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Allegato B
Seduta n. 271 del 22/1/2008
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
AMORUSO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
le organizzazioni non governative mondiali denunciano che la Thailandia, in virtù di un accordo firmato lo scorso maggio col governo laotiano, sta procedendo al rimpatrio forzato di 7.500 rifugiati di etnia Hmong che dichiarano di essere fuggiti da persecuzioni nel Laos e che ora al rientro in patria potrebbero subire pesanti ritorsioni -:
quali siano le cause e lo sviluppo storico delle persecuzioni degli Hmong;
di quali informazioni disponga sulle procedure di rimpatrio in atto dei rifugiati;
se ci siano le condizioni perché l'Italia promuova un'azione comune della Ue presso la Thailandia e il Laos per la tutela dei diritti degli Hmong.
(4-05543)
Risposta. - La questione della minoranza Hmong emerse all'epoca della guerra civile combattuta in Laos tra il 1945 e il 1975. I Hmong venivano reclutati, armati ed addestrati dalla CIA per sostenere le truppe regolari rimaste fedeli al re nel tentativo di contrastare l'avanzata del movimento rivoluzionario comunista denominato Pathet Lao.
Dalla metà degli anni '60, alcuni clan di origine Hmong combatterono al fianco degli Stati Uniti anche in Vietnam. In seguito al ritiro americano, il Pathet Lao, con il supporto dell'esercito del Vietnam del Nord, costrinse all'abdicazione il re Savang Vatthana, rimasto orfano dell'appoggio degli Stati Uniti, e prese il potere nel dicembre del 1975.
Da quella data ebbero inizio le rappresaglie del nuovo Governo comunista nei confronti dei Hmong, accusati di essere dei traditori per aver collaborato con la CIA. Centinaia di migliaia di Hmong decisero all'epoca di lasciare il Laos, chiedendo di essere accolti come rifugiati politici negli Stati Uniti e in Paesi vicini.
Oggi vi sono comunità Hmong residenti in Cambogia, Thailandia, Vietnam e nella Cina meridionale, mentre in Laos vivono attualmente circa 450.000 Hmong, che rappresentano l'8 per cento della popolazione complessiva del Paese.
I circa 7.500 rifugiati Hmong cui l'interrogante fa riferimento sono tutti attualmente stanziati nel campo profughi di Huai Nam Khao, nel nord della Thailandia. Il Governo di Bangkok non li considera rifugiati politici, bensì semplici immigrati irregolari, posizione all'origine del loro rimpatrio.
Nel 2007 sono stati firmati fra Laos e Thailandia due nuovi accordi in materia. Il primo, ufficializzato il 18 maggio, stabilisce che dall'entrata in vigore del nuovo trattato, la Thailandia potrà espellere con effetto immediato ogni nuovo richiedente asilo di etnia Hmong. Il secondo invece, reso noto il 20 settembre, fa esplicito riferimento allo smantellamento del campo di Huai Nam Khao, che in base ai termini dell'accordo dovrebbe avvenire entro la fine del 2008, e
comunque solo una volta completato il rimpatrio dei circa 7.500 profughi presenti nella struttura.
A tal proposito, il Governo di Bangkok ha recentemente annunciato che, prima di procedere al rimpatrio, le autorità thailandesi provvederanno ad una attenta verifica dello status degli abitanti del campo profughi, al fine di accertare se per una parte di questi ultimi sussistano motivazioni valide per l'adozione di speciali misure protettive nei loro confronti. Contestualmente è stata esclusa, in ogni caso, la possibilità di un trasferimento verso Paesi terzi.
L'Italia segue con grande attenzione la situazione della minoranza etnica Hmong. Va precisato che, in assenza di un'Ambasciata italiana a Vientiane, la nostra attività si esplica attraverso l'Ambasciata in Bangkok, in stretta cooperazione con la Rappresentanza della Commissione europea e le altre ambasciate europee.
L'Unione europea ha sollevato ripetutamente la questione con le Autorità laotiane, sottolineando la necessità di trovare una soluzione al rimpatrio dei profughi in Thailandia e proponendo di contribuire al loro reinserimento nella società laotiana. Allo stesso tempo, l'Unione ha adottato una dichiarazione che invita il Governo di Bangkok a cooperare con l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati e con tutti i Paesi disposti ad accogliere i profughi Hmong nel loro territorio.
In questo contesto, l'Ambasciatore francese per i diritti umani ha potuto visitare a nome dell'Unione europea il nuovo villaggio di Phalak, dove vivono 11 famiglie rimpatriate dalla Thailandia. Intervistati dalla missione dell'Unione europea, i residenti nel villaggio - che accoglie unicamente chi non può essere momentaneamente trasferito altrove, per assenza di parenti o condizioni favorevoli in altre località - non hanno menzionato ostacoli alla loro libertà di movimento.
I Capi Missione dell'Unione europea a Vientiane monitorano costantemente la situazione, sulla quale hanno redatto un rapporto che, alla luce della scarsa fiducia manifestata dalle autorità laotiane circa una eventuale mediazione degli Stati Uniti e dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, prefigura per l'Unione europea un ruolo di primo piano nella ricerca di una soluzione negoziata e propone alcune linee-guida di riferimento per una proficua prosecuzione dell'azione diplomatica.
In particolare, il rapporto suggerisce di mantenere costanti contatti con le Autorità laotiane e ribadire l'offerta di assistenza dell'Unione europea (sia da parte della Commissione che da parte dei singoli Paesi membri) per il pieno reinserimento nella società laotiana sia dei rifugiati di ritorno dalla Thailandia che dei cosiddetti remote people, vale a dire dei gruppi di etnia Hmong che continuano a vivere nascosti nella giungla dall'epoca della guerra civile.
Gli Ambasciatori dell'Unione europea ritengono inoltre opportuno incoraggiare il Governo del Laos a lavorare in stretto raccordo con la controparte thailandese per favorire una soluzione del problema del campo di Huai Nam Khao, senza ulteriori pressioni per l'ottenimento del rimpatrio forzato dei Hmong, cui l'ACNUR ha ufficialmente riconosciuto la condizione di rifugiati politici e per i quali esiste la possibilità di un reinserirnento in Paesi terzi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.
BENZONI e CODURELLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
si apprende da organi locali di stampa del 31 maggio 2007 che, presso l'ospedale Sant'Anna di Como, una donna di 33 anni è stata costretta ad un travaglio di 12 ore senza anestesia epidurale per partorire una bambina che aveva cessato di vivere in grembo al termine della gravidanza;
lo sapevano i medici, le ostetriche, i genitori stessi;
i genitori avevano chiesto l'anestesia epidurale per alleviare, almeno fisicamente, lo strazio a cui sarebbe stata sottoposta la madre durante il travaglio;
durante il travaglio, però, è stato detto dai medici presenti in sala parto che l'anestesia epidurale non è praticata, presso l'ospedale Sant'Anna di Como, nei casi di parto e pertanto questa pratica sanitaria è stata negata, nonostante l'eccezionalità della situazione;
la donna ha dovuto quindi subire la sofferenza di un lungo e doloroso travaglio per partorire un corpicino privo di vita;
l'anomalia della risposta terapeutica data dall'ospedale alla paziente è confermata anche dalla apertura di una inchiesta interna promossa dalla stessa azienda ospedaliera;
il diniego appare inspiegabile data la drammaticità del caso, che avrebbe dovuto indurre la struttura sanitaria ad assumere provvedimenti straordinari, come avviene per le emergenze;
una particolare attenzione dovrebbe essere dedicata dalle strutture ospedaliere ai diritti delle partorienti e alla promozione del parto senza dolore, anche alla luce del dibattito in corso in Parlamento per l'approvazione di norme in materia (T.U.C. 589 e abb.) e dei contenuti del documento «Verso un piano di azioni per la promozione e la tutela della salute delle donne e dei bambini» pubblicato dal Ministero della salute l'8 marzo 2007 -:
come sia possibile, secondo il ministro, il verificarsi di una situazione simile presso una azienda ospedaliera importante come il Sant'Anna di Como, e in una Regione, la Lombardia, delle cui strutture sanitarie è continuamente vantata l'eccellenza;
come intenda intervenire il ministro per evitare che possano verificarsi nuovamente casi analoghi, nelle more dell'approvazione in Parlamento del disegno di legge citato in premessa.
(4-05275)
Risposta. - La direzione generale dell'Azienda ospedaliera Sant'Anna ha precisato, che nell'ambito della funzione di risk management aziendale, si è provveduto ad effettuare un'analisi della cause organizzative all'origine dell'evento avverso indicato nell'atto parlamentare in esame.
Tale analisi, effettuata secondo la metodologia della root cause analysis, ha previsto la partecipazione di tutti gli operatori sanitari interessati; le verifiche effettuate hanno consentito di evidenziare come la mancanza di medici anestesisti e la difficoltà di reclutamento degli stessi abbia di fatto impedito la realizzazione di un servizio di partoanalgesia sulle 24 ore.
L'azienda ha confermato che situazioni eccezionali e imprevedibili, come quelle all'origine dell'evento segnalato, possono essere gestite solo durante le ore diurne, quando la presenza in servizio dei medici è in numero tale da poter consentire modifiche organizzative, senza pregiudizio per l'attività chirurgica programmata e in emergenza.
Nel caso in esame, la concomitanza di altre urgenze-emergenze nel reparto di ostetricia, nonché alcune difficoltà logistiche dovute alla riorganizzazione delle sale operatorie, hanno condizionato negativamente la possibilità di dare comunque una risposta adeguata alla situazione.
Al fine di evitare che possano verificarsi nuovamente casi analoghi, l'attività dell'azienda è mirata al raggiungimento dei seguenti obiettivi:
analisi di fattibilità e adozione di tutte le iniziative possibili finalizzate alla realizzazione del progetto «Introduzione del parto analgesia in regime istituzionale del P.O. S. Anna», predisposto dall'Unità operativa di anestesia e rianimazione 1;
nelle more della realizzazione del progetto, è prevista la costituzione di un gruppo di lavoro interdisciplinare per la definizione di protocolli condivisi relativi all'analgesia ostetrica, da effettuarsi nei casi di morte endouterina fetale e negli altri casi in cui l'indicazione alla partoanalgesia viene prescritta dal medico di ostetricia e ginecologia con carattere d'urgenza.
Relativamente agli aspetti più generali che vengono richiamati nell'interrogazione parlamentare, occorre ricordare che l'esecuzione della partoanalgesia richiede la presenza
costante di un anestesista esperto nella procedura; peraltro, le attuali dotazioni organiche presenti nelle strutture sanitarie, in particolare per questa figura professionale, non sempre sono sufficienti a fare fronte a esigenze così specifiche.
Si sottolinea, tuttavia, che una impossibilità in tal senso avrebbe dovuto essere preventivamente comunicata alla paziente, per consentirle di decidere se affrontare comunque il parto o rivolgersi ad una diversa struttura ospedaliera.
Va ricordato inoltre, che il testo unificato per la tutela dei diritti della partoriente e la salvaguardia della salute del neonato, attualmente in corso di esame presso la XII Commissione affari sociali della Camera dei deputati, prevede la riqualificazione dei punti nascita e l'incremento del numero degli anestesisti-rianimatori, allo scopo di fornire l'indispensabile supporto di professionisti specializzati nell'assistenza alle pazienti per il controllo del dolore.
Il ministero della salute ha provveduto alla revisione dei livelli essenziali di assistenza, prevista dal Patto per la salute, sancito tra il Governo e le regioni; in tale revisione sono ricomprese le procedure analgesiche nel corso del travaglio e del parto vaginale presso strutture che saranno individuate dalle regioni e nell'ambito di specifici programmi volti a diffondere l'utilizzo di tali procedure, in conformità alle indicazioni clinico-organizzative approvate dalla Commissione nazionale LEA.
L'approvazione del provvedimento, che avverrà al termine di un percorso di condivisione con le regioni, consentirà a un numero sempre maggiore di donne di usufruire di questa opportunità assistenziale.
Si sottolinea che il Ministro Livia Turco, tra gli obiettivi del proprio programma di governo, sta realizzando su molteplici fronti un programma di tutela della salute femminile in tutte le fasi della vita, con particolare attenzione al momento del parto, a garanzia della salute e del benessere psicofisico della mamma e del bambino.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
BIANCOFIORE. - Al Ministro della difesa, al Ministro per i diritti e le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
l'entrata in servizio di personale femminile nelle Forze Armate Italiane è stata oggetto di dibattito e di grande attenzione da parte dell'opinione pubblica fin dagli anni '60 e ciò ha contribuito a creare una cultura ed una sensibilità di base sulla questione che ha condotto progressivamente all'istituzione - con la legge 20 ottobre 1999, n. 380 - del servizio militare volontario femminile;
il concetto di «donna soldato» nasce, dunque, come richiesta della società civile ma i dati ormai consolidati relativi all'attuazione della citata legge n. 380 del 1999 dimostrano come l'ingresso delle donne nelle Forze Armate e nella Guardia di Finanza sia venuto incontro sia alle aspirazioni femminili sia alle esigenze delle Forze Armate stesse;
infatti, la possibilità di reclutamento femminile può essere considerata una diretta conseguenza dell'attuazione del nuovo modello di Difesa, aderente ai nuovi compiti e scenari operativi previsti per le Forze Armate (incremento delle missioni di carattere internazionale, attività di peace-keeping) per assolvere ai quali è essenziale uno strumento professionale e pienamente integrato con quelli dei Paesi europei e della NATO che, da molto più tempo hanno accolto personale femminile nelle loro fila;
l'unica eccezione nel contesto sopra descritto è costituita dal Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, Corpo ausiliario delle Forze Armate dello Stato, il quale unico fra i corpi armati dello Stato, non prevede la possibilità di arruolamento femminile;
tale impedimento oltre ad essere palesemente anacronistico ed incostituzionale, risulta in contrasto con quanto espressamente previsto dalla citata legge n. 380 del 1999 la quale, tra i principi e criteri direttivi alla sua base, annovera la realizzazione del principio di pari opportunità
uomo-donna nel reclutamento del personale militare, nell'accesso ai diversi gradi, qualifiche, specializzazioni ed incarichi;
si rileva, infine, che la progressione di carriera nel Corpo Militare della Croce Rossa Italiana risulta praticamente «bloccata» dal momento che un ufficiale farmacista può aspirare solo al grado di maggiore mentre i colleghi dell'Esercito possono arrivare anche al grado di generale -:
quali concrete e tempestive iniziative si intenda intraprendere per rendere il Corpo Militare della Croce Rossa Italiana più rispondente alle nuove esigenze di Difesa, anche in materia di sviluppo delle carriere, in considerazione del fatto che con l'abolizione della leva militare al Corpo Militare della Croce Rossa Italiana sono stati attribuiti anche compiti in precedenza di pertinenza della Sanità Militare;
se non si ritenga assolutamente indispensabile ed urgente rimuovere l'anacronistica ed incostituzionale preclusione all'arruolamento femminile nel Corpo Militare della Croce Rossa Italiana.
(4-03105)
Risposta. - A premessa della risposta ai singoli quesiti, appare opportuno illustrare il quadro normativo afferente la Croce Rossa Italiana (C.R.I.), in modo da avere una visione più chiara del contesto in cui si inserisce la problematica in argomento.
L'Associazione italiana della Croce Rossa Italiana, in virtù delle convenzioni internazionali ed in forza delle leggi vigenti in Italia, dispone, fra i vari organismi volontaristici, di un proprio Corpo militare ausiliario delle Forze armate dello Stato, composto di cittadini che aderiscono volontariamente alle diverse categorie dei suoi ruoli e di un nucleo di personale in servizio continuativo che è impiegato per l'assolvimento dei compiti istituzionali a cui l'associazione è preposta.
L'attribuzione di tali compiti è disciplinata, nella vigente legislazione italiana, dal disposto dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 613 e dall'articolo 2 del nuovo statuto dell'Associazione italiana della Croce Rossa, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2005, n. 97. L'organizzazione dei servizi cui è destinato il Corpo militare della Croce Rossa Italiana in tempo di guerra è determinata dal ministero della difesa.
Per quanto riguarda il ruolo svolto dal Corpo militare della Croce Rossa Italiana, si ricorda che sin dal 1866, a seguito all'adesione dell'Italia alla prima Convenzione di Ginevra firmata il 22 agosto 1864 «per il miglioramento della sorte dei feriti in campagna», unità sanitarie militari mobilitate della Croce Rossa Italiana parteciparono agli eventi bellici secondo la regola fondamentale «i militari feriti o malati saranno raccolti e curati, a qualunque nazione appartengano».
In tale quadro, si osserva che il Corpo militare della Croce Rossa Italiana, in quanto corpo ausiliario delle forze armate, è destinatario di specifico ed autonomo ordinamento, costituito dalle seguenti fonti normative:
regio decreto 10 febbraio 1936, n. 484 e successive modificazioni, concernente lo stato giuridico, il reclutamento, l'avanzamento ed il trattamento economico del personale militare della Croce Rossa Italiana;
decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 613 e successive modificazioni;
decreto-legge 19 novembre 2004, n. 276, convertito con modificazioni nella legge 19 gennaio 2005, n. 1;
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2005, n. 97, di approvazione del nuovo Statuto dell'Associazione italiana della Croce Rossa.
Circa l'autonomia dell'ordinamento del Corpo militare della Croce Rossa Italiana, si richiama l'ordinanza n. 273, datata 24/30 giugno 1999 della Corte costituzionale, laddove si afferma che: «...il personale militare
della Croce Rossa italiana non appartiene alle Forze Armate o alle Forze di Polizia delle Stato ed anzi non ha mai ricevuto una disciplina legislativa contestuale con quella del personale statale, appartenente alle Forze Armate o alle Forze di Polizia...».
Pertanto, la Suprema Corte conclude affermando che non è possibile estendere automaticamente ai militari della Croce Rossa Italiana le disposizioni legislative rivolte al personale delle forze armate ed a quello delle forze di polizia.
Tale linea interpretativa, tra l'altro, tiene debito conto del fatto che il personale della Croce Rossa Italiana sia sottoposto alle norme del regolamento di disciplina militare ed a quelle sostanziali del codice penale militare nonché all'obbligo del giuramento.
Ne consegue, pertanto, che mantiene piena attualità il Regio Decreto 10 febbraio 1936, n. 484, che contiene norme per disciplinare lo stato giuridico, il reclutamento, l'avanzamento ed il trattamento economico ed amministrativo del personale della Croce Rossa Italiana e che costituisce disciplina speciale rispetto alla legislazione delle forze armate.
In ordine all'arruolamento di personale femminile nel Corpo militare della Croce Rossa Italiana, si è espresso - su richiesta dell'Amministrazione difesa - il Consiglio di Stato - sezione terza che, con parere dell'11 ottobre 2005, ha escluso la possibilità di recepire il contenuto della legge 20 ottobre 1999, n. 380, concernente il reclutamento su base volontaria di personale femminile nelle forze armate e nelle forze di polizia dello Stato, mediante l'interpretazione estensiva dell'articolo 5 del regio decreto n. 484 del 1936, senza la necessaria revisione della normativa legislativa vigente.
Infatti, l'Alto Consesso ha osservato che il personale militare della Croce Rossa Italiana è personale non dello Stato bensì di un ente dotato di personalità di diritto pubblico, così come riconosciuto dall'articolo 7 del decreto-legge 20 settembre 1995, n. 390, convertito dalla legge 20 novembre 1995, n. 490.
Proprio per la natura giuridica del Corpo, esso è regolato da autonoma normativa legislativa e regolamentare. Pertanto, «in mancanza dell'adeguamento della specifica normativa non sussistono spazi per poter pervenire, in via di interpretazione estensiva o analogica, ad una automatica estensione al Corpo Militare della Croce Rossa Italiana delle disposizioni vigenti per il personale militare delle Forze Armate».
In tale contesto, dunque, è del tutto evidente che l'arruolamento nel Corpo militare della Croce Rossa Italiana rimanga tuttora disciplinato dall'articolo 5 del citato regio decreto 484 del 1936, il quale - come anzidetto - prevede che l'iscrizione nei ruoli del Corpo abbia luogo in forza della posizione degli interessati nei confronti degli obblighi militari in aggiunta al possesso di ulteriori specifici requisiti.
Tuttavia, in considerazione dell'intervenuto processo di trasformazione dello strumento militare, con il passaggio da un modello basato su personale in servizio di leva obbligatorio al sistema esclusivamente volontario, il ministero della difesa ha costituito un gruppo di lavoro difesa-Croce Rossa Italiana per la revisione della normativa relativa al Corpo militare della Croce Rossa Italiana, nell'ambito del quale potrà essere rivista, senza alcuna preclusione, la questione dell'inserimento delle donne, nel più ampio quadro dell'eventuale rivisitazione della normativa sulla Croce Rossa italiana.
