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Allegato B
Seduta n. 253 del 5/12/2007
TESTO AGGIORNATO AL 10 DICEMBRE 2007
...
GIUSTIZIA
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
gli istituti cui viene demandata l'esecuzione delle misure di sicurezza per i malati di mente, sono gli ospedali psichiatrici giudiziari e le case di cura e custodia;
attualmente gli ospedali psichiatrici giudiziari attivi sono sei, di cui cinque (Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Aversa, Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto) a diretta gestione dell'amministrazione penitenziaria ed uno, Castiglione delle Stiviere, viene amministrato sulla base di una convenzione tra ministero della giustizia e azienda ospedaliera;
nei sei centri sono reclusi 1.057 internati - mentre erano circa 1.500 nel 1979 e 1.807 nel 1983 - senza alcun effettivo esame dei casi di reale pericolosità che, in realtà, dovrebbero essere valutati, ai fini decisionali in ordine all'internamento, come indicato dalle sentenze della Corte costituzionale n. 253 del 2003 e n. 367 del 2004; vi è dunque una tendenza, che è legittimo definire positiva, che comporta la riduzione anziché l'espansione degli internati negli ospedali psichiatrici giudiziari;
in particolare la sentenza n. 253 del 2003 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 222 del codice penale, «nella parte in cui non consente al giudice (...) di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell'infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale»;
la sentenza n. 367 del 2004 riconosce e circoscrive l'opportunità di scelta fra internamento e affidamento esterno ai servizi, per le misure di cui all'articolo 206 del codice penale;
le diverse posizioni giuridiche degli internati evidenziano una condizione nella quale, al di fuori dell'ospedale psichiatrico giudiziario, appare generalmente assente una assunzione di responsabilità da parte delle strutture sanitarie competenti che incide in particolare su coloro - pari a quasi il settanta per cento del totale - che sono reclusi negli ospedali psichiatrici giudiziari perché (articolo 222 del codice penale) prosciolti per vizio totale di mente e dichiarati socialmente pericolosi;
ad oggi le persone che sono recluse negli ospedali psichiatrici giudiziari, pur non essendo sottoposte a misure di sicurezza definitive, sono identificabili:
a) «nei soggetti in osservazione psichiatrica con condanne definitive o con processi in corso»;
b) in coloro a cui sono «applicate le misure di sicurezza di cui all'articolo 206 del codice penale»;
c) nei «ricoveri ex articolo 148 codice penale o articolo 212 codice penale di chi si trova in esecuzione di pena o di misura di sicurezza detentiva (contro soggetti imputabili) cui sia sopravvenuta una infermità mentale», come illustrato nel documento di lavoro redatto dal gruppo di lavoro che nel 2006 si è formato per iniziativa del comune di Montelupo Fiorentino, della regione Toscana, della provincia di Firenze e del forum nazionale per il diritto alla salute in carcere;
complessivamente, in riferimento ai sei ospedali psichiatrici giudiziari, appaiono evidenti condizioni di assoluto degrado, di assenza di una efficace assistenza terapeutica, con un forte ricorso alla somministrazione di psicofarmaci, o
di programmi di trattamento e di riabilitazione socio-psichiatrica finalizzati alla revoca della misura di sicurezza, di sostanziale inesistenza di protocolli e modalità di collaborazione fra gli ospedali psichiatrici giudiziari e i dipartimenti di salute mentale presso le aziende sanitarie locali competenti sul territorio;
la relazione finale del gruppo di lavoro, incaricato nel 2004 dalla commissione interministeriale giustizia-salute sulla sanità penitenziaria di approfondire il tema nei sei istituti psichiatrici italiani di detenzione, ebbe modo di evidenziare la necessità di superare l'attuale assetto «attraverso la realizzazione di un sistema integrato di psichiatria penitenziaria»;
l'inattuata chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, all'ordine del giorno sin dall'approvazione della legge n. 180 del 1978 che ha abolito gli ospedali psichiatrici, il cui superamento è previsto dal decreto legislativo n. 230 del 1999, ha inoltre determinato una perdurante mancanza di politica manutentiva degli istituti, alcuni dei quali ormai vetusti; tutto ciò ha causato un lento ma inesorabile degrado delle strutture che, nel tempo, ha comportato una progressiva chiusura di alcuni reparti a discapito della capienza e dell'abitabilità;
un'inchiesta del Corriere della Sera, pubblicata il 18 aprile 2007 con il titolo «Suicidi e Aids, i "matti" dimenticati», firmata dal giornalista Fulvio Buffi, ha riguardato la situazione dell'ospedale giudiziario di Aversa che, insieme all'ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli, ospita il quaranta per cento degli internati sul territorio nazionale;
attualmente nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa sono recluse trecento persone rispetto al livello massimo che dovrebbe essere di centosettanta;
in particolare, emerge dall'inchiesta la valutazione del direttore dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, Adolfo Ferraro, secondo il quale il sessanta per cento degli internati nel centro potrebbe uscire «se ci fossero fuori strutture adatte ad accoglierli e curarli»; strutture che, si afferma nell'inchiesta, o appaiono inesistenti o, nel caso delle aziende sanitarie locali competenti, del tutto assenti, giacché le loro valutazioni sono espresse sulla base dei presunti maggiori costi di assistenza per ogni assistito rispetto a quelli sostenuti nella condizione di internato: «un recluso in ospedale psichiatrico giudiziario costa 600 euro all'anno, fuori ne costerebbe ventimila. E così pure a pena scontata, spesso al giudice di sorveglianza non resta altro che applicare la proroga della reclusione. Lo chiamano ergastolo bianco, nessuno sa quando finirà»;
