulla ha a che vedere con un servizio di prevenzione a «bassa soglia», quali sono le stanze del consumo. Invocare una tanto auspicabile quanto futura e del tutto ipotetica somministrazione controllata di eroina, come soluzione da privilegiare rispetto all'istituzione, qui ed ora, delle stanze del consumo, serve solo a creare confusione fra due interventi socio-sanitari del tutto diversi e non omologabili, nonché a rinviare sine die ogni decisione -:
se intenda attivarsi da subito per istituire, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale e assieme al comune di Torino e alla regione Piemonte, un tavolo di lavoro per l'incardinamento nel giro di pochi mesi della sperimentazione di una o più narcosale nella città di Torino e se intenda, altresì, affiancare a tale tavolo di lavoro un altro per l'elaborazione di una proposta di modifica della legge sugli stupefacenti, che consenta l'effettuazione della sperimentazione della somministrazione controllata dell'eroina ai cittadini tossicodipendenti.
(3-01454)
CATONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
anche in Italia è arrivato il vaccino contro il cancro del collo dell'utero;
tale vaccino è in grado di impedire l'infezione dal papillomavirus, che è responsabile del 70 per cento dei casi di tumore al collo dell'utero e di diverse altre lesioni dell'apparato genitale esterno femminile;
questo vaccino dovrebbe aprire le porte alla prevenzione e offrire speranze concrete di sconfiggere un tipo di tumore, che sino a poco tempo fa era considerato un big killer;
tutte le donne dai 9 ai 26 anni potranno trovare tale farmaco in farmacia;
per disposizione del ministero della salute potranno averlo gratuitamente solamente le dodicenni, che nel nostro Paese sono circa 250.0000 -:
se non ritenga opportuno prevedere la vaccinazione gratuita anche per altre fasce di età.
(3-01455)
LION. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con ordinanza del 14 novembre 2006, sono state stabilite misure straordinarie di polizia veterinaria in materia di tubercolosi, brucellosi bovina e bufalina, brucellosi ovi-caprina e leucosi in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia;
l'applicazione di tale ordinanza è risultata particolarmente difficoltosa in Campania riguardo alla brucellosi bufalina;
la problematica della brucellosi bufalina in Campania è forse l'elemento di crisi in materia sanitaria zootecnica più antico e controverso, che a vari livelli, comunitario, nazionale e regionale, a cadenze temporali ricorrenti si è costretti ad affrontare;
questa grave problematica sanitaria, soprattutto in specifiche aree della regione
Campania, tra cui la provincia di Caserta, colpisce un numero molto consistente di aziende e di capi: già in sede di applicazione della citata ordinanza sono scaturiti dati e stime sui capi positivi da abbattere assai preoccupanti, avendo dovuto constatare che se si fossero adottate le misure di abbattimento immediato dei capi infetti, come previsto dalla disposizione ministeriale, nel territorio di Caserta si sarebbe corso il rischio di decimare, senza possibilità di sostituzione e di alternative, l'intero settore zootecnico di questa provincia, che, va ricordato, rappresenta in questo territorio più del 60 per cento della consistenza bufalina totale;
la problematica di cui si discute fosse e rimanga molto insidiosa e fitta di ripercussioni, soprattutto riguardo ai profili allevatoriali ed alle conseguenze di ordine occupazionale e di coesione sociale nelle aree agricole ed artigianali della provincia di Caserta, fu subito evidente anche all'interrogante, che per tali circostanze il 19 gennaio 2007 procedette ad effettuare un'audizione informale degli operatori della filiera bufalina campana e dei servizi competenti dei ministeri della salute e delle politiche agricole, alimentari e forestali, mentre il 3 aprile 2007 fu presentata, sempre dall'interrogante, una specifica risoluzione in Commissione XIII agricoltura della Camera dei deputati, poi approvata nella seduta del 18 aprile 2007, che prevedeva indirizzi per il Governo idonei ad una gestione equilibrata e risolutiva delle emergenze rilevate in ordine alla brucellosi bufalina campana;
