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Allegato B
Seduta n. 263 del 5/1/2008
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
AIRAGHI. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
in data 16 aprile 2007 è stato notificato da parte della Direzione provinciale del lavoro di Varese all'Azienda ospedaliera «Ospedale di Circolo di Busto Arsizio» un processo verbale di illecito amministrativo riguardante il mancato rispetto dell'articolo 7 del decreto legislativo 66/03 e successive modifiche e integrazioni;
l'Azienda ospedaliera «Ospedale di Circolo di Busto Arsizio» non avrebbe concesso al personale dipendente il prescritto riposo di 11 ore consecutive ogni 24 ore di lavoro;
a seguito del predetto accertamento all'Azienda è stata irrogata una sanzione amministrativa di euro 14.619.780;
la regione Lombardia ha già espressamente sollecitato il coordinatore della Commissione salute della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome a farsi carico di stimolare il Ministero della salute al fine di emanare provvedimenti derogatori considerando la peculiarità delle turnazioni nelle strutture sanitarie e la necessità di garantire in ogni modo la continuità del servizio;
la legislazione in materia di riposi giornalieri appare rigida e inadeguata non prevedendo, purtroppo, opportune deroghe al predetto articolo 7 del decreto legislativo 66/03 da applicare a tutti i servizi di pubblica utilità come quelli erogati dalle strutture sanitarie;
non risulta all'interrogante che il Ministero della salute o il Ministero del lavoro e della previdenza sociale si siano concretamente occupati del problema prevedendo opportune modifiche alle norme vigenti -:
se intendano e con quali modalità prevedere provvedimenti e assumere iniziative per sanare situazioni come quelle sopra riportate che obbligherebbero un'Azienda ospedaliera ad un esborso esorbitante e insostenibile in relazione ai bilanci annuali correnti in un contesto di contenimento della spesa sanitaria;
se intendano e con quali modalità assumere iniziative o provvedimenti legislativi urgenti di modifica dell'articolo 17 decreto legislativo 66/03 riguardo in particolare alla deroga delle norme vigenti, in considerazione della peculiarità delle attività sanitarie e della necessità di assicurare la continuità assistenziale del servizio nelle strutture ospedaliere.
(4-03585)
Risposta. - Si risponde su delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
L'atto ispettivo in esame, chiede di conoscere se sussistano iniziative volte a modificare l'articolo 17 del decreto legislativo 8 aprile 2003, recante attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, con particolare riferimento al comparto sanitario.
Al riguardo va evidenziato che, ai sensi del suddetto articolo che detta il regime delle eccezioni alla disciplina in materia di orario, talune disposizioni, tra le quali anche l'articolo 7, del medesimo decreto, in materia di riposi giornalieri, «possono essere derogate mediante contratti collettivi o accordi conclusi a livello nazionale tra le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative e le associazioni nazionali dei datori di lavoro firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro o, conformemente alle regole fissate nelle medesime intese, mediante contratti collettivi o accordi conclusi al secondo livello di contrattazione».
Lo stesso articolo dispone inoltre, al comma 2, che, in mancanza di disciplina collettiva, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, su richiesta delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative o delle associazioni nazionali di categoria dei datori di lavoro firmatarie dei contratti nazionali di lavoro, possa adottare un decreto, sentite le stesse parti, per stabilire le deroghe di che trattasi.
Tra e attività derogabili, elencate dallo stesso articolo, rientrano, anche quelle caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio o della produzione, con particolare riferimento ai servizi relativi all'accettazione, al trattamento o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi.
Il predetto articolo 17 quindi, rimette, primariamente alla contrattazione la possibilità di disporre specifiche deroghe, in vista proprio delle peculiarità dei diversi settori, prevedendo, in via subordinata, la possibilità di un intervento in tal senso da parte dell'Amministrazione.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
BORDO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
nel novembre 2004 è stato bandito un concorso pubblico, per esami, a complessivi 795 posti di Ispettore del lavoro per gli uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con differente riparto dei posti a concorso tra le 15 regioni partecipanti;
la suddetta procedura concorsuale determinava 795 vincitori e oltre 946 idonei non dichiarati vincitori, collocati nelle graduatorie regionali di partecipazione;
la legge finanziaria 2007, articolo 1, commi 544 e 545, prevede l'autorizzazione ad assumere «fino a trecento unità di personale risultato idoneo in seguito allo svolgimento dei concorsi pubblici, per esami, a complessivi 795 posti di ispettore del lavoro, area funzionale C, posizione economica C2»;
il numero di assunzioni effettive è risultato essere pari a 241 unità, stante la limitata copertura finanziaria prevista dalla legge finanziaria;
la distribuzione territoriale delle unità ha penalizzato le Regioni del Sud, destinatarie di solo 40 Ispettori del lavoro idonei rispetto alla richiesta di 1.000 unità avanzata dagli Assessori regionali al lavoro delle Regioni meridionali per far fronte alle emergenze sociali provocate dalla diffusione del lavoro nero e dal dilagare delle «morti bianche» -:
se il Governo intenda procedere allo stanziamento delle somme necessarie all'assunzione delle 59 unità residuali, riservando tale quota alle Regioni del Sud, e all'attivazione di ogni procedura utile a favorire l'assorbimento degli Ispettori del lavoro idonei presso gli enti previdenziali e assicurativi.
(4-03811)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente, in via preliminare che il Governo è ben consapevole che il mondo del lavoro è funestato da una drammaticità e numerosità di eventi traumatici tali da richiedere una riflessione profonda ed un'azione sinergica delle istituzioni a tutela della legalità.
In proposito si evidenzia come l'azione legislativa, in particolare in questi ultimi
anni, sia stata volta ad incrementare il numero degli Ispettori al fine di perseguire, in modo più efficace, la tutela e la sicurezza sul lavoro.
Premesso ciò, si rappresenta che alla luce degli incisivi interventi normativi in materia, ed in particolare, a seguito del riordino del sistema integrato della vigilanza previdenziale e in materia di lavoro, di cui al decreto legislativo 124 del 2004, questa Amministrazione ha portato avanti una serie di azioni mirate alla crescita, in termini di professionalità, del personale già in forza presso le sedi del Ministero.
Risulta, infatti, conclusa una importante fase di riqualificazione che ha interessato complessivamente 2.300 ispettori e addetti alla vigilanza; sono stati, inoltre, assunti tutti i vincitori del concorso relativo a 795 posti di ispettori del lavoro ed a 75 ispettori tecnici.
Alla data del 2 luglio scorso, sono state inserite altre 241 unità di personale ispettivo attinto, per ciascuna Regione, dalla relativa graduatoria.
Per quanto riguarda la possibilità di un ulteriore potenziamento dell'attività ispettiva si fa presente che l'impegno dell'Amministrazione si è concretizzato con l'emanazione della legge 123 del 2007, in vigore dal 25 agosto 2007, che all'articolo 4, comma 4 a), ha stanziato le risorsa necessarie per le finalità di cui alla lettera a) del comma 544 dell'articolo 1 della legge 296 del 2006 «finanziaria per il 2007».
Il successivo articolo 12, comma 1, della predetta legge autorizza, inoltre, ulteriori assunzioni per l'anno 2008 nel numero massimo di 300 unità di personale risultato idoneo ai richiamati concorsi a 795 posti di ispettore del lavoro e a 75 posti di ispettori tecnici.
In connessione con le predette immissioni, il comma 2 del medesimo articolo, autorizza le spese relative all'incremento delle attività ispettive, all'aggiornamento, alla formazione, alle attrezzature, nonché per i buoni pasto, per le missioni e per il lavoro straordinario.
Per quanto riguarda la formazione in materia di vigilanza tecnica, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, previa verifica del possesso di titoli di studio professionalizzanti, intende attivare corsi formativi che mirino alla preparazione di ulteriori ispettori tecnici, fermo restando la necessità di affrontare la problematica dell'inquadramento nel corrispondente profilo professionale, nell'ambito della più generale revisione dell'ordinamento professionale.
Per quanto riguarda, poi, la distribuzione delle unità di personale neoassunto, che avrebbe visto penalizzate le sedi territoriali del Sud, si fa presente che per l'individuazione delle Regioni, per le quali sono state indette le prove concorsuali, è stata effettuata una analisi di comparazione dei bacini di utenza con le unità di personale in servizio, dando quindi, priorità alle Regioni risultate con maggiore carenza di organico.
A favore delle regioni del Sud, inoltre, è stato anche fatto, il 21 marzo 2007, un accordo sindacale - stralcio - di mobilità che ha permesso di soddisfare le richieste giacenti di trasferimento di personale verso le sedi del Sud per circa 49 unità che hanno interessato le Regioni Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sardegna.
Infine, con riferimento alla Sicilia, si rammenta che l'Amministrazione centrale non può bandire i concorsi, e quindi assumere gli ispettori del lavoro in questa Regione, a causa dell'autonomia degli Uffici del lavoro rispetto al Ministero.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Antonio Michele Montagnino.
BRIGUGLIO. - Al Ministro della salute, al Ministro della solidarietà sociale, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'AUSL n. 5 ha deliberato la soppressione di 14 presidi di guardia medica in provincia di Messina;
tale decisione è stata dettata in attuazione del Piano di rientro della regione
per dare esecuzione alle disposizioni emanate dal Governo nazionale;
il provvedimento ha suscitato forti manifestazioni di protesta da parte delle comunità e delle amministrazioni locali;
i sindaci dei comuni interessati hanno preannunciato iniziative clamorose qualora la decisione non dovesse essere revocata;
la soppressione delle guardie mediche pregiudica la continuità assistenziale nei confronti delle famiglie e in particolare dei ceti più deboli ad iniziare dalla popolazione anziana;
l'anzidetta situazione compromette sia sul piano quantitativo sia su quello qualitativo i livelli essenziali di assistenza nel territorio della provincia di Messina che peraltro risulta essere la più frammentata per la presenza di 108 comuni e centinaia di frazioni e borgate lontane dal centro urbano;
la riduzione di spesa derivante dalla chiusura dei presidi di guardia medica sarebbe irrisoria e spesso apparente in quanto l'assenza della guardia medica comporterebbe automaticamente l'incremento dei ricoveri ospedalieri con conseguente moltiplicazione dei costi reali;
la necessità di ottenere la riduzione dei costi in ogni caso non può essere pagata dalle aree geografiche e dalle categorie demografiche e sociali più esposte a rischio sanitario -:
se intendano assumere, nell'ambito della propria competenza e del monitoraggio sull'attuazione del piano di rientro, le iniziative necessarie perché sia garantita la permanenza di tutti i presidi di guardia medica in provincia di Messina.
(4-05106)
Risposta. - Con riferimento a quanto segnalato nell'interrogazione in esame, si precisa, anche sulla base degli elementi informativi acquisiti dall'Assessorato alla Sanità della Regione Sicilia, che il Piano regionale di rientro, allegato all'Accordo sottoscritto in data 31 luglio 2007 tra il Presidente della Giunta e i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della Legge finanziaria per il 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311), ed approvato con delibera regionale n. 312 del 1o agosto 2007, prevede una serie di interventi generali mirati al contenimento del disavanzo e alla riqualificazione e razionalizzazione del servizio sanitario regionale.
Il Piano è stato predisposto dalle autorità regionali sulla base delle criticità riscontrate nel sistema sanitario siciliano; la Regione, pertanto, si è impegnata in un programma di riqualificazione che, oltre a prevedere l'azzeramento del disavanzo entro il 2010, è mirato a riequilibrare il profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza.
In particolare, per quanto riguarda gli interventi in materia di riorganizzazione dei servizi per l'assistenza sanitaria di base e di quelli destinati all'urgenza e all'emergenza, va evidenziato che le relative previsioni del citato Piano trovano fondamento nella specifica realtà regionale; infatti il servizio dei medici della continuità assistenziale presenta una dislocazione territoriale e una articolazione ben al di sopra di quelle esistenti nelle altre Regioni.
Nel Piano di rientro sono riportati il numero dei servizi attivati per provincia e il numero dei medici impiegati, con un raffronto con le medie dei relativi dati nazionali.
Al fine di riallineare, per quanto possibile, il servizio dei medici della continuità assistenziale alla media nazionale, la Regione siciliana ha pertanto deciso di procedere alla seguente riduzione:
Presidi che registrano un numero di accessi minore a 1.500 annui, con distanza dal presidio viciniore minore a chilometri 20;
Presidi che registrano un numero di accessi compreso tra i 1.500 e 3.500 annui, con distanza dal presidio viciniore minore a chilometri 10;
Presidi che registrano un numero di accessi maggiore a 3.500 annui, con distanza dal presidio viciniore minore a chilometri 10
e con popolazione servita inferiore a 10.000 abitanti.
In base a tali criteri la Regione procederà nel triennio 2007/2009 alla riduzione di n. 85 presidi.
Va peraltro precisato che tutti gli operatori utilizzati nel servizio di continuità assistenziale sono 2.280 (5 unità per 456 presidi), di cui i titolari dell'incarico, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sono 1.555, mentre i supplenti sono 725; poiché entrambe le categorie di medici sono titolari di altri rapporti convenzionali pubblici, l'accorpamento di tali presidi non comporterà una riduzione di posti di lavoro.
Si segnala che i Ministeri della salute e dell'economia e finanze, con il citato Accordo, hanno individuato tali provvedimenti come necessari ai fini dell'attuazione del Piano di rientro, fatta salva la necessaria verifica da parte di entrambe le Amministrazioni.
Nel merito la Regione ha inteso segnalare che la rimodulazione delle guardie mediche, peraltro, già da tempo comunicata alle organizzazioni sindacali in fase di redazione del citato Piano, appare necessaria, in quanto, a fronte di una previsione, a livello nazionale, di 271 postazioni, nel territorio siciliano ne sono state attivate nel tempo oltre 400.
La prevista razionalizzazione incide in maniera limitata sul numero delle postazioni esistenti e interessa prevalentemente i siti di guardia medica con ridotti volumi di attività, ferma restando la giusta esigenza della copertura territoriale.
La Regione ha inoltre precisato che, nell'intento di adeguare nel miglior modo possibile il provvedimento alle esigenze della popolazione interessata, e a seguito di alcuni incontri avuti con i Direttori Generali delle Aziende USL e con i rappresentanti degli operatori e dei cittadini, sono stati ridefiniti i criteri generali per la rimodulazione dei presidi di continuità assistenziale secondo i criteri già sopra precisati, nella certezza che il recupero dell'efficienza del sistema sanitario richiede una riorganizzazione che prevede la rinuncia a servizi non essenziali, i quali, peraltro, verranno sostituiti da presidi più efficienti e/o da forme alternative di assistenza, garantendo il medesimo livello qualitativo con un minor impiego di risorse.
Ferme restando le scelte strategiche adottate, dalle quali dipende l'efficacia del Piano di risanamento, è stata ribadita la volontà del Governo della Regione e dell'Assessore alla sanità di condividere le scelte operative con i rappresentanti delle comunità interessate e degli operatori, con i quali, peraltro, come già precisato, si sono svolti numerosi incontri durante le fasi di redazione e di applicazione del Piano.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
BUEMI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la Direzione Generale del personale O.G. ha revocato 20 giorni prima della scadenza l'incarico alla dottoressa Valeria Minniti, dirigente amministrativo di ruolo, presso il Tribunale Superiore delle Acque, nonostante il rinnovo sia impossibile per legge solo nei due casi dell'articolo 21 decreto legislativo 165/01, novellato dall'articolo 3 della legge n. 145/02, i quali, per le ipotesi più gravi, danno luogo alla revoca;
la decisione assunta con provvedimento del 10 dicembre 2005 è conseguita non ad inefficienze o risultati negativi, ma alla relazione ispettiva del 27 settembre 2005 che ha espressamente effettuato «osservazioni in relazione alla riservata urgente del Presidente del Tribunale Superiore», escludendo perché «inutile e dispendiosa» ogni verifica sul posto di lavoro e quindi la conoscenza diretta dell'attività, dell'interessata e del personale, prevista dal ccnl di area (articolo 35, ccnl 98-01, articolo 21, ccnl 2002-05);
la decisione è stata motivata espressamente con «incompatibilità ambientale» e il nuovo conferimento d'incarico è avvenuto per un Ufficio fuori Roma, che non era pubblicato tra le sedi da coprire urgentemente secondo l'interpello del 4 ottobre
2005; il giudice cautelare di Roma con ordinanza del 7 febbraio 2006 ha ritenuto illegittimo il provvedimento perché applica la revoca «per oggettive esigenze organizzative» (ex articolo 35, p. 8, ccnl 98-01) in realtà non contestate o richiamate;
risulta all'interrogante che al giudice del Lavoro di Roma ripetutamente è stata negata dall'amministrazione l'esistenza di posti dirigenziali vacanti a Roma, tra cui uno di identica fascia retributiva, fin dal 7 settembre 2005, quindi prima dell'atto di revoca, tuttora libero presso la Direzione generale della Statistica;
il trasferimento ad altra unità produttiva, che è previsto dall'articolo 2103, codice civile, ultimo punto, è inapplicabile ai dirigenti ex articolo 19, comma 1, decreto legislativo 165/01 «inderogabile da contratti» ex comma 12-bis introdotto nell'articolo 19 dall'articolo 3 della legge n. 145/02; tuttavia, nella relazione ispettiva (firmata dal Capo dell'Ispettorato attuale) è stata chiesta l'applicazione dell'articolo 2103 codice civile, ultimo punto;
risulta che la dottoressa Minniti è stata stimata dai dipendenti per iscritto e valutata positivamente («oltre la media») dall'apposita Commissione ministeriale, la quale si è basata sulle ripetute attestazioni formali del Capo dell'Ufficio e all'atto della revoca è stata completamente ignorata;
risulta che la Commissione stessa dal 2004 ha disposto di attribuire il peso del 15 per cento al giudizio sui «comportamenti organizzativi», tra cui ha inserito il «clima interno» e che in proposito la dirigente in quell'anno ha conseguito il massimo (5) presso il Tribunale Superiore delle Acque;
risulta che il Presidente del Tribunale Superiore delle Acque il 2 marzo 2007 ha trasmesso alla apposita Commissione la valutazione del 2005, anno della revoca, attribuendo la media del 4,2 ai «comportamenti organizzativi» e attestando il pieno raggiungimento degli obiettivi;
risulta che la dirigente ha risparmiato dal 20 per cento al 60 per cento e migliorato le condizioni del personale ex lege 626/94, rispettando direttive e circolari ministeriali, ha eliminato un servizio detenuto dal solo Tribunale ed è entrata in contrasto con il Presidente per la gestione delle spese e di 2 dei 3 autisti, come confermato dalla riservata fonte esclusiva della relazione ispettiva del 27 settembre 2005 e dalle doviziose e documentate segnalazioni scritte della dottoressa Minniti giunte in varie sedi ministeriali -:
quali accertamenti e quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per ripristinare la correttezza della procedura e riesaminare in tale quadro le decisioni assunte in funzione para-disciplinare.
(4-03458)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, relativa alla vicenda della dottoressa Valeria Minniti, alla quale nel dicembre del 2005 è stato anticipatamente revocato l'incarico di dirigente della cancelleria del Tribunale superiore delle acque pubbliche, occorre, preliminarmente, precisare che il provvedimento di revoca anticipata dell'incarico prescinde dall'ipotesi di responsabilità dirigenziale per mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati, trovando fondamento nel diverso istituto previsto all'epoca dall'articolo 35, comma 8, del Contratto collettivo nazionale del lavoro del personale dirigente dell'area 1 (ed attualmente dall'articolo 20, comma 6, del vigente Ccnl), in forza del quale la revoca anticipata dell'incarico, rispetto alla scadenza, può avere luogo, oltre che in seguito all'accertamento dei risultati negativi di gestione, anche per motivate ragioni organizzative e gestionali.
Quest'ultima ipotesi esula, pertanto, dalle fattispecie disciplinate dalle norme che si assumono violate, concernenti la verifica e valutazione dei risultati dei dirigenti, cui è ordinariamente preposta la Commissione di valutazione dei dirigenti.
Ed infatti, in una linea di coerenza, l'ipotesi di responsabilità dirigenziale di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 165 del
2001 e successive modificazioni è stata espressamente esclusa dallo stesso provvedimento del 10 dicembre 2005 con cui è stata disposta la revoca anticipata dell'incarico.
Giova osservare, in proposito, che l'Ispettorato generale è stato investito della problematica dal Gabinetto del Ministro al quale la competente Direzione generale aveva doverosamente sottoposto, per le opportune valutazioni, le segnalazioni del Presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche e le note della stessa dottoressa Minniti, dalle quali era emerso, relativamente alla situazione del predetto Ufficio, un quadro fortemente preoccupante.
L'aver azionato l'organo ispettivo per le opportune verifiche, lungi dal concretizzare l'asserita violazione delle norme di riferimento (non avendo riguardato la «valutazione» del dirigente), risponde, semmai, all'esigenza di svolgere la necessaria istruttoria sulle problematiche rappresentate, assicurando, al tempo stesso, anche a garanzia del dirigente, la «terzietà» rispetto agli uffici preposti alla gestione del personale con qualifica dirigenziale, cui competono le conseguenti determinazioni.
Le comprovate ragioni di carattere organizzativo e gestionale, su cui il provvedimento si fonda, discendono, dunque, da una situazione di estrema criticità, a causa dell'aperta ed insanabile conflittualità tra il Capo dell'Ufficio e il dirigente, con negative ripercussioni sullo stesso personale amministrativo.
Dall'attività istruttoria posta in essere, infatti, si è avuta conferma della situazione di tensione e disagio in cui si è trovato il Tribunale superiore delle acque pubbliche, prevalentemente a causa dei comportamenti adottati dal dirigente amministrativo, che ha determinato un clima scarsamente collaborativo all'interno della struttura, con potenziali negative implicazioni sul buon andamento dell'Ufficio.
Conseguentemente è risultato necessario adottare, ai sensi degli articoli 5 e 16, lettera c), del decreto legislativo 165 del 2001 e dell'articolo 35, comma 8 del Ccnl del personale dirigente dell'area 1, le opportune misure di carattere organizzativo volte a rimuovere l'accertata condizione di conflittualità e a ripristinare il corretto e sereno funzionamento dell'Ufficio, al fine di assicurare la regolarità dell'azione amministrativa ed il proficuo svolgimento dell'attività giurisdizionale.
In merito poi ai rilievi formulati dall'interrogante relativi al fatto che il nuovo conferimento di incarico è avvenuto per un Ufficio situato fuori Roma (il Tribunale di Civitavecchia) che non era stato pubblicato nell'interpello del 4 ottobre 2005 tra le sedi da coprire con urgenza, e al fatto che il giudice cautelare di Roma, con ordinanza del 6 febbraio 2006, depositata il 7 febbraio 2006, avrebbe ritenuto illegittimo il provvedimento adottato, si fa presente che tale procedura, avente carattere straordinario, era motivata dall'esigenza di procedere, prioritariamente e con urgenza, alla copertura delle posizioni dirigenziali vacanti in alcuni particolari Uffici, in ragione delle peculiari ed indifferibili esigenze di carattere organizzativo che gli stessi presentavano. Trattasi dei Tribunali di sorveglianza di Napoli e Roma, della Procura generale di Potenza, della Procura della Repubblica di Roma e della Segreteria dell'Ispettorato generale.
L'aver omesso la pubblicazione del Tribunale di Civitavecchia, lungi dal dimostrare in alcun modo l'insussistenza delle ragioni indicate nel provvedimento, risponde, semmai, ad una diversa esigenza esplicitata nell'atto di interpello: «la necessità di concludere in tempi brevi la relativa procedura non consente di mettere a concorso le ulteriori posizioni dirigenziali vacanti, dovendosi snellire gli adempimenti per la celere definizione della stessa». Infatti, la pubblicazione del Tribunale di Civitavecchia avrebbe imposto, in considerazione delle numerosissime vacanze che si registrano negli Uffici giudiziari, di pubblicare uffici analoghi, per dimensioni e problematiche, aggravando così l'iter procedurale e vanificando i presupposti di urgenza dell'interpello.
Quanto alle iniziative intraprese, in sede giurisdizionale ed amministrativa, dalla dottoressa Minniti, si rappresenta che sono
intervenute le seguenti decisioni, tutte favorevoli all'Amministrazione:
ordinanza 6 febbraio 2006 del Giudice del lavoro di Roma, richiamata nell'interrogazione, con cui è stato respinto il ricorso proposto in sede cautelare per la mancanza del periculum in mora e in cui si afferma, tra l'altro, che «Alla ricorrente è stato assegnato un incarico di livello retributivo equivalente, con la gestione di un numero superiore di persone rispetto al Tsap (Tribunale superiore delle acque pubbliche), nell'ambito dello stesso distretto di Corte di Appello, raggiungibile con un impegno che non risulta essere tale da sconvolgere l'assetto familiare né sono stati dedotti elementi fattuali che farebbero ritenere "disagiata" la sede di Civitavecchia»;
decisione del Tribunale di Roma n. 14047/06 R.G. misure cautelari del 30 marzo 2006 che ha rigettato il reclamo proposto dalla dottoressa Minniti avverso la menzionata ordinanza, di cui si riportano alcuni passaggi: «Essendo gli incarichi dirigenziali necessariamente a termine (...) non è configurabile un diritto del dirigente a mantenere il medesimo incarico anche dopo la scadenza del termine» «né comunque è ravvisabile un diritto al rinnovo dell'incarico nei criteri che l'Amministrazione ha ritenuto di esplicitare con provvedimento del 28 febbraio 2005» «Non appare, infine, neppure possibile ordinare all'Amministrazione resistente di conferire un altro diverso incarico gradito alla dirigente in uno degli uffici romani, poiché appunto non è ravvisabile uno specifico diritto del lavoratore a rivestire determinati incarichi» «il reclamo incidentale è inammissibile poiché il provvedimento impugnato ha interamente respinto la domanda, sicchè l'Amministrazione è stata totalmente vittoriosa»;
parere emesso dal Consiglio di Stato - Sezione terza nell'adunanza del 24 ottobre 2006, con il quale è stata rigettata la domanda di sospensione del provvedimento in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato, proposto in data 7 aprile 2006 dalla citata dirigente.
In ottemperanza all'invito formulato unitamente al citato parere interlocutorio, al fine di fornire controdeduzioni alla memoria trasmessa dalla ricorrente in data 15 luglio 2006, l'Amministrazione depositava ulteriori osservazioni. In data 16 febbraio 2007, quando era ormai imminente l'adozione del parere da parte del Consiglio di Stato sul merito della questione de qua, la dottoressa Minniti rinunciava al ricorso e, nel contempo, riproponeva nuovamente ricorso in via d'urgenza dinanzi al Giudice del lavoro di Roma, preannunciando l'instaurazione anche della causa di merito;
ordinanza 10 maggio 2007 del Giudice del lavoro di Roma che ha respinto la richiesta ex articolo 700 codice procedura penale, con condanna alle spese della dottoressa Minniti. Avverso tale ordinanza la dottoressa Minniti ha proposto reclamo al Tribunale di Roma sezione lavoro che, con ordinanza del 13 luglio 2007, ha respinto il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Nel frattempo, con parere interlocutorio in data 11 maggio 2007, il Consiglio di Stato invitava l'Amministrazione a comunicare le proprie osservazioni in ordine all'atto di rinunzia presentato dalla dottoressa Minniti nelle more della decisione del ricorso straordinario al Capo dello Stato. In data 14 giugno 2007 l'Amministrazione ha inoltrato le proprie osservazioni insistendo, conclusivamente, affinché il Consiglio di Stato si pronunci nel merito sul ricorso straordinario.
Quanto poi alla erronea indicazione, inizialmente contenuta negli atti difensivi, circa l'inesistenza, all'epoca dei fatti, di posti di pari fascia economica vacanti in Roma, si osserva che il provvedimento impugnato, al quale occorre fare riferimento, non ha affatto motivato la scelta di conferire l'incarico presso il Tribunale di Civitavecchia su tale presupposto, non avendo l'Amministrazione alcun obbligo di attribuire alla dottoressa Minniti l'incarico dirigenziale in una sede di Roma, come confermato dallo stesso Tribunale di Roma (ordinanza 30 marzo 2006).
È sufficiente rilevare, sul punto, che il P.D.G. 10 dicembre 2005 così recita: «Considerato, inoltre, che risulta vacante il posto di dirigente della cancelleria del Tribunale di Civitavecchia, Ufficio collocato nella medesima fascia retributiva dell'Ufficio del Tribunale superiore delle acque pubbliche, e che sussistono inderogabili esigenze di copertura di tale delicata posizione dirigenziale, non essendo risultato possibile assegnarvi alcun dirigente, all'esito del recente interpello, per mancanza di aspiranti».
Gli stessi criteri per il conferimento di incarichi dirigenziali del 28 febbraio 2005 non prevedono, nell'ipotesi di revoca anticipata dell'incarico, alcun onere di attribuire al dirigente un incarico in un ufficio ubicato nella stessa città e, pertanto, a nulla rileva l'esistenza, all'atto dell'intervenuta revoca anticipata dell'incarico, di posizioni vacanti in Roma, atteso che la ricorrente non poteva vantare alcun diritto al conferimento di un incarico in un ufficio ivi ubicato.
Ed invero, la valutazione delle esigenze dell'Amministrazione ai fini del conferimento dell'incarico, di stretta competenza della Direzione generale del personale e della formazione, trae fondamento nella delicata situazione in cui versa il Tribunale di Civitavecchia, continuamente rappresentata dal Capo dell'Ufficio ed oggetto di una serie di relazioni che ben fotografano le criticità cui si è cercato di far fronte con il predetto incarico.
La situazione di estremo disagio in cui versa l'Ufficio è riconosciuta, del resto, in sede di ricorso dalla stessa dirigente che richiama la recente conferenza stampa dei magistrati del Tribunale di Civitavecchia, in cui gli stessi segnalano «pesantissimi arretrati e disorganizzazione delle risorse».
Peraltro, a fronte di tali esigenze, non sussisteva all'epoca dell'incarico, né ricorre attualmente, alcuna esigenza di copertura della posizione dirigenziale vacante nell'Ufficio (di pari fascia economica) della Direzione generale di statistica che, infatti, non è stato pubblicato nell'ultimo interpello indetto nel mese di giugno.
In merito, poi, all'eccepita inapplicabilità, al personale con qualifica dirigenziale, dell'articolo 2103 del codice civile, ai sensi dell'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 165 del 2001, si evidenzia che il richiamo all'articolo 2103 del codice civile non appare pertinente, atteso che la predetta norma è stata dettata in relazione al diritto del lavoratore a vedersi attribuite le mansioni per le quali è stato assunto o mansioni equivalenti e non si estende ai dirigenti stante il principio di equivalenza degli incarichi dirigenziali. Come chiarito al riguardo dalla Corte di Cassazione «poiché nel nuovo sistema del lavoro contrattuale alle dipendenze di amministrazioni pubbliche la qualifica dirigenziale esprime unicamente l'idoneità professionale del dipendente a svolgere concretamente determinate mansioni (...) la disciplina degli incarichi dirigenziali è incompatibile con le garanzie di cui all'articolo 2103 codice civile, in quanto difettano specifiche mansioni corrispondenti alla qualifica di dirigente» (Cass. Sez. Lavoro 22 dicembre 2004, n. 23760).
Univoca giurisprudenza ha ritenuto sul punto che: «L'assegnazione del dirigente ad altro incarico dirigenziale non comporta un danno alla professionalità specifica maturata, né un danno da demansionamento, non essendo applicabile la disciplina di cui all'articolo 2103 codice civile (Trib. Roma, ordinanza 11 giugno 2003 - Conf. Trib. Catanzaro, ordinanza 19 marzo 2004; Trib. Firenze, ordinanza 15 gennaio 2004; Trib. Roma, ordinanza 25 febbraio 2003). Una puntuale decisione ha affermato che: «poiché l'articolo 19 del decreto legislativo 165 del 2001 esclude l'applicazione dell'articolo 2103 codice civile nella fase genetica dell'attribuzione dell'incarico dirigenziale (non già nelle ipotesi di revoca dello stesso) e nel passaggio da una funzione dirigenziale all'altra, lo jus variandi dell'amministrazione non è soggetto ai rigorosi limiti di cui all'articolo 2103 codice civile» (Trib. Ariano Irpino, ordinanza 15 ottobre 2002).
Il potere-dovere di procedere alla revoca anticipata dell'incarico dirigenziale in questione discende, dunque, dall'assetto delle norme sopra richiamate, che hanno imposto a questa Amministrazione di adottare, nell'ambito della propria autonomia organizzativa,
adeguate misure per far fronte alle comprovate problematiche del Tribunale superiore delle acque pubbliche.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
CAMPA, UGGÈ e BERNARDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
Il decreto n. 45 del 7 marzo 2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 83 del 10 aprile 2007, ha emanato il nuovo regolamento per accedere a crediti agevolati dell'Inpdap. Di conseguenza, i lavoratori pubblici e i pensionati, se entro il 10 ottobre 2007 non rinunceranno all'adesione alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali dell'Inpdap, che prevede l'erogazione di prestiti e mutui a tassi agevolati insieme a servizi destinati ai giovani e ai pensionati, si vedranno trattenere dagli assegni di pertinenza lo 0,35 per cento se dipendenti in servizio, o lo 0,15 per cento se pensionati, quale retribuzione contributiva;
al provvedimento è stata applicata la regola del silenzio-assenso per cui molti lavoratori si troveranno iscritti alla Gestione, con il dovuto obbligo contributivo, senza rendersene conto. Ciò in violazione non solo allo spirito della stessa regola del silenzio-assenso, nata per tutelare un diritto disatteso dalle lungaggini burocratiche, ma anche per evitare che la scarsa divulgazione del provvedimento possa impedire la legittima scelta degli interessati -:
quali provvedimenti intenda assumere per consentire una generale conoscenza del provvedimento che consenta una consapevole scelta da parte di persone che hanno difficoltà ad essere informate, anche per la mancata dimestichezza con gli strumenti informatici.
(4-04490)
Risposta. - Si risponde su delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Con riferimento all'interrogazione in esame, inerente il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 45 del 7 marzo 2007, si fa presente quanto comunicato in merito dai competenti uffici di questo Ministero e dall'Inpdap.
In particolare, l'Istituto di previdenza, al fine di chiarire a portata delle previsioni recate dal regolamento n. 45 del 2007, ha reso noto che con l'articolo 1, commi 242 e seguenti della legge 662 del 1996, è stata istituita presso l'Inpdap la Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, disciplinata dal relativo regolamento di esecuzione decreto ministeriale n. 463 del 1998, che ricomprende sia i dipendenti statali che i dipendenti pubblici iscritti a fini pensionistici presso una delle Casse pensioni amministrate dall'Inpdap.
L'iscrizione comporta il versamento di un contributo obbligatorio a carico dell'iscritto dello 0,35 per cento trattenuto e versato dall'Amministrazione d'appartenenza, calcolato sulla retribuzione contributiva e pensionabile.
In considerazione del fatto che i dipendenti precedentemente iscritti, all'atto del collocamento in quiescenza, restavano esclusi dalle prestazioni della Gestione, col su menzionato decreto ministeriale 45 del 2007 ne è stata prevista l'iscrizione mediante versamento di un contributo ridotto allo 0,15 per cento e la possibilità, per quanti non intendessero aderire, di esercitare il diritto di recesso entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto 45 del 2007, ovvero entro il 31 ottobre 2007, oppure entro sei mesi a decorrere dalla prima trattenuta contributiva effettuata sul cedolino di stipendio o di pensione.
Dall'imposizione contributiva sono esclusi i pensionati che percepiscono una pensione lorda inferiore relativa ai 600 euro.
L'Inpdap ha precisato che, al fine di dare esecuzione alle disposizioni di legge e di fornire una corretta informativa all'utenza, ha predisposto una serie di comunicazioni dirette ai pensionati, agli enti ed alle Amministrazioni pubbliche, il contenuto delle quali è stato concordato e condiviso con i Ministeri vigilanti e con le organizzazioni sindacali di categoria.
Sul sito dell'istituto, inoltre, dall'inizio del mese di luglio 2007, risultano disponibili tutte le notizie riguardanti le prestazioni erogabili e le modalità da seguire per non aderire alla Gestione.
L'istituto, in considerazione della difficoltà di rendere prontamente operativa la propria banca-dati, attraverso l'inserimento di tutte le «non adesioni» pervenute entro il 31 ottobre 2007, ha previsto il differimento, al mese di dicembre 2007, dell'applicazione della trattenuta in parola.
Si fa presente, infine, che l'istituto medesimo, nell'ambito della sua autonomia operativa, ha ritenuto di sospende e l'attuazione della trattenuta, secondo le previsioni del più volte richiamato decreto ministeriale n. 45 del 2007, nelle more della conversione del decreto-legge n. 159 del 1o ottobre 2007 (collegato alla legge finanziaria per il 2008, attualmente all'esame della Camera), che prevede la modifica delle modalità di adesione alla Gestione credito Inpdap, da «silenzio-assenso» a comunicazione scritta della volontà di adesione.
Ad oggi, quindi, l'istituto opera la trattenuta di che trattasi solo nei confronti di coloro che, volendo fruire delle prestazioni erogate dalla Gestione, confermano formalmente la volontà di adesione.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
CAMPA. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
la scuola elementare Ugo Foscolo di Murano, nota isola del centro storico di Venezia, non riesce a reperire un supplente per coprire un posto d'insegnante resosi vacante per un periodo limitato. Ogni sforzo da parte del dirigente della scuola è risultato vano, nonostante si sia rivolto alla graduatoria nazionale;
la situazione ha assunto toni paradossali, al punto che lo stesso dirigente della scuola elementare ha lanciato, attraverso il giornale di Venezia Il Gazzettino, un appello rivolto a coloro che sono in possesso di diploma di maturità magistrale;
al dirigente, l'occasione è servita a mettere in luce l'inadeguatezza delle normative che regolano il reclutamento di personale insegnante per breve tempo, secondo le quali i responsabili delle scuole sono obbligati ad attingere alle graduatorie nazionali, con centinaia di dispendiose telefonate e di invii di telegrammi dalla Sicilia al Piemonte, con il risultato di ottenere decisi rifiuti. Per di più, in questo periodo dell'anno, le graduatorie sono esaurite e le nuove normative prevedono la possibilità di rifiutare la supplenza;
il problema sorto alle elementari di Murano di Venezia si verifica con frequenza in altre scuole -:
se siano previsti interventi o iniziative normative per rivedere il regolamento delle supplenze, rispettando però il diritto dei lavoratori che in questo caso devono sopportare un umiliante e gravoso stato di precariato, che le leggi dello Stato non prevedono in nessun altro caso;
se sia previsto di incentivare, con benefit di carriera o economici, le supplenze brevi praticate in luoghi disagiati, come nel caso di isole, località montane o comunque isolate.
(4-05645)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, con la quale l'interrogante evidenzia le difficoltà nel reperire il personale docente per il conferimento di supplenze brevi nella scuola primaria, in particolare presso la scuola «Ugo Foscolo» di Murano, e chiede iniziative al riguardo.
Le difficoltà derivanti dall'applicazione delle procedure - previste dal regolamento recante norme sulle modalità di conferimento delle supplenze al personale docente ed educativo, approvato con decreto ministeriale 27 maggio 2000, n. 201 - sono state oggetto della massima attenzione da parte del Ministero in occasione della rivisitazione del regolamento medesimo.
In particolare è stata esaminata la questione riguardante il conferimento di supplenze per brevi periodi nella scuola primaria e dell'infanzia dove, considerata l'età degli allievi, in assenza del docente titolare, si rende necessaria la nomina immediata del docente supplente, come nel caso evidenziato dall'interrogante.
Ed invero il decreto ministeriale n. 131 del 13 giugno 2007, recante il nuovo regolamento per il conferimento delle supplenze al personale docente ed educativo, contiene disposizioni che consentono di superare le criticità alle quali ha fatto riferimento l'interrogante in questione.
È prevista, infatti, l'attivazione di una procedura informatica che rende possibile in tempi reali la conoscenza dello stato di occupazione di ciascun aspirante inserito nelle graduatorie d'istituto. Ciò consentirà alle istituzioni scolastiche, collegate in rete, di contare esclusivamente su aspiranti non occupati o occupati parzialmente con evidente risparmio in termini di efficacia ed economicità.
Per quanto riguarda, in particolare, la scuola primaria e dell'infanzia, ove la sostituzione del personale assente va effettuata anche solo per un giorno, e quindi si rende necessario il ricorso alle supplenze anche per brevissimi periodi, è stata data la possibilità agli aspiranti di dichiarare, per non più di due circoli didattici e cinque istituti comprensivi, la disponibilità ad accettare supplenze (fino a dieci giorni) con particolare e tempestiva modalità di interpello. Pertanto, le istituzioni scolastiche possono utilizzare nell'ambito della graduatoria d'istituto prioritariamente i nominativi di coloro, che hanno fornito tale disponibilità.
