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Allegato B
Seduta n. 269 del 18/1/2008
TESTO AGGIORNATO AL 19 FEBBRAIO 2008
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la libertà di ricerca scientifica è un principio costituzionalmente garantito determinante per lo sviluppo della conoscenza e il benessere delle persone;
la ricerca scientifica sulle cellule staminali è unanimemente riconosciuta come settore fondamentale e prioritario per il futuro della medicina;
i metodi per ottenere linee cellulari staminali sono diversi e la comunità scientifica italiana e internazionale è impegnata nelle diverse tecniche, alcune delle quali implicano l'utilizzo di embrioni ed altre no; le informazioni e i progressi ottenuti attraverso una particolare tecnica sono comunque importanti per chi lavora su tecniche diverse, e la scelta tra una tecnica ed un'altra è affidata - nell'ambito delle rispettive normative - a valutazioni di tipo scientifico,
impegna il Governo:
a vigilare perché i fondi destinati dallo Stato italiano alla ricerca scientifica in generale, e a quella sulle cellule staminali in particolare, siano assegnati attraverso criteri di massima trasparenza e pubblicità, con meccanismi di valutazione tra pari (peer review) che garantiscano la credibilità scientifica delle scelte effettuate, senza che siano pregiudizialmente determinate delle discriminazioni contro delle particolari tecniche di ricerca legali nel nostro Paese, siano esse tecniche di ricerca sulle cellule staminali cosiddette «embrionali» (ottenute da linee cellulari importate dall'estero) o cosiddette «somatiche» (o adulte);
a mantenere il proprio sostegno alla soluzione di compromesso stabilita con l'approvazione del settimo programma quadro dell'Unione europea, che prevede la finanziabilità di entrambi i principali filoni di ricerca sulle staminali attraverso regole severe a garanzia dell'interesse generale e del carattere scientifico delle valutazioni.
(1-00274) «Poretti, Bandoli, Bellillo, Beltrandi, Cancrini, Chiaromonte, Cordoni, Dato, D'Elia, De Zulueta, Dioguardi, Grillini, Mellano, Migliore, Pedica, Pellegrino, Turci, Turco, Vacca, Villetti, Zanotti».
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo dell'Onu del 10 dicembre 1948 afferma che «ogni uomo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona»;
il comma 5 dell'articolo 6 del Patto internazionale dei diritti civili e politici approvato dall'Onu a New York il 16 dicembre 1966 ed entrato in vigore il 23 marzo 1976 (in Italia il 15 dicembre 1978) afferma che: «una sentenza capitale non può essere pronunciata per delitti commessi dai minori di 18 anni e non può essere eseguita nei confronti di donne incinte»;
nel preambolo della convenzione ONU sui diritti dell'infanzia si afferma: «Tenendo presente che il fanciullo, a causa della sua mancanza di maturità fisica ed intellettuale, necessita di una protezione e di cure particolari, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita, saranno assicurate sia a lui che alla madre, una speciale cura e protezione, inclusa una cura prenatale e postnatale adeguata»;
la scienza dimostra che la vita di un nuovo essere umano incomincia nel momento della fecondazione e che l'embrione è in potenza esattamente quello che sarà in atto, in quanto possiede già totalmente
il suo patrimonio cromosomico e genetico. Tale patrimonio, detto genoma, è un «manuale completo di istruzioni per la fabbricazione e il funzionamento dell'intero organismo» ed è esclusivo, unico per ciascun individuo;
la scienza, anche grazie alle nuove ecografie tridimensionali, ci dice che il feto, in utero, ascolta, gusta i sapori, sente i movimenti, gli odori, percepisce dolore e piacere, forse anche sogna e ride, espressione quest'ultima, diceva Aristotele, propria solo del genere umano;
