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Allegato B
Seduta n. 267 del 16/1/2008
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LAVORO E PREVIDENZA SOCIALE
Interrogazioni a risposta immediata:
PAGLIARINI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
dall'inizio del 2008 ad oggi, in soli 15 giorni, sono stati denunciati 42.254 infortuni sul lavoro, che hanno causato 42 morti, con 1.056 persone rimaste invalide;
in seguito all'incendio divampato il 6 dicembre 2007 alla Thyssenkrupp di Torino sono morti sul lavoro sette operai, tra lo sconcerto di tutto il Paese e la drammatica denuncia del mancato rispetto della vita e della salute dei lavoratori, che va al di là delle pur preoccupanti dimensioni della piaga degli incidenti sul lavoro in Italia;
negli ultimi anni l'azienda aveva già avuto modo di manifestare la volontà di disimpegno produttivo nel nostro Paese, culminata in un sofferto accordo sindacale, siglato nel mese di luglio 2007, che prevede la fine delle produzioni nello stabilimento torinese il 30 settembre 2008 e che avrebbe prospettato a breve, accanto a «scivoli» e prepensionamenti, il ricorso a cassa integrazione e mobilità per i rimanenti 150 dipendenti;
presso lo stabilimento Thyssenkrupp di Terni, come ha spiegato al quotidiano on line Repubblica.it l'8 dicembre 2007 il segretario della Fiom di Torino Giorgio Airaudo, «si è rotto un treno di laminazione, non si poteva pagare al cliente la penale per la mancata consegna del materiale, così l'azienda è tornata a utilizzare a pieno ritmo lo stabilimento di Torino» e ciò spiegherebbe il ricorso, nelle ultime settimane, agli straordinari forzati, i quali hanno notevolmente incrementato i ritmi di lavoro in uno stabilimento in via di smantellamento;
la guardia di finanza ha sequestrato all'amministratore delegato della Thyssenkrupp Italia, Harald Espenhahn, un memorandum «segreto», almeno nelle intenzioni di chi lo ha redatto, messo a punto dai vertici aziendali, utile a mettere a fuoco la «difficile situazione ambientale» vissuta attualmente dalla multinazionale medesima;
tale memorandum, analizzando la citata «situazione ambientale», puntava il dito su alcuni specifici soggetti, tra i quali il procuratore aggiunto della Repubblica Raffaele Guariniello e il Ministro interrogato, accusati di parteggiare per i lavoratori, e preannunciando azioni legali contro l'unico sopravvissuto tra i feriti in seguito all'incendio, l'operaio Antonio Boccuzzi -:
quali iniziative intenda adottare il Governo al fine di favorire, per quanto di competenza, l'accertamento delle responsabilità su quanto accaduto il 6 dicembre 2007 a Torino, anche in relazione ai contenuti del memorandum sequestrato dalla Guardia di finanza, citato in premessa.
(3-01537)
PROVERA, ROCCHI e MIGLIORE. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
dopo la tragedia dei sette operai dell'azienda ThyssenKrupp morti nel rogo dello stabilimento in dismissione di Torino - che ha posto al centro dell'attenzione in maniera palese la tragedia delle morti sul lavoro che quotidianamente si verificano nel nostro Paese - è emerso, dalla perquisizione dei magistrati nelle sedi della ThyssenKrupp di Terni, un documento in cui l'azienda formula giudizi di discutibile valenza etica sul gravissimo incidente avvenuto un mese fa e che a tutt'oggi pare confermare la totale responsabilità della
Thyssen nella carenza delle misure di sicurezza e di tutela della salute dei lavoratori;
tale documento contiene giudizi intolleranti e ingiusti nei confronti della tradizione sindacale della classe operaia torinese - assimilando, tra l'altro, il termine comunista, che si attribuisce a questa tradizione, alle pagine più nere del terrorismo italiano - e la condanna espressa dal Governo e dalle più alte istituzioni italiane, e ripresa dai mass media, viene qualificata come un «diversivo» messo in atto per far dimenticare le difficoltà della politica italiana;
