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Allegato A
Seduta n. 253 del 5/12/2007
(Sezione 7 - Orientamenti del Governo sugli ospedali psichiatrici giudiziari e sulle case di cura e di custodia)
G)
I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri della giustizia e della salute, per sapere - premesso che:
gli istituti cui viene demandata l'esecuzione delle misure di sicurezza per i malati di mente, sono gli ospedali psichiatrici giudiziari e le case di cura e custodia;
attualmente gli ospedali psichiatrici giudiziari attivi sono sei, di cui cinque (Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Aversa, Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto) a diretta gestione dell'amministrazione penitenziaria ed uno, Castiglione delle Stiviere, viene amministrato sulla base di una convenzione tra ministero della giustizia e azienda ospedaliera;
nei sei centri sono reclusi 1.057 internati - mentre erano circa 1.500 nel 1979 e 1.807 nel 1983 - senza alcun effettivo esame dei casi di reale pericolosità che, in realtà, dovrebbero essere valutati, ai fini decisionali in ordine all'internamento, come indicato dalle sentenze della Corte costituzionale n. 253 del 2003 e n. 367 del 2004; vi è dunque una tendenza, che è legittimo definire positiva, che comporta la riduzione anziché l'espansione degli internati negli ospedali psichiatrici giudiziari;
in particolare la sentenza n. 253 del 2003 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 222 del codice penale, «nella parte in cui non consente al giudice (...) di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell'infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale»;
la sentenza n. 367 del 2004 riconosce e circoscrive l'opportunità di scelta fra internamento e affidamento esterno ai servizi, per le misure di cui all'articolo 206 del codice penale;
le diverse posizioni giuridiche degli internati evidenziano una condizione nella quale, al di fuori dell'ospedale psichiatrico giudiziario, appare generalmente assente una assunzione di responsabilità da parte delle strutture sanitarie competenti che incide in particolare su coloro - pari a quasi il settanta per cento del totale - che sono reclusi negli ospedali psichiatrici giudiziari perché (articolo 222 del codice penale) prosciolti per vizio totale di mente e dichiarati socialmente pericolosi;
ad oggi le persone che sono recluse negli ospedali psichiatrici giudiziari, pur non essendo sottoposte a misura di sicurezza definitive, sono identificabili:
a) «nei soggetti in osservazione psichiatrica con condanne definitive o con processi in corso»;
b) in coloro a cui sono «applicate le misure di sicurezza di cui all'articolo 206 del codice penale»;
c) nei «ricoveri ex articolo 148 codice penale o articolo 212 codice penale di chi si trova in esecuzione di pena o di misura di sicurezza detentiva (contro soggetti imputabili) cui sia sopravvenuta una infermità mentale», come illustrato nel documento di lavoro redatto dal gruppo di lavoro che nel 2006 si è formato per iniziativa del comune di Montelupo Fiorentino, della regione Toscana, della provincia di Firenze e del forum nazionale per il diritto alla salute in carcere;
complessivamente, in riferimento ai sei ospedali psichiatrici giudiziari, appaiono evidenti condizioni di assoluto degrado, di assenza di una efficace assistenza terapeutica, con un forte ricorso alla somministrazione di psicofarmaci, o di programmi di trattamento e di riabilitazione socio-psichiatrica finalizzati alla revoca della misura di sicurezza, di sostanziale inesistenza di protocolli e modalità di collaborazione fra gli ospedali psichiatrici
giudiziari e i dipartimenti di salute mentale presso le azienda sanitaria locale competenti sul territorio;
la relazione finale del gruppo di lavoro, incaricato nel 2004 dalla commissione interministeriale giustizia-salute sulla sanità penitenziaria di approfondire il tema nei sei istituti psichiatrici italiani di detenzione, ebbe modo di evidenziare la necessità di superare l'attuale assetto «attraverso la realizzazione di un sistema integrato di psichiatria penitenziaria»;
l'inattuata chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, all'ordine del giorno sin dall'approvazione della legge n. 180 del 1978 che ha abolito gli ospedali psichiatrici, il cui superamento è previsto dal decreto legislativo n. 230 del 1999, ha inoltre determinato una perdurante mancanza di politica manutentiva degli istituti, alcuni dei quali ormai vetusti; tutto ciò ha causato un lento ma inesorabile degrado delle strutture che, nel tempo, ha comportato una progressiva chiusura di alcuni reparti a discapito della capienza e dell'abitabilità;
