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Allegato B
Seduta n. 253 del 5/12/2007
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POLITICHE GIOVANILI E ATTIVITÀ SPORTIVE
Interrogazione a risposta immediata:
BARANI. - Al Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive. - Per sapere - premesso che:
l'ambito delle politiche giovanili in Italia fatica a svilupparsi: non ci sono leggi nazionali in materia, non c'è un disegno organico rispetto ad azioni dello Stato nei confronti delle nuove generazioni;
il passaggio alla vita adulta e professionale, che in Europa è compito dello Stato, così come l'educazione alla democrazia ed alla partecipazione alla vita sociale, sono state affidate alla famiglia ed alla scuola da un lato e, dall'altro, ai soggetti «associativi» (partiti, associazioni, sindacati) operanti nella società civile;
in questa situazione di «delega» di responsabilità vi è sempre stato nella maggioranza dei casi una sorta di «assistenzialismo», piuttosto che una proposta politica su ricerca e promozione di valori forti o un'attenzione a facilitare l'accesso dei giovani alla casa, al credito, all'informazione, al lavoro, all'impresa;
l'Italia resta agli ultimi posti in Europa per il numero di giovani fuori sia dal mercato del lavoro sia dai processi di formazione e per la differenza tra uomini e donne in fatto di occupazione. Sono alcuni degli elementi che si evincono dal rapporto «Occupazione in Europa» pubblicato dalla Commissione europea;
il Governo italiano resta completamente sordo a questo monito di Bruxelles e continua, a colpi di fiducia, ad addossare nuovi oneri alle giovani generazioni: basti pensare a come il sacrificio contributivo previsto dal protocollo sul welfare inciderà in modo negativo sui redditi, senza corrispondere nessuna garanzia in termini previdenziali;
in effetti il protocollo sul welfare e pensioni penalizza i giovani. La conferma arriva anche dal presidente dell'Inps, Gian Paolo Sassi, durante la sua audizione alla Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati;
sono state, infatti, evidenziate perplessità sulla copertura finanziaria e forti dubbi sulle stime dei costi per i lavoratori usuranti;
ma la bocciatura più netta riguarda la parte del protocollo che si riferisce ai giovani. La promessa che Esecutivo e sindacati hanno fatto ai giovani con lavoro discontinuo di una pensione di importo pari al 60 per cento dell'ultima retribuzione non sta in piedi;
tale misura, come ricorda il presidente Sassi, demolisce il sistema contributivo introdotto dalla cosiddetta «riforma Dini», secondo il quale c'è corrispondenza tra quanto si versa e quanto si riceve;
l'Inps conferma, dunque, quanto i movimenti giovanili denunciano da tempo, rilevando sostanzialmente che i giovani sono stati presi in giro e ragazze e ragazzi con lavori atipici ed iscritti in via esclusiva alla gestione separata dell'Inps finiranno così per sostenere il prezzo di questa scelta miope in termini occupazionali e previdenziali;
i 3,6 miliardi di euro, derivanti dall'abolizione del cosiddetto «scalone Maroni», saranno interamente pagati dai giovani attraverso l'aumento delle aliquote contributive di ben 3 punti;
è, inoltre, doveroso ricordare che della mancata applicazione dello «scalone» ne ha beneficiato solo un numero esiguo di lavoratori (circa 130 mila);
i sindacati hanno preferito, per l'ennesima volta, tutelare coloro che hanno un lavoro fisso e una pensione sicura, penalizzando quei giovani con lavoro discontinuo, buste paga misere e futuro previdenziale incerto;
in realtà quei giovani che dovrebbero contribuire ai pensionati di domani e dopodomani sono quegli stessi giovani che per la prima volta da decenni sono scesi sotto la soglia del benessere ereditata dai propri padri e che hanno visto i contratti cosiddetti atipici superare per numero quelli a tempo non determinato -:
quali iniziative intenda intraprendere il Governo al fine di avviare anche in Italia un disegno organico dello Stato nei confronti delle nuove generazioni, con l'obiettivo di facilitare l'accesso dei giovani alla casa, al credito, all'informazione, al lavoro, all'impresa.
(3-01481)