tutto ciò appare il segno evidente di una concezione del lavoro, appannaggio di una sempre più rilevante parte dell'imprenditoria italiana, incurante in molti casi dei diritti dei lavoratori sanciti dallo stesso Statuto e a danno delle garanzie di sicurezza e di tutela che sono quotidianamente calpestate in una logica meramente produttivistica: in tal modo il lavoro perde la sua valenza di principio fondante ed etico del Paese, come recita il primo articolo della Costituzione;
nel suddetto documento i lavoratori superstiti del rogo - che hanno potuto rappresentare le loro ragioni e raccontare il dramma di tale esperienza attraverso i mass media - vengono sminuiti e il loro comportamento viene ridotto ad opportunistico protagonismo da «eroi», impedendo, al momento, all'azienda di assumere nei loro confronti quei provvedimenti che sul piano disciplinare, a detta dei dirigenti che hanno stilato il documento, meriterebbero per la loro responsabilità e incuria, trasformandoli in questo modo da vittime in artefici della loro stessa tragedia;
il documento agli atti dell'inchiesta della magistratura, il cui contenuto è totalmente incompatibile con i principi costituzionali, richiederebbe che venga fatta piena luce sull'origine e sulle responsabilità dei dirigenti della ThyssenKrupp e, nel contempo, sarebbe necessario e urgente porre in essere una stigmatizzazione politica fortemente simbolica che rafforzi il concetto che l'etica del lavoro non debba appartenere solo alla classe operaia, ma divenga patrimonio dell'intero mondo del lavoro, per far sì che imprese riconosciute a livello internazionale non siano rappresentate e non consentano alla loro dirigenza comportamenti così gravi sul piano morale e civile -:
se non ritenga, al fine di tutelare la sicurezza e la dignità dei lavoratori, di porre in essere strumenti di controllo che all'interno delle aziende private garantiscano innanzitutto il rispetto dei lavoratori, ma anche dei loro rappresentanti istituzionali, e se non intenda costituirsi, al pari del comune di Torino, parte civile nel procedimento sul tragico incidente avvenuto a Torino.
(3-01538)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
GALLI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
la questione della soppressione dei fondi speciali di previdenza per gli impiegati gestiti dall'Istituto nazionale assicurazioni (INA) e della liquidazione ai lavoratori degli stessi è stata recentemente sollevata dalla trasmissione televisiva «Mi manda Rai Tre»;
l'accordo interconfederale (Ccnl) del 5 agosto 1937 istituì, per gli impiegati del settore industria, l'obbligo di accantonare presso l'INA una cifra pari al 2 per cento della retribuzione, calcolata su un imponibile massimo annuo di 60.000 lire per il settore industria e a 600.000 lire per il settore industria edile;
la legge n. 144 del 17 maggio 1999 prevede all'articolo 70 che «i fondi speciali di previdenza per gli impiegati gestiti dall'Istituto nazionale assicurazioni spa (INA spa), per effetto di contratti collettivi nazionali di lavoro, sono soppressi. Dalla stessa data cessa l'obbligo della contribuzione e le disponibilità economiche esistenti presso i fondi soppressi sono trasferite
al Fondo pensioni lavoratori dipendenti in apposita evidenza contabile. Con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sono determinati le modalità e i criteri per l'attuazione del presente articolo e in particolare per la regolamentazione delle posizioni maturate»;
i criteri attuativi sono stati fissati con il decreto interministeriale n. 285 del 2004, in cui, all'articolo 1, comma 1, si dispone il trasferimento dall'Ina spa all'Inps delle posizionie delle relative disponibilità economiche riguardanti sei fondi: Fondo di previdenza gli impiegati dell'industria - Fondo di previdenza per i viaggiatori e piazzisti dipendenti da aziende industriali - Fondo di previdenza per gli impiegati dipendenti da proprietari di fabbricati - Fondo di accantonamento dell'indennità di licenziamento per i dipendenti di studi professionali - Fondo di accantonamento dell'indennità di licenziamento per i dipendenti da farmacie - Fondo di accantonamento dell'indennità di licenziamento per i farmacisti collaboratori;