secondo l'Organizzazione mondiale della Sanità ogni anno nel mondo sarebbero praticati circa 50 milioni di aborti, un numero di vittime innocenti pari a quelle provocate dall'intera Seconda guerra mondiale (1939-1945) considerato «l'evento più distruttivo della storia umana». Ogni giorno nel mondo vengono praticati circa 126.000 aborti e in Europa, ogni 25 secondi, una donna abortisce;
le statistiche, a livello mondiale, dimostrano che non è la legge a fermare una donna che ha intenzione di abortire. Il tasso di interruzioni volontarie di gravidanza nei paesi che prevedono per legge questa possibilità è infatti uguale (e talvolta inferiore) a quello stimato nei paesi dove l'aborto è praticato solo clandestinamente. A rivelarlo è il più ampio studio condotto finora sull'argomento: un resoconto dettagliato (pubblicato su Lancet) sui numeri e sulle conseguenze dell'interruzione volontaria di gravidanza paese per paese dal 1995 al 2003, l'anno più recente per cui i ricercatori del Guttmacher Institute di New York e dell'OMS avevano dati a livello mondiale. Dallo studio emerge che non ci sono differenze tra l'Europa, dove l'aborto è legale, ad eccezione della Polonia e dell'Irlanda, e l'Africa, dove invece è clandestino praticamente in tutte le nazioni: qui nel 2003 gli aborti sono stati 29 per 1.000 donne incinte, contro i 28 delle europee;
in Cina, dai primi anni Ottanta, è entrato in vigore il programma di controllo delle nascite, che impone il limite di un solo figlio per famiglia. Ogni anno nel Paese asiatico pratiche illegali di pianificazione familiare avvengono in palese violazione dei diritti dei cittadini, attraverso migliaia di aborti e sterilizzazioni compiute contro la volontà delle persone interessate;
in India negli ultimi vent'anni, per una selezione di tipo sessista, sono state eliminate, prima della nascita, milioni di bambine;
in Corea del Nord si ricorre all'aborto selettivo, per eliminare in modo radicale ogni tipo di disabilità;
in Europa i Paesi con il maggior numero di aborti sono la Francia (210.669), il Regno Unito (194.353), la Romania (191.038), l'Italia (136.715), la Germania (129.650) e la Spagna (84.985). In Spagna il numero degli aborti negli ultimi dieci anni è aumentato addirittura del 75 per cento, seguita dal Belgio con il 50 per cento ed i Paesi Bassi con il 45 per cento;
appare ormai improrogabile, proprio nell'anno che celebra il sessantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo dell'ONU, interrogarsi se tale carta sia davvero rispettata e se le pratiche abortive non siano state (e lo siano tuttora), invece, utilizzate in molti Stati delle Nazioni Unite come mero metodo anticoncezionale, o come uno strumento di selezione eugenetica, razziale o sessuale, in violazione dei diritti del nascituro e dell'uguaglianza tra gli uomini,
impegna il Governo
a farsi promotore, presso le Nazioni Unite, di un documento «per una moratoria internazionale di qualsiasi politica pubblica di discriminazione eugenetica e dell'uso dell'aborto come strumento di prevenzione delle nascite», per impedire che si diffonda come consueta una pratica che deve, invece, rivestire caratteri di assoluta eccezionalità, in considerazione del principio secondo cui ogni individuo, dal concepimento
fino alla morte naturale, ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.
(1-00275) «Bertolini, Cossiga, Paoletti Tangheroni, Carlucci, Crosetto, La Loggia, Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Aprea, Azzolini, Bernardo, Biancofiore, Bocciardo, Boscetto, Brancher, Brusco, Caligiuri, Campa, Carfagna, Ceccacci Rubino, Ceroni, Cicu, Nicola Cosentino, D'Ippolito Vitale, Dell'Elce, Di Virgilio, Fabbri, Fasolino, Giuseppe Fini, Fitto, Floresta, Franzoso, Galli, Gardini, Giro, Giudice, Iannarilli, Laurini, Lazzari, Licastro Scardino, Marras, Martusciello, Mazzaracchio, Mistrello Destro, Misuraca, Mondello, Palmieri, Pelino, Pescante, Ponzo, Luciano Rossi, Rosso, Santelli, Santori, Sanza, Stagno D'Alcontres, Testoni, Tortoli, Vitali, Zorzato, Ravetto, Gelmini, Uggè, Garagnani, Meloni, Rampelli, Ulivi, Pedrizzi, Armani, Goisis, Angeli, Fallica».