Al riguardo, per completezza d'informazione, si sottolinea che presso la IV Commissione della Camera dei deputati, in data 25 ottobre 2007, è stata approvata la risoluzione n. 8-00090 degli onorevoli Pinotti ed altri che «impegna il Governo ad adottare ogni utile iniziativa di carattere normativo che - nel ridefinire la completa disciplina sullo stato giuridico, il reclutamento, l'avanzamento ed il trattamento economico ed amministrativo del personale della Croce Rossa Italiana - preveda anche per le donne la possibilità di arruolamento nel Corpo militare della croce Rossa Italiana, eliminando l'attuale vincolo relativo alla posizione dei soggetti interessati rispetto agli obblighi di leva».
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
BOCCIARDO e VERRO. - Al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
presso alcuni capoluoghi lombardi (Milano, Brescia, Cremona) si sta registrando un preoccupante incremento del numero di minori stranieri abbandonati;
la legislazione nazionale in materia di tutela dei minori prevede che il magistrato competente affidi il minore non accompagnato alla cura dei servizi sociali comunali;
l'affidamento dei minori comporta l'assunzione a carico delle amministrazioni comunali di tutte le spese relative al loro mantenimento presso strutture di accoglienza (esempio comunità alloggio) o presso famiglie italiane (affido famigliare) e l'attivazione di percorsi personalizzati di integrazioni;
nel solo Comune di Cremona nell'anno 2006 i cosiddetti «minori stranieri non accompagnati» in carico all'amministrazione comunale sono stati 153 e nei primi mesi dell'anno 2007 sono già 88 (dati forniti dal Comune di Cremona), in prevalenza egiziani e kosovari, con una spesa presunta annuale di circa euro 1.750.000,00;
oltre ai ben noti problemi economici che si ripercuotono sui bilanci dei Comuni, la difficile gestione di taluni casi complessi ha conseguenze negative anche sul piano della sicurezza (vedi dichiarazioni del Sindaco di Cremona apparse sul quotidiano La Provincia di Cremona il 26 maggio 2007);
questo drammatico fenomeno, già esistente in passato, ha subito nell'ultimo anno un'autentica impennata;
l'incremento del numero degli abbandoni deve essere posto in relazione ai provvedimenti assunti dal Governo italiano in tema di immigrazioni (sanatoria di 350.000 immigrati extra quota - chiusura dei centri di prima accoglienza) ed alle dichiarazioni espresse dai Ministri in merito alla volontà di reintrodurre lo sponsor per l'ingresso degli stranieri fino alla concessione della cittadinanza e del voto amministrativo;
nel corso della conferenza stampa tenutasi il 23 maggio 2007 presso il Municipio di Cremona, il Sindaco e l'Assessore ai servizi sociali hanno dichiarato che «se le cose non cambieranno, dal 1 luglio, il Comune di Cremona non si sobbarcherà più le spese per l'accoglienza dei minori immigrati», richiedendo nel contempo un intervento finanziario dello Stato (Fondo Nazionale delle Politiche Sociali) e della Regione Lombardia (Fondo Regionale delle Politiche Sociali);
qualora tali dichiarazioni si tramutassero in comportamenti reali ci troveremmo - ad avviso degli interroganti - di fronte ad una violazione della legge nazionale in materia di tutela dei minori e ad una grave ingiustizia perpetrata ai danni di bambini, i quali, senza alcuna responsabilità propria si trovano a fronteggiare gravi difficoltà spesso imputabili ai familiari o ad organizzazioni illegali che ne consentono l'ingresso clandestino nel nostro Paese -:
quali siano i dati a disposizione del Ministro interrogato in merito al drammatico fenomeno dei minori non accompagnati nel nostro Paese, con particolare attenzione alla situazione nel Comune di Cremona, per sapere quali provvedimenti o iniziative urgenti intenda assumere il Governo italiano.
(4-03814)
Risposta. - In relazione all'atto in esame, con il quale l'interrogante affronta il problema delle presenze di minori stranieri non accompagnati nel nostro Paese, si rappresenta che questa amministrazione è consapevole della criticità di questo aspetto specifico e particolarmente complesso del fenomeno migratorio.
La misura del problema si può desumere dai dati forniti dal Comitato minori stranieri, operante presso questo ministero, che indicano, a marzo 2007, una presenza circa 6.500 minori, di cui il solo il 26 per cento identificati, ovvero in possesso di
idoneo documento. Si precisa, in dettaglio che, al 30 giugno 2007, i minori identificati sono 1.762, mentre quelli per i quali non e stato possibile accertare l'identità sono 4.810, per un totale di 6.572 bambini.
E bene precisare che questo dato non include più i minori non accompagnati romeni (2.336) e bulgari (74), in quanto con l'ingresso nell'Unione europea della Romania e Bulgaria dal 1o gennaio 2007 la gestione dei minori provenienti da tali Paesi non e più censibile dal suddetto Comitato, ma si tratta comunque di minori non accompagnati attualmente presenti sul territorio italiano, che gravano sulle strutture dei servizi sociali dei comuni.
È necessario, poi considerare che il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati, non sta mutando nella quantità ma nella composizione poiché è sempre più caratterizzato da un aumento significativo della presenza di minori provenienti da paesi, in particolare da Egitto, Palestina, Iraq, Afghanistan, diversi da quelli di tradizionale provenienza Si tratta di minori quasi sempre non identificati, arrivati in Italia prevalentemente con i gruppi di immigrati sbarcati sulla coste meridionali, che si allontanano, facendo perdere le loro tracce, dopo una breve sosta nelle strutture di accoglienza. Questa nuova tipologia di minori presenti in Italia comporta sicuramente la necessità di una rimodulazione e la conseguente individuazione di interventi idonei a dare una risposta alle mutate caratteristiche del fenomeno.
Tale presenza impone necessariamente alcune riflessioni e la messa a punto di alcune specifiche linee di intervento e questa amministrazione sta procedendo in questa direzione, a tutela di questi fanciulli, con la collaborazione sia delle altre amministrazioni italiane competenti sia con le rappresentanze diplomatico consolari dei paesi di origine.
Si ritiene, quindi di avviare un rapido processo di innovazione nella composizione, nelle procedure e conseguentemente nelle modalità di funzionamento del «Comitato minori stranieri», così come previsto sia dal disegno di legge per la «Modifica alla disciplina dell'immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero» attualmente all'esame del Parlamento, che dal «Documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato per il 2007-2009».
In particolare sarà necessario ampliare la composizione del Comitato minori stranieri attraverso una rappresentanza delle regioni e del dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'interno che costituiscono due punti di riferimento essenziali per la gestione del fenomeno dei minori stranieri. Inoltre, appare fondamentale, nell'ambito degli indirizzi generali formulati dal Comitato, ricercare forme proficue di coordinamento tra l'azione del Comitato stesso e gli Enti locali, impegnati nell'accoglienza dei minori. A tal fine il 3 agosto 2007 è stata emanata, dal Ministro della solidarietà sociale di concerto con il Ministro per i diritti e le pari opportunità, la direttiva concernente l'utilizzo del Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati, la quale tra le varie linee di intervento in materia migratoria, definisce come area prioritaria di intervento, quella relativa alla tutela dei minori stranieri non accompagnati, da finanziare con il Fondo per l'anno 2007 per un ammontare di euro 10.000.000, individuando come ente proponente l'Associazione, nazionale comuni italiani, al fine di realizzare un programma nazionale per questi fanciulli che operi sia nell'ambito dell'accoglienza e dell'identificazione, sia per la definizione di accordi bilaterali e, inoltre, nell'aggiornamento della banca dati, nell'espletamento delle indagini familiari e, infine, nei percorsi di integrazione sociale.
Nello specifico si ritiene che una rapida e sicura identificazione dei minori rappresenta una, delle precondizioni per garantire al minore diritti, sicurezza e un vero percorso di integrazione. Pertanto nelle strutture di accoglienza, con particolare riferimento a quelle prossime alle zone degli sbarchi, dovranno operare psicologi, interpreti, mediatori culturali per favorire l'identificazione dei giovani stranieri, ricostruire le ragioni del loro progetto migratorio e fornire prime indicazioni sulla loro
condizione giuridica in Italia; inoltre, la cooperazione bilaterale con i paesi di provenienza costituisce uno strumento essenziale sia per prevenire il fenomeno sia per garantire il buon esito dei programmi di rimpatrio assistito, sostenuti con misure di reinserimento familiare e sociale dei minori nel paese di origine. Si ritiene, poi, che il censimento e il monitoraggio delle presenze costituisca uno strumento essenziale di conoscenza e di gestione del fenomeno che deve essere ulteriormente implementato anche attraverso una stretta collaborazione con gli enti locali al fine di garantire la tracciabilità della presenza del minore sul territorio italiano dall'arrivo fino alla conclusione positiva del suo percorso di integrazione o all'eventuale rimpatrio assistito; infine, l'individuazione dei genitori e la conoscenza del contesto socio-economico della famiglia nei paesi di origine consente di valutare l'opportunità di procedere al rimpatrio assistito dei minori. Tale intervento deve essere potenziato, sulla base anche delle esperienze maturate in questi anni in progetti gestiti dagli Enti locali e finanziati dal Comitato minori per accelerare e semplificare le indagini familiari. In sostanza, si tratta di sviluppare una collaborazione capillare con le realtà territoriali che gestiscono l'accoglienza dei minori, al fine di ottenere in modo più diretto tutte le informazioni riguardanti il minore, con particolare riferimento alla sua situazione familiare nel paese di origine. Da ultimo, la qualità e l'efficacia del percorso di integrazione effettuato dai minori stranieri dovranno costituire un elemento essenziale per la valutazione del grado di inserimento sociale del giovane e della sua permanenza in Italia fino al compimento della maggiore età. A tal fine dovranno essere individuati degli standard minimi e un quadro nazionale di riferimento, in collaborazione con gli Enti locali che possano garantire la solidità e l'omogeneità degli interventi sul territorio nazionale.
Il Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale: Cristina De Luca.
BONELLI, DE ZULUETA, FRANCESCATO, BOATO, LION, BALDUCCI, CASSOLA, FUNDARÒ, PELLEGRINO, CAMILLO PIAZZA, TREPICCIONE e ZANELLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'attivista indiana Medha Patkar, invitata recentemente in Italia da «A Sud» un'associazione nata nel 2003 per affiancare i movimenti sociali e indigeni del Sud del mondo attraverso progetti di cooperazione internazionale, in occasione dell'inaugurazione del Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali del sud del mondo, è stata aggredita la mattina dell'8 novembre mentre cercava di raggiungere la zona di Nandigram, nel West Bengala, dove da mesi è in corso un drammatico conflitto sociale;
all'origine delle proteste della popolazione locale, come ricordato tra l'altro da Daniela Bezzi nell'articolo «Bengala Occidentale: a Nandigram come nel Far West» pubblicato nel sito http:/www.asud.net/news, vi è la questione di oltre 20.000 acri di terra, destinati l'anno scorso dall'amministrazione del Bengala Occidentale al colosso petrolchimico indonesiano Salim senza il consenso della popolazione contadina. La resistenza nell'area di Nandigram si era fatta l'anno scorso particolarmente compatta dopo la stagione di turbolenze scoppiate intorno alle aree agricole di Singur, dove 1.000 acri di terreno erano stati autoritariamente requisiti (2 dicembre 2006) per fare spazio agli impianti Tata Motors per la produzione della low cost car, nell'ambito dell'articolata Joint Venture con la nostra Fiat. L'inflessibilità del Governatore del Bengala Occidentale, a fronte di indennità decisamente inferiori ai prezzi di mercato della terra (oltretutto in vivacissima e continua crescita in tutta l'India) non era riuscita a vincere la riluttanza del 50 per cento dei proprietari alimentando una protesta che con diversa intensità e con dinamiche diverse, non si è mai placata;
nella notte tra il 5 e il 6 novembre l'attivista Medha Patkar diramò un drammatico
messaggio nel quale lanciava l'allarme sul precipitare della situazione esprimendo: «fortissima preoccupazione circa una situazione di vera e propria guerra che minaccia di esplodere da un momento all'altro. Sono infatti migliaia i quadri CPM (Partito Comunista Marxista) che hanno circondato Nandigram da almeno tre versanti. Dai loro megafoni hanno fatto sapere che intendono riconquistare la zona (...). La presenza e il sostegno a questo attacco da parte di numerosi Ufficiali di Polizia di grado superiore, qualifica la posizione «politica» del Governo del Bengala Occidentale...»;
nello stesso appello spiegava che la situazione rischiava di diventare ingestibile, che molte vite erano già state sacrificate e che «la popolazione di Nandigram rivendica il diritto di autodifesa e sopravvivenza ed è decisa a resistere con qualunque mezzo disponibile. Abbiamo ragione di temere che tutto questo degeneri in un massacro senza precedenti, poiché non vediamo alcuna volontà da parte del Governo del Bengala Occidentale di fermare questa violenza» e chiedeva pertanto un intervento del governo centrale per porre fine a questa guerra emergente ed una mobilitazione internazionale in tal senso;
due giorni dopo Medha Patkar è stata aggredita dagli attivisti del CPI(M) - Partito Comunista Marxista, al governo del West Bengala - a Kapaseberia, nel distretto dell'East Midnapore, lungo la strada per Nandigram;
secondo quanto riporta il sito della citata associazione Medha Patkar raggiunta al telefono dopo l'accaduto avrebbe infatti affermato che: «C'erano uomini del CPI(M) che portavano bandiere rosse. Hanno bloccato la mia macchina e altri veicoli che andavano con me a Nandigram. Mi hanno ferita al viso. Hanno provato a tirarmi i capelli per trascinarmi fuori dalla macchina»;
lo scontro sociale in atto non accenna a diminuire. Secondo il gruppo anti-SEZ (Special Economic Zones) coinvolto negli scontri, la guerra tra CPI-M e i lavoratori del Trinamool ha causato fino ad oggi 5 morti, dozzine di feriti e lasciato migliaia di persone senza casa. Tutte le strade della città sono ora bloccate -:
quali misure intenda intraprendere il Governo italiano per facilitare l'interruzione dello stato d'assedio dichiarato dall'Amministrazione del Bengala occidentale nelle aree circostanti Nandigram, dove uomini, donne e bambini che stanno disperatamente resistendo al massacro di un intero territorio e affermando il loro diritto alla terra e alla sussistenza, vivono in condizioni di vero e proprio strangolamento; e in particolare se non si reputi di dover urgentemente porre in essere tutte le possibili azioni diplomatiche nei confronti del Governo Indiano e del Bengala Occidentale atte a facilitare un processo di conciliazione.
(4-05646)
Risposta. - La questione degli insediamenti industriali nel Bengala occidentale che il locale Governo sta promuovendo, anche attraverso una politica di espropriazioni e creazione di parchi industriali, è ben nota a questo ministero.
Essa d'altra parte rientra nel più ampio quadro del complesso contemperare, da parte del Governo centrale e dei governi locali, esigenze di crescita economica (che hanno fra l'altro consentito di ridurre in maniera significativa la fascia di povertà dall'avvio del piano di liberalizzazione economica nel 1991 ad oggi) con il rispetto di consolidati equilibri sociali. La posizione del Governo di Delhi è infatti attenta alla cosiddetta inclusive growth e agli aspetti sociali di redistribuzione del crescente benessere, che sono parte importante dell'XI Piano di Sviluppo del Paese (2007-2012). L'esigenza di equilibrare iniziative di rilancio economico ed industriale con la posizione delle classi più svantaggiate si riflette anche nell'acceso dibattito sulla creazione delle Special Economic Zones (aree industriali ove favorire insediamenti produttivi orientati verso l'esportazione) e dei connessi aspetti legati alla proprietà dei terreni ove debbono sorgere.
La vicenda di Nandigran ne è un esempio emblematico e d'altra parte costituisce oggetto di ampio e libero dibattito in seno all'opinione pubblica indiana, nonché di attenzione da parte delle Autorità giudiziarie locali, che in uno Stato di diritto come l'India, costituiscono la migliore garanzia che le decisioni politiche assunte o da assumersi siano in conformità con la legge e la Costituzione.
La Costituzione indiana prevede che l'ordine e la sicurezza costituiscano materia per le quali la competenza spetta in primo luogo ai Governi dei singoli Stati. Esse vengono dunque assicurate nel Bengala Occidentale dal Governo locale, che, merita sottolineare, è formato da una coalizione fra il Communist Party of India (Marxist) - che governa, democraticamente eletto, il West Bengal da oltre 30 anni - e partiti alleati del Left Front.
Proprio in questi giorni Laxman Seth, uno dei leader parlamentari del CPI-M, ha sottolineato in dichiarazioni alla stampa che il processo di espropriazione avverrà con procedure trasparenti, pagando le terre «ad un prezzo del 30 per cento superiore rispetto a quello di mercato», e con misure di sostegno e reinserimento di espropriati.
Per quanto concerne le proteste popolari verificatesi a Calcutta, secondo quanto riferito dal nostro Consolato generale che ha sede nella città, negli ultimi giorni dopo una settimana di manifestazioni prive di incidenti degni di nota, la violenza è nuovamente scoppiata il 20 novembre 2007 a Kolkata/Calcutta, soprattutto nel centro e nei quartieri musulmani. Si stimano a circa 150 i mezzi (della polizia, pubblici e privati) danneggiati. Non si hanno dati sui feriti, che sarebbero numerosi soprattutto fra le forze dell'ordine. Un massiccio intervento della Rapid Action Force ha riportato la calma nel tardo pomeriggio. In quest'ultimo caso ad originare la protesta non sono state solamente le note vicende di Nandigram, ma anche la peraltro datata presenza in quella città di un'intellettuale dissidente del Bangladesh, Taslima Nasrin, condannata per le sue critiche all'Islam ortodosso. Il Chief Minister Battacharjee ha convocato con urgenza un Consiglio dell'Esecutivo per valutare la nuova emergenza, e ha invitato i cittadini alla coesistenza pacifica.
La nostra Ambasciata a New Delhi ed il Consolato generale a Kolkata continuano a monitorare attentamente e riferire puntualmente sugli sviluppi della vicenda.
Pur trattandosi di una questione di carattere interno, sulla quale non sono ipotizzabili specifici interventi da parte del Governo italiano, non si mancherà di mantenere con il Governo indiano un dialogo finalizzato a tenere alta l'attenzione di New Delhi sul più generale tema della promozione dei diritti sociali nel Paese.
È d'altro canto significativo che, a seguito dei recenti disordini a Kolkata, il Primo Ministro indiano abbia chiesto al Governo del Bengala Occidentale di prendere debita nota delle spontanee manifestazioni popolari di protesta, invitandolo ad adottare gli urgenti provvedimenti del caso.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.
CAPEZZONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa Reuters, nella giornata di venerdì 26 ottobre, la polizia birmana sarebbe tornata a pattugliare alcuni siti religiosi a Rangoon (Myanmar) a un mese dalle proteste dei monaci buddisti, con l'obiettivo di soffocare eventuali nuovi dissensi, proprio alla fine del periodo della Quaresima buddista;
un giornalista della citata agenzia di stampa ha potuto testimoniare la presenza di poliziotti armati nelle zone d'accesso alle pagode di Sule e Shwedagon, due dei luoghi da cui iniziarono le imponenti manifestazioni antigovernative;
paradossalmente, quest'inasprimento delle misure di sicurezza arriva immediatamente dopo l'incontro tra la leader dell'opposizione e premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, e il ministro del lavoro, il generale Aung Kyi;
il quotidiano Nuova Luce di Myanmar, organo del regime militare birmano, informava giovedì 25 ottobre che le autorità cercano «falsi» monaci buddisti implicati nell'organizzazione delle manifestazioni avvenute alla fine di settembre;
secondo quanto riferito dall'agenzia di Delhi Mizzima (creata nel 1998 da un gruppo di giornalisti del Myanmar in esilio), i servizi di intelligence tailandesi avrebbero l'intenzione di perquisire gli uffici in Thailandia dei gruppi dell'opposizione filo-democratica birmana, nell'ambito di «un'operazione nazionale di sicurezza» contro i gruppi birmani «illegali»;
tale operazione, prevista per l'inizio di novembre, sarebbe stata decisa a seguito alle accuse della giunta militare del Myanmar contro le organizzazioni con sede in Thailandia, «istigatrici o sostenitrici» della protesta dei monaci;
il capo redattore dell'agenzia di stampa Mizzima a Chiang Mai, in una dichiarazione all'ADNKronos International, ha affermato che la giunta birmana avrebbe consegnato alle autorità tailandesi una lista di persone in contatto con i gruppi democratici all'interno della Birmania;
parallelamente aumenta il numero di profughi nei campi allestiti in territorio tailandese, lungo il confine con l'ex Birmania (Mae Lae, Mae La Mo ed Eh Thoo), anche se dopo la repressione di fine settembre la giunta ha bloccato le vie d'uscita dal Paese;
nel recente rapporto di Human Right Watch del 31 ottobre, la giunta militare del Myanmar viene nuovamente accusata di arruolare nel suo esercito bambini, anche di 10 anni, nel suo esercito al fine di contrastare, tra l'altro, l'alto tasso di diserzione e la mancanza di volontari;
sempre nel citato rapporto si legge che i reclutatori percepirebbero premi in denaro ed altri incentivi per ogni minore reclutato (http://www.hrw.org/ - Burma: Children Bought and Sold by Army Recruiters) e che i bambini soldato verrebbero costretti a partecipare ad abusi, ad appiccare fuoco a villaggi e costringere i civili a lavorare per l'esercito, «quelli che cercano di fuggire e vengono catturati, vengono malmenati, imprigionati o obbligati a tornare a combattere»;
secondo esponenti dell'opposizione birmana, la politica del Constructive Engagement portata avanti dall'Asean (Associazione dei Paesi del Sudest asiatico, ndr) non ha avuto alcun effetto se non quello di arricchire i generali birmani;
durante la visita a Singapore del 29 ottobre, il Ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, ha proposto la creazione di un fondo in favore dell'ex Birmania, che potrebbe essere finanziato dalla Banca Mondiale, in grado di offrire fondi, sul modello di quello costituito per contribuire alla ricostruzione del Kosovo, per sviluppare il Paese;
nella giornata del 31 ottobre, notizie d'agenzia riprese dal sito Internet dell'opposizione birmana «Mizzima news» hanno informato che i monaci buddisti del monastero Sasana Wilhmula hanno nuovamente manifestato in modo pacifico per le strade di Pakokku, città nel centro del paese;
nella giornata del 31 ottobre, notizie d'agenzia riprese del sito internet dell'opposizione birmana Mizzima news hanno informato che i monaci buddisti nel monastero di Sasana Wilhmula hanno nuovamente manifestato in modo pacifico per le strade di Pakkoku, città nel centro del paese;
le autorità militari starebbero però già indagando quali monasteri hanno aderito alla Marcia -:
come valuti questi nuovi accadimenti e le notizie relative alla «cooperazione anticrimine» con il governo tailandese citate nelle premesse, che lasciano temere nuovi inquietanti, se non addirittura drammatici, sviluppi;
come valuti le proposte del Ministro degli esteri francese e se tali proposte sono condivise dagli altri paesi dell'Unione europea;
quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere al fine di richiamare le autorità del Myanmar, anche in collaborazione con le organizzazioni internazionali, al rispetto dei diritti umani e civili, con particolare riferimento ai bambini-soldato;
quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere al fine di scongiurare che il Governo militare intervenga nuovamente con la forza nei confronti di pacifiche manifestazioni.