lo stesso decreto all'articolo 1, comma 3, stabilisce inoltre che la liquidazione delle spettanze imputate a ciascun conto individuale aperto presso i soppressi fondi è effettuata, a domanda degli interessati, secondo le modalità di calcolo previste nei relativi regolamenti;
la liquidazione del conto individuale avviene pertanto, sulla base del regolamento del 31 luglio 1938 e della convenzione ad esso collegata, di cui all'articolo 25 del Ccnl per gli impiegati dell'industria sottoscritto il 5 agosto 1937, che, all'articolo 7, prevede che il diritto alla liquidazione si acquisisce previa cessazione del rapporto di lavoro: al compimento del 60o anno di età per gli uomini e del 55o anno di età per le donne - al 55o anno di età per gli uomini e al 50o per le donne, qualora concorra il requisito dell'occupazione, anche non continuativa, presso aziende industriali, artigiane, cooperative e similari, per almeno 30 anni per gli uomini e 25 per le donne;
lo stesso regolamento all'articolo 7, comma 5, stabilisce i casi di possibile anticipazione della liquidazione del conto individuale, tra cui, al punto 4, l'ipotesi in cui siano decorsi due anni dall'ultimo versamento del contributo obbligatorio;
i lavoratori interessati sono tutti i destinatari del predetto Ccnl in favore dei quali le aziende erano tenute annualmente al versamento di un contributo specifico e hanno diritto, a domanda, alla liquidazione del conto individuale in unica soluzione; in caso di premorienza possono richiedere la liquidazione del conto individuale gli eredi testamentari o, in mancanza, gli eredi legittimi entro il 4o grado;
poiché la soppressione dei citati fondi risale al 1999, per ciascuno degli iscritti sono decorsi due anni dall'ultimo versamento, tutti i titolari, o gli aventi diritto (visto che la condizione di premorienza si è in molti casi verificata per il ritardo dell'INPS nell'emanare la circolare contenente i criteri per la definizione delle domande e le procedure attinenti, risalente al 16 marzo 2006, n. 15), come peraltro citato nella stessa circolare Inps n. 45 del 16 marzo 2006, a partire dal 30 giugno 2001 hanno i requisiti necessari per la liquidazione del conto individuale, fermo restando l'obbligo di presentazione della domanda, in base al comma 1 dell'articolo 7 del già citato regolamento;
l'importo lordo della prestazione si determina capitalizzando i contributi versati a un tasso di rendimento composto del 4,25 per cento fino al 30 giugno 1999 e per il successivo periodo il rendimento è pari al tasso d'interesse legale fino alla maturazione del diritto alla liquidazione della prestazione;
da una nota a cura Dipartimento previdenza della Uil Pensionati nazionale
si apprende che «gli accantonamenti effettuati dall'INA e trasferiti all'INPS sono di un importo complessivo di circa 55 milioni di euro, che l'istituto si è impegnato a rimborsare, come precisato nella circolare n. 45 del 16 marzo 2006»;
nella sopracitata circolare n. 45 si specifica che la domanda di richiesta della liquidazione del conto individuale deve essere presentata presso la sede Inps territorialmente competente e redatta sull'apposito modulo, sottoscritto dal richiedente, completo di uno o più modelli compilati e sottoscritti dall'azienda o dalle aziende che hanno versato i contributi previsti sul conto individuale;
l'attuazione pratica di rimborsi richiede una serie di passaggi che in alcuni casi possono essere di difficile attuazione per i lavoratori che non possono essere più in grado di allegare alla domanda di rimborso l'ulteriore documentazione, come nel caso di aziende fallite, cessate o assorbite da altre, o cedute con cambio di denominazione, anche perché in taluni casi è altamente probabile che non vi sia disponibilità di dati certi riguardo all'avvenuta contribuzione per effetto della sopravvenuta prescrizione dell'obbligo di conservazione delle ricevute dei versamenti, obbligo di durata decennale;
come evidenziato nella trasmissione «Mi manda Rai Tre» del 23 novembre 2007, per Mauro Nori, Direttore centrale Prestazioni dell'Inps, «l'Ina non ha dato i dati completi dei lavoratori che versarono tali contributi. Trovarli, mandare delle lettere, ha un costo che l'istituto di previdenza non si potrebbe accollare" e "Si tratta spesso di pochi soldi, dai 10 ai 50 euro che però possono diventare anche 300 per gli impiegati del settore edile che versavano importi più alti»;