Ovviamente i soggetti interessati dovranno garantire una reperibilità sia dal momento in cui dichiarano la propria disponibilità nella domanda di inserimento nelle graduatorie di istituto o di circolo ed una effettiva volontà ad assumere l'impiego, pena l'applicazione di particolari sanzioni in caso di mancata accettazione della nomina, rinuncia o abbandono.
Con tali misure, che saranno accuratamente monitorate nella loro efficacia durante il presente anno scolastico, si ritiene di aver dato concreta soluzione alle difficoltà più segnalate dalle scuole in materia di procedure e di modalità di reperimento dei supplenti.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
CANNAVÒ e DIOGUARDI. - Al Ministro della salute, al Ministro della solidarietà sociale, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
le prestazioni psicoterapiche hanno carattere specialistico e sono utilizzate, dietro prescrizione, da una vasta utenza eterogenea per età e condizione socio-economica. Le prescrizioni vengono effettuate in base alla legge 104/92 e prevedono la presa in carico di minori e adulti in situazione di handicap e delle loro famiglie, attraverso interventi multidisciplinari tra i quali è contemplato quello psicologico;
molti centri di riabilitazione convenzionati, così come le ASL, si sono orientati su offerte di impiego caratterizzate da una condizione di precarietà;
tale situazione è particolarmente grave in Campania dove le prestazioni psicoterapiche sono effettuate in base alla legge regionale 11/1984 e nei centri di riabilitazione convenzionati sono centinaia gli psicoterapeuti che lavorano come consulenti esterni a prestazione mentre nelle ASL il rapporto di lavoro prevede spesso l'inquadramento dirigenziale a tempo determinato (otto mesi) senza possibilità di proroga all'incarico;
la massiccia utilizzazione di modalità di impiego precarie ha negli anni inciso su due bisogni fondamentali: il diritto alla cura degli utenti, che nella psicoterapia non si risolve in una semplice somministrazione della prestazione bensì nel rapporto di continuità con l'operatore che la eroga; e, in seconda istanza, il diritto al
lavoro di una categoria professionale altamente specializzata;
in particolare la Regione Campania ha emesso una circolare con la quale si invitano i distretti sanitari della ASL Na 1 a chiudere entro il 31 dicembre 2006 tutte le psicoterapie in convenzione con i centri di riabilitazione. In termini numerici, questa circolare va a ledere il diritto al lavoro di circa 300 psicologi psicoterapeuti e va a ledere il diritto alla cura psicoterapica di circa 4200 utenti (bambini, coppie, famiglie);
la chiusura di una prestazione sanitaria quale quella della psicoterapia, è possibile solo quando è concordata con il paziente nel rispetto delle sue esigenze emotive. La circolare della ASL, invece, determina una chiusura del trattamento imposta istituzionalmente. Chiusura che si profila, secondo il codice deontologico, come una vera e propria interruzione del percorso psicoterapico che danneggia i pazienti sul piano emotivo-relazionale e ne amplifica i rischi comportamentali con esiti imprevedibili;
questa considerazione è confermata da una ulteriore circolare emessa dall'ASL Na 1 in data 15 dicembre 2006, anche in seguito alla mobilitazione degli operatori riuniti nel «Comitato di lotta in difesa della psicoterapia», in cui il direttore del dipartimento di Riabilitazione spiega che «considerando la presenza di minori affetti da disturbi mentali attualmente a rischio di danni alla salute a causa di una brusca interruzione delle terapie psicoterapiche, si indica la necessità di autorizzare le sole proroghe dei relativi trattamenti, dando continuità alla terapia finora erogata, previa prescrizione del neuropsichiatra infantile del Distretto che certifichi lo stato di gravità della patologia e la necessità di non interrompere il rapporto del minore con lo psicoterapeuta che lo assiste»;
nonostante tali disposizioni, a partire dal 1 gennaio 2007 sono state avviate le prime dimissioni amministrative dei trattamenti dei bambini e delle loro famiglie, senza che nessun parere clinico sia stato espresso a favore di tale provvedimento, né da medici prescrittori delle AA.SS.LL. né dagli psicologi psicoterapeuti;
la salute mentale resta un aspetto rimosso a livello sociale, ma anche sanitario, laddove è immediatamente associata al disturbo psichiatrico da riabilitare. Ma la salute non è solo questo. La psicoterapia è un trattamento fondante il benessere e rientra in ciò che oggi è identificabile con la smaterializzazione dei bisogni che fortunatamente non attengono solo al possedere o all'apparire, ma soprattutto all'essere. Per questo rientra nelle prerogative di un moderno Stato che voglia avere cura dei propri cittadini e cittadine, in particolare dei bambini;
la realtà dei numeri ci dice altro: in Italia esistono 3 psicologi ogni 100 mila abitanti contro una media europea di 23, il numero di assistenti sociali è di 6 ogni 100 mila abitanti contro una media europea di 75, il numero di psichiatri è di 9,8 ogni 100 mila abitanti contro una media europea di 12, il numero di infermieri è di 33 ogni 100 mila abitanti contro una media europea di 49 (dati dell'Organizzazione mondiale della sanità);
lo Stato, ai sensi della lettera m), secondo comma, articolo 117 della Costituzione ha potestà legislativa esclusiva sulla «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», mentre il terzo comma del citato articolo costituzionale inserisce la «tutela della salute» nelle materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni -:
se non ritenga, per quanto di propria competenza, di dover promuovere un tavolo istituzionale con la Regione Campania al fine di favorire la proroga dei trattamenti come l'unica soluzione nell'immediato per garantire una situazione di cura di un accertato disagio psichico;
se non ritenga giunto il momento di una adeguata legislazione al fine di pre
venire e curare il disagio psichico in Italia anche riconoscendo il lavoro svolto per anni nei servizi sanitari convenzionati e pubblici e farlo uscire da una condizione di precarietà.
(4-02592)
Risposta. - In merito a quanto lamentato nell'interrogazione in esame, la Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Napoli ha comunicato che è in atto a livello aziendale un graduale e rapido processo di adeguamento alle indicazioni nazionali e regionali, tramite l'attivazione e/o il potenziamento delle strutture specialistiche dell'Area Materno-Infantile e dei Servizi di Salute Mentale, di setting di cura appropriati destinati al trattamento di disturbi mentali dei minori e degli adulti, e all'erogazione delle prestazioni di psicoterapia, al fine di evitare la sospensione dei trattamenti e di garantire la presa in carico dei pazienti.
Nelle more della ricognizione delle risorse disponibili e della individuazione dei percorsi, l'Asl Na 1 ha autorizzato provvisoriamente i trattamenti psicoterapici presso i centri di riabilitazione, individuando il termine del 31 dicembre 2007 per il transito graduale dei trattamenti stessi alle strutture aziendali che nel frattempo verranno attivate.
L'Azienda citata ha ribadito che i trattamenti di psicoterapia, per poter essere erogati all'interno delle strutture riabilitative, come disposto dall'articolo 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, devono essere inseriti in un progetto terapeutico-riabilitativo, nel quale, ai sensi delle Linee Guida regionali per la riabilitazione, è prevista, tra l'altro, la definizione di obiettivi a medio e lungo termine e di un outcome globale.
È stato confermato l'intento di potenziare le strutture a gestione diretta deputate alla prevenzione, diagnosi e trattamento dei disturbi neuropsichiatrici in età evolutiva, anche in attuazione della delibera regionale n. 254 del 25 febbraio 2005 che prevede da parte delle Aziende sanitarie locali l'istituzione delle Unità operative di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza.
La Direzione generale ha sottolineato che l'utenza in età evolutiva (0-18 anni) merita particolare attenzione, vista la necessità di intervenire in molti casi su situazioni di disagio psichico che, se non trattate adeguatamente, possono esitare in patologie stabilizzate o permanenti, con grave compromissione dello sviluppo e della vita di relazione.
Per tali soggetti, per i quali lo specialista neuropsichiatra infantile prescrittore ha ravvisato la necessità di un trattamento psicoterapico ed è stato quindi elaborato il relativo progetto terapeutico-riabilitativo, l'Asl ritiene possibile l'invio alle suddette strutture riabilitative, dopo aver escluso la possibilità del loro inserimento negli ambulatori pubblici attualmente esistenti nell'ambito di alcuni Distretti e delle strutture centrali di psicologica clinica.
Più in generale, deve rilevarsi che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 concernente «Definizione dei livelli essenziali di assistenza», nel descrivere la «Attività sanitaria e sociosanitaria nell'ambito di programmi riabilitativi a favore di disabili fisici, psichici e sensoriali», contiene solo un generico riferimento a «prestazioni diagnostiche, terapeutiche, riabilitative e socio-riabilitative», senza specificare la natura e la tipologia di tali prestazioni.
Tale genericità lascia ai soggetti erogatori dell'assistenza (servizi pubblici o strutture private accreditate) la totale discrezionalità nella scelta degli strumenti terapeutici più appropriati ed efficaci da adottare per i singoli casi, compatibilmente con le risorse disponibili.
Poiché, a parere del Ministero della salute, la discrezionalità può, in alcuni casi, risultare eccessivamente ampia, a scapito della qualità e dell'efficacia delle prestazioni rese, nell'ambito della procedura di «Revisione straordinaria dei LEA» prevista dal Patto per la salute stipulato tra Governo e Regioni il 29 settembre 2006, è stato predisposto da questa Amministrazione uno schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che, per il settore di interesse, elenca con maggiore puntualità le tipologie di attività da garantire agli assistiti
con gravi disabilità, fatta salva la preliminare valutazione di appropriatezza per il singolo caso; tra le tipologie di attività è ricompresa anche la psicoterapia (individuale, di coppia, familiare, di gruppo).
Qualora sulla proposta per la nuova disciplina dei Livelli essenziali di assistenza sia acquisito il consenso dei diversi soggetti istituzionali coinvolti (Conferenza Stato-Regioni e Ministero dell'economia e delle finanze), sarà più facile offrire agli assistiti che ne abbiamo effettivo bisogno anche i trattamenti psicoterapici, con i conseguenti riconoscimenti professionali per gli operatori del settore.
È opportuno precisare, inoltre, che non rientra nelle competenze istituzionali del Ministero della salute intervenire, sia pure con un tavolo tecnico, come richiesto dagli interroganti, nei riguardi della regione Campania, al fine di prorogare i trattamenti tesi dagli psicoterapisti nelle strutture riabilitative accreditate dalla Asl Napoli 1; al riguardo vanno ricordate le modifiche costituzionali intervenute con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 che ha riservato alle Regioni l'autonomia in materia di organizzazione e gestione dei servizi sanitari.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
CAPARINI e BRICOLO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi in tutte le Procure d'Italia sono state celebrate le giornate per l'apertura dell'anno giudiziario durante le quali sono stati dati i numeri reali sui crimini commessi durante l'anno appena trascorso;
da una analisi degli stessi, comparata con i dati forniti dal Ministero della giustizia e dal Dipartimento anticrimine emerge che in Italia c'è stato un aumento esponenziale di atti di violenza nei confronti delle donne e che si sono registrati ben il 30 per cento dei casi di abuso sessuale sui bambini in più rispetto agli anni precedenti;
si è mantenuta drammaticamente bassa l'età media delle vittime di abuso, che va così dagli zero ai cinque anni. Le regioni più colpite da questo esecrabile crimine sono la Lombardia, il Veneto, il Lazio e la Campania;
nel 2006 sono state aperte circa 3.000 pratiche legate a minori scomparsi. Statisticamente il 20 per cento dei bambini scomparsi non viene più ritrovato, i sospetti degli inquirenti sono rivolti alle reti pedopornografiche. Solo nel primo semestre dell'anno scorso siti, collettivi o individuali, propedofilia hanno avuto un incremento del 300 per cento;
i dati sono agghiaccianti: su un campione scelto di ben 443 pedofili accertati, il 67 per cento (pari a 299) è rimasto in stato di libertà con l'aggravante di continuare a rimanere, nella maggior parte dei casi, a contatto diretto con i bambini;
in aumento sono anche i crimini legati alla pedofilia in internet, dove un sito pedopornografico produce un introito giornaliero di almeno 90mila euro, secondo una cifra fornita durante un recente convegno tenutosi a Cuneo presso l'ordine dei medici, dal dottor Tommaso Pastore, dirigente responsabile della squadra mobile di Cuneo. Il costo medio di una foto pedopornografica spazia invece tra i 30 e i 100 euro;
«Oggi i pedofili cercano fotografie sempre più raccapriccianti, chiedendo ai produttori di tale materiale un aumento delle violenze ed un abbassamento delle età delle vittime. Per questo non è più raro che si trovino anche dei neonati, tra le giovani vittime» è il commento del dottor Massimiliano Frassi presidente dell'Associazione Prometeo a difesa delle vittime della pedofilia www.associazioneprometeo.org;
statisticamente sette bambini su dieci navigano da soli senza alcun controllo da parte di adulti ed il 70 per cento degli «agganci» da parte di pedofili avviene nelle chat. Oggi i bambini iniziano a navigare in internet fin dall'età di 7 anni.
Spesso dopo i primi messaggi segue anche un contatto diretto da parte del pedofilo che riesce a risalire all'abitazione del giovane, ad ottenere un incontro ed a far scattare l'abuso;
nel mondo, secondo un report dell'Onu, ogni anno si stima che siano violentate 150 milioni di bambine. Il segretario generale Kofi Annan ha suggerito ad ogni paese di adottare «drastiche misure di contrasto a tale turpe fenomeno» anche in relazione al fatto che in molti paesi l'abuso «sia socialmente accetto o persino legale». A tal riguardo l'Italia rimane uno dei paesi a «massima esportazione» di turisti sessuali. Al fianco delle mete oramai consolidate in tal senso, in primis Romania e Thailandia, oggi si presentano nuovi territori dove andare a «caccia di bambini». Tra questi l'Ungheria, che nel 2006 ha visto triplicati i reati di abusi a danno di minori o il Kenya, dove esistono circa 15mila bimbi di strada vittima di violenza e per i quali è sceso in campo il presidente dell'Unicef Italia Antonio Sclavi che ha denunciato i crimini disgustosi consumati impunemente sulla pelle di questi bimbi «da parte di un numero sempre maggiore di italiani»;
nell'Europa orientale ancora oggi ci sono 1.500.000 bambini che vivono fuori dalla famiglia, 900mila dei quali sono rinchiusi in istituti, spesso in condizioni ai limiti della sopravvivenza. Solamente lo scorso anno in Romania sono stati abbandonati in strada circa 9.000 bambini. Molti sono stati poi arrestati dalla polizia e rinchiusi in manicomi, facendo loro condividere gli spazi insieme a malati di mente adulti. Quando il reato non è consumato all'estero, dall'estero vengono portate le vittime. Solo a Milano sono almeno 500 i baby prostituti della Romania;
sono oramai ridotti ad una percentuale bassissima i casi di cosiddetti «falsi abusi», che oggi si avvicinano intorno allo 0,5 per cento. Percentuale riferita specialmente a quei casi in cui adolescenti, o preadolescenti affermano di aver subito attenzione da parte di adulti, salvo poi in sede di colloquio venire smentite dai fatti. Lo stesso non avviene per casi di bimbi piccoli, la cui credibilità è confermata dal fatto che si trovano a raccontare, con vissuti drammatici e per loro sempre dolorosi, attenzioni o violenze sconosciute alla loro giovanissima età;
secondo dati nazionali, il 50 per cento degli adulti che hanno problemi di disturbi alimentari, soprattutto di anoressia, hanno subito abusi sessuali durante l'infanzia senza ricevere il necessario aiuto. Lo stesso dicasi per i casi di suicidi tra i giovani, dei quali raramente si ha notizia, ma che spesso hanno una comune matrice legata all'abuso, laddove la morte diventa una drastica via di fuga da una situazione non più gestibile dalla vittima;
tra gli elementi di novità, se così si può dire, l'aumento di casi legati a scuole materne dove interi gruppi di bimbi sono stati sottoposti ad abusi rituali, casi per i quali, dopo aver analizzato le carte processuali e seguito alcune vittime da vicino, l'Associazione Prometeo ha parlato dell'esistenza di una rete che agisce nel nostro paese;
vi è un aumento di sette pseudo religiose o di tipo satanico, che rivolgono sempre di più la propria attenzione ai giovani. Giovani come partecipanti delle stesse, o giovanissimi come vittime per i propri rituali. Un'indagine svolta dall'Asl di Varese, insieme alla provincia, su un campione di 561 studenti ha rilevato che il 12,5 per cento degli stessi aveva subito abusi sessuali durante l'infanzia, facendo così parlare di «epidemia silenziosa»: tali dati potrebbero essere in difetto dato che il 3 per cento dei ragazzi intervistati tramite questionari anonimi, a tale domanda ha siglato la risposta «preferisco non rispondere». «Solo lo scorso anno sono state raccolte al nostro sportello di ascolto 46 nuove storie di giovani e di adulti che da bambini hanno subito abusi da parte di genitori, insegnanti e sacerdoti, nessuno dei quali è stato creduto da chi stava vicino e oggi, oltre a dover far fronte al peso dell'abuso, devono fare i conti con
disturbi alimentari e di dipendenza da sostanze» ha dichiarato ai sottoscritti interroganti Marco Marchese, psicologo e presidente dell'AMS di Palermo, aggiungendo «purtroppo sono ancora molti i pedofili che riescono a vincere i processi a causa della vecchia formula dell'insufficienza di prove, formula che va ricordato non equivale al fatto che non sia accaduto nulla ma che le prove, appunto, non siano state sufficienti». Anche davanti a questo la prevenzione, quindi, risulta essere oggi più che mai necessaria;
i dati forniti fanno emergere l'imprescindibile necessità di un intervento sempre più coordinato tra le varie forze in campo, col fine di tutelare, di più e meglio, i bambini, in una società che pare aver oramai abdicato a tale ruolo -:
quali misure intenda adottare il ministro per prevenire, contrastare e reprimere tale abominevole crimine.
(4-05198)
Risposta. - Le tematiche cui l'interrogazione in esame fa riferimento riguardano il tragico fenomeno del traffico di bambini e della prostituzione minorile, evidenziando il rilevante numero dei minori sfruttati sessualmente.
Spesso, si tratta di soggetti appena adolescenti di origine rom o di minori stranieri non accompagnati provenienti dalla Romania, particolarmente esposti al rischio di subire violenze, di cadere vittime di reti di trafficanti, sia a scopo di sfruttamento sessuale che di manovalanza spicciola per reati contro il patrimonio.
A contrasto di tali crimini, nel contesto delle più complessive e generali politiche di prevenzione, la legislazione penale italiana in materia di riduzione o mantenimento in schiavitù, prostituzione minorile, tratta di persone e violenza sessuale è in linea con gli standards previsti dai più recenti accordi internazionali.
Si fa riferimento, nell'ambito dell'Unione europea, alla decisione quadro relativa alla lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile adottata dal Consiglio GAI del 22 dicembre 2003 e, nell'ambito delle Nazioni Unite, al Protocollo per la prevenzione e repressione della tratta degli esseri umani, specialmente donne e minori, che completa la Convenzione ONU contro il crimine organizzato transnazionale, approvato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York il 28 ottobre 2000 e aperto alla firma nel corso della Conferenza internazionale di Palermo, tenutasi nei giorni 12-15 dicembre 2000.
L'adeguamento del diritto interno è garantito dalle leggi 15 febbraio 1996 n. 66, 3 agosto 1998 n. 269 e 6 febbraio 2006 n. 38.
Per contrastare lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedo-pornografia anche a mezzo internet, l'articolo 20 della legge 6 febbraio 2006, n. 38, comma 1-bis, in linea con le istanze formulate nel presente atto parlamentare, ha previsto l'istituzione, presso il Dipartimento per le pari opportunità, dell'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile con il compito di acquisire e monitorare i dati e le informazioni relativi alle attività, poste in essere da tutte le amministrazioni, per la prevenzione e la repressione della pedofilia.
Infine, con riferimento alla diffusione del fenomeno di atti di abuso sessuale sui bambini menzionato nell'interrogazione, si evidenzia che proprio la crescente presenza di minori stranieri non accompagnati, spesso privi di qualsiasi documento di identità, ha suggerito la sottoscrizione, in data 16 luglio 2004, di un Protocollo di intesa da parte della Regione, le Prefetture, il Tribunale e la Procura per i minorenni di Venezia, al fine di avviare una azione diretta a facilitare l'accoglienza di tali minori, privi di riferimenti familiari e sociali, particolarmente esposti a rischio di emarginazione e di criminalità.
Il Ministero della giustizia, allo scopo di predisporre più efficaci strumenti di intervento ha elaborato, insieme al Ministero dei diritti e delle pari opportunità e al Ministero delle politiche per la famiglia, il disegno di legge varato dal Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2006, recante «Misure di sensibilizzazione e prevenzione, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell'ambito della famiglia, per
l'orientamento sessuale, l'identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione» (A.C. 2169). Tale disegno di legge, assegnato in sede referente alla Commissione giustizia in data 19 febbraio 2007, si propone di attuare un intervento integrato, su più fronti e livelli, a contrasto dei fenomeni di violenza sulla persona, specie nelle relazioni familiari e affettive, e della prevaricazione ai danni di soggetti che, per caratteristiche personali, sono particolarmente vulnerabili. In particolare e con specifico riferimento alle problematiche esposte dall'onorevole Capanni, si segnala la nuova fattispecie delittuosa dell'adescamento di minorenni, elaborata al fine di contrastare il subdolo avvicinamento ai minorenni, mediante l'utilizzo dei mezzi di comunicazione oggi offerti dalle nuove tecnologie. Tale nuova fattispecie delittuosa mira, dunque, a reprimere tutte quelle forme di approfittamento della fiducia di un minore degli anni sedici, realizzate mediante l'instaurazione di relazioni amichevoli anche attraverso forme di comunicazione a distanza (telefono, sms, chat line, eccetera) in funzione del compimento di delitti di natura sessuale.
Si è anche provveduto ad ampliare il novero delle condotte tipiche dei reati di corruzione di minorenne, estendendola al caso di esibizione di materiale pornografico, attualmente estranea alla descrizione della condotta tipica contenuta nell'articolo 609-quinquies.
Viene, altresì, estesa l'applicazione del principio dell'inescusabilità dell'ignoranza dell'età minore della parte offesa anche ai delitti di riduzione e mantenimento in schiavitù o in servitù, prostituzione minorile e pornografia minorile.
Il disegno di legge prevede, inoltre, nuove figure delittuose idonee a sanzionare più severamente il delitto di sottrazione di minorenne, allorché il minore sia condotto o trattenuto all'estero, consentendo il ricorso a strumenti investigativi più efficaci quali sono le intercettazioni, solitamente indispensabili per poter rintracciare il minore sottratto.
E ancora, il disegno di legge estende la possibilità di effettuare con incidente probatorio l'audizione della vittima di delitti di violenza e abuso sessuale, anche dei delitti di prostituzione e pornografia minorile, indipendentemente dall'età, al fine di estromettere quanto prima il minore dal processo penale e di evitargli - nei limiti del possibile - ulteriori turbamenti e traumi.
Infine, si segnala che in materia di ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354), si è prevista l'attivazione di specifici programmi di riabilitazione rivolti ai detenuti e agli internati condannati per delitti qualificati dalla violenza o dallo sfruttamento di natura sessuale ai danni di minorenni, il cui utile svolgimento viene a rappresentare una condizione per il conferimento di permessi premio, per l'applicazione di misure alternative alla detenzione e per l'assegnazione al lavoro all'esterno. Con ciò, si intende porre ulteriori confini alla concessione di benefici che riportano il detenuto all'esterno, con la possibilità di dare ulteriore sfogo a pulsioni violente e/o perverse.
Tanto illustrato, è auspicabile che durante l'iter parlamentare, un dibattito attento e costruttivo contribuisca ad arricchire la proposta governativa di quegli eventuali ulteriori strumenti atti a prevenire, individuare e punire le condotte criminose trattate nell'interrogazione dell'onorevole Capanni.
Da ultimo, si rammenta l'effettivo e costante impegno del Ministero della giustizia teso alla rapida ratifica, da parte dell'Italia, della convenzione europea sul Cyber crime, relativa alla repressione del commercio di materiale pedo-pornografico.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
CAPEZZONE. - Al Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. - Per sapere - premesso che:
il Comitato per la valutazione dei dirigenti, istituito presso il Ministero della funzione pubblica fin dal 2005, ha, come compito istituzionale, quello di intervenire per convalidare le misure sanzionatorie
prese dalla pubblica amministrazione nei confronti dei propri funzionari;
in data 11 maggio 2007 il Consiglio dei Ministri ha provveduto a confermare il Comitato, presieduto da un magistrato della Corte dei conti;
il 9 agosto scorso, sul quotidiano Il Sole 24 Ore compariva un articolo dal titolo «Dirigenti senza contestazioni», in cui si dava conto di una «lettera riservata» inviata alcuni mesi fa dal presidente del Comitato per la valutazione dei dirigenti al Ministro per la funzione pubblica volta a segnalare l'anomala situazione, per la quale all'ente non era stato sottoposto neppure un caso;
nella stessa lettera si sollecitava il Ministro ad attivare l'ispettorato della funzione pubblica, al fine di verificare se i dirigenti dell'amministrazione dello Stato assolvano puntualmente le funzioni loro connesse;
sempre dallo stesso articolo si evince che, a sei mesi dalla missiva, la situazione pare immutata -:
se quanto riportato dal giornalista corrisponda al vero;
quali iniziative intenda porre in essere il Ministro al fine di verificare una situazione che appare, se confermata, indubbiamente anomala e che rischia di diminuire la fiducia dei cittadini nella pubblica amministrazione che, nella maggioranza dei casi, svolge meritoriamente il suo ruolo, spesso in condizioni e con mezzi non ottimali.
(4-04734)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame concernente le attività del Comitato dei garanti in materia di valutazione della dirigenza pubblica, si rappresenta quanto segue.
Il decreto legislativo n. 165 del 2001 recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche dispone, all'articolo 22, che i provvedimenti connessi alla responsabilità dirigenziale aventi ad oggetto il mancato rinnovo dell'incarico dirigenziale, la revoca dell'incarico o il recesso dal rapporto di lavoro sono adottati «previo parere conforme di un Comitato dei garanti» del quale la medesima norma definisce, altresì, la composizione e la durata in carica.
Come correttamente evidenziato dall'onorevole interrogante, a far data dalla ricostituzione del Comitato - avvenuta nella scorsa legislatura con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 giugno 2005, a seguito di un periodo di vacatio di due anni dal termine del mandato triennale del precedente Comitato - le Direzioni generali del personale delle amministrazioni dello Stato non hanno trasmesso alcuna richiesta di parere al medesimo Comitato. Si precisa, infatti, che tale organismo, ai sensi del citato articolo 22, è chiamato ad esprimere le propria valutazioni a seguito di richiesta delle amministrazioni interessate; il parere in questione viene reso entro il termine di trenta giorni dalla suddetta richiesta, decorso il quale è possibile prescindere dal parere stesso.
Al riguardo, si rappresenta, inoltre, che, in considerazione del valore determinante dei pareri di competenza nonché della perentorietà del termine previsto dalla legge, il Presidente del Comitato ha provveduto, con note del 21 novembre e del 2 ottobre 2005, a fornire alle amministrazioni opportuni chiarimenti ed informazioni specifiche in ordine alla documentazione da presentare.
Per quel che attiene, poi, al secondo quesito prospettato dall'onorevole interrogante, ossia alle eventuali iniziative che il Governo intende attivare in materia, si segnala che è in corso di predisposizione un disegno di legge concernente misure di razionalizzazione delle norme generali sul lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, volto ad individuare i principi ed i criteri direttivi ai quali dovranno conformarsi le disposizioni integrative e modificative della vigente disciplina in tema di pubblico impiego (decreto legislativo n. 165 del 2001).
In particolare, l'articolo 1, comma 1, lettera f) del citato disegno di legge richiama la necessità di stabilire, tenendo conto delle differenze tra incarichi di natura fiduciaria
e non fiduciaria, una dimensione temporale degli incarichi di funzione dirigenziale che consenta una adeguata valutazione dell'operato dei dirigenti, articolandone la durata in relazione alle caratteristiche delle funzioni e degli obiettivi assegnati, e prevedendo, di norma, la rotazione negli incarichi di maggiore rilevanza. A ciò si coniuga l'esigenza di stabilire che le conferme, le mancate conferme e le revoche degli incarichi siano fondate esclusivamente sulle attitudini e le competenze professionali dei dirigenti, collegandole con gli esiti delle valutazioni annuali, da svolgersi con modalità e garanzie definite anche attraverso i contratti collettivi nazionali di lavoro, ed escludendo, in ogni caso, forme di rimozione automatica e prive di motivazioni per tutti i dirigenti preposti ad attività di amministrazione e di gestione ed a funzioni ispettive, di consulenza, studio ricerca.
Con riferimento alle iniziative governative in materia, deve, inoltre, evidenziarsi, che il disegno di legge relativo alla modernizzazione ed all'incremento dell'efficienza nella pubblica amministrazione - recentemente approvato dalla Camera dei Deputati (A.C. 2161) ed ora all'esame del Senato (A.S. 1859) - introduce, al riguardo, alcune disposizioni di particolare interesse.
Il provvedimento, infatti, in linea con quanto già sperimentato in sede europea ed in sintonia con il Memorandum sul lavoro pubblico, prevede l'istituzione, presso il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, di una Commissione indipendente di alto profilo tecnico con compiti di monitoraggio, analisi comparativa e formulazione di metodologie dirette al miglioramento qualitativo e quantitativo delle performances delle pubbliche amministrazioni.
Oltre ad istituire la suddetta «Commissione indipendente per la valutazione dei risultati e della qualità dell'azione delle amministrazioni pubbliche», il disegno di legge sopra richiamato prevede una razionalizzazione ed integrazione delle disposizioni in materia di valutazione del personale titolare di incarichi dirigenziali.
A tal fine, mediante l'adozione di uno o più decreti legislativi per il riordino del sistema dei controlli interni di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, e successive modificazioni, il Governo intende assicurare uno svolgimento dei procedimenti valutativi da parte di ciascuna amministrazione improntato a criteri di indipendenza e trasparenza e tale da garantire comunque adeguate forme di partecipazione dei destinatari della valutazione, in coerenza con quanto stabilito al riguardo dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Inoltre, si prevede l'adeguamento delle attività di valutazione delle prestazioni dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato alle linee guida definite dalla istituenda Commissione, nonchè, a seguito dell'esito del processo di valutazione, la corresponsione ai dirigenti di trattamenti economici differenziati di risultato, in coerenza con quanto stabilito al riguardo dai contratti collettivi nazionali di lavoro.
Con riferimento all'attività dell'Ispettorato per la funzione pubblica, richiamata dall'interrogante, si sottolinea che il medesimo disegno di legge, modificando l'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, estende i compiti ispettivi e di vigilanza del citato organo anche al raggiungimento degli obiettivi strategici stabiliti negli atti di indirizzo, con particolare riguardo ai processi di acquisizione, gestione e valorizzazione delle risorse umane, tecnologiche e finanziarie e di miglioramento della qualità dell'azione amministrativa.
Quanto rappresentato dimostra, quindi, che il Governo - consapevole del rilievo che l'attività di valutazione riveste ai fini dell'attribuzione degli incarichi dirigenziali sensibile alle problematiche sollevate dall'onorevole interrogante circa le criticità rilevabile negli attuali meccanismi di valutazione - intende, anche mediante le iniziative normative sopra illustrate, rendere maggiormente incisiva l'attività stessa, rafforzandone l'efficacia e orientandola, non all'applicazione di sanzioni, ma all'attivazione di un sistema virtuoso di miglioramento dell'azione amministrativa e di adeguamento delle performances agli obiettivi prefissati.
Il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione: Luigi Nicolais.
CAPEZZONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano in lingua inglese The New York Times del 25 ottobre 2007, in un articolo dal titolo Russia Working Limit Election Observers di C.J. Chivers, viene segnalata una forte attività diplomatica della Russia volta a limitare o quantomeno ridimensionare le missioni elettorali dell'OSCE, soprattutto in quegli Stati già appartenenti all'ex Unione sovietica;
il quotidiano statunitense sarebbe entrato in possesso di alcune proposte secretate elaborate dal governo di Mosca e circolate confidenzialmente nella sede dell'OSCE a Vienna (confermate da diplomatici russi che mantengono l'anonimato) che prevederebbero un drastico taglio dei componenti delle missioni OSCE (non più di 50 osservatori) e una limitazione delle loro prerogative;
sempre secondo il The New York Times (come anche riportato in un lancio dell'agenzia di stampa il Velino) si proporrebbe il silenzio stampa assoluto fino all'annuncio dell'esito del voto, e un pronunciamento dell'organizzazione sulla pubblicazione dei rapporti conclusivi;
a partire dal prossimo dicembre i cittadini russi saranno chiamati, in primis a rinnovare la Duma (la Camera bassa del Parlamento) e successivamente ad eleggere il nuovo Presidente;
l'ambasciatore Christian Strohal, che guida l'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani (Odihr) dell'OSCE, ha denunciato - come riportato nel citato articolo - il tentativo di «ridefinire, o meglio distruggere» una prassi che si è consolidata nell'arco di un decennio;
l'iniziativa russa ha già ottenuto l'appoggio di Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan;
seppur sia necessaria l'unanimità di tutti i componenti dell'OSCE (56 Paesi) affinché tali proposte diventino operative, è comunque possibile per la Russia agire unilateralmente, ponendo precise condizioni agli osservatori che monitoreranno la tornata di dicembre e, comunque, bloccare altre importanti decisioni all'ordine del giorno dell'organizzazione;
a meno di due mesi dal rinnovo della Duma, il governo russo pare non abbia ancora dato la sua autorizzazione all'invio di osservatori, né ha ancora risposto ai solleciti dell'Odihr;
secondo quanto riferito dal quotidiano on-line Kommersant del 23 ottobre 2007 (http://www.kommersant.com/) Andrei Davydov, portavoce della commissione elettorale centrale russa avrebbe accennato alla possibilità di ridurre il numero di osservatori a «diverse decine», contro i circa 400 proposti all'OSCE;
sempre secondo quanto pubblicato sul quotidiano on-line Kommersant, Konstantine Kosachev, presidente della Commissione esteri della Duma, avrebbe affermato che la Russia inviterà 30 (e non 60) osservatori dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, ma non membri del Parlamento europeo -:
se il Ministro sia a conoscenza delle informazioni riportate dalla stampa estera;
se non ritenga la manovra russa come l'ennesimo tentativo di prevenire o semplicemente limitare proteste e denunce di brogli in vista dei due appuntamenti elettorali succitati;
quale posizione intenda tenere il Governo italiano qualora nella prossima riunione dei Ministri degli esteri dell'OSCE, prevista a Madrid dal 29 al 30 novembre 2007, dovesse essere posta la questione.
(4-05429)
Risposta. - Il 18 settembre del 2007, la Delegazione permanente della Federazione russa presso l'Osce ha sottoposto un progetto di Decisione ministeriale sull'organizzazione dell'attività d'osservazione elettorale, svolta dall'Odihr (ufficio per le istituzioni democratiche ed i diritti umani), alla Presidenza in esercizio ed alle altre
delegazioni. Tale progetto di Decisione è stato cosponsorizzato anche dalle delegazioni di Armenia, Bielorussia, Kighizstan, Tajikistan, Uzbekistan e Kazakhstan.
Come da Lei citato nell'interrogazione parlamentare, gli estensori del documento hanno previsto tra le altre misure: un tetto massimo di 50 osservatori per ogni missione; l'obbligo per i membri della missione di osservazione elettorale di mantenere il silenzio stampa sino alla pubblicazione dei risultati ufficiali.
Per acquisire efficacia vincolante per l'Odihr, il progetto dovrebbe essere adottato per consensus dal Consiglio ministeriale, che si terrà a Madrid il 29 e 30 novembre 2007 Secondo la maggioranza degli Stati partecipanti all'Osce, l'applicazione delle misure in parola comporterebbe una sensibile riduzione dell'autonomia dell'Odihr e dell'efficacia delle Missioni elettorali da essa organizzate.
Al riguardo, la posizione del Governo italiano, che si riconosce pienamente in quella dell'Unione europea, è di ritenere che l'indipendenza dell'Odihr è la sua autonomia nella cura degli aspetti organizzativi delle missioni elettorali debbano essere garantite, per assicurare imparzialità ed efficacia delle missioni stesse.
Di conseguenza, l'Unione europea sta concordando con i Paesi membri un proprio progetto di decisione da presentare al Consiglio ministeriale di Madrid, in alternativa a quello russo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
CARUSO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
la statale 106 Jonica, nata in condizioni profondamente diverse da oggi, sia per la nascita e l'allargamento dei centri abitati lungo il suo tragitto, sia per l'aumento dei veicoli che la percorrono, riversa oggi in condizioni particolarmente fatiscenti;
in data 9 marzo 2007, il Ministro Di Pietro ha effettuato un sopralluogo presso il ponte sul fiume Trionto, nel comune di Crosia (Cosenza), insieme al sottosegretario Meduri ed al direttore Generale dell'Anas, Minnenna. Il ponte sul fiume Trionto rimane una strozzatura tra le più vistose per la semplice ragione che è stato realizzato con le tecniche e l'architettura degli anni '30 e, a distanza di quasi 80 anni dalla sua costruzione, ormai non è più nelle condizioni di garantire la fluidità e la sicurezza dei flussi di traffico attuali;
sul doppio senso di marcia infatti i mezzi pesanti non sono nella condizione di transitare mentre nel periodo di maggiore intensità di traffico si determinano disagi e code infinite perché il transito avviene a senso alternato in modo spontaneo e arbitrario;
lo stesso Ministro delle infrastrutture successivamente, nell'incontro con i Sindaci a Rossano avvenuto nella stessa giornata, informava sui programmi dell'Anas che assumono la realizzazione dell'opera con destinazione di risorse e l'apertura dei cantieri entro l'estate;
all'oggi invece ancora non si intravede l'apertura dei cantieri e l'inizio di qualsivoglia lavoro -:
se non ritenga opportuno verificare e sollecitare le autorità preposte affinché i lavori per il ponte sul fiume Trionto vengano avviati nel più breve tempo possibile;
quali risorse e con quale tempistica il ministro intenda procedere per la realizzazione complessiva dell'ammodernamento e del raddoppio della statale 106 nel suo complesso, per ridare una prospettiva e una dignità alla mobilità sulla costa jonica, già segnata dalle condizioni altrettanto drammatiche e fatiscenti in cui riversa la linea ferroviaria, anch'essa lasciata al degrado e all'abbandono in questi ultimi anni;
se non ritenga opportuno stornare gli ingenti capitali pubblici statali che si intende investire per la linea ferroviaria ad Alta Velocità Torino-Lione, progetto osteggiato dalle popolazioni locali, per indirizzarli
invece sul potenziamento delle infrastrutture stradali e ferroviarie della costa jonica calabrese, potenziamento che da decenni le popolazioni locali sollecitano nei confronti di una classe politica forse troppo attenta agli interessi delle grandi imprese e poco a quelli che invece sono i reali bisogni dei cittadini.
(4-05016)
Risposta. - Si premette anzitutto che l'attuale struttura del vecchio ponte ad arco lungo la strada statale 106 tra i chilometri 323 e 324 costituisce un cosiddetto «punto nero» ex articolo 15 legge n. 166 del 2002 e la realizzazione della nuova infrastruttura è pertanto avvertita come un'esigenza al fine di ovviare ad una reale situazione di pericolo.
L'intervento, già inserito nel programma «punti neri» 2003-2005 di ANAS SpA, è stato quindi oggetto di progettazione esecutiva, che all'attualità ha ottenuto il parere favorevole del comune di Rossano.
Sul progetto peraltro occorre acquisire i pareri, già richiesti, della provincia di Cosenza - Settore Protezione civile e difesa del suolo ed Assessorato territorio, e della regione Calabria - Autorità di bacino.
L'Autorità di bacino regionale si è resa disponibile ad effettuare direttamente le verifiche idrauliche che ritiene necessarie; a tal fine il Compartimento Anas di Catanzaro, competente per territorio, sta procedendo ad un'integrazione dei rilievi a suo tempo eseguiti in corrispondenza del tratto fluviale interessato dal progetto.
All'esito dei pareri prescritti, si potrà procedere all'approvazione del progetto, propedeutico all'appalto dei lavori.