molteplici sono state le iniziative ed i provvedimenti organizzativi che hanno accompagnato la gestione dell'ordinanza del 14 novembre 2006 in riferimento alla brucellosi bufalina in Campania, iniziando da incontri pertinenti in sede di task force presso il ministero della salute, passando per valutazioni di ordine normativo discusse in sede governativa, fino a giungere, il 9 agosto 2007, alla dichiarazione dello stato di emergenza nel territorio della provincia di Caserta e zone limitrofe, per fronteggiare il rischio sanitario connesso all'elevata diffusione della brucellosi negli allevamenti bufalini, avvenuta ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 agosto 2007;
purtroppo, nonostante la fitta attività politico-amministrativa messa in atto durante il corso del 2007, ad oggi la situazione di crisi connessa alla brucellosi bufalina in provincia di Caserta e zone limitrofe, non ha subito evoluzioni positive ed anzi si devono riscontrare elementi di acutizzazione della vicenda, soprattutto riguardo alle incertezze ed ai fermi delle attività nelle aziende di allevamento, nonché a fenomeni di turbative nel comparto della commercializzazione della mozzarella di bufala Campana dop;
con la parziale attuazione dell'ordinanza del 14 novembre 2006, si sono create anche situazioni difficili e disuguali per determinate aziende di allevamento, che, a differenza di altre, hanno dovuto abbattere le loro mandrie senza poter contare pienamente sulle misure di sostegno, che già le procedure in materia di profilassi zootecnica prevedevano. Si consta che qualche azienda abbia abbattuto i capi senza ricevere gli indennizzi previsti e, di conseguenza, abbia dovuto cessare le attività;
questa crisi sanitaria impone un'attenta e profonda riflessione, con l'adozione di specifiche misure atte a risolverla in via definitiva ed urgente;
se perdura questo stato di confusione e di incertezze operative in ordine al percorso di risanamento del comparto bufalino campano, si rischia di trascinare in una crisi di non ritorno anche il fiorente indotto della mozzarella di bufala campana dop;
negli ultimi giorni sono balzati alle cronache fatti negativi circa la produzione della mozzarella di bufala campana dop, spesso troppo enfatizzati e non del tutto corrispondenti alla realtà, che prendendo spunto dai ferrei e puntigliosi controlli effettuati dalle autorità sanitarie in ambito allevatoriale e caseario, hanno poi interessato,
anche in maniera ingiustificata e strumentale, il settore della commercializzazione della mozzarella di bufala, dipingendo un quadro fosco ed allarmante di questo latticino, tanto che i consumi sono crollati in maniera verticale;
ciò appare molto contraddittorio e se del caso ingiusto, perché sono state date anche informazioni deviate al consumatore, provocando in esso sfiducia e incertezza, proprio quando avrebbe dovuto ritenere di essere più garantito e tutelato, perché sono stati e continuano ad essere applicati in maniera più incisiva, severa e ripetuta i controlli sanitari e commerciali nel comparto della mozzarella di bufala. Tali controlli, infatti, hanno permesso di accertare anche i più improbabili e complessi casi di frode o di illecito merceologico nella filiera bufalina ed hanno conseguito il risultato di escludere dal commercio le produzioni irregolari;
per cercare di dare tranquillità e fiducia al consumatore e di ripristinare nell'opinione pubblica il corretto stato dei fatti riguardo alla qualità della mozzarella di bufala campana dop, è da ultimo intervenuto il competente Consorzio per la tutela della mozzarella di bufala campana dop, precisamente su Rai tre venerdì 16 novembre 2007, in occasione della trasmissione Cominciamo bene, evidenziando, tra l'altro, che nell'anno 2006 il corpo ispettivo del Consorzio ha prelevato dal commercio circa 300 campioni di mozzarella dop. Di questi, circa il 9 per cento è risultato non conforme al disciplinare dop per presenza di latte vaccino;
nell'anno 2007 il Consorzio ha quasi raddoppiato i controlli, prelevando dal commercio più di 500 campioni di mozzarella dop. Di questi solo il 3 per cento è risultato non conforme, quindi con una diminuizione di un terzo delle frodi, raddoppiando i controlli;
d'altro canto, nel latte, dalle verifiche effettuate in ambito sanitario, non sono risultate presenze di brucella, ma solo e parzialmente di anticorpi, ma mai la brucella;