Risoluzione in Commissione:
La VII Commissione,
premesso che:
il comma 2-ter dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 398 del 1997 - introdotto dalla legge 13 febbraio 2001, n. 48 - ha previsto la riduzione ad un anno della durata della Scuola di specializzazione per le professioni legali (in seguito S.S.P.L.), in virtù dell'aumento a cinque anni della durata del percorso accademico per i laureati del corso di laurea magistrale in giurisprudenza e del corso di laurea specialistica, sussistendo l'aggravio di un anno, rispetto al percorso accademico dei laureati cosiddetti «quadriennali» del cosiddetto vecchio ordinamento ed essendo la durata biennale della S.S.P.L. stata originariamente prevista proprio tenendo conto di un percorso accademico della durata di quattro anni;
nel medesimo comma è sancito che con regolamento del Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della giustizia, sono definiti i criteri generali ai fini dell'adeguamento dell'ordinamento medesimo alla durata annuale. Nonostante siano trascorsi quasi sette anni, tale semplice regolamento interministeriale ad oggi non risulta ancora emanato;
a causa dell'iniquo ritardo sono state mortificate le aspettative di tutti quegli studenti che hanno conseguito una laurea cosiddetta «quinquennale» facendo legittimo affidamento nella durata annuale della successiva specializzazione già, perentoriamente, prescritta dalla legge. Studenti che sono stati, fra l'altro, incoraggiati dalle corali conferme sul punto fornite dagli atenei nelle guide dello studente, di anno in anno pubblicate e che, oltre al danno di non poter godere della riduzione ad un anno del corso di specializzazione che sarebbe dovuta spettar loro di diritto, hanno subito anche la beffa di vedersi costretti a frequentare il biennio al pari dei colleghi che hanno conseguito la laurea quadriennale;
le S.S.P.L., hanno consapevolmente profittato della mancata emanazione del suddetto regolamento interministeriale negando l'auto-applicatività del suindicato decreto legislativo e dichiarando che il corso di durata annuale sarebbe entrato in vigore solo dall'anno accademico 2007-2008, cosa che non è avvenuta. Non appare inoltre motivato il principio per il quale, ai fini dell'adeguamento dell'ordinamento didattico delle S.S.P.L. alla durata annuale, sia necessaria l'emanazione del succitato regolamento, poiché tale obbligo non si evince dalla legge e le S.S.P.L. avrebbero ben potuto già provvedere nelle more dell'emanazione del regolamento. Né può essere invocata a discolpa lo stato di presunta confusione, laddove si richiami strumentalmente il comma 1 dell'articolo 7 del decreto ministeriale n. 537 del 1999
che recita: «la scuola ha la durata di due anni non suscettibili di abbreviazioni [...]», perché questo decreto, per la successione delle leggi nel tempo, riguardava solo i laureati quadriennali con il vecchio ordinamento, non essendo state ancora previste, al tempo, le classi di laurea quinquennali;
va considerato che il diploma di specializzazione per le professioni legali è oramai requisito necessario per l'accesso ai concorsi da uditore ai sensi dell'articolo 124 del regio decreto n. 12 del 1941, così come recentemente modificato, e che lo slittamento della durata della Scuola di specializzazione ha prodotto l'effetto illegittimo di procrastinare di un anno gli studi, discriminando i laureati più meritevoli quanto a tempestività nel completamento degli studi degli ultimi due anni accademici, e sarebbe profondamente iniquo perseverare nell'illegittimità;
impegna il Governo:
a dare tempestiva attuazione al comma 2-ter dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 398 del 1997, ed emanare il decreto concertato tra i Ministri dell'università e della ricerca scientifica e della giustizia per definire i criteri generali ai fini dell'adeguamento alla durata annuale della scuola di specializzazione per le professioni legali, onde consentire che i laureati cosiddetti «quinquennali» in giurisprudenza possano accedere alla specializzazione annuale già a partire dall'anno 2008-2009, anche con riguardo al legittimo affidamento da essi maturato in relazione a tale durata, alle norme che proteggono il diritto allo studio, nonché al principio di eguaglianza sancito dalla carta costituzionale.
(7-00322)
«Bono, Filipponio Tatarella, Frassinetti, Perina, Rositani».