Per quanto concerne l'ammodernamento della strada statale Jonica 106 nel suo complesso, oltre a rinviare a quanto previsto in merito nel documento «Infrastrutture prioritarie» allegato DPEF 2008-2012, si segnala che, con accordo sottoscritto tra questo Ministero e la regione Calabria in data 4 ottobre 2007, sono stati individuati, tra le opere da finanziare a valere sulle risorse ex articolo 1, comma 1155, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (ex Fintecna), i seguenti interventi sulla strada statale 106 Jonica:
lavori del megalotto n. 3 (Sibari-Roseto): euro 265.000.000;
progettazione del megalotto n. 9 (Crotone-Cariati): euro 25.000.000;
progettazione del megalotto n. 12 (tangenziale di Reggio Calabria): euro 14.707.120.
Con specifico riferimento all'intervento Strada statale 106 Jonica - megalotto 3, la regione Calabria, in sede di accordo, ha preso atto che il Cipe, su proposta di questo Ministero, ha approvato il progetto preliminare dell'intera opera e finanziato un primo stralcio dell'importo di 690,78 milioni di euro, la cui copertura è prevista per 271,35 milioni di euro a valere sul fondi FAS del Programma nazionale del Mezzogiorno 2007-2013, per 265,00 milioni di euro a valere sulle risorse di cui al citato accordo e per il rimanente a carico dei fondi della Legge Obiettivo per il 2007.
A mero titolo informativo, si segnala che, con il richiamato accordo del 4 ottobre 2007, sono state altresì selezionate, per le finalità sopraccennate, le «Opere di efficientamento del sistema degli attracchi a Villa San Giovanni e di adeguamento del sistema viario cittadino» (costo euro 84.000.000).
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
CASINI, VOLONTÈ, DRAGO, D'AGRÒ, RONCONI, MEREU, PERETTI, LUCCHESE, COMPAGNON e FORMISANO. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
la situazione nel settore dell'edilizia scolastica del Comune o della Provincia di Roma, come emerge dalle notizie recentemente apparse sulla stampa quotidiana, risulta alquanto precaria sia sotto il profilo della prevenzione degli incendi sia sotto il profilo della sicurezza degli immobili (infatti, solo il 10 per cento dei locali e degli edifici possiede il certificato
di prevenzione e solo una parte degli stessi raggiunge il livello massimo di sicurezza);
la proprietà, ai sensi della legge 11 gennaio 1996, n. 23 (articoli 3 e 8), dei locali e degli edifici destinati a sede di scuole per l'infanzia, di scuole primarie e secondarie di 1 grado è dei Comuni, mentre i locali e gli edifici destinati, a sede di scuole e istituti di istruzione secondaria di 2 grado (compresi i licei artistici, gli istituti d'arte, i conservatori, le accademie e i convitti) appartengono alle Province;
gli obblighi relativi a prestazioni di natura strutturale e manutentiva sui locali e sugli edifici, sono, per effetto delle disposizioni di legge, a carico delle amministrazioni che ne detengono la proprietà;
gli Enti locali erano tenuti, ai sensi dell'articolo 15, comma 1 della, legge 31 agosto 1999, n. 205, a completare entro il 31 dicembre 2004 la messa a norma, da ogni punto di vista, dei locali e degli edifici scolastici;
l'attenzione da attribuire alla questione è particolarmente rilevante in quanto inserita nel contesto della tutela del valore della vita e dalla integrità fisica delle persone -:
quali siano, anche sulla base dei dati a disposizione dell'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica, le cause determinanti i palesi ritardi e le preoccupanti inadempienze relativiai tempi e alle opere previste dalle leggi;
se esistano carenze, in materia, sull'intero territorio nazionale, con particolare riguardo ai Comuni e alle province dell'Italia centrale e meridionale, documentate sulla base di dati oggettivi;
quali siano le iniziative in atto, da parte del Governo, per sollecitare gli Enti competenti e responsabili a provvedere agli adempimenti di messa in sicurezza dei locali e degli edifici scolastici, formalmente richiesti da parte dei dirigenti, delle singole istituzioni;
se non ritenga urgente impartire, con una apposita direttiva, alle unità di istruzione e di formazione dipendenti o vigilate dal Ministero, ulteriori e cogenti indicazioni perché si apprestino delle attività educative capaci di coinvolgere gli alunni, e i docenti.
(4-05657)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, riguardante i ritardi sul completamento della messa a norma ed in sicurezza degli edifici scolastici, con particolare riguardo al comune e alla provincia di Roma e dei comuni e delle province dell'Italia centrale e meridionale.
Si fa presente preliminarmente che il Ministero, ai sensi della vigente normativa in materia - per ultima la legge 11 gennaio 1996, n. 23 - non partecipa direttamente all'attivazione di opere di edilizia scolastica sul territorio, essendone riservata la programmazione alle rispettive regioni e la loro concreta attuazione (realizzazione, fornitura, manutenzione ordinaria e straordinaria, compresi l'adeguamento a norma e la messa in sicurezza) ai singoli enti locali, comuni e province, puntualmente obbligati.
La vigilanza in merito all'effettiva assunzione da parte degli enti locali delle opportune misure, e relative certificazioni, previste dalla normativa in materia fa capo agli organismi a ciò istituzionalmente preposti - come, ad esempio, le Aziende sanitarie, i Vigili del fuoco o altri Uffici tecnici degli enti locali - ai medesimi enti locali competono anche le attività, con relativa responsabilità, dei necessari provvedimenti contingibili ed urgenti, ove le circostanze obiettive lo dovessero richiedere. L'Amministrazione scolastica è invece interessata a introdurre la cultura della sicurezza, come strumento per garantire la cultura della sicurezza degli alunni, degli insegnanti e di tutto il personale.
Ciononostante l'Amministrazione è intervenuta ad agevolare gli enti locali nell'assolvimento dei loro obblighi, attraverso l'attribuzione di appositi finanziamenti, sotto forma di mutui accendibili presso la Cassa Depositi e Prestiti, con totale ammortamento a carico dello Stato; in particolare - ai sensi dell'articolo 4 della citata legge 23 del 1996 - che ha previsto l'attivazione di piani triennali di programmazione
regionale, articolati in singoli piani annuali attuativi - al momento è stata complessivamente attribuita una somma equivalente a circa 4.000 miliardi di vecchie lire.
Questa somma, - secondo gli indirizzi previsti nei singoli decreti di riferimento -, è stata essenzialmente dedicata proprio alla messa a norma ed in sicurezza degli edifici scolastici. Ciò ha consentito l'avvio di oltre 12.000 interventi ed ha favorito, così, la concreta applicazione, da parte dei competenti enti locali, della normativa di riferimento ed in particolare quella contenuta nell'articolo 15 della legge 265 del 1999, che prevedeva il completamento di tali attività entro il 31 dicembre 2004, successivamente prorogato all'ormai scaduto 30 giugno 2006.
Termine, peraltro, non osservato dagli enti locali - secondo quanto dagli stessi più volte assunto al riguardo - per molteplici motivazioni contingenti quali: carenze finanziarie, numero degli interventi necessari, difficoltà organizzative vincoli derivanti da limiti di indebitamento eccetera.
Premesso quanto sopra, si evidenzia anche che le leggi finanziarie per il 2005 e per il 2006, emanate dal precedente Governo, non hanno contemplato alcuna risorsa per l'edilizia scolastica ed infatti, per il rifinanziamento dei piani d'intervento previsti dalla legge 23 del 1996, è stato necessario attendere la legge 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 1, comma 625 (Finanziaria per il 2007), che - per la prima volta dall'emanazione della citata legge 23 del 1996 - ha consentito l'avvio di una vera e propria programmazione triennale delle attività, con la previsione in bilancio di risorse relative all'intero triennio 2007/2009 per un importo complessivo di 250 milioni di euro (50 per il 2007 e 100 per ciascuno degli altri due anni).
Peraltro, al fine di responsabilizzare ulteriormente le Amministrazioni direttamente coinvolte e di massimizzare gli interventi di messa a norma ed in sicurezza delle scuole, accelerandone la conclusione, è stato previsto che, in ciascuna delle annualità suindicate, il 50 per cento del relativo importo fosse espressamente ed esclusivamente dedicato a tali finalità e compartecipato in parti eguali con la regione e gli enti locali interessati.
Successivamente, con apposita Intesa istituzionale raggiunta nella Conferenza unificata del 26 settembre 2007, finalizzata all'attivazione di un Patto per la sicurezza con le diverse Amministrazioni coinvolte - proprio per la particolare importanza delle finalità in questione, è stato convenuto, su forte iniziativa del Ministero, che anche il restante 50 per cento fosse destinato alla sicurezza delle scuole ed integralmente compartecipato, gravando a carico dello Stato solo un terzo del costo di ciascun intervento.
A fronte delle disposizioni suindicate, dunque, nell'intero triennio 2007/2009 sarà raggiunto uno sviluppo d'investimenti non inferiore ai 750 milioni di euro, integralmente dedicati all'adeguamento a norma ed alla messa in sicurezza delle scuole, con evidenti benefiche ricadute anche sul sociale e sull'indotto collegato.
Per il completamento delle opere di messa in sicurezza e di adeguamento a norma le regioni possono fissare un nuovo termine di scadenza, comunque non successivo al 31 dicembre 2009, decorrente dalla data di sottoscrizione dell'accordo suddetto.
Altre risorse sono contenute nella legge finanziaria per il 2007 - articolo 1, comma 626 - che ha previsto l'attivazione di un piano di intervento per la messa in sicurezza delle scuole secondarie di 1o e 2o grado finanziato dall'INAIL. La disposizione, in particolare, prevede che il Consiglio di indirizzo e di vigilanza dell'Istituto definisca in via sperimentale per il triennio 2007-2009, d'intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministro della pubblica istruzione e con gli enti locali competenti, indirizzi programmatici per la promozione e il finanziamento di progetti degli istituti di istruzione secondaria di primo grado e superiore per l'abbattimento delle barriere architettoniche o l'adeguamento delle strutture alle vigenti disposizioni in tema di sicurezza e igiene del lavoro.
Con delibera del 3 aprile 2007 il Civ dell'Istituto ha fissato in 100 milioni di euro la somma da destinare alle suddette finalità, di cui 30 milioni per il corrente anno. Con il Protocollo d'intesa, di recente siglato da questo Ministero e dall'INAIL sono state fissate le modalità di utilizzo delle risorse.
È in via di definizione il bando che consentirà a comuni e province interessati di accedere ai previsti finanziamenti, ripartiti a livello regionale, sulla base di parametri obiettivi.
Inoltre, nel disegno di legge n. 1848, già approvato alla Camera dei deputati e attualmente all'esame del Senato, che contiene «Disposizioni urgenti in materia di pubblica istruzione» è prevista una disposizione volta a favorire, in particolare l'attivazione di piani straordinari di edilizia scolastica nelle zone ad alta intensità abitativa o ad accentuato disagio sociale, anche per la messa in sicurezza e l'adeguamento a norma degli edifici scolastici, mediante il recupero e la riassegnazione alle medesime regioni delle somme non utilizzate rinvenienti dall'attuazione dei piani di intervento finanziati da precedenti leggi di settore.
Ulteriori risorse sono previste dal disegno di legge finanziaria per il 2008 per gli interventi di adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici scolastici, facenti capo al Ministero delle infrastrutture.
Si fa presente inoltre che il Ministero della pubblica istruzione è sempre stato particolarmente attento alla tematica della sicurezza nelle scuole e ciò, tanto da soggetto passivo - come destinatario, cioè, delle relative disposizioni - quanto da soggetto attivo, inteso come propulsore di una vera e propria cultura della sicurezza, della salute e dell'ambiente nel mondo della scuola.
Infatti - sotto tale aspetto - è intensa l'attività di formazione di tutto il personale scolastico, svolta sia in presenza, che con la predisposizione e diffusione di appositi supporti multimediali. Nei percorsi formativi dirigenziali riservati ai Capi d'istituto sono stati espressamente previsti puntuali curricoli riguardanti la tematica della sicurezza.
Si ricorda anche che in alcuni curricoli scolastici la tematica in questione è già compresa, sotto l'aspetto tecnico, nelle materie di insegnamento professionalizzanti e che in alcuni indirizzi sperimentali ne è contemplata la trattazione nell'ambito del «diritto del lavoro».
Nei Piani dell'offerta formativa, con particolare riguardo a quelli di carattere tecnico-professionale, ampi spazi sono dedicati alla cultura della sicurezza, anche in relazione all'eventuale formazione di specifiche, nuove, figure professionali in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e di tutela della salute.
Iniziative, queste, che non si mancherà di implementare opportunamente, al fine di una convinta adesione e diffusione della cultura della salute e sicurezza nell'ambito scolastico da parte di tutte le componenti comunque interessate, ed inoltre per favorire l'assunzione di stili culturali e comportamentali improntati al rispetto dell'ambiente ed alla salvaguardia della salute e della sicurezza propria ed altrui in condizioni tanto ordinarie che straordinarie, ed anche un'adeguata informazione formazione finalizzate ad educare a comportamenti improntati a principi di collaborazione, solidarietà ed autocontrollo.
Proprio per tali finalità sono stati avviati da tempo - e sono tuttora in corso - appositi interventi, anche di carattere finanziario, presso gli Uffici scolatici regionali e presso le stesse Istituzioni scolastiche, con invito, altresì, allo svolgimento di opportuni monitoraggi sui rispettivi territori.
In ordine, poi, alla conoscenza, da parte del Ministero di oggettive e documentate carenze, soprattutto nelle Aree centro meridionali - nel ribadire che la problematica sostanziale rientra comunque nelle attribuzioni istituzionali degli enti locali competenti - si rammenta che fa capo al Ministero medesimo la realizzazione e la cura, nell'ambito del proprio sistema informativo e con la collaborazione degli enti locali interessati, di un'Anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica, articolata per regioni e diretta ad accertare la consistenza, la situazione e la funzionalità degli immobili adibiti a scuole, anche al fine di attivare
uno strumento conoscitivo per i diversi livelli di programmazione in materia.
Anagrafe che vede il concorso attivo delle regioni, alle quali spetta l'alimentazione della base dati attraverso l'utilizzo di rilevatori - forniti per lo più dagli enti locali medesimi - opportunamente formati, che, spostandosi sul territorio di competenza, acquisiscono le informazioni contemplate dalle apposite schede di rilevazione che, transitando dai nodi regionali, pervengono poi al Ministero.
La rilevazione riguarda oltre 42.000 edifici, nei quali operano le oltre 10.900 istituzioni scolastiche statali, ed è stata puntualmente avviata, con il compimento e la conclusione, da parte del Ministero, di tutte le complesse attività di propria competenza.
Al momento restano ancora in corso i soli adempimenti conclusivi da parte delle regioni e degli enti locali, attualmente a diverso livello d'avanzamento ed il cui termine è previsto per la fine del corrente anno, consentendo, così, di poter disporre - soltanto dopo tale data - di informazioni esaustive, univoche e tecnicamente congruenti.
Per quanto riguarda, in particolare, la regione Lazio, l'Ufficio scolastico regionale a seguito delle segnalazioni dei vari dirigenti scolastici interessati ha sempre sollecitato le amministrazioni locali competenti ad adottare ogni intervento ed iniziativa utile affinché venissero accertate le condizioni statiche degli edifici scolastici ai fini del rilascio del relativo certificato di agibilità e prevenzione incendi a salvaguardia dell'incolumità degli allievi e del personale della scuola.
In data 13 luglio 2007 si è tenuto il convegno «Sicurezza nelle scuole. L'Anagrafe dell'edilizia scolastica per un Piano nazionale di sicurezza - Rapporto sui risultati dell'anagrafe dell'edilizia scolastica regionale» organizzato dall'Assessorato ai lavori pubblici e politiche della casa della regione Lazio.
Durante il convegno sono stati presentati i risultati dell'anagrafe dell'edilizia scolastica regionale che consentirà di avere valutazione preventiva dello stato reale delle esigenze delle varie realtà locali, e, conseguentemente di pianificare gli interventi.
Per il triennio 2007-2009 la regione Lazio ha autorizzato la spesa complessiva di 60 milioni di euro, suddividendola in 20 milioni di euro per ciascuna annualità.
Il Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione: Gaetano Pascarella.
CASSOLA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la carta d'identità elettronica (CIE) per i residenti in Italia, introdotta dall'articolo 2, comma 10, della legge n. 127 del 1997, dopo essere stata sperimentata in alcuni comuni italiani maggiormente dotati di necessari software e hardware per l'impostazione del lavoro, sta per interessare, seppur con notevoli difficoltà organizzative, tutto il territorio nazionale;
relativamente agli italiani residenti all'estero, «La carta di identità elettronica e il documento di identità elettronico sono rilasciati dal comune di residenza o di iscrizione all'Anagrafe italiani residenti all'estero (AIRE)....» come stabilito dal comma 1, articolo 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 437 del 1999;
ciò, evidentemente, obbliga gli italiani residenti all'estero a fare ritorno presso il comune di origine per richiedere il documento -:
se non ritengano di adottare iniziative normative finalizzate a consentire, magari attraverso i Consolati locali, l'ottenimento della carta di identità elettronica, ovvero il documento d'identità elettronico, anche agli italiani residenti all'estero.
(4-00274)
Risposta. - Com'è noto, la carta d'identità elettronica (CIE) è lo strumento che consentirà l'identificazione certa del suo titolare e gli permetterà di fruire on line di
un'ampia rosa di servizi pubblici, sia a livello nazionale che locale.
L'articolo 1, comma 1319, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha autorizzato gli Uffici consolari all'estero e rilasciare e rinnovare la carta d'identità, a partire dal 1o giugno scorso, in favore dei cittadini italiani residenti all'estero ed iscritti al registro dell'AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all'estero).
A tal fine, il Ministero degli affari esteri è tenuto ad aggiornare la rete informatica degli Uffici consolari alle specifiche esigenze connesse all'emissione della carta d'identità elettronica, da mantenere in collegamento con l'INA (Indice nazionale delle anagrafi), presso il CNSD (Centro nazionale dei servizi demografici) del Ministero dell'interno.
Valutati i tempi occorrenti per l'aggiornamento della rete informatica e per consentire l'attivazione del previsto collegamento, il Ministero degli affari esteri ha chiesto di ricorrere, in via transitoria, all'emissione della carta d'identità cartacea, il cui modello e stato individuato con decreto ministeriale in data 17 maggio 2007.
La stessa Amministrazione degli affari esteri ha anche indicato i 47 Uffici consolari, ubicati nell'Unione europea, abilitati al rilascio.
Nel frattempo, al fine di consentire la definitiva operatività della carta elettronica, sono stati avviati tavoli tecnici per l'aggiornamento ed il collegamento della rete informatica degli Uffici consolari sia con il circuito di emissione del documento elettronico in questione presso il Ministero dell'interno, che con l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato, il quale ha il compito di fornire ai predetti uffici i supporti elettronici nonché le postazioni di emissione, ai sensi della legge n. 43 del 2005.
Da ultimo, si segnala che è stato emanato il decreto interministeriale 8 novembre 2007 che reca le «Regole tecniche della Carta d'identità elettronica». Il provvedimento definisce, anche per il circuito internazionale, il nuovo contesto organizzativo necessario per l'entrata a regime del documento elettronico in questione, tenendo conto degli esiti della sperimentazione e della necessità di un continuo adeguamento agli standard di sicurezza, tecnici ed organizzativi, sostituendo quindi le precedenti regole tecniche emanate dal Ministero dell'interno.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Francesco Bonato.
CASSOLA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
come è noto, è stata prevista una nuova trattenuta dello 0,15 per cento sui redditi da pensione erogati dall'INPDAP in ossequio al decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 45 del 7 marzo 2007;
l'INPDAP, senza fornire alcuna informazione preventiva, ha iniziato a decurtare le pensioni dello 0,15 per cento, automaticamente a tutti i pensionati;
questa decurtazione servirebbe a costituire un Fondo di gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali;
tuttavia, questa opera ione e avvenuta senza informare i contribuenti pensionati del fatto che l'iscrizione alla gestione credito è automatica ma che può essere rescissa entro sei mesi dal pagamento della prima mensilità di pensione, a partire dal mese di maggio 2007 fino ad ottobre 2007 -:
se non ritenga utile promuovere una campagna informativa che sottolinei la possibilità di scelta per i pensionati, compresi quelli residenti all'estero.
(4-04438)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, inerente il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 45 del 7 marzo 2007, si fa presente quanto comunicato in merito dai competenti uffici di questo Ministero e dall'Inpdap.
In particolare, l'Istituto di previdenza, al fine di chiarire la portata delle previsioni recate dal regolamento n. 45 del 2007, ha reso noto che con l'articolo 1, commi 242 e seguenti della legge 662 del 1996, è stata istituita presso l'Inpdap la Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali,
disciplinata dal relativo regolamento di esecuzione decreto ministeriale n. 463 del 1998, che ricomprende sia i dipendenti statali che i dipendenti pubblici iscritti a fini pensionistici presso una delle Casse pensioni amministrate dall'Inpdap.
L'iscrizione comporta il versamento di un contributo obbligatorio a carico dell'iscritto dello 0,35 per cento, trattenuto e versato dall'Amministrazione d'appartenenza, calcolato sulla retribuzione contributiva e pensionabile.
In considerazione del fatto che i dipendenti precedentemente iscritti, all'atto del collocamento in quiescenza, restavano esclusi dalle prestazioni della Gestione, col su menzionato decreto ministeriale 45 del 2007, ne è stata prevista l'iscrizione mediante versamento di un contributo ridotto allo 0,15 per cento e la possibilità, per quanti non intendessero aderire, di esercitare il diritto di recesso, entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto 45 del 2007 ovvero entro il 31 ottobre oppure entro sei mesi a decorrere dalla prima trattenuta contributiva effettuata sul cedolino di stipendio o di pensione.
Dall'imposizione contributiva sono esclusi i pensionati che percepiscono una pensione lorda inferiore relativa ai 600 euro.
L'Inpdap ha precisato che, al fine di dare esecuzione alle disposizioni di legge e di fornire una corretta informativa all'utenza, ha predisposto una serie di comunicazioni dirette ai pensionati, agli enti ed alle Amministrazioni pubbliche, il contenuto delle quali è stato concordato e condiviso con i Ministeri vigilanti e con le organizzazioni sindacali di categoria.
Sul sito dell'Istituto, inoltre, dall'inizio del mese di luglio 2007 risultano disponibili tutte le notizie riguardanti le prestazioni erogabili e le modalità da seguire per non aderire alla Gestione.
L'Istituto, in considerazione della difficoltà di rendere prontamente operativa la propria banca-dati, attraverso l'inserimento di tutte le «non adesioni» pervenute entro il 31 ottobre 2007, ha previsto il differimento, al mese di dicembre, dell'applicazione della trattenuta in parola.
Si fa presente, infine, che l'Istituto medesimo, nell'ambito della sua autonomia operativa, ha ritenuto di sospendere l'attuazione della trattenuta, secondo le previsioni del più volte richiamato decreto ministeriale n. 45 del 2007, nelle more della conversione del decreto-legge n. 159 del 1o ottobre 2007 (collegato alla legge finanziaria per il 2008, attualmente all'esame della Camera), che prevede la modifica delle modalità di adesione alla Gestione credito Inpdap, da «silenzio-assenso» a comunicazione scritta della volontà di adesione.
Ad oggi, quindi, l'Istituto opera la trattenuta di che trattasi solo nei confronti di coloro che, volendo fruire delle prestazioni erogate dalla Gestione, confermano formalmente la volontà di adesione.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
CASSOLA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la Signora Amelia Rossi, impiegata a contratto regolato dalla legge italiana in servizio presso il Consolato generale d'Italia in Buenos Aires, è stata licenziata a pochi mesi dal suo pensionamento;
Amelia Rossi è un attivo membro della commissione «Familiares de desaparecidos Italo-Argentinos dentro del Plan Condor de los Paises de Uruguay-Paraguay-Brasil-Chile-Bolivia y Peru» che durante il regime militare argentino si battè per la difesa dei diritti umani e dei connazionali vittime della feroce persecuzione politica della giunta militare;
nel 1982 fu assunta come impiegata a contratto presso il Consolato generale d'Italia in La Plata, poi, nel 1987, si trasferì al Consolato generale di Buenos Aires, dove per alcuni anni prestò servizio in vari settori ottenendo la stima dei superiori, il rispetto dei colleghi e la riconoscenza della comunità italo-argentina;
in data 12 ottobre 1994 Amelia Rossi venne licenziata per presunta invalidità totale e permanente a seguito di accertamenti effettuati presso l'Ospedale italiano di Buenos Aires su richiesta di alcuni funzionari;
il Tar del Lazio, con ordinanza n. 3017/94, accolse l'istanza di sospensiva e, infine, il 20 aprile 1995, dopo una lunghissima vertenza, a seguito di una successiva ordinanza del TAR, n. 600/95, la signora Rossi fu reintegrata al posto di lavoro e risarcita del mancato guadagno nel periodo di ingiustificata sospensione dal lavoro;
in quello stesso periodo capitava che le autovetture di proprietà degli impiegati della rete diplomatico-consolare argentina venivano «nazionalizzate», le targhe ritirate e, in attesa del rilascio delle nuove targhe, era diffusa la prassi di applicare provvisoriamente riproduzioni delle precedenti targhe;
il mattino del 3 ottobre 1995 Amelia Rossi si trovava in ufficio quando le fu chiesto di spostare l'auto, parcheggiata nella strada antistante il Consolato in zona centrale della città, trafficata da pedoni, automobilisti eccetera. Poco dopo Amelia Rossi fu arrestata davanti alla porta del Consolato da due poliziotti argentini per falsificazione di targhe; fu portata al Commissariato, perquisita, interrogata per ore e le fu sequestrata l'auto;
il 14 novembre 1995, la signora Rossi fu licenziata «per gravi infrazioni ai doveri d'ufficio» e la suddetta si rivolse puntualmente al TAR del Lazio, che il 5 febbraio 1996 emise una sospensiva con l'ordinanza n. 467/96. L'Amministrazione fece appello al Consiglio di Stato che tuttavia lo respinse (ordinanza n. 736/96);
il 15 febbraio 1996 la signora Rossi fu assolta per non aver commesso il fatto dall'Autorità giudiziaria argentina e due mesi dopo riprese servizio in Consolato. Nel 2002 il TAR del Lazio emise una sentenza favorevole a Amelia Rossi, annullando i licenziamenti;
il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza del T.A.R. e ha confermato il licenziamento della Signora Rossi che, nel frattempo, era stata eletta rappresentante sindacale unitaria nel predetto ufficio consolare -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga di voler fare luce su questa vicenda, al fine di garantire e tutelare i diritti di una lavoratrice italiana.
(4-04583)
Risposta. - Come riferito dall'interrogante, con sentenza n. 1387 del 22 marzo 2007, la IV Sezione del Consiglio di Stato ha accolto il ricorso in appello presentato dall'Amministrazione contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio n. 10135/2002, che aveva annullato il provvedimento del Consolato generale d'Italia a Buenos Aires del 14 novembre 1995, n. 14981 con il quale era stata disposta l'immediata risoluzione del rapporto di lavoro dell'impiegata a contratto Amelia Rossi per gravissima infrazione ai doveri d'ufficio (applicazione all'autovettura di fotocopie delle targhe speciali che sarebbe stata tenuta a restituire, non avendo più titolo al loro utilizzo).
La sentenza del Consiglio di Stato statuisce, in particolare, che è «comprovata la tesi dell'Amministrazione» e rileva «l'illegittimità e la gravita del comportamento posto in essere» dall'interessata.
Per effetto di tale decisione il provvedimento annullato, la cui efficacia era stata sospesa a seguito di ricorso della signora Rossi, è tornato ad avere piena ed immediata validità, operando retroattivamente al novembre 1995. La Direzione generale per il personale del Ministero degli affari esteri ha dunque dato esecuzione alla sentenza del Consiglio di Stato, recependone gli effetti giuridici ed economici (cessazione del rapporto di lavoro a decorrere dal 19 novembre 1995, data del licenziamento originario). Il rapporto lavorativo è terminato con spettanza all'interessata della pensione e della liquidazione del trattamento di fine rapporto, al netto delle detrazioni relative al periodo da novembre 1995 ad aprile 1996,
periodo durante il quale l'impiegata non ha prestato servizio.
A seguito di tali fatti, la signora Rossi ha proposto ricorso per revocazione contro tale provvedimento, chiedendone in via cautelare la sospensione dell'efficacia. Con ordinanza n. 3557/2007 del 10 luglio 2007, il Consiglio di Stato, Sezione IV, ha respinto l'istanza cautelare, motivando che «ad una prima valutazione, l'istanza di revocazione presentata dalla ricorrente non pare assistita dal necessario fumus boni iuris» e condannando la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio cautelare.
L'udienza di merito del giudizio per revocazione, originariamente fissata per il 13 novembre 2007; è stata rinviata a data da destinarsi a seguito dell'istanza presentata dalla ricorrente, che ha manifestato la volontà di giungere ad un compromesso. La signora Rossi ha, infatti, inoltrato alla Direzione generale per il personale una proposta di transazione per la composizione negoziale del contenzioso in oggetto, mediante reciproche concessioni. La proposta prevede l'estinzione di ogni diritto e di ogni giudizio pendente connessi con l'impugnato licenziamento, in cambio della prosecuzione del rapporto di lavoro con l'Amministrazione.
Il Ministero degli affari esteri sta valutando attentamente la soluzione conciliativa proposta, che dovrà essere sottoposta al parere dell'Avvocatura generale dello Stato, chiamata a valutarne la legittimità e l'opportunità.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
CATANOSO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con la legge 30 luglio 1990, n. 217, è stato istituito in Italia il patrocinio a spese dello Stato che ha trovato il suo assetto definitivo con il decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115;
nonostante la matrice solidaristica dell'istituto presso alcuni Tribunali e, in particolare, presso il Tribunale di Enna e quello di Ragusa, è invalso l'uso, da qualche anno a questa parte, di subordinare l'ammissione dell'istanza presentata dal cittadino non abbiente, volta ad ottenere il beneficio (diretta cioè al riconoscimento di un diritto di rango costituzionale), alla presentazione di copiosa documentazione, fra cui attestazione di istituti di credito, del Comune, dell'Inps, dell'ufficio di collocamento, della conservatoria dei registri immobiliari, del P.R.A., dei gestori di forniture di energia elettrica e servizi telefonici;
ciò avviene anche in presenza di complete dichiarazioni sostitutive di certificazioni che l'interessato allega alla richiesta ed in dispregio, secondo l'interrogante, alla ratio legis, ai principi di speditezza e semplificazione di ogni procedimento amministrativo ed in violazione dell'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica28 dicembre 2000, n. 445, che fa espresso divieto alle pubblicheamministrazioni di richiedere atti e certificati «concernenti stati, qualità personali o fatti contenuti nella dichiarazione sostitutiva prodotta dall'interessato;
il potere conferito dal terzo comma dell'articolo 79 del decreto del Presidente della Repubblica 11 maggio 2002 al Giudice di esigere dal cittadino, solo eccezionalmente e motivatamente - distinguendo da caso a caso - la presentazione di docenti che confermino la veridicità di quanto già auto-dichiarato, trova un limite nell'articolo 96 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica che consente al magistrato di respingere l'istanza se vi sono fondati motivi per ritenere che l'interessato non versa nelle condizioni di cui agli articoli 76 e 92, tenuto conto del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari e delle attività economiche eventualmente svolte;
a tal fine, prima di provvedere, il Magistrato può trasmettere l'istanza, unitamente alla relativa dichiarazione sostitutiva, alla Guardia difinanza per le necessarie verifiche;
delleinterpretazioni che l'interrogante giudica opinabili dei Tribunali di
Enna e di Ragusa, a farne le spese è - come al solito - il cittadino che, costretto a girovagare fra uffici pubblici e privati, spesso con scarso risultato o con esborso di somme di cui sovente non dispone, abbandona le ricerche, perde la fiducia nella Giustizia, è costretto a rinunziare a difendersi o a procurarsi più o meno lecitamente le risorse economiche per saldare l'onorario dell'avvocato -:
se il comportamento dei giudici dei Tribunale di Enna e di Ragusa sia conformeallo spirito ed al dettato della legge che regola il patrocinio a spese dello Stato e se non ritenga di fare chiarezza sull'argomento emanando una circolare che dia direttive precise ai giudici in ordine alle procedure di ammissione al gratuito patrocinio.
(4-02220)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si comunica che il Presidente del tribunale di Ragusa, in merito all'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ha riferito che egli stesso e gli altri magistrati della sezione penale richiedono la documentazione citata dall'interrogante solo in via alternativa rispetto ad una autocertificazione integrativa, come risulta dallo stampato di decreto da loro approntato e utilizzato.
Quanto alle ragioni della prassi adottata, i giudici penali l'hanno giustificata facendo riferimento all'articolo 79, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 115 del 2002 il quale recita: «gli interessati, se il giudice procedente o il consiglio, dell'ordine degli avvocati competente a, provvedere in via anticipata lo richiedono, sono tenuti, a pena di inammissibilità dell'istanza, a produrre la documentazione necessaria ad accertare la veridicità, di quanto in essa indicato.
I giudici della sezione penale del tribunale di Ragusa, in realtà, si limitano a domandare, con le forme dell'autocertificazione, le notizie utili che consentano loro di determinare, nella forma più esauriente possibile, il reddito complessivo valutabile ai fini dell'ammissione al beneficio.
Del resto, l'istanza deve contenere, a pena di inammissibilità, tra gli altri elementi, la dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell'interessato, ai sensi dell'articolo 46, comma 1, lettera o), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l'ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell'articolo 76 (articolo 79, comma 1, lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica 115 del 2002).
L'articolo 76, comma 3, del citato testo unico specifica, poi, che «ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ovvero ad imposta sostitutiva». In sostanza, nella nozione di reddito sono incluse tutte le forme di guadagno vantate dal privato richiedente, comprese quelle frutto di evasione o di attività illecite (cfr. Corte Cost. 144/1992; Corte Cost. n. 382/1995; Cass. 25.1.2001 n. 17430, imp. Lucchese), che possono essere desunte dal magistrato grazie anche a detta attività di integrazione, consentita dalla legge, nonché dagli atti e dai fatti emergenti dal procedimento e, infine, dalle presunzioni semplici di cui all'articolo 2729 del codice civile.
Peraltro, il potere di rigetto dell'istanza di cui all'articolo 96 del decreto del Presidente della Repubblica 115 del 2002 non avrebbe senso se non grazie a detta attività di integrazione, visto che il giudice deve provvedere sulla domanda, a pena di nullità assoluta, immediatamente (se presentata in udienza) o entro 10 giorni (nei casi di deposito in cancelleria), né si comprende come possano altrimenti sorgere, in capo al magistrato, i «fondati motivi di ritenere che l'interessato non versi nelle condizioni di cui agli articoli 76 e 92 del decreto del Presidente della Repubblica 115 del 2002, tenuto conto, del, tenore di vita, delle condizioni personali e familiari, delle attività economiche eventualmente svolte» (articolo 96, comma 2, testo unico citato).
Il presidente del tribunale di Ragusa ha, quindi, concluso che il comportamento dei
giudici del suo ufficio non solo è comunque conforme a legge, ma appare tanto più doveroso in quanto in detto circondario le fasce più modeste della popolazione lavorano spesso in nero, per cui è opportuna ogni indagine che, senza pregiudicare il buon diritto di chi ha diritto al beneficio della difesa a spese dello Stato, tuttavia contrasti ogni tentativo di aggirare la legge relativa, con pregiudizio per le finanze dello Stato.
In modo analogo, il presidente del tribunale di Enna ha osservato che la gran parte dei processi penali trattati dal suo ufficio è di competenza del tribunale in composizione monocratica ed è, quindi, devoluta alla cognizione dei singoli magistrati operanti nel relativo settore. A questi, in conseguenza, spetta di provvedere, in piena autonomia, sulle istanze di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, senza possibilità di interferenza da parte del capo dell'ufficio, salvo il gravame avverso i provvedimenti di rigetto o di revoca che si ritengano illegittimamente emessi.
L'orientamento di particolare e scrupolosa attenzione nell'accertamento dell'effettiva sussistenza dei requisiti economici prescritti per la fruizione del beneficio è stato, comunque, costantemente volto - secondo il citato presidente - ad evitare abusi o la consumazione di truffe aggravate, non certo ad operare un inammissibile restringimento del campo di applicazione della normativa in vigore.
Lo stesso presidente ha peraltro riferito che di recente, sulla problematica in questione, è stato istituito un proficuo confronto con la locale camera penale ed in esito a concertazione, si è addivenuti, in data 8 marzo 2007, alla sottoscrizione di un protocollo d'intesa (a cui tutti i giudici penali hanno aderito), che ai punti 5, 6, 7, 8 prevede la possibilità di ricorso alle dichiarazioni sostitutive in luogo della produzione documentale, con conseguente alleggerimento degli adempimenti reputati più gravosi.
Alla luce delle notizie fatte pervenire dai presidenti dei tribunali di Ragusa e di Enna, si evidenzia che i procedimenti per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato appaiono svolti in conformità al dettato normativo che li regola. Non si ravvisano, peraltro, profili di competenza di questo Ministero quanto all'indicazione dei criteri di ammissione che, predeterminati dalla legge, sono applicati dal magistrato in piena autonomia e salvo, in ogni caso, il ricorso ai mezzi di gravame previsti dalla legge (articolo 99 decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2006 n. 115) avverso il provvedimento di rigetto che la parte ritenga illegittimamente emesso.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
CATANOSO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
il fenomeno degli incidenti sul lavoro che si verificano su tutto il territorio nazionale sta assumendo, negli ultimi tempi, una rilevanza molto grave;
congiuntamente ad iniziative legislative per una migliore e più adeguata tutela normativa degli incidenti sul lavoro, a giudizio dell'interrogante, occorre affiancare a tali azioni una iniziativa che garantisca l'effettivo rispetto della normativa in vigore e prossima ventura;
è indispensabile potenziare il sistema dei controlli e, soprattutto nelle regioni meridionali, occorre una maggiore presenza degli Ispettori del lavoro sul territorio al fine di realizzare una diversa cultura del lavoro, a partire dal rispetto delle norme in materia di sicurezza dei lavoratori e della loro salute;
l'ultimo concorso per ispettori del lavoro è stato espletato nel 2003 e la quasi totalità dei 795 nuovi ispettori sono stati assunti nelle regioni del nord Italia;
a giudizio dell'interrogante occorrerebbe assumere almeno altri mille ispettori da destinare alle regioni meridionali magari riaprendo i termini dell'ultimo concorso espletato e procedendo all'assunzione
degli idonei o, in subordine, indicendo una nuova procedura concorsuale -:
se il ministro interrogato intenda adottare i necessari provvedimenti per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-03994)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente, in via preliminare che il Governo è ben consapevole che il mondo del lavoro è funestato da una drammaticità e numerosità di eventi traumatici tali da richiedere una riflessione profonda ed un'azione sinergica delle istituzioni a tutela della legalità.
In proposito si evidenzia come l'azione legislativa, in particolare in questi ultimi anni, sia stata volta ad incrementare il numero degli ispettori al fine di perseguire, in modo più efficace, la tutela e la sicurezza sul lavoro.
Premesso ciò, si rappresenta che alla luce degli incisivi interventi normativi in materia, ed in particolare, a seguito del riordino del sistema integrato della vigilanza previdenziale e in materia di lavoro, di cui al decreto legislativo 124 del 2004, questa Amministrazione ha portato avanti una serie di azioni mirate alla crescita, in termini di professionalità, del personale già in forza presso le sedi del Ministero.
Risulta, infatti, conclusa una importante fase di riqualificazione che ha interessato complessivamente 2.300 ispettori e addetti alla vigilanza; sono stati, inoltre, assunti tutti i vincitori del concorso relativo a 795 posti di ispettori dei lavoro ed a 75 ispettori tecnici.
Alla data del 2 luglio 2007 sono state inserite altre 241 unità di personale ispettivo attinto, per ciascuna regione, dalla relativa graduatoria.
Per quanto riguarda la possibilità di un ulteriore potenziamento dell'attività ispettiva si fa presente che l'impegno dell'Amministrazione si è concretizzato con l'emanazione della legge 123 del 2007, in vigore dal 25 agosto 2007, che all'articolo 4 comma 4-a), ha stanziato le risorse necessarie per le finalità di cui alla lettera a) del comma 544 dell'articolo 1 della legge 296 del 2006 «finanziaria 2007».
Il successivo articolo 12, comma 1, della predetta legge autorizza, inoltre, ulteriori assunzioni per l'anno 2008 nel numero massimo di 300 unità di personale risultato idoneo ai richiamati concorsi a 795 posti di ispettore del lavoro e a 75 posti di ispettori tecnici.
