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Allegato B
Seduta n. 26 del 17/7/2006
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la vocazione di pace del nostro popolo, autorevolmente espressa dall'articolo 11 della Costituzione, deve essere il principale riferimento delle scelte di politica estera dell'Italia e del ruolo che il nostro Paese intende svolgere per promuovere una comunità internazionale basata sullo sviluppo e la solidarietà tra i popoli, sul multilateralismo e sul rispetto del diritto internazionale;
il rafforzamento delle grandi organizzazioni internazionali, a partire dalle Nazioni Unite, e la scelta per il multilateralismo rappresentano gli strumenti privilegiati per realizzare una politica estera che persegua attivamente, sulla base di un equilibrato assetto multipolare, l'obiettivo di equità e giustizia sul piano internazionale, la prevenzione dei conflitti ed una vera ed efficace lotta contro il terrorismo;
è indispensabile che l'Italia riguadagni una dimensione globale della propria politica estera, tornando a volgere lo sguardo con maggiore attenzione alle grandi nazioni emergenti, come la Cina, l'India e il Brasile, ricercando un protagonismo più efficace nelle aree cui è maggiormente legata per storia e posizione geografica, come il Mediterraneo, il Medio Oriente, i Balcani, e insieme verso i continenti che più richiedono una politica di pace, partenariato e sviluppo, come l'Africa;
il nostro Paese deve assumere un nuovo ruolo di impulso e stimolo sulla grande questione della proliferazione nucleare rispetto alla quale occorre evitare, attraverso il dialogo e la diplomazia, che nuovi Stati si dotino di tecnologia nucleare bellica, ma nel contempo occorre riprendere e rilanciare l'obiettivo, trascurato dopo la fine della guerra fredda, della riduzione di tutti gli arsenali nucleari;
l'Italia è impegnata a mantenere alto il proprio impegno nella lotta per l'abolizione della pena di morte, contro la tortura, per la promozione dei diritti delle donne e per la protezione dei bambini nei conflitti armati;
nell'attuale contesto internazionale e di fronte alle gravi sfide che abbiamo di fronte, la ricerca della pace non può prescindere dalla creazione di un ambiente di sicurezza globale, necessario a rafforzare le dinamiche democratiche dei singoli Paesi, a migliorare le prospettive di sviluppo dei popoli e a dare maggiore autorevolezza ad un'azione delle organizzazioni internazionali basata sul diritto;
per ottenere tale risultato, cui ciascun Paese è impegnato a contribuire in proporzione ai propri mezzi e alle responsabilità che assume nella comunità internazionale, è prioritario valorizzare i mezzi preventivi di risoluzione delle controversie e ridurre l'uso della forza a ultimo strumento possibile di fronte agli atti di aggressione e alle minacce alla pace;
costruire la pace significa anche porre su nuove basi l'impegno dell'Italia per la cooperazione allo sviluppo, al fine di perseguire gli «obiettivi del millennio», riconoscendo il ruolo degli attori della società civile, delle organizzazioni non governative, delle università, delle regioni e degli enti locali, che già oggi svolgono un'azione insostituibile e di grande valore e che devono essere sempre più protagonisti dello sviluppo del partenariato internazionale;
il ricorso allo strumento militare, compatibile con lo stesso articolo 11 della nostra Costituzione, in quanto conseguente alla partecipazione dell'Italia ad organizzazioni internazionali volte alla tutela della pace, può avvenire solo nel rispetto dei criteri di legittimità dell'uso della forza, proposti dalle stesse Nazioni Unite: gravità della minaccia, scopo appropriato, ultima risorsa, proporzionalità dello strumento e analisi delle conseguenze;
in questo orizzonte la scelta di intraprendere ovvero proseguire missioni militari all'estero deve essere coerente con detti principi, in particolare con il quadro di legalità e legittimità internazionale in cui sono state decise, con l'evoluzione della situazione politica internazionale e, soprattutto, con l'espressione della volontà autonoma degli Stati e dei popoli presso cui l'Italia è chiamata ad operare;