un'inchiesta del Corriere della Sera, pubblicata il 18 aprile 2007 con il titolo «Suicidi e Aids, i "matti" dimenticati», firmata dal giornalista Fulvio Buffi, ha riguardato la situazione dell'ospedale pischiatrico giudiziario di Aversa che, insieme all'ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli, ospita il quaranta per cento degli internati sul territorio nazionale;
attualmente nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa sono recluse trecento persone rispetto al livello massimo che dovrebbe essere di centosettanta;
in particolare, emerge dall'inchiesta la valutazione del direttore dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, Adolfo Ferraro, secondo il quale il sessanta per cento degli internati nel centro potrebbe uscire «se ci fossero fuori strutture adatte ad accoglierli e curarli»; strutture che, si afferma nell'inchiesta, o appaiono inesistenti o, nel caso delle azienda sanitaria locale competenti, del tutto assenti, giacché le loro valutazioni sono espresse sulla base dei presunti maggiori costi di assistenza per ogni assistito rispetto a quelli sostenuti nella condizione di internato: «un recluso in ospedale psichiatrico giudiziario costa 600 euro all'anno, fuori ne costerebbe ventimila. E così pure a pena scontata, spesso al giudice di sorveglianza non resta altro che applicare la proroga della reclusione. Lo chiamano ergastolo bianco, nessuno sa quando finirà»;
il 19 aprile 2007 sul Corriere della Sera il dottor Marco D'Alema, consigliere del Ministro della salute Livia Turco, ha affermato che in collaborazione con il comitato tecnico delle Regioni, il Ministero della salute ha in esame scelte e indirizzi il cui obiettivo sia il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari in tre fasi:
la prima fase «è attuare un programma di uscita dei detenuti negli ospedali psichiatrici giudiziari che sono lì da tanto tempo e senza più una valida ragione. Il Ministero della salute sosterrà economicamente questa prima fase, prevediamo di inserire la copertura nella prossima Finanziaria. L'uscita di queste persone dagli ospedali psichiatrici giudiziari ridurrà i 1.200 detenuti negli ospedali giudiziari di un terzo»;
la seconda fase richiede «la piena attuazione del decreto legislativo del 1999 sul riordino della medicina penitenziaria che prevede il progressivo e finora non attuato affidamento al servizio sanitario nazionale della tutela della salute dei detenuti. In questo modo i casi più lievi di persone che si ammalano in carcere o sono in attesa di giudizio non verranno più dirottati agli ospedali psichiatrici giudiziari. Si tratta di un altro quarto del totale»;
la terza fase consiste nella «regionalizzazione degli ospedali psichiatrici giudiziari, che devono diventare strutture piccole a carattere prettamente sanitario, dove l'elemento penitenziario viene ridotto al minimo, e dove saranno ricoverati solo
i casi più gravi. La chiusura definitiva sarà però possibile solo modificando il codice penale»;
anche di tali modifiche si occupa la Commissione di studio per la riforma del codice penale, che si è insediata il 27 luglio 2006 al Ministero della giustizia, presieduta dal professor Giuliano Pisapia;
il 20 aprile sempre il Corriere della Sera, in riferimento all'inchiesta sopra citata, ha pubblicato una lettera congiunta del Ministro della giustizia Clemente Mastella e del Ministro della salute Livia Turco, nella quale i Ministri affermano che:
a) «il problema delle condizioni e del ruolo degli ospedali psichiatrici giudiziari è oggetto di una seria riflessione da parte dei nostri uffici per riuscire a realizzare, al più presto, iniziative adeguate ad affrontare una situazione che è grave, sotto molti profili, ormai da lungo tempo»;
b) «il primo e più urgente passaggio - sostengono i ministri nella loro nota congiunta - è costituito dalla piena attuazione del decreto legislativo n. 230 del 1999 che prevede il trasferimento integrale delle competenze in materia sanitaria, ora assolte dall'amministrazione penitenziaria, al servizio sanitario nazionale e alle regioni. In questo senso, concordiamo sulla necessità di accelerare, d'intesa con le regioni, tutte le procedure utili allo scopo. A nostro giudizio si impone, inoltre, una verifica rapida e puntuale della validità dei criteri che, per una quota degli attuali internati, determinano la permanenza negli ospedali psichiatrici giudiziari»;