In connessione con le predette immissioni, il comma 2 del medesimo articolo, autorizza le spese relative all'incremento delle attività ispettive, all'aggiornamento, alla formazione, alle attrezzature, nonché per i buoni pasto, per le missioni e per il lavoro straordinario.
Per quanto riguarda la formazione in materia di vigilanza tecnica, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, previa verifica del possesso di titoli di studio professionalizzanti, intende attivare corsi formativi che mirino alla preparazione di ulteriori ispettori tecnici, fermo restando la necessità di affrontare la problematica dell'inquadramento nel corrispondente profilo professionale, nell'ambito della più generale revisione dell'ordinamento professionale.
Per quanto riguarda, poi, la distribuzione delle unità di personale neoassunto, che avrebbe visto penalizzate le sedi territoriali del sud, si fa presente che per l'individuazione delle regioni, per le quali sono state indette le prove concorsuali, è stata effettuata una analisi di comparazione dei bacini di utenza con le unità di personale in servizio, dando quindi, priorità alle regioni risultate con maggiore carenza di organico.
A favore delle regioni del sud, inoltre, è stato anche fatto, il 21 marzo 2007, un accordo sindacale - stralcio - di mobilità che ha permesso di soddisfare le richieste giacenti di trasferimento di personale verso le sedi del sud per circa 49 unità che hanno interessato le regioni Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sardegna.
Infine, con riferimento alla Sicilia, si rammenta che l'Amministrazione centrale non può bandire i concorsi, e quindi assumere gli ispettori del lavoro in questa
regione, a causa dell'autonomia degli Uffici del lavoro rispetto al Ministero.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Antonio Michele Montagnino.
NICOLA COSENTINO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe ha destinato la somma di circa 300 mila euro, frutto della vendita all'asta di beni preziosi ricevuti in dono durante la sua attività pastorale, per la realizzazione presso l'ospedale partenopeo Pausillipon dell'unico reparto ad alta specializzazione del Sud per bambini leucemici;
la direzione sanitaria dell'ospedale, però, ha bloccato l'apertura e, dunque l'operatività del reparto già pronto per essere inaugurato, giustificando tale stop con la mancanza di personale in grado di assistere i piccoli pazienti;
si è davanti ad un episodio di cattiva organizzazione sanitaria che penalizza principalmente i bambini ricoverati nella struttura sanitaria, le loro famiglie e che risulta una beffa alla nobile iniziativa portata avanti dal cardinale Sepe;
tale situazione deriva dal bisogno di ricorrere, da parte della regione Campania, ad un taglio dei costi della spesa sanitaria -:
quali interventi, nell'ambito dei propri poteri, il Ministro interrogato intenda adottare per evitare in generale la dispersione di spese di investimento in campo sanitario e, in particolare, per far sì che l'iniziativa descritta in premessa e inopinatamente sospesa sia portata a termine nell'interesse dei piccoli pazienti colpiti da gravissime patologie.
(4-04526)
Risposta. - Con riferimento a quanto segnalato, il Direttore generale dell'Azienda ospedaliera di rilievo nazionale «Santobono-Pausilipon» ha precisato che la problematica evidenziata dall'interrogante ha trovato soluzione già nello scorso mese di agosto.
Il P.O. Pausilipon, pertanto, potrà assolvere compiutamente alla propria missione di Polo oncologico pediatrico per la regione Campania e per l'Italia del sud, con la piena disponibilità di tutti i posti letto previsti.
Come riferito dall'organo di vertice aziendale, il nuovo Reparto a pressione positiva per bambini affetti da leucemie è stato completato e fornito delle necessarie dotazioni; inoltre vi sono già state destinate le risorse professionali necessarie per l'avvio dell'attività sanitaria di alta specializzazione.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
D'AGRÒ. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
con successive note del 30 giugno n. 884, del 28 luglio 2006, n. 1057 e del 30 agosto n. 1200 la Direzione generale per il personale della scuola ha stabilito, a seguito della sentenza n. 2036/2006 del Consiglio di Stato, l'inidoneità, ai fini dell'inserimento nelle graduatorie permanenti di strumento musicale 77/A, dei possessori dell'abilitazione di educazione musicale conseguita in data successiva all'entrata in vigore della legge n. 124 del 3 maggio 1999;
questa decisione porterà al depennamento delle graduatorie di tutti quei docenti sprovvisti di titolo abilitante, conseguito dopo il 25 maggio 1999, data di entrata in vigore della legge 124, ed inseriti a pieno titolo nelle graduatorie permanenti di strumento musicale -:
se non ritenga di verificare la corretta applicazione della citata normativa presso i Centri servizi amministrativi (ex Provveditorati) provinciali, atteso che, a quanto risulta all'interrogante, si sta paventando il rischio presso alcuni CSA provinciali di una mancata attuazione delle disposizioni legislative in ordine alla formazione delle graduatorie
in quanto alcuni dirigenti attribuiscono un valore assoluto alle sentenze dei TAR regionali anche se in palese contrasto con le direttive ministeriali e la normativa vigente.
(4-05654)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare citata in oggetto, riguardante l'esclusione, a seguito della sentenza n. 2036/2006 del Consiglio di Stato, dalle graduatorie permanenti di strumento musicale dei possessori dell'abilitazione di educazione musicale conseguita in data successiva all'entrata in vigore della legge n. 124 del 3 maggio 1999.
La questione alla quale fa riferimento l'interrogante ha trovato positiva soluzione con la legge 26 dicembre 2006 n. 296, legge finanziaria per il 2007.
Infatti l'articolo 1, comma 605, della suddetta legge contiene una disposizione che riconosce il diritto ai docenti in possesso dell'abilitazione in educazione musicale, conseguita entro la data di scadenza dei termini per, l'inclusione nelle graduatorie permanenti per il biennio 2005/2006-2006/2007, privi del requisito di servizio di insegnamento che, alla data di entrata in vigore della legge 3 maggio 1999, n. 124, erano inseriti negli elenchi compilati ai sensi del decreto del Ministro della pubblica istruzione 13 febbraio 1996, (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 1996), all'iscrizione nel secondo scaglione delle graduatorie permanenti di strumento musicale nella scuola media, previsto dall'articolo 1, comma 2-bis, del decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 agosto 2001, n. 333.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
DATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'economia e delle finanze, dipartimento della ragioneria generale dello Stato, come si legge nella notizia del giornale dello spettacolo dell'AGIS, con due circolari la n. 28 e la n. 29 rispettivamente del 6 agosto e del 4 settembre ha invitato le amministrazioni pubbliche a dare applicazione immediata all'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, il che significa che, con decorrenza immediata, tutte le aziende che abbiano dei debiti con il Fisco (cartelle esattoriali pendenti) non potranno più riscuotere i contributi o le somme maturate nei confronti delle pubbliche amministrazioni (Stato, Regioni, Province, Comuni), perché gli stessi saranno girati al Fisco;
tale provvedimento potrebbe avere una sua logica se tutti i contributi e tutte le somme fossero libere da vincoli. Infatti, per quanto riguarda le Compagnie teatrali, esiste una convenzione tra il Ministero dei Beni Culturali e la Banca Nazionale del Lavoro, per la quale, visto il ritardo con il quale il Ministero liquida i contributi maturati, la Banca Nazionale del lavoro anticipa l'80 per cento del contributo, bloccandolo tuttavia per il 100 per cento per sua garanzia. Tutto ciò avviene con una cessione di credito notarile da parte delle Compagnie teatrali. A questo punto il Ministero non può più girare il contributo maturato dalla Compagnia al fisco, perché esso appartiene alla Banca;
come conseguenza di quanto premesso le somme rimangono bloccate, non vanno al fisco, non vanno alle Compagnie, non vanno alla Banca;
le Compagnie non possono più svolgere la loro attività, soprattutto le compagnie teatrali di ricerca che spesso sono destinate a chiudere con gravi conseguenze finanziarie -:
quali provvedimenti il Ministro intenda intraprendere per sanare questa situazione e se intenda almeno revocare le circolari nei confronti dello Spettacolo, considerando le compagnie teatrali categorie deboli, da proteggere o se non ritenga
opportuno rinviare di un anno l'applicazione delle circolari per dare modo alle Compagnie di organizzarsi, o liberandosi del debito con il Fisco o organizzandosi in modo da non cedere il proprio credito alla Banca e, quindi, poter pagare il debito con il Fisco cedendogli il proprio contributo: in questo secondo caso il Fisco ci guadagnerebbe perché otterrebbe il pagamento del suo credito.
(4-05414)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, con la quale in relazione all'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 ed alle circolari n. 28 del 6 agosto 2007 e n. 29 del 4 settembre 2007 della Ragioneria generale dello Stato, si chiede quali provvedimenti si intendano intraprendere a tutela di categorie deboli, quali il settore dello spettacolo e le compagnie teatrali.
Al riguardo, si fa preliminarmente presente che il citato articolo 48-bis dispone che le Amministrazioni pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a diecimila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a detto importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento, segnalando la circostanza all'agente della riscossione competente per territorio ai fini dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.
Con le circolari n. 28 e n. 29 del 2007 - dirette agli uffici appartenenti al sistema delle ragionerie riconducibile al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, nonché ai Revisori dei conti in rappresentanza del Ministero dell'economia e delle finanze presso Enti e Organismi pubblici, al fine del positivo riscontro di regolarità amministrativa e contabile - erano state fornite, nelle more dell'emanazione del previsto regolamento di attuazione, alcune linee guida circa l'applicazione del citato articolo 48-bis, stante la sua riconosciuta immediata applicabilità.
L'articolo 19 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito nella legge n. 222, del 29 novembre 2007, ha però subordinato espressamente l'operatività della norma all'entrata in vigore del regolamento di attuazione.
Pertanto, a decorrere dal 2 ottobre 2007 e fino all'emanazione del menzionato regolamento, le Amministrazioni Pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non sono più tenute a procedere agli adempimenti previsti dal citato articolo 48-bis prima di effettuare pagamenti di importo superiore a diecimila euro.
Per quanto riguarda le istruzioni diramate con le circolari n. 28 e n. 29 del 2007, si è dell'avviso che restino fermi gli effetti prodotti e gli atti legittimamente posti in essere dalle Pubbliche Amministrazioni fino alla data di entrata in vigore del citato. n. 159 del 2007.
Giova precisare, infine, che eventuali pagamenti sospesi a seguito di inadempimenti a carico del beneficiario, emersi in conseguenza delle citate verifiche, potranno essere, a buon diritto, riattivati, fatte salve, naturalmente, le azioni eventualmente già intraprese dal competente agente della riscossione in relazione alle somme iscritte a ruolo.
Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Roberto Pinza.
DI GIOIA. - Al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da alcuni docenti abilitati all'insegnamento nella scuola elementare, è segnalato che se gli stessi hanno conseguito, in seguito, la laurea in «Lingue e Letterature Straniere», con eventuale specializzazione all'estero, non sarebbe consentito loro di insegnare la lingua inglese nella scuola primaria, poiché tale laurea non sarebbe considerata una valida alternativa al corso annuale di formazione per l'insegnamento di tale materia nella scuola elementare -:
se corrisponda al vero quanto sopra esposto e, nel caso, quali sarebbero i
criteri che hanno determinato simile decisione che assegnerebbe un valore maggiore ad un corso annuale di formazione piuttosto che ad una laurea.
(4-02160)
Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame riguardante l'impossibilità, per i docenti abilitati con laurea in Lingue e letterature straniere, di insegnare la lingua straniera nella scuola primaria, si comunica che il problema è stato risolto nel senso auspicato dall'interrogante.
Infatti, sia nel nuovo Regolamento per il conferimento delle supplenze al personale docente, sia nel decreto ministeriale del 15 marzo 2007 «Tabella di valutazione dei titoli per il personale docente ed educativo delle scuole di ogni ordine e grado inserito nella terza fascia», che nel decreto del Direttore generale del 16 marzo 2007 «Aggiornamento ed integrazione delle graduatorie ad esaurimento (già permanenti) del personale docente ed educativo per il biennio 2007/2009», è stata introdotta la laurea in lingue e letterature straniere quale titolo di accesso all'insegnamento della lingua straniera nella scuola primaria, alternativa all'idoneità linguistica conseguita con procedura abilitante o concorsuale o con frequenza dei corsi di formazione per docenti in servizio.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
FALLICA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'aumento dei prezzi di carburante alla pompa ed in particolare del gasolio per autotrazione sta danneggiando fortemente la nostra economia e penalizzando i cittadini con particolare riferimento a quelli a reddito fisso;
la recente accusa dell'antitrust, a nove compagnie petrolifere, di aver posto in essere meccanismi collusivi tesi a mantenere alti i prezzi e a trasferire il maggior margine lordo dalla benzina al gasolio non è priva di fondamento in particolare riguardo alla seconda affermazione, ma questa censura non può far passare in seconda linea l'altissimo livello delle accise, che contribuisce in misura preponderante a collocare il prezzo italiano dei carburanti tra i più alti d'Europa -:.
se non si ritenga assolutamente indispensabile assumere iniziative per ridimensionare il peso delle accise sui carburanti per autotrazione che hanno raggiunto livelli insostenibili e penalizzanti per l'intera economia e se non si ritenga altresì necessario ed urgente richiamare le compagnie petrolifere ad una politica dei prezzi (industriali) di benzina e gasolio più in linea con il mercato europeo dove sono in media sensibilmente inferiori a quelli praticati in Italia.
(4-02427)
Risposta. - Con l'interrogazione cui si risponde l'interrogante chiede: «se non si ritenga assolutamente indispensabile assumere iniziative per ridimensionare il peso delle accise sui carburanti per autotrazione, che hanno raggiunto livelli insostenibili e penalizzanti per l'intera economia, e se non si ritenga altresì necessario ed urgente richiamare le compagnie petrolifere ad una politica dei prezzi (industriali) di benzina e gasolio più in linea con il mercato europeo dove sono in media sensibilmente inferiori a quelli praticati in Italia».
Per quanto di competenza di questo dicastero, si fa presente che la tematica relativa ai prezzi dei carburanti risulta essere articolata.
Se, infatti, è vero da un lato che la componente tributaria, costituita da accisa e Iva, nonché per la benzina anche dall'imposta regionale, ove istituita, concorre alla formazione del prezzo insieme al costo industriale, dall'altro occorre tener conto che il prezzo dei carburanti non è più, come in passato, un prezzo amministrato, bensì è autonomamente determinato dalle compagnie petrolifere.
Ne deriva, pertanto, che la «leva fiscale» non costituisce uno strumento sicuro per determinare la riduzione del prezzo di vendita
dei carburanti, infatti, una diminuzione dell'accisa non comporta una automatica riduzione del prezzo, così come un aumento dell'accisa non comporta un incremento del prezzo finale di vendita di pari valore.
Vero è, comunque, che l'andamento dei prezzi internazionali del petrolio, determinando un incremento del costo dei prodotti petroliferi, causa una crescita della base imponibile dell'Iva e, quindi, un aumento delle relative entrate fiscali, che, in caso di adozione di un provvedimento di riduzione dell'accisa, subirebbero una sicura riduzione.
Per completezza di trattazione, è opportuno rappresentare che le aliquote di accisa nazionali sulla benzina e sul gasolio sono conformi alle disposizioni in materia di livelli minimi di imposizione comunitari contenute nella direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003.
Come indicato nel considerando (5) alla citata direttiva, la scelta comunitaria di stabilire livelli minimi di imposizione per la maggior parte dei prodotti energetici - compresi l'elettricità, il gas naturale ed il carbone - è motivata dalla convinzione che la fissazione di aliquote minime appropriate possa consentire di ridurre le attuali differenze esistenti tra i livelli nazionali di tassazione degli Stati membri.
Ai sensi del considerando (8) della medesima direttiva, il Consiglio deve esaminare periodicamente le esenzioni e le riduzioni di aliquota, nonché i livelli minimi di tassazione, tenendo in considerazione il buon funzionamento del mercato interno, il valore reale dei livelli minimi di tassazione, la competitività delle imprese comunitarie nel contesto internazionale ed i più ampi obiettivi del trattato.
Infine, il considerando (6) della direttiva 2003/96/CE rammenta che le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione di altre politiche comunitarie.
Per quanto, invece, concerne il livello di tassazione applicato negli altri Stati membri su benzina e gasolio per autotrazione, il Dipartimento per le politiche fiscali ha evidenziato che, in base ai dati contenuti nel documento della Commissione Europea Excise Duty Tabies - Part II Energy products and Electricity, al 1o luglio 2006, l'aliquota di accisa in vigore in Italia sulla benzina senza piombo (564 euro/1.000 litri) risultava inferiore alle analoghe aliquote applicate in Finlandia (587,60 euro/1.000 litri), Belgio (592,1877 o 607,0613 euro/1.000 litri, a seconda del numero di ottani e del contenuto di zolfo), Francia (589,20 o 639,60 euro/1.000 litri, a seconda del numero di ottani), Germania (654,50 o 669,80 euro/1.000 litri, a seconda del contenuto di zolfo), Olanda (668,10 euro/1.000 litri) e Gran Bretagna (681,67 o 738,09 euro/1.000 litri a seconda del contenuto di zolfo) e di poco superiore a quella applicata in Portogallo (557,95 euro/1.000 litri). Quanto all'aliquota di accisa sul gasolio impiegato come carburante, in base al medesimo documento, il livello di imposizione applicato in Italia al 1o luglio 2006 era inferiore all'analoga aliquota vigente in Francia (416,90 euro/1.000 litri), Germania (470,40 o 485,70 euro/1.000 litri a seconda del contenuto di zolfo), Svezia (per le classi 2 e 3, gravate, rispettivamente, da un'aliquota di accisa pari a 419,93 euro/1.000 litri e a 454,63 euro/1.000 litri) e Gran Bretagna (782,35 o 692,65 euro/1.000 litri a seconda del contenuto di zolfo).
Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Vincenzo Visco.
FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel suo intervento del 6 giugno scorso in Senato, il Ministro dell'Economia, Prof. Tommaso Padoa-Schioppa, espose una serie di rilievi molto critici nei confronti del Comandante generale della Guardia di Finanza Roberto Speciale, del quale il Governo aveva appena deciso la sostituzione e che oggi è indagato dalla Procura militare;
fra quei rilievi, particolare risalto il Ministro dedicò ai criteri con i quali il Comandante Generale Roberto Speciale
aveva amministrato la distribuzione di encomi, in particolare ad Ufficiali con il grado di Generale e di Colonnello «spesso senza rispettare le procedure e con una pubblicità interna parziale e limitata»;
notizie di stampa hanno informato che il medesimo rilievo è stato sollevato da alcuni alti Ufficiali della Guardia di Finanza;
l'attribuzione di encomi, soprattutto se assegnati ad Ufficiali nel grado di Colonnello o Generale, può determinare significative alterazioni nelle graduatorie per l'avanzamento e quindi può avere una influenza decisiva per lo sviluppo della loro carriera;
l'attribuzione di encomi decisa senza rispettare le regolari procedure previste dalla normativa e senza darne la pubblicità richiesta, alterando le graduatorie, inevitabilmente suscita nel personale forte malumore e scontento e può produrre una perniciosa sfiducia nei confronti del Comando e delle stesse istituzioni -:
quanti encomi solenni siano stati concessi dal generale Speciale agli Ufficiali Dirigenti a partire dal 17 ottobre 2003;
chi siano i destinatari degli encomi;
se sia vero che tali riconoscimenti siano stati concessi «motu proprio» dal generale Speciale a singoli ufficiali non in forza al Comando Generale e legati da rapporti di stretta parentela con suoi Ufficiali di diretta collaborazione;
quanti encomi solenni abbiano ricevuto dal Generale Speciale, nel periodo in cui hanno rivestito il loro grado, i generali e i colonnelli interessati agli avanzamenti;
quali siano le procedure stabilite per dare, all'interno del Corpo, la prevista pubblicità degli encomi e se tali procedure siano state sempre rispettate dal Generale Speciale;
se il generale Speciale abbia mai fornito risposta al Consiglio Superiore della Guardia di Finanza che riunitosi in data 2 marzo 2006, su espressa richiesta di alcuni membri della Commissione Superiore di Avanzamento della Guardia di finanza per l'anno 2006, aveva rilevato un conferimento di ricompense talora non in linea con i parametri fissati dal Regolamento di disciplina Militare e delle norme interne di attuazione, tale da incidere sugli avanzamenti successivi;
quali iniziative il Governo e il nuovo Comandante generale della Guardia di Finanza, Generale C.A. Cosimo D'Arrigo, abbiano assunto o intendano assumere, in caso di verificata fondatezza dei rilievi sopra esposti, per evitare che simili abusi possano continuare a produrre effetti distorsivi in seno alle Commissioni di Avanzamento (Superiore e Ordinaria).
(4-05508)
Risposta. - Per rispondere ai quesiti posti dall'interrogante si può dire quanto segue, sulla base dei dati forniti dal Comando generale della Guardia di Finanza.
1. Nel periodo dal 17 ottobre 2003 fino alla cessazione del suo comando, il Generale Roberto Speciale ha concesso personalmente ad alti ufficiali dirigenti del Corpo (generali e colonnelli) 561 encomi solenni. In particolare, nel biennio 2005-2006, sono stati da lui attribuiti a quei destinatari 426 encomi solenni. Nessun encomio è stato attribuito nel 2003. Nel 2004 ne sono stati attribuiti 60; nel 2007, 75. L'attuale Comandante, il generale D'Arrigo, nell'intervista concessa a Repubblica in data 19 dicembre 2007, ha dichiarato testualmente: «Non darò più di un encomio solenne l'anno».
2. I destinatari ditali encomi sono 138 fra colonnelli e generali della Guardia di Finanza (su un totale di circa 350 appartenenti, con quel grado, al Corpo), 90 dei quali - da quanto a noi risulta - non in forza al Comando generale. Tuttavia, del totale dei 561 encomi, 380 (cioè la grande maggioranza) sono stati attribuiti a 48 alti ufficiali in forza, in diversi periodi, presso il Comando generale. Inoltre, dai dati forniti dal Comando generale della Guardia di finanza emerge che oltre il 43 per cento degli encomi solenni concessi - per l'esattezza
243 su 561 - sono concentrati su 16 alti ufficiali, tutti, tranne uno, appartenenti, in diversi periodi, al Comando generale, ciascuno dei quali ha ricevuto, nel periodo 2004-2007, fra i 12 e i 20 riconoscimenti.
3. Dagli elementi forniti dal Comando della Guardia di finanza non emerge quanti di tali riconoscimenti siano stati decisi motu proprio.
4. La nota del Comando generale riferisce che due degli encomi solenni indicati sono stati attribuiti ad «un Ufficiale, non in servizio al Comando Generale, legato da rapporti di stretta parentela con altro Ufficiale diretto collaboratore del Generale Speciale». Viene, in proposito, riferito che: «Le citate ricompense sono state concesse all'interessato, unitamente ad altri Ufficiali e militari operanti, a fronte di rilevanti indagini di polizia tributaria e giudiziaria nel settore delle frodi all'imposta sul valore aggiunto».
Va, peraltro, osservato che dalla nota di cui trattasi, emerge che: «nell'ambito del Comando Generale la concessione di encomi nel periodo considerato è avvenuta sia a seguito di una formale proposta avanzata dalle singole articolazioni, attraverso la predisposizione di uno specifico appunto decisionale, sia sulla base di lettere di compiacimento di Autorità esterne, frequentemente indirizzate all'attenzione dell'Autorità di vertice o, ancora, sulla base di segnalazioni di risultati di servizio di particolare rilievo. In talune circostanze, riferibili principalmente ad eventi di risonanza pubblica esterna, quali, a titolo di esempio, le cerimonie militari o eventi di particolare rilevanza istituzionale, il Gen. Speciale, avvalendosi delle proprie facoltà, ha inteso procedere autonomamente alla valutazione del comportamento meritevole posto in essere e, conseguentemente, conferire la massima ricompensa di ordine morale anche nei confronti di militari non necessariamente in servizio presso il Comando Generale».
5. Nel periodo 2004-2007, 123 encomi sono stati attribuiti ad alti Ufficiali nell'anno del loro avanzamento o in quello immediatamente precedente. In particolare, emergono quattro casi di ufficiali che, nell'anno del loro avanzamento o in quello precedente, hanno ricevuto, rispettivamente, un totale di 17, 16, 15 e 14 encomi solenni. Tuttavia, secondo la nota inviata dal Comando generale, gli encomi solenni «sono solo uno dei molteplici elementi posti alla base delle valutazioni per l'avanzamento di carriera e difficilmente, da soli, possono generare l'effetto distorsivo paventato dall'interrogante».
6. Nella nota del Comando generale della Guardia di finanza si afferma che tutti i riconoscimenti attribuiti hanno ricevuto la prescritta pubblicità.
7. L'interrogante chiede poi se ai rilievi sollevati nel marzo 2006 dal Consiglio superiore della Guardia di finanza per il «conferimento di ricompense talora non in linea con i parametri fissati dal Regolamento di disciplina militare e dalle norme interne di attuazione tale da incidere sugli avanzamenti successivi» il generale Speciale abbia mai dato risposta. La nota del Comando Generale della Guardia di finanza si limita ad affermare che «in piena aderenza alle osservazioni formulate dal Consiglio superiore della Guardia di finanza nella riunione del 2 marzo 2006, il Generale Speciale ha impartito specifiche disposizioni affinché eventuali criticità nella concessione delle ricompense di ordine morale fossero oggetto di attenta analisi, con l'obiettivo di garantire il rigoroso rispetto di canoni di legittimità e le connesse esigenze di omogeneità dei parametri valutativi sottostanti le decisioni premiali. A tali fini il Comandante pro tempore ha disposto l'implementazione del sistema di monitoraggio delle ricompense concesse già previsto dalle circolari interne di settore».
8. Quanto alle iniziative adottate su tale materia dall'attuale vertice della Guardia di finanza, la nota del Comando generale comunica che è stata inviata «apposita lettera ai Comandi Interregionali, tesa a sensibilizzare tali autorità ad una comune riflessione circa la valenza e le modalità di concessione degli encomi, al fine di prevenire possibili disparità di trattamento».
Inoltre «nel riconoscere la validità del quadro dispositivo e regolamentare vigente» si è ritenuto opportuno «richiamare i principi cui deve ispirarsi l'autorità titolare della potestà premiale nell'ambito di una avveduta azione di comando, nel momento in cui è chiamata ad esprimersi sulla sussistenza o meno dei requisiti richiesti per il conferimento delle ricompense; disciplinare, impartendo precise disposizioni, le ipotesi riguardanti le note di apprezzamento inviate da autorità esterne al corpo; implementare l'attività di monitoraggio prevista dalle vigenti disposizioni, auspicando, con particolare riferimento alla questione relativa alla omogeneità dei presupposti, la rigorosa e serena applicazione della normativa in vigore».
Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Roberto Pinza.
FOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Ministro dell'economia e delle finanze ha adottato, con decreto del 7 marzo 2007, n. 45, (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 83 del 10 aprile 2007) il regolamento di attuazione dell'articolo unico, comma 347, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, in materia di accesso alle prestazioni creditizie agevolate erogate dall'INPDAP;
il detto regolamento si applica:
a) ai pensionati già dipendenti pubblici che fruiscono di trattamento a carico delle gestioni pensionistiche dell'INPDAP;
b) ai dipendenti o pensionati di enti e amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, iscritti ai fini pensionistici presso enti o gestioni previdenziali diverse dall'INPDAP;
l'articolo 2 del regolamento in questione iscrive di diritto i pensionati di cui sopra alla gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali prevista dalla legge n. 662 del 1996, con obbligo di versamento del contributo pari allo 0,15 per cento dell'ammontare lordo della pensione, con esclusione di coloro che risultano titolari di pensione fino a 600 euro lorde mensili;
in buona sostanza la disdetta può operare in due tempi: o entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto Ministeriale 45 del 2007 (e cioè entro il 25 ottobre 2007), oppure entro il termine di sei mesi dal pagamento della prima mensilità di retribuzione o pensione sulla quale è stata applicata la detta ritenuta;
la procedura seguita per l'applicazione della ritenuta appare oltremodo penalizzante per gli interessati ai quali si sarebbe dovuto chiedere se intendevano o meno iscriversi alla gestione unitaria delle prestazioni creditizie agevolate erogate dall'Inpad, anziché prevedere l'iscrizione d'ufficio degli stessi, salvo esplicita rinuncia;
anche il notevole lasso di tempo intercorso tra l'introduzione della norma di legge (anno 1996) e la sua effettiva applicazione (anno 2007) avrebbero dovuto consigliare d'inviare una preventiva comunicazione in merito agli interessati -:
se non ritenga comunque doverosa l'emanazione di disposizioni operative che rendano obbligatoria la comunicazione ai singoli interessati relativamente all'applicazione della trattenuta del contributo di cui sopra, salvo esplicita rinuncia dei medesimi;
se, per agevolare, gli interessati alla rinuncia intenda differire, quanto meno al 31 dicembre 2007, il termine entro cui far pervenire la disdetta.
(4-04397)
Risposta. - Si rispondo su delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Con riferimento all'interrogazione in esame, inerente il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 45 del 7 marzo 2007, si fa presente quanto comunicato in merito dai competenti uffici di questo Ministero e dall'Inpdap.
In particolare, l'istituto di previdenza, al fine di chiarire la portata delle previsioni recate dal regolamento n. 45 del 2007, ha reso noto che con l'articolo 1, commi 242 e seguenti della legge 662 del 1996, è stata istituita presso l'Inpdap la Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, disciplinata dal relativo regolamento di esecuzione decreto ministeriale n. 463 del 1998, che ricomprende sia i dipendenti statali che i dipendenti pubblici iscritti a fini pensionistici presso una delle Casse pensioni amministrate dall'Inpdap.
L'iscrizione comporta il versamento di un contributo obbligatorio a carico dell'iscritto dello 0,35 per cento, trattenuto e versato dall'Amministrazione d'appartenenza, calcolato sulla retribuzione contributiva e pensionabile.
In considerazione del fatto che i dipendenti precedentemente iscritti, all'atto del collocamento in quiescenza, restavano esclusi dalle prestazioni della Gestione, col su menzionato decreto ministeriale 45 del 2007, ne è stata prevista l'iscrizione mediante versamento di un contributo ridotto allo 0,15 per cento e la possibilità, per quanti non intendessero aderire, di esercitare il diritto di recesso entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto 45 del 2007, ovvero entro il 31 ottobre 2007, oppure entro sei mesi a decorrere dalla prima trattenuta contributiva effettuata sul cedolino di stipendio o di pensione.
Dall'imposizione contributiva sono esclusi i pensionati che percepiscono una pensione lorda inferiore relativa ai 600 euro.
L'Inpdap ha precisato che, al fine di dare esecuzione alle disposizioni di legge e di fornire una corretta informativa all'utenza, ha predisposto una serie di comunicazioni dirette ai pensionati, agli enti ed alle Amministrazioni pubbliche, il contenuto delle quali è stato concordato e condiviso con i Ministeri vigilanti e con le organizzazioni sindacali di categoria.
Sul sito dell'istituto, inoltre, dall'inizio del mese di luglio 2007, risultano disponibili tutte le notizie riguardanti e prestazioni erogabili e le modalità da seguire per non aderire alla Gestione.
L'istituto, in considerazione della difficoltà di rendere prontamente operativa la propria banca-dati, attraverso l'inserimento di tutte le «non adesioni» pervenute entro il 31 ottobre 2007, ha previsto il differimento, al mese di dicembre 2007, dell'applicazione della trattenuta in parola.
Si fa presente, infine, che l'istituto medesimo, nell'ambito della sua autonomia operativa, ha ritenuto di sospendere l'attuazione della trattenuta, secondo le previsioni del più volte richiamato decreto ministeriale n. 45 del 2007, nelle more della conversione del decreto-legge n. 159 del 1o ottobre 2007 (collegato alla legge finanziaria per il 2008, attualmente all'esame della Camera), che prevede la modifica delle modalità di adesione alla Gestione credito Inpdap, da «silenzio-assenso» a comunicazione scritta della volontà di adesione.
Ad oggi, quindi, l'istituto opera la trattenuta di che trattasi solo nei confronti di coloro che, volendo fruire delle prestazioni erogate dalla Gestione, confermano formalmente la volontà di adesione.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
FRATTA PASINI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
nell'aprile del 2006 un consistente numero di aziende ubicate a Sandrà di Castelnuovo del Garda, in provincia di Verona, operanti in diversi settori denunciarono pubblicamente la mancanza di copertura del servizio di collegamento telematico attraverso la rete ADSL, con l'invito al Sindaco del predetto Comune, nonché alle associazioni di categoria e all'azienda fornitrice del servizio: Telecom Italia, di provvedere all'attivazione della rete ADSL, considerato ormai uno strumento tecnologico indispensabile, soprattutto per le imprese;
la tecnologia ADSL consente una navigazione internet ad alta velocità, un risparmio di tempo notevole rispetto ad un
normale collegamento, oltre ad una connessione immediata con linea telefonica libera;
i piani aziendali di copertura del servizio ADSL messi in atto da Telecom Italia dovrebbero privilegiare le aree del territorio italiano economicamente più redditizie e di minore complessità realizzativa, stando a quanto dichiarato dallo stesso management aziendale in diverse occasioni;
ciononostante a distanza di un anno, Telecom Italia non ha ancora provveduto all'attivazione del sistema ADSL nell'area industriale predetta, la cui necessità risulta quanto mai urgente in quanto numerose aziende del predetto Comune hanno l'esigenza sempre più pressante di utilizzare gli strumenti informatici al massimo delle loro potenzialità -:
quali iniziative urgenti, nell'ambito delle proprie competenze intenda intraprendere per rimediare ai disservizi predetti e quali azioni intenda intraprendere nei confronti della Telecom Italia, al fine di sollecitare la stessa azienda a provvedere all'attivazione del sistema di rete ADSL nella zona indicata in premessa.
(4-05451)
Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno anzitutto premettere che per la fornitura dei collegamenti ADSL non esiste alcun obbligo, né condizione di fornitura del servizio a carico degli operatori, in quanto i collegamenti a larga banda esulano dall'ambito del servizio universale, unica fattispecie per la quale possono essere imposti agli operatori obblighi del servizio.
La società Telecom, più volte interessata in merito ai piani di copertura del servizio ADSL, ha precisato che gli stessi vengono definiti tenendo conto sia dell'entità della clientela da raggiungere, sia delle difficoltà realizzative legate al territorio in cui il servizio medesimo deve essere portato, allo scopo di ottenere una sua rapida diffusione nella maggior parte delle aree del paese.
Occorre, in proposito, considerare che gli elevati investimenti necessari a realizzare i collegamenti in fibra fra le dorsali di Telecom e le centrali telefoniche di attestazione dei cittadini, non consentono agli operatori di telecomunicazioni ritorni economici tali da poter giustificare simili interventi.
D'altra parte il Ministero delle comunicazioni ha adottato ogni possibile iniziativa allo scopo di aumentare la diffusione di tale mezzo trasmissivo ed eliminare il cosiddetto digital divide, come dimostrano sia l'erogazione di contributi per i contratti di abbonamento al servizio di accesso a larga banda ad Internet, sia i finanziamenti previsti per gli investimenti effettuati dalla società Infratel.
L'area di intervento, originariamente limitata al solo Mezzogiorno è stata estesa a tutte le aree del Paese e con la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) sono state ulteriormente incrementate le risorse specificamente destinate al finanziamento degli interventi di realizzazione delle infrastrutture per la larga banda e di completamento del programma di sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno da parte del Ministero delle comunicazioni per il tramite della società Infratel Italia, prevedendo lo stanziamento di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, nonché l'assegnazione di ulteriori 50 milioni di euro per l'anno 2009 allo stesso Ministero delle comunicazioni per le suddette finalità.
Va inoltre sottolineato che uno degli obiettivi di legislatura del Governo è proprio lo sviluppo della banda larga come nuova frontiera del servizio universale, come grande occasione di sviluppo del Paese e di alfabetizzazione tecnologica della popolazione.
Per raggiungere tale risultato il Governo ha istituito un Comitato della banda larga di cui fanno parte, oltre al Ministro delle comunicazioni, anche il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione con lo scopo di coordinare, indirizzare e supportare tutte le attività finalizzate allo sviluppo della suddetta tecnologia nel territorio nazionale, a partire dall'approntamento di
misure in grado di dare soluzione al problema del digital divide.
Nel passato è mancato al nostro Paese un approccio strategico coerente a sostegno dello sviluppo del settore, il Comitato della banda larga è chiamato a colmare tale vuoto di iniziativa e ad elaborare una organica politica del Governo sul tema, in grado di raccogliere l'interesse e la condivisione di tutti i soggetti coinvolti, dalle amministrazioni locali agli operatori, dai fornitori di servizi agli utilizzatori, nella convinzione che solo operando in sinergia l'obiettivo potrà essere centrato.
Ciò premesso in linea generale, per quanto riguarda la situazione del comune di Castelnuovo del Garda (Verona) la società Telecom ha riferito che lo stesso risulta essere coperto da collegamenti in banda larga, ma carenze si registrano in alcune frazioni.
Con riferimento alla centrale di Sandrà 2 la medesima Telecom ha espresso la propria disponibilità a valutare, congiuntamente al comune interessato, ogni possibile soluzione (agevolazioni nell'uso delle canalizzazioni esistenti di proprietà del comune, posa di cavi di coincidenza con scavi già previsti o pianificati per opere di pubblica utilità e simili) in modo da favorire l'abbattimento dei costi ed i tempi di realizzazione della copertura ADSL nella località in questione.
Si precisa, infine, che le zone che per varie ragioni legate alla morfologia del territorio, alla densità della popolazione da servire e simili, non possono essere raggiunte da una infrastruttura in fibra ottica, stante gli elevati costi di un siffatto intervento attualmente non sostenibili, potranno essere coperte attraverso tecnologia wireless.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
GALANTE. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
in data 1 febbraio 2007 il segretario generale della FLC CGIL, Sebastiano Campisi, ha inviato, via fax, una richiesta di concessione dell'Aula Magna dell'Istituto ITG Canova di Vicenza per la riunione di un'Assemblea Sindacale da svolgersi il giorno 16 febbraio 2007;
la suddetta assemblea, convocata da Cisl scuola e FLC CGIL ed indetta ai sensi dell'articolo 8 del CCNL comparto scuola del 27 luglio 2003, aveva come ordine del giorno «il futuro della scuola in una città militarizzata» e veniva pubblicizzata a mezzo locandina in varie scuole della città in data 8 febbraio 2007;
il Preside del Canova, venuto a conoscenza di tale assemblea e dell'argomento trattato, ritenendo l'assemblea di natura politica e non ritenendosi competente a concedere l'uso dei locali in tali circostanze, chiedeva parere preventivo all'amministrazione provinciale in base ad un protocollo sottoscritto con essa il 16 aprile 2005;
tale protocollo precisava le finalità per le quali il dirigente scolastico è competente a concedere l'utilizzo della struttura scolastica: «l'uso per attività extra didattiche può avvenire solamente per finalità che realizzino la funzione della scuola come centro di promozione culturale, sociale e civile (...) la provincia può autorizzare direttamente (...) l'utilizzo di spazi per conferenze e dibattiti di tipo politico e, in casi eccezionali per manifestazioni/incontri di particolare rilievo»;
in data 14 febbraio 2007 la presidente della provincia di Vicenza negava l'utilizzo dell'aula magna dell'Istituto ITG Canova perché «l'assemblea sindacale in oggetto ha una natura politica» e perché «ritiene che questo terna non sia importante per il personale della scuola»;
quella che l'interrogante reputa la totale arbitrarietà della suddetta decisione prefigura sempre secondo l'interrogante un'inaccettabile attività antisindacale, oltre
che una misura velatamente intimidatoria volta a mettere sotto controllo il personale scolastico nell'esercizio di legittime prerogative sindacali -:
quali iniziative il Ministro intenda porre in essere al fine di tutelare il corpo docente nell'esercizio dei propri diritti sindacali.
(4-02685)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa ad eventuali violazioni in materia sindacale, specificamente in ordine al diniego di svolgimento di assemblea nel luogo di lavoro, si fa presente quanto segue.
Il diritto costituzionale della libertà di manifestazione del pensiero, di cui una delle modalità di espressione è la riunione o l'assemblea, rientra in senso ampio nella sfera di tutela dell'articolo 1 della legge n. 300 del 1970 e, specificamente, risulta disciplinato dall'articolo 20 della medesima legge.
L'articolo da ultimo citato prevede, che il diritto di assemblea nei luoghi di lavoro deve essere circoscritto a riunioni aventi ad oggetto materie di interesse sindacale e del lavoro; tale concetto è stato ampiamente interpretato dalla giurisprudenza di merito con riferimento all'assemblea retribuita (il cui limite, come è noto, è di dieci ore annue, salvo previsioni collettive di miglior favore) fino a ricomprendervi, ad esempio, il tema delle riforme sociali e i problemi attinenti la salute o l'integrità fisica dei lavoratori.