(4-05489)
Risposta. - La questione del rispetto dei diritti umani in Myanmar continua a destare preoccupazione e ad essere oggetto di costante attenzione da parte dell'Italia tanto in seno all'Unione europea, quanto in sede di Nazioni unite.
Vorrei come prima cosa ricordare che l'Italia ha contribuito alla decisione dell'Unione europea di presentare all'Assemblea generale delle Nazioni unite, come l'anno scorso, una risoluzione che condanna le violazioni dei diritti umani in Myanmar, avvenute o in corso nel Paese, ed invita la giunta militare a cogliere le concrete prospettive di collaborazione offerte attraverso i buoni uffici del mediatore ONU Gambari.
La risoluzione, approvata lo scorso 20 novembre dalla Terza Commissione, verrà quindi sottoposta al voto dell'Assemblea generale. Il documento si pone in un'ideale linea di continuità con la risoluzione del Consiglio dei diritti umani, sempre sulla situazione dei diritti umani in Myanmar, approvata lo scorso ottobre - per consenso - durante una sessione convocata d'urgenza su impulso dell'Italia e degli altri 16 Paesi membri del Consiglio (tra cui i 7 Paesi Unione europea).
L'Inviato Speciale del Segretario generale delle Nazioni unite, Ibrahim Gambari, ha svolto una serie di missioni nel Paese ed il Relatore Speciale del Consiglio dei diritti umani sul Myanmar, Prof. Paulo Pinheiro, ha effettuato, dopo un'attesa di quattro anni, una visita nell'ex Birmania come richiesto peraltro dalla citata risoluzione del Consiglio dei diritti umani.
Tale missione, che ha avuto un carattere soprattutto esplorativo, rappresenta un primo passo per l'avvio di un confronto serio e costruttivo con la Giunta birmana sul rispetto del diritti umani, a cui sarà ovviamente necessario che seguano al più presto altre missioni.
La situazione in Myanmar è stata argomento di discussioni in ambito dell'Unione europea e oggetto di una dichiarazione della Presidenza a nome dell'Unione europea, emessa il 25 settembre, in cui si esprime forte preoccupazione per la situazione e si invitano le autorità a non usare la forza contro i manifestanti, minacciando un ulteriore rafforzamento dell'attuale regime sanzionatorio in caso di violenze da parte delle forze dell'ordine. Anche l'Alto Rappresentante Solana ha emesso una dichiarazione in cui si chiede alle autorità di esercitare la massima moderazione nella gestione delle manifestazioni di piazza.
Da parte italiana si è da subito provveduto a stimolare il dibattito europeo in corso nei diversi formati, esprimendo al contempo la più ferma condanna dell'uso della forza.
La situazione nel Paese è stata discussa il 25 settembre dai Ministri degli esteri dell'Unione europea riuniti a New York, e dal Comitato Politico e di Sicurezza (COPS) a Bruxelles. In tali occasioni è stata sottolineata la necessità di mantenere una posizione unitaria da parte della Unione europea.
Anche a seguito dei contatti avuti da parte italiana con la Presidenza portoghese, il tema è stato affrontato su due piani: quello politico-diplomatico e quello «sanzionatorio». Per quanto riguarda le attività politico-diplomatiche, il COPS ha approvato un documento operativo preparato congiuntamente dal Segretariato del Consiglio e dalla Commissione, all'interno del quale vengono definite una serie di iniziative attualmente in corso di attuazione: una pressione diplomatica diretta
nei confronti delle autorità birmane, una serie di demarches effettuate nelle capitali dei paesi confinanti con la Birmania e nei paesi maggiormente influenti (Cina, India, Tailandia, Russia eccetera) ed uno sforzo comune dei paesi UE in ambito ONU. Parallelamente è stato avviato il processo che ha portato in occasione del Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne (CAGRE) del 15 ottobre 2007 all'adozione di un rafforzato e più esteso regime sanzionatorio che prevede:
un rafforzamento di alcune delle misure già in vigore (ulteriore estensione della lista dei già quasi 400 esponenti del regime per cui vale il divieto di visto, ampliamento delle entità per cui è previsto il congelamento di fondi);
una conferma delle restanti misure, quali l'embargo sulle armi, la sospensione di una parte dei programmi di sviluppo, nonché la sospensione delle visite bilaterali di alto livello;
l'introduzione di misure addizionali, quali il blocco delle importazioni provenienti dalla Birmania di legname, di prodotti minerari, di metalli e di pietre preziose. Parallelamente dovrebbero essere proibite le attività di investimento nonché il trasferimento di tecnologie e risorse che si riferiscono a tali settori merceologici.
In occasione del CAGRE del 19 novembre 2007, i Ministri degli esteri dell'Unione europea hanno innanzitutto accolto con favore la recente nomina dell'Onorevole Piero Fassino come Inviato speciale dell'Unione europea per la Birmania. Tale designazione conferma l'importanza che l'Unione europea e in particolare l'Italia, attribuiscono alla cooperazione con l'ONU, allo sviluppo, al cambiamento democratico, alla riconciliazione nazionale ed alla protezione dei diritti umani.
I Ministri hanno inoltre approvato una nuova Posizione comune che rinnova e rafforza il regime sanzionatorio nei confronti delle autorità birmane ed hanno espresso l'intenzione di valutare la possibilità di procedere con l'approvazione di ulteriori sanzioni.
Per quanto riguarda la proposta del Ministro degli esteri francese Kouchner di istituire un fondo di aiuti gestito dalla Banca Mondiale a favore del Myanmar per contribuire alla ricostruzione del Paese, essa non è stata ancora oggetto di discussione in ambito europeo. Una analoga iniziativa era stata lanciata nelle scorse settimane da parte britannica in occasione del meeting annuale della Banca Mondiale e del Fondo Monetario. In tale sede si era convenuto di sostenere gli sforzi dell'Inviato Speciale ONU Gambari e di attendere ulteriori approfondimenti e tangibili miglioramenti della situazione prima di definire un pacchetto di aiuti al Myanmar.
Il quadro interno birmano si presenta ancora molto critico. Dietro il forzato ripristino dell'ordine permangono tensioni e disagi che alimentano i timori di un ulteriore deterioramento, innescato dalle sempre più difficili condizioni della popolazione e dal diffuso malcontento. Occorre quindi mantenere alta l'attenzione e la vigilanza su quanto accade in Myanmar, continuando ad esercitare ogni utile pressione sul regime e sui Paesi vicini affinché si adoperino per una soluzione della crisi e sostenendo l'iniziativa diplomatica dell'ONU, che rappresenta in questa fase il principale strumento di azione della comunità internazionale.
Sono stati avviati proficui contatti con le autorità tailandesi: lo scorso ottobre ho personalmente avuto un colloquio a Bangkok con il Ministro degli esteri Nitya Pibulsonggram, con il quale ho ampiamente discusso della situazione nel Paese sottolineando la forte attenzione dei Governi e delle opinioni pubbliche italiana ed europee per la questione Myanmar. A Bangkok ho anche incontrato esponenti delle opposizioni birmane in esilio.
Il nostro Paese è molto sensibile alla problematica dei profughi birmani in Thailandia ed in epoca recente ha promosso alcune importanti iniziative attraverso l'Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati e ONG italiane.
Non abbiamo notizia della presunta operazione di intelligence condotta dalle autorità tailandesi nei confronti dei gruppi birmani di opposizione attivi in Thailandia: non mancheremo, nelle sedi opportune, di cogliere l'occasione per richiamare l'attenzione degli interlocutori tailandesi sull'episodio.
L'Italia intende continuare ad operare sul piano bilaterale, multilaterale ed europeo per promuovere ogni intervento utile che possa favorire l'avvio di un percorso di pacificazione e riconciliazione nazionale nel Paese. La nomina da parte dell'Alto Rappresentante PESC dell'onorevole Piero Fassino ad Inviato Speciale dell'UE per il Myanmar costituisce un forte segnale di attenzione da parte europea e contribuirà a rafforzare la coerenza, l'unitarietà, l'efficacia e la visibilità dell'azione UE, fornendo all'emissario delle Nazioni unite un valido supporto in un'ottica di complementarietà e reciproca sinergia.
L'onorevole Fassino ha incontrato Gambari a New York e a Singapore per offrire il suo supporto e stabilire una comune linea di azione ed ha avviato un giro di consultazioni con i principali partner europei ed asiatici per raccoglierne le valutazioni al fine di impostare in raccordo con l'Inviato ONU una strategia su Myanmar.
Dopo aver esperito i primi contatti, di concerto con il consigliere ONU Gambari, l'onorevole Fassino ha messo a punto una road map che individua alcune preliminari tappe del percorso di pacificazione e transizione democratica, quali la liberazione di Aung San Suu Kyi e dei detenuti politici, la stesura di una nuova costituzione con il coinvolgimento delle opposizioni e la definizione di un'agenda per il dialogo. L'Inviato UE ha avuto contatti a Bruxelles, Parigi, Washington e Berlino e proseguirà le sue consultazioni presso altre capitali asiatiche ed europee.
Insieme all'onorevole Fassino ho partecipato ai lavori del Vertice dell'Unione europea-ASEAN, svoltosi 22 novembre 2007 a Singapore.
In questa occasione ho richiamato i punti salienti della posizione italiana, ribadendo il pieno sostegno al mandato di buoni uffici dell'Inviato ONU Gambari e sollecitando l'ASEAN e gli altri Paesi dell'area a svolgere un ruolo più attivo nella soluzione della crisi birmana, a beneficio della stabilità della regione.
Pur prendendo atto dei più recenti sviluppi, in particolare della riunione di Aung San Suu Kyi con il Comitato Esecutivo dell'NLD e dei suoi colloqui con il Ministro del Lavoro, Aung Kyi, ho espresso disappunto per il mancato incontro tra il Generale Than Shwe e l'Inviato Gambari e per l'allontanamento del Coordinatore ONU a Yangon. Ho quindi rinnovato alle autorità di Myanmar la richiesta di favorire un reale percorso di pacificazione e riconciliazione nazionale, cogliendo l'opportunità della disponibilità manifestata da Aung San Suu Kyi ad impegnarsi in un dialogo fattivo con il Governo, mentre restano ancora non sufficienti i segnali di apertura provenienti dalla Giunta.
Il Summit - a margine del quale l'onorevole Fassino ed io abbiamo avuto colloqui bilaterali con alcune delegazioni ASEAN - si è concluso con l'adozione di una dichiarazione finale comune nella quale le due parti hanno espresso pieno sostegno al mandato di buoni uffici delle Nazioni unite e agli sforzi dell'Inviato Gambari per l'avvio di un percorso di transizione democratica e riconciliazione nazionale. I Paesi ASEAN e Unione europea hanno nuovamente chiesto il rilascio dei detenuti politici e la revoca delle misure restrittive nei confronti dei partiti politici invitando il Governo di Myanmar ad accelerare gli impegni assunti con le Nazioni Unite e ad aprire un dialogo con Aung San Suu Kyi e le altre parti coinvolte.
ASEAN e Unione europea hanno infine ribadito la comune sensibilità per le difficili condizioni della popolazione, e manifestato disponibilità a rispondere in maniera costruttiva ai progressi compiuti nel processo di riforma e trasformazione politica e alle esigenze di sviluppo a medio e lungo termine del Paese.
Per quanto riguarda la tematica dei bambini coinvolti nei conflitti armati, sia nell'accezione di minori reclutati come
soldati che in quella di vittime di guerra, premetto che essa costituisce un settore molto importante della politica estera dell'Italia in materia di diritti umani.
In questa prospettiva, la nostra valutazione della situazione dei diritti umani in Myanmar tiene particolarmente conto di quanto il Governo birmano fa per porre termine a questa piaga. In proposito, abbiamo sostenuto una forma di monitoraggio internazionale della situazione, attraverso i buoni uffici del Rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni unite per i bambini nei conflitti armati, signora Coomaraswamy, che ha potuto effettuare una visita in Myanmar lo scorso giugno 2007. La missione ha consentito la creazione di una task force delle Nazioni unite che dovrà riferire al gruppo di lavoro sui bambini e conflitti armati, in seno al Consiglio di sicurezza, sullo stato di attuazione degli impegni assunti dal Governo birmano. Va peraltro rilevato che ulteriori elementi sulla condizione dei bambini in Myanmar potranno forse essere forniti dalla relazione che il professor Pinheiro presenterà al Consiglio dei diritti umani, ricoprendo egli anche l'incarico di Relatore Speciale del Consiglio per la violenza nei confronti dei bambini.
Oltre a figurare tra gli argomenti prioritari della nostra politica estera in materia di diritti umani, il tema dei bambini nei conflitti armati rappresenta anche un importante segmento dell'azione esterna dell'Unione europea.
In particolare, il Myanmar rientra fra i Paesi prioritari per il monitoraggio e l'attuazione delle cosiddette «linee guida dell'UE su bambini e conflitti armati», strumento politico-diplomatico adottato nel 2003, sotto Presidenza italiana, che definisce una strategia dell'Unione europea di contrasto a tale fenomeno. In parallelo, l'Unione sostiene una serie progetti di cooperazione in favore dei bambini birmani, che affiancano e completano la pressione politico-diplomatica.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.
CAPEZZONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il primo novembre, il primo ministro della Bosnia-Erzegovina, il serbo-bosniaco Nikola Spiric, ha rassegnato le proprie dimissioni, quale segno di protesta contro le misure volute dall'Alto rappresentante della Comunità internazionale, Miroslav Lajkak, per facilitare il funzionamento del governo centrale;
le dimissioni arrivano all'indomani della dichiarazione di sostegno all'Alto rappresentante e alle riforme istituzionali da lui proposte da parte della comunità internazionale e del Consiglio d'implementazione della pace (PIC), riunito a Sarajevo;
tra i paesi del PIC solo la Russia si è dichiarata contraria alle linea di Lajcak, «preoccupata per le conseguenze delle misure che cambiano i meccanismi decisionali nel consiglio dei ministri e nel parlamento della Bosnia-Erzegovina» (come si legge nel documento conclusivo dei lavori);
le modifiche proposte Lajkak permetterebbero ai membri musulmani e croati del governo centrale di adottare alcune decisioni, soprattutto progetti di legge, senza il consenso dei ministri serbi;
secondo le autorità serbo-bosniache queste misure rappresenterebbero una violazione dell'accordo di Dayton che mise fine alla guerra in Bosnia-Erzegovina 1992-1995;
ad aumentare la tensione sono, inoltre, giunte le dichiarazioni del premier serbo Vojislav Kostunica che, commentando le dimissioni del premier bosniaco, ha affermato che al suo posto avrebbe dovuto rassegnare le dimissioni l'Alto rappresentante della Comunità internazionale, responsabile - secondo Kostunica - della crisi in Bosnia;
il primo ministro serbo ha chiesto alla Comunità internazionale di far rispettare l'accordo di Dayton e «di rettificare gli errori che hanno portato alla grave crisi in Bosnia»;
forti dell'appoggio di Belgrado e Mosca, i serbo bosniaci hanno iniziato il ritiro dei propri rappresentanti dalle istituzioni comuni previste dalla complessa struttura costituzionale bosniaca;
nonostante segnali confortanti giungano sul versante della ripresa economica, la Bosnia-Erzegovina, ma in generale tutta la regione dei Balcani, rischia ancora di sprofondare in una nuova crisi, a causa della debolezza delle istituzioni politiche, del nazionalismo, del dilagare della corruzione e della criminalità, dei sempre delicatissimi rapporti interetnici;
il prossimo anno sarà cruciale per consolidare il processo di transizione nei Balcani occidentali, in particolare per il rafforzamento delle istituzioni e dei processi democratici in gran parte dei Paesi dell'area;
ancora molto da fare rimane per quanto attiene la concreta difesa dei diritti umani, il rimpatrio degli sfollati a causa delle guerre dei decenni scorsi e la tutela delle minoranze -:
quali siano le sue valutazioni in merito a questi accadimenti, che da molti osservatori sono visti come un il primo passo verso il tentativo di secessione della Srpska Republika, magari da proclamare immediatamente a seguito dell'eventuale dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kossovo;
se e come il Governo stia intervenendo o intenda intervenire, di concerto con gli altri Paesi della UE e delle organizzazioni internazionali al fine di scongiurare che questi fatti, rinvigorendo odi e rancori interetnici mai sopiti, possano portare la Bosnia-Erzegovina nuovamente sull'orlo di una guerra civile.
(4-05501)
Risposta. - Sul piano politico generale, l'Italia sostiene la prospettiva euroatlantica della Bosnia-Erzegovina e, in un'ottica di progressiva responsabilizzazione delle autorità locali, incoraggia la dirigenza politica a tradurre in atti legislativi concreti il Piano di Azione del 22 novembre 2007 per l'attuazione della Dichiarazione di Mostar del 28 ottobre 2007 (sottoscritta dai sei Partiti della coalizione con l'impegno di realizzare la riforma della polizia e quella costituzionale) ed a riavviare con spirito costruttivo, dopo i momenti di particolare criticità del novembre scorso, le riforme fondamentali ed il dibattito costituzionale, al fine di procedere quanto più speditamente possibile sul cammino verso l'Unione europea
Il provvedimento adottato dall'Alto Rappresentante Lajcak - avvalendosi dei poteri di Bonn - volto a semplificare il regolamento dei lavori del Consiglio dei Ministri in Bosnia-Erzegovina, era conforme alle prescrizioni di Dayton e non inficiava in alcun modo le garanzie di cui beneficiano le etnie costitutive. La polemica interna, che si era innescata su tale provvedimento, non era priva di strumentalizzazioni ed era stata condotta prevalentemente dal Primo Ministro della Repubblica Srpska, Dodik. Le successive dinamiche di politica interna avevano peraltro consentito di addivenire ad un accomodamento tra i partiti della maggioranza che non solo risolvevano la crisi in atto (relativa alle misure di Lajcak, su cui si è pervenuti ad un compromesso), ma che sbloccavano altresì le procedure relative all'Accordo di Stabilizzazione e Associazione (ASA) con l'Unione europea, tanto che il Commissario all'Allargamento, Rehn, si è recato d'urgenza a Sarajevo il 4 dicembre scorso per parafare il documento, dando così nuovo slancio alle procedure di avvicinamento della Bosnia-Erzegovina all'Unione europea.
Quanto alla crisi di governo prodotta dalle dimissioni del Primo Ministro Spiric (serbo), anch'essa può ritenersi risolta, data la disponibilità di quest'ultimo a riassumere l'incarico, con la medesima compagine governativa.