c) «appare, infine, indispensabile affrontare la questione centrale dell'imputabilità degli autori di reato, che forma oggetto delle direttive, di prossima presentazione, da parte della commissione per la riforma del codice penale insediata presso il ministero della giustizia»;
l'associazione Antigone, che istituzionalmente dedica le proprie iniziative al sistema penitenziario, nel suo ultimo rapporto on line sugli ospedali psichiatrici giudiziari, pubblicato sul sito della associazione, dichiara che:
a) presso l'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa il 40 per cento degli internati è in regime di proroga. Il 60 per cento di questi è in tale status soltanto perché non vi è nessuno (famiglia, azienda sanitaria locale, associazioni di volontariato) disposto ad accogliergli una volta dimessi;
b) le strutture dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli-Sant'Eframo, in cui i reclusi sono prevalentemente internati, furono giudicate negativamente e inadeguate alla tipologia dell'istituto già nel 2004 dalla commissione parlamentare sulle carceri;
c) l'ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia evidenzia analoghe condizioni di sovraffollamento;
d) l'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, che è l'unico ospedale psichiatrico giudiziario in Italia aperto anche alle donne, presenta, al pari degli altri centri, una netta prevalenza di internati, pari all'80 per cento, che «hanno come caratteristiche che abbiano commesso reati, che siano stati dichiarati infermi di mente, che siano pericolosi sia al momento della sentenza definitiva che della perizia», rispetto agli «osservandi psichiatrici», cioè a dire persone «che abbiano presentato problemi psichiatrici durante la detenzione in carcere»;
e) l'ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino presenta pesanti condizioni di lavoro nella gestione del trattamento, sia in termini di personale che per la situazione generale della struttura, nonostante il dimezzamento della capienza a causa dei lavori di ristrutturazione;
tale insieme di valutazioni e di dati obiettivi conferma come l'esistenza degli ospedali psichiatrici giudiziari incida su fondamentali questioni della psichiatria e del diritto, al di là della condivisione o meno di ogni associazione tra malattia
mentale e pericolosità sociale, la cui insussistenza è stata l'indicazione propositiva, e in questo senso «provocatoria», contenuta nella legge n. 180;
nella XIII legislatura, la proposta di legge a prima firma dell'onorevole Franco Corleone (atto Camera n. 150) e quella proposta dalla regione Toscana hanno affrontato, coerentemente, alcuni fra i punti critici che interessano il rapporto fra il concetto di «pericolosità sociale» e l'applicazione di misure di sicurezza. In particolare, sotto questo profilo, la nozione di non imputabilità (proposta di legge della regione Toscana) o imputabilità del malato di mente (proposta Corleone) autore di reati con la previsione di trattamento penale differenziato in carcere o applicazione di misure alternative al carcere; due profili che contestualmente, seppure con ipotesi differenti, hanno avuto come obiettivo l'applicazione di misure di sostegno in luogo degli attuali ospedali psichiatrici giudiziari;
nel 1997 l'allora direttore dell'amministrazione penitenziaria, dottor Michele Coiro osservò che «il sistema deve cambiare radicalmente. Se il carcere deve servire a risocializzare e la riforma psichiatrica ci ha insegnato che l'istituto non cura, il malato di mente deve avere diritto alla pena»;
la commissione Pisapia per la riforma del codice penale è orientata, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, all'unanimità dei propri componenti a favore dell'eliminazione delle misure di sicurezza per le persone non imputabili, l'essenziale previsione della applicabilità delle misure di sostegno non oltre l'entità della pena - contro, appunto, l'incivile possibilità di misure di sicurezza che possono essere prorogate senza limiti - la valutazione periodica dell'efficacia dei protocolli terapeutici, il mantenimento di strutture sanitarie specifiche nei casi in cui sia impossibile prescindere da un controllo quotidiano;