le nostre missioni militari, svolte con apprezzata professionalità, riconosciuta competenza e grande capacità di relazioni umane dalle forze armate, debbono, dunque, essere finalizzate alle esigenze di sicurezza, controllo del territorio, tutela dei diritti umani, promozione della democrazia e stabilizzazione per favorire processi di costruzione delle istituzioni statali e locali;
diversamente da quella in Iraq, le altre missioni all'estero si iscrivono nell'attività di peace-keeping e monitoraggio decisa da istituzioni internazionali ovvero tra quelle di semplice assistenza alle forze dell'ordine dei Paesi in cui operano, come nei casi dei nostri militari attivi in Sudan, Somalia, sul confine tra Etiopia ed Eritrea, in Palestina, Sinai, Libano, Kashmir, Albania e per le missioni in corso in Bosnia e Macedonia;
nello stesso spirito e con i medesimi obiettivi di stabilizzazione, assistenza alle locali forze di polizia e garanzia di pacifica convivenza tra la popolazione serba e quella albanese, si continuano a svolgere le nostre missioni in Kosovo, dove la presenza europea e italiana continua ad essere indispensabile per la tutela delle minoranze e del patrimonio culturale e religioso di quei popoli;
in Afghanistan agli aspetti positivi del risveglio democratico del popolo afgano, visibile in particolar modo nella rinnovata partecipazione femminile alla vita sociale e politica, e all'allontanamento della dittatura integralista dei talebani, si affianca una situazione di evidente criticità, caratterizzata dalla difficoltà di stabilizzazione e di rafforzamento delle istituzioni democraticamente elette, dalla persistenza di aree ancora controllate dai talebani e altri gruppi armati e dalla permeabilità dei confini del Paese a infiltrazioni di gruppi terroristici;
è opportuna la costituzione di un comitato parlamentare per il monitoraggio permanente delle missioni internazionali di pace in cui è impegnata l'Italia, che consentirà al Parlamento - attraverso missioni in loco e avvalendosi del contributo di personalità della società civile e di operatori umanitari impegnati nelle aree interessate - di verificare in maniera costante e puntuale il perseguimento degli obiettivi definiti dal Parlamento e dal Governo;
si prende atto positivamente che:
a) il Governo ha programmato la conclusione della missione Antica Babilonia in Iraq, nata in conseguenza di un intervento militare deciso in violazione di norme del diritto internazionale, ed è impegnato a provvedere al ritiro integrale del contingente militare italiano;
b) in territorio afgano l'Italia non è più in alcun modo impegnata militarmente nell'ambito della missione Enduring freedom, essendo ormai il contributo italiano a questa iniziativa limitato alla presenza di unità navali nel Golfo arabico;
c) il Governo si è impegnato a sostenere gli interventi decisi dalla comunità internazionale a favore della regione del Darfur, volti al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni e allo sviluppo socio-sanitario a vantaggio delle fasce più deboli;
impegna il Governo:
a promuovere nelle sedi internazionali competenti, in special modo nell'ambito delle Nazioni Unite e della Nato:
a) una riflessione sulla strategia politica e diplomatica che deve accompagnare la presenza internazionale in Afghanistan, per assicurare che l'azione di stabilizzazione, controllo del territorio e sostegno
alle forze dell'ordine afgane si muova lungo un percorso di normalizzazione e pacificazione del Paese, con obiettivi e passaggi definiti che prevedano in prospettiva l'affidamento al Governo sovrano di Kabul della responsabilità del mantenimento della pace e dell'ordine sul territorio afgano;
b) una verifica sull'impegno e la presenza internazionale in Afghanistan, valutando risultati ed efficacia delle missioni e delineando un percorso chiaro di rafforzamento delle istituzioni, di ricostruzione economica e civile e di garanzia della sicurezza per la popolazione;
c) una valutazione sulla prospettiva di superamento della missione Enduring freedom in Afghanistan;
d) una nuova conferenza internazionale sull'Afghanistan allo scopo di favorire un dialogo a livello regionale e di rilanciare l'impegno della comunità internazionale, volto alla ricostruzione economica e civile del Paese, alla pacificazione e al rafforzamento delle istituzioni afgane, all'elaborazione di un piano efficace di riconversione delle colture di oppio, anche ai fini di una loro parziale utilizzazione per le terapie del dolore;