Siamo ben consapevoli sia della delicatezza delle dinamiche interne del Paese, sia del più ampio quadro regionale in cui prevale l'incertezza sul futuro status del Kossovo, decisione che potrebbe avere ripercussioni anche in Bosnia-Erzegovina. Negli ultimi tempi l'Italia si è attivata in modo particolare, ed ai massimi livelli, al fine di scongiurare l'ipotesi di una escalation
della preoccupante crisi che aveva investito il paese e che avrebbe assecondato di fatto il gioco degli elementi disturbatori, in un contesto regionale quanto mai a rischio. Il Governo si è anzi reso disponibile ad approfondire ogni ipotesi per la formazione di un consenso in materia di riforma della polizia e pervenire alla parafatura dell'ASA, tappa essenziale per l'ancoraggio all'Europa. Tra le conseguenze positive della soluzione della crisi bosniaca, vi è anche la cessazione di iniziative o messaggi pubblici provenienti da Belgrado o da altre parti che collegassero la vicenda del Kossovo con le potenziali spinte secessioniste presenti nella Republika Srpska. Operiamo anche in stretto raccordo con i partner del Quint, del Gruppo di contatto e dell'Unione europea. In ambito Quint, si ricorda il passo che l'Italia ha compiuto presso il Ministero degli Esteri serbo, assieme a Francia, Germania e Gran Bretagna, per manifestare forte preoccupazione per le dure reazioni del Primo Ministro Kostunica alle misure adottate da Lajcak nel paese il 19 ottobre 2007, a seguito del fallimento del negoziato sulla riforma della polizia. L'evoluzione della situazione del Paese, quindi, è stata costantemente monitorata dall'Italia anche attraverso i numerosi incontri avvenuti tra le nostre Autorità e gli omologhi bosniaci. In questo contesto, ritengo utile segnalare la mia missione a Serajevo il 19 novembre scorso nel corso della quale ho avuto modo di manifestare personalmente sia l'estrema sensibilità dell'Italia per la stabilità del paese e più in generale per i Balcani occidentali sia l'importanza di un rilancio del processo di avvicinamento all'Unione europea.
Continuiamo a mantenere un contatto costante con l'Alto Rappresentante Lajcak al fine di prevenire il rischio di un rigurgito delle forze nazionaliste che possa nuovamente destabilizzare il quadro politico. È nostra ferma convinzione che il migliore rimedio contro tali spinte e la loro prevenzione, sia il processo di avvicinamento del Paese all'UE (ed alla Nato) che può ora considerarsi pienamente riavviato.
Infatti, anche in ambito comunitario, il Governo italiano continua a seguire con la massima attenzione l'evoluzione della situazione in Bosnia-Erzegovina. In occasione del CAGRE del 10 dicembre 2007, i Ministri, prendendo atto con soddisfazione della parafatura dell'Accordo di Stabilizzazione e di Associazione (4 dicembre 2007), hanno nuovamente richiamato gli esponenti politici locali circa la responsabilità di assicurare il pieno funzionamento delle istituzioni statali e l'avanzamento delle riforme necessarie a consentire al Paese il passaggio verso una struttura statuale autonoma ed autosufficiente, nonché a rendere possibile la firma dell'ASA (piena cooperazione con il TPIJ, rafforzamento della capacità amministrativa e del quadro legislativo, adozione ed attuazione della legislazione sulla radiodiffusione pubblica) in tempi rapidi.
Il Governo italiano ha accolto quindi con particolare favore i positivi sviluppi occorsi di recente in Bosnia-Erzegovina: l'approvazione, il 3 dicembre 2007, da parte del Consiglio dei Ministri del già citato Piano d'azione del 22 novembre e l'adozione delle misure disposte dall'Alto Rappresentante Lajcak allo scopo di agevolare il funzionamento delle istituzioni centrali - che hanno consentito di pervenire alla citata parafatura dell'ASA.
L'importante risultato sancisce la conclusione di una delle più serie crisi politiche attraversate dalla Bosnia-Erzegovina negli ultimi anni e costituisce un momento di svolta per l'inizio del nuovo corso nella vita politica dei Paese. È stato inoltre evitato il rischio che la BiH rimanesse il solo Paese dell'area senza una prospettiva concreta di avanzamento sul cammino verso l'Europa (il Montenegro ha firmato l'ASA con l'UE il 15 ottobre 2007, mentre analogo Accordo con la Serbia è stato parafato il 7 novembre 2007).
L'apparente determinazione ed unità d'intenti mostrata successivamente dai leader politici locali nel senso di un loro rinnovato impegno a far ripartire il processo di riforme viene ritenuta incoraggiante. Nel corso della riunione dell'11 dicembre 2007 tra i leader dei sei partiti
che compongono la coalizione di governo (alla presenza dell'Alto Rappresentante Lajcak), è stata decisa l'istituzione di un gruppo di lavoro incaricato di redigere i testi di legge relativi alla creazione degli organi statali di coordinamento per l'attuazione della prima fase del Piano d'Azione entro la prima metà del febbraio prossimo e concorde è stato l'impegno a rilanciare la riforma della pubblica amministrazione, una delle quattro condizioni al cui adempimento è legata la firma dell'ASA.
La strategia della Commissione europea, fortemente sostenuta dal nostro Governo e condivisa dalla Presidenza slovena, è ora quella di accelerare proprio la tempistica della firma dell'Accordo, approfittando della dinamica positiva innescata dalla parafatura.
A tale risultato ha anche indubbiamente contribuito in maniera determinante l'azione portata avanti dal nostro Paese nell'arco dell'ultimo anno a favore del concreto rafforzamento della prospettiva europea della BiH e di tutti i Paesi dei Balcani occidentali.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
CASTAGNETTI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa, al Ministro del commercio internazionale. - Per sapere - premesso che:
secondo un rapporto diffuso da un gruppo di Organizzazioni non governative (Ong) europee e internazionali, tra cui Rete Disarmo, Saferworld e Amnesty International (http://www.disarmo.org/rete/docs/2128-22468-report-india-myanmar.pdf) il governo dell'India avrebbe aggirato l'embargo dell'Unione europea del 1988 nei confronti della dittatura militare birmana per la fornitura di armi o componenti militari;
in particolare l'India fornirebbe al regime militare del Myanmar l'Advanced Light Helicopter (Alh), un elicottero d'attacco prodotto in India, ma con componenti essenziali di provenienza europea, tra cui l'Italia;
i vari modelli dell'Alh contengono lanciamissili fatti in Belgio, missili e motori francesi, freni prodotti in Italia, serbatoi per il carburante e scatole del cambio britanniche, equipaggiamenti per l'autodifesa fabbricati in Svezia. Aziende tedesche hanno svolto un ruolo determinante nello sviluppo del design dell'Alh, mentre aziende statunitensi sono coinvolte nella produzione dell'equipaggiamento militare dell'elicottero;
l'elicottero verrebbe usato nelle operazioni di repressione svolte dall'esercito birmano;
il fatto, se confermato, costituirebbe una grave violazione non solo dell'embargo UE ma di fatto, aggirandola, anche della normativa italiana, che tra l'altro vieta l'esportazione ed il transito di materiali di armamento «verso i Paesi i cui governi sono responsabili di accertate violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti dell'uomo» (legge 9 luglio 1990, n. 185 - Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento) -:
di quali informazioni disponga in merito alla vicenda il Governo e quali iniziative abbia intrapreso, alla luce dei recenti avvenimenti, per sostenere efficacemente a livello europeo e internazionale l'embargo sulla vendita delle armi al regime militare di Myanmar.
(4-05057)
Risposta. - L'Italia e l'Unione europea seguono da tempo con la massima attenzione e preoccupazione la situazione in Myanmar e sono profondamente impegnate per promuovere le iniziative necessarie a sostenere il desiderio di libertà del popolo birmano e ad indurre il regime di Yangon ad avviare finalmente un dialogo con l'opposizione democratica.
Nel quadro delle iniziative politico-diplomatiche, l'Unione europea ha effettuato una serie di demarches nelle capitali dei paesi confinanti con la Birmania e nei paesi
maggiormente influenti (Cina, India, Tailandia, Russia eccetera).
Sin dal 27 luglio scorso la Troika dell'Unione europea su mandato del Consiglio (PESC-COASI/COARM) ha svolto un passo a Nuova Delhi per ottenere chiarimenti e mettere in guardia le Autorità indiane in merito a quanto asserito da Amnesty Intemational e SafeWorld circa progettate forniture al Myanmar di elicotteri leggeri d'attacco ALH, prodotti in India utilizzando alcuni componenti forniti da Stati membri UE.
Le autorità indiane, tramite il Sottosegretario per gli affari europei del Ministero degli esteri hanno prontamente e ufficialmente smentito qualsiasi intenzione di fornire tali elicotteri al Myanmar.
Tutti i trasferimenti di materiali d'armamento dall'Italia all'India, consentiti dalla legge 185/90 vengono autorizzati solo a fronte del rilascio di appositi certificati governativi di uso finale (EUC) debitamente legalizzati. Il loro arrivo a destino è sempre verificato mediante acquisizione di specifiche certificazioni governative.
Queste condizioni si applicano con identico rigore anche quando i materiali non siano sistemi d'arma completi (componenti, parti di ricambio) e anche quando il loro valore sia irrisorio.
Beninteso i componenti di origine italiana destinati all'elicottero ALH sono assoggettati a tale condizione.
Si tenga presente che con il rilascio di codesti certificati di uso finale il Governo indiano si è formalmente impegnato a non riesportare i materiali acquistati in Italia (e conseguentemente anche i distinti sistemi d'arma nei quali detti materiali siano inglobati, come l'elicottero ALH) senza l'espresso assenso del Governo italiano.
Vorrei infine ricordare che il 10 ottobre 2007, in occasione della visita ufficiale in India, il Vice presidente del Consiglio onorevole D'Alema ha sollevato il tema durante l'incontro con l'omologo Pranab Mukherjee ed il premier Shri Manmohan Singh.
I due interlocutori del Ministro D'Alema hanno ufficialmente e formalmente escluso nel modo più netto - come anche riportato dagli organi di stampa - che l'India stia fornendo armamenti di alcun genere o anche soltanto supporti logistici al Myanmar.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.
GIULIO CONTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in ogni aeroporto esiste un servizio di pronto soccorso;
tale servizio compete, negli aeroporti a diretta gestione statale, al ministero della salute che, con decreto del 12 febbraio 1988, ne ha poi affidato la gestione alla Croce Rossa Italiana;
negli aeroporti in gestione totale a società concessionarie, invece, il servizio di pronto soccorso è a carico della società stessa;
i medici che lavorano nei pronto soccorso a diretta gestione statale hanno un contratto libero-professionale bimensile, rinnovabile a fiducia del Presidente della Croce Rossa locale, ed effettuano un servizio diurno e notturno presentando alla Croce Rossa del territorio ove ha sede l'aeroporto, una fatturazione secondo le ore effettuate;
tali medici percepiscono una tariffa oraria di 10,33 euro lordi l'ora nei giorni feriali e 13,43 euro lordi nei giorni festivi per un massimo di 36 ore settimanali e di 70/80 ore mensili;
il Sindacato dei Medici Civili Aeroportuali (SIMeCA) denuncia oltre l'esiguità delle tariffe corrisposte ai medici, la carenza di personale e di misure standard volte a garantire l'efficienza e la sicurezza dei servizi sanitari dei pronto soccorso aeroportuali, anche in relazione a situazioni di emergenza di grandi proporzioni. Il decreto ministeriale del 16 settembre 1998, ha istituito un apposito gruppo di studio per determinare la dotazione minima dei centri di pronto soccorso,
al fine di assicurare omogeneità delle prestazioni e dotazioni dei centri affidati sia alla Croce Rossa Italiana che ai concessionari;
al termine dei lavori del gruppo di studio è stato predisposto un articolato sul cui testo sono state formulate osservazioni da parte dell'Associazione dei gestori aeroportuali che ne ha di fatto bloccato l'adozione rimandandone l'approfondimento nell'ambito di una Conferenza dei servizi convocata nel gennaio del 2002;
per effetto della modifica all'articolo 117 della Costituzione, la materia di primo intervento sanitario aeroportuale rientra tra le funzioni e i compiti da conferire da parte dello Stato alle Regioni e Province autonome;
a tal fine è stato predisposto uno schema di accordo da parte dell'Ufficio per il Federalismo della Presidenza del Consiglio e le amministrazioni competenti che disciplinerebbe, tra l'altro, anche le modalità di trasferimento delle risorse economiche -:
se non si reputi opportuno, al fine di risolvere tale annosa situazione, verificare gli esiti della Conferenza dei Servizi in merito all'adozione del provvedimento determinato a seguito del decreto del 16 settembre 1998;
se non si reputi altrettanto opportuno sollecitare l'iscrizione dello schema di accordo predisposto dall'Ufficio per il Federalismo della Presidenza del Consiglio dei ministri all'ordine del giorno della Conferenza Stato-Regioni;
se non si reputi inoltre necessario rivedere e riqualificare le tariffe economiche professionali attualmente inique corrisposte ai medici dei pronto soccorso aeroportuali, anche in base alla proposta di aumenti onorari concordata tra la Croce Rossa Italiana e il SIMeCA, onde equiparare gli aumenti almeno alle tariffe attuali del servizio di medicina di continuità assistenziale riferite al triennio 2002/2005.
(4-01937)
Risposta. - Il Decreto del Ministro della sanità e del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro del tesoro, del 12 febbraio 1988, citato nell'atto parlamentare, prevede (articolo 4) la corresponsione al personale sanitario (medici e infermieri), assunto a rapporto convenzionale dalla Croce Rossa Italiana (C.R.I.), di un compenso orario sulla base di tariffe preventivamente approvate da questo ministero d'intesa con il competente ministero del tesoro.
Le tariffe orarie in precedenza corrisposte erano le seguenti: euro 10,33 (tariffa oraria diurna feriale), euro 13,43 (tariffa oraria festiva o notturna), euro 15,49 (tariffa oraria festiva notturna).
A seguito della richiesta della C.R.I. di aumentare le predette tariffe, prendendo a riferimento il compenso orario lordo onnicomprensivo corrisposto al medico di continuità assistenziale per ogni ora di attività (euro 20,84), ai sensi dell'articolo 72 del vigente accordo collettivo che disciplina i rapporti del Servizio sanitario nazionale con i medici di medicina generale, il ministero della salute con nota del 28 dicembre 2006 ha rappresentato al ministero dell'economia e delle finanze l'esigenza di aggiornate gli attuali compensi nei termini proposti dalla C.R.I., con richiesta della relativa copertura finanziaria.
In data 23 agosto 2007, il suddetto ministero ha precisato che l'attività dei medici della continuità assistenziale viene svolta esclusivamente in orario notturno e festivo (dalle ore 20,00 alle ore 8,00 di tutti i giorni feriali e dalle ore 10,00 del giorno prefestivo alle ore 8,00 del giorno successivo al festivo), contrariamente a quanto avviene per i medici attivi nelle strutture aeroportuali, i quali sono presenti anche in orario diurno.
Pertanto, in coerenza con il citato articolo 72 e considerata la disarticolazione delle tariffe attualmente previste per i medici aeroportuali, sono state indicate le seguenti nuove tariffe lorde: euro 13,90 (tariffa oraria diurna feriale - incremento del 34,54 per cento), euro 18,07 (tariffa oraria festiva o notturna - incremento del
34,54 per cento), euro 20,84 (tariffa oraria festiva notturna - incremento del 34,54 per cento).
Tali valori derivano dall'allineamento della massima tariffa attualmente praticata al valore di 20,84 euro, con incremento dal 34,54 per cento e riproporzionando le altre due tariffe, in applicazione dal medesimo tasso di incremento.
Le nuove tariffe comportano un maggior onere per la C.R.I., quantificabile in circa 1 milione di euro.
Pertanto, sulla base del citato articolo 4, questa Amministrazione ha provveduto a verificare la praticabilità della soluzione prospettata, comunicando in data 6 novembre 2007 l'adeguamento delle tariffe orarie alla Croce Rossa Italiana.
Per quanto concerne il conferimento alle Regioni delle funzioni e dei compiti in materia di primo intervento sanitario aeroportuale, ai sensi dell'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, si precisa che la Direzione generale delle risorse umane e delle professioni sanitarie del ministero della salute, avendo contribuito in sede tecnica alla redazione dell'accordo che definisce le funzioni, i criteri e le modalità per il trasferimento delle relative risorse alle regioni, ha chiesto in data 20 novembre 2006 all'ufficio per il federalismo amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri, di far conoscere lo stato dell'iter procedurale relativo allo schema di articolato, stante l'esigenza di prorogare il rapporto convenzionale con la C.R.I. per l'anno 2007.
In data 12 dicembre 2006, si è svolta presso il predetto ufficio la riunione per la definitiva stesura dello schema di accordo, ai fini del successivo inoltro alla Conferenza Stato-Regioni.
In tale occasione è stata inoltre confermata la necessità di mantenere l'affidamento del servizio alla C.R.I. fino all'effettiva assunzione delle relative competenze da parte delle regioni.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
FABRIS. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 16 Agosto 2007, due ragazzi, Angelika Kaswalder e Leonardo Barbadoro, rispettivamente di 22 e 20 anni, sono partiti dall'aeroporto Galileo Galilei di Pisa per partecipare ad un festival musicale nella città di Hardewijk, in Olanda;
tali ragazzi, dopo aver partecipato al festival, si sono recati, il giorno 20 agosto, presso la stazione ferroviaria per prendere il treno, delle ore 14.40, per Berlino, dove sarebbero stati poi ospitati da amici di famiglia;
poco dopo aver attraversato il confine con la Germania, un poliziotto di frontiera ha eseguito un controllo dei documenti di tutti i passeggeri e un controllo dei bagagli;
ai nostri due connazionali non sono stati controllati i bagagli ma è stato richiesto solo dove fossero stati riposti e cosa avrebbero fatto una volta giunti in Germania;
dopo aver indicato le proprie valigie, riposte negli appositi spazi previsti sul treno, il poliziotto ha chiesto ai due giovani se anche un'altra borsa, della stessa marca (Luis Vuitton) di una delle loro due, fosse di loro proprietà, ma la risposta fu negativa e in quel mentre, un altro passeggero, di origini lettone-polacche, è intervenuto per dichiararne la proprietà;
dopo circa le ore 20.00 i due ragazzi si sono recati nel vagone ristorante del treno e subito dopo sono stati raggiunti da un altro poliziotto di frontiera, il quale, dopo aver richiesto i documenti, ha ancora una volta richiesto se la valigia (di marca Luis Vuitton) presente nel loro vagone, appartenesse a loro;
i due ragazzi, ritenendo che il poliziotto si stesse riferendo ad una delle loro due valigie, hanno risposto affermativamente e dopo aver specificato il contenuto della borsa sono stati accompagnati nel loro vagone, dal medesimo poliziotto è da altri due colleghi;
una volta giunti ai propri posti, non senza essere stati spintonati in malo modo dai poliziotti di frontiera, hanno trovato il passeggero lettone-polacco ammanettato;
gli agenti li hanno, quindi, dichiarati in arresto, dicendo che il passeggero lettone polacco trasportava nell'altra valigia di marca Luis Vitton, circa due chili e mezzo di anfetamina e sosteneva di essere stato pagato dai due ragazzi 350 euro perché li trasportasse,
sono stati quindi invitati a prendere i loro bagagli e a scendere dal treno per dirigersi alla stazione di polizia di Bad Bentheam;
durante il tragitto in treno verso Bad Bentheam, su richiesta degli agenti e in presenza del terzo arrestato, hanno fornito una descrizione dettagliata dell'iter del viaggio;
una volta giunti alla stazione di polizia sono stati separati, spogliati e perquisiti interamente;
un'agente donna ha effettuato un controllo anale-vaginale sulla ragazza, ed un altro agente sul ragazzo;
dopo i controlli sono stati successivamente rinchiusi in cella, senza la possibilità di rivestirsi completamente;
è stato loro negato di avvertire la famiglia, contattare un avvocato, utilizzare i servizi igenici, di aver acqua e cibo;
dopo circa sei ore sono stati prelevati dalle celle per il rilievo delle impronte digitali, per le foto segnaletiche ed il prelievo di saliva per il test del DNA;
sono stati quindi interrogati nuovamente, alla presenza di un interprete, che stando a quanto riferito dalla ragazza, che conosce il tedesco, non riportava esattamente le sue dichiarazioni;
dopo l'interrogatorio sono stati costretti a firmare diversi documenti senza che venisse loro specificato il futuro utilizzo;
in seguito all'interrogatorio sono stati trasferiti nella prigione di Nordhorn, nuovamente spogliati e privati dei propri effetti personali;
solo alla ragazza, in preda a forti dolori, è stato concesso l'utilizzo dei servizi igenici;
il mattino seguente sono stati condotti davanti ad un giudice dove sono stati processati separatamente, senza l'ausilio di un avvocato, dal momento che lo stesso giudice ha fatto presente che se avessero voluto un avvocato avrebbero potuto chiamarne uno esclusivamente del Land della Sassonia e che questo comunque avrebbe comportato per loro altri giorni di carcere;
i due giovani si sono così visti costretti a difendersi da soli;
dopo essere stati entrambi ascoltati dal giudice, gli è stato imposto un prelievo di sangue per degli accertamenti:
a conclusione dell'udienza e prima del previsto prelievo, viste le precarie condizioni fisiche dei due giovani, sono stati accompagnati dalla polizia in un supermercato per fare degli acquisti (ammanettati) di generi alimentari;
sono successivamente stati condotti nuovamente alla prigione di Nordhorn, sottoposti a prelievo di sangue, e quindi accompagnati alla stazione ferroviaria di Bad Bentheam per prendere il treno per Berlino;
non è stata consegnata ai due giovani alcuna copia del verbale del processo e che la loro posizione giuridica è allo stato dei fatti non chiarita -:
quali provvedimenti il Ministro interrogato intenda porre in essere per accertare, presso le competenti autorità tedesche, come si sono svolti realmente i fatti alla luce di quanto descritto in premessa e acclarare definitivamente la posizione giuridica dei due giovani.