Per quanto riguarda le riunioni di altra natura, come quelle a scopo prettamente politico, secondo autorevole dottrina rientrerebbero, comunque, nella sfera di tutela di cui all'articolo 1 della medesima legge, ma non beneficerebbero delle previsioni di cui all'articolo 20.
Pertanto tali riunioni devono ritenersi consentite ai di fuori dell'orario di lavoro, purché non interferiscano con il normale svolgimento dell'attività lavorativa.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
GALLI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
come segnalato da un articolo di Giancarlo Lehner apparso su Il Giornale del 26 settembre 2007, a tutti i pensionati della Pubblica amministrazione sta giungendo in questi giorni, tramite il servizio «postatarget» un depliant informativo di INPDAP dal titolo: «I servizi Inpdap non hanno età / Guida per chi è in pensione»;
all'interno del depliant una lettera a firma di Giuseppina Santiapichi, direttore generale di Inpdap, promuove l'iscrizione volontaria alla Gestione unitaria;
nella lettera richiamata si legge: «a partire dal 1 novembre prossimo, Lei potrà accedere alle prestazioni erogate dalla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali dell'inpdap: questo diritto, finora riservato ai lavoratori in servizio, è stato esteso anche ai lavoratori in pensione dal decreto ministeriale 45 del 2007»;
gli italiani stanno venendo a conoscenza dell'amara sorpresa contenuta in un apparentemente innocuo regolamento attuativo di un'altra norma giuridica: si tratta del decreto ministeriale n. 45 del 7 marzo 2007, emanato in attuazione della legge 23 dicembre 2005 n. 266, cioè la Legge Finanziaria 2006;
il summenzionato decreto, emesso dal Ministero dell'economia e delle finanze, introduce una piccola rivoluzione in materia di credito erogato dall'INPDAP in favore dei pubblici dipendenti. Il provvedimento è applicato, come precisa l'articolo 1: «ai pensionati già dipendenti pubblici che fruiscono di trattamento a carico delle gestioni pensionistiche dell'INPDAP...» e «...ai dipendenti o pensionati di enti e amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, iscritti ai fini pensionistici presso enti o gestioni previdenziali diverse dall'INPDAP»;
l'articolo 2 del decreto ministeriale n. 45 del 2007, invece, stabilisce che i
soggetti di cui all'articolo 1 sono iscritti di diritto alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali;
tale iscrizione di diritto, comporta l'obbligo per gli interessati di versare dei contributi mensili allo scopo di rimpinguare i fondi dell'INPDAP da destinare all'erogazione di credito in favore dei pubblici dipendenti;
i contributi a carico dei dipendenti della pubblica amministrazione, come sancito dall'articolo 3, corrispondono ad un'aliquota dello 0,35 per cento della retribuzione, mentre per i pensionati (già dipendenti pubblici) è pari allo 0,15 per cento del trattamento percepito;
questi ultimi, tuttavia, sono esentati dal prelievo qualora la loro pensione risulti non superiore ad euro 600,00 mensili, soglia variabile annualmente alla luce della rivalutazione del cosiddetto trattamento minimo;
il decreto ministeriale n. 45 del 2007 del Ministro dell'economia e delle finanze, tuttavia, ha previsto una norma di garanzia in favore degli interessati, accorgimento che fa venir meno la coattività di fatto delle disposizioni contenute nel provvedimento;
l'articolo 2 prevede infatti, al comma 2, la facoltà per gli interessati di recedere dall'inscrizione alla Gestione unitaria;
tale volontà deve essere espressa palesemente cioè entro il 31 ottobre 2007, come si legge nella lettera sopra richiamata: «Se Lei non intende iscriversi alla Gestione unitaria dell'Inpdap può compilare il modulo di non adesione... E consegnarlo o inviarlo per posta o tramite fax, entro e non oltre il 31 ottobre 2007, alla sede provinciale o territoriale Inpdap che eroga la sua pensione. Se Lei, invece, vuole iscriversi non dovrà fare nulla, perché la sua adesione scatterà automaticamente il 1 novembre...»;
in buona sostanza, affinché il pensionato o il lavoratore pubblico possano evitare di subire gli effetti di un ulteriore prelievo, oltre alle varie trattenute fiscali, deve necessariamente comunicare la propria volontà contraria entro e non oltre il termine perentorio del 31 ottobre 2007, pena l'iscrizione irrevocabile alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali ed un costante alleggerimento del proprio portafoglio;
a parte la pubblicazione del decreto ministeriale n. 45 del 7 marzo 2007 sulla Gazzetta Ufficiale n. 83 del 10 aprile 2007, non è stata avviata alcuna campagna informativa né da parte dell'INPDAP né da parte di qualunque amministrazione dello Stato in tempi utili alla valutazione degli effetti di tale adesione tacita;
perciò non saranno rari, purtroppo, casi di persone che si ritroveranno di fronte ad un vero e proprio fulmine a ciel sereno: una misteriosa (e costante) trattenuta che graverà sul trattamento mensile retributivo o pensionistico;
considerando i frequenti ritardi nella consegna della corrispondenza occorre ricordare che la lettera informativa è contenuta all'interno di una «Guida per chi è in pensione» e che esteriormente non lascia supporre che il contenuto sia di tale importanza quindi può essere gettato nel cestino come mille altri depliant che ogni giorno intasano le cassette della posta; molti pensionati peraltro sono impossibilitati a muoversi, molti si troveranno iscritti d'autorità e automaticamente ad una Gestione unitaria che incide negativamente sulla pensione;
se comunque si decide di non aderire, si dovrà comunque perdere tempo e denaro, compilando e recapitando il modulo di «non adesione» -:
per quale motivo non vi sia stata una tempestiva e corretta informazione da parte di Inpdap o di altra amministrazione dello Stato idonea a far comprendere appieno gli effetti del decreto ministeriale di cui in premessa;
da quale fonte primaria della legislazione derivi l'applicabilità del silenzio assenso in tale materia;
sollevando obiezione rispetto alla formulazione di tacita accettazione, che si ritiene non idonea sia rispetto ai destinatari che in sé, se non sia ravvisabile un profilo di incostituzionalità nella stessa;
se e come il Ministro intenda operare per tutelare la libera scelta dei pensionati della categoria in premessa, intervenendo per la modifica della formulazione, sostituendo il «tacito assenso» con la previsione di un «espresso e formale assenso», o almeno prorogando i termini per la dichiarazione prevista di «non adesione» dei tempi necessari ad una corretta e completa informazione dei cittadini interessati dal provvedimento in oggetto.
(4-05186)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, inerente il decreto del Ministro dell'economia n. 45 del 7 marzo 2007, si fa presente quanto comunicato in merito dai competenti uffici di questo Ministero e dall'Inpdap.
In particolare, l'Istituto di previdenza, al fine di chiarire la portata delle previsioni recate dal regolamento n. 45 del 2007, ha reso noto che con l'articolo 1, commi 242 e seguenti della legge n. 662 del 1996, è stata istituita presso l'Inpdap la Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, disciplinata dal relativo regolamento di esecuzione decreto ministeriale n. 463 del 1998, che ricomprende sia i dipendenti statali che i dipendenti pubblici iscritti a fini pensionistici presso una delle Casse pensioni amministrate dall'Inpdap.
L'iscrizione comporta il versamento di un contributo obbligatorio a carico dell'iscritto dello 0,35 per cento trattenuto e versato dall'Amministrazione d'appartenenza, calcolato sulla retribuzione contributiva e pensionabile.
In considerazione del fatto che i dipendenti precedentemente iscritti, all'atto del collocamento in quiescenza, restavano esclusi dalle prestazioni della Gestione, col su menzionato decreto ministeriale n. 45 del 2007, ne è stata prevista l'iscrizione mediante versamento di un contributo ridotto allo 0,15 per cento e la possibilità, per quanti non intendessero aderire, di esercitare il diritto di recesso entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto n. 45 del 2007, ovvero entro il 31 ottobre 2007, oppure entro sei mesi a decorrere dalla prima trattenuta contributiva effettuata sul cedolino di stipendio o di pensione.
Dall'imposizione contributiva sono esclusi i pensionati che percepiscono una pensione lorda inferiore relativa ai 600 euro.
L'Inpdap ha precisato che, al fine di dare esecuzione alle disposizioni di legge e di fornire una corretta informativa all'utenza, ha predisposto una serie di comunicazioni dirette ai pensionati, agli enti ed alle Amministrazioni pubbliche, il contenuto delle quali è stato concordato e condiviso con i Ministeri vigilanti e con le organizzazioni sindacali di categoria.
Sul sito dell'Istituto, inoltre, dall'inizio del mese di luglio 2007, risultano disponibili tutte le notizie riguardanti le prestazioni erogabili e le modalità da seguire per non aderire alla Gestione.
L'Istituto, in considerazione della difficoltà di rendere prontamente operativa la propria banca-dati, attraverso l'inserimento di tutte le «non adesioni» pervenute entro il 31 ottobre 2007, ha previsto il differimento, al mese di dicembre 2007 dell'applicazione della trattenuta in parola.
Si fa presento, infine, che l'Istituto medesimo, nell'ambito della sua autonomia operativa, ha ritenuto di sospendere l'attuazione della trattenuta, secondo le previsioni del più volte richiamato decreto ministeriale n. 45 del 2007, nelle more della conversione del decreto-legge n. 159 del 1o ottobre 2007 (collegato alla legge finanziaria per il 2008, attualmente all'esame della Camera), che prevede la modifica delle modalità di adesione alla Gestione credito Inpdap, da «silenzio-assenso» a comunicazione scritta della volontà di adesione.
Ad oggi, quindi, l'istituto opera la trattenuta di che trattasi solo nei confronti di coloro che, volendo fruire delle prestazioni erogate dalla Gestione, confermano formalmente la volontà di adesione.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
JANNONE. - Al Ministro per le politiche per la famiglia, al Ministro dell'economia e delle finanze - Per sapere - premesso che:
la Corte costituzionale con sentenza n. 388 del 2005 ha esteso il diritto al riconoscimento dell'indennità di maternità ai padri che esercitano una libera professione, dichiarando l'illegittimità costituzionale degli articoli 70 e 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nella parte in cui non prevedono il principio che al padre spetti di percepire, in alternativa alla madre, l'indennità di maternità, attribuita solo a quest'ultima;
la Corte ha comunque riservato al legislatore il compito di approntare un meccanismo attuativo che consenta anche alla figura del lavoratore padre un'adeguata tutela;
il legislatore non ha emanato finora nessuna disposizione, per cui i soggetti sia padri che lavoratori autonomi, sono in attesa che le Casse di previdenza dei vari albi professionali cui sono iscritti applichino i relativi provvedimenti;
le Casse di previdenza sino ad oggi, non avendo la certezza dell'emanazione di leggi da parte del legislatore riguardo il provvedimento sollecitato dalla Corte costituzionale, non si espongono ad iniziative -:
quali misure o iniziative siano allo studio per superare detti dubbi applicativi;
se sia allo studio la redazione di proposte normative attuative finalizzate a rendere pienamente operativa la sentenza della Corte costituzionale.
(4-03037)
Risposta. - L'interrogante desidera conoscere, premesso che la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità degli articoli 70 e 72 del testo unico sulla tutela della maternità e paternità nella parte in cui non prevedono il principio che al padre libero-professionista spetti di percepire, in alternativa alla madre, l'indennità di maternità (attribuita solo a quest'ultima), e considerato «che la Corte ha comunque riservato al legislatore il compito di affrontare un meccanismo attuativo che consenta alla figura del lavoratore padre un'adeguata tutela» e che si è in attesa che le Casse di previdenza dei vari albi professionali adottino le iniziative di competenza, quali misure o iniziative siano allo studio per superare i dubbi applicativi sollevati dalla sentenza della Corte e se sia allo studio la redazione di proposte normative attuative finalizzate a rendere pienamente operativa tale sentenza.
L'interrogazione richiama l'attenzione sulla giurisprudenza costituzionale concernente i congedi parentali. In particolare, come esattamente osservato, con sentenza 14 ottobre 2005, n. 385 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità degli articoli 70 e 72 del testo unico sulla tutela della maternità e paternità nella parte in cui non prevedono il principio che al padre libero-professionista spetti di percepire, in alternativa alla madre, l'indennità di maternità, attribuita solo a quest'ultima. Nella parte motiva della sentenza la Corte ha, altresì, esercitato un generale richiamo al legislatore affinché il principio di parità ed eguaglianza tra i genitori venga sempre più rafforzato.
Questo richiamo è rimasto tutt'altro che inascoltato: costantemente le proposte normative del Governo si sono orientate nel senso di assicurare il pieno rispetto di parità e condivisione per quanto attiene alle responsabilità ed alle facoltà che scaturiscono dallo status di genitore. Ad esempio, l'articolo 100 del disegno di legge finanziaria per il 2008, prevede espressamente che, nell'ipotesi dell'adozione, sia nazionale che internazionale di minori, al padre lavoratore spetti, alle medesime condizioni della madre, qualora non sia stato chiesto da quest'ultima, il congedo, per un periodo massimo di cinque mesi. La medesima disposizione prevede che alla madre ed al padre lavoratori spetti, per il periodo di permanenza all'estero richiesto per l'incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura di adozione internazionale, un congedo non retribuito relativo a tale periodo.
Non solo: in attuazione specifica del richiamato orientamento espresso dalla
Corte costituzionale (e di ciò ne è dato conto nella relativa relazione illustrativa) il disegno di legge recante «Norme relative alle persone non autosufficienti, alle politiche sociali e alla famiglia», approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 novembre scorso prevede (articolo 2), all'interno di una vera e propria delegazione legislativa per l'adeguamento del testo unico sulla tutela della maternità e paternità, il principio della piena attuazione dei principi di eguaglianza di genere e di pari opportunità tra uomini e donne nella materia dei congedi, attraverso meccanismi di rimodulazione o di alternanza tra lavoratrice e lavoratore.
Si fa, infine, presente, per quanto attiene alla specifica fattispecie richiamata nell'interrogazione, che il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche per conto del Ministero dell'economia e delle finanze (i quali esercitano congiuntamente tali funzioni di vigilanza) ha precisato di ritenere necessario che le Casse interessate «per rispettare l'equilibrio della loro gestione, stabiliscano nelle delibere la nuova misura del contributo dovuto dagli iscritti, con decorrenza contemporanea a quella dell'introduzione della nuova indennità».
La sensibilità sulla materia dimostrata dall'interrogante fa ritenere che non farà mancare il Suo apporto nell'imminente fase dell'approvazione definitiva di questa disposizione e delle altre che saranno dirette a migliorare la disciplina dei congedi parentali.
Il Ministro per le politiche per la famiglia: Rosy Bindi.
LUCCHESE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere:
se sia a conoscenza che dal giugno scorso ai giudici di pace non viene corrisposta l'indennità mensile loro spettante;
se sia a conoscenza dello stato di disagio in cui si trovano ad operare i giudici di pace a Roma e cioè in locali non idonei, ove si sovrappongono nella stessa giornata udienze diverse con giudici diversi;
quali iniziative ritenga di adottare per evitare il crollo anche della giustizia minore, che finora aveva dato buoni risultati.
(4-01159)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si comunica che l'articolo 21 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito con modificazioni con la legge n. 248 del 2006, ha introdotto nuove modalità di pagamento delle spese di giustizia secondo le ordinarie procedure stabilite dalla vigente normativa di contabilità generale dello Stato in luogo del sistema basato sulle anticipazioni da parte degli uffici postali.
Il sistema delle anticipazioni postali, per espressa previsione del legislatore, resta in essere solamente per le spese relative ad atti di notifica nei procedimenti penali e per gli atti di notifica e di espropriazione forzata nei procedimenti civili quando i relativi oneri sono a carico dell'Erario.
Pertanto, con la nuova disciplina, tutte le spese di giustizia (ad eccezione di quelle attinenti le attività di notifica) devono essere pagate tramite le Tesorerie provinciali dello Stato attraverso i funzionari delegati, i quali provvedono ad emettere ordini di pagamento tratti sugli ordinativi di accreditamento ricevuti dall'Amministrazione centrale.
Per il pagamento delle spese di giustizia, inoltre, sono state emanate due note del Dipartimento per gli affari di giustizia - Direzione generale della giustizia civile - ed una circolare del Dipartimento per l'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, con cui sono state impartite le istruzioni operative per consentire il pagamento della generalità delle spese di giustizia (capitolo 1360) ed il pagamento delle indennità spettanti ai magistrati onorari (capitolo 1362).
È stato ritenuto, infatti, che fino all'adozione dei provvedimenti che consentiranno la razionalizzazione dei pagamenti, questi possono essere eseguiti attraverso i funzionari delegati, già esistenti in sede distrettuale o nazionale.
Tale previsione è stata inserita in quanto, in corso d'anno, per evidenti problematiche
connesse alla mancanza dei tempi tecnici, non è stato possibile attuare modalità di pagamento diverse da quelle che erano state in precedenza adottate con l'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 per eseguire la procedura di rimborso delle spese anticipate dagli uffici postali.
Infine, per il pagamento della generalità delle spese di giustizia, il Dipartimento per gli affari di giustizia - Direzione generale della giustizia civile - con provvedimento del 17 novembre 2006, pubblicato sul Bollettino Ufficiale n. 1 del 15 gennaio 2007, ha attribuito, per alcuni distretti giudiziari, la nomina di funzionario delegato ai dirigenti dei Tribunali e delle corrispondenti Procure della Repubblica a favore dei quali, a partire dall'esercizio finanziario 2007, sono state attribuite aperture di credito per provvedere ai pagamenti delle spese di giustizia secondo le ordinarie procedure stabilite dalla vigente normativa di contabilità generale dello Stato.
Quanto alla risoluzione delle problematiche relative ai ritardi nel pagamento delle spese di giustizia, sono stati adottati ulteriori provvedimenti.
Il 12 febbraio 2007 è stata emanata una nota a firma congiunta del Direttore generale della giustizia civile e del Direttore generale del bilancio e della contabilità con la quale sono stati forniti i chiarimenti necessari per il corretto utilizzo dell'applicazione web GiudiciNet, diretta all'inserimento delle segnalazioni delle competenze economiche spettanti ai giudici di pace, giudici onorari di tribunale, vice procuratori onorari e giudici onorari aggregati, per il successivo pagamento da parte delle Direzioni provinciali del Tesoro. I dati anagrafici sono stati, quindi, raccolti e caricati a livello centrale e sono state attivate le relative partite stipendiali.
Ciascun ufficio giudiziario potrà, quindi, procedere al pagamento del trattamento economico spettante al personale della magistratura onoraria rispettando le specifiche indicazioni all'uopo prescritte. In particolare, poiché l'applicativo consente il pagamento delle indennità qualificabili come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (vedi articolo 64 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002), si è provveduto a qualificare sempre come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente i compensi corrisposti ai giudici di pace.
Per quanto riguarda i compensi spettanti agli altri magistrati onorari (G.O.A., G.O.T. e V.P.O.) l'applicativo può essere utilizzato solo per i redditi assimilati. Pertanto, per quanto riguarda i compensi qualificati come redditi di lavoro autonomo (perché relativi a prestazioni rese da soggetti che esercitano un'arte o professione) occorre, invece, fare riferimento alle ordinarie procedure previste per la altre spese di giustizia imputabili al capitolo 1362.
In tal caso i pagamenti verranno imputati sugli ordini di accreditamento emessi in favore dei funzionari delegati presso le Corti d'Appello e le Procure Generali, i quali provvederanno a richiedere tempestivamente i fondi per il primo quadrimestre (i funzionari delegati nominati presso alcuni Tribunali e Procure della Repubblica gestiranno solo ordini di accreditamento emessi sul capitolo 1360).
L'applicativo, inoltre, non può essere utilizzato per quei magistrati onorari che hanno già un trattamento stipendiale amministrato dalle Direzioni Provinciali dei servizi vari del tesoro e gestito con il sistema SPT-web. In tal caso i relativi pagamenti continueranno ad essere effettuati, con le modalità indicate al punto precedente, dai funzionari delegati presso le Corti d'Appello e le Procure Generali.
Il 16 febbraio 2007 è stata comunicata ai Presidenti delle Corti d'Appello e ai Procuratori Generali della Repubblica l'istituzione di nuovo servizio consistente nella pubblicazione, sul sito del Ministero della giustizia, degli ordini di accreditamento disposti sui capitoli 1362 e 1360 per il pagamento dei compensi spettanti alla magistratura onoraria e delle spese di giustizia.
Il 22 marzo 2007, in considerazione dei ritardi nei pagamenti delle spese di giustizia derivati dalla mancata installazione della procedura informatizzata SICOGE per l'emissione degli ordinativi di pagamento, si
è provveduto a sollecitare tutti gli uffici giudiziari affinché provvedessero ai dovuti pagamenti, utilizzando i software già in loro possesso.
Si fa, altresì, presente che, per quanto riguarda il pagamento dei compensi da corrispondere alla magistratura onoraria, si stanno assumendo provvedimenti che, sostenuti dal completamento delle operazioni per la realizzazione della banca dati anagrafica dei magistrati onorari in servizio, consentiranno che le corresponsioni dovute siano eseguite attraverso procedure di spesa amministrate dalle Direzioni del Ministero dell'economia e delle finanze.
Infine, per quanto riguarda, in particolare, la corresponsione degli emolumenti agli esperti in servizio presso i Tribunali per i minorenni e i Tribunali di sorveglianza è in fase di valutazione la possibilità di far confluire lo stanziamento previsto per il pagamento delle indennità loro spettanti dal capitolo 1360 al capitolo 1362, anche al fine di poter verificare la possibilità di retribuire quest'ultima categoria di personale onorario con il nuovo sistema di pagamento introdotto con la procedura GiudiciNet.
Infatti, a partire dall'esercizio 2007, i compensi spettanti ai giudici di pace e alle restanti categorie di magistrati onorari (Goa, Got e Vpo che non svolgono alcuna attività professionale) vengono retribuiti con procedure telematiche gestite dal Ministero dell'economia.
Per la corresponsione delle restanti spese di giustizia (interpreti, consulenti, difensori di ufficio, eccetera) è in atto un processo di razionalizzazione dei pagamenti mirato all'individuazione di ulteriori funzionari delegati. Il solo accredito delle risorse ai funzionari esistenti non è infatti sufficiente a garantire il tempestivo pagamento delle spese.
Nell'esercizio 2007 sono stati affiancati ai 56 funzionari esistenti a livello distrettuale altri 28 funzionari delegati per il momento individuati presso i Tribunali e le rispettive Procure dei distretti di rilevanti dimensioni (Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, Lecce, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia).
Tuttavia deve osservarsi che possibili interventi diretti a restituire celerità ed efficienza ai pagamenti disposti per fini di giustizia non possono esaurirsi con la nomina di altri funzionari delegati e con la relativa assegnazione delle risorse finanziarie.
È, altresì, necessario che i nuovi uffici coinvolti nei pagamenti siano sostenuti nella dotazione di supporti informatici essenziali per poter gestire una rilevante quantità di pagamenti e connesse incombenze di natura contabile (tenuta dei registri, rendicontazione, operazioni di chiusura dell'esercizio, eccetera). Oltre agli aspetti informativi non può, poi, trascurarsi quello gestionale, relativo alla carenza di specifiche figure professionali (contabili) deputate allo svolgimento delle complesse attività scaturenti dai pagamenti, da eseguirsi secondo la vigente normativa di contabilità generale dello Stato.
Deve, pertanto, concludersi che un processo di riorganizzazione delle spese di giustizia richiede l'intervento e la massima collaborazione delle competenti articolazioni ministeriali (Direzione generale della giustizia civile, Direzione generale dei sistemi informativi ed automatizzati, Direzione generale del personale e della formazione) preposte a fornire agli uffici giudiziari le necessarie risorse umane e strumentali.
Per quanto concerne, poi, le problematiche connesse all'attuale sede dell'Ufficio del Giudice di Pace in Roma, dovute sia all'inadeguatezza degli edifici di via Teulada (ex RAI), che ospitano gli uffici con competenza civile, sia alla dislocazione in via Gregorio VII degli uffici con competenza penale, sono state da tempo affrontate dalla competente Direzione generale che ha provveduto, in più riprese, ad informare i competenti uffici comunali di Roma, tenuti in forza della legge n. 392 del 1941 a fornire i locali necessari ed a gestire gli uffici, della necessità di reperire una nuova unica sede che offra le necessarie garanzie di spazi e di sicurezza.
Al riguardo sono state fornite assicurazioni dal Comune di Roma e, in particolare, dall'Assessore alle politiche del patrimonio
il quale, pur dichiarando che allo stato non è possibile offrire alternative alla sede attuale attingendo al patrimonio edilizio comunale, ha indicato quale via percorribile il ricorso a nuove forme di locazione o di acquisizione di immobili nell'ambito di più ampi procedimenti urbanistici. Quest'ultima soluzione implicherebbe, secondo l'Amministrazione comunale, anche un coinvolgimento dell'Agenzia del demanio e, in questo senso, si è offerta la più ampia disponibilità ad un confronto tra le parti interessate.
In ogni caso l'UNAGIPA sembra aver avuto con l'Assessore al patrimonio del Comune di Roma contatti concreti, tanto che sono stati comunicati allo stesso Assessore sia i parametri dimensionali sia l'ubicazione ottimale per l'eventuale nuova sede.
Comunque le problematiche emerse a carico dei due edifici di via Teulada, seppure idonei al momento dell'istituzione del nuovo Ufficio sia per ampiezza che per dislocazione (sono praticamente contigui alla città giudiziaria di piazzale Clodio), destano al momento una qualche preoccupazione in quanto l'aumentato carico di lavoro ha determinato un sovraccarico dovuto sia alla grande affluenza di pubblico sia al numero dei fascicoli giacenti negli uffici. La carenza di aule, lamentata dall'interrogante, ne è una diretta conseguenza.
Il Comune, occorre dire, a seguito delle pressioni dell'Amministrazione, ha messo a disposizione un archivio per il Giudice di Pace, sito in via Filoteo Alberini, alleggerendo il problema della conservazione delle carte.
Sopralluoghi sono stati compiuti, in passato, nella sede di via Teulada dallo stesso Provveditorato alle opere pubbliche del Lazio al fine di tenere sotto controllo la tenuta dei solai; comunque una nuova soluzione che accorpi gli uffici in una unica sede tale da garantire spazi idonei e sufficienti sia per le sezioni penali che per le sezioni civili appare urgente ed auspicabile.
In tal senso la possibile cessione da parte del Ministero della difesa di una delle Caserme (da dismettere) nel quartiere Prati, per destinarla a sede di quegli uffici giudiziari romani la cui situazione logistica presenta particolari difficoltà costituisce una proposta che potrebbe risolvere i problemi evidenziati.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
MINARDO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
i questi giorni i produttori zootecnici della Sicilia e della Provincia di Ragusa stanno ricevendo i bollettini di pagamento relativi alle multe per le quote latte non pagate dal 1997-1998 ad oggi, comprensivi degli interessi di mora;
l'irrogazione delle multe, nel caso in specie, appare assolutamente illegittima in considerazione del fatto che la Provincia di Ragusa da sola produce il 20 per cento del fabbisogno regionale e l'intera Sicilia da sola non raggiunge la quota assegnata dalla Comunità europea;
in conseguenza di ciò, con il metodo adottato dall'Agea, le aziende zootecniche siciliane sono costrette, loro malgrado, a subire un provvedimento ingiusto e profondamente lesivo degli interessi economici;
ancora una volta l'economia iblea viene penalizzata in un momento molto delicato per il comparto e l'elevato quantitativo da pagare per le multe è diventato un grave problema sociale poiché le aziende non hanno la disponibilità economica per eliminare il loro debito -:
se il Governo non ritenga urgente e necessario provvedere a forme di intervento mirate all'agevolazione di pagamenti e all'eliminazione degli interessi maturati;
se il Governo intenda intervenire presso l'Agea per verificare i motivi che hanno indotto all'emissione delle notifiche dei bollettini comprensivi degli interessi maturati sulle multe non pagate dal 1997 ad oggi e chiarire perché sta bloccando i
Pac alle aziende agricole del territorio, premi che per molte aziende sono di vitale importanza;
se il Governo intenda intervenire in modo definitivo perché ancora una volta la Sicilia e la provincia di Ragusa in particolare, subiscono situazioni insostenibili con il rischio di indebolire l'economia locale di cui un intero settore che è già in crisi sta ricevendo il definitivo colpo di grazia.
(4-05470)
Risposta. - L'interrogazione pone l'accento su una tematica da sempre all'attenzione dell'Amministrazione, in quanto l'introduzione nel 1984 del regime di contingentamento, a livello di Stato membro, della produzione lattiera (cosiddette quote latte) ha dato avvio ad una vicenda contrassegnata da una esacerbazione delle contestazioni con rilevanti conseguenze per il nostro Paese in termini finanziari e di immagine.
L'azione di normalizzazione del settore lattiero caseario è uno dei principali obiettivi perseguiti dal Governo ed in tal senso sono proseguite con determinazione le azioni intraprese.
Il nostro Paese, tramite l'AGEA, sin dalla campagna 1995-1996, ha potenziato gli strumenti di difesa a fronte di un contenzioso particolarmente esasperato, attraverso una stretta collaborazione con l'Avvocatura Generale dello Stato, con le Regioni e con le Procure regionali della Corte dei conti.
Si evidenzia che trattasi di contenzioso che, a causa delle caratteristiche assunte (notevoli quantità di ricorsi collettivi, istanze cautelari presentate sovente a ridosso dei termini di scadenza, tipo di censure dedotte in giudizio basate su argomentazioni tese a mettere in discussione l'impianto del regime e non su lesioni di posizioni individuali), si presenta particolarmente difficoltoso.
Le azioni intraprese sono state tutte indirizzate al rispetto rigoroso delle regole ed in tal senso va intesa la strategia del recupero dei prelievi non versati, mediante il ricorso all'istituto della compensazione.
Questa iniziativa ha ricevuto l'avallo istituzionale della Conferenza Stato-Regioni e della Commissione europea.
In tale direzione deve essere, altresi, inteso l'impegno profuso dall'Avvocatura Generale dello Stato a tutela dell'interesse collettivo e per il coordinamento e l'indirizzo delle Avvocature distrettuali a livello territoriale.
In particolare si è posto l'accento sugli adempimenti che la legge n. 119 del 2003 pone a carico delle Amministrazioni regionali in tema di controlli mensili finalizzati alla corretta determinazione del prelievo, al suo versamento, all'eventuale applicazione delle sanzioni previste dalla stessa legge ed alle attività inerenti il recupero delle somme dovute, attraverso l'applicazione immediata delle procedure di riscossione coattiva del prelievo supplementare dovuto in capo all'acquirente o al produttore, ove non sussistano impedimenti di carattere giurisdizionale.
A seguito delle continue sollecitazioni da parte della Commissione europea dirette all'adozione di misure straordinarie di contrasto alla estesa situazione di inadempienza riscontrata nelle attività di recupero del prelievo supplementare latte, è stata messa a punto una procedura di compensazione tra il debito del produttore a titolo di prelievo non versato iscritto (nel registri dei debitori), ai sensi del Reg. (CE) n. 1290/2005, e crediti che lo stesso produttore avanza nei confronti dell'organismo pagatore a titolo di aiuti comunitari.
Tale procedura, approvata in sede di Conferenza Stato-Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano il 14 dicembre 2006, ha ricevuto l'avallo della Commissione europea, in quanto diretta a perseguire la tutela dei primari interessi finanziari della Comunità mediante il recupero di somme di pertinenza comunitarie che si pongono, peraltro, come condizione di corretto funzionamento della disciplina di settore.
La Commissione europea, nel sottolineare la legittimità della procedura ha richiamato la causa C-132/95 (Bent Jensen 1 Landbrugsministeriet) laddove la Corte di giustizia ha puntualizzato che la compensazione
fra pagamenti soggetti all'obbligo del versamento integrale (prelievo supplementare latte) e crediti arretrati di uno Stato membro non comporta una riduzione dell'importo dell'aiuto.
Inoltre, trattandosi, nel caso in specie, di debiti dei produttori riconducibili al diritto comunitario, la Commissione ritiene che non si possa mettere in discussione la conformità del ricorso alla compensazione di crediti con le disposizioni della normativa comunitaria vigente in materia di pagamenti ai produttori e aggiunge che il prelievo non versato va iscritto nel registro debitori, ai sensi dell'articolo 32, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1290 del 2005, secondo il quale il recupero delle somme deve essere realizzato entro 4 anni dal verbale di irregolarità, elevati ad 8 anni in caso di procedimento giudiziario, e che venga posta in essere diligentemente dall'Amministrazione centrale o regionale ogni utile azione atta al recupero totale ed immediato del prelievo dovuto.
Infine, si evidenzia che la compensazione, per tutti i periodi di riferimento, si basa su una attenta analisi e valutazione delle singole posizioni dei produttori da parte delle strutture regionali.
L'Amministrazione è a conoscenza dell'esistenza di alcune limitate e mirate realtà produttive che in questo momento risentono di qualche difficoltà di carattere finanziario, tali da mettere in pregiudizio anche il corretto adempimento del versamento del prelievo supplementare latte pregresso.
Tuttavia, l'attuale normativa nazionale e comunitaria non prevede forme di ulteriori rateizzazioni, oltre quelle già previste (che, in ogni caso, dovrebbero essere preventivamente concordate con la Commissione europea). Così come non sono previste forme generalizzate di transazione del debito accumulato, attuate unilateralmente dallo Stato membro, pena l'immediata apertura di una procedura di infrazione.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
MORRONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
la lotta all'evasione fiscale e contributiva, nonché alle molteplici forme di lavoro irregolare, rappresenta una priorità per il raggiungimento degli obiettivi di risanamento e di sviluppo equo e solidale della società;
stando a quanto rilevato da una ricerca del Censis, il «sommerso» nel nostro paese tende a presentarsi sotto forma di evasione diffusa e di irregolarità di lavoro, comprendendo anche lo scorretto utilizzo degli strumenti di flessibilità da parte dei singoli e delle imprese, nelle forme dell'evasione contributiva e fiscale, dei fuori busta e delle doppie buste paga, delle dichiarazione di ore o giornate lavorative inferiori rispetto a quelle effettivamente prestate e dell'utilizzo improprio dei contratti a progetto;
secondo quanto segnalato dall'Istat, le diverse forme elusive del lavoro subordinato, come ad esempio i falsi contratti di collaborazione, per l'anno 2005, si sono attestati intorno al 50 per cento dei nuovi posti di lavoro;
stante l'annosa insufficienza degli organici dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro, deputati per legge a garantire il controllo dei versamenti contributivi e l'applicazione delle normative in materia di occupazione, prevenzione e sicurezza sul lavoro, la legge finanziaria 2007 ha autorizzato l'immissione in servizio di «fino a trecento unità di personale risultato idoneo in seguito allo svolgimento dei concorsi pubblici, per esame, a complessivi 795 posti di ispettore del lavoro, area funzionale C, posizione economica C2»;
nonostante il sostegno decisivo dato dalla legge finanziaria alla situazione di stallo delle procedure di assunzione degli idonei al concorsi per ispettori di lavoro, la dotazione finanziaria prevista (8,5 milioni di euro) non è sufficiente a sostenere l'immissione in servizio di tutto il personale idoneo;
alla luce delle dimensioni del fenomeno del «sommerso» nel nostro Paese e del sottodimensionamento degli organici dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro, la summenzionata disposizione della legge finanziaria per il 2007 appare importante, ma comunque, insufficiente al raggiungimento di livelli adeguati di legalità nel mercato del lavoro;
a fronte dello stato di grave carenza di personale ispettivo e pur potendo contare su risorse già stanziate, a distanza di quasi tre mesi dall'approvazione della legge finanziaria 2007, non sono state ancora avviate le procedure di assunzione dei nuovi ispettori del lavoro -:
se i Ministri interrogati, alla luce di quanto descritto dalla presente interrogazione, non ritengano necessario ed urgente assumere le opportune iniziative volte ad attuare quanto disposto dall'articolo 1, commi 544 e 545, della legge finanziaria 2007 relativamente all'immissione in servizio fino a trecento unità di personale risultato idoneo in seguito alla svolgimento dei concorsi pubblici per esami, a complessivi 795 posti di ispettori del lavoro, area funzionale C, posizione economica C2;
se i Ministri interrogati non intendano chiarire quali procedure di reclutamento verranno concretamente avviate e quali saranno le modalità di riparto «fino a trecento» tra le varie regioni, così come disposto dalla legge finanziaria 2007;
se i Ministri interrogati, a fronte della grave e duratura carenza di personale ispettivo del lavoro, non considerino opportuno reperire fondi rispetto a quelli già autorizzati dai succitati commi della legge finanziaria 2007.
(4-03119)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente quanto segue.
Questa Amministrazione, al fine di valorizzare al massimo l'attività di vigilanza effettuata dagli ispettori del lavoro e dai Nuclei dei Carabinieri incardinati negli uffici periferici del Ministero, in sinergia con gli organi ispettivi degli Enti previdenziali e delle altre Amministrazioni, ha avviato da tempo una serie di azioni mirate alla crescita, in termini di professionalità, del personale già in forza presso le sedi del Ministero e ad un aumento dei contingenti di idoneo personale, per il rafforzamento e la valorizzazione dei servizi ispettivi.
In tale ambito sono stati emanati bandi per 795 ispettori del lavoro e 75 ispettori tecnici destinati alle strutture territoriali (Direzioni regionali e provinciali del lavoro), già conclusi, con l'immissione in servizio della totalità dei candidati vincitori, e anche degli idonei per i posti resisi disponibili per rinunce nel frattempo intervenute.
Nell'ambito della valorizzazione delle professionalità dell'area della vigilanza, sono stati portati a termine processi di riqualificazione per il personale per i profili di accertatore del lavoro, ispettore del lavoro, ispettore del lavoro coordinatore e ispettore tecnico coordinatore, anche questi da impegnare per potenziare la vigilanza.
Inoltre, come rappresentato nell'interrogazione, la legge finanziaria per il 2007 al comma 544 ha autorizzato il Ministero del lavoro e della previdenza sociale all'immissione in servizio fino a 300 unità di personale risultato idoneo al concorso per 795 ispettori e all'immissione nei ruoli di destinazione finale e al conseguente adeguamento delle competenze economiche, del personale in servizio risultato vincitore ovvero idoneo nei relativi percorsi di riqualificazione.
Dal 2 luglio 2007, pertanto, sono stati assunti n. 241 nuovi ispettori e trattandosi di procedure regionali, i candidati risultati idonei sono stati assegnati alle sedi provinciali e regionali utlizzando un criterio sostanzialmente proporzionale rispetto ai singoli bandi di concorso.
Per le regioni per le quali non vi erano, alla data del bando di concorso, posti disponibili non è stata attivata alcuna procedura concorsuale.
L'inserimento dei nuovi ispettori del lavoro ha reso possibile una moderata mobilità del personale già in servizio, che
ha consentito una corrispondente attenzione rivolta alle esigenze delle regioni del Mezzogiorno.
Per quanto riguarda, infine, la possibilità di un ulteriore potenziamento dell'attività ispettiva si fa presente che l'impegno dell'Amministrazione si è concretizzato con l'emanazione della legge n. 123 del 2007, in vigore dal 25 agosto 2007, che all'articolo 4, comma 4 a), ha stanziato le risorse necessarie per le finalità di cui alla lettera a) del comma 544 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 «finanziaria 2007».
Il successivo articolo 12 al comma 1 della predetta legge n. 123 del 2007, inoltre, autorizza ulteriori assunzioni per l'anno 2008 nel numero massimo di 300 unità di personale risultato idoneo dei concorsi a 795 posti di ispettore del lavoro e a 75 posti di ispettori tecnici.
Al comma 2 del medesimo articolo, in connessione con le predette immissioni, sono autorizzate le spese relative all'incremento delle attività ispettive, all'aggiornamento, alla formazione, alle attrezzature, nonché per i buoni pasto, per le missioni e per il lavoro straordinario.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Antonio Michele Montagnino.