la mancata informazione ai lavoratori aventi diritto alle liquidazioni dell'avvenuta emissione da parte di Inps della circolare recante le modalità di presentazione delle domande è una grave violazione delle norme di trasparenza degli atti della P.A. ma soprattutto è la negazione del diritto di vaste categorie di lavoratori che hanno versato regolarmente quanto lo Stato richiedeva a loro tutela, e che oggi si vedono negare da farraginose regolamentazioni burocratiche, peraltro decise univocamente dall'ente che ha l'obbligo dell'erogazione;
trattandosi di conti individuali, l'ente attualmente competente all'erogazione dovrebbe avere noti i destinatari di un diritto riconosciuto a tutti i lavoratori e quindi essere in grado di informare tempestivamente gli interessati delle procedure necessarie alla presentazione delle domande -:
se non ritenga opportuno:
a) verificare la reale entità degli importi dovuti e il numero degli aventi diritto alla prestazione;
b) verificare se la responsabilità della mancata esistenza dei dati completi relativi a tali lavoratori sia di INA spa o di Inps, e agire per rivalersi presso i responsabili per il grave danno sociale derivante;
c) attuare una pronta e tempestiva campagna informativa presso gli aventi diritto;
d) convocare al più presto un incontro con le parti sociali interessate, i Ministeri interessati e la Direzione Generale dell'Inps, che veda la partecipazione delle competenti commissioni parlamentari, per accertare le responsabilità e approfondire la problematica;
come si intenda agire concretamente per garantire e tutelare i lavoratori così impediti nell'esercizio di un diritto costituzionale, civile e democratico.
(5-01913)
BURGIO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
è in corso, nel Paese, un diffuso dibattito pubblico focalizzato sulla necessità di migliorare la sicurezza del lavoro;
il 1o agosto 2007 il Parlamento ha approvato un provvedimento legislativo (nella forma di un testo unico) di contrasto al lavoro nero, in conseguenza del quale - nei prossimi mesi - saranno emanati specifici decreti ministeriali;
apprendiamo da fonti di stampa (il numero del 20 dicembre 2007 di Italia Oggi) che, nello scorso mese di dicembre 2007, si è tenuta una conferenza congiunta tra Inps, Inail e Ministero del lavoro e della previdenza sociale avente per oggetto l'attività di vigilanza sul lavoro degli organi preposti;
in tale conferenza il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, l'Inps e l'Inail avrebbero testimoniato di avere in organico (al 30 novembre 2007) 1.356 ispettori, contro i 2.083 che risultavano essere attivi soltanto nel 2003;
nella stessa conferenza, gli stessi soggetti avrebbero preso atto di una diminuzione del numero delle ispezioni effettuate - nel medesimo periodo di tempo - da 147.469 a 102.227;
conseguenza di ciò è la diminuzione, in cifra assoluta, delle situazioni irregolari accertate (mentre, in termini percentuali, le irregolarità sono aumentate dal 59 per cento all'80 per cento);
è noto che, dal 2001 al 2005, anche il numero totale dei tecnici della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro in servizio nelle Asl è diminuito di 711 unità, ed è in costante diminuzione a causa di un blocco delle assunzioni che sta provocando la paralisi dell'attività ispettiva di numerose Asl ;
se i dati riportati da Italia Oggi fossero confermati, si configurerebbe - a giudizio dell'interrogante - una situazione indegna di un paese civile;
ad oggi, una tale situazione costituisce una grave menomazione del diritto costituzionale dei lavoratori ad un lavoro salubre, sicuro e regolare, oltreché un beneficio indubbio per chi utilizza lavoro nero e opera, in condizioni di irregolarità contributiva e retributiva, senza rispettare le norme di sicurezza e igiene del lavoro -:
se il Ministro interrogato sia in grado di confutare le cifre sopra riportate;
quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda attuare per contrastare un tale continuo degrado dell'attività di vigilanza.