(4-05522)
Risposta. - Il Consolato generale d'Italia ad Hannover, venuto a conoscenza della vicenda della signora Angelica Kaswalder e
del signor Leonardo Barbadoro a seguito della trasmissione di questo atto parlamentare, è immediatamente intervenuto presso le competenti Autorità tedesche per ottenere chiarimenti in merito a quanto accaduto ai due connazionali.
Le Autorità interpellate hanno comunicato che lo scorso 21 agosto la signora Kaswalder e il Signor Barbadoro sono stati fermati su un treno proveniente dall'Olanda, a seguito di alcune dichiarazioni rese da un cittadino lettone alla polizia, secondo le quali gli interessati lo avrebbero pagato per trasportare un ingente quantitativo di pasticche contenute in una borsa ritrovata nei pressi dei sedili, sui quali i due connazionali viaggiavano; borsa della quale lo stesso lettone si era dichiarato proprietario.
In data 22 agosto 2007 la signora Kaswalder e il signor Barbadoro, che durante un primo interrogatorio avevano negato ogni addebito, sono stati condotti davanti al giudice al fine di accertare la sussistenza dei presupposti per poter tramutare il fermo in arresto. Poiché l'Autorità giudiziaria non ha ritenuto di dover procedere alla contestazione di accuse specifiche nei confronti dei due connazionali - nonostante i controlli effettuati sulle pasticche in questione avessero rivelato la presenza di sostanze illecite secondo la legge tedesca - la signora Kaswalder e il signor Barbadoro sono stati rilasciati nella stessa giornata del 22 agosto. Le indagini su quanto accaduto risultano ancora in corso.
Le Autorità investite della questione dal Consolato generale ad Hannover hanno negato per iscritto che i due connazionali siano stati oggetto di qualsivoglia maltrattamento durante il periodo di fermo ed hanno affermato che i prelievi di sangue e di saliva necessari per gli esami tossicologici e del DNA sono stati eseguiti con il consenso degli interessati. Le stesse Autorità hanno aggiunto che tutta l'operazione di polizia, che ha coinvolto la signora Kaswalder e il signor Barbadoro, è avvenuta nel pieno rispetto della normativa tedesca vigente in materia.
Il fermo dei due cittadini italiani, infine, non è stato notificato al Consolato italiano poiché esso è avvenuto in orario notturno ed essendo gli interessati stati rilasciati il giorno successivo, la comunicazione non si è resa più necessaria.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
FRANZOSO. - Al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
il comune di Ginosa dal 2002 è ente accreditato per la realizzazione di progetti di Servizio civile;
presso il comune di Ginosa dal 2002 vengono svolti con successo, e nel più rigoroso rispetto dei progetti approvati dal Servizio civile, numerosi progetti che vedono ed hanno visto impegnati, con eccezionali risultati, centinaia di giovani;
in data 29 marzo 2007 un ispettore del Servizio civile ha effettuato un controllo sulle attività svolte nell'ambito di due progetti di Servizio civile realizzati presso il comune di Ginosa, evidenziando alcune presunte irregolarità;
il comune di Ginosa ha prontamente ed esaustivamente controdedotto alle osservazioni formulate dall'Ufficio del Servizio civile relative alle presunte irregolarità segnalate dall'ispezione;
le controdeduzioni del comune di Ginosa sono state arbitrariamente ed ingiustificatamente non tenute nella debita considerazione dall'UNSC;
in data 4 giugno 2007 l'UNSC ha emesso un provvedimento nei confronti del comune di Ginosa in base al quale, oltre alla interdizione per il comune stesso a potere presentare per un anno ulteriori progetti di Servizio civile, è stata disposta la revoca della approvazione del progetto di Servizio civile denominato «Un amico... in Comune» ed il conseguente «licenziamento» ingiustificato di ventidue giovani impegnati nel suddetto progetto;
tale provvedimento dell'UNSC, in particolare l'ingiustificato ed immotivato «licenziamento»
in tronco dei ventidue ragazzi e ragazze impegnati nel progetto «Un amico... in Comune», appare all'interrogante viziato in radice ed altamente lesivo dei diritti dei giovani impegnati nel richiamato progetto che stava producendo, come tutti gli altri progetti in fase di realizzazione nel comune di Ginosa, notevoli risultati in termini di qualità del servizio prestato e di apprendimento dei giovani impegnati nel progetto -:
quali siano le motivazioni per cui sia stato scelto proprio il comune di Ginosa come ente da sottoporre ad «ispezione»;
quale sia il motivo per cui le controdeduzioni del comune di Ginosa non siano state tenute nella debita considerazione;
quali e quante altre ispezioni siano state effettuate dall'UNSC nel territorio nazionale e nella Regione Puglia in particolare ed i consequenziali provvedimenti sanzionatori emessi, ove emessi.
(4-04320)
Risposta. - In relazione all'atto in esame si fa presente quanto segue.
Per quanto riguarda il primo quesito con il quale si chiede di conoscere il motivo in base al quale è stato scelto il comune di Ginosa come ente da sottoporre ad ispezione occorre far presente che l'ufficio effettua l'attività di verifica sui progetti di servizio civile mediante ispezioni programmate o puntuali.
Le ispezioni programmate, tra le quali rientra quella effettuata nei confronti del comune di Ginosa, sono disposte in base ad un programma periodico delle attività che viene elaborato secondo determinati criteri quali, ad esempio, la necessità di estendere le verifiche in maniera indistinta su tutto il territorio nazionale e di diversificare i settari di intervento nei quali si svolgono le ispezioni.
Al di fuori dell'attività programmata, le verifiche sono effettuate ogni qualvolta sussista un interesse particolare all'espletamento dell'attività ispettiva o emergano, anche attraverso le attività di monitoraggio, fatti o situazioni che denuncino una non conformità alle disposizioni previste dalla legge 6 marzo 2001 n. 64, dal decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, nonché dalla normativa secondaria e dai progetti approvati.
Con riferimento al secondo quesito posto dall'interrogante, circa le ragioni per cui nel provvedimento sanzionatorio adottato nei confronti del comune di Ginosa, non si è tenuto conto delle controdeduzioni formulate a seguito della contestazione degli addebiti, si rappresenta che l'Ufficio nazionale per servizio civile, nell'adozione del provvedimento ha considerato e valutato le controdeduzioni ed inoltre ha definito il procedimento sanzionatorio nel rispetto delle disposizioni in materia.
Si illustra di seguito il quadro normativo relativo alla vicenda riguardante comune di Ginosa, al fine di consentire una migliore comprensione dell'operato dell'amministrazione.
L'articolo 8, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, recante «Disciplina del servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 della legge 6 marzo 2001 n. 64», prevede che il rapporto di servizio civile si instaura sulla base di un contratto stipulato tra l'Ufficio e il volontario previa procedura selettiva effettuata dall'ente presso il quale il volontario stesso sarà impiegato. Tale contratto indica chiaramente, nelle premesse, la denominazione del progetto di servizio civile da realizzare, l'ente che lo ha proposto e la sede presso la quale si realizza il progetto stesso. Pertanto è evidente che l'ente di servizio civile non può arbitrariamente disporre il trasferimento dei volontari presso una sede diversa da quella indicata nel contratto di servizio civile.
Peraltro, la circolare 8 settembre 2005 recante «Doveri degli enti di servizio civile e infrazioni punibili con le sanzioni amministrative previste dall'articolo 3-bis, della legge 6 marzo 2001, n. 64» prevede al paragrafo 1, lettera g) il dovere di «impiegare il volontario presso le sedi di attuazione accreditate secondo i piani di azione, l'oraria di servizio e l'articolazione settimanale previsti dal progetto».
Il paragrafo 2 della circolare in argomento individua le condotte illecite cui applicare le singole sanzioni previste dalla legge n. 64/2001 e, al punto 2.3. lettera c), prevede la sanzione amministrativa della revoca dell'approvazione del progetto nella ipotesi: di «impiego del volontario presso sedi di attuazione non accreditate, fatto salvo quanto previsto dal paragrafo 5 della circolare 30 settembre 2004». Al successivo punto 2.4. lettera e) è prevista, invece, la sanzione dall'interdizione temporanea a presentare progetti per la durata di un anno nel caso di «impiego del volontario in attività non previste dal progetto o presso altre sedi di progetto o in altri progetti».
L'impiego del volontario presso sedi non accreditate o diverse da quelle indicate nel progetto è considerata, quindi, dalla vigente normativa come condotta illecita. L'istituto del trasferimento, infatti, è una fattispecie non contemplata nell'ambito del servizio civile volontario e gli uffici casi in cui il trasferimento è consentito sono quelli previsti dalla citata circolare del 30 settembre 2004, concernente «Disciplina dei rapporti tra enti e volontari del servizio civile nazionale», che al paragrafo 6 individua alcune ipotesi di «temporanea modifica della sede di servizio» riconducibili una (di cui al paragrafo 6.1) a specifiche attività connesse alla realizzazione del progetto e previste nello stesso, l'altra (di cui al paragrafo 6.2) a situazioni di emergenze di protezione civile - sia nella fase della calamità che in quella post emergenziale - o di missioni umanitarie.
Tanto precisato, con riferimento alla vicenda del Comune di Ginosa, si fa presente che l'Ufficio, il giorno 29 marzo 2007, ha effettuato un'ispezione presso il Comune stesso che ha riguardato in particolare il progetto «Un Amico ... in Comune».
Nell'ambito di detto progetto sono indicate due sedi di attuazione, precisamente «Piazza Marconi» e «Piazza Indipendenza», entrambe nella città di Ginosa. Inoltre, non è stata prevista la possibilità di impiegare i volontari in sedi diverse se non nell'ambito di «sedi comunali decentrate» o nel caso di affiancamento di personale comunale in specifiche e ben determinate attività quali quelle segnalate, specificamente, nel progetto stesso.
Nel corso della visita ispettiva è emerso che i volontari assegnati alla sede di «Piazza Indipendenza» erano stati trasferiti dal Comune stesso alla sede di «Piazza Marconi», mentre due volontari risultavano trasferiti presso il Comune di Laterza. Oltre a ciò, la carenza dei volontari risultava tale da inficiare l'effettiva realizzazione del progetto.
L'Ufficio, accertate le sopra evidenziate irregolarità e rilevato che la modifica della sede di servizio non era riconducibile alle ipotesi previste nella sopra richiamata circolare del 30 settembre 2004, ha provveduto, con nota del 23 aprite 2007, a comunicare al comune in questione i fatti oggetto di contestazione e le sanzioni previste per tali comportamenti.
Il comune, nel presentare le proprie controdeduzioni ha giustificato l'assenza dei volontari dalla sede di «Piazza Indipendenza» con la necessità di dover svolgere presso tale sede dei lavori di manutenzione imprevisti e urgenti ed ha motivato il trasferimento dei due volontari presso il comune di Laterza con l'espressa richiesta degli stessi. Inoltre ha inoltre sostenuto che tale trasferimento non avrebbe compromesso lo svolgimento delle medesime attività previste nel progetto stante la sussistenza di un accordo tra comuni (tra cui Laterza) avente ad oggetto la gestione del servizio civile.
L'Ufficio, valutate le osservazioni fornite dal comune di Ginosa ed esaminata la documentazione trasmessa, ha accertato che i lavori effettuati presso la sede di «Piazza Indipendenza» consistevano in realtà in lavori di manutenzione ordinaria, come risulta dalla relazione tecnica dell'addetto alla manutenzione del comune, come tali programmabili ed eventualmente rinviabili ad un periodo in cui non avrebbero compromesso l'attività dei volontari.
Per quanto concerne il trasferimento presso il comune di Laterza si osserva che lo stesso non può rientrare nelle suindicate ipotesi di trasferimento, previste dal paragrafo 6 della circolare 30 settembre 2004, in
quanto, come sopra evidenziato, la possibilità di impiegare i volontari presso altre località non coincidenti con la sede di attuazione dei progetto è consentita solo se espressamente prevista nel progetto e se volta a dare attuazione a specifiche attività connesse alla realizzazione del progetto medesimo.
Tali circostanze non si ravvisano nel caso di specie in quanto il progetto «Un amico in... Comune» prevede chiaramente che i volontari devono svolgere la loro attività nelle sedi comunali, che sono state indicate in piazza Indipendenza e in piazza Marconi, e non sono previste, per la realizzazione del progetto, ulteriori attività da svolgersi al di fuori del territorio comunale.
Si precisa, poi, che l'accordo intercorso tra il comune di Ginosa e il comune di Laterza in materia di servizio civile è un accordo di tipo privatistico che non ha valenza per l'ufficio ed è privo di rilevanza ai fini della realizzazione del progetto. Si ricorda, al riguardo, che la normativa in materia di servizio civile prevede il ricorso ad accordi di partenariato tra enti. Tuttavia tali accordi hanno una autonoma configurazione, in quanto finalizzati alla presentazione di progetti e devono essere registrati negli albi degli enti di servizio civile, al fine di consentire la verifica della sussistenza dei requisiti di legge in capo a ogni singolo ente presso cui i volontari presteranno servizio.
Tenuto conto delle gravi violazioni riscontrate in relazione all'impiego dei volontari, l'ufficio ha legittimamente irrogato al comune di Ginosa le sanzioni della revoca dei progetto e dell'interdizione temporanea a presentare progetti per la durata di un anno. Il relativo provvedimento del 4 giugno 2007 esplicita con chiarezza le motivazioni anche con riferimento alle controdeduzioni fornite dal comune stesso.
Con riferimento all'ultimo quesito posto dall'interrogante, riguardante le altre ispezioni effettuate dall'Ufficio nel territorio nazionale e in particolare nella regione Puglia e i conseguenti provvedimenti sanzionatori adottati, si fa presente che le ispezioni svolte dall'Ufficio nazionale per il servizio civile sul territorio nazionale, nel periodo 1o gennaio 2007 - 1o ottobre 2007; sano state 200 di cui 175, programmate e 25 su segnalazione, e che a seguito di tali ispezioni sono stati emessi 28 provvedimenti sanzionatori.
In particolare, per quanto riguarda la regione Puglia, sono state effettuate 16 verifiche, di cui 15 programmate ed 1 su segnalazione. A seguito di tali verifiche sono stati adottati 5 provvedimenti sanzionatori.
Il Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale: Cristina De Luca.
FRIAS, MUNGO, OLIVIERI, PERUGIA, FORGIONE, CARUSO e GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno rilasciato per cure mediche non possono iscriversi al Servizio sanitario sazionale a causa di quanto disposto dal T.U. 286 del 1998 articolo 36 e successive modifiche;
questi cittadini, se pur in possesso del suddetto permesso non possono lavorare e quindi affrontare le spese derivanti dalle eventuali cure mediche;
la normativa sopraccitata prevede, dopo l'iter che autorizza l'ingresso in Italia a questi cittadini, il pagamento delle prestazioni sanitarie a totale carico dell'assistito; costoro che ovviamente non tornano nel proprio paese d'origine, ma rimangono in Italia, hanno il bisogno, dopo una diagnosi, di continuare ad essere curati senza però avere le risorse necessarie per farlo -:
se non ritenga necessario, in attesa che venga varata la nuova legge sull'immigrazione, inviare una direttiva ai presidi sanitari in grado di garantire ai cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno per cure mediche di poter usufruire in maniera gratuita del Servizio sanitario nazionale.
(4-04535)
Risposta. - In risposta all'interrogazione parlamentare in esame, si ritiene opportuno precisare quale sia il vigente quadro normativo in materia di assistenza sanitaria a cittadini stranieri.
L'ingresso per cure in Italia dei cittadini stranieri, disciplinato dall'articolo 36 del decreto legislativo 25 luglio 1998 e dall'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, così come modificato dall'articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica 18 ottobre 2004, n. 334, prevede, infatti, tre distinte fattispecie.
1) Straniero che chieda il visto di ingresso per cure mediche ai sensi del comma 1 dell'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 334/99, come sostituito dall'articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica 334/2004.
Ai fini del rilascio del visto da parte dell'ambasciata italiana o del consolato territorialmente competente deve essere presentata dall'interessato la seguente documentazione:
a) dichiarazione della struttura sanitaria italiana prescelta, pubblica o privata accreditata, che indichi il tipo di cura, la data di inizio e la durata presumibile della stessa, la durata dell'eventuale degenza prevista;
b) attestazione dell'avvenuto deposito di una somma a titolo cauzionale, sulla base del costo presumibile delle prestazioni richieste (dovrà corrispondere al 30 per cento del costo complessivo presumibile delle prestazioni richieste e dovrà essere versato alla struttura prescelta, in euro o dollari statunitensi);
c) documentazione comprovante la disponibilità in Italia di risorse sufficienti per l'integrale pagamento delle spese sanitarie, delle spese di vitto e alloggio fuori dalla struttura sanitaria e di quelle relative al rimpatrio per l'assistito e per l'eventuale accompagnatore;
d) certificazione sanitaria, attestante la patologia del richiedente nel rispetto delle disposizioni in materia di tutela dei dati personali. La certificazione rilasciata all'estero deve essere accompagnata dalla traduzione in lingua italiana.
2) Straniero che venga trasferito per cure in Italia nell'ambito di interventi umanitari, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche.
Tale intervento si concretezza nell'autorizzazione da parte del Ministero della salute, di concerto con il ministero degli affari esteri, all'ingresso per cure in Italia di cittadini stranieri residenti in paesi privi di adeguate strutture sanitarie; l'individuazione dei soggetti beneficiari di tale intervento rientra nell'ambito della discrezionalità dei ministeri suddetti.
Il ministero della salute, sulla base della documentazione acquisita, provvede ad individuare le strutture ritenute idonee all'erogazione delle prestazioni sanitarie richieste ed al relativo rimborso; non è possibile il rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno al di fuori della struttura sanitaria.
3) Straniero che venga trasferito in Italia nell'ambito di programmi regionali di intervento umanitario ai sensi dell'articolo 32, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
Le regioni, nell'ambito della rispettiva quota del Fondo sanitario nazionale e d'intesa con il ministero della salute, autorizzano le Aziende sanitarie locali e le Aziende ospedaliere ad erogare prestazioni di alta specializzazione, che rientrino in programmi assistenziali approvati dagli stessi Enti locali, a favore di:
a) cittadini provenienti da Paesi extracomunitari, nei quali non esistono o non sono facilmente accessibili competenze medico-specialistiche per il trattamento di specifiche e gravi patologie, e con i quali non sono in vigore Accordi di reciprocità relativi all'assistenza sanitaria;
b) cittadini di Paesi nei quali per una particolare situazione contingente, di natura
politica, militare o altro, non sia possibile l'attuazione degli Accordi eventualmente esistenti con il Servizio sanitario nazionale (SSN).
In nessuna delle tre fattispecie evidenziate è previsto il diritto all'iscrizione al SSN ai fini dell'erogazione dell'assistenza sanitaria, così come per i cittadini italiani.
Peraltro, oltre alle fattispecie individuate ai punti 2) e 3) - i cui interventi sono finanziati rispettivamente dal ministero della salute e dalle regioni - i cittadini stranieri che intendono ricevere cure mediche in Italia possono chiedere uno specifico visto di ingresso, su presentazione della documentazione indicata al punto 1).
A parere di questa amministrazione, la suddetta scelta operata dal legislatore relativa al rilascio del permesso di soggiorno per cure mediche, con oneri a carico dell'interessato, non consente di prevedere una permanenza sul nostro territorio, oltre quella resa necessaria dalle documentate esigenze mediche (punto 1, lettera a).
Inoltre, la normativa richiede espressamente la copertura delle spese necessarie (sanitarie e non) da parte dello straniero e di terzi durante il periodo di soggiorno (punto 1 - lettera c).