MURGIA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da tempo, in Italia, si registrano indiscriminati aumenti dei prezzi dei mangimi e dei concimi che si stanno ripercuotendo fortemente ed in negativo sull'economia delle aziende agricole e zootecniche di tutta Italia;
a causa dei predetti aumenti, gli agricoltori e gli allevatori stanno lavorando da tempo in gravi condizioni di precarietà e spesso i loro bilanci sono in perdita;
le cause degli aumenti dei prezzi di queste «materie prime agricole» sembrerebbero non ben identificate ma alcune di queste sarebbero comunque da ascriversi al notevole aumento della domanda di prodotti agricoli, in particolare modo in Cina e in India, e alla riduzione della produzione a livello mondiale dovuta al cattivo andamento climatico ed all'utilizzo di questi prodotti per la produzione di biocarburanti;
la preoccupazione maggiore tra gli operatori del settore è che siano in atto gravi operazioni speculative che stanno mettendo in crisi il comparto agricolo e zootecnico italiano; le parole del Presidente di Coldiretti di Nuoro, provincia nella quale si registrano forti effetti negativi per le aziende agricole e zootecniche determinati dagli aumenti dei prezzi di mangimi e concimi, confermano questa ipotesi: «...Da diverse parti delle nostre province arrivano lamentele per uno spropositato ed ingiustificato aumento del prezzo dei mangimi e dei concimi. Aumenti che non seguono l'inflazione ma rasentano esclusivamente fini speculativi nel tentativo di lucrare alle spalle delle aziende che sono in difficoltà...»;
sembrerebbe che, proprio a causa di forti effetti speculativi, i costi di produzione per gli allevatori siano lievitati in maniera esorbitante in quanto il prezzo dei mangimi, nel solo primo semestre 2007, ha registrato un incremento pari al 25-30 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente; in questi giorni, invece, il prezzo dei mangimi sembrerebbe lievitato del 35 per cento in soli 45 giorni;
secondo quanto affermato da Salvatore Mastio, Presidente di Coldiretti di Nuoro, «...un mangime che l'anno scorso costava 21 euro al quintale è passato a costarne 26. La causa di ciò è da imputarsi all'aumento ingiustificato del prezzo del grano. Ancora peggio la situazione dei concimi: se l'anno scorso il classico concime si attestava su un prezzo di 32 euro al quintale, oggi arriva a costarne anche 45. Si dice che la colpa sia dell'aumento del prezzo del petrolio che ha scatenato anche in questo caso un turbine speculativo...»;
la stessa situazione negativa si registra, con percentuali simili, per quanto riguarda i concimi -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di propria competenza intenda adottare affinché si scongiuri un probabile tracollo finanziario delle imprese agricole e zootecniche interessate dalla problematica descritta;
se non ritenga opportuno intervenire presso l'Unione europea per consentire l'apertura di un contingente tariffario di importazione a dazio ridotto di tutti i prodotti necessari alla produzione di mangimi;
se non ritenga di emanare le opportune disposizioni agli organi di controllo affinché siano effettuati accertamenti specifici sull'indiscriminato aumento del prezzo dei mangimi e dei concimi.
(4-05148)
Risposta. - L'interrogazione in esame pone l'accento sull'aumento dei prezzi dei mangimi e dei concimi nel nostro Paese e sulle conseguenti ripercussioni negative sull'economia delle aziende agricole e zootecniche.
La problematica è all'attenzione dell'Amministrazione, che condivide pienamente l'analisi esposta nell'atto, soprattutto in ordine alle cause che hanno determinato il forte rialzo delle quotazioni dei cereali sui mercati interni ed internazionali.
Infatti, la concomitanza di fattori negativi, ascrivibili principalmente alla perdurante siccità, ha comportato una consistente riduzione delle produzioni e, conseguentemente, delle disponibilità di cereali sia in area comunitaria che mondiale.
Al fine di contrastare efficacemente la situazione determinatasi, il Governo ha chiesto ed ottenuto, in sede comunitaria, l'azzeramento della percentuale di ritiro dei terreni dalla produzione (attualmente pari al 10 per cento), nonché la possibilità, in via eccezionale per un anno, di annullare i dazi all'importazione nel settore dei cereali.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
OLIVA, NERI, REINA, RAO e LO MONTE. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso:
sul gravissimo fenomeno degli incidenti sul lavoro sono intervenute, in diverse occasioni, le più alte cariche dello Stato, manifestando la necessità di intervenire urgentemente con misure adeguate;
una modifica legislativa sulla materia non sarebbe sufficiente se non fosse accompagnata da maggiori controlli sul campo;
dei settecentonovantacinque ispettori del lavoro assunti a seguito del concorso del 2003 solo il 10 per cento sono stati destinati alle regioni del Sud -:
quali interventi concreti il Governo abbia intrapreso al fine di prevenire il verificarsi di infortuni sul lavoro attraverso un miglioramento del sistema dei controlli ed un potenziamento dell'organico preposto a tali compiti;
se il Ministro interrogato non ritenga di doversi attivare perché, specialmente nelle regioni del Mezzogiorno, sia aumentato il numero degli ispettori del lavoro preposti alla verifica delle norme antinfortunistiche, attraverso la riapertura delle graduatorie con contestuale assunzione degli idonei concorso per ispettori del lavoro del 2003, al fine di consentire nuove assunzioni, od, in alternativa, attraverso il bando di nuovi concorsi.
(4-03914)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente, in via preliminare che il Governo è ben consapevole che il mondo del lavoro è funestato da una drammaticità e numerosità di eventi traumatici tali da richiedere una riflessione profonda ed un'azione sinergica delle istituzioni a tutela della legalità.
In proposito si evidenzia come l'azione legislativa, in particolare in questi ultimi anni, sia stata volta ad incrementare il numero degli Ispettori al fine di perseguire, in modo più efficace, la tutela e la sicurezza sul lavoro.
Premesso ciò, si rappresenta che alla luce degli incisivi interventi normativi in materia, ed in particolare, a seguito del riordino del sistema integrato della vigilanza previdenziale e in materia di lavoro, di cui al decreto legislativo n. 124 del 2004, questa Amministrazione ha portato avanti una serie di azioni mirate alla crescita, in termini di professionalità, del personale già in forza presso le sedi del Ministero.
Risulta, infatti, conclusa una importante fase di riqualificazione che ha interessato complessivamente 2.300 ispettori e addetti alla vigilanza; sono stati, inoltre, assunti tutti i vincitori del concorso relativo a 795 posti di ispettori del lavoro ed a 75 ispettori tecnici.
Alla data del 2 luglio 2007, sono state inserite altre 241 unità di personale ispettivo attinto, per ciascuna Regione, dalla relativa graduatoria.
Per quanto riguarda la possibilità di un ulteriore potenziamento dell'attività ispettiva si fa presente che l'impegno dell'Amministrazione si è concretizzato con l'emanazione della legge n. 123 del 2007, in vigore dal 25 agosto 2007, che all'articolo 4, comma 4 a), ha stanziato le risorse necessarie per le finalità di cui alla lettera a) del comma 544 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 «finanziaria 2007».
Il successivo articolo 12, comma 1, della predetta legge autorizza, inoltre, ulteriori assunzioni per l'anno 2008 nel numero massimo di 300 unità di personale risultato idoneo ai richiamati concorsi a 795 posti di ispettore del lavoro e a 75 posti di ispettori tecnici.
In connessione con le predette immissioni, il comma 2 del medesimo articolo, autorizza le spese relative all'incremento delle attività ispettive, all'aggiornamento, alla formazione, alle attrezzature, nonché per i buoni pasto, per le missioni e per il lavoro straordinario.
Per quanto riguarda la formazione in materia di vigilanza tecnica, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, previa verifica del possesso di titoli di studio professionalizzanti, intende attivare corsi formativi che mirino alla preparazione di ulteriori Ispettori tecnici, fermo restando la necessità di affrontare la problematica dell'inquadramento nel corrispondente profilo professionale, nell'ambito della più generale revisione dell'ordinamento professionale.
Per quanto riguarda, poi, la distribuzione delle unità di personale neoassunto, che avrebbe visto penalizzate le sedi territoriali del Sud, si fa presente che per l'individuazione delle Regioni, per le quali sono state indette le prove concorsuali, è stata effettuata una analisi di comparazione dei bacini di utenza con le unità di personale in servizio, dando quindi, priorità alle Regioni risultate con maggiore carenza di organico.
A favore delle regioni del Sud, inoltre, è stato anche fatto, il 21 marzo 2007, un accordo sindacale - stralcio - di mobilità che ha permesso di soddisfare le richieste giacenti di trasferimento di personale verso le sedi del Sud per circa 49 unità che hanno interessato le Regioni Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sardegna.
Infine, con riferimento alla Sicilia, si rammenta che l'Amministrazione centrale non può bandire i concorsi, e quindi assumere gli ispettori del lavoro in questa Regione, a causa dell'autonomia degli Uffici del lavoro rispetto al Ministero.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Antonio Michele Montagnino.
PALOMBA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
l'ISTAT valuta che nel nostro Paese ci siano circa 4 milioni di lavoratori in nero, con un'incidenza sul PIL intorno al 25 per cento;
l'agenzia delle entrate valuta l'evasione fiscale in circa 100 miliardi di euro all'anno, per un importo che si avvicina al 7 per cento del PIL;
il costo degli infortuni sul lavoro in termini economici, per non parlare di quello umano, è valutato intorno ai 40 miliardi di euro all'anno;
nel primo trimestre dell'anno 2006 è risultato irregolare circa l'80 per cento delle aziende sottoposte a controllo, a fronte del 74 per cento dello stesso periodo dell'anno precedente;
sono cresciuti i contributi evasi accertati, passando dai circa 200 milioni di euro del primo trimestre dell'anno 2005 a circa 218 milioni di euro dello stesso periodo dell'anno 2006;
l'ISTAT stima i morti d'incidenti sui luoghi del lavoro in circa 1.200 all'anno;
negli ultimi periodi si è assistito ad un crescendo impressionante ed inaccettabile di «morti bianche» che hanno determinato la severa reazione del Capo dello Stato, il quale ha invitato a provvedere immediatamente e non solo ad esprimere rammarico;
uno dei punti cardine del programma del Governo è quello della lotta alla diffusa illegalità nel mondo del lavoro, rimarcata autorevolmente dalla massima Carica istituzionale dello Stato, soprattutto con riferimento agli incidenti sul lavoro;
appare, perciò, assolutamente necessario potenziare le strutture preposte al controllo delle condizioni di sicurezza e di legalità nei luoghi del lavoro mediante una maggiore dotazione di risorse operative e l'incremento degli organici preposti al controllo;
nell'anno 2004 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali aveva bandito un concorso pubblico per esami a complessivi 795 posti di Ispettori del Lavoro, area funzionale C, posizione economica C2, per i suoi uffici periferici ubicati in 16 regioni;
in seguito alla procedura concorsuale sono risultati 795 vincitori e 902 idonei, collocati nelle rispettive graduatorie regionali di partecipazione;
il Ministero aveva portato altresì a conclusione il concorso pubblico per 75 posti di Ispettore Tecnico del lavoro (ingegneri), con 23 idonei;
da allora, pur svolgendo con perizia i loro compiti, i nuovi ispettori non hanno potuto materialmente far fronte all'emergere dilagante del fenomeno del lavoro nero, cosicché appare necessario ed urgente rinforzare l'organico degli Ispettori, ricorrendo a coloro che sono risultati idonei nelle procedure concorsuali predette;
tale esigenza è stata già affrontata nella legge finanziaria dello Stato per l'anno 2007, che ha autorizzato il Ministero all'immissione in servizio fino a 300 unità degli idonei del concorso per Ispettori Amministrativi;
risulta che l'autorizzazione contenuta nella legge finanziaria sia stata attuata solo in parte, con l'assunzione di sole 242 unità, che a distanza di tre mesi non sono state ancora immesse in servizio -:
quali iniziative il Ministro intenda assumere per fronteggiare lo spaventoso fenomeno degli incidenti sul lavoro in termini di risorse operative, di aggiornamento professionale, di coordinamento tra le strutture;
se intenda adottare iniziative, eventualmente anche normative, perché il Ministero del lavoro e della previdenza sociale sia autorizzato ad utilizzare interamente le graduatorie attualmente in vigore, assumendo la totalità degli idonei (630 circa) delle procedure concorsuali di cui si è detto nelle premesse, sia per gli Ispettori del Lavoro Amministrativi che per quelli Tecnici, così da consentire la copertura delle carenze in organico in tutte le regioni italiane, peraltro nell'ambito della previsione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del mese di febbraio 2007, che autorizza l'assunzione per il triennio 2007-2009 di 6.485 unità presso i vari Ministeri;
se, in subordine, non intenda intraprendere le iniziative regolamentari di cui alla legge n. 400 del 1988 che, in conformità a quanto disposto dall'articolo 9 della legge n. 3 del 2003, contemplino l'afflusso di tutti gli idonei ai concorsi di cui alle
premesse presso l'INPS e l'INAIL per i quali, tra l'altro, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del febbraio 2007 autorizza l'assunzione di 300 Ispettori previdenziali (data l'assoluta similarità di funzioni tra questi e gli Ispettori del Lavoro), con l'eventuale assorbimento dei restanti idonei presso gli altri Enti non economici e/o Agenzie.
(4-03999)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente, in via preliminare che il Governo è ben consapevole che il mondo del lavoro è funestato da una drammaticità e numerosità di eventi traumatici tali da richiedere una riflessione profonda ed un'azione sinergica delle istituzioni a tutela della legalità.
In proposito si evidenzia come l'azione legislativa, in particolare in questi ultimi anni, sia stata volta ad incrementare il numero degli Ispettori al fine di perseguire, in modo più efficace, la tutela e la sicurezza sul lavoro.
Premesso ciò, si rappresenta che alla luce degli incisivi interventi normativi in materia, ed in particolare, a seguito del riordino del sistema integrato della vigilanza previdenziale e in materia di lavoro, di cui al decreto legislativo n. 124 del 2004, questa Amministrazione ha portato avanti una serie di azioni mirate alla crescita, in termini di professionalità, del personale già in forza presso le sedi del Ministero.
Risulta, infatti, conclusa una importante fase di riqualificazione che ha interessato complessivamente 2.300 ispettori e addetti alla vigilanza; sono stati, inoltre, assunti tutti i vincitori del concorso relativo a 795 posti di ispettori del lavoro ed a 75 ispettori tecnici.
Alla data del 2 luglio 2007 sono state inserite altre 241 unità di personale ispettivo attinto, per ciascuna Regione, dalla relativa graduatoria.
Per quanto riguarda la possibilità di un ulteriore potenziamento dell'attività ispettiva si fa presente che l'impegno dell'Amministrazione si è concretizzato con l'emanazione della legge n. 123 del 2007, in vigore dal 25 agosto 2007, che all'articolo 4, comma 4 a), ha stanziato le risorse necessarie per le finalità di cui alla lettera a) del comma 544 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 «finanziaria 2007».
Il successivo articolo 12, comma 1, della predetta legge autorizza, inoltre, ulteriori assunzioni per l'anno 2008 nel numero massimo di 300 unità di personale risultato idoneo ai richiamati concorsi a 795 posti di ispettore del lavoro e a 75 posti di ispettori tecnici.
In connessione con le predette immissioni, il comma 2 del medesimo articolo, autorizza le spese relative all'incremento delle attività ispettive, all'aggiornamento, alla formazione, alle attrezzature, nonché per i buoni pasto, per le missioni e per il lavoro straordinario.
Per quanto riguarda la formazione in materia di vigilanza tecnica, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, previa verifica del possesso di titoli di studio professionalizzanti, intende attivare corsi formativi che mirino alla preparazione di ulteriori ispettori tecnici, fermo restando la necessità di affrontare la problematica dell'inquadramento nel corrispondente profilo professionale, nell'ambito della più generale revisione dell'ordinamento professionale.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Antonio Michele Montagnino.
PAROLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i Giudici di Pace hanno indetto uno sciopero dal 9 ottobre al 13 ottobre astenendosi dalle udienze e paralizzando l'attività giurisdizionale;
lo stato di disagio dei giudici di pace ha raggiunto punte paradossali, basti pensare che da maggio ad oggi non sono state pagate le indennità mensili spettanti loro e che, al di là di verbali promesse, non hanno ottenuto in concreto nessun vantaggio rispetto alle trattative da tempo portate avanti -:
se non intenda intervenire per evitare un grave blocco della giustizia e se inoltre
sia a conoscenza della carenza assoluta di aule per gli uffici del Giudice di Pace di Roma ove le udienze spesso sono fatte in aule anguste che ospitano due o tre giudici.
(4-01166)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si comunica che l'articolo 21 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito con modificazioni con la legge n. 248 del 2006, ha introdotto nuove modalità di pagamento delle spese di giustizia secondo le ordinarie procedure stabilite dalla vigente normativa di contabilità generale dello Stato in luogo del sistema basato sulle anticipazioni da parte degli uffici postali.
Il sistema delle anticipazioni postali, per espressa previsione del legislatore, resta in essere solamente per le spese relative ad atti di notifica nei procedimenti penali e per gli atti di notifica e di espropriazione forzata nei procedimenti civili quando i relativi oneri sono a carico dell'erario.
Pertanto, con la nuova disciplina, tutte le spese di giustizia (ad eccezione di quelle attinenti le attività di notifica) devono essere pagate tramite le Tesorerie provinciali dello Stato attraverso i funzionari delegati, i quali provvedono ad emettere ordini di pagamento tratti sugli ordinativi di accreditamento ricevuti dall'Amministrazione centrale.
Per il pagamento delle spese di giustizia, inoltre, sono state emanate due note del Dipartimento per gli affari di giustizia - Direzione generale della giustizia civile - ed una circolare del Dipartimento per l'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, con cui sono state impartite le istruzioni operative per consentire il pagamento della generalità delle spese di giustizia (capitolo 1360) ed il pagamento delle indennità spettanti ai magistrati onorari (capitolo 1362).
È stato ritenuto, infatti, che fino all'adozione dei provvedimenti che consentiranno la razionalizzazione dei pagamenti, questi possono essere eseguiti attraverso i funzionari delegati, già esistenti in sede distrettuale o nazionale.
Tale previsione è stata inserita in quanto, in corso d'anno, per evidenti problematiche connesse alla mancanza dei tempi tecnici, non è stato possibile attuare modalità di pagamento diverse da quelle che erano state in precedenza adottate con l'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 per eseguire la procedura di rimborso delle spese anticipate dagli uffici postali.
Infine, per il pagamento della generalità delle spese di giustizia, il Dipartimento per gli affari di giustizia - Direzione generale della giustizia civile - con provvedimento del 17 novembre 2006, pubblicato sul Bollettino Ufficiale n. 1 del 15 gennaio 2007, ha attribuito, per alcuni distretti giudiziari, la nomina di funzionario delegato ai dirigenti dei Tribunali e delle corrispondenti Procure della Repubblica a favore dei quali, a partire dall'esercizio finanziario 2007, sono state attribuite aperture di credito per provvedere ai pagamenti delle spese di giustizia secondo le ordinarie procedure stabilite dalla vigente normativa di contabilità generale dello Stato.
Quanto alla risoluzione delle problematiche relative ai ritardi nel pagamento delle spese di giustizia, sono stati adottati ulteriori provvedimenti.
Il 12 febbraio 2007 è stata emanata una nota a firma congiunta del Direttore generale della Giustizia civile e del Direttore generale del bilancio e della contabilità con la quale sono stati forniti i chiarimenti necessari per il corretto utilizzo dell'applicazione web GiudiciNet, diretta all'inserimento delle segnalazioni delle competenze economiche spettanti ai giudici di pace, giudici onorari di tribunale, vice procuratori onorari e giudici onorari aggregati, per il successivo pagamento da parte delle Direzioni provinciali del Tesoro. I dati anagrafici sono stati, quindi, raccolti e caricati a livello centrale e sono state attivate le relative partite stipendiali.
Ciascun ufficio giudiziario potrà, quindi, procedere al pagamento del trattamento economico spettante al personale della magistratura onoraria rispettando le specifiche indicazioni all'uopo prescritte. In particolare, poiché l'applicativo consente il pagamento delle indennità qualificabili come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente
(vedi articolo 64 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002), si è provveduto a qualificare sempre come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente i compensi corrisposti ai giudici di pace.
Per quanto riguarda i compensi spettanti agli altri magistrati onorari (G.O.A., G.O.T. e V.P.O.) l'applicativo può essere utilizzato solo per i redditi assimilati.
Pertanto, per quanto riguarda i compensi qualificati come redditi di lavoro autonomo (perché relativi a prestazioni rese da soggetti che esercitano un'arte o professione) occorre, invece, fare riferimento alle ordinarie procedure previste per la altre spese di giustizia imputabili al capitolo 1362.
In tal caso i pagamenti verranno imputati sugli ordini di accreditamento emessi in favore dei funzionari delegati presso le Corti d'Appello e le Procure Generali, i quali provvederanno a richiedere tempestivamente i fondi per il primo quadrimestre (i funzionari delegati nominati presso alcuni Tribunali e Procure della Repubblica gestiranno solo ordini di accreditamento emessi sul capitolo 1360).
L'applicativo, inoltre, non può essere utilizzato per quei magistrati onorari che hanno già un trattamento stipendiale amministrato dalle Direzioni provinciali dei servizi vari del tesoro e gestito con il sistema SPT-web. In tal caso i relativi pagamenti continueranno ad essere effettuati, con le modalità indicate al punto precedente, dai funzionari delegati presso le Corti d'Appello e le Procure generali.
Il 16 febbraio 2007 è stata comunicata ai Presidenti delle Corti d'Appello e ai Procuratori generali della Repubblica l'istituzione di nuovo servizio consistente nella pubblicazione, sul sito del Ministero della giustizia, degli ordini di accreditamento disposti sui capitoli 1362 e 1360 per il pagamento dei compensi spettanti alla magistratura onoraria e delle spese di giustizia.
Il 22 marzo 2007, in considerazione dei ritardi nei pagamenti delle spese di giustizia derivati dalla mancata installazione della procedura informatizzata SICOGE per l'emissione degli ordinativi di pagamento, si è provveduto a sollecitare tutti gli uffici giudiziari affinché provvedessero ai dovuti pagamenti, utilizzando i software già in loro possesso.
Si fa, altresì, presente che, per quanto riguarda il pagamento dei compensi da corrispondere alla magistratura onoraria, si stanno assumendo provvedimenti che, sostenuti dal completamento delle operazioni per la realizzazione della banca dati anagrafica dei magistrati onorari in servizio, consentiranno che le corresponsioni dovute siano eseguite attraverso procedure di spesa amministrate dalle Direzioni del Ministero dell'economia e delle finanze.
Infine, per quanto riguarda, in particolare, la corresponsione degli emolumenti agli esperti in servizio presso i Tribunali per i minorenni e i Tribunali di sorveglianza è in fase di valutazione la possibilità di far confluire lo stanziamento previsto per il pagamento delle indennità loro spettanti dal capitolo 1360 al capitolo 1362, anche al fine di poter verificare la possibilità di retribuire quest'ultima categoria di personale onorario con il nuovo sistema di pagamento introdotto con la procedura GiudiciNet.
Infatti, a partire dall'esercizio 2007, i compensi spettanti ai giudici di pace e alle restanti categorie di magistrati onorari (Goa, Got e Vpo che non svolgono alcuna attività professionale) vengono retribuiti con procedure telematiche gestite dal Ministero dell'economia.
Per la corresponsione delle restanti spese di giustizia (interpreti, consulenti, difensori di ufficio, eccetera) è in atto un processo di razionalizzazione dei pagamenti mirato all'individuazione di ulteriori funzionari delegati. Il solo accredito delle risorse ai funzionari esistenti non è infatti sufficiente a garantire il tempestivo pagamento delle spese.
Nell'esercizio 2007 sono stati affiancati ai 56 funzionari esistenti a livello distrettuale altri 28 funzionari delegati per il momento individuati presso i Tribunali e le rispettive Procure dei distretti di rilevanti dimensioni (Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, Lecce, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia).
Tuttavia deve osservarsi che possibili interventi diretti a restituire celerità ed efficienza ai pagamenti disposti per fini di giustizia non possono esaurirsi con la nomina di altri funzionari delegati e con la relativa assegnazione delle risorse finanziarie.
È, altresì, necessario che i nuovi uffici coinvolti nei pagamenti siano sostenuti nella dotazione di supporti informatici essenziali per poter gestire una rilevante quantità di pagamenti e connesse incombenze di natura contabile (tenuta dei registri, rendicontazione, operazioni di chiusura dell'esercizio, eccetera). Oltre agli aspetti informativi non può, poi, trascurarsi quello gestionale, relativo alla carenza di specifiche figure professionali (contabili) deputate allo svolgimento delle complesse attività scaturenti dai pagamenti, da eseguirsi secondo la vigente normativa di contabilità generale dello Stato.
Deve, pertanto, concludersi che un processo di riorganizzazione delle spese di giustizia richiede l'intervento e la massima collaborazione delle competenti articolazioni ministeriali (Direzione generale della giustizia civile, Direzione generale dei sistemi informativi ed automatizzati, Direzione generale del personale e della formazione) preposte a fornire agli uffici giudiziari le necessarie risorse umane e strumentali.
Per quanto concerne, poi, le problematiche connesse all'attuale sede dell'Ufficio del Giudice di Pace in Roma, dovute sia all'inadeguatezza degli edifici di via Teulada (ex RAI), che ospitano gli uffici con competenza civile, sia alla dislocazione in via Gregorio VII degli uffici con competenza penale, sono state da tempo affrontate dalla competente Direzione generale che ha provveduto, in più riprese, ad informare i competenti uffici comunali di Roma, tenuti in forza della legge n. 392 del 1941 a fornire i locali necessari ed a gestire gli uffici, della necessità di reperire una nuova unica sede che offra le necessarie garanzie di spazi e di sicurezza.
Al riguardo sono state fornite assicurazioni dal Comune di Roma e, in particolare, dall'Assessore alle politiche del patrimonio il quale, pur dichiarando che allo stato non è possibile offrire alternative alla sede attuale attingendo al patrimonio edilizio comunale, ha indicato quale via percorribile il ricorso a nuove forme di locazione o di acquisizione di immobili nell'ambito di più ampi procedimenti urbanistici. Quest'ultima soluzione implicherebbe, secondo l'Amministrazione comunale, anche un coinvolgimento dell'Agenzia del demanio e, in questo senso, si è offerta la più ampia disponibilità ad un confronto tra le parti interessate.
In ogni caso l'UNAGIPA sembra aver avuto con l'Assessore al patrimonio del Comune di Roma contatti concreti, tanto che sono stati comunicati allo stesso Assessore sia i parametri dimensionali sia l'ubicazione ottimale per l'eventuale nuova sede.
Comunque le problematiche emerse a carico dei due edifici di via Teulada, seppure idonei al momento dell'istituzione del nuovo Ufficio sia per ampiezza che per dislocazione (sono praticamente contigui alla città giudiziaria di piazzale Clodio), destano al momento una qualche preoccupazione in quanto l'aumentato carico di lavoro ha determinato un sovraccarico dovuto sia alla grande affluenza di pubblico sia al numero dei fascicoli giacenti negli uffici. La carenza di aule, lamentata dall'interrogante, ne è una diretta conseguenza.
Il Comune, occorre dire, a seguito delle pressioni dell'Amministrazione, ha messo a disposizione un archivio per il Giudice di Pace, sito in via Filoteo Alberini, alleggerendo il problema della conservazione delle carte.
Sopralluoghi sono stati compiuti, in passato, nella sede di via Teulada dallo stesso Provveditorato alle opere pubbliche del Lazio al fine di tenere sotto controllo la tenuta dei solai; comunque una nuova soluzione che accorpi gli uffici in una unica sede tale da garantire spazi idonei e sufficienti sia per le sezioni penali che per le sezioni civili appare urgente ed auspicabile.
In tal senso la possibile cessione da parte del Ministero della difesa di una delle Caserme (da dismettere) nel quartiere Prati, per destinarla a sede di quegli uffici giudiziari
romani la cui situazione logistica presenta particolari difficoltà costituisce una proposta che potrebbe risolvere i problemi evidenziati.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
PIRO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sulla base della Legge del 18 agosto 2000, n. 242, il Ministero della Giustizia è stato autorizzato a stipulare contratti a tempo determinato con soggetti impiegati in lavori socialmente utili (LSU) per fare fronte alle carenze di organico presso gli uffici giudiziari e le sedi periferiche della giustizia minorile e garantire l'attuazione della riforma del giudice unico di primo grado;
la stipulazione di tali contratti, per 18 mesi e fino ad un massimo di 1.850 soggetti, ha visto tra i beneficiari sia lavoratori già impegnati in progetti LSU sulla base di convenzione stipulata tra i Ministeri del Lavoro e della Giustizia, sia soggetti impegnati in LSU nelle sedi periferiche della giustizia minorile, che quelli utilizzati per progetti di utilità collettiva presso gli uffici giudiziari, sempre su autorizzazione del Ministero della Giustizia;
tra i 1850 LSU, di cui alla legge 242 del 2000, ben 450 unità risultano in servizio presso gli Uffici Giudiziari in Sicilia, in seguito ai progetti approvati da comuni e province della Regione siciliana; ancorché la titolarità dell'utilizzazione di tali lavoratori sia in capo agli enti locali (in base all'articolo 7-bis, legge 17 agosto 2005, n. 168, di conversione del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 1115) tuttavia, si tratta di lavoratori utilizzati per attività diverse da quelle ascritte alla competenza istituzionale dei comuni. Questa categoria di lavoratori dipende ufficialmente dal Comune di Palermo e percepisce una somma minima, sotto forma di assegno di disoccupazione erogato con fondi dello Stato, costretta a vivere in una situazione di evidente precarietà e di incertezza circa il loro futuro;
i lavoratori LSU impiegati presso gli uffici giudiziari e le sedi periferiche della giustizia minorile hanno permesso fino ad ora di supplire validamente alle vacanze e alle carenze di organico dell'amministrazione della giustizia, tanto che in loro assenza non si potrebbe far fronte al normale lavoro quotidiano, assicurando la funzionalità dei settori importanti dell'amministrazione della giustizia;
dopo tanti anni si rende necessario, secondo l'interrogante, conferire il giusto riconoscimento per un periodo così lungo di attività svolta dai lavoratori LSU negli uffici giudiziari periferici, e avviare le attese procedure di stabilizzazione, anche mediante il passaggio di tale categoria di lavoratori dal Comune di Palermo al Ministero della Giustizia -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti suesposti;
se non ritenga opportuno intervenire per favorire la stabilizzazione dei lavoratori LSU su esposta, ormai professionalizzati in tanti anni di attività presso gli uffici giudiziari periferici di Palermo, favorendo il loro passaggio alle dirette dipendenze del Ministero della Giustizia.
(4-04244)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede se l'Amministrazione non ritenga opportuno intervenire per favorire la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili del Comune di Palermo, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 1, comma 2, della legge 18 agosto 2000, n. 242 ha autorizzato l'assunzione a tempo determinato di complessive 1.850 persone, da suddividere tra l'Amministrazione giudiziaria e l'Amministrazione della giustizia minorile. Tra i 1.850 lavoratori socialmente utili di cui alla predetta legge, ben 450 unità risultano in servizio presso gli uffici giudiziari in Sicilia.
Secondo quanto previsto dalle norme in parola, i lavoratori da assumere devono
essere inseriti in convenzioni stipulate con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale ovvero con enti locali per «l'utilizzazione di lavoratori socialmente utili».
Per quanto riguarda l'Amministrazione, giudiziaria, sono stati assunti a tempo determinato, ai sensi della citata disposizione, 390 lavoratori ovverossia tutti quelli inseriti in progetti approvati con convenzione con la locale Regione.
Non è stato possibile, invece, assumere a tempo determinato altri lavoratori inseriti in progetti le cui convenzioni non erano state approvate o non erano ancora esecutive.
Al fine di risolvere la situazione di tale segmento di personale, l'articolo 7-bis del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 215, convertito con modificazione dalla legge 17 agosto 2005, n. 168 ha stabilito che questi ultimi lavoratori potevano rientrare tra le unità per le quali era possibile stipulare contratti individuali di lavoro a tempo determinato, nell'ambito, tuttavia, delle somme stanziate dal comma 262 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziamento della proroga delle convenzioni stipulate con i comuni per lo svolgimento dei lavori socialmente utili).
Tuttavia, in relazione all'applicazione del comma 262 della legge n. 311 del 2004, il Ministero del lavoro (Direzione generale degli ammortizzatori e degli incentivi all'occupazione) ha rappresentato che le somme stanziate erano state integralmente utilizzate per finanziare altri progetti con Enti locali.
Quest'Amministrazione ha, quindi, chiesto al Dipartimento della funzione pubblica di far conoscere con quali modalità applicative era possibile dare attuazione al disposto dell'articolo 7-bis sopra citato.
Sul punto, ed in particolare sul reperimento dei fondi necessari al finanziamento di quest'ultima disposizione, quel Dipartimento ha chiesto il parere anche del Ministero dell'economia che non risulta abbia tuttora risposto.
L'interrogante chiede, inoltre, se non sia opportuno intervenire per favorire la stabilizzazione dei lavoratori siciliani impegnati in progetti gestiti dagli enti locali in favore degli uffici giudiziari di Palermo.
Si rappresenta, al riguardo, che l'articolo 1, comma 521 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 consente la stabilizzazione del solo personale a tempo determinato che abbia prestato servizio in tale veste per più di tre anni nel quinquennio precedente all'entrata in vigore della legge.
Conseguentemente, l'Amministrazione procederà, in futuro, alla stabilizzazione di quei lavoratori che avevano già sottoscritto il contratto individuale di lavoro a tempo determinato ma non potrà, invece, procedere alla stabilizzazione delle persone tuttora impegnate in lavori socialmente utili per effetto di progetti gestiti dagli enti locali ed in servizio negli uffici giudiziari con le quali, per i motivi sopra esposti, non è stato possibile sottoscrivere un contratto di lavoro a tempo determinato.
Si fa presente, infine, che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 febbraio 2007 il Dipartimento della giustizia minorile è stato autorizzato ad avviare le procedure per la stabilizzazione di un primo contingente di personale con contratto a tempo determinato pari a 96 unità rispetto ad un totale di 175 unità.
Per le rimanenti 79 unità di personale lo stesso Dipartimento ha comunicato di aver provveduto a richiedere l'autorizzazione alla stabilizzazione attraverso il fondo di cui all'articolo 1, comma 417 della legge n. 296 del 27 dicembre 2006.
Al fine di poter dare attuazione, entro breve termine, all'articolo 1, comma 519 della legge n. 296 del 2006, che prevede la stabilizzazione del personale con contratto a tempo determinato che ne abbia i requisiti ed in conformità alla direttiva in merito emanata dal Dipartimento della funzione pubblica in data 30 aprile 2007, il predetto Dipartimento ha inviato al Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero dell'economia e delle finanze la proposta di rideterminazione della dotazione organica finalizzata alla stabilizzazione del personale in argomento.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
PORETTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo la relazione del 15 febbraio 2007 del Presidente del Consiglio di Stato, Mario Egidio Schinaia, sullo stato della Giustizia amministrativa al 31 dicembre 2006 l'arretrato complessivo per i TAR è pari circa a 600 mila ricorsi e per il Consiglio di Stato è pari a 20.465 appelli. Sempre secondo detta relazione «per l'eliminazione dell'arretrato occorrerebbe almeno un decennio»;
nella relazione si legge anche che: «Va riconosciuto il merito all'ultima legge finanziaria di aver previsto un significativo, anche se ancora insufficiente, aumento del personale di supporto alla giustizia amministrativa nel suo complesso»;
come affermato nella già citata relazione del Presidente del Consiglio di Stato, i tempi della Giustizia amministrativa sono lunghissimi e creano grossi problemi ai cittadini che ne fanno uso. A titolo di esempio citiamo il caso di Claudio Abiuso che nel 1995, dopo essersi visto recedere dal contratto Co.co.co. che lo legava alla Pubblica Amministrazione prima del termine previsto, è ricorso al TAR umbro. Il suddetto ha aspettato fino al 2002 una sentenza del TAR (7 anni) e poiché negativa, sempre nel 2002, ha fatto appello (la causa ha numero di ruolo R.G. 1668/02) al Consiglio di Stato. Ad oggi è ancora in attesa di una risposta (5 anni);
il signor Claudio Abiuso risulta essere tuttora iscritto come disoccupato presso l'Ufficio di collocamento; appaiono quindi più che giustificati i suoi ripetuti solleciti, rimasti tuttavia inascoltati, per fissare una data del processo -:
quali provvedimenti ed iniziative si intendano intraprendere per garantire ai cittadini che si rivolgono alla giustizia amministrativa giudizi certi e rapidi.
(4-04037)
Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, il Segretariato generale della Giustizia amministrativa, interpellato al riguardo, nel prendere atto dei problemi sollevati in merito alla lunga attesa per l'utenza per arrivare alla definizione dei processi amministrativi, fa presente quanto segue.
Il Presidente del Consiglio di Stato, Mario Egidio Schinaia nella relazione sullo stato della Giustizia amministrativa del 15 febbraio 2007 ha già approfondito le cause e i possibili rimedi per eliminare l'arretrato pregresso.
Inoltre, gli organi di vertice della Giustizia amministrativa hanno proposto, nelle sedi competenti, possibili soluzioni che, se attuate congiuntamente, potrebbero ridurre in modo significativo il numero delle giacenze e garantire l'effettività della tutela. Tra queste si possono citare: l'aumento dell'organico del personale amministrativo di supporto e del personale di magistratura; l'istituzione di sezioni stralcio; la riorganizzazione e l'avvio del funzionamento dell'Ufficio studi e massimario; l'utilizzo delle udienze tematiche; e, non ultimo, soprattutto il maggiore sviluppo e la più capillare diffusione delle procedure informatiche all'interno dell'apparato della Giustizia amministrativa.
Con riferimento al caso concreto di Claudio Abiuso, si comunica che l'udienza per la trattazione nel merito relativa al ricorso n. 1668 del 2002 pendente presso la Quinta Sezione del Consiglio di Stato è stata fissata per il giorno 29 gennaio 2008.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
RAITI. - Al Ministro della salute, al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
all'interrogante è stata fatta pervenire chiara documentazione dalla quale si evince la dannosa presenza di amianto in ambiente scolastico; è il caso di due scuole fiorentine balzate in questi mesi agli oneri della cronaca. Si tratta del Professionale
«Sassetti-Peruzzi», statale, e dell'ITI «Da Vinci», comunale;
si evidenzia come nel primo caso tuttavia, dopo una serie di scioperi e manifestazioni da parte degli studenti, sembra che la Provincia sia intervenuta per normalizzare la situazione;
nella seconda scuola citata, in situazione analoga rispetto alla prima, purtroppo la vicenda è ancora molto lontana dall'essere risolta;
si evidenzia come l'ITI «Da Vinci», a differenza dell'Istituto Professionale «Sassetti-Peruzzi», sia una scuola comunale e non statale e l'amministrazione di riferimento per ora non sia riuscita a dare risposte concrete, nonostante ci siano state anche in questo caso manifestazioni di protesta e scioperi;
dalla documentazione si evince che, nel Professionale «Sassetti-Peruzzi» alcuni degli ambienti scolastici sono foderati di eternit (o fibrocemento);
la scoperta della cancerogenicità dell'eternit risale agli anni '80 e non è accettabile che non tutti gli edifici sul suolo nazionale siano stati messi in stato di sicurezza;
l'esposizione a fibre di amianto è associata a malattie dell'apparato respiratorio (asbestosi, carcinoma polmonare) e delle membrane sierose, principalmente la pleura (mesoteliomi);
le esposizioni negli ambienti di vita, come una scuola, sono, in generale, di molto inferiori a quelle professionali, pur tuttavia non sono assolutamente da sottovalutare perché l'effetto neoplastico non ha in assoluto valori di soglia. Si deve dunque intervenire sulla possibilità di considerare l'amianto un contaminante ambientale normalmente presente nelle aree antropizzate;
sulla base di queste considerazioni, sono stati emanati, oltre alla legge n. 257 del 1992, alcuni decreti applicativi che hanno l'obiettivo di gestire il potenziale rischio derivato dalla presenza di amianto in edifici, manufatti e coperture;
lo stato di pericolo per gli studenti e per il personale scolastico è elevatissimo ed inaccettabile;
dalla documentazione si evince che il Comune risulta essere inadempiente nel risolvere tale stato di cose, soprattutto in ragione del fatto che mancano le risorse in seguito ai tagli alla Finanziaria nei confronti degli Enti Locali -:
se i Ministri siano a conoscenza di questi fatti;
se i Ministri vogliano adottare provvedimenti nell'ambito delle proprie competenze, affinché vengano ascoltate tali richieste per garantire il ripristino di uno stato di dovuta sicurezza negli ambienti scolastici di cui sopra e per dare la giusta tutela a situazioni di indubbia priorità.