e) un'iniziativa per avviare un monitoraggio ambientale delle aree interessate da operazioni belliche, al fine di individuare gli eventuali livelli di inquinamento bellico e i conseguenti piani di bonifica;
a valorizzare, prioritariamente, nella propria azione di politica estera gli strumenti di prevenzione dei conflitti, di mediazione e di accompagnamento dei processi di pace;
ad impostare l'attività di cooperazione giudiziaria dell'Italia in Iraq, e più in generale le iniziative di institution building, secondo i più recenti sviluppi del diritto penale internazionale, nonché delle regole di procedura e prova contenute negli statuti dei tribunali penali ad hoc, delle corti speciali internazionali e della Corte penale internazionale;
a mantenere distinti, nell'ambito delle iniziative italiane all'estero, gli interventi di cooperazione allo sviluppo rispetto alle attività di sicurezza e polizia internazionale;
a svolgere un'azione determinata per il rilancio dell'Unione europea e per un suo protagonismo sulla scena internazionale quale forza di dialogo, di promozione della pace, della libertà, della democrazia e dello sviluppo, nel rispetto della legalità e del diritto internazionale;
a portare avanti un'altrettanto determinata azione volta al rafforzamento delle organizzazioni internazionali, a partire dall'Onu, quali insostituibili sedi multilaterali di confronto in cui la comunità internazionale può formare, su un piano di pari dignità tra le nazioni, la propria volontà, conformemente ai principi dello statuto delle Nazioni Unite, delle Dichiarazioni sui diritti dell'uomo e del diritto internazionale;
a promuovere in questo quadro, anche in qualità di membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell'Onu dal gennaio 2007, le iniziative volte a costituire un contingente militare di pronto intervento per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale alle dirette dipendenze della Segreteria generale delle Nazioni Unite;
a mantenere uno stretto rapporto con il Parlamento, anche attraverso i nuovi strumenti di verifica di cui lo stesso può decidere di dotarsi in relazione alle missioni di pace internazionali, per consentirgli di esplicare con piena consapevolezza e responsabilità il suo compito di legislazione organica, di indirizzo e controllo.
(1-00014)
«Sereni, Franceschini, Migliore, Donadi, Villetti, Bonelli, Sgobio, Fabris, Brugger».
(Presentata il 14 luglio 2006)
La Camera,
premesso che:
la milizia libanese filoiraniana degli Hezbollah ha violato i confini della Stato di Israele per sostenere la causa di Hamas, uccidendo otto militari israeliani e rapendone due;
la Siria e l'Iran, che da lungo tempo sostengono gli Hezbollah, hanno giustificato l'attacco a Israele, mentre il portavoce del governo palestinese ha affermato che l'atto terroristico dei filoiraniani libanesi contro Israele è un «gesto di solidarietà verso i palestinesi;
da tempo il presidente dell'Iran Ahmadinejad sostiene la necessità che «Israele deve essere cancellato dalla carta geografica»;
lo stesso presidente Ahmadinejad ha recentemente confermato la propria posizione ostile sulla questione nucleare nei confronti della comunità internazionale, minacciando di rivedere la cooperazione del proprio governo sul nucleare, dopo l'annuncio del rinvio del dossier iraniano al Consiglio di sicurezza dell'Onu;
lo Stato di Israele ha legittimamente reagito all'attacco alla propria sovranità nazionale e ai propri militari, intraprendendo un'azione militare nel sud del Libano;
impegna il Governo:
ad esprimere la sua solidarietà allo Stato di Israele, che sta difendendo il proprio diritto all'esistenza e l'incolumità dei propri cittadini;
a richiedere l'immediato rilascio dei militari israeliani rapiti;
a ribadire il diritto di Israele ad esistere, confermando la condanna delle posizioni ripetutamente espresse a tal riguardo dal presidente iraniano;
a sostenere le coraggiose iniziative intraprese, anche di recente, dal governo israeliano e dalla parte più aperta delle forze politiche palestinesi per la realizzazione dell'obiettivo «due popoli, due stati»;
a favorire una iniziativa dell'Unione europea;
ad adoperarsi perché le Nazioni Unite condannino senza indugio il Libano e promuovano un immediato cessate il fuoco accompagnato dall'arrivo di forze multinazionali nel sud del Libano.