Pertanto, il ministero della salute non ritiene che, allo stato attuale, possano essere fornite ai presidi sanitari direttive diverse da quelle previste dalle norme vigenti; tuttavia si assicura l'attenzione del Ministero nei riguardi di una proposta di eventuale modifica legislativa, che possa garantire l'assistenza sanitaria gratuita ai cittadini stranieri in possesso del permesso di soggiorno per cure mediche.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
GASPARRI. - Al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
il Comune di Ginosa già dal 2002 è ente accreditato per la realizzazione di progetti di Servizio Civile;
presso il Comune di Ginosa dal 2002 vengono svolti con successo, e nel più rigoroso rispetto dei progetti approvati dal Servizio Civile, numerosi programmi che vedono ed hanno visto impegnati, con eccezionali risultati, centinaia di giovani;
in data 29 marzo 2007 un Ispettore del Servizio Civile ha effettuato un controllo sulle attività svolte nell'ambito di due progetti di Servizio Civile realizzati presso il Comune di Ginosa, evidenziando alcune irregolarità;
il comune di Ginosa ha prontamente ed esaustivamente controdedotto alle osservazioni formulate dall'Ufficio del Servizio Civile relative alle presunte irregolarità segnalate dall'ispezione;
le controdeduzioni del comune di Ginosa sono state, ad avviso dell'interrogante, arbitrariamente ed ingiustificatamente, non tenute nella debita considerazione dall'UNSC;
in data 4 giugno 2007 l'UNSC ha emesso un provvedimento nei confronti del comune di Ginosa in base al quale, oltre alla interdizione per il comune di Ginosa a potere presentare per un anno ulteriori progetti di Servizio Civile, è stata disposta la revoca della approvazione del progetto di Servizio Civile denominato «Un amico... in Comune» ed il conseguente «licenziamento» ingiustificato di ventidue giovani impegnati nel suddetto progetto;
tale provvedimento dell'UNSC, in particolare l'ingiustificato ed immotivato «licenziamento» in tronco dei ventidue ragazzi e ragazze impegnati nel progetto «Un amico... in Comune», appare all'interrogante viziato in radice ed altamente lesivo dei diritti dei giovani impegnati nella richiamata iniziativa che stava producendo, come tutti gli altri progetti in fase di realizzazione nel comune di Ginosa, notevoli risultati in termini di qualità del servizio prestato e di apprendimento dei giovani impegnati nel progetto -:
quali siano i motivi per i quali si sia ritenuto di adottare un provvedimento di
revoca del progetto «Un amico... in Comune» che colpisce unicamente i giovani impegnati nel progetto producendo loro un grave danno e pregiudizio sia economico che emotivo, considerando che l'UNSC ha provveduto già con il medesimo provvedimento a sanzionare le pur discutibili gravi inadempienze del comune di Ginosa, impedendo ad esso di presentare candidature per la approvazione di altri progetti di Servizio Civile per un intero anno, cosa che di per se produce già un notevole danno per altri giovani, che in tal modo non potranno presentare la loro candidatura per prestare servizio;
per quali motivi sia stato scelto proprio il comune di Ginosa come ente da sottoporre ad «ispezione»;
quali siano le motivazioni per le quali le controdeduzioni del comune di Ginosa non siano state tenute nella debita considerazione;
quali e quante altre ispezioni siano state effettuate dall'UNSC nel territorio nazionale, e nella Regione Puglia in particolare, ed i conseguenti provvedimenti sanzionatori emessi, ove emessi.
(4-04196)
Risposta. - In relazione all'atto parlamentare in esame, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 8 del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, recante «Disciplina del servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64», prevede che il rapporto di servizio civile si instaura sulla base di un contratto stipulato tra l'Ufficio e il volontario previa procedura selettiva effettuata dall'ente presso il quale il volontario stesso sarà impiegato. Tale contratto indica chiaramente, nelle premesse, la denominazione del progetto di servizio civile da realizzare, l'ente che lo ha proposto e la sede presso la quale si realizza il progetto stesso. Pertanto è evidente che l'ente di servizio civile non può arbitrariamente disporre il trasferimento dei volontari presso una sede diversa da quella indicata nel contratto di servizio civile.
Peraltro, la circolare 8 settembre 2005 recante «Doveri degli enti di servizio civile e infrazioni punibili con le sanzioni amministrative previste dall'articolo 3-bis della legge 6 marzo 2001, n. 64» prevede al paragrafo 1, lettera g), il dovere di «impiegare il volontario presso le sedi di attuazione accreditate secondo i piani di azione, l'orario di servizio e l'articolazione settimanale previsti dal progetto».
Il paragrafo 2, della citata circolare individuo le condotte illecite cui applicare le singole sanzioni previste dalla legge n. 64/2001 e, al punto 2.3. lettera c), prevede la sanzione amministrativa della revoca dell'approvazione del progetto nella seguente ipotesi «impiego del volontario presso sedi di attuazione non accreditate, fatto salvo quanto previsto dal paragrafo 6, della circolare 30 settembre 2004». Al successivo punto 2.4. lettera e) è prevista, invece, la sanzione dell'interdizione temporanea a presentare progetti per la durata di un anno nel caso di «impiego del volontario in attività non previste dal progetto o presso altre sedi di progetto o in altri progetti».
L'impiego del volontario presso sedi non accreditate o diverse da quelle indicate nel progetto è considerata, quindi, dalla vigente normativa come condotta illecita. L'istituto del trasferimento, infatti, è una fattispecie non contemplata nell'ambito del servizio civile volontario e gli unici casi in cui il trasferimento è consentito sono quelli previsti dalla citata circolare del 30 settembre 2004, concernente «Disciplina dei rapporti tra enti e volontari del servizio civile nazionale», che al paragrafo 6 individua alcune ipotesi di «temporanea modifica della sede di servizio» riconducibili una (di cui al paragrafo 6.1) a specifiche attività connesse alla realizzazione del progetto e previste nello stesso, l'altra (di cui al paragrafo 6.2) a situazioni di emergenze di protezione civile - sia nella fase della calamità che in quella post emergenziale - o di missioni umanitarie.
Tanto precisato, con riferimento alla vicenda del comune di Ginosa, si fa presente che l'Ufficio, il giorno 29 marzo 2007, ha effettuato un'ispezione presso il comune
stesso che ha riguardato in particolare il progetto «Un Amico... in comune».
Nell'ambito di detto progetto sono indicate due sedi di attuazione, precisamente «Piazza Marconi» e «Piazza Indipendenza» entrambe nella città di Ginosa, e non è stata prevista la possibilità di impiegare i volontari in sedi diverse se non nell'ambito di «sedi comunali decentrate» o nel caso di affiancamento di personale comunale in specifiche e ben determinate attività quali quelle segnalate, specificamente, nel progetto stesso.
Dagli accertamenti ispettivi è emerso che i volontari assegnati presso la sede di «Piazza Indipendenza» erano stati trasferiti, dal Comune stesso, presso la sede di «Piazza Marconi» e due volontari risultavano trasferiti presso il comune di Laterza. Inoltre la carenza dei volontari risultava tale da inficiare l'effettiva realizzazione del progetto.
L'Ufficio nazionale per il servizio civile accertate la sopra evidenziate irregolarità e rilevato che la modifica della sede di servizio non era riconducibile alle ipotesi previste nella richiamata circolare 30 settembre 2004, ha provveduto, con nota del 23 aprile 2007, a comunicare al comune in questione i fatti oggetto di contestazione e le sanzioni previste per tali comportamenti.
Il comune, nel presentare le proprie controdeduzioni, ha giustificato l'assenza dei volontari presso la sede di «piazza Indipendenza» con la necessitò di dover svolgere presso tale sede dei lavori di manutenzione imprevisti e urgenti ed ha motivato il trasferimento dei due volontari presso il comune di Laterza con l'espressa richiesta degli stessi. Inoltre, ha sostenuto che tale trasferimento non avrebbe compromesso lo svolgimento delle medesime attività previste nel progetto stante la sussistenza di un accordo tra comuni (tra cui Laterza) avente ad oggetto la gestione del servizio civile.
Nella valutazione delle osservazioni fornite dal comune di Ginosa e dell'esame della documentazione trasmessa, ha accertato che i lavori effettuati presso la sede di «piazza Indipendenza» consistevano in realtà in lavori di manutenzione ordinaria, come risulta dalla relazione tecnica dell'addetto alla manutenzione del comune, come tali programmabili ed eventualmente rinviabili ad un periodo in cui non avrebbero compromesso l'attività dei volontari.
Per quanto concerne il trasferimento presso il comune di Laterza si osserva che lo stesso non può rientrare nelle suindicate ipotesi di trasferimento previste dal paragrafo 6 della circolare 30 settembre 2004, in quanto, come sopra evidenziato, la possibilità di impiegare i volontari presso altre località non coincidenti con la sede di attuazione del progetto è consentita solo ove espressamente prevista nel progetto e se volta a dare attuazione e specifiche attività connesse alla realizzazione del progetto medesimo.
Tali circostanze non si ravvisano nel caso di specie in quanto il progetto «Un amico in... comune» prevede chiaramente che i volontari devono svolgere la loro attività nelle sedi comunali, che sono state indicate in piazza Indipendenza e in piazza Marconi, e non sono previste, per la realizzazione del progetto, ulteriori attività da svolgersi al di fuori del territorio comunale.
Si precisa, poi, che l'accordo intercorso tra il comune di Ginosa e il comune di Laterza in materia di servizio civile è un accordo di tipo privatistico che non ha valenza per l'ufficio ed è privo di rilevanza ai fini della realizzazione del progetto. Si ricorda, al riguardo, che la normativa in materia di servizio civile prevede il ricorso ad accordi di partenariato tra enti. Tuttavia tali accordi hanno una autonoma configurazione, in quanto finalizzati alla presentazione di progetti, e devono essere registrati negli albi degli enti di servizio civile al fine di consentire la verifica della sussistenza dei requisiti di legge in capo a ogni singolo ente presso cui i volontari presteranno servizio.
Tenuto conto delle gravi violazioni riscontrate in relazione all'impiego dei volontari, l'ufficio ha legittimamente irrogato al comune di Ginosa le sanzioni della revoca del progetto e dell'interdizione temporanea a presentare progetti per la durata di un anno e il relativo provvedimento del
4 giugno 2007 è chiaramente e sufficientemente motivato anche con riferimento alle controdeduzioni fornite dal comune stesso.
Per quanto riguarda il secondo quesito con il quale si chiede di conoscere il motivo in base al quale è stato scelto il comune di Ginosa come ente da sottoporre ad ispezione occorre far presente che l'ufficio effettua l'attività di verifica sui progetti di servizio civile mediante ispezioni programmate o puntuali.
Le ispezioni programmate, tra la quali rientra quella effettuata nei confronti del comune di Ginosa, sono disposte in base ad un programma periodico delle attività che viene elaborato sulla base di determinati criteri quali, ad esempio, la necessità di estendere le verifiche in maniera indistinta su tutto il territorio nazionale e di diversificare i settori di intervento nei quali si svolgono le ispezioni.
Al di fuori dell'attività programmata, le verifiche sono effettuate ogni qualvolta sussista un interesse particolare all'espletamente dell'attività ispettiva o emergano, anche attraverso le attività di monitoraggio, fatti o situazioni che denuncino una non conformità alle disposizioni previste dalla legge 6 marzo 2001, n. 64, dal decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, nonché dalla normativa secondaria e dai progetti approvati.
Per quanto concerne l'ultimo quesito posto dall'interrogante, riguardante le altre ispezioni effettuate dall'Ufficio nel territorio nazionale e in particolare nella regione Puglia e i consenguenti provvedimenti sanzionatori adottati, si fa presente che le ispezioni svolte dall'UNSC sul territorio nazionale, nel periodo 1o gennaio 2007 - 1o ottobre 2007, sono state 200 di cui 175 programmate e 25 su segnalazione, e che a seguito di tali ispezioni sono stati emessi 28 provvedimenti sanzionatori.
In particolare, per quanto riguarda la regione Puglia, sono state effettuate 16 verifiche, di cui 15 programmate ed 1 su segnalazione. A seguito di tali verifiche sono stati adottati 5 provvedimenti sanzionatori.
Il Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale: Cristina De Luca.
LANDOLFI, CIRIELLI, COSENZA, CASTIELLO, BOCCHINO, TAGLIALATELA e NESPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da quanto si evince da recenti articoli di stampa locale salernitana, sembrerebbe che il Sindaco di Nocera Superiore, dott. Gaetano Montalbano, abbia rassegnato le sue dimissioni dall'incarico inoltrando una nota al Prefetto di Salerno;
la vicenda, così come risulta chiaramente anche dalla premessa di un precedente atto di sindacato ispettivo inoltrato dall'On. Edmondo Cirielli (A.C. 4-03579), risale all'8 maggio 2007 quando il Sindaco Montalbano si oppose, con un'ordinanza, allo sversamento di percolato in un depuratore di Nocera Superiore ritenuto non idoneo allo scopo, in quanto privo del collaudo definitivo, e non adatto al trattamento del suddetto materiale dato che fu concepito per la depurazione di tipo civile ed industriale previo pre-trattamento;
secondo quanto affermato dallo stesso dott. Montalbano nella nota inviata, le motivazioni che hanno determinato le sue dimissioni dalla carica di Sindaco di Nocera Superiore sarebbero da ravvisarsi nella non corretta descrizione dei fatti contenuti in una relazione redatta dal Ministero dell'Interno;
in particolar modo il dott. Montalbano, nel testo della sua lettera di dimissioni, riscontrava che i provvedimenti da lui stesso adottati di urgenza, tesi a vietare l'accesso all'impianto di depurazione ed il divieto di transito nei tratti necessari al raggiungimento dello stesso agli automezzi adibiti al trasporto del percolato, non sarebbero mai stati annullati dal Commissario delegato, così come descritto nella relazione ministeriale, ed aggiunge che «... ciò è comprovato dalla circostanza che le ordinanze sono state oggetto di ricorso al T.A.R. Campania-Sezione di Salerno ad istanza del Consiglio dei Ministri...»;
nella sua lettera il dott. Montalbano contesta quanto descritto nella relazione
ministeriale in quanto considera ingiusto il fatto che il Prefetto di Salerno abbia riferito al Procuratore della Repubblica tutto l'accaduto basandosi esclusivamente sull'erroneo presupposto tecnico del provvedimento adottato dal Sindaco, mentre lo stesso provvedimento, invece, secondo quanto asserisce nella sua nota Montalbano, «...è stato determinato solo per evitare che il percolato fosse depositato in un impianto non ancora collaudato ed in relazione al quale lo stesso dott. Montalbano aveva inoltrato una specifica denuncia all'Autorità competente...»;
nella sua lettera il dott. Montalbano, ancora, rileva la non veridicità del fatto che egli si sia sottratto alla partecipazione a tavoli istituzionali ed afferma testualmente che: «... prima dell'incontro definitivo con il sub commissario dott. Greco e dopo l'incontro con il Commissario dott. Bertolaso, chi non ha rispettato l'obbligo di informare lo scrivente in merito all'ordinanza è stato proprio il Prefetto di Salerno che, oltre ad essersi sottratto al colloquio telefonico richiesto, cosa già avvenuta in precedenza in occasione di altre questioni, ha preferito etichettarmi come "capo in testa di un consistente gruppo di manifestanti", quasi come un "capo rivoltoso"...»;
da quanto si evince da una lettera inviata all'On. Edmondo Cirielli dal dott. Italo Canzolino, si rileva che anche lo stesso ha rassegnato le proprie dimissioni dall'incarico di Presidente del Consiglio Comunale di Nocera Superiore esprimendo totale solidarietà al dott. Montalbano;
l'On. Cirielli, in un incontro avuto con il Commissario Bertolaso sulla vicenda, ha appreso che il Prefetto di Salerno era stato delegato alla comunicazione formale e sostanziale dell'ordinanza commissariale anche allo scopo di evitare incomprensioni che potevano generare proteste popolari e, quindi, il Prefetto avrebbe, omesso di adempiere ad un suo dovere -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se gli stessi corrispondano al vero;
se non si ritenga opportuno adottare provvedimenti nei confronti del Prefetto di Salerno che sembrerebbe agli interroganti aver assunto comportamenti ostativi nei confronti dell'operato del Sindaco di Nocera Superiore, ed omissivi rispetto ai compiti a lui affidati dal Commissario straordinario di Governo dott. Guido Bertolaso, invece di assisterlo nella sua funzione di rappresentante del popolo che, in quei giorni, tentava soltanto di agire negli interessi dei cittadini.
(4-04938)
Risposta. - Il Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti in Campania, in considerazione del grave stato di emergenza relativo allo smaltimento del percolato prodotto dalla discarica di Villaricca (Napoli) dovuto alla ridotta capacità di smaltimento degli impianti pubblici di depurazione presenti sul territorio regionale, ha disposto, con ordinanza n. 131 del 6 maggio 2007, la requisizione temporanea dell'impianto di depurazione di Nocera Superiore, in località «Starza».
Tale ordinanza è stata deliberata a seguito di un preliminare sopralluogo da parte dei tecnici della struttura commissariale, durante il quale è stata constatata l'idoneità dell'impianto alla ricezione del percolato proveniente dai rifiuti.
L'ordinanza ha autorizzato la società «Costruzioni Dondi» S.p.A., quale gestore dell'impianto, allo stoccaggio provvisorio del percolato, da «avviare a successivo trattamento chimico-fisico e smaltimento».
Il sindaco di Nocera Superiore, al fine di impedire l'esecuzione della predetta ordinanza, con un provvedimento dell'8 maggio 2007, ha disposto, ai sensi dell'articolo 50 del decreto legislativo n. 267 del 2000, per motivi igienico sanitari e di tutela della salute pubblica, il divieto di transito sulla via di S. Maria delle Grazie di Nocera Superiore e di ingresso all'impianto di depurazione agli automezzi che trasportano il percolato.
Il provvedimento è stato immediatamente annullato con un'altra ordinanza commissariale, sia perché adottato da «organo palesemente incompetente» sia perché viziato da erroneo presupposto di carattere tecnico.
Nonostante ciò il sindaco di Nocera Superiore, con successivo provvedimento del 9 maggio 2007, ha reiterato l'ordine di chiusura della strada di accesso all'impianto di depurazione.
L'impianto di depurazione di Nocera Superiore, realizzato dal Commissario delegato per il superamento dell'emergenza socio-economico-ambientale del bacino idrografico del fiume Sarno, è divenuto, il 7 maggio 2007, di proprietà della regione Campania e dalla stessa gestito.
A seguito del già citato sopralluogo del 6 maggio e considerato il particolare momento di emergenza collegato alla chiusura della discarica di Villaricca (Napoli), l'unica in funzione in tutta la regione Campania, la stessa giunta regionale della Campania, con decreto n. 306 del 7 maggio 2007, ha autorizzato l'accettazione e lo stoccaggio, in vasca coperta, di percolato proveniente dalle discariche regionali e dagli impianti di rifiuti urbani (R.S.U.) presso l'impianto di depurazione di Nocera Superiore.
Per quanto riguarda, inoltre, i fatti che hanno portato, nella notte tra l'8 e il 9 maggio 2007, all'intervento delle forze di polizia si fa presente che nel corso della giornata dell'8 maggio la prefettura di Salerno ha più volte tentato di concordare con il sindaco di Nocera Superiore, anche attraverso costanti contratti telefonici, una soluzione per utilizzare l'impianto di depurazione, offrendo la possibilità di un tavolo d'incontro istituzionale tra il comune e la struttura commissariale.
Soltanto in serata si riusciva ad acquisire la disponibilità del Sindaco per un contatto telefonico con il professor Greco, esperto della struttura commissariale, che, comunque, risultava infruttuoso.
Tuttavia, per assicurare l'esecuzione dell'ordinanza commissariale, il questore di Salerno, su richiesta dello prefettura, ha disposto la presenza delle forze di polizia per consentire agli automezzi di conferire il percolato presso l'impianto.
Il sindaco, peraltro, in testa ad un gruppo di manifestanti, ha tentato di impedire l'esercizio delle operazioni.
Nell'occasione, le forze dell'ordine si sono limitate al solo spostamento, necessariamente forzato, dei presenti, data la resistenza passiva opposta dai manifestanti che impedivano l'accesso degli automezzi all'impianto.
Il 9 maggio, il prefetto di Salerno ha ribadito al sindaco di Nocera Superiore, per le vie brevi, la inderogabilità dell'esecuzione dell'ordinanza commissariale ma ha anche offerto la sua disponibilità per un incontro, a condizione, però, che fosse preventivamente data concreta attuazione all'ordinanza, consentendo ai mezzi di poter conferire il percolato.
Tale condizione è stata respinta dal sindaco. In seguito, con una nota dell'8 agosto 2007, il prefetto di Salerno ha sottolineato che la richiesta fatta al sindaco era da considerare un atto dovuto in quanto, ai sensi delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di emergenza nel settore dei rifiuti in Campania, ai prefetti delle province campane è stato attribuito il compito di favorire l'attuazione dei provvedimenti normativi in materia nel territorio di competenza.
Va, inoltre, precisato che il conferimento di liquami in un impianto fisicamente e normativamente destinato a tale scopo ha provocato le reazioni del sindaco e della popolazione nonostante le favorevoli determinazioni di carattere tecnico già adottate dalla struttura commissariale e dalla regione.