(4-03088)
Risposta. - Per incarico della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si risponde all'interrogazione in esame, rivolta al Ministero della salute, a questa Amministrazione nonché al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Nell'interrogazione viene segnalata la situazione di pericolosità derivante dalla presenza di eternit nei locali dell'Istituto tecnico industriale «Da Vinci», gestito dal Comune di Firenze, e dell'Istituto professionale statale «Sassetti-Peruzzi» di Firenze e vengono richiesti interventi per garantire lo stato di sicurezza negli ambienti scolastici.
A tale proposito, si fa presente che questa Amministrazione, ai sensi della vigente normativa in materia e, per ultima, della legge 11 gennaio 1996, n. 23, non partecipa direttamente all'attivazione di opere di edilizia scolastica sul territorio, essendone riservata la programmazione alle rispettive Regioni e la loro concreta attuazione (realizzazione, fornitura, manutenzione ordinaria e straordinaria, compresi l'adeguamento a norma e la messa in sicurezza) ai singoli Enti locali, Comuni e Province, puntualmente obbligati.
Altrettanto vale per la vigilanza - peraltro facente capo agli organismi a ciò istituzionalmente preposti, quali le Aziende sanitarie locali, i Vigili del fuoco e gli Uffici tecnici degli Enti locali - in merito all'effettiva assunzione delle opportune misure previste dalla normativa di settore da parte degli Enti citati, ai quali competono anche le attività relative all'adozione degli eventuali provvedimenti contingibili ed urgenti, ove le circostanze obiettive lo dovessero richiedere e la cui effettiva sussistenza non rientra nei poteri d'accertamento di questo Ministero.
Ciò nonostante, questa Amministrazione vi ha spesso fattivamente contribuito, ad adiuvandum, attraverso l'attribuzione di appositi finanziamenti, sotto forma di mutui accendibili presso la Cassa depositi e prestiti con totale ammortamento a carico dello Stato; in particolare - ai sensi dell'articolo 4 della citata legge n. 23 del 1996, che ha previsto l'attivazione di piani triennali di programmazione regionale, articolati in singoli piani annuali attuativi - al momento è stata complessivamente attribuita una somma equivalente a circa 4.000 miliardi di vecchie lire. Questa somma, secondo gli indirizzi previsti nei singoli decreti di riferimento, è stata essenzialmente destinata proprio alla messa a norma ed in sicurezza degli edifici scolastici, favorendo così la concreta applicazione, da parte dei competenti Enti locali, della normativa di riferimento, in particolare dell'articolo 15 della legge n. 265 del 1999, che prevedeva il completamento di tali attività entro il termine del 31 dicembre 2004, successivamente prorogato al 30 giugno 2006; essa si aggiunge alle somme già erogate in precedenza per analoghe finalità ed ammontanti ad altri 5.700 miliardi di lire (leggi 488/86, 430/91 e 431/96).
Inoltre, la legge finanziaria 2007 - articolo 1, comma 625 - per il triennio 2007-2009 ha previsto l'assegnazione complessiva di 250 milioni di euro destinati all'attivazione dei piani contemplati dalla legge n. 23 del 1996.
In particolare, proprio per la precipua importanza riconosciuta alle finalità di riferimento, il 50 per cento di tale somma è necessariamente ed esclusivamente dedicata alla messa in sicurezza delle strutture scolastiche.
Per garantire l'effettiva e rapida realizzazione degli interventi necessari, la legge ha previsto la sottoscrizione di un «patto per la sicurezza» tra Stato, Regione ed enti locali della medesima regione, concorrendo in parti uguali nello stanziamento delle risorse necessarie. La stessa legge ha inoltre previsto che, dopo la sottoscrizione di tali patti, le regioni possono fissare un nuovo termine di scadenza per il completamento delle opere di messa in sicurezza e di adeguamento a norma degli edifici scolastici, diverso dall'anzidetto termine del 30 giugno 2006 ormai scaduto; il nuovo termine decorre dalla data di sottoscrizione del «patto» e non potrà comunque superare il 31 dicembre 2009.
La ripartizione dell'anzidetto stanziamento tra tutte le regioni è stata effettuata dal Ministero con decreto del 16 luglio 2007 ed è stata concordata in Conferenza Stato, regioni e province autonome.
Il suddetto decreto ministeriale prevede altresì che, in considerazione del carattere preminente ed indifferibile della sicurezza dell'utenza scolastica, pure il restante 50 per cento dei finanziamenti possa essere, in ragione delle situazioni e contingenze delle diverse realtà territoriali, opportunamente valutate dalle competenti regioni e province autonome, prioritariamente destinato alla messa in sicurezza e all'adeguamento a norma degli edifici scolastici.
Tutto ciò consentirà, nel triennio di riferimento, uno sviluppo d'investimenti dedicato alla messa in sicurezza degli edifici scolastici non inferiore ai 750 milioni di euro.
E ancora, sempre in attuazione della legge finanziaria 2007, in data 2 novembre 2007, tra il Ministro della pubblica istruzione e il Presidente dell'INAIL, è stato siglato un protocollo d'intesa che prevede cento milioni di euro per le scuole per il triennio 2007-2009, al fine di promuovere l'attivazione di interventi mirati, diretti alla messa in sicurezza ed alla eliminazione delle barriere architettoniche nelle scuole secondarie. Di questi 100 milioni di euro,
30 sono disponibili per il 2007, secondo un apposito bando che consentirà a Comuni e Province interessati di accedere ai previsti finanziamenti, ripartiti a livello regionale sulla base di parametri obiettivi.
A ciò va aggiunto che il disegno di legge finanziaria per il 2008, approvato dal Senato ed ora all'esame della Camera dei deputati, all'articolo 67 stabilisce che, a decorrere dall'anno 2008, il Fondo per interventi straordinari istituito nel 2003 è incrementato di 20 milioni di euro, da destinare ad interventi di adeguamento strutturale ed antisismico del sistema scolastico, nonché alla costruzione di nuovi immobili sostitutivi degli edifici esistenti, laddove indispensabili a sostituire quelli a rischio sismico, secondo programmi basati su aggiornati gradi di rischiosità. La stessa norma prevede che l'utilizzazione di queste risorse avvenga attraverso un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM), da emanare sentiti i Ministri delle infrastrutture, della pubblica istruzione e dell'economia e delle finanze.
Si fa presente, infine, che nel disegno di legge n. 1848, recante «Disposizioni urgenti in materia di pubblica istruzione», già approvato dalla Camera dei deputati il 10 ottobre 2007 e attualmente all'esame del Senato, è contenuta una norma volta a favorire, in particolare, l'attivazione di piani straordinari di edilizia scolastica nelle zone ad alta intensità abitativa o ad accentuato disagio sociale, anche al fine di eseguire la messa in sicurezza e l'adeguamento a norma degli edifici scolastici, mediante il recupero e la riassegnazione alle medesime regioni delle somme non utilizzate risultanti dall'attuazione dei piani di intervento finanziati da precedenti leggi di settore.
Quanto sopra in relazione alla richiesta di interventi da parte di questo Ministero.
Per quanto riguarda il Ministero della salute, la stessa Amministrazione, nel rilevare che le norme sulla cessazione dell'impiego dell'amianto regolano in modo chiaro e preciso sia le procedure per una corretta valutazione del rischio che per la gestione del medesimo, in senso generale e in applicazioni specifiche di impiego, ha fatto presente che, attualmente, al Ministero sono affidati essenzialmente compiti di indirizzo e coordinamento; pertanto, considerati ruolo e nuovi compiti attribuiti alle Regioni con la modifica del titolo V della Costituzione, soprattutto in materia sanitaria, può solo indirettamente attivare azioni di verifica e controllo, non potendo più rivolgersi, come prima, direttamente ai Dipartimenti di prevenzione delle Aziende sanitarie locali ma sollecitare il loro interessamento tramite le Regioni.
Per quel che concerne, infine, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, il medesimo Dicastero, relativamente agli specifici casi oggetto dell'interrogazione, ha comunicato che dalla documentazione trasmessa dalle amministrazioni competenti si evince che in entrambi gli istituti scolastici in parola sono stati effettuati interventi di bonifica dei materiali contenenti amianto ovvero si sono svolti sopralluoghi, dai quali è emerso che lo stato di conservazione di detti materiali è «buono».
Nella nota inviata dall'Azienda regionale per l'ambiente della Toscana (Arpat) si fa, inoltre, riferimento alla mappatura dell'amianto in Toscana ed alla elaborazione dei dati che la stessa sta effettuando.
Segnatamente, lo stesso Dicastero dell'ambiente ha fatto presente che, nei casi di accertata presenza di materiali contenenti amianto, la normativa vigente - legge n. 257 del 1992 e decreto del Ministero della sanità 6 settembre 1994 - stabilisce che il proprietario dell'immobile non ha l'obbligo di rimuovere il materiale contenente cemento-amianto, ma di mantenerlo in buono stato di conservazione, nominando un responsabile della gestione del problema e prevedendo l'attuazione di alcune misure di sicurezza che coinvolgono tutti i soggetti che a vario titolo hanno la responsabilità dell'edificio interessato, in questo caso, quindi, il Comune o la Provincia in qualità di proprietario, il Dirigente scolastico nella veste di responsabile delle attività. Tali misure consistono: nell'individuazione di referenti, nell'organizzazione di un calendario di ispezioni e controlli periodici, nella gestione di un dossier che raccolga tutta la documentazione relativa ai materiali in questione, nella predisposizione
di una corretta informazione agli occupanti l'edificio riguardo alla presenza di amianto.
Per quel che riguarda in particolare l'Istituto tecnico industriale non statale «Leonardo Da Vinci», trattasi, come già detto, di una scuola del comune di Firenze e, in quanto tale, fa capo alle dirette ed esclusive competenze e responsabilità dell'Ente locale.
Come comunicato dal Ministero dell'ambiente, dal 2003 la scuola è sottoposta al controllo tecnico dell'Ufficio prevenzione e protezione dell'istituto e dell'Ufficio abbattimento barriere architettoniche - bonifica amianto del comune di Firenze. Con periodicità semestrale tali uffici procedono ad ispezioni complete per la verifica dello stato di conservazione dei manufatti e ad analisi ambientali all'interno del «biennio», in quanto struttura prefabbricata in pannelli di cemento amianto.
Dalla suddetta data sono state eseguite numerose operazioni di bonifica mediante rimozione dei manufatti contenenti amianto, tra cui, da ultimo, un intervento per la rimozione del tetto dell'ex reparto elettrauto della scuola.
Il programma di controllo e manutenzione, messo a punto dai suddetti Uffici secondo quanto richiesto dal citato decreto del Ministero della sanità, prevede l'effettuazione delle analisi delle fibre aerodisperse con cadenza semestrale in alcuni locali opportunamente individuati.
Tali monitoraggi, effettuati da Progetto Natura srl hanno costantemente confermato l'assenza di fibre di amianto aerodisperse.
In parallelo alle azioni previste dal programma di controllo l'Ufficio bonifica amianto del comune di Firenze procede con uno specifico programma di bonifica. Ad ogni intervento segue la stesura dell'elenco dei manufatti contenenti amianto ancora presenti e l'invio dello stesso alla Azienda sanitaria locale territorialmente competente.
Infine, l'Arpat ha effettuato un sopralluogo dal quale è emerso che i materiali contenenti amianto sono soggetti ad una procedura scritta di controllo e sono sottoposti ad una manutenzione periodica. Il loro stato di conservazione è risultato, pertanto, buono.
Quanto all'Istituto professionale statale «Sassetti-Peruzzi», trattasi di un complesso scolastico costituito da tre edifici adibiti ad aule didattiche e laboratori e 2 palestre con relativi servizi e spazi di collegamento. Pur risultando di proprietà del Comune di Firenze, dal 1998 tali edifici sono in uso gratuito della Provincia di Firenze che li gestisce e provvede, ai sensi della legge n. 23 del 1996 alla loro manutenzione ordinaria e straordinaria. Nel 2001 è stato effettuato da parte della Provincia un primo intervento di bonifica per la rimozione dei pannelli contenenti amianto in matrice compatta, che costituivano la copertura della palestra principale e le pareti di alcuni locali didattici, ed è stato precluso l'utilizzo dei locali nei quali vi era ancora la presenza di amianto, rimasto confinato in uno degli edifici, nella sua interezza, e nelle porzioni di tamponamento esterno della palestra e della centrale termica, all'epoca in buono stato di conservazione o in posizione non accessibile o difficilmente accessibile.
I suddetti locali, interdetti all'uso, sono stati sottoposti a monitoraggio periodico da parte della Provincia, per il controllo dello stato manutentivo fino al dicembre 2005, quando è stata effettuata in via precauzionale la bonifica per la rimozione, confezionamento e smaltimento dei pannelli di tamponatura esterna della palestra e del locale caldaia. I lavori si sono conclusi nel 2006.
L'edificio totalmente realizzato con pannelli in cemento-amianto, invece, continua tutt'oggi ad essere interdetto all'uso e all'attività didattica.
Nei restanti edifici in cui si svolge l'attività didattica la presenza di materiali contenenti amianto, grazie ad alcuni massicci interventi di rimozione effettuati nell'ultimo quinquennio, è limitata ad oggetti di dimensioni contenute riferibili a piccole coperture di annessi, cassoni e canne fumarie in eternit, guarnizioni ed oggettistica di laboratorio. Di detti materiali è stato effettuato un accurato censimento ed un rilievo tecnico dettagliato ed è stato predisposto
il progetto esecutivo per la rimozione, la bonifica ed il conseguente ripristino. Come comunicato dal Ministero dell'ambiente, i lavori sono in fase di esecuzione.
Sempre riguardo all'Istituto professionale statale «Sassetti-Peruzzi», la Direzione scolastica regionale ha da parte sua richiesto apposita relazione al Dirigente scolastico; dalla relazione pervenuta, oltre al costante interessamento svolto dalla dirigenza dell'Istituto presso gli enti e organismi competenti, risultano gli interventi effettuati dall'Ente locale obbligato affinché le attività didattiche possano svolgersi in ambienti dotati dei necessari requisiti di igiene e salubrità. In particolare, secondo quanto risulta dalla relazione, a seguito degli interventi svolti, gli edifici destinati alla didattica e agli uffici dell'Istituto (comprese le palestre) risultano attualmente esenti da rischio di amianto e sono tornati alle normali attività.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
RIVOLTA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano il Giornale del 26 settembre 2007 è apparso un articolo a firma di Giancarlo Lehner in cui si riporta la notizia che l'INPDAP sta inviando con postatarget a tutti i pensionati dell'amministrazione pubblica un dépliant «Guida per chi è in pensione»;
in tale sedicente guida c'è una lettera firmata da Giuseppina Santiapichi, Direttore generale dell'INPDAP, tesa a promuovere l'iscrizione «volontaria» alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali dell'INPDAP, a partire dal 1 novembre 2007;
nella lettera si specifica, inoltre, che:
a) tale diritto, finora riservato ai lavoratori in servizio, è stato esteso anche ai lavoratori in pensione dal decreto ministeriale n. 45 del 2007;
b) dal novembre 2007 è previsto un prelievo dello 0,15 per cento sull'importo lordo delle pensioni superiori a 599 euro al mese;
c) il modulo della Gestione unitaria dell'INPDAP va compilato solo in caso di non adesione;
d) in caso di non compilazione del modulo, il pensionato sarà automaticamente iscritto a partire dal 1 novembre 2007;
di fatto, si tratta di un'operazione di «silenzio-assenso» imposta a tutti i pensionati;
molti pensionati non sono usi a leggere materiali recapitati per posta e, comunque, non tutti hanno ben chiaro il meccanismo del «silenzio-assenso» -:
se questo Ministero sia a conoscenza di tale «campagna pubblicitaria» dell'INPDAP che «arruola» clienti anche indipendentemente dalla loro volontà;
se intenda, e come, intervenire per prendere le adeguate misure nei confronti dell'INPDAP, al fine di tutelare tutti quei pensionati che, dal 1 novembre 2007, si troveranno automaticamente associati alla Gestione unitaria, senza, di fatto, aver espresso una loro effettiva volontà di adesione.
(4-05274)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, inerente il decreto del Ministro dell'economia n. 45 del 7 marzo 2007, si fa presente quanto comunicato in merito dai competenti uffici di questo Ministero e dall'Inpdap.
In particolare, l'Istituto di previdenza, al fine di chiarire la portata delle previsioni recate dal regolamento n. 45 del 2007, ha reso noto che con l'articolo 1, commi 242 e seguenti della legge n. 662 del 1996, è stata istituita presso l'Inpdap la Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, disciplinata dal relativo regolamento di esecuzione decreto ministeriale n. 463 del
1998, che ricomprende sia i dipendenti statali che i dipendenti pubblici iscritti a fini pensionistici presso una delle Casse pensioni amministrate dall'Inpdap.
L'iscrizione comporta il versamento di un contributo obbligatorio a carico dell'iscritto dello 0,35 per cento, trattenuto e versato dall'Amministrazione d'appartenenza, calcolato sulla retribuzione contributiva e pensionabile.
In considerazione del fatto che i dipendenti precedentemente iscritti, all'atto del collocamento in quiescenza, restavano esclusi dalle prestazioni della Gestione, col su menzionato decreto ministeriale n. 45 del 2007, ne è stata prevista l'iscrizione mediante versamento di un contributo ridotto allo 0,15 per cento e la possibilità, per quanti non intendessero aderire, di esercitare il diritto di recesso entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto n. 45 del 2007, ovvero entro il 31 ottobre 2007, oppure entro sei mesi a decorrere dalla prima trattenuta contributiva effettuata sul cedolino di stipendio o di pensione.
Dall'imposizione contributiva sono esclusi i pensionati che percepiscono una pensione lorda inferiore relativa ai 600 euro.
L'Inpdap ha precisato che, al fine di dare esecuzione alle disposizioni di legge e di fornire una corretta informativa all'utenza, ha predisposto una serie di comunicazioni dirette ai pensionati, agli enti ed alle Amministrazioni pubbliche, il contenuto delle quali è stato concordato e condiviso con i Ministeri Vigilanti e con le organizzazioni sindacali di categoria.
Sul sito dell'Istituto, inoltre, dall'inizio del mese di luglio 2007, risultano disponibili tutte le notizie riguardanti le prestazioni erogabili e le modalità da seguire per non aderire alla Gestione.
L'Istituto, in considerazione della difficoltà di rendere prontamente operativa la propria banca-dati, attraverso l'inserimento di tutte le «non adesioni» pervenute entro il 31 ottobre 2007, ha previsto il differimento, al mese di dicembre 2007, dell'applicazione della trattenuta in parola.
Si fa presente, infine, che l'Istituto medesimo, nell'ambito della sua autonomia operativa, ha ritenuto di sospendere l'attuazione della trattenuta, secondo le previsioni del più volte richiamato decreto ministeriale n. 45 del 2007, nelle more della conversione del decreto-legge n. 159 del 1o ottobre 2007 (collegato alla legge finanziaria per il 2008, attualmente all'esame della Camera), che prevede la modifica delle modalità di adesione alla Gestione credito Inpdap, da «silenzio-assenso» a comunicazione scritta della volontà di adesione.
Ad oggi, quindi, l'Istituto opera la trattenuta di che trattasi solo nei confronti di coloro che, volendo fruire delle prestazioni erogate dalla Gestione, confermano formalmente la volontà di adesione.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
ROMAGNOLI. - Al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
il dibattito sull'utilizzo delle lingue ufficiali dell'UE all'interno delle Istituzioni non ha ancora ricevuto una risposta in relazione alla proposta di definire un sistema nuovo per l'uso delle lingue ufficiali e una definizione delle lingue di lavoro e del loro uso;
la Commissione europea ha già sottolineato in varie occasioni che tutte le lingue ufficiali sono allo stesso tempo lingue di lavoro e possono quindi essere utilizzate a pieno diritto e al medesimo titolo nelle Istituzioni;
per garantire l'efficienza del processo decisionale, il regolamento interno della Commissione fissa le disposizioni relative all'uso delle lingue all'interno della stessa Commissione;
i testi devono essere disponibili in tutte le lingue ufficiali dell'UE per poter essere trasmessi ufficialmente ad altre Istituzioni comunitarie e/o pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea;
la Commissione impiega persone provenienti dai vari Stati membri dell'Unione
europea. Conformemente allo spirito del Trattato, la Commissione incoraggia e pratica il multilinguismo;
l'utilizzo sempre più frequente della lingua italiana in Europa e nel mondo è un dato di fatto. Al momento della fondazione della CEE e della CECA la lingua italiana era lingua ufficiale e lingua di lavoro, prima che aderissero gli altri Stati membri;
la pubblicazione del Rapporto Eurydice sull'insegnamento della lingua italiana in Europa evidenzia dati molto preoccupanti -:
quali siano i provvedimenti che il Governo intende presentare per la valorizzazione del patrimonio linguistico italiano all'estero ma soprattutto in relazione all'insegnamento della lingua italiana in Europa;
quale sia l'attuale impegno del Governo nei confronti dei giovani cittadini italiani, figli di emigrati, che vogliono riavvicinarsi alla loro lingua d'origine.
(4-03546)
Risposta. - Gli strumenti utilizzati dal Ministero degli affari esteri al fine di promuovere la lingua italiana nel mondo sono molteplici. Tra questi, in particolare, le istituzioni scolastiche italiane all'estero, i corsi degli Istituti di Cultura, i lettorati di italiano presso le Università straniere, i corsi di lingua e cultura italiana per i connazionali residenti all'estero. Le prime tre tipologie di intervento (istituzioni scolastiche italiane, Istituti di Cultura e lettorati di italiano) hanno la caratteristica comune di rivolgersi a cittadini stranieri, mentre i corsi di lingua e cultura italiana per i connazionali assolvono eminentemente la funzione di mantenere vivo il legame dei nostri emigrati con la lingua di origine.
Negli ultimi anni, inoltre, oltre a perseguire questo obiettivo specifico, i corsi di lingua e cultura italiana sono diventati uno strumento fondamentale nella strategia generale di diffusione dell'italiano. È maturata infatti la consapevolezza che, per il successo di ogni genere di intervento, sia quanto mai utile la mediazione culturale delle nostre collettività, la cui presenza costituisce un vantaggio da mettere a profitto.
La normativa che regolava i corsi di lingua e cultura italiana (la legge n. 153 del 1971) recepiva le esigenze sociali e culturali maturate in seno all'emigrazione del primo dopoguerra, ma il carattere dell'emigrazione italiana è profondamente mutato nel corso dei decenni: ad un processo di sempre più profonda integrazione sociale, si è accompagnata, comprensibilmente, una «diluizione» dell'identità nazionale.
I giovani italiani o di origine italiana residenti all'estero sono per lo più nati nei Paesi di emigrazione ed integrati nella realtà sociale locale. La buona conoscenza dell'italiano non ha più quindi esclusivamente la funzione di mantenere forte e salda una identità ma diventa un atotut per inserirsi più agevolmente nel mondo del lavoro e per raggiungere migliori posizioni sociali.
I corsi di lingua e cultura italiana per i connazionali residenti all'estero sono oggi disciplinati dal decreto legislativo n. 297 del 1994, articolo 636 (ex legge n. 153 del 1971) e dalla circolare di questo Ministero n. 13 del 7 agosto 2003.
Tali corsi (più di 30.000 ogni anno), possono essere gestiti da enti, associazioni, comitati e scuole locali ai quali il Ministero degli affari esteri, sulla base delle disponibilità di bilancio, concede contributi a valere sul capitolo di bilancio 3153, il cui stanziamento ex legge di bilancio 2007 è stato pari a 29.500.000 euro. In alcuni casi - più di frequente in Paesi europei come Svizzera, Germania, Gran Bretagna, Francia e Belgio - essi sono tenuti da insegnanti di ruolo.
Gli enti e le associazioni, circa 280, assumono direttamente gli insegnanti sulla base della normativa locale. Ai docenti - in totale circa 6.500 unità - viene richiesto un titolo di studio valido per l'insegnamento. Gli allievi che frequentano i corsi sono oltre mezzo milione in tutto il mondo.
La vigilanza ed il controllo dei corsi sono assicurati dal Consolato italiano territorialmente
competente, nella sua qualità di Ufficio scolastico (ex Provveditorato agli studi) all'estero, ove operano dirigenti e personale scolastico di ruolo del Ministero della pubblica istruzione, o in alternativa personale del Ministero degli affari esteri designato ad assolvere tale funzione.
Specie negli ultimi anni, ove è maggiormente presente la comunità italiana, sono state stipulate convenzioni tra i Consolati italiani e le Autorità statali, provinciali e municipali locali. Tali convenzioni regolano l'inserimento o l'integrazione dell'insegnamento della lingua italiana nei sistemi scolastici locali, con il riconoscimento, ove possibile, da parte delle scuole locali, del valore curricolare dell'italiano. Da parte italiana c'è l'impegno a contribuire per la formazione dei docenti locali e fornire materiale didattico, anche di tipo multimediale. I Paesi particolarmente interessati da tali convenzioni sono, tra gli altri, Argentina, Australia, Brasile, Canada, USA.
Le preciso che la maggior parte delle energie per la diffusione della lingua e cultura italiana all'estero si concentrano in Europa, dove hanno sede il 52 per cento degli Istituti di Cultura, il 58 per cento delle Scuole italiane all'estero ed il 55 per cento dei lettori italiani. Anche per quanto riguarda le iniziative svolte nell'ambito della Settimana della lingua italiana nel mondo si registra un'alta percentuale di manifestazioni svolte in questo Continente.
In Europa operano 49 Istituti di Cultura distribuiti in 31 Paesi. Gli Istituti che offrono corsi di lingua e cultura italiana sono in totale 44 di cui 13 nell'Europa Orientale (Vilnius, Bratislava, Varsavia, Cracovia, Praga, Mosca, San Pietroburgo, Budapest, Kiev, Vienna, Innsbruck, Zagabria e Lubiana).
I corsi attivati nel 2007 nella rete degli Istituti di Cultura in Europa sono stati più di 3.700 di cui oltre 900 in Europa orientale.
Numerosi sono gli Istituti che hanno diversificato l'offerta formativa, proponendo corsi speciali tipo conversazione, letteratura, italiano commerciale, traduzione, lingue settoriali e quant'altro.
Per quanto riguarda i lettori d'italiano presenti presso le Istituzioni universitarie straniere, nel 2007 sono 164 quelli di ruolo, mentre 64 sono quelli assunti grazie al contributo del Ministero degli affari esteri. Si tratta quindi di un totale di 228 insegnanti di italiano, di cui 115 nell'Europa dell'Est.
In merito all'utilizzo della lingua italiana nelle varie istituzioni europee, Le preciso che essa è tuttora lingua ufficiale dell'Unione, e che gli allargamenti successivamente intervenuti dopo l'istituzione di CECA e CEE non hanno comportato alcuna modifica di tale status. In particolare è tuttora vigente il Regolamento Ce 1/58 del 15 aprile 1958 che prevede che le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle Istituzioni della Comunità sono tutte quelle degli Stati membri (attualmente 23 lingue), sancendo così il principio della pari dignità di tutte le lingue ufficiali dell'Unione.
Per quanto invece riguarda la nozione di «lingue procedurali o di lavoro» che viene utilizzata da parte della Commissione e di talune Agenzie per giustificare il tentativo - anche informale e surrettizio - di creare un trilinguismo di fatto limitato a inglese/francese/tedesco, il Governo italiano l'ha sempre contrastata in quanto ignota ai Trattati ed al diritto derivato e discriminatoria della lingua italiana, non esitando tra l'altro ad impugnare cinque bandi di concorso pubblicati da EPSO nelle sole lingue inglese, francese e tedesca.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
SGOBIO, DILIBERTO, CESINI e CRAPOLICCHIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
come più volte denunciato alle organizzazioni sindacali di categoria, il personale di Polizia Penitenziaria in quiescenza risulta avere gravi conseguenze, soprattutto sotto il profilo finanziario, dall'ingente ritardo di trattazione delle documentazioni attinenti alle definizione del trattamento pensionistico, alla concessione
dell'indennità di pensione privilegiata ordinaria, alla liquidazione dell'equo indennizzo e al riconoscimento di infermità dipendenti da causa di servizio;
i suddetti ritardi sembrerebbero dovuti al numero esiguo del personale addetto agli specifici settori, nonostante ci sia stata una reiterata sensibilizzazione, da parte delle organizzazioni sindacali medesime, ai vertici dipartimentali del Corpo;
da notizie in possesso dell'interrogante, si evidenzia che occorrono più di cinque anni per la liquidazione di emolumenti pensionistici a carattere definitivo e che l'istruttoria, che si conclude con il parere del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, richiede attese di due/tre anni, con il pericolo, che gli interessati, per ragioni di età e di salute, non vengano neppure mai a conoscenza di quanto dovrebbero percepire al termine dell'attività lavorativa;
alla luce di quanto sopra esposto, si evidenzia una situazione preoccupante che necessita di urgenti e opportuni interventi -:
se il Ministro è a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di portare a soluzione l'annosa questione, che pone seri e pesanti problemi economici ai diretti interessati;
se il Ministro, inoltre, non ritenga opportuno intervenire per garantire un sufficiente numero di personale addetto ai settori specifici del Corpo di Polizia Penitenziaria affinché possano essere definite in tempi brevi le pratiche di trattamento di fine rapporto, pensionistico o di infermità da causa di servizio e di tutte le altre pratiche istruite inerenti il trattamento economico di rapporto di lavoro richieste dai dipendenti del Corpo di Polizia Penitenziaria.
(4-04142)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, concernente il ritardo nella definizione delle pratiche pensionistiche e di equo indennizzo, va preliminarmente sottolineato che il procedimento per la definizione di ogni singola pratica pensionistica è molto complesso e si articola in una serie di fasi; a ciò deve aggiungersi che, a seguito delle innumerevoli innovazioni succedutesi negli ultimi anni in materia pensionistica, sovente non di agevole interpretazione ed applicazione, è notevolmente aumentata la mole di lavoro, già di per sé consistente, considerato il numero di richieste avanzate da parte del personale.
Dal 1o ottobre 2005, inoltre, l'emissione del trattamento pensionistico in favore degli aventi diritto è di competenza diretta dell'Inpdap e, quindi, da tale data l'Amministrazione penitenziaria non può più emettere provvedimenti provvisori di pensione.
L'attività del competente Ufficio al riguardo si esplica, essenzialmente, nell'emissione di un decreto ministeriale di trattamento pensionistico ordinario, a seguito di un provvedimento definito di inquadramento economico.
In base al predetto provvedimento è possibile predisporre sia la riliquidazione dell'indennità di buonuscita che il provvedimento di pensione privilegiata.
Allo stato attuale, il settore competente sta provvedendo all'emissione dei decreti relativi al personale cessato dal servizio nell'anno 2003; in seguito, provvederà all'emissione dei provvedimenti per tutto il personale cessato dal servizio al 30 settembre 2005; per l'anno 2006, sono già stati emessi 882 decreti.
Il trattamento pensionistico privilegiato in favore del personale che cessa dal servizio con infermità riconosciute quali cause di servizio è soggetto, a sua volta, alle continue evoluzioni legislative, agli orientamenti giurisprudenziali, nonché alle innovazioni contrattuali e, d'altro canto, subisce i ritardi degli Uffici ed Enti che devono, a vario titolo, intervenire nel relativo procedimento.
Comunque, per l'anno 2006, sono stati emessi 1.100 provvedimenti di pensione privilegiata, inoltrati all'Ufficio centrale del bilancio per l'apposizione del visto di competenza.
Eseguito tale adempimento, l'Ufficio del bilancio provvede ad inviare copia del provvedimento così vistato alla Direzione provinciale
dell'Inpdap competente per territorio, per l'immediata esecutività in favore dell'avente diritto; contestualmente invia alla Corte dei conti il fascicolo pensionistico contenente tutta la documentazione necessaria, per il successivo controllo e visto di legittimità (articolo 166, legge 11 luglio 1980, n. 312).
Il competente Ufficio del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, allo stato, è ancora in attesa di ricevere i provvedimenti inviati alla Corte dei conti nell'anno 2003, in favore del personale che è cessato nell'anno 1999-2000 e, pertanto, non può emetterne ulteriori.
Invero, il riconoscimento del beneficio della pensione privilegiata ordinaria, in generale, ha una durata di quattro anni, rinnovabile. Non si potrà pertanto dar luogo alla emissione del provvedimento definitivo, se non dopo l'apposizione del visto di legittimità da parte della Corte dei conti.
Ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 9 del 1980, viene concesso un ulteriore periodo di proroga di 3 anni, a volte sufficiente a coprire il periodo utile per la definizione del provvedimento di prima concessione da parte della Corte dei conti; superato tuttavia anche tale periodo di proroga, l'Inpdap - Ufficio territorialmente competente -, in assenza di un nuovo provvedimento di concessione all'avente diritto, sospende il pagamento, recuperando eventuali somme non dovute.
Si fa presente, infine, che sono in fase istruttoria circa 750 pratiche che potranno essere esaminate solo quando saranno definite quelle relative alle pensioni ordinarie.
Il citato Dipartimento ha inoltre riferito che sono state concluse ed inviate al Comitato di verifica delle cause di servizio 585 pratiche ai fini del riconoscimento della causa di servizio; quando saranno restituite, si procederà all'emissione del provvedimento di privilegio.
Sono in giacenza, altresì, 508 pratiche relative al personale cessato dal servizio dopo il 30 settembre 2005, che potranno essere definite nel momento in cui l'Inpdap provvederà all'emissione della nota operativa inerente le nuove disposizioni sulla concessione del trattamento di privilegio nei confronti del personale del Corpo di Polizia penitenziaria.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
SOFFRITTI, FERDINANDO BENITO PIGNATARO e CRAPOLICCHIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i giorni 28 e 29 maggio 2006, furono convocati i comizi elettorali per l'elezione diretta del Sindaco e per il rinnovo del Consiglio Comunale di Bisignano (Cosenza);
a seguito della presentazione delle liste elettorali, la seconda sottocommissione elettorale circondariale di Cosenza, sede di San Marco Argentano (Cosenza), con verbale n. 85 del 30 aprile 2006, ricusava la lista «Unione Democratica» con candidato a Sindaco Attico Francesco, nato a Cosenza il 15 agosto 1959, a causa del fatto che «delle 143 firme presentate, n. 48 non risultano autenticate nei modi prescritti dalla normativa vigente (articolo 21, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000) e nella fattispecie nei moduli n. 3 e n. 4, pur comparendo in stampatello nome, cognome e qualifica del consigliere comunale autenticatore, quest'ultimo non ha apposto la firma autografa in calce ai moduli stessi di raccolta delle firme dei presentatori»;
il numero dei presentatori, stando così le cose, era al di sotto del parametro numerico richiesto dalla legge che ne richiedeva tra un minimo di 100 elettori ed un massimo di 200;
alla competizione elettorale venivano ammesse le restanti due liste, «Solidarietà e Partecipazione», con candidato a Sindaco Umile Bisignano, nato a Bisignano il 29 aprile 1954, e «Patto per la Città» con candidato a Sindaco Francesco Fucile, nato a Bisignano il 14 aprile 1965;
a seguito dell'esclusione, la Lista «Unione Democratica» ha presentato istanza di riesame presso la 2 Sottocommissione
Elettorale la quale, con proprio verbale n. 95 del 30 aprile 2006 disponeva il non riesame dell'istanza prodotta sulla base del fatto che il vizio riscontrato nei moduli n. 3 e n. 4, sopra richiamati, è insanabile;
a seguito della decisione della sottocommissione il signor Maiurano Cenzino, autenticatore delle firme poste a corredo della lista esclusa dalla sottocommissione circondariale, adiva il TAR Calabria che rigettava il ricorso con sentenza n. 493. Proposto l'appello, il Consiglio di Stato - Sezione V - in sede Giurisdizionale, respingeva l'istanza di sospensione del provvedimento con Ordinanza n. 2315 del 12 maggio 2006;
successivamente, la lista «Solidarietà e Partecipazione», usciva vincitrice dalla competizione elettorale del 28 e 29 maggio 2006, con circa il 52 per cento dei voti validi;
ad avvenuta proclamazione degli eletti, venivano presentati n. 3 ricorsi innanzi al TAR Calabria 29 giugno 2006, n. 786, 27 giugno 2006, n. 768 e 28 giugno 2006, n. 783;
il TAR Calabria, con proprie decisioni - rispettivamente - n. 960 del 31 luglio 2006, n. 959 del 31 luglio 2006, n. 962 del 9 agosto 2006, rigettava i predetti ricorsi;
avverso tali decisioni del TAR Calabria è stato proposto appello innanzi al Consiglio di Stato con tre distinti ricorsi;
la stessa V Sezione del Consiglio di Stato che aveva condiviso le decisioni del TAR Calabria in sede Giurisdizionale, nella Camera di Consiglio del 6 febbraio 2007, respingeva l'appello n. 8220 del 2006 e l'appello n. 9908 del 2006, accoglieva invece l'appello n. 8224 del 2006;
per l'effetto, in accoglimento del ricorso di primo grado, si annulla il provvedimento di esclusione della lista avente come contrassegno «UNIONE DEMOCRATICA», nonché le operazioni elettorali per il rinnovo del Sindaco e del consiglio comunale di Bisignano, svoltesi il 28 e 29 maggio 2006;
in questo modo con decisioni contrastanti tra diversi organi giudicanti dello Stato, si sono annullate, a distanza di quasi un anno, le operazioni elettorali, sfiduciando una lista che aveva ottenuto il 52 per cento dei voti;
il 17 febbraio 2007 è stato insediato il commissario prefettizio e la cittadinanza è ancora in attesa di conoscere quando si voterà di nuovo e con quali modalità -:
quali saranno le modalità con cui si svolgeranno le prossime elezioni, se con liste bloccate o elezioni ex novo;
quali siano, con urgenza da parte del Ministro, tempi e modalità certe con le quali svolgere nuove elezioni, al fine di evitare un lungo periodo di commissariamento che rischia solamente di creare grave instabilità politico-sociale alla città di Bisignano che necessita al più presto di tornare ad essere governata da una amministrazione scelta dai propri cittadini.
(4-03149)
Risposta. - Le elezioni per il rinnovo dell'Amministrazione comunale di Bisignano (Cosenza), svolte il 27 e 28 maggio 2007, si sono rese necessarie dopo che, come hanno ricordato gli interroganti, con decisione del 6 febbraio 2007, il Consiglio di Stato - Sezione V in sede giurisdizionale, ha accolto il ricorso in appello n. 8224/2006 presentato da Massimo Bisignano.
In quell'occasione, l'adito consesso, in accoglimento del ricorso di primo grado, ha annullato sia il provvedimento di esclusione della lista avente come contrassegno «Unione Democratica» (precedentemente ricusata dalla seconda sottocommissione elettorale circondariale di Cosenza) sia le operazioni elettorali per il rinnovo del sindaco e del consiglio comunale di Bisignano, avvenute nel maggio 2006.
Agli atti di questo Ministero risulta un formale atto di rinuncia al ricorso in Cassazione, firmato in data 23 febbraio 2007 del legale dell'ex sindaco.
Quanto alle modalità relative allo svolgimento delle nuove elezioni, corre l'obbligo di ricordare che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato Sez. V, 19 maggio 1988, n. 636), l'annullamento di una consultazione elettorale travolge anche la fase del procedimento relativa alla presentazione delle candidature, che non può avere vita autonoma e resta caducata in caso di annullamento degli atti successivi.
Nelle more dello svolgimento delle nuove elezioni, e considerato che a seguito della citata pronuncia sono venuti meno gli organi amministrativi del Comune di Bisignano, si è reso necessario assicurare, attraverso un commissario, nominato con decreto del Prefetto in data 16 febbraio 2007, la provvisoria amministrazione del comune, ai sensi della legge 7 giugno 1991, n. 182.
I tempi del commissariamento del comune di Bisignano sono stati quelli strettamente necessari per procedere al rinnovo degli organi elettivi dell'ente, come disposto dall'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960. Infatti, poiché le condizioni che hanno reso necessario il rinnovo del consiglio comunale sono intervenute prima del 24 febbraio, si è potuto procedere alle nuove elezioni in occasione del turno del 27 e 28 maggio 2007, come in precedenza ricordato, ai sensi dell'articolo 2 della citata legge n. 182 del 1991.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Francesco Bonato.
SPERANDIO, SMERIGLIO, DANIELE FARINA, CARUSO e CACCIARI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la Polizia di Stato ha provveduto nella giornata di venerdì 13 luglio 2007 allo sgombero di una scuola elementare dimessa nel Comune di Belluno che era occupata da un gruppo di giovani che denunciavano la mancanza di spazi culturali in detto Comune;
a seguito di detto sgombero l'amministrazione comunale ha provveduto a murare gli ingressi di detto edificio scolastico, intendendo con tale atto impedire una nuova occupazione della scuola dismessa, adombrando ragioni di ordine pubblico;
tale edificio è sottoposto a tutela e vincolato non solo per il fatto di essere edificio pubblico costruito più di cinquanta anni fa, ma anche per la tipologia della costruzione che rappresenta un organico esempio di edificio scolastico dell'inizio del Novecento -:
se per l'operazione di muratura degli ingressi di un edificio pubblico sottoposto a vincolo della Soprintendenza non sia necessaria l'autorizzazione da parte della stessa o comunque l'acquisizione di un parere e, eventualmente, se l'amministrazione Comunale di Belluno abbia ottenuto il parere e-o il nulla osta della Soprintendenza;
se l'operazione di muratura sia stata concordata o richiesta dalle autorità di Polizia della Provincia di Belluno.