il settore della zootecnia bufalina in Campania e nel territorio più vasto del comprensorio della dop rappresenta l'unico comparto dell'agroalimentare campano e di altre importanti aree centromeridionali, in grado di assicurare soddisfazioni economiche all'intera filiera ed all'economia di un vasto territorio. Esso rappresenta uno dei pochi settori zootecnici che può ancora espandersi, ma solo a condizione di mettere in atto azioni compatibili con l'ambiente ed in genere con il territorio;
purtroppo siamo in presenza di un sistema produttivo caratterizzato da un'estrema vulnerabilità, in quanto poggia, al momento, solo sulla caseificazione e la commercializzazione del prodotto principale, vale a dire la mozzarella di bufala campana, e quindi di destino esclusivo industriale e non alimentare del latte, così come da normativa;
è ormai improcrastinabile un'azione concreta, soprattutto da parte del Governo centrale, che provveda a dare soluzioni definitive all'annosa vicenda della brucellosi bufalina in Campania, allo scopo, però, mettendo al primo posto la necessità di salvaguardare l'attività delle aziende bufaline e l'integrità del relativo patrimonio zootecnico -:
quale sia lo stato dei fatti in ordine all'applicazione dell'ordinanza del 14 novembre 2006 nel territorio campano, e in particolare in provincia di Caserta relativamente alla brucellosi bufalina, in particolare quali provvedimenti intenda mettere in atto per fare sì che sia evidenziata la brucellosi negli animali risultanti positivi alle analisi sierologiche sul sangue, dal momento che dagli animali portati alla macellazione sembra che non vengono riscontrate presenze del batterio ed in tal senso dare maggiori trasparenze e certezze delle stesse analisi, e, conseguentemente, come intenda da un lato procedere per fare sì che si fornisca agli allevatori un quadro certo e cautelativo per poter continuare ad allevare bufali e produrre latte e dall'altro lato per fare sì che al pubblico
sia fornita una rappresentazione di questo scenario che sia pienamente corrispondente alla realtà e lo rassicuri sui controlli effettuati e sulla qualità della mozzarella di bufala rientrante nel circuito della certificazione della dop.
(3-01456)
Interrogazione a risposta orale:
FORMISANO. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
diversi canili sono stati sequestrati in tutta Italia, ma soprattutto al Sud, l'ultimo sequestro è stato effettuato qualche giorno fa, da una sezione della Forestale, il Nirda (Nucleo investigativo per i reati a danno degli animali), a Taranto dove il 45 per cento dei 600 cani «ospiti» era affetto da infezioni, una grande parte con tumori, quasi tutti i maschi non erano stati sterilizzati e tantissimi erano zoppi, «presumibilmente a causa del pavimento dei box, in terra e pietre affioranti»;
in provincia di Frosinone qualche settimana fa, 700 cani sono stati trovati in condizioni miserrime in box piccoli e sovraffollati, con poco cibo, e in condizioni igieniche inesistenti;
la legge nazionale n. 281 del 1991, sancisce che i cani randagi non devono più essere soppressi, ma ospitati in strutture pubbliche, ben tenuti e sterilizzati, in attesa di una famiglia che li prenda in affidamento o che morte naturale sopravvenga;
detta legge si è rivelata valida nei principi ma insufficiente nell'attuazione pratica, infatti a sedici anni dalla legge vi sono circa 500 canili privati che detengono in gabbia 230 mila cani (dati della Sanità), e che stipulano grosse convenzioni con Asl o Comuni, con un giro di affari annuo di denaro pubblico pari a 500 milioni di euro;
più un cane è malnutrito, più alto è il guadagno effettuato anche con la cresta sulle rette, con la morte di un cane poi il titolare guadagna 50-75 euro, da ogni cane accalappiato o fatto nascere ad hoc il guadagno è di circa 30-45 euro;
la situazione ha assunto effetti disastrosi soprattutto nel sud d'Italia, basti esaminare i dati: in Puglia ci sono 61 mila cani chiusi in gabbia a fronte di 142 mila registrati in famiglia (quasi uno su due), in Campania i cani accalappiati sono 81 mila contro 223 mila (stesse percentuali), mentre in Toscana sono appena 4 mila contro 357 mila (quasi uno su 100), e in Lombardia ci sono 2.600 cani in gabbia e 413 mila in famiglia (quasi uno su 200 mila) -:
quali siano gli interventi urgenti previsti in tutta Italia, ma soprattutto al Sud dove molti dei canili «lager» sono di fatto in mano alla criminalità e le Asl, per forza di cose, non sono in grado di effettuare i controlli.
(3-01441)