Tuttavia, a seguito di proficui incontri tra il prefetto di Salerno ed il sindaco di Nocera Inferiore volti ad approfondire la delicata tematica dello smaltimento dei rifiuti, sono emerse indicazioni utili alla soluzione dei problemi che hanno consentito di comporre le divergenze di vedute ed hanno indotto il sindaco, in data 25 settembre 2007, non solo ci ritirare le dimissioni che aveva presentato il 18 settembre 2007, ma anche ad esprimere parole di apprezzamento per la professionalità dimostrata dal Prefetto di Salerno nella gestione delle questioni legate a quel territorio.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
MANCINI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
il 22 novembre 2004 con D.D.G., prot. n. 2064 è stato bandito il corso concorso per dirigenti scolastici strutturato in ben quattro fasi di selezione:
1) prima fase - preselezione per soli titoli;
2) seconda fase - due prove scritte e una orale;
3) terza fase - corso di formazione di nove mesi;
4) quarta fase - prova scritta e orale finale;
in Calabria hanno superato la prima fase e vengono ammessi alla seconda circa 700 candidati;
le prove scritte sono state superate da n. 250 candidati. Tutti i 250 candidati menzionati hanno superato la prova orale con voti altissimi;
i primi 89 (numero dei posti messi a concorso) maggiorato del 10 per cento hanno svolto la terza e la quarta fase (come previsto dal bando). Ma con la Finanziaria 2007 (articolo 1, commi 618 e 619, legge n. 296 del 2006) viene data la possibilità a tutti i partecipanti che hanno superato scritto e orale (cioè a 250) di essere ammessi alla terza e quarta fase;
con provvedimento amministrativo sono state abolite le graduatorie di incarico a dirigente, vanificando così la legittima aspirazione dei tanti docenti che hanno svolto per decenni incarichi di vice-preside e funzioni di vario tipo acquisendo esperienza concreta sul campo;
le modalità in cui si sono svolte le prime prove scritte non hanno seguito secondo l'interrogante dei criteri trasparenti a garanzia dell'anonimato: il numero identificativo, che figurava a fianco di ciascun nominativo nell'elenco in possesso della vigilante, per la raccolta delle firme di consegna, era lo stesso numero riportato sulle buste contenenti le prove scritte. Sostanzialmente la paternità degli elaborati si conosceva prima ancora dell'apertura delle buste;
come accennato i media si sono occupati più volte del suddetto «concorso» denunciando le anomalie commesse nel suo svolgimento in Calabria (Il Quotidiano del 5, del 6, dell'11, del 14 maggio e del 14 giugno 2006, la Gazzetta del Sud di martedì 21 febbraio e lunedì 22 maggio 2006) ma non solo. La più eclatante è stata la denuncia fatta dai partecipanti al suddetto corso-concorso durante la trasmissione Mi manda RAI TRE andata in onda la scorsa primavera. In quella sede è stata palesemente denunciata la superficialità riservata dalla commissione alla correzione degli elaborati; infatti durante la prova TV è stato dimostrato che è umanamente impossibile valutare 48 temi-saggio in un solo giorno e in 13 ore poiché soltanto per leggerne uno occorrevano almeno 30 minuti -:
se sia a conoscenza dei fatti come sopraesposti;
se sia a conoscenza di ulteriori circostanze di cui voglia mettere al corrente la Camera dei Deputati;
se e quali provvedimenti intenda predisporre per non svilire la legittima aspirazione dei tanti docenti che per anni hanno ricoperto incarichi di vice-preside maturando quella esperienza e quelle capacità professionali che deve possedere il «buon» dirigente scolastico.
(4-05286)
Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare in esame in esame con la quale l'interrogante in merito al corso concorso per dirigenti scolastici, bandito con DDG 22 novembre 2004, lamenta irregolarità nello svolgimento del concorso nella regione Calabria e chiede provvedimenti nei confronti di coloro che per anni hanno ricoperto incarichi di vicepreside.
Il corso concorso al quale fa riferimento l'interrogante è stato bandito in attuazione dell'articolo 29 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e dell'articolo 22, commi 8 e 10 della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
La procedura concorsuale si è svolta in tutte le sue fasi a livello regionale.
L'Ufficio scolastico regionale, in particolare, ha curato l'organizzazione del corso-concorso, la nomina delle commissioni giudicatrici, ha vigilato sul regolare e corretto espletamento della procedura concorsuale, ed ha approvato le graduatorie di merito al termine delle varie fasi.
Al corso concorso è stato ammesso a partecipare il personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche statali con un servizio di ruolo di almeno sette anni, effettivamente prestato, con possesso di laurea o titolo equiparato nei rispettivi settori formativi della scuola primaria e secondaria di primo grado o della scuola secondaria superiore o degli istituti educativi.
Tra i titoli di servizio e professionali da far valere ai fini del concorso è stata anche prevista la valutazione del servizio prestato come collaboratore vicario e/o vicepreside.
Il bando di concorso ha previsto che le prove scritte, uniche per i tre settori formativi, siano due: la prima consistente nella stesura di un saggio attinente a specifiche tematiche a scelta della Commissione tra quelle richiamate dal bando; la seconda consistente nella predisposizione di un progetto su una specifica tematica scelta dalla Commissione tra quelle elencate nel bando.
Sono ammessi a sostenere la prova orale i candidati che conseguono una votazione di almeno 21/30 in ciascuna delle due prove scritte.
Per quanto riguarda in particolare la Regione Calabria il responsabile dell'Ufficio scolastico regionale ha fatto presente che dai verbali della commissione risulta che per lo svolgimento delle prove scritte è stata adottata la procedura descritta all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, «Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi; dei concorsi unici e delle altre forme di assunzioni nei pubblici impieghi».
Riguardo i tempi di correzione il medesimo direttore ha precisato che, dall'esame dei verbali della Commissione esaminatrice, risulta che il tempo medio per la correzione degli elaborati si aggira intorno a 15 minuti.
Per quanto concerne poi gli incarichi di vice preside, ai quali fa riferimento l'interrogante, si chiarisce che trattasi di incarichi diversi da quelli di presidenza; i primi infatti sono incarichi di collaborazione con il dirigente scolastico che può avvalersi, nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative ed amministrative, di docenti da lui individuati ai quali possono essere delegati specifici compiti; gli incarichi di presidenza, invece, sono conferiti su posti di dirigente scolastico vacanti ma non disponibili.
Con riguardo a questi ultimi. si fa presente che in applicazione dell'articolo 1-sexies del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con modificazioni nella legge 31 marzo 2005, n. 43 a decorrere dall'anno scolastico 2006/2007 non possono essere più assegnati nuovi incarichi di presidenza salva la conferma degli incarichi già conferiti. I posti vacanti di dirigente scolastico sono assegnati in reggenza come stabilisce la stessa legge.
Per coloro che hanno svolto detto incarico è stato bandito un concorso riservato per effetto del quale alcuni hanno già ottenuto la nomina in ruolo con decorrenza 1o settembre 2007 e, in virtù delle disposizioni contenute nella legge n. 296 del 2006, legge finanziaria 2007, gli idonei saranno immessi in ruolo, sui posti che si renderanno vacanti negli anni successivi.
Analogamente, per quanto riguarda il concorso ordinario la medesima legge finanziaria 2007 ha previsto che, in attesa della emanazione del regolamento per la disciplina delle procedure di reclutamento dei dirigenti scolastici secondo i principi stabiliti dalla stessa legge, attualmente in fase di definizione, dopo le nomine dei vincitori di concorso si proceda alle nomine sui posti vacanti e disponibili relativi agli anni scolastici 2007-2008 e 2008-2009 dei candidati del concorso ordinario che hanno ultimato la fase della formazione con la
produzione da parte degli stessi di una relazione finale e il rilascio di un attestato positivo da parte del direttore del corso senza l'effettuazione dell'esame finale; sui posti vacanti e disponibili a livello regionale relativi al medesimo periodo si proceda altresì alle nomine dei candidati che non hanno partecipato al corso di formazione perché non utilmente collocati nelle relative graduatorie, previa partecipazione con esito positivo ad un apposito corso intensivo di formazione.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
MASCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 11-12 giugno 2006 si svolgevano, nel comune di Forza D'Agrò (Messina), le elezioni amministrative per il rinnovo del Sindaco e del Consiglio Comunale;
dalle elezioni amministrative risultava vincente il candidato Sindaco, signor Bruno Miliadò;
in data 4 marzo 2004 il Giudice Monocratico del Tribunale di Messina, sezione distaccata di Taormina, dichiarava colpevole il signor Bruno Miliadò per il reato di cui agli articoli 81 e 479 del codice penale per avere: «... nella qualità di funzionario delegato per l'autentica delle firme presso il Comune di Forza D'Angrò, falsamente attestato nelle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà e nelle domande di richieste premio di cui al regolamento C.E.E. 3007/84...» e condannato alla pena di reclusione di anni uno;
in data 24 febbraio 2005 la Corte di Appello di Messina respingeva l'appello dell'imputato e confermava la sentenza del Giudice Monocratico di Messina, sezione distaccata di Taormina;
la sentenza di cui sopra veniva dichiarata irrevocabile in data 1 marzo 2006 dalla Corte di Cassazione;
il decreto legislativo n. 267 del 2000 all'articolo 58 comma 1 lettera c) ossia, «Cause ostative alla candidatura», prevede: «... coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diversi da quelli indicati nella lettera b)...»;
il signor Bruno Miliadò, nonostante quanto previsto dal succitato disposto normativo si candidava alla carica di sindaco del Comune di Forza D'Agrò;
il su richiamato decreto legislativo all'articolo 58 comma 4 prevede: «...eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla. L'organo che ha provveduto alla nomina o alla convalida dell'elezione è tenuto a revocare il relativo provvedimento non appena venuto a conoscenza dell'esistenza delle condizioni stesse...» -:
quali interventi urgenti si intendano porre in essere in merito alla vicenda suddescritta;
se il Ministro interrogato non ritenga di promuovere tutte le iniziative di sua competenza atte a ristabilire i principi di legalità, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 267 del 2000.
(4-02237)
Risposta. - Appare preliminarmente opportuno ricordare che la disciplina degli enti locali in Sicilia, Regione e Statuto speciale, attribuisce al presidente della Regione e all'assessore regionale con delega alle autonomie locali la competenza in materia di controlli sugli organi dei comuni, eccezion fatta per le fattispecie di scioglimento per gravi motivi di ordine pubblico e per infiltrazioni mafiose, ipotesi di competenza statale.
Detto regime specialistico si applica anche alla fattispecie cui fa riferimento l'interrogante, relativa al provvedimento di revoca dell'elezione sindaco del comune di Forza d'Agrò del signor Bruno Miliadò,
eletto in occasione delle consultazioni amministrative del giugno del 2006. In particolare, il signor Miliadò è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, ad un anno di reclusione per il reato di cui agli articoli 81 e 479 del codice penale, commesso in qualità di funzionario del comune stesso.
In base al regime ordinario (articoli 41 e 58 del decreto legislativo n. 267/2000), il consiglio comunale, nel corso della prima seduta, deve esaminare la condizione degli eletti e, se del caso, deve dichiararne l'ineleggibilità, revocando il provvedimento. L'eventuale elezione o nomina è nulla, qualora sussista una causa ostativa alla candidatura (tra cui figura la condanna penale definitiva alla pena della reclusione superiore e 6 mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti una pubblica funzione).
In Sicilia, alla fattispecie si applicano le disposizioni di cui all'articolo 11 della legge regionale n. 7 del 1992 in base alle quali «Le operazioni di convalida dell'eletto competono alla sezione provinciale del Comitato regionale di controllo».
Tuttavia, a seguito della riforma costituzionale del 2001, detto Comitato è stato soppresso e ciò ha reso non esperibile il rimedio della revoca del provvedimento di convalida dell'eletto.
Al fine di promuovere una pronuncia dell'autorità giudiziaria ordinaria sulla nullità delle elezioni e per le conseguenze sull'intero procedimento elettorale dell'amministrazione di Forza d'Agrò, il Prefetto di Messina ha promosso l'azione popolare prevista dall'articolo 70 del T.U.O.E.L. A tal proposito, anche il competente assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali ha concordato circa l'opportunità di promuovere detta azione popolare, ritenendola l'unico strumento utile ai fini della dichiarazione di nullità delle elezioni inficiate dalla condizione di incandidabilità del sindaco di Forza d'Agrò.
Si fa presente comunque che, allo stesso fine, sono stati anche presentati un ricorso al tribunale ordinario di Messina da parte di un candidato alle stesse elezioni e un atto stragiudiziale da parte di alcuni consiglieri comunali, inviato all'assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali ed alla prefettura di Messina per l'adozione dei provvedimenti di competenza.
In accoglimento del ricorso presentato dal prefetto di Messina, il tribunale di Messina con sentenza n. 529/07 del 4 aprile 2007, ha dichiarato la nullità dell'elezione a sindaco nel comune di Forza D'Agrò del signor Bruno Miliadò nonché la decadenza dello stesso dalla carica.
Il 16 luglio 2007, la Corte di appello di Messina - sezione civile - con sentenza n. 382/07, ha rigettato tutti gli appelli alla sentenza 529/07.
Il successivo 23 agosto, il competente assessorato della famiglia delle politiche sociali e delle autonomi locali, della Regione Sicilia, prendendo atto delle sopra citate sentenze, ha dichiarato decaduto dalla carica di Sindaco del comune di Forza D'Agrò, il signor Miliadò Bruno, con i conseguenti effetti riflessi necessitati della decadenza della giunta e del consiglio comunale. Per la provvisoria gestione dell'ente è stato nominato un commissario regionale.
Per completezza di informazioni, si fa presente che sulla vicenda pende un ricorso in Cassazione presentato dal signor Bruno Miliadò.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
MENIA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con l'introduzione delle nuove norme del Codice della strada si è correttamente voluta garantire maggiore sicurezza sulle strade italiane e maggiore severità ed effettività nelle sanzioni;
è questa una linea d'indirizzo che deve riguardare tanto i cittadini italiani quanto gli stranieri che circolano sulle nostre strade;
si deve rilevare invece che, come segnalano soprattutto le Polizie Municipali dei Comuni di Gorizia e Trieste, allo stato attuale la Repubblica di Slovenia «copre» le violazioni dei suoi cittadini (sono moltissimi i frontalieri che per lavoro, commercio, spese, vengono quotidianamente in Italia) non fornendo i dati relativi ai proprietari di veicoli immatricolati nel loro Stato, eccetto l'ipotesi che questi ultimi siano coinvolti in un sinistro stradale; va aggiunto anche che, per esempio da parte della Croazia, l'atteggiamento è al contrario molto collaborativo;
le infrazioni commesse da cittadini sloveni ed accertate con rilevazioni semaforiche (ed analogamente con autovelox) rimangono dunque costantemente impunite e, paradossalmente, espongono i Comuni al pagamento alle ditte concessionarie del costo di ogni singola foto, pur nell'impossibilità di ottenere il pagamento della sanzione -:
se i Ministri interrogati ritengano di intervenire nei confronti del Governo sloveno al fine di ottenere dallo stesso la necessaria collaborazione riguardo alla questione e se, in particolare, intendano impegnarlo attraverso opportuni accordi a fornire i dati dei veicoli del proprio Stato verso i quali sono state accertate infrazioni di natura amministrativa da parte di organi di Polizia italiani.
(4-05421)
Risposta. - In relazione a quanto da Lei sollevato nell'atto parlamentare in parola, sentiti in proposito l'Ambasciata d'Italia a Lubiana ed il Consolato Generale d'Italia a Capodistria, Le faccio presente che il quadro giuridico bilaterale di riferimento è la Convenzione sull'assistenza reciproca degli affari civili ed amministrativi firmata con l'ex Repubblica Federale di Jugoslavia il 3 dicembre 1960 (Gazzetta Ufficiale n. 237 del 20 settembre 1962). Tale accordo continua ad applicarsi esclusivamente alla notifica degli atti amministrativi, in deroga ai regolamenti comunitari 1348/2000 e 1206/2001. Ciò in quanto le procedure ex Convenzione del 1960 risultano essere semplificate rispetto a quanto disposto dai predetti regolamenti.
In base a tale accordo, le notifiche di atti emessi dalle Autorità di sicurezza, quali infrazioni del codice stradale, devono essere inoltrate, a norma di quanto disposto dall'articolo 4 del citato strumento convenzionale, a persone residenti sul territorio di uno dei due Paesi, per il tramite dei rispettivi ministeri di giustizia. Solo in casi eccezionali, secondo detta Convenzione, le competenti Autorità italiane e slovene possono direttamente corrispondere tra loro. Il ricorso alle autorità diplomatiche sarebbe previsto, sempre secondo tale Convenzione, solo in caso di comprovata urgenza. Le segnalo tuttavia che il ministero della giustizia, interpellato per le vie brevi, non ha evidenziato particolari impedimenti frapposti dalla controparte slovena in merito all'applicazione della Convenzione in questione.
Non sempre le richieste inoltrate dalle nostre Autorità di sicurezza (polizia di Stato, Arma dei carabinieri, polizie municipali), tramite le nostre Rappresentanze diplomatico-consolari, per ottenere i dati dei proprietari di autoveicoli immatricolati nella Repubblica di Slovenia, hanno esito positivo. Infatti le Autorità slovene alcune volte negano l'accesso ai dati richiesti in virtù della legge nazionale per la protezione e la riservatezza dei dati personali.
È necessario comunque tenere presente che la collaborazione bilaterale in materia sarà ulteriormente rafforzata con l'entrata in vigore dell'Accordo per la Cooperazione transfrontaliera di Polizia, firmato a Lubiana lo scorso 27 agosto. Tale strumento prevede, tra l'altro, l'adozione di strumenti comuni operativi quali pattugliamenti congiunti, possibilità di inseguimenti anche oltre confine, conduzione di indagini congiunte e scambio di informazioni.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
MIGLIORE, MASCIA e DE CRISTOFARO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 7 giugno 2006 il Comune di Casal di Principe, in provincia di Caserta, viene
commissariato a seguito delle dimissioni contestuali di oltre la metà dei consiglieri assegnati; dal Prefetto di Caserta viene inviato a dirigere l'ente il Vice Prefetto Aggiunto dottor Stefano Italiano;
il funzionario dottor Stefano Italiano, particolarmente stimato nella società civile per il forte senso di legalità, la competenza professionale e la comprovata indipendenza, risponde da subito con dedizione e concretezza al compito per il quale era stato prescelto; infatti da subito rinnova e rimodula, laddove consentito e/o suggerito da valutazioni di opportunità, gli staff di alcuni uffici, tra i quali quello tecnico che, come è noto, in tutti i Comuni e particolarmente a Casal di Principe, costituisce il centro di riferimento per gli interessi economici di singoli e imprenditori (appalti, eccetera);
in questo contesto non viene riconfermato nell'incarico il Dirigente dell'Ufficio Tecnico ingegner Falconetti; l'ufficio viene invece affidato temporaneamente a uno dei quattro geometri in servizio quali dipendenti assegnati all'Area, individuato secondo criteri di anzianità, esperienza ed idoneità specifica;
queste decisioni però da parte del Commissario Italiano provocano i primi malumori da parte di alcuni settori del mondo politico locale;
questi malumori si accentuano infine nel momento in cui viene costituita una Commissione edilizia, composta da elementi di esclusiva fiducia del Commissario Prefettizio, con il compito di coadiuvare il Dirigente dell'Ufficio Tecnico nell'istruttoria delle pratiche edilizie e di snellire le sue notevoli incombenze;
sulla stampa locale iniziano ad apparire una serie di articoli di denigrazione e di «bocciature» delle scelte tecniche del Commissario Italiano, giudicandole non idonee;
il dottor Italiano, nel frattempo, matura la decisione di nominare il nuovo Dirigente dell'Area Tecnica e la scelta cade sull'architetto Mario Cacciapuoti, persona di sua fiducia e che ha già prestato la propria collaborazione al dottor Italiano in una precedente esperienza di gestione straordinaria di un Ente pubblico;
ad appena soli trenta giorni dall'insediamento, il Commissario prefettizio si trova di fatto costretto a lasciare il suo incarico presso il comune di Casal di Principe adducendo motivi personali;
in sostituzione del dottor Italiano subentra il sub commissario vicario che avvia un'attività praticamente demolitiva del lavoro svolto dal precedente Commissario, revocando le delibere principali fino ad allora adottate. A quanto risulta agli interroganti, viene, in particolare, eliminata la commissione edilizia, nel contesto di una soppressione generalizzata delle commissioni, sostenendo motivi di economicità; è da rilevare che la commissione edilizia costituita dal dottor Italiano non gravava sulle casse comunali in quanto le relative funzioni sarebbero state disimpegnate a titolo gratuito;
a giudizio degli interroganti, in contraddizione alla suddetta invocata economicità il nuovo Commissario sdoppia l'Ufficio Tecnico comunale. Da una parte ridimensiona significativamente le competenze dell'architetto Cacciapuoti, sottraendogli quelle più importanti relative ai lavori pubblici e dall'altra affida il coordinamento di quelle stesse competenze all'ingegnere Alfredo Maria Cenviti di S. Prisco;
a distanza di tre mesi dalla conclusione dell'esperienza come Commissario Prefettizio, il dottor Italiano è stato penalizzato, in sede di valutazione, da parte del Prefetto, per i risultati conseguiti quale Dirigente di Area prefettizia; infatti si è visto notificare un giudizio «attenuato» in riferimento all'attività svolta nell'anno 2005 in Prefettura. Negli anni precedenti il medesimo funzionario aveva ottenuto valutazioni di eccellenza -:
se sia a conoscenza dei fatti sopradescritti;
se rispondano al vero le notizie di pressioni esercitate sul Commissario dottor
Italiano al fine di indurlo alle dimissioni a causa di una condotta amministrativa non gradita ad esponenti politici locali;
se non ritenga necessario attivarsi affinché venga fatta chiarezza sull'intera vicenda.