(1-00015)
«Bondi, Cicchitto, Leone».
Risoluzioni in Commissione:
La IV Commissione,
premesso che:
l'articolo 9, comma 7 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 stabilisce che entro il 31 marzo di ciascun anno, il Ministro della difesa, sentite le competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, definisca con proprio decreto il piano annuale del patrimonio abitativo della Difesa, con l'indicazione dell'entità, dell'utilizzo, nonché degli alloggi non più ritenuti utili nel quadro delle esigenze dell'Amministrazione e quindi alienabili. Oltre a ciò il Ministro deve stabilire il reddito al di sotto del quale gli utenti, ancorché si tratti di personale in quiescenza o di vedove non legalmente separate o divorziate, possono mantenere la conduzione dell'alloggio occupato;
il decreto-legge 24 novembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, all'articolo 26, comma 11-quater stabilisce la vendita, con alcune eccezioni, degli alloggi ubicati all'esterno delle infrastrutture militari o, se posti al loro interno, non posti al diretto e funzionale servizio delle stesse;
le risorse rivenienti dalla alienazione degli alloggi, iscritte nel bilancio dello Stato per il 2004, sono ancora riportate come non acquisite sia nella legge
di assestamento del bilancio per il 2005 che nella legge sul Rendiconto generale dello Stato per il 2004;
il Ministro della difesa avrebbe dovuto quindi alienare questi alloggi con il piano annuale relativo al 2004, emanando il relativo decreto entro il 31 marzo dello stesso anno 2004;
a distanza di oltre due anni e mezzo, inspiegabilmente, l'Amministrazione difesa ancora non ha provveduto a trasferire al patrimonio disponibile dello Stato gli alloggi individuati come non più utili alle esigenze della difesa e quelli relativi all'applicazione della citata legge 326/2003;
ancora il Ministro della difesa non ha emanato, così come previsto dalla legge, i piani annuali riferiti agli anni 2005 e 2006;
nonostante una situazione da cui si possono evincere in maniera evidente, a voler essere buoni, atti che ad avviso dell'interrogante sono di grave negligenza da parte dell'Amministrazione nell'applicazione di leggi dello Stato, la stessa Amministrazione in modo secondo l'interrogante sconsiderato continua a procedere ad atti di recupero forzoso nei confronti di utenti che potrebbero rientrare fra le categorie protette perché con reddito inferiore a quello stabilito annualmente dal Ministro,
impegna il Governo:
a) a considerare nulle o comunque a revocare tutte le azioni di recupero forzoso fin qui intraprese dall'Amministrazione difesa;
b) a non dare avvio a nuove azioni di recupero fino a quando non saranno stati emanati tutti i piani annuali di gestione del patrimonio abitativo della difesa.
(7-00028)«Ascierto».