(5-01914)
GALLI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
su diversi quotidiani ,tra i quali Il Giornale di venerdì 7 dicembre 2007, pag. 12, veniva pubblicata la notizia dell'assunzione da parte di Poste Italiane S.p.a. di «500 nuovi dipendenti part-time da mettere agli sportelli per assistere gli immigrati....» Di cui «metà dei posti sono riservati agli stranieri» «i nuovi contratti saranno firmati nell'arco di due anni, 200 entro il 2008 e altri 300 l'anno dopo; le prime assunzioni forse già entro questo dicembre...»;
l'attività agli sportelli degli impiegati di Poste Italiane S.p.a., pur rappresentando lo svolgimento di una funzione privata nel contesto dell'erogazione di servizi bancari, ritiene al suo interno una maggior quota di svolgimento di funzione di pubblico servizio per quanto attiene ai servizi postali, e si ritiene che a tale funzione di pubblico servizio possano applicarsi per estensione le norme attinenti al pubblico impiego che saranno in seguito esposte;
l'articolo 4 della Costituzione italiana riconosce a tutti i cittadini italiani il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto;
all'articolo 3 della Costituzione italiana si sancisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali, e che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto la libertà
e l'eguaglianza dei cittadini, che impediscono il pieno sviluppo della personalità umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese;
riguardo all'accesso al pubblico impiego dei cittadini stranieri non comunitari, la Funzione pubblica, con parere n. 196/04 del 28 settembre 2004, si è espressa negativamente, in risposta ad una richiesta del Ministero dell'interno, circa la possibilità di accesso al pubblico impiego, ai sensi dell'articolo 16, della legge n. 56 del 1987, da parte di cittadini non comunitari;
nel parere sono contenuti diversi riferimenti normativi sviluppatasi negli ultimi anni, che conducono a considerare l'accesso al pubblico impiego, sia ai sensi dell'articolo 16 della legge n. 56 del 1987, sia per pubblico concorso, precluso ai cittadini di Paesi non aderenti all'Unione europea e solo parzialmente consentito ai cittadini degli Stati membri, tenuto conto inoltre che in Europa si tende a consentire ai cittadini non comunitari la libera attività di lavoro privato e autonomo, ma non pubblico;
il decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili nello Stato, indica fra i requisiti generali per l'ammissione agli impieghi il possesso della cittadinanza italiana;
l'articolo 48 del Trattato, istitutivo della Comunità europea del 25 marzo 1957, stabilisce l'inapplicabilità del principio di libera circolazione per gli impieghi nella pubblica amministrazione e la Corte di giustizia europea ha fatto successivamente rientrare nell'esclusione tutti i posti che implicano la partecipazione all'esercizio dei pubblici poteri e alle mansioni che riguardano la tutela degli interessi generali dello Stato e delle collettività pubbliche, mentre per i posti che non implicano partecipazione diretta a compiti di pubblica amministrazione si ritiene possano essere ammessi anche lavoratori di nazionalità non italiana;
l'articolo 38 del decreto legislativo n. 165 del 2001 estende ai cittadini di Stati membri dell'Unione europea l'accesso a posti pubblici senza esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri e non attinenti la tutela dell'interesse nazionale;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 174/94 - Regolamento recante norme sull'accesso dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche - individua i posti e le funzioni per i quali non si prescinde dalla nazionalità italiana;
la legge n. 39 del 1990 (Martelli) che prevedeva la possibilità di assunzione nella pubblica amministrazione per i cittadini non comunitari ai sensi dell'articolo 16 della legge n. 56 del 1987, è stata abrogata dalla legge n. 40 del 1998 (Turco-Napoletano);
l'accesso al pubblico impiego non è inteso come diritto fondamentale garantito, secondo il principio di uguaglianza, contenuto nel testo unico sull'immigrazione - decreto legislativo n. 286 del 1998 - articolo 2;