il 19 aprile 2007 sul Corriere della Sera il dottor Marco D'Alema, consigliere del Ministro della salute Livia Turco, ha affermato che in collaborazione con il comitato tecnico delle Regioni, il Ministero della salute ha in esame scelte e indirizzi il cui obiettivo sia il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari in tre fasi:
la prima fase «è attuare un programma di uscita dei detenuti negli ospedali psichiatrici giudiziari che sono lì da tanto tempo e senza più una valida ragione. Il Ministero della salute sosterrà economicamente questa prima fase, prevediamo di inserire la copertura nella prossima Finanziaria. L'uscita di queste persone dagli ospedali psichiatrici giudiziari ridurrà i 1.200 detenuti negli ospedali giudiziari di un terzo»;
la seconda fase richiede «la piena attuazione del decreto legislativo del 1999 sul riordino della medicina penitenziaria che prevede il progressivo e finora non attuato affidamento al servizio sanitario nazionale della tutela della salute dei detenuti. In questo modo i casi più lievi di persone che si ammalano in carcere o sono in attesa di giudizio non verranno più dirottati agli ospedali psichiatrici giudiziari. Si tratta di un altro quarto del totale»;
la terza fase consiste nella «regionalizzazione degli ospedali psichiatrici giudiziari,
che devono diventare strutture piccole a carattere prettamente sanitario, dove l'elemento penitenziario viene ridotto al minimo, e dove saranno ricoverati solo i casi più gravi. La chiusura definitiva sarà però possibile solo modificando il codice penale»;
anche di tali modifiche si occupa la Commissione di studio per la riforma del codice penale, che si è insediata il 27 luglio 2006 al Ministero della giustizia, presieduta dal professor Giuliano Pisapia;
il 20 aprile sempre il Corriere della Sera, in riferimento all'inchiesta sopra citata, ha pubblicato una lettera congiunta del Ministro della giustizia Clemente Mastella e del Ministro della salute Livia Turco, nella quale i Ministri affermano che:
a) «il problema delle condizioni e del ruolo degli ospedali psichiatrici giudiziari è oggetto di una seria riflessione da parte dei nostri uffici per riuscire a realizzare, al più presto, iniziative adeguate ad affrontare una situazione che è grave, sotto molti profili, ormai da lungo tempo»;
b) «il primo e più urgente passaggio - sostengono i ministri nella loro nota congiunta - è costituito dalla piena attuazione del decreto legislativo n. 230 del 1999 che prevede il trasferimento integrale delle competenze in materia sanitaria, ora assolte dall'amministrazione penitenziaria, al servizio sanitario nazionale e alle regioni. In questo senso, concordiamo sulla necessità di accelerare, d'intesa con le regioni, tutte le procedure utili allo scopo. A nostro giudizio si impone, inoltre, una verifica rapida e puntuale della validità dei criteri che, per una quota degli attuali internati, determinano la permanenza negli ospedali psichiatrici giudiziari»;
c) «appare, infine, indispensabile affrontare la questione centrale dell'imputabilità degli autori di reato, che forma oggetto delle direttive, di prossima presentazione, da parte della commissione per la riforma del codice penale insediata presso il ministero della giustizia»;
l'associazione Antigone, che istituzionalmente dedica le proprie iniziative al sistema penitenziario, nel suo ultimo rapporto on line sugli ospedali psichiatrici giudiziari, pubblicato sul sito della associazione, dichiara che:
a) presso l'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa il 40 per cento degli internati è in regime di proroga. Il 60 per cento di questi è in tale status soltanto perché non vi è nessuno (famiglia, azienda sanitaria locale, associazioni di volontariato) disposto ad accogliergli una volta dimessi;
b) le strutture dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli - Sant'Eframo, in cui i reclusi sono prevalentemente internati, furono giudicate negativamente e inadeguate alla tipologia dell'istituto già nel 2004 dalla commissione parlamentare sulle carceri;
c) l'ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia evidenzia analoghe condizioni di sovraffollamento;
d) l'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, che è l'unico ospedale psichiatrico giudiziario in Italia aperto anche alle donne, presenta, al pari degli altri centri, una netta prevalenza di internati, pari all'80 per cento, che «hanno come caratteristiche che abbiano commesso reati, che siano stati dichiarati infermi di mente, che siano pericolosi sia al momento della sentenza definitiva che della perizia», rispetto agli «osservandi psichiatrici», cioè a dire persone «che abbiano presentato problemi psichiatrici durante la detenzione in carcere»;
e) l'ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino presenta pesanti condizioni di lavoro nella gestione del trattamento, sia in termini di personale che per la situazione generale della struttura, nonostante il dimezzamento della capienza a causa dei lavori di ristrutturazione;
tale insieme di valutazioni e di dati obiettivi conferma come l'esistenza degli ospedali psichiatrici giudiziari incida su
fondamentali questioni della psichiatria e del diritto, al di là della condivisione o meno di ogni associazione tra malattia mentale e pericolosità sociale, la cui insussistenza è stata l'indicazione propositiva, e in questo senso «provocatoria», contenuta nella legge n. 180;