il gruppo di lavoro, sopra citato, istituito per iniziativa del comune di Montelupo Fiorentino, della regione Toscana, della provincia di Firenze e del forum nazionale per il diritto alla salute in carcere, in tale prospettiva, ha proposto la definizione di un progetto nazionale che «dovrebbe stabilire modi e tempi per l'assegnazione dei ristretti negli ospedali psichiatrici giudiziari attuali alle regioni e, dunque, ai territori di provenienza, le tipologie differenziate delle strutture e dei servizi da attivare in ogni regione per la cura e la custodia, le competenze, le responsabilità e le forme di collaborazione da attivare tra il sistema penitenziario e il sistema sanitario a livello nazionale, regionale e locale, i provvedimenti per il trasferimento del personale sanitario nei ruoli sanitari delle regioni interessate, la quantificazione delle risorse finanziarie in conto capitale e in conto gestione di pertinenza sia del sistema penitenziario che del sistema sanitario. È evidente - si afferma nella proposta - che per realizzare il progetto obiettivo con certezza e con continuità è necessario che i due sistemi, sanitario e penitenziario, diano luogo, a tutti i livelli, ad una struttura organizzativa specifica, dotata di competenze e di personale dedicato. È ipotizzabile all'interno del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria un'autonoma organizzazione che si occupi dell'ospedale psichiatrico giudiziario in maniera continua, in grado di agire con autonomia di risorse e di organizzazione. Cosa analoga si pone per il ministero della salute. Il potenziamento dei servizi psichiatrici del territorio, il loro collegamento con la rete delle strutture e dei servizi sociali, tutti strumenti necessari per abbreviare i percorsi di internamento e agire per il recupero sociale dei malati di mente, non può essere lasciato - sostengono i promotori il documento e condivide l'interpellante - alla singola realtà locale, territoriale o regionale, ma deve trovare nel ministero della salute una sezione di lavoro che faccia da riferimento e da cerniera tra il livello centrale e il sistema regionale e che sia in grado di elaborare politiche e protocolli normativi di rapporto tra gli ospedali
psichiatrici giudiziari e le azienda sanitaria locale, insieme a strumenti e sistemi di controllo» -:
quali siano le valutazioni ed i dati ulteriori che il Governo ritiene essenziali ai fini di una piena considerazione dei problemi e dei dati esposti in premessa e, conseguentemente, degli indirizzi giuridici e legislativi da assumere, nei tempi e in coordinamento delle diverse responsabilità e soggetti istituzionali interessati;
quali misure amministrative i rispettivi Ministri intendano assumere, per quanto di loro competenza, in tempi immediati, anche in rapporto con il comitato tecnico delle regioni, per affrontare le condizioni di insostenibile degrado, di repressiva segregazione, anche laddove immotivata da diagnosi psichiatrica, di abbandono civile ed etico, cui sono sottoposti gli internati nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa e, secondo i rispettivi dati, negli altri ospedali psichiatrici giudiziari;
quali indirizzi i Ministri interpellati intendano assumere o confermare, in riferimento ai lavori della commissione Pisapia, in ordine agli articoli del codice penale che interessano l'adozione delle misure di sicurezza per i malati di mente, in conformità con le sentenze della Corte costituzionale;
nella prospettiva di riordino della medicina penitenziaria, in coerenza con il passaggio al servizio sanitario pubblico stabilito all'articolo 5 della legge delega 30 novembre 1998 e nel decreto delegato del 22 giugno 1999, quali orientamenti il Governo intenda esprimere, per quanto di propria competenza, in ordine alla definizione di un progetto obiettivo del ministero della salute e ad un piano esecutivo di azione dell'amministrazione penitenziaria, come proposto dal gruppo di lavoro, già citato in premessa - istituito per iniziativa del comune di Montelupo Fiorentino, della regione Toscana e della provincia di Firenze - e, conseguentemente, se il Governo condivida l'obiettivo di «predisporre ed attuare un progetto nazionale concordato in sede di commissione Stato-Regioni, tra il ministero della giustizia, il ministero della salute e le regioni italiane, previa consultazione con le organizzazioni sindacali confederali e con le maggiori associazioni del volontariato e del terzo settore».
(2-00871)
«Boato, Bonelli, Balducci, Cassola, De Zulueta, Francescato, Fundarò, Lion, Pellegrino, Camillo Piazza, Trepiccione, Zanella».
(Presentata il 3 dicembre 2007)