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Allegato B
Seduta n. 266 del 15/1/2008
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UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta scritta:
GRIMOLDI. - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM) è stato riordinato dalla legge 21 dicembre 1999, n. 508, che ha attribuito un'autonomia paragonabile a quella delle università agli istituti che ne fanno parte, fra cui i Conservatori di musica;
punto cardine della legge n. 508 del 1999 è il riconoscimento di un livello equiparato a quello universitario, benché da esso distinto, agli studi condotti nelle accademie e nei conservatori attraverso la creazione di un sistema di alta formazione e specializzazione artistica e musicale;
l'articolo 4, comma 2, della legge sopraccitata riconosce valore abilitante ai diplomi conseguiti nei Conservatori per
l'insegnamento dell'educazione musicale nella scuola e riconosce tali diplomi come titoli di ammissione ai concorsi per l'insegnamento e ai corsi di laurea specialistica e ai master di primo livello, equiparandoli di fatto ad un diploma di laurea triennale;
ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 508 del 1999 il concreto riordino dell'alta formazione artistica e musicale è stato demandato a regolamenti di delegificazione, finalizzati alla definizione e allo sviluppo dell'offerta didattica;
a distanza di 9 anni, i conservatori stanno ancora attendendo l'emanazione di tali decreti attuativi;
dall'entrata in vigore della legge n. 508 del 1999, interpretando la legge e attendendo i decreti attuativi di cui sopra, nei conservatori sono stati istituiti corsi triennali e biennali «sperimentali» ai quali si accede pagando tasse di iscrizione di importi paragonabili a quelli universitari;
a partire dall'anno in corso sono stati istituiti dei bienni abilitanti all'insegnamento dell'educazione musicale presso le scuole medie, che riconoscono agli studenti i crediti formativi raggiunti con la frequentazione dei bienni «sperimentali», ma prevedono contemporaneamente l'obbligatorietà di due anni di frequenza e il versamento di una quota di iscrizione che si aggira intorno ai 1.500 euro;
ai corsi istituiti questo anno e a quelli sperimentali degli anni passati non viene comunque riconosciuto a livello istituzionale il valore di corsi di laurea, svantaggiando gli studenti nella partecipazione ai concorsi pubblici;
a causa della mancata emanazione del regolamento di esecuzione della legge n. 508 del 1999, gli studenti italiani diplomati al conservatorio subiscono uno svantaggio notevole, relativamente a possibili ingaggi lavorativi, nei confronti dei propri colleghi europei che hanno riconoscimenti accademici;
in questo modo vengono violati i diritti sanciti dal trattato di Nizza e vengono lesi la libertà professionale e il diritto di lavorare, assicurati dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea -:
relativamente ai diplomi delle istituzioni di alta cultura, se il Ministro non reputi doveroso emanare, dopo 9 anni, i decreti attuativi della legge n. 508 del 1999, che ne ha stabilito l'equipollenza rispetto al titolo universitario;
come intenda intervenire per arginare il problema della svalutazione dei titoli di studio che i Conservatori di musica italiani rilasciano, e se non reputi necessario fare in modo che questi diventino abilitanti all'insegnamento dell'educazione musicale e vengano equiparati, per importanza, ai titoli rilasciati dagli istituti similari europei.
(4-06070)
FOTI. - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
appare particolarmente significativo, oltre che esaustivo, il giudizio (vedi l'inserto «Tuttoscienze» allegato al quotidiano La Stampa del 10 gennaio 2008) riservato dal professore Giacomo Rizzolatti (direttore del Dipartimento di neuroscienze della facoltà di medicina dell'università di Parma, accademico dei Lincei, membro della Accademia Europea) alla modifica della normativa riguardante il limite d'età per l'insegnamento dei docenti universitari introdotto dalla legge finanziaria per il 2008;
a giudizio infatti del professore Rizzolatti «la gravità del provvedimento governativo non solo sta nelle sue conseguenze, ma anche nell'incapacità di chi l'ha proposto di comprendere chi è e cosa fa un professore universitario. Se i professori facessero solo dell'insegnamento agli studenti, il provvedimento sarebbe stupido, ma non disastroso. La parte però più impegnativa del lavoro del docente non consiste nel raccontare dati acquisiti a giovani studenti, ma nell'insegnare a persone che hanno uno specifico background
culturale come si fa la ricerca giorno per giorno, ora per ora: consiste nella capacità di creare una massa critica di persone che sfruttino la sua esperienza, fattore essenziale almeno in campo biologico e medico, e consiste nell'inserire i collaboratori nei circuiti internazionali da cui arrivano quei fondi che il ministero non dà o dà in quantità risibile. Distruggere tutto ciò, che è fondamentale per fare andare avanti i centri di ricerca avanzata decapitando l'università, è un atto distruttivo di cui si pagheranno per anni le conseguenze»;
la previgente normativa prevedeva che i docenti universitari andassero in pensione a 72 o a 75 anni, secondo l'anno in cui erano entrati un ruolo, ma esentava negli ultimi anni di servizio, gli stessi dall'insegnamento, restando inalterati gli altri obblighi;
poiché la detta possibile esenzione rappresenta un'evidente illogicità si sarebbe potuto prevedere di rendere obbligatorio l'insegnamento fino al raggiungimento dell'età della pensione indicata dalla precedente normativa, disponendo il pensionamento anticipato d'ufficio per coloro che non intendessero proseguire l'attività d'insegnamento -:
se non intenda assumere iniziative legislative volte a modificare la normativa di cui in premessa nel senso più sopra indicato, evitando così le conseguenze assurde e penalizzanti indicate dal professor Rizzolatti.
(4-06071)