nella XIII legislatura, la proposta di legge a prima firma dell'onorevole Franco Corleone (atto Camera n. 150) e quella proposta dalla regione Toscana hanno affrontato, coerentemente, alcuni fra i punti critici che interessano il rapporto fra il concetto di «pericolosità sociale» e l'applicazione di misure di sicurezza. In particolare, sotto questo profilo, la nozione di non imputabilità (proposta di legge della regione Toscana) o imputabilità del malato di mente (proposta Corleone) autore di reati con la previsione di trattamento penale differenziato in carcere o applicazione di misure alternative al carcere; due profili che contestualmente, seppure con ipotesi differenti, hanno avuto come obiettivo l'applicazione di misure di sostegno in luogo degli attuali ospedali psichiatrici giudiziari;
nel 1997 l'allora direttore dell'amministrazione penitenziaria, dottor Michele Coiro osservò che «il sistema deve cambiare radicalmente. Se il carcere deve servire a risocializzare e la riforma psichiatrica ci ha insegnato che l'istituto non cura, il malato di mente deve avere diritto alla pena»;
la commissione Pisapia per la riforma del codice penale è orientata, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, all'unanimità dei propri componenti a favore dell'eliminazione delle misure di sicurezza per le persone non imputabili, l'essenziale previsione della applicabilità delle misure di sostegno non oltre l'entità della pena - contro, appunto, l'incivile possibilità di misure di sicurezza che possono essere prorogate senza limiti - la valutazione periodica dell'efficacia dei protocolli terapeutici, il mantenimento di strutture sanitarie specifiche nei casi in cui sia impossibile prescindere da un controllo quotidiano;
il gruppo di lavoro, sopra citato, istituito per iniziativa del comune di Montelupo Fiorentino, della regione Toscana, della provincia di Firenze e del forum nazionale per il diritto alla salute in carcere, in tale prospettiva, ha proposto la definizione di un progetto nazionale che «dovrebbe stabilire modi e tempi per l'assegnazione dei ristretti negli ospedali psichiatrici giudiziari attuali alle regioni e, dunque, ai territori di provenienza, le tipologie differenziate delle strutture e dei servizi da attivare in ogni regione per la cura e la custodia, le competenze, le responsabilità e le forme di collaborazione da attivare tra il sistema penitenziario e il sistema sanitario a livello nazionale, regionale e locale, i provvedimenti per il trasferimento del personale sanitario nei ruoli sanitari delle regioni interessate, la quantificazione delle risorse finanziarie in conto capitale e in conto gestione di pertinenza sia del sistema penitenziario che del sistema sanitario. È evidente - si afferma nella proposta - che per realizzare il progetto obiettivo con certezza e con continuità è necessario che i due sistemi, sanitario e penitenziario, diano luogo, a tutti i livelli, ad una struttura organizzativa specifica, dotata di competenze e di personale dedicato. È ipotizzabile all'interno del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria un'autonoma organizzazione che si occupi dell'ospedale psichiatrico giudiziario in maniera continua, in grado di agire con autonomia di risorse e di organizzazione. Cosa analoga si pone per il ministero della salute. Il potenziamento dei servizi psichiatrici del territorio, il loro collegamento con la rete delle strutture e dei servizi sociali, tutti strumenti necessari per abbreviare i percorsi di internamento e agire per il recupero sociale dei malati di mente, non può essere lasciato - sostengono i promotori il documento e condivide l'interpellante - alla singola realtà locale, territoriale o regionale, ma deve trovare nel ministero della salute una sezione di lavoro che faccia da riferimento e da cerniera tra il livello centrale e il sistema regionale e che sia in grado di elaborare politiche e protocolli
normativi di rapporto tra gli ospedali psichiatrici giudiziari e le aziende sanitarie locali, insieme a strumenti e sistemi di controllo» -:
quali siano le valutazioni ed i dati ulteriori che il Governo ritiene essenziali ai fini di una piena considerazione dei problemi e dei dati esposti in premessa e, conseguentemente, degli indirizzi giuridici e legislativi da assumere, nei tempi e in coordinamento delle diverse responsabilità e soggetti istituzionali interessati;
quali misure amministrative i rispettivi Ministri intendano assumere, per quanto di loro competenza, in tempi immediati, anche in rapporto con il comitato tecnico delle regioni, per affrontare le condizioni di insostenibile degrado, di repressiva segregazione, anche laddove immotivata da diagnosi psichiatrica, di abbandono civile ed etico, cui sono sottoposti gli internati nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa e, secondo i rispettivi dati, negli altri ospedali psichiatrici giudiziari;
quali indirizzi i Ministri interpellati intendano assumere o confermare, in riferimento ai lavori della commissione Pisapia, in ordine agli articoli del codice penale che interessano l'adozione delle misure di sicurezza per i malati di mente, in conformità con le sentenze della Corte costituzionale;
nella prospettiva di riordino della medicina penitenziaria, in coerenza con il passaggio al servizio sanitario pubblico stabilito all'articolo 5 della legge delega 30 novembre 1998 e nel decreto delegato del 22 giugno 1999, quali orientamenti il Governo intenda esprimere, per quanto di propria competenza, in ordine alla definizione di un progetto obiettivo del ministero della salute e ad un piano esecutivo di azione dell'amministrazione penitenziaria, come proposto dal gruppo di lavoro, già citato in premessa - istituito per iniziativa del comune di Montelupo Fiorentino, della regione Toscana e della provincia di Firenze - e, conseguentemente, se il Governo condivida l'obiettivo di «predisporre ed attuare un progetto nazionale concordato in sede di commissione Stato-Regioni, tra il ministero della giustizia, il ministero della salute e le regioni italiane, previa consultazione con le organizzazioni sindacali confederali e con le maggiori associazioni del volontariato e del terzo settore».