Il testo unico sull'immigrazione - articolo 26 - ha stabilito una deroga al requisito della cittadinanza solo per l'iscrizione a ordini o collegi professionali;
la legge 13 ottobre 1975, n. 654 (legge Reale) di ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966, recita all'articolo 3 comma 1, lettera a) «con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità ..., ovvero ..., commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi»;
la stessa Convenzione, nel suo preambolo esprime allarme per le politiche di segregazione o di separazione, e ricordando la Convenzione sulla discriminazione in materia di impiego, all'articolo 1, comma 1, recita che «...l'espressione "discriminazione razziale" sta ad indicare
ogni distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'ascendenza o l'origine nazionale o etnica, che abbia lo scopo o l'effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, in condizioni di parità, dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale o in ogni altro settore della vita pubblica»;
sempre la Convenzione citata, all'articolo 5 impegna gli Stati contraenti a «vietare ed eliminare la discriminazione razziale in tutte le sue forme ed a garantire a ciascuno il diritto alla eguaglianza dinanzi alla legge senza distinzione di razza, colore od origine nazionale o etnica nel pieno godimento dei seguenti diritti: e) i diritti economici, sociali e culturali, ed in particolare (...) i diritti al lavoro, alla libera scelta del proprio lavoro, a condizioni di lavoro eque e soddisfacenti...;
la legge 6 marzo 1998, n. 40, all'articolo 41, comma 1, recita: «Ai fini del presente capo, costituisce discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'ascendenza o l'origine nazionale o etnica, le convinzioni o pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l'effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica», e al comma 2): «In ogni caso compie un atto di discriminazione: ... e) il datore di lavoro o i suoi preposti i quali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificata e integrata dalla legge 9 dicembre 1977, n. 903, e dalla legge 11 maggio 1990, n. 108, compiano qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando, anche indirettamente, i lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una razza, ad un gruppo etnico o linguistico, ad una confessione religiosa, ad una cittadinanza. Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole conseguente all'adozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori appartenenti ad una determinata razza, ad un determinato gruppo etnico o linguistico, ad una determinata confessione religiosa o ad una cittadinanza e riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento dell'attività lavorativa»;
la sopra citata legge 6 marzo 1998, n. 40 al comma 3, dell'articolo 41, sancisce: «Il presente articolo e l'articolo 42 si applicano anche agli atti xenofobi, razzisti o discriminatori compiuti nei confronti dei cittadini italiani, di apolidi e di cittadini di altri Stati membri dell'Unione europea presenti in Italia»;
l'introduzione, da parte di un datore di lavoro svolgente funzioni di pubblico servizio, di «quote fisse di stranieri» appare all'interrogante in aperta violazione delle citate normative vigenti, e il suo effetto reale sarà ben distante dal raggiungimento degli obiettivi dell'integrazione degli stranieri nel tessuto sociale del Paese, ottenendo di fatto degli sportelli separati in ragione della nazionalità di appartenenza, in una sorta di apartheid all'italiana, in cui per gli stranieri sono disponibili operatori stranieri e per i cittadini italiani operatori italiani -:
in forza di quale norma di legge vigente Poste italiane S.p.a. possa procedere all'assunzione riservata di cittadini extracomunitari, discriminando i cittadini italiani e in contrasto con quanto richiamato in premessa;
quali atti il Ministero del lavoro intenda adottare per ottenere il rispetto delle normative contro la discriminazione razziale richiamate;
se il Ministero dell'economia non reputi che gli atti posti in essere da Poste italiane Spa non pongano tale società, partecipata dal Governo, a rischio di subire una azione civile contro la discriminazione ai sensi dell'articolo 42 della citata legge n. 40 del 1998.