La VI Commissione,
premesso che:
il decreto-legge n. 223 del 2006 modifica sotto taluni aspetti la disciplina relativa al calcolo della base imponibile IRES, stabilendo che le nuove disposizioni si applicano, in deroga alle previsioni dello Statuto dei diritti dei contribuenti, anche ai fini del calcolo dell'acconto per il periodo di imposta in corso;
tale circostanza, che impone di ricalcolare l'imposta del 2005 sulla base delle nuove disposizioni, rende oggettivamente difficile la posizione dei contribuenti, i quali, data la complessità dei calcoli e la difficoltà di reperire informazioni, possono facilmente essere indotti in errore: in particolare, pur essendo chiaro che tale obbligo di rideterminazione non riguarda le rate di acconto i cui termini di versamento siano già scaduti alla data del 4 luglio scorso (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 223 del 2006) - e che a tale fine non dovrebbe assumere alcun rilievo la circostanza che il contribuente si avvalga della possibilità di adempiere a tale versamento, con la maggiorazione dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo, nei trenta giorni successivi - appare dubbio se i contribuenti per i quali non siano ancora scaduti i termini ordinari per il versamento della prima rata di acconto debbano versare l'eventuale maggiorazione con la seconda (o unica) rata dell'acconto medesimo ovvero già in occasione della prima rata;
in tale contesto, appare opportuno valutare l'ipotesi di introdurre una previsione normativa che, nell'assicurare il gettito stimato dal decreto-legge n. 223, consenta ai contribuenti obbligati al ricalcolo dell'imposta figurativa del 2005 di poter optare, in luogo di una rideterminazione analitica degli acconti, per un loro incremento su base forfettaria (ad esempio del 3 per cento);
con il medesimo decreto-legge n. 223 è stato altresì modificato il regime IVA delle società immobiliari, escludendo dal novero delle operazioni imponibili le cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, ad eccezione di quelle effettuate da
imprese di costruzione o ristrutturazione, con contestuale obbligo di rettificare le detrazioni IVA spettanti in precedenza in relazione all'imposta assolta sugli acquisti di immobili;
tale previsione, che comporta un notevole aggravamento dell'onere tributario per le predette società immobiliari, ha già negativamente inciso sull'operatività e sul valore di mercato dei titoli di tali società, oltre a determinare numerose incertezze circa le relative modalità applicative;
in particolare, non appare chiaro, alla luce delle predette modifiche al regime IVA, se tale rettifica della detrazione debba essere effettuata ai sensi del comma 3, ovvero del comma 4 dell'articolo 19-bis 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972; a tale proposito, qualora la detrazione fosse dovuta ai sensi del citato comma 3 dell'articolo 19-bis 2, la norma potrebbe risultare in contrasto con l'articolo 20 della VI direttiva in materia di IVA;
le incertezze sono ulteriormente alimentate dalle dichiarazioni di alcuni esponenti del Governo, dalle quali emerge l'intenzione di modificare sostanzialmente la disciplina IVA sugli immobili introdotta dal predetto decreto-legge n. 223, al fine di rimuovere gli effetti devastanti che derivano dalla sua applicazione e che rischiano di paralizzare il mercato immobiliare;
appare dunque ampiamente condivisa l'esigenza di evitare, con provvedimenti urgenti, che dalla normativa tributaria attualmente in vigore possano derivare effetti eccessivamente penalizzanti per il comparto delle società immobiliari;
impegna il Governo:
ad assumere tutte le necessarie iniziative per chiarire, in via interpretativa:
a) quale sia la disciplina applicabile a quei contribuenti per i quali non siano ancora scaduti i termini ordinari per il versamento della prima rata di acconto IRES, specificando, eventualmente, che anche per essi la maggiorazione dell'acconto deve essere versata unitamente alla seconda (o unica) rata di acconto, semprechè non scaduta;
b) quale sia la disciplina applicabile alle modalità di rettifica della detrazione conseguente alla modifica del regime IVA delle cessioni di immobili;
nonché a chiarire se le dichiarazioni rese da esponenti del Governo circa l'intenzione di modificare, in senso meno sfavorevole alle società immobiliari, la disciplina IVA sulle cessioni di immobili introdotta dal predetto decreto-legge n. 223, corrispondano effettivamente alla volontà dell'intero Governo.
(7-00027)
«Leo, Gianfranco Conte, Gioacchino Alfano, Galletti, Fugatti».