(2-00871)
«Boato, Bonelli, Balducci, Cassola, De Zulueta, Francescato, Fundarò, Lion, Pellegrino, Camillo Piazza, Trepiccione, Zanella».
(Presentata il 3 dicembre 2007)
Interrogazione a risposta immediata:
MAZZONI, VOLONTÈ, VIETTI, ROMANO, DRAGO, D'AGRÒ, FORMISANO, LUCCHESE, PERETTI, MEREU, COMPAGNON e RONCONI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'Italia si pone all'ultimo posto in Europa per la lentezza nella definizione dei processi, vantando il record negativo del Paese europeo, con il maggior numero di condanne dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo (addirittura il 37 per cento di tutte le sentenze di condanna della Corte di Strasburgo per inefficienza della giustizia sono a carico dell'Italia);
negli ultimi dieci anni la magistratura di pace ha definito 12 milioni di procedimenti civili, sgravando di oneri enormi i tribunali e, secondo i dati forniti dal Ministero della giustizia, i risultati conseguiti dalla giustizia di pace sono molto positivi: solo l'8 per cento delle sentenze emanate nel settore civile è oggetto di impugnazione;
ma, nonostante il Ministero della giustizia punti sui giudici di pace per azzerare nell'arco di cinque anni l'arretrato accumulato dai tribunali, la magistratura di pace attende da anni una riforma organica del suo ruolo;
il progetto di riforma annunciato dal Ministero della giustizia è considerato deludente rispetto alle richieste della magistratura di pace associata;
pur avendo le stesse responsabilità e gli stessi doveri dei magistrati in carriera, i giudici di pace non godono di nessun diritto, sia da un punto di vista giuridico e, soprattutto, sotto il profilo previdenziale e assistenziale;
essi non maturano alcun diritto alla pensione, non hanno diritto a indennità di malattia o maternità, non percepiscono il trattamento di fine rapporto, né agevolazioni per i familiari a carico;
molti di loro sono costretti a lavorare anche se affetti da malattia grave per mantenere la famiglia e non incorrere nella cosiddetta «dispensa d'ufficio» -:
quali misure intenda adottare, considerata la gravità della situazione, per una riforma organica della magistratura di pace auspicata da tutti ma nei fatti disattesa, secondo quelle che sono le vere esigenze dei magistrati, che lamentano, soprattutto, il mancato pieno riconoscimento dei fondamentali diritti costituzionali riconosciuti a tutti i lavoratori.
(3-01474)
Interrogazione a risposta orale:
MISURACA, ANGELINO ALFANO, MARINELLO e FALLICA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la situazione della giustizia nel Distretto di Corte d'Appello di Caltanissetta assume rilievi di una certa gravità in quanto la mole di lavoro è assolutamente sproporzionata in relazione all'organico presente aggravato ultimamente dall'annuncio che alcuni Magistrati lasceranno sia i Tribunali che la Procura di Gela e di Caltanissetta per altre destinazioni, con l'evidente rischio di paralizzare la giustizia e con il conseguente risultato che certe delicate inchieste non possano arrivare a conclusione;
il blocco di tali inchieste rappresenterebbe una sicura sconfitta per lo Stato e una demotivazione per chi ha condotto le indagini, tenuto conto del risveglio delle coscienze proprio in quelle zone dove il fenomeno del racket e dell'usura è largamente diffuso;
inoltre l'eventuale paralisi della giustizia vanificherebbe il lavoro portato avanti dalle Forze dell'Ordine con la consueta abnegazione, peraltro con organici notoriamente sottodimensionati;
la città di Caltanissetta è caratterizzata ultimamente da eventi inquietanti che necessitano un'accelerazione nelle indagini per portare alla luce eventuali responsabili, esecutori e mandanti che stanno ingenerando nella cittadinanza un clima di sospetto tra gli stessi autorevoli Rappresentanti delle Istituzioni;
da Caltanissetta è partito altresì, un forte messaggio di ribellione nei confronti della malavita organizzata e contro l'illegalità (racket, usura, controllo del territorio, eccetera) e pertanto non si può non tenere conto di questo nuovo modo di pensare in un territorio che storicamente negli anni è stato caratterizzato dall'omertà;
il Ministro Mastella nella sua visita a Gela del 26 novembre 2007 ha dichiarato che non rientra tra i propri poteri la nomina dei Procuratori e dei Sostituti essendo specifica competenza del CSM;
il lavoro svolto dalla Procura purtroppo ha permesso di individuare solo la manovalanza criminale e, invece, sarebbe opportuno individuare le menti che tessono le fila della criminalità in Provincia;
aggrava la situazione anche la carenza del personale amministrativo della giustizia tanto che quello in servizio è costretto ad effettuare centinaia di ore di straordinario, delle quali solo una piccola parte viene retribuita;
nell'ufficio giudiziario della Procura della Repubblica di Gela non vi è la guida di un Procuratore Capo, infatti da qualche mese vi è un Sostituto Procuratore facente funzione, che a seguito del venir meno del Procuratore della Repubblica a Gela, è costretto a dividersi con i suoi impegni di Magistrato a Caltanissetta;
da molto tempo sono state presentate le istanze per un posto da Procuratore Capo nel Distretto della Corte di Appello di Caltanissetta, per il quale il Consiglio Superiore della Magistratura nei prossimi mesi dovrebbe valutare le domande;
nessuna richiesta sembrerebbe ancora essere stata formalizzata per ricoprire i posti che saranno lasciati dai Pubblici Ministeri in via di trasferimento (sette solo da Caltanissetta) -:
se non ritenga di richiedere al CSM anche ai sensi dell'articolo 110 dell'ordinamento giudiziario la celere nomina dei magistrati necessari per superare le emergenze attuali del Distretto della Corte d'Appello di Caltanissetta e per stabilizzare finalmente, l'organigramma delle Procure;
se non ritenga, in alternativa, concedere delle deroghe alla Procura della Repubblica di Caltanissetta e di Gela alla nomina di nuovi Magistrati considerate le emergenze sul territorio;
quali azioni concrete intenda porre in essere per evitare che il trasferimento di Magistrati prima della conclusione di importanti inchieste si rifletta sull'esito stesso delle indagini ed in definitiva sull'efficacia della Giustizia stessa e per evitare che si vanifichi il prezioso lavoro di supporto svolto dalla Forze dell'ordine.