(5-01920)
Interrogazioni a risposta scritta:
ALESSANDRI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
la sanità privata che opera in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale sempre più ha assunto nel nostro Paese una funzione insostituibile in quanto consente di erogare ai cittadini prestazioni sanitarie programmate in tempi rapidi, andando a snellire le lunghe liste d'attesa delle strutture pubbliche;
per monitorare le problematiche relative ai rapporti con l'ospedalità privata, anche al fine di prevenire gravi situazioni di ritardo dei rinnovi contrattuali, è stato istituito in Conferenza Stato Regioni un tavolo di consultazione permanente;
dopo una lunga e travagliata trattativa durata circa 3 anni, durante i quali i lavoratori giacevano in una situazione di vacanza contrattuale, si era giunti in data 28 febbraio 2007 alla sottoscrizione del rinnovo, da parte delle principali organizzazioni datoriali del settore (AIOP e ARIS), per il biennio economico 2004-2005 del Ccnl 2002-2005;
nonostante tale svolta positiva datata ormai un anno fa, rimangono ancora situazioni di grave mancanza contrattuale nella categoria e nella fattispecie trattasi:
della mancata sottoscrizione del Ccnl 2006-2009;
della mancata sottoscrizione del rinnovo per il biennio economico 2008-2009 del Ccnl 2006-2009;
tutto ciò ha inevitabili e nefaste conseguenze a carico dei 150.000 operatori che a vario titolo esercitano la propria attività lavorativa all'interno di tali strutture e che non vedono rivalutato il proprio salario al reale costo della vita -:
ove quanto sopra descritto corrisponda al vero, quali azioni intenda intraprendere sia nei confronti delle principali associazioni datoriali del settore (AIOP e ARIS), sia in seno alla Conferenza Stato-Regioni affinché si possa giungere in tempi rapidi alla bonifica di tali gravi ritardi nel rinnovo contrattuale.
(4-06084)
FUGATTI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
le comunicazioni da effettuare per l'instaurazione del rapporto di lavoro domestico di colf e badanti seguono una procedura piuttosto complessa;
stante la vigente normativa, infatti, il datore di lavoro deve presentare la denuncia di assunzione del lavoratore domestico presso l'Inps di zona, utilizzando l'apposito modulo (LD09); tale denuncia deve essere presentata entro il decimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento, allegando copia di un documento di riconoscimento in corso di validità del datore di lavoro e del lavoratore, nonché i codici fiscali di entrambi e, per i lavoratori extracomunitari, si deve allegare anche copia del permesso di soggiorno;
la predetta documentazione può essere presentata direttamente allo sportello Inps, ovvero può essere inviata per posta; è possibile, altresì, compilare il modulo LD09 on-line oppure telefonicamente: utilizzando tali modalità si verrà successivamente contattati telefonicamente direttamente dall'Inps per la conferma di tutti i dati;
contemporaneamente deve esser fatta comunicazione all'Inail il giorno dell'inizio attività; tale comunicazione può esser fatta in via telematica o tramite fax al numero 800657657, conservando la ricevuta di spedizione;
infine si deve inviare al Centro per l'impiego del proprio Comune, entro le ore 24 del giorno precedente (anche se festivo) a quello dell'instaurazione del rapporto di lavoro, il modulo C/ASS; tale trasmissione può essere effettuata tramite raccomandata a/r ovvero via fax;
per dette denunce ci sono in vista dei cambiamenti; le nuove disposizioni di legge sul mercato del lavoro stabiliscono, infatti, che il datore di lavoro all'atto dell'assunzione debba inviare immediatamente al Centro per l'impiego (ex ufficio di collocamento) una comunicazione unica, che sarà valida anche per l'Inps e per l'Inail;
una semplificazione degli adempimenti diventerà operativa soltanto con l'approvazione di un apposito decreto ministeriale che ad oggi, 14 gennaio 2008, non risulta ancora emanato;
gli adempimenti burocratici ai fini dell'assunzione di colf o badanti gravanti in capo ai datori di lavoro spesso risultano ancora più gravosi a causa dell'inefficienza dei sistemi (non tutti possono collegarsi ad internet, i fax sono disabilitati, i servizi telefonici intasati, eccetera) -:
se il decreto attuativo del documento unico di comunicazione sia pronto per essere emanato ovvero quali siano i tempi di attesa e quali i motivi del ritardo.