(4-04409)
Risposta. - Devo anzitutto ricordare che, nei casi di assoluta urgenza, l'articolo 27 del Codice dei beni culturali e del paesaggio consente di effettuare, in via provvisoria, gli interventi indispensabili per ovviare al pericolo di danneggiamento del bene tutelato, purché ne sia data immediata comunicazione alla Soprintendenza.
Nel caso di specie, l'operazione di muratura degli ingressi della scuola elementare di Levego è stata eseguita d'urgenza e senza autorizzazione preventiva per ragioni di ordine pubblico, per impedire cioè ulteriori occupazioni abusive dell'immobile e per preservarlo da possibili danneggiamenti o atti di vandalismo.
Si fa presente, inoltre, che l'intervento è stato sollecitato dalla Prefettura al Comune di Belluno, il quale lo ha eseguito, adottando le opportune cautele ed informando contestualmente la Soprintendenza.
Quest'ultima, ritenendo le opere conformi alle esigenze di tutela e di conservazione
della struttura, in quanto facilmente reversibili, si è riservata tuttavia di compiere un sopralluogo per accertare che i tamponamenti non abbiano causato danni alla struttura.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
TOMASELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si è tenuta nelle scorse settimane una importante tornata elettorale amministrativa, con la convocazione di comizi elettorali nelle giornate del 27 e 28 maggio e, relativamente al turno di ballottaggio, nelle giornate del 10 e 11 giugno;
si è votato, tra le altre, nella città di Mesagne, provincia di Brindisi, dove per la elezione del Sindaco si è fatto ricorso al turno di ballottaggio;
in tale città, in occasione di detto turno di ballottaggio, si è verificato un episodio alquanto insolito e, a parere dell'interrogante, in palese violazione della vigente normativa in materia di propaganda elettorale;
nella giornata precedente il voto, infatti, ovvero il 9 giugno, a seguito di rimostranze di una parte politica che aveva lamentato l'alterazione di alcuni manifesti elettorali affissi, la stessa richiedeva di poter procedere ad ulteriori affissioni;
la locale Prefettura di Brindisi, interessata all'uopo dal Comune di Mesagne, con nota prot. 20073303 trasmetteva via fax alle ore 17,12 al Sindaco di Mesagne, in relazione a quanto sopra richiesto, una nota con cui richiamava «l'esigenza della stretta osservanza della norma di cui all'articolo 9 della legge 4 aprile 1956 n. 212, che vieta nel giorno precedente e in quelli stabiliti per la elezione la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda»;
a ciò faceva seguito una nota, inviata via fax alle ore 19,53 del 9 giugno, del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali - Direzione Centrale dei servizi elettorali - a firma del Direttore Centrale Fabbretti - di codesto Ministero dell'Interno con cui, a seguito di quesito posto dalla Prefettura di Brindisi, si rispondeva che «le affissioni oggetto del quesito negli stessi spazi e per lo stesso numero possano essere consentite tenuto conto che in tale caso non si tratterebbe di nuove affissioni ma di ripristino della situazione precedente» -:
quale sia la valutazione di codesto Ministero circa la palese discordanza di orientamenti ed interpretazioni nel caso in questione tra organi ed uffici dello stesso Ministero in materia così delicata;
sulla base di quali valutazioni e/o eventuali precedenti la richiamata Direzione Centrale dei servizi elettorali abbia potuto dare la sopra riportata interpretazione della norma in questione, il citato articolo 9 della legge n. 212 del 1956;
quali orientamenti intenda adottare codesto Ministero per dare in tale materia un quadro normativo più certo e non suscettibile di interpretazioni così discordanti, come nel caso di specie.
(4-04263)
Risposta. - Come riferito dall'interrogante, a seguito della richiesta del Comune di Mesagne, la Prefettura di Brindisi ha preliminarmente richiamato l'esigenza dell'osservanza della norma di cui all'articolo 9 della legge 4 aprile 1956, n. 212, che vieta nel giorno precedente ed in quelli della votazione la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri manifesti di propaganda.
Successivamente il Ministero dell'interno, interessato sull'argomento dalla Prefettura di Brindisi, ha espresso l'avviso che, in caso di affissioni regolarmente effettuate ma fraudolentemente manomesse, possa esserne consentito il ripristino negli stessi spazi e per lo stesso numero, tenuto conto che, in tal caso, non si è inteso eludere la
puntuale osservanza della vigente normativa ma, al contrario, garantirne il rispetto.
Si osserva, peraltro, che ogni diversa interpretazione finirebbe per rendere agevole la violazione della par condicio in materia di propaganda elettorale: sarebbe infatti sufficiente deteriorare i manifesti di tutte le liste «sgradite» nella nottata del venerdì antecedente la votazione per impedirne l'esposizione nei giorni di sabato, domenica e lunedì.
La norma su richiamata, a tal scopo, vieta le nuove affissioni, ma non il ripristino della legittima par condicio.
In tal senso si orienteranno i chiarimenti e le direttive che questo Ministero fornirà in avvenire per analoghe situazioni.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Francesco Bonato.
TURCO, BELTRANDI, D'ELIA, MELLANO e PORETTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 5 aprile 2006, in una conferenza stampa presso la Camera dei deputati, convocata sul tema «Esenzione dell'ICI alle attività commerciali della chiesa cattolica: un aiuto di stato illegale, una violazione della direttiva europea sulla concorrenza», Emma Bonino, Enrico Boselli e Maurizio Turco, della Rosa nel Pugno, presentavano l'iniziativa di diversi professionisti - assistiti dall'Avvocato Alessandro Nucara e dal fiscalista Carlo Pontesilli - volta ad adire la Commissione europea per denunciare lo Stato italiano;
il 4 luglio 2006, anche in ragione della richiesta di informazioni che la Repubblica italiana aveva ricevuto dalla Direzione generale Concorrenza della Commissione europea, veniva emanato il decreto detto Bersani, convertito con la legge 4 agosto 2006 n. 248 in cui veniva cancellata l'esenzione dal pagamento dell'ICI per gli immobili appartenenti alle confessioni religiose e alle onlus, anche se destinati ad usi commerciali;
successivamente, il Ministero dell'economia e delle finanze:
a) nel mese di settembre rispondeva alle richieste della Commissione europea, sostenendo la che la suddetta legge fosse valida a risolvere tutti i dubbi interpretativi a riguardo;
b) il 2 ottobre 2006, sulla base della considerazione «che la disposizione sopra citata ("si intende applicabile alle attività ... che non abbiano esclusivamente natura commerciale") ha dato luogo a difficoltà interpretative ed applicative», istituiva con decreto una commissione di studio «con il compito di approfondire le problematiche afferenti l'applicazione dell'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili agli enti ecclesiastici ed alle organizzazioni non profit, anche attraverso la predisposizione di specifici interventi di carattere normativo»; la Commissione non ha limiti di tempo per concludere i propri lavori ed anzi, all'articolo 2, in relazione ai capitoli di bilancio a cui imputare le spese - non quantificati nemmeno come previsione - queste vengono imputate per l'anno finanziario 2006 e «per gli anni successivi» -:
quale sia la reale posizione del Ministero e del Governo a riguardo, in considerazione delle differenti valutazioni ed opinioni espresse nelle diverse sedi, ovvero se la legge n. 248 del 2006 abbia risolto i dubbi interpretativi, com'è stato scritto nel mese di settembre alla Commissione europea, o se invece abbia dato luogo a difficoltà interpretative ed applicative, com'è stato scritto nel mese successivo nel decreto istitutivo della Commissione di studio;
se non ritenga di stabilire i tempi entro cui la Commissione di studio dovrà concludere i suoi lavori;
a quanto ammonti la previsione di spesa per l'anno finanziario 2006 e per gli anni successivi;
con quali siano stati scelti i componenti esterni all'amministrazione;
se abbia informato la Direzione generale Concorrenza della Commissione europea dell'istituzione della Commissione di studio.
(4-02326)
Risposta. - In riferimento a quanto prospettato dagli interroganti con l'interrogazione cui si risponde, concernente la problematica relativa all'esenzione dal pagamento dell'ICI per gli immobili appartenenti agli enti religiosi ed alle organizzazioni no profit, il Dipartimento per le politiche fiscali ha fatto presente di aver espresso le proprie valutazioni a seguito della richiesta di informazioni da parte della Commissione europea in merito all'impatto che l'articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248), ha avuto in relazione all'esenzione dall'ICI per i predetti immobili.
Il citato articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge n. 203 del 2005, ha esteso la portata dell'esenzione dall'ICI agli immobili appartenenti agli enti non commerciali «a prescindere dalla natura eventualmente commerciale» delle attività indicate nella norma agevolativa.
Tale estensione, secondo alcuni operatori economici, avrebbe favorito alcune attività commerciali con l'effetto di falsare la concorrenza e gli scambi comunitari, configurandosi, in tal modo, come un aiuto di Stato (ai sensi dell'articolo 87 del Trattato della Comunità europea).
Il legislatore è intervenuto sulla materia con l'introduzione della disposizione contenuta nell'articolo 39 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248), sostituendo il comma 2-bis dell'articolo 7 del decreto-legge n. 203 del 2005 con il seguente 2-bis. L'esenzione disposta dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale.
Detta disposizione, volta ad eliminare i dubbi interpretativi in ordine alla violazione dell'articolo 87 del Trattato della Comunità europea, ripristina, nella sostanza, la situazione antecedente all'entrata in vigore dell'articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge n. 203 del 2005, precisando il contenuto della portata dell'esenzione disposta dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992.
L'ulteriore condizione disposta dal comma 2-bis dell'articolo 7 del decreto- legge n. 203 del 2005, che le attività in questione non debbano avere natura «esclusivamente» commerciale, offrirebbe lo strumento per poter meglio distinguere la natura commerciale o meno dell'attività svolta negli immobili, in quanto determina un implicito rinvio alle norme contenute nel Testo unico delle imposte sui redditi, in particolare dall'articolo 143, il quale dispone che per gli enti non commerciali non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell'articolo 2195 del codice civile, rese in osservanza delle finalità istituzionali dell'ente.
Pertanto, ove vengano superati i limiti individuati dall'articolo 143 del Testo unico delle imposte sui redditi, le attività svolte dagli enti non commerciali devono considerarsi commerciali e ciò comporta che gli immobili in cui dette attività vengono esercitate in maniera esclusiva sono assoggettati all'imposta comunale di cui trattasi.
Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 2 ottobre 2006 è stata istituita una Commissione con il compito di fornire un contributo di analisi e di studio nella materia in esame, per approfondire le problematiche relative all'applicazione dell'esenzione dal pagamento dell'ICI sugli immobili a favore degli enti religiosi e delle organizzazioni no profit.
I componenti esterni della Commissione di studio sono stati scelti in quanto esperti in materia e profondi conoscitori delle problematiche afferenti l'applicazione dell'ICI agli immobili degli enti ecclesiastici e delle organizzazioni no profit.
I risultati dei lavori della Commissione, contenuti in una relazione di sintesi, in corso di predisposizione, saranno oggetto di valutazione da parte del Governo, in modo che, una volta disponibili anche le valutazioni della Commissione europea in ordine agli elementi forniti dalle Autorità italiane,
il Governo potrà far conoscere la propria ponderata posizione in proposito.
Si fa presente, inoltre, che il decreto istitutivo della Commissione di studio è stato registrato, ai fini dell'impegno di spesa per i componenti esterni, dai competenti organi di controllo.
Infine, è stata data comunicazione dell'istituzione di detta Commissione di studio alla Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea.
Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Vincenzo Visco.
TURCO, BELTRANDI, CAPEZZONE, D'ELIA, MELLANO e PORETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
gli articoli 47 e 48 della legge n. 222 del 1985 istituirono il meccanismo dell'otto per mille (OPM) quale sistema di finanziamento di alcuni scopi sociali, prevedendo che la ripartizione avvenisse tra la Chiesa cattolica e lo Stato in proporzione alle scelte espresse dei contribuenti;
a seguito di un ordine del giorno presentato dai deputati radicali ed approvato dal Parlamento nel 1985, il Governo è stato impegnato a distribuire l'otto per mille anche alle confessioni che avrebbero stipulato le intese ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione;
negli anni seguenti sono state ammesse alla ripartizione dei fondi dell'otto per mille altre cinque confessioni religiose diverse da quella cattolica;
il sistema di ripartizione indicato dalla legge n. 222 del 1985 prevede che anche la quota dell'OPM dei contribuenti che non hanno espresso una scelta sia ripartita tra i soggetti concorrenti in proporzione alle scelte espresse dagli altri contribuenti;
dal 1990 ad oggi, il Governo italiano non ha mai realmente concorso con la Chiesa cattolica e, successivamente, con le altre confessioni religiose nell'aggiudicazione delle somme dell'otto per mille: mai una volta, infatti, un soggetto pubblico ha fatto campagna affinché i cittadini firmassero per lo «Stato» al momento della dichiarazione dei redditi;
conseguentemente, la percentuale dei cittadini che firmano per lo Stato è passata dal 23 per cento del 1990 all'8,3 per cento del 2006;
il Governo italiano ha ripetutamente destinato i fondi dell'8 per mille a sé spettanti per scopi estranei a quelli previsti dalla legge, tanto che nel 2006 solo il 7 per cento del denaro è stato destinato per gli scopi istituzionali;
il Governo Prodi ha deciso, nel comma 1233 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 «Manovra 2007», di stornare dalla quota otto per mille a gestione statale: 35 milioni di euro nel 2007 e 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009;
la ratio della partecipazione dello Stato tra i soggetti che si ripartiscono l'otto per mille è venuta meno per un duplice ordine di ragione: da una parte, per la presenza di altre confessioni religiose concorrenti con quella cattolica; dall'altro per il non utilizzo da parte del Governo dei fondi a sé spettanti per gli scopi indicati dalla legge;
utilizzare i fondi dell'otto per mille per scopi diversi da quelli previsti dalla legge, e quindi conosciuti dai cittadini che firmano, risulta, secondo gli interroganti, di dubbia costituzionalità e induce ad una non credibilità dell'autorità pubblica, testimoniata dal costante calo della percentuale di persone che firmano per lo Stato;
la rinuncia sistematica dello «Stato» a pubblicizzare l'utilizzo dei fondi dell'OPM ad esso destinati e l'assenza di campagne pubblicitarie che incentivino i contribuenti ad esprimere le loro scelte a favore dello Stato, in costanza di propaganda da parte degli altri soggetti concorrenti, rappresenta, secondo gli interroganti, un palese danno economico al bilancio dello Stato e favorisce un abnorme arricchimento degli altri soggetti;
lo Stato ha dimostrato un urgente bisogno di denaro per le spese ordinarie, tanto da stornare i fondi dell'otto per mille a sé spettanti, e l'eventuale mantenimento nel bilancio pubblico del denaro corrispondente al 63 per cento dei contribuenti che non hanno espresso una scelta garantirebbe la disponibilità di 614 milioni di euro (calcolata in base ai fondi dell'anno 2006) -:
se non ritenga che:
a) sia doveroso procedere all'esclusione dello Stato dal novero dei soggetti destinatari dell'otto per mille dei cittadini;
b) sia conseguentemente necessario, visto l'aumento della quota spettante alle confessioni religiose per l'esclusione dello Stato e considerato il bisogno dello Stato di recuperare fondi per le spese ordinarie, modificare il meccanismo di ripartizione limitandole alle somme dei soli cittadini che hanno espresso una scelta di destinazione.
(4-03269)
Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame si fa presente quanto segue.
Il meccanismo di finanziamento indiretto della Chiesa attraverso la libera contribuzione dei cittadini fu introdotto dalla legge 20 maggio 1985, n. 222, successivamente esteso alle confessioni religiose che avessero stipulato una intesa con lo Stato italiano ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione.
Le disposizioni contenute nella legge vennero elaborate da una Commissione paritetica Italia - Santa Sede istituita al momento della firma dell'Accordo del 18 febbraio 1984, ratificato con legge 25 marzo 1985, n. 121, ai sensi dell'articolo 7, comma 6, dell'accordo stesso. Accordo che aveva previsto l'istituzione di una Commissione paritetica per la elaborazione di norme per la ripartizione delle risorse finanziarie fra Stato ed enti ecclesiastici. La legge in questione, quindi, gode di una copertura concordataria, in virtù dell'Accordo stesso, che garantisce la bilateralità della normativa.
Con intese tra lo Stato ed alcune confessioni religiose ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione, il sistema di finanziamento indiretto è stato esteso alla Tavola Valdese, alle Assemblee di Dio in Italia, all'Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del 7o giorno, all'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, alla Chiesa Luterana in Italia. L'Unione delle Chiese Evangeliche Battiste in Italia ha, invece, rinunciato a concorrere alla ripartizione della quota dell'8 per mille ed ha aderito alla formula delle deduzioni ai fini Irpef delle liberalità in denaro a proprio favore. Inoltre, poiché anche le intese con le confessioni religiose sono atti di natura bilaterale, ciascuna di esse contiene una specifica disposizione con la quale si stabilisce che «alle modifiche si procederà con la stipulazione di una nuova intesa previa approvazione con legge, ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione.
Allo stato attuale non appare sussista alcun elemento per avviare una intesa modificativa in questa materia.
In proposito si fa presente che, a conferma del positivo funzionamento del sistema avviato nel 1985, la Tavola Valdese - che originariamente non partecipava al sistema di finanziamento indiretto - con due successive intese, ai sensi dell'articolo 8 comma terzo, della Costituzione, ha chiesto e ottenuto di poter aderire al sistema stesso e di partecipare, altresì, alla ripartizione dell'ulteriore quota derivante dalle scelte non espresse. Anzi, anche altre confessioni religiose con intesa, che non concorrevano alla ripartizione della quota dell'8 per mille, hanno invece nel tempo chiesto ed ottenuto, di apportare modifiche volte a consentire loro di accedere al sistema di finanziamento indiretto (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Unione Italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7o giorno).
Si ritiene, infine, dover evidenziare come il Governo abbia sempre provveduto a ripartire la quota otto per mille di gestione dello Stato per il perseguimento delle finalità previste dalla legge 20 maggio 1985, n. 222 e dal decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76 e successive modificazioni, ovverosia per l'attuazione
di interventi volti al ripristino della sicurezza ed incolumità pubblica nei luoghi colpiti da eventi calamitosi naturali, al sostentamento di programmi finalizzati alla creazione di condizioni di autosufficienza alimentare nelle aree più povere e svantaggiate del pianeta, a garantire adeguata assistenza ai rifugiati politici, nonché, infine, alla conservazione del patrimonio culturale del Paese.
Occorre, in proposito, segnalare che gli stanziamenti dell'otto per mille Stato sono stati ridotti di 80 milioni di euro annui, a partire dal 2004 con la legge 24 dicembre 2003, n. 350 (articolo 2, comma 69) e di 5 milioni di euro in applicazione dell'articolo 1-quater, comma 4, del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito in legge, con modificazioni dell'articolo 1 della legge 3 dicembre 2004, recante «Interventi urgenti in materia di politiche del lavoro e sociali».
Peraltro, anche nel disegno di legge finanziaria per il 2008, attualmente all'esame della Camera è contenuta una disposizione che stabilisce che l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 47, secondo comma della legge n. 222 del 1985, e successive modificazioni, relativamente alla quota destinata allo Stato dell'otto per mille dell'imposta dell'Irpef (ora Ire) è incrementata di 60 milioni di euro per l'anno 2008.
Con tale incremento si potrà, dunque, conseguire il quasi totale ripristino del meccanismo di finanziamento, nonché, auspicabilmente, procedere all'accoglimento delle numerose richieste di concessione del beneficio che, ogni anno, giungono presso la Presidenza del Consiglio.
Si evidenzia che nell'ambito del procedimento particolare attenzione è soprattutto dedicata l'attività di monitoraggio - specificamente considerata, del resto, dall'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998 - sugli interventi finanziati nel tempo con le risorse «dell'otto per mille». Tale attività è stata implementata, attraverso il rafforzamento dell'azione di cooperazione tra la Presidenza del Consiglio e le Amministrazioni competenti per materia (Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero degli affari esteri, Ministero dell'interno, Dipartimento per la protezione civile), con l'interazione diretta e costante degli stessi soggetti destinatari del beneficio; tutto ciò al fine di verificare la correttezza e l'efficacia degli interventi realizzati, nonché l'effettiva destinazione delle somme erogate alla realizzazione delle opere previste.
I risultati di questa complessa attività sono riassunti nella relazione annuale al Parlamento del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha dato e dà conto della ripartizione della quota dell'anno precedente, ed aggiorna sui risultati conseguiti con i finanziamenti delle altre annualità, a partire dal 1998. Si deve, altresì, osservare che, da qualche anno, è stata avviata una iniziativa editoriale intesa a dare evidenza e pubblicità alle opere più significative per la conservazione e valorizzazione dei beni culturali, per contrastare la fame nel mondo e garantire misure socialmente idonee per l'assistenza ai rifugiati ovvero ai richiedenti asilo.
In relazione a quanto precede, non si ravvisano ragioni per le quali si debba procedere all'esclusione dello Stato dal novero dei soggetti destinatari dell'otto per mille.
Come si è detto al punto precedente, l'azione del Governo va proprio nella direzione di ripristino delle somme occorrenti per soddisfare le tante richieste di contributo, in modo da dare sempre maggiore espressione ai numerosi qualificati progetti che vengono, di volta in volta, presentati.
Peraltro, non può non essere considerato quanto disposto all'articolo 49 della legge n. 222 del 1985, che stabilisce che al termine di ogni triennio, successivo al 1989, un'apposita Commissione paritetica, nominata dall'autorità governativa e dalla Conferenza episcopale italiana, procede alla revisione dell'importo deducibile di cui all'articolo 46 e alla valutazione del gettito della quota Irpef di cui all'articolo 47, al fine di predisporre eventuali modifiche.
Per completezza d'informazione, si rappresenta, infine, come l'esperienza acquisita nel corso di questi anni di applicazione del meccanismo di ripartizione della quota in argomento, ha maturato la decisione della
Presidenza del Consiglio di procedere, in tempi brevi, ad una revisione della disciplina regolamentare di attuazione della legge n. 222 del 1985.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
VACCA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
dal sito web sardignanatzione.it si apprende che nelle scorse settimane la Banca di Sassari ha avviato la procedura, prevista dalla contrattazione nazionale, per l'esternalizzazione della struttura di call center; tale struttura è stata creata alla fine del 2004 per convogliare tutte le attività di business inerenti i pagamenti e il cosiddetto consumer credit (carte di credito, pagamenti elettronici, trasferimento di denaro, credito al consumo) del gruppo bancario Bper (Banca popolare dell'Emilia Romagna), il quale, a seguito dell'acquisizione da parte del Banco di Sardegna, ha assunto la gestione diretta, a partire dal 2004, attraverso proprio personale, della Banca di Sassari e dell'unità operativa di cui sopra, al fine di creare a Sassari un polo di eccellenza in tale settore;
presso la struttura di call center, in carico alla divisione consumer, sono impiegate attualmente 15 unità con contratto interinale a tempo determinato; la qualifica attribuita a ciascun lavoratore è di operatore di call center/impiegato di back office 3 area professionale, 1 livello retributivo del contratto credito e finanza;
tale scelta era motivata dalla necessità di riqualificare la presenza delle banche sarde sulla Sardegna, anche e soprattutto in considerazione dei vincoli strutturali dell'economia sarda e della forte presenza del gruppo Banco di Sardegna nell'isola; per tali motivi, la Banca di Sassari aveva intrapreso autonomamente, alla fine degli anni novanta, la strada dello sviluppo del settore consumer credit, acquisendo le licenze internazionali per la distribuzione di prodotti di tale natura e iniziandoli a collocare su tutto il territorio nazionale; all'inizio del 2000 la banca creò a tal fine strutture dedicate, come quella in oggetto, confortata dal fatto che a Sassari esistevano competenze, conoscenze e titoli per poter intraprendere una nuova scelta imprenditoriale;
in tale contesto, alla fine del 2000 nacque la struttura di call center, che si occupò inizialmente di trasferimenti di denaro, attività per la quale la banca acquisì la licenza internazionale Western Union per la gestione delle rimesse dei cittadini stranieri verso i Paesi di origine; la banca è a tutt'oggi l'unico istituto di credito italiano con tali caratteristiche; l'attività ebbe uno sviluppo molto sostenuto sino alla metà del 2004 e il centro operativo di Sassari, che materialmente effettuava i bonifici verso tutti i paesi del mondo, era il cuore operativo di alcune centinaia di uffici e banche che distribuivano questo servizio sul territorio nazionale; per servire adeguatamente questa macchina complessa vi era bisogno di personale con caratteristiche diverse da quello del tradizionale addetto bancario e pertanto la banca decise di ricorrere al lavoro delle società interinali, ricercando sulla città di Sassari giovani, con un buon livello di istruzione, che potessero assicurare con turni di lavoro una presenza continua per 365 giorni l'anno e per tutto l'arco della giornata;
il dato saliente di questa vicenda, identica a quella di tante altre strutture di questo tipo, è che le persone che negli anni hanno seguito tale attività sono state sostanzialmente sempre le stesse, fino a divenire, mese dopo mese e anno dopo anno, la risorsa della struttura, che la banca, però, ha sempre definito provvisoria, in modo da impiegare principalmente personale con contratti atipici e in assenza di personale bancario;
a partire dal 2004, la divisione consumer della banca iniziò a potenziare e
ingrandire questa struttura operativa; la dotò di nuovi locali, fece importanti investimenti in termini di apparecchiature, assunse il nuovo responsabile e in questo contesto ampliò ancora l'utilizzo dei contratti atipici, assumendo altre risorse che andarono ad aggiungersi a quelle esistenti, sempre precarie;
la divisione venne presentata come fiore all'occhiello del gruppo Bper in Sardegna, nacquero nuovi prodotti e servizi, le persone con contratti atipici divennero, nella pratica, impiegati di banca a tutti gli effetti e non semplici operatori telefonici;
la struttura impiega attualmente 15 persone, assiste oltre 1.600 filiali bancarie e oltre 150.000 clienti, titolari di carte di credito emesse dalla divisione consumer per le 13 banche del gruppo Bper; la struttura fa attività di back office, assiste le filiali e cura tutte le fasi della gestione delle carte di credito; i risultati economici vengono definiti brillanti e i toni usati con la stampa, periodicamente, sono di assoluto entusiasmo;
la banca ha comunicato recentemente che il proprio Consiglio di amministrazione ha assunto la delibera di cessione delle attività cosiddette di call center a una società con sede legale a Roma, che gestisce altri tre call center a Roma, Milano e Padova; tale società, la RBS, impiega complessivamente poco meno di 500 persone, di cui circa 80 con contratto a tempo determinato: la RBS ha sottoscritto un accordo con la banca per l'apertura di una sede a Sassari, dichiarandosi assolutamente disponibile all'assunzione delle persone impiegate ora con un contratto a tempo indeterminato CCNL Commercio e Servizi; la banca appalterà tali servizi per un anno con un opzione per i due anni successivi;
l'operazione appare, ad avviso dell'interrogante, poco trasparente e non dà assicurazioni per il futuro dei lavoratori coinvolti; per di più, conferendo l'incarico per un solo anno, fa emergere una scarsa fiducia nei benefici di questa cessione e le verifiche in sede di associazione bancaria (ABI) non appaiono esaustive e non convincono le organizzazioni sindacali nazionali, secondo le quali la banca avrebbe dovuto procedere all'assunzione dei lavoratori interessati negli anni passati, invece di avviare la cessione delle attività; inoltre, dal punto di vista contrattuale, i lavoratori perderebbero tutta una serie di opportunità offerte dal contratto (quello del credito) a discapito di un contratto meno garantito (commercio), con conseguente riduzione della retribuzione media da i 1.350 euro mensili attuali a circa 800 -:
se non intenda intervenire a tutela dei diritti dei lavoratori e, in particolare, se non si ritenga che, essendo gli operatori della struttura in oggetto quelli che fin dalla sua costituzione ne hanno garantito il funzionamento, acquisendo uno specifico e notevole know-how e riportando ottimi risultati lavorativi, vadano assunti con contratto a tempo indeterminato come dipendenti della Banca.
(4-02596)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, con la quale viene evidenziata la particolare situazione della Banca di Sassari dove sono impiegati 13 lavoratori con contratto di somministrazione a tempo determinato nella struttura di call center, istituita presso la banca è attualmente oggetto di un processo di esternalizzazione, dalle notizie fornite dalla Direzione provinciale del lavoro di Sassari è emerso quanto segue.
Nel 2004 la Banca ha dato origine ad un settore denominato Divisione Consumer per trattare, per tutte le banche del gruppo, l'emissione e la gestione delle carte di credito, i trasferimenti di denaro tramite il canale Western Union.
Lo svolgimento di tale lavoro è stato affidato ad un organico in parte assunto dalla banca con contratto a tempo indeterminato, due dipendenti, e per l'altra parte ossia tredici lavoratori, ricorrendo a contratti di somministrazione. Atteso però che, in seguito, la gestione dei turni e della formazione e specializzazione delle funzioni di assistenza telefonica alla clientela stava
diventando, secondo quanto affermato dall'azienda, sempre più complicata, quest'ultima ha deciso di dare avvio alla procedura di esternalizzazione prevista dall'articolo 14 del Contratto collettivo nazionale del lavoro vigente.
Si rappresenta, comunque, all'interrogante, che in data 5 luglio 2007 è stato stipulato l'accordo tra la Banca di Sassari e le organizzazioni sindacali.
L'accordo prevede l'affidamento, entro il 31 dicembre 2007, delle attività attualmente svolte dal call center alla società esterna R.B.S. Sassari Retail Baking Services s.r.l. specializzata nel settore, avvalendosi delle norme contenute negli articoli 2 e 3 del vigente Contratto collettivo nazionale del lavoro.
L'accordo prevede inoltre:
1. che la società esterna R.B.S. Sassari Retail Baking Services s.r.l., con sede operativa a Sassari e nell'immediato circondario, avrà l'obbligo «di applicare il contratto del credito al personale che si occuperà delle attività della Banca di Sassari oggetto dell'esternalizzazione di cui sopra»;
2. l'impegno, da parte della società affidataria del servizio, «all'assunzione in pianta stabile dei lavoratori interinali, attualmente utilizzati nel call center della Banca e che abbiano maturato almeno due anni di attività, anche in via non continuativa, nell'ambito del call center.
Infine nel verbale di accordo è previsto che: «la Banca di Sassari, pur confermando di non avere obblighi in tal senso, ma valutata positivamente la prestazione resa dalle suddette lavoratrici e senza che ciò costituisca precedente, si impegna ad un inserimento graduale nel proprio organico delle lavoratrici che abbiano accettato l'assunzione presso la società affidataria del servizio e che alla data di proposta dell'assunzione risultino ancora in servizio. Tale vincolo non opererà qualora, entro il periodo di cui al successivo comma d), il servizio dovesse essere affidato ad altra società non avente Sede operativa nel territorio regionale. In tal caso le lavoratriciinteressate continueranno ad essere destinatarie di quanto previsto dal presente accordo».
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
ZACCHERA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel novembre 2002 è stato bandito un concorso distrettuale per 443 posti di ufficiale giudiziario e nel novembre 2004 sono state pubblicate le graduatorie (sono risultati 443 vincitori e circa 750 idonei);
nel luglio 2004 è stata autorizzata l'assunzione di solo 102 idonei, divenuti 154 a fine luglio e, a settembre dello stesso anno, 248 (questi primi vincitori sono stati assunti solo in 4 regioni del nord: Lombardia, Piemonte, Liguria e Veneto);
il comma 97, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 30 dicembre 2004 - pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 306 del 31 dicembre 2004) ha previsto che «... Nell'ambito delle procedure e nei limiti di autorizzazione all'assunzione di cui al comma 96 è prioritariamente considerata l'immissione in servizio: (...) c) per la copertura delle vacanze organiche nei ruoli degli ufficiali giudiziari C1 e nei ruoli dei cancellieri C1 dell'amministrazione giudiziaria, dei vincitori e degli idonei al concorso pubblico per la copertura di 443 posti di ufficiale giudiziario C1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, quarta serie speciale, n. 98 del 13 dicembre 2002; ...». Tale previsione permette di coprire le forti carenze delle piante organiche del Ministero della Giustizia (pari a più di un terzo rispetto a quelle previste con decreto del Presidente del consiglio dei Ministri del 10 dicembre 2002);
in data 27 luglio 2005 la Camera dei deputati (
seduta n. 663) ha sottoposto al Governo un ordine del giorno (n. 9/6016/11 - firmatari Onorevoli: Dell'Anna, Emerenzio Barbieri, Mancini, Santori, Caminiti, Leccisi, Lazzari, Lisi) con cui si chiedeva l'impegno del Governo a reperire le
risorse necessarie ad assumere i restanti vincitori e tutti gli idonei al Concorso a 443 posti di ufficiali giudiziari C1 ed il Governo, nella persona del Segretario di Stato onorevole Learco Saporito, ha accettato l'ordine del giorno ed ha assunto l'impegno a reperire le risorse necessarie ad assumere i vincitori e gli idonei;
in data 3 agosto 2005 il Consiglio dei ministri ha autorizzato l'assunzione di 350 Ufficiali Giudiziari C1 (quindi, tutti i restanti 185 vincitori e 165 idonei, tra i quali anche i vincitori del sud e, proporzionalmente gli idonei in tutte le Regioni);
l'articolo 17 della legge 31 luglio 2005, n. 155 («Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 177 del 1 agosto 2005) ha sottratto al pubblico Ministero la possibilità di notificare tramite Polizia Giudiziaria, affidando i compiti di notifica quasi esclusivamente agli Ufficiali Giudiziari; ciò rende necessaria una tempestiva riorganizzazione degli Uffici Unici Notifiche Esecuzioni e Protesti dei tribunali, al fine di far fronte a tali ulteriori esigenze di notifica, (aspetto già, peraltro, evidenziato da S.E. il Procuratore Generale di Roma dottore Salvatore Vecchioni);
tra il 2004 ed il 2005, si sono susseguite circa 60 interrogazioni parlamentari, provenienti dalle diverse forze politiche, con cui sono state sollecitate le assunzioni dei vincitori ed idonei al concorso cui all'oggetto;
in data 15 dicembre 2005 la Camera dei deputati (
seduta n. 720) ha sottoposto al Governo due ulteriori ordini del giorno (su proposta di legge di bilancio 9/06177/157 - presentato dall'onorevole Buemi; e, 9/6177/100 - firmatari Bonito, Lucidi, Finocchiaro, Kessler, Carboni, Magnolfi, Grillini, Siniscalchi) con cui si è tornati a chiedere l'impegno del Governo ad assumere gli idonei, (Ordine del giorno accettato dal Governo nella persona del senatore Giuseppe Vegas);
in data 1 dicembre 2006 sono stati assunti 99 Cancellieri C1 attingendo dalla graduatoria a seguito di autorizzazione intervenuta nel mese di marzo 2006 (decreto del Presidente della Repubblica pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 117 del 22 maggio 2006);
attualmente restano ancora da assumere circa 430 idonei;
l'assunzione degli idonei cui al concorso in oggetto, potrebbe, nell'immediato, contribuire a risolvere parzialmente i problemi che affliggono il sistema-giustizia italiano, poiché permetterebbe di coprire le forti carenze nelle piante organiche, sia degli Ufficiali Giudiziari, sia dei cancellieri -:
cosa concretamente intenda fare il governo per risolvere questa incredibile situazione che si trascina da anni.
(4-05174)
Risposta. - In risposta all'interrogazione indicata in oggetto, riguardante il concorso pubblico bandito in data 8 novembre 2002 per la copertura di 443 posti di ufficiale giudiziario con la posizione economica di C1, si ritiene opportuno chiarire il quadro normativo entro il quale la questione deve essere valutata.
È necessario, infatti, ricordare che l'articolo 1, comma 95 della legge n. 311 del 2004 (cosiddetta finanziaria per il 2005) stabiliva il blocco delle assunzioni per gli anni 2005, 2006 e 2007. Nel successivo comma 96, tuttavia, erano previste deroghe al suddetto blocco per fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza, nel limite di un contingente complessivo di personale, corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro.
Inoltre, lo stesso comma 96 rinviava all'articolo 39, comma 3-ter, della legge n. 449 del 27 dicembre 1997, in base al quale le assunzioni di personale nelle pubbliche amministrazioni sono autorizzate con decreto del Presidente della Repubblica, a seguito di una attività istruttoria e con la procedura di cui al medesimo articolo.
Negli anni 2005 e 2006 le assunzioni in deroga sia dei vincitori di concorso, sia dei valutati idonei sono state, quindi, effettuate nel rispetto di tali normative e secondo le modalità in esse stabilite.
Ne discende che anche le disposizioni introdotte in materia dalla legge n. 296 del 2006 (cosiddetta finanziaria 2007) vanno necessariamente collocate nell'ambito del descritto assetto normativo. Nello specifico occorre fare riferimento all'articolo 1, comma 519 della predetta legge che prevede, per il perseguimento degli obiettivi di stabilizzazione del precariato, la destinazione di una quota pari al 20 per cento del fondo di cui al predetto comma 96, articolo 1 della legge 311 del 2004, così come richiamato dal comma 513, articolo 1 della legge finanziaria 2007.
A ciò si aggiunga l'articolo 1, comma 97 della finanziaria del 2005 che - nell'ambito delle procedure e nei limiti di autorizzazione di cui al menzionato comma 96 - considerava prioritaria l'immissione in servizio di talune categorie, ivi compresi i vincitori di concorso e «gli idonei al concorso pubblico per la copertura di 443 posti di ufficiale giudiziario C1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 98, del 13 dicembre 2002».
Tutto ciò premesso, si intende solo evidenziare che il Ministero della giustizia ha assunto personale nell'intero arco temporale che va dal 2004 al 2007.
Infatti, con provvedimenti del Direttore generale del 11 ottobre 2004, 14 dicembre 2004, 20 gennaio 2005 e 11 aprile 2005, sono stati assunti 248 vincitori di concorso nella figura professionale di ufficiale giudiziario C1; con provvedimento del 23 settembre 2005 sono stati assunti 184 vincitori di concorso nella medesima figura professionale; con provvedimenti del 17 ottobre 2005, 28 novembre 2005, 20 dicembre 2005, 23 dicembre 2005, 27 dicembre 2005 e 10 febbraio 2006 sono stati assunti 164 idonei di concorso nella figura professionale di ufficiale giudiziario C1.
Infine, con provvedimenti del 17 ottobre 2006, 5 dicembre 2006, 13 dicembre 2006, 15 dicembre 2006 e 1o febbraio 2007, sono stati assunti 106 idonei di concorso nella figura professionale di cancelliere C1 ai sensi dell'articolo 1, comma 97 lettera c), della legge 30 dicembre 2004 n. 311.
Si rappresenta che in relazione alle 702 assunzioni sono state scorse le graduatorie distrettuali del suddetto concorso, e che alcune persone regolarmente convocate hanno rinunciato all'assunzione e sono state, quindi, sostituite con altre persone della stessa graduatoria distrettuale.
Si segnala, infine, che con nota 26 settembre 2007 il Dipartimento dell'organizzazione del personale e dei servizi presso il Ministero della giustizia ha reiterato al Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero dell'economia e delle finanze l'autorizzazione all'assunzione delle restanti 417 unità di idonei del concorso distrettuale a 443 posti di ufficiale giudiziario C1 (più 1 unità relativa ad analogo concorso per la Valle d'Aosta), al fine di assumere integralmente tutte le persone utilmente inserite nelle relative graduatorie generali di merito.
Con riguardo a tale ultimo punto si informa che, secondo quanto comunicato dal Dipartimento delle riforme ed innovazioni nella pubblica amministrazione, l'assunzione di personale dell'amministrazione dello Stato relativa all'anno 2007 avverrà secondo la priorità sancita dall'articolo 1, comma 97, lettera c), della legge n. 31 del 2004, ed il prescritto decreto del Presidente della Repubblica di autorizzazione delle assunzioni sarà emanato, anche per il corrente anno, dopo aver valutato comparativamente le richieste pervenute.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.