(3-01483)
Interrogazione a risposta in Commissione:
CAPARINI, BRICOLO, GRIMOLDI e FUGATTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 14 gennaio 2003, a Grugliasco, alle porte di Torino, viene ritrovato il cadavere di Giuseppe Donà, 40enne disegnatore tecnico della Valeo di Pianezza: gli hanno sparato tre colpi di pistola calibro 6,35, in casa gli trovano un chilo e 700 grammi di cocaina. I carabinieri del reparto operativo e il pubblico ministero che si occupa dell'omicidio hanno bisogno di un anno e mezzo, finché un pentito legato alla `ndrangheta parla di suoi conoscenti che spesso andavano in Calabria a prendere cocaina ed eroina da portare al Nord (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
dopo poco viene arrestato Paolo Ammassari, un amico di Donà, sempre per droga (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
grazie alle intercettazioni telefoniche, il 5 luglio 2006 viene arrestato Giuseppe Amato, un artigiano di 46 anni con la fama da «duro», e con lui un romeno attraverso il quale arrivano a Leonardo Cotrona, un commerciante di 40 anni di Collegno (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
il terzo killer sarebbe Rocco Varacalli, 37 anni, il quale, messo alle strette, ammette. «Si, ero anch'io lì. Ma ho solo assistito. Ci fu un acceso diverbio, poi Cotrona si allontanò con Donà facendomi segno di seguirli. Tirò fuori la pistola e sparò, uccidendo Donà» (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
la versione non convince il pubblico ministero, che ha dalla sua parte un testimone: un uomo con precedenti, che non era sul luogo, ma a cui i tre un giorno si erano rivolti vantandosi di aver fatto fuori il disegnatore della Valeo. Alla fine il pm contesta a tutti e tre l'omicidio volontario. Dall'inchiesta sul delitto nasce un'indagine sul traffico di stupefacenti: cinquanta telefonini cellulari sotto controllo, centinaia di pedinamenti, filmati. Si scopre che il gruppo riesce a piazzare sul mercato torinese un chilo di droga alla settimana per un volume d'affari di un milione di euro l'anno. Si tratta del livello medio,
quello che collega i grossisti con i piccoli spacciatori di Porta Palazzo a San Salvario (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
i magistrati della Dda di Torino Maurizio Laudi e Roberto Sparagna chiedono la cattura di 30 persone, cinque sono quelle arrestate: Carmelo Pirrotta, 44 anni di Moncalieri; Cesare Gramaglia (42) di Moncalieri; Mariano Mirengo (47), di Torino; Francesco Simone (47) di Torino e Oreste Scotti (30) di Beinasco. Tutti avevano commesso reati anche dopo il 2 maggio 2006, data dell'indulto (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
il giudice Alessandro Prunas spiega di non aver proceduto all'arresto perché «non ne valeva la pena: tra attenuanti generiche, riti alternativi, legge sull'indulto e semilibertà, nessuno avrebbe fatto un giorno di galera, arrestarli sarebbe stata una perdita di tempo» (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
la Procura di Torino ha presentato ricorso in Cassazione. Carlo Federico Grosso: «Il codice di procedura penale indica taluni casi nei quali la misura della custodia cautelare non può essere assunta dal giudice dell'udienza preliminare in considerazione della valutazione che egli fa in ordine alla pena che potrà essere irrogata con la sentenza emessa alla fine del processo dal giudice del dibattimento. In questa prospettiva stabilisce, ad esempio, che il carcere preventivo non può essere disposto se il giudice ritiene che sarà concessa la sospensione condizionale della pena (prevista, a certe condizioni, per condanne fino a due anni) o che la pena non potrà essere irrogata perché è presente una circostanza che estingue il reato o l'intera pena. Fra questi casi non inserisce tuttavia l'ipotesi in cui il giudice, chiamato a decidere sulla richiesta di applicazione di una misura cautelare, pronostichi la pena che verrà irrogata dal giudice del dibattimento valutando tutte le possibili varianti del processo penale» (la Stampa 16 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
nel corso delle perquisizioni a uno dei «graziati», a Platì, è stato ritrovato un bunker, nascosto da una finta parete: i carabinieri sospettano fosse usata per nascondere latitanti (la Stampa 16 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
Carlo Federico Grosso ha dichiarato che: «riti processuali alternativi che determinano abnormi diminuzioni di pena, circostanze attenuanti generiche applicate a qualsiasi delinquente, pene alternative alla detenzione acquisibili pressoché da tutti i condannati, l'indecente condono di ben tre anni di pena approvato dal Parlamento poco più di un anno fa, altri benefici disseminanti nelle leggi penali e nell'ordinamento penitenziario. Il risultato: una sanzione penale imprevedibile, che tende a sfrangiarsi o addirittura, talvolta, a svanire, il carcere troppo agevolmente eluso, gli sforzi delle forze dell'ordine e delle Procure della Repubblica vanificati, il vento del buonsimo legislativo e giudiziario che toglie vigore alla prevenzione generale centro il crimine» (la Stampa 16 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