(4-06085)
MISIANI e LOCATELLI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalla FIOM-CGIL di Bergamo nonché da organi di stampa locale e nazionale, Giolivo Zanotti, dipendente delle Fonderie Officine Pietro Pilenga di Comun Nuovo (Bergamo), è stato recentemente sospeso per tre giorni dal lavoro e dalla retribuzione. La stampa ha riferito l'ipotesi che il fatto potrebbe essere legato a segnalazioni di situazioni di pericolo nel reparto in cui presta servizio da anni. Il lavoratore, occupato nel reparto officina dell'azienda, avrebbe da tempo evidenziato ai suoi responsabili situazioni di pericolo oggettivo. Non è chiaro quali misure siano state prese dall'azienda successivamente alle numerose segnalazioni;
nelle Fonderie Pilenga, secondo fonti sindacali, nel 2007 si sarebbe registrato un rilevante aumento degli infortuni sul lavoro rispetto all'anno precedente;
la sicurezza sul lavoro rappresenta una priorità per il Governo. Il Parlamento ha recentemente approvato il nuovo Testo unico sulla sicurezza sul lavoro, e il Presidente della Repubblica è più volte intervenuto sottolineando, in occasione della recente presentazione della campagna promossa dalla Fondazione Pubblicità Progresso sulla sicurezza sul lavoro, che il fenomeno delle morti sul lavoro «richiede il massimo allarme sociale e il massimo intervento di tutte le componenti del mondo del lavoro e delle istituzioni» -:
quali iniziative intendano assumere le autorità competenti in relazione ai fatti citati nelle premesse.
(4-06101)
BENVENUTO e PINOTTI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
il 19 dicembre 2007 la Guardia di Finanza di Genova ha sequestrato i conti utilizzati dall'azienda 4 Fisia Italimpianti del gruppo Impregilo sede di Genova per pagare gli stipendi e le tredicesime ai dipendenti;
il fatto ha interessato circa 300 famiglie genovesi del tutto estranee alle vicende giudiziarie dell'azienda creando serie preoccupazioni tra i lavoratori e allarme sociale in città;
il sequestro è avvenuto da parte della Procura di Napoli per un ammontare complessivo di 750 milioni di euro nell'ambito dell'inchiesta sull'inceneritore di Acerra in Campania in applicazione del decreto legislativo n. 231 del 2001;
risulta che né a Napoli (circa 500 dipendenti), né a Milano (circa 300 dipendenti) il sequestro ha interessato i conti necessari al pagamento degli stipendi dei dipendenti salvaguardando giustamente i
diritti dei lavoratori che non possono essere considerati responsabili dei presunti reati dell'azienda;
la vicenda descritta produce un esito - probabilmente non voluto - del tutto inaccettabile secondo cui una presunta (siamo in fase di indagini preliminari e di sequestro cautelativo) responsabilità dell'azienda si trasforma in un danno diretto e immediato su alcuni (solo la sede di Genova con una evidente disparità di trattamento) dipendenti della stessa;
più in generale le vicende richiamate potrebbero mettere in seria difficoltà l'intero gruppo con esiti ad oggi imprevedibili sull'occupazione -:
se sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
se non intenda, per quanto di sua competenza, di promuovere immediate iniziative finalizzate alla tutela dell'occupazione e alla salvaguardia dei diritti dei lavoratori ingiustamente colpiti dalle misure descritte in premessa.
(4-06106)
SANTORI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
l'attuale legge finanziaria è a parere dell'interrogante insufficiente e lacunosa ed è forse una delle peggiori mai presentate da un Governo della Repubblica;
la politica dei «contentini» a favore di una miriade di piccoli interessi di micro corporazioni che battono cassa, viene puntualmente attuata;
questo Governo è riuscito a creare privilegi fra le stesse categorie di disabili, cosa che non avviene e non è mai avvenuta in nessuna parte del mondo;
a supporto di quanto fin qui detto, nella finanziaria a sostegno della disabilità in generale, vengono corrisposti aiuti statali solo ad alcune associazioni tralasciandone altre che pure hanno tutti i requisiti e operano a livello nazionale;
non è corretto creare privilegi selettivi all'interno di categorie di persone disabili che hanno diritto ad aiuti economici -:
quali siano i criteri con cui si è inteso di dovere escludere dalle sovvenzioni statali l'associazione nazionale privi della vista ed ipovedenti (ANPVI), a suo tempo riconosciuta con decreto del Presidente della Repubblica come ente morale.
(4-06107)