Raphael Zanotti Giuseppe Legato: «che i torinesi abbiano una visione pragmatica del diritto è noto da tempo. Mesi fa era stato il procuratore capo di Torino Marcello Maddalena a scatenare un dibattito con una propria circolare ai magistrati inquirenti nella quale si chiedeva che i pubblici ministeri, nel mandare avanti i processi, tenessero in considerazione le reali possibilità che questi avevano di arrivare alla fine senza chiudersi con una prescrizione. Una circolare che, apprezzata per l'onestà, era stata comunque criticata in quanto poneva dei dubbi rispetto all'obbligatorietà dell'azione penale della magistratura»; (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
Maddalena: «Certamente c'è un clima che non favorisce la fiducia nel lavoro che si cerca di fare. Molto spesso i magistrati inquirenti, ma estendo questa mia considerazione anche a quelli giudicanti, hanno l'impressione di lavorare a
vuoto» (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
Nicola Mancino, vicepresidente del Csm: «La pubblica opinione rimane perplessa di fronte a decisioni come quella di non applicare la legge, di non spedire in carcere indagati per reati gravissimi, a prescindere dal fatto che questi signori in carcere ci staranno ben poco. La stragrande maggioranza dei magistrati applica la legge, anche quando ha consapevolezza della sua inefficacia» (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
sempre Nicola Mancino: «Sono convinto che la stragrande maggioranza dei magistrati vive nelle difficoltà conosciute, come le mancate riforme di diritto sostanziale e processuale. Ma i giudici rispondono, anche se complessivamente la macchia giudiziaria è lenta, i processi sono lunghi, la gente perde fiducia». Per la fine dell'anno, i reati commessi in Italia potrebbero toccare quota tre milioni, nel 2006 erano stati 2,8 milioni, in aumento del 7,5 per cento rispetto a quelli del 2005. Il sociologo Maurizio Fiasco: Con l'indulto dell'estate 2006 sono tornati in libertà molti ladri professionali: parte del loro «lavoro» criminale è rilevato dal consuntivo 2006 il resto lo sarà alla fine dell'anno in corso. Del resto, anche dopo l'amnistia del 1989 che ha accompagnato la riforma del Codice di procedura penale, si è registrato un incremento di mezzo milione di delitti (Il Sole 24 Ore 5 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
Guido Ruotolo: «Tanto quanto vale lo spaccio di droga. Una violenza sessuale, settecento giorni, un furto, duecentodieci giorni. È il catalogo dell'ingiustizia, che spiega perché si ripetono vampate di indignazione». I dati provengono da una ricerca del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria il cui capo Ettore Ferrara ha spiegato non molto tempo fa che le carceri si sono «sgonfiate» grazie all'indulto, passando da 83.000 a 42.119 detenuti, il 42 per cento dei quali definitivi (il 34 per cento in attesa di giudizio, il 18 per cento appellante, il 6 per cento ricorrente in Cassazione, dati al giugno scorso) (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
l'assenza di interventi strutturali sul sistema legislativo vigente sta determinando un incremento delle popolazione carceraria tra mille e duemila unità al mese, tra un anno e mezzo (mese più, mese meno) le carceri italiane torneranno ad essere sovraffollate come prima dell'indulto (la Repubblica 17 novembre);
la presenza di «flusso» negli istituti penitenziari registra un dato molto basso in termini di permanenza del singolo soggetto detenuto con valori medi che raramente superano i 90/120 giorni. Il rapporto del Dap sottolinea che il sistema giudiziario e penitenziario che trova riscontro nell'articolo 27 della Costituzione «si sviluppava in modo abbastanza controllato con il ricorso alla sanzione detentiva in un numero più limitato di casi di quanto accada oggi e con una permanenza nell'istituzione penitenziaria più prolungata di quella odierna» (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
il problema più serio è quello di percepire le disfunzioni, di riconoscere la necessità di adeguamento anche di carattere normativo e non provvedervi. Mancino: Purtroppo, da anni il nostro Paese è immobile. Tutto viene triturato in logiche politiche di schieramento mentre il corpo elettorale ha assegnato ai singoli parlamentari il mandato di governare e di legiferare. Il Parlamento deve funzionare, non può vivere un giorno sì e l'altro pure con il dubbio se il Governo cada, se ne nasca un altro, se un parlamentare cambi casacca. Così non si affrontano i temi veri della crisi del Paese, che è una crisi interistituzionale che attraversa Governo, Parlamento, Forze dell'Ordine, Magistratura (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007);
tenuto conto del probabile accesso ai riti alternativi e della possibile concessione delle attenuanti generiche è probabile che i giudici abbiano ritenuto che la futura sentenza di condanna non avrebbe comunque
potuto infliggere più di sei anni di reclusione. Tenuto altresì conto dei tre anni di pena sicuramente estinti dall'indulto e della conseguente possibilità dell'immediato accesso a misure alternative alla detenzione, è possibile che abbiano valutato che i condannati non avrebbero mai varcato le porte del carcere. Ha quindi deciso di respingere per questa ragione la richiesta di cattura, pur giustificata dalla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e dalla presenza delle esigenze cautelari» (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007) -:
quali atti il Ministro intenda intraprendere per consentire il regolare funzionamento della giustizia, in particolar modo quella penale.
(5-01844)
Interrogazioni a risposta scritta:
CARDANO, LOCATELLI e DANIELE FARINA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel mese di luglio 2007 il deputato Locatelli ha effettuato una visita alla casa circondariale di Biella, a cui è seguita in data 8 ottobre 2007 una nuova visita della deputata Cardano, insieme ad alcuni rappresentanti dell'associazione Antigone, precedute in entrambi i casi da un approfondito colloquio con la dirigente e con il comandante della struttura;
alla data dell'8 ottobre 2007 erano presenti nella struttura 270 detenuti, di cui circa 100 stranieri, ed erano previste nuove assegnazioni entro la fine del corrente anno (mentre la copertura regolamentare è di 280 detenuti);
i detenuti erano suddivisi in 4 sezioni (EIV, comuni, sex offenders, tossicodipendenti in custodia attenuata);
il personale educativo era costituito da solo due unità (con una diminuzione di altre 2 unità rispetto al 2005);
l'organico di polizia era costituito da 180 unità (con una presenza di fatto di 145 unità), risultando l'organico carente di 30 unità nel ruolo di agenti di custodia e di 15 appartenenti al ruolo di ispettori;
nel mese di luglio 2007 si era verificato un evento critico, cioè un incendio accidentale avvenuto nella cella di un detenuto della sezione EIV causato da un fornello difettoso, poi sostituito;
nel mese di settembre 2007 il trasferimento di alcuni detenuti della sezione EIV a Sulmona aveva suscitato una forte risonanza sulla stampa locale (Eco di Biella, 24 e 27 settembre 2007);
a fronte di importanti relazioni con il territorio, in particolare con la città di Biella, la provincia di Biella, fondazioni bancarie, associazioni di volontariato, che hanno ad esempio resa possibile l'attività di 3 mediatori culturali per i detenuti stranieri, e alcuni progetti trattamentali in corso o programmati, sono tuttavia stati segnalati agli interroganti alcuni elementi negativi accentuatisi negli ultimi due mesi, relativi in particolare alla sezione EIV: a) i colloqui con gli educatori e il personale sanitario si svolgono sempre con il controllo non solo visivo ma anche uditivo degli agenti, b) i giorni di colloquio con i parenti per tutti i detenuti non privilegiano più il fine settimana, ma turnano su più giorni infrasettimanali, costringendo i familiari ad assenze dal lavoro, scelta questa giustificata dalla direzione per carenza di personale di custodia, c) grazie ai finanziamenti esterni la sezione EIV è stata dotata di personal computer, e tuttavia le opportunità formative sembrano essersi interrotte, d) le opportunità lavorative si limitano a quelle domestiche interne, e) sembrerebbe esistere come prassi consuetudinaria la perquisizione corporale implicante l'obbligo di denudamento integrale prima e dopo i colloqui con i parenti, in contrasto con la circolare DAP 3542 del 16 febbraio 2001;
emergerebbe inoltre una forte difficoltà ad organizzare attività formative e trattamentali varie, anche nelle altre sezioni, per continui ostacoli burocratici e conflittualità interne al personale di custodia;
la casa circondariale di Biella è collocata nella fascia dirigenziale più bassa tra gli istituti del Piemonte, pur avendo un numero di detenuti, circuiti detentivi particolari e iniziative trattamentali in corso;
la circolare 03422122-2006 del Ministero della giustizia inviata ai provveditori regionali dà indicazioni relative all'organizzazione degli istituti penitenziari -:
se sia a conoscenza della situazione sopra esposta;
se ritenga che la fascia dirigenziale della casa circondariale di Biella sia congruente con le caratteristiche di quella struttura;
come intenda intervenire per affrontare le problematiche evidenziate in premessa della sezione EIV relative a modalità di colloquio con personale educativo e sanitario, perquisizioni corporali, attività formative e lavorative;
come intenda intervenire per organizzare i colloqui tra detenuti e famiglie tenendo conto delle difficoltà dei familiari ad assentarsi dal lavoro;
come intenda intervenire perché risultino più veloci ed efficaci le modalità organizzative dei corsi professionali e degli altri trattamenti nelle varie sezioni dell'Istituto;
come intenda far fronte alle carenze di organico relative al personale educativo (dimezzato negli ultimi due anni) e al personale di custodia.
(4-05815)
LUMIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 22 novembre 2007 da un'indagine dei Carabinieri e della Direzione Antimafia viene svelato che all'interno del carcere palermitano Pagliarelli, un agente della Polizia Penitenziaria ed un educatore dipendente di un ente di formazione professionale che opera all'interno del carcere Pagliarelli, sarebbero stati utilizzati per mettere in contatto componenti dei clan camorristi con alcuni detenuti del carcere stesso;
l'episodio risulta grave per l'alto indice di pericolosità, e sulla scorta di quanto sarebbe emerso, si evince che ancora una volta il regime di carcere duro 41-bis mostra gravi sacche di sofferenza tali da determinare una discutibile applicazione -:
quali provvedimenti il Ministro della giustizia intenda assumere - fatti salvi gli accertamenti di competenza della magistratura - per accertare l'esatto andamento dei fatti e a far emergere tutte le eventuali responsabilità, e la possibili omissioni, ed i comportamenti non conformi a quanto previsto dalle norme di sicurezza;
quale sia contenutisticamente, la situazione esistente all'interno del carcere di Palermo Pagliarelli.
(4-05818)
BUONTEMPO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
numerosi organi di stampa hanno dato notizia della chiusura della Direzione Generale Regionale del Ministero della Giustizia;
la chiusura della sede dell'Aquila ricade nel piano di riorganizzazione strutturale previsto dal Ministero;
tale chiusura è contrastata dalle autorità locali e soprattutto dagli ordini professionali regionali -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per individuare una soluzione concreta che non penalizzi la già gravosa condizione professionale sul territorio evidenziando la centralità geografica e culturale dell'Aquila rispetto alla regione.
(4-05821)
BUONTEMPO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i giudici di pace si sono astenuti per una settimana dalle udienze protestando
per la palese violazione dei diritti fondamentali del singolo e della Costituzione circa la loro tutela previdenziale ed assistenziale;
gli stessi sono retribuiti con grave ritardo e quindi con mortificazione della dignità umana e professionale -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per superare le problematiche esposte in premessa a tutto vantaggio, oltre che degli individui, soprattutto della giustizia che, come è noto, certamente non versa in buone acque.
(4-05822)
REALACCI e FILIPPESCHI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Comune di San Miniato è sede dell'ufficio del Giudice di Pace. Un ufficio al servizio di tutti i Comuni del Valdarno Inferiore, con un bacino di utenza quindi di oltre 62 mila abitanti;
negli ultimi tempi detto ufficio sta attraversando non poche difficoltà a causa della carenza di personale. Attualmente, oltre alla permanenza del Giudice in occasione delle udienze, è in servizio una sola dipendente con le mansioni di dattilografa;
l'organico previsto è il seguente: n. 2 Giudici di Pace; n. 1 operatore B1; n. 1 cancelliere B3; n. 1 cancelliere C2;
l'organico attuale è soltanto di: n. 2 Giudici di Pace (uno dei quali applicato del Giudice di Pace di Volterra); n. 1 operatore B1 e n. 1 cancelliere C2 part-time (1 volta la settimana);
inoltre il cancelliere con qualifica B3, collocato a riposo dall'ottobre 2005, solo nel novembre 2007, è stato sostituto con una persona che attualmente è in malattia e che prenderà effettivo servizio a termine della stessa;
le pratiche in corso sono molte e, con un organico così ridotto, i tempi di definizione risultano lunghissimi, con grave disagio per i cittadini. Infatti, le cause civili annue sono circa 500/600; 100 le cause penali; 250 le sentenze civili pronunciate; 50 le sentenze penali pronunciate; 700 le cause civili arretrate;
la competenza territoriale è peraltro vasta e comprendente i seguenti comuni: San Miniato; S. Croce sull'Arno; Castelfranco di Sotto; Montopoli V/Arno;
il Comune di San Miniato, per sostenere la presenza dell'ufficio sul proprio territorio, già provvede a farsi carico del costo dell'affitto dei locali, oltre a mettere a disposizione personale volontario di associazioni;
infine, risulta che vi sia una dipendente del Ministero che da tempo, senza alcun esito, ha richiesto il trasferimento all'Ufficio del Giudice di Pace di San Miniato -:
come intenda intervenire per consentire all'Ufficio del Giudice di Pace di San Miniato di funzionare con efficienza ed efficacia, garantendo innanzi tutto l'organico previsto, nel rispetto dei diritti dei cittadini e per rispondere alle attese delle istituzioni locali.
(4-05827)
GARDINI, BONDI e CAMPA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nell'aprile scorso Marco Ahmetovic, guidando ubriaco la sua auto, travolse e uccise quattro giovani, tutti tra i sedici e i diciannove anni;
pur trovandosi agli arresti domiciliari, dove sconta una condanna a sei anni e sei mesi di reclusione, Ahmetovic pubblicizza via internet prodotti con un marchio denominato «Linearom» tra cui un orologio già acquistabile sul popolare sito internet E bay, ma anche jeans, occhiali e cinture e per promuoverli, il suo volto apparirà presto sui cartelloni pubblicitari;
la stampa (Libero, 27 novembre 2007) ha reso noto, come tra sponsorizzazioni, diritti d'autore per un libro e pubblicità, Ahmetovic guadagnerebbe circa trecentomila euro e l'operazione commerciale sarebbe
promossa e gestita da un agente pubblicitario che rilascia dichiarazioni ed interviste nelle quali rappresenta il rom come una vera e propria star;
l'agente pubblicitario di Ahmetovic ha alresì dichiarato che, quando il giudice concederà un permesso di un giorno, verrà realizzato un servizio fotografico e che, per quando Ahmetovic sarà libero è già in previsione un tour nelle discoteche che lo vedrà ospite d'onore;
la notizia ha sollevato l'indignazione popolare contro chi ritiene di poter lucrare impunemente sulle tragedie e sul dolore delle persone -:
come intenda intervenire il Ministro per evitare ulteriori sofferenze ai familiari delle vittime e un odioso oltraggio a queste ultime.
(4-05828)