(4-02374)
Risposta. - In data 10 luglio 2006, il dottor Stefano Italiano, secondo quanto riferito dalla prefettura di Caserta, ha rassegnato - per motivi personali - le dimissioni da Commissario straordinario del comune di Casal di Principe. Conseguentemente, con provvedimento del Prefetto, adottato il 14 luglio 2006, l'incarico commissariale è stato attribuito alla dottoressa Savina Macchiarella.
Il nuovo Commissario straordinario, come rappresentato dall'interrogante ha individuato - in applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 96 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - la Commissione edilizia quale organo da sopprimere, non ritenendola indispensabile alla realizzazione dei fini istituzionali del comune.
La norma citata, infatti, nell'affidare alla discrezionalità degli organi degli enti locali l'individuazione periodica dei comitati, delle commissioni, dei consigli e di ogni altro collegio con funzioni amministrative necessari alla funzionalità del comune, dispone la soppressione degli altri, attribuendone le funzioni all'ufficio che riveste preminente competenza nella materia.
In ordine poi al conferimento degli incarichi di responsabilità dei settori tecnici, corre preliminarmente l'obbligo di evidenziare che la dotazione organica del comune di Casal di Principe, la cui popolazione è superiore a 20.000 abitanti, prevede la suddivisione dell'ufficio tecnico in due aree (urbanistica e lavori pubblici).
Secondo quanto riferito dalla prefettura di Caserta, il dirigente a contratto, nominato dal commissario dimissionario, per sua espressa ammissione, non era in grado di attendere all'elevata mole di lavoro delle due aree per cui il nuovo commissario, preso atto della situazione venutasi a creare, ha affidato l'incarico di responsabile dell'ufficio tecnico, ai sensi dell'articolo 110 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, ad altro professionista esterno di provata esperienza.
Per quanto attiene, invece, al giudizio sull'attività svolta dal precedente commissario prefettizio quale dirigente di area presso la prefettura di Caserta, si rappresenta che, ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 139/2000, allo stesso è stata attribuita la seguente valutazione finale per l'anno 2005: «Ha realizzato in modo adeguato gli obiettivi assegnati e svolte le attività di competenza con puntualità, diligenza e impegno. Ha tenuto comportamenti organizzativi che hanno dato luogo a performance di buon livello».
A tal proposito, corre l'obbligo di evidenziare che tale giudizio è analogo a quello attribuito in passato al dirigente di cui trattasi.
Per completezza di informazione, si rappresenta che a seguito delle elezioni tenute il 27 maggio 2007 è stata eletta la nuova amministrazione del comune di Casal di Principe.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
MIGLIORI. - Al Ministro per le politiche per la famiglia, al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
l'Associazione socio culturale «Il Mosaico» ha predisposto un progetto privato finalizzato ad accogliere, in forma residenziale, nove bambini in situazione di disagio familiare e personale affidati dai Tribunali dei Minori di Firenze e Genova ai servizi sociali in zona collinare adiacente Fosdinovo (Massa);
trattasi di immobile risultante; perfettamente a norma mentre è garantita la presenza 24 ore di qualificato personale educatore;
come si evince dalle cronache locali della stampa (il Tirreno 19 novembre 2006 e La Nazione 24 novembre 2006) il Comune di Fosdinovo ha inspiegabilmente
deliberato di bloccare tale progetto intervenendo anche sulla visita dell'ASL -;
se non si reputi opportuno sol tenere sul piano delle competenze statali in materia tale progetto prevedendo altresì forme di agevolazione finanziaria e/o fiscale volte a realizzare un ottimo progetto di recupero ed integrazione di minori disagiati.
(4-01931)
Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame concernente il quesito relativo alla sospensione da parte del comune di Fosdinovo (Massa) dell'autorizzazione necessaria per l'apertura di una casa famiglia nell'ambito di un progetto proposto dall'associazione socio culturale «Il Mosaico» finalizzato ad accogliere, in forma residenziale, nove bambini in situazione di disagio familiare e personale affidati dai tribunali per i minorenni di Firenze e di Genova, si rappresenta che un intervento diretto dello Stato in materia di tutela minorile si sostanzia nel finanziamento di progetti presentati a livello locale in favore di bambini e ragazzi, con le modalità previste dalla legge n. 285/87, che all'articolo 1 prevede l'istituzione del Fondo nazionale per l'Infanzia e l'Adolescenza «finalizzato alla realizzazione di interventi a livello nazionale, regionale e locale per favorire la promozione dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dell'infanzia e dell'adolescenza, in attuazione dei principi della Convenzione sui diritti del fanciullo».
Nella piena affermazione del principio di sussidiarietà la legge 285/97 rimette la programmazione, la progettazione degli interventi e la relativa attuazione alla collaborazione sinergica di regioni, enti locali e terzo settore: mentre la regione indica gli obiettivi generali della programmazione economico-sociale e territoriale e su questa base ripartisce le risorse destinate al finanziamento dei programma di investimenti degli enti locali, comuni e province concorrono alla determinazione degli obiettivi contenuti nei piani e nei programmi dello Stato e delle regioni e provvedono, per quanto di propria competenza, alla loro specificazione e attuazione.
Il comune di Fosdinovo, nell'attesa della programmazione di zona, ha voluto, nei tempi della sospensione dei rilascio dell'autorizzazione richiesta, verificare che il progetto dell'Associazione culturale «Il Mosaico» fosse coerente con la programmazione operata dalla Articolazione zonale Apuana della Conferenza dei Sindaci nell'ambito dell'istituzione di nuovi servizi residenziali destinati a minori problematici.
L'acquisizione di nuovi elementi di merito ha pertanto consentito successivamente il rilascio dell'autorizzazione richiesta.
Il Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale: Cecilia Donaggio.
MIGLIORI e ULIVI. - Al Ministro della salute, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la mattina dello scorso 8 settembre nella frazione di Casalguidi del Comune di Serravalle Pistoiese (Pistoia) si è registrato un incidente stradale che ha coinvolto un giovane scooterista che, pur in condizioni di una certa gravità, è stato soccorso dall'automedica solo dopo cinquanta minuti dall'incidente;
tale vicenda richiama alla mente i mancati soccorsi ad un gitante che nello scorso agosto ha perso la vita sulla montagna pistoiese -:
quali iniziative urgenti, anche col concorso del sistema della Protezione Civile, si intendano garantire alla Provincia di Pistoia in termini di soccorso urgente;
quali accertamenti, in relazione a quanto descritto in premessa siano stati effettuati;
se non si intendano rivedere le misure di depotenziamento dei distaccamenti della Polizia Stradale nella Provincia di Pistoia.
(4-04782)
Risposta. - In merito alle questioni delineate nell'interrogazione parlamentare in esame, la prefettura - ufficio territoriale del Governo di Pistoia ha precisato che i
rilievi effettuati dopo l'incidente stradale avvenuto a Casalguidi sono stati curati dal comando della polizia municipale di Serravalle Pistoiese, alla quale, unitamente all'Arma dei carabinieri, sono demandati i servizi sulla viabilità nei centri abitati.
È stato, inoltre, sottolineato che non sono previste misure di depotenziamento delle sottosezioni e dei distaccamenti della polizia stradale operanti presso la suddetta provincia.
Inoltre, il direttore generale dell'ASL 3 ha precisato che la normativa che attualmente disciplina il Sistema di emergenza territoriale prevede, al momento della richiesta di soccorso, l'effettuazione da parte dell'infermiere che la riceve di un triage telefonico per stabilire la criticità dell'evento (valutazione dello stato di coscienza, dell'attività respiratoria e di quella cardiaca); inoltre i soccorsi devono essere prestati entro 8 minuti in area urbana e, di norma, entro 20 minuti in quella extraurbana.
Nel caso dell'incidente stradale avvenuto l'8 settembre 2007, al momento della richiesta di soccorso (ore 10,40), veniva evidenziata una situazione «clinica» senza alterazioni dei parametri vitali (coscienza, respiro e circolo), ma con una problematica riguardante un arto inferiore.
Di conseguenza, in base a protocolli in uso, è stata inviata sul posto l'ambulanza della Misericordia di Casalguidi e Cantagrillo con personale volontario di livello avanzato, giunto sul posto alle ore 10,46.
Poiché il paziente rifiutava qualsiasi trattamento in assenza di un medico, veniva deciso di inviare l'automedica da Pistoia, che giungeva sul luogo dell'incidente, malgrado le difficoltà incontrate, alle ore 11,05.
Alle ore 11,26 l'ambulanza ripartiva dal luogo dell'incidente con il ferito a bordo con destinazione il pronto soccorso del presidio ospedaliero di Pistoia, dove giungeva alle ore 11,39 (l'accettazione del paziente è delle ore 11,45).
In merito all'altro incidente al quale si fa cenno nell'atto parlamentare, si trasmette la documentazione pervenuta dalla stessa azienda (disponibile presso il Servizio Assemblea), nella quale viene segnalata la mancanza di una relazione causale tra le modalità di trasporto del paziente e il suo decesso.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
NUCARA. - Al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale n. 85 del 2005 sono stati indetti i corsi speciali abilitanti all'insegnamento;
alla stregua dell'articolo 3 di detto decreto ministeriale, i corsi avrebbero dovuto concludersi con un esame finale entro la fine dell'anno accademico 2005-2006, cioè entro e non oltre il 31 maggio 2007;
il T.A.R. del Lazio in data 10 maggio 2007 con l'ordinanza n. 1982 ha concesso la sospensiva rispetto all'applicazione della nota prot. n. 2310/06 (Ministero dell'università e della ricerca) e della nota prot. n. 1943 (Ministero pubblica istruzione) che avevano procrastinato al mese di marzo 2008 l'espletamento degli esami finali dei corsi abilitanti speciali previsti dal decreto ministeriale n. 85 del 2005, ordinando all'Amministrazione di garantire l'espletamento degli esami per tutti i corsi terminati o che si sarebbero dovuti concludere entro maggio 2007, in modo da permettere l'inserimento a pieno titolo nelle graduatorie ad esaurimento;
a quanto risulta, ad oggi in diverse Università non si sono ancora conclusi gli esami finali per il conseguimento dell'abilitazione;
il permanere di una tale situazione ha determinato e determina l'impossibilità da parte dei frequentanti a concludere i corsi in tempo utile per essere inseriti, a pieno titolo, nelle graduatorie ad esaurimento in vista delle nomine relative al prossimo anno scolastico;
con molteplici note, rappresentanze sindacali hanno diffidato le Università, gli USR ed i Ministeri competenti ad adempiere
alla ratio e alla lettera del decreto ministeriale n. 85 del 2005;
i rappresentanti del CIPNA (Comitato insegnanti precari non abilitati) sono stati auditi dalla VII Commissione della Camera in data 14 giugno 2007 al fine di rappresentare tale situazione e anche in seguito a tale audizione la Commissione ha approvato, in data 11 luglio 2007, la risoluzione n. 8-00071, che tra l'altro impegna il Governo a disporre lo scioglimento della riserva della iscrizione alle graduatorie ad esaurimento per i corsisti che terminano i corsi entro il mese di luglio 2007 -:
se risulti vero che malgrado l'ulteriore slittamento del termine al 31 luglio 2007, come disposto dalla nota del 20 luglio 2007 dell'Uff. III - Direzione Generale per il personale della scuola, Dipartimento per l'Istruzione del Ministero pubblica istruzione, per la conclusione dei corsi con esame finale, disposto come in premessa, in molte Università tali corsi non si concluderanno entro la data prevista, a causa dell'inadempienza delle stesse Università nel rispetto delle disposizioni del decreto ministeriale citato in premessa;
cosa i Ministri intendano fare per i corsisti che, loro malgrado, non hanno potuto ottenere l'abilitazione per negligenza delle Università, degli USR e del Ministero, considerando inaccettabile il non congelamento delle disponibilità dei ruoli da assegnare;
come i Ministri intendano affrontare le eventuali richieste di risarcimento danni che, a quanto risulta, molti corsisti presenteranno nei prossimi giorni;
se ritengono equa la modalità del sistema di reclutamento del personale docente di ruolo.
(4-04615)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, concernente i corsi speciali, di durata annuale, per il conseguimento dell'abilitazione o idoneità all'insegnamento, previsti dall'articolo 2 della legge n. 143 del 4 giugno 2004 e riservati a coloro che nel periodo dal 1o settembre 1999 al 6 giugno 2004 avevano prestato almeno 360 giorni di servizio con il possesso del prescritto titolo di studio per accedere ad insegnamenti corrispondenti a posti di ruolo o classi di concorso.
L'interrogazione si riferisce specificamente alle problematiche insorte in sede di applicazione del decreto ministeriale n. 85 del 18 novembre 2005, emanato per l'attuazione dell'anzidetta disposizione legislativa, legate alle difficoltà di alcune università di attivare e concludere i corsi nei tempi previsti, con conseguenti riflessi sulle aspettative degli aspiranti all'inclusione nelle graduatorie permanenti, trasformate in graduatorie ad esaurimento dalla legge del 27 dicembre 2006, n. 296.
È noto che, con provvedimento cautelare in data 10 maggio 2007, il TAR del Lazio aveva accolto le istanze di coloro che, avendo conseguito l'abilitazione all'insegnamento entro il 30 giugno 2007, a seguito del completamento del percorso formativo dei corsi abilitanti speciali, si erano rivolti al giudice amministrativo per ottenere la sospensiva della nota prot. n. 2310 del 18 dicembre 2006 del ministero dell'università e della ricerca, diramata dal ministero della pubblica istruzione ai direttori degli uffici scolastici regionali con nota prot. n. 1943 del 19 dicembre 2006. Trattasi delle note ministeriali con cui si procrastinava l'espletamento degli esami finali dei corsi abilitanti speciali, stabilendone la conclusione su tutto il territorio nazionale entro il mese di gennaio 2008 per quanto riguarda i corsi per l'insegnamento nella scuola secondaria ed entro il mese di marzo 2008 relativamente a quelli per l'insegnamento nella scuola primaria e dell'infanzia; ciò allo scopo di assicurare un comportamento equo ed imparziale per docenti con pari diritti, ai fini dell'inserimento nella graduatoria ad esaurimento con una decorrenza giuridica uguale per tutti gli aspiranti.
Per questo motivo l'amministrazione ha proposto appello al Consiglio di Stato avverso l'ordinanza cautelare del TAR del Lazio ed ha al contempo fornito, con nota
prot. n. 14848 del 20 luglio 2007, le necessarie indicazioni agli uffici scolastici periferici per l'iscrizione con riserva dei ricorrenti nelle graduatorie ad esaurimento in esecuzione dell'ordinanza del TAR. Il Consiglio di Stato - VI Sezione - nella Camera di Consiglio del 31 luglio scorso ha accolto l'appello del ministero, avendo ritenuto che l'amministrazione giustamente ha dato la prevalenza all'esigenza di assicurare parità di trattamento fra i destinatari della norma.
Dell'accoglimento dell'appello da parte del Consiglio di Stato il ministero ha informato gli uffici scolastici periferici con nota del 2 agosto 2007, ricordando che l'efficacia delle precedenti indicazioni - che consentivano, in ottemperanza alla sospensiva del TAR, l'inserimento nella graduatoria ad esaurimento del personale ricorrente - era subordinata all'esito del ricorso in appello al Consiglio di Stato.
Poiché il Consiglio di Stato si è pronunciato in senso favorevole all'Amministrazione, le disposizioni dettate precedentemente in via cautelativa devono intendersi superate; di conseguenza, i docenti interessati non hanno potuto far valere l'abilitazione conseguita nelle operazioni di assunzione a tempo indeterminato e determinato effettuate dagli uffici scolastici provinciali sulla base delle graduatorie ad esaurimento e di istituto di prima fascia per l'anno scolastico 2007/2008.
Con riguardo, poi, alla domanda se sia «equa la modalità del sistema di reclutamento del personale docente di ruolo», si fa presente che la legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (legge finanziaria 2008), nell'ambito delle misure per il rilancio dell'efficienza e dell'efficacia della scuola, prevede l'emanazione di un regolamento che, nelle more dei complessivo processo di riforma della formazione iniziale e del reclutamento dei docenti, definirà la disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale e dell'attività procedurale per il reclutamento del personale docente, attraverso concorsi ordinari, con cadenza biennale.
In particolare, per evitare che si continui ad alimentare nuovo precariato - superato dalla legge n. 296 del 2006 con la trasformazione delle graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento - ci saranno nuove modalità di reclutamento degli insegnanti con corsi di specializzazione universitari, con forte componente di tirocinio, concorsi periodici e verifica delle capacità didattiche degli insegnanti prima della loro immissione in ruolo a tempo indeterminato.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
PEDRIZZI, SALERNO e DI VIRGILIO. - Al Ministro della salute, al Ministro per le politiche per la famiglia. - Per sapere - premesso che:
è in pericoloso e sconcertante aumento la diffusione fra i giovani delle smart-drugs, definite «droghe furbe» perché non perseguibili dalla legge, ma disponibili sugli scaffali dei cosiddetti smart shop sotto forma di bibite energetiche, pillole, gocce o erbe aromatiche;
in Italia questi negozi, che sono centinaia e nei quali si può comprare il lecito per lo «sballo», trovandosi al loro interno semini, infusi e pasticche a base di erbe e funghi «non proibiti» dalla normativa vigente hanno un giro di affari a molti zeri, con fatturati che toccano il miliardo di dollari l'anno;
queste sostanze contengono composti che hanno in alcuni casi effetti positivi ma in altri effetti negativi propri delle droghe provocando visioni allucinogene ed emozioni «pericolose» e devianti;
gli allarmanti dati sulle smart drugs sono stati diffusi in data 30 ottobre 2006, a Roma, dall'Istituto Superiore di Sanità (Iss) in occasione di una conferenza sulle tossicodipendenze, durante la quale è stato presentato l'unico censimento europeo di queste sostanze;
proprio a queste «droghe furbe», il cui abuso è in costante aumento, soprattutto fra i giovani, l'Iss ha dedicato un
libro che raccoglie e classifica tutte le sostanze pericolose;
pur essendo dannose per la salute delle persone, queste, «droghe furbe» non sono presenti nelle tabelle legislative che proibiscono l'uso di alcune sostanze stupefacenti e psicotrope, poiché i loro principi attivi non sono riconosciuti;
fanno parte delle smart-drugs prodotti come: la corteccia che contiene alcaloidi dalle proprietà simili all'oppio venduta come profumatore d'ambiente, oppure la noce del Sud America che macchia i denti e fa «sognare», e ancora i semini hawaiani o messicani, sconosciuti ai più, il cui quantitativo in peso di semi, è tale da assicurare una dose efficace di sostanza psicoattiva;
la diffusione di questo nuovo tipo di droghe non arriva solamente dagli shop, ma anche da internet, attraverso l'e-commerce, che permette di acquistare il prodotto preferito garantendo per giunta la privacy più assoluta;
dalla ricerca dell'ISS risulta che consumatori abituali sono giovani che le assumono in discoteca o nei rave-party, ma anche adulti 40-60enni che si sono negli ultimi tempi avvicinati a queste «droghe legali»;
ad usare smart-drugs sono anche uomini d'affari, perché si dice contribuiscano a rigenerare le facoltà mentali -:
se i Ministri in indirizzo non ritengano di fornire chiarimenti su questo fenomeno in espansione ed in merito a quanto esposto, e quali iniziative verranno assunte per vigilare e monitorare sulla reale ed effettiva pericolosità delle smart-drugs, al fine di prevenire la diffusione di questo fenomeno;
quali concreti provvedimenti intendano assumere per tamponare il devastante fenomeno delle nuove tossicodipendenze;
quali iniziative si adotteranno perché sia aggiornato e istruito professionalmente il personale sanitario, affinché sia in grado di individuare più facilmente la natura di intossicazione, determinata da queste nuove sostanze in particolare;
quali iniziative si ritenga di assumere per provvedere alla catalogazione di questi prodotti;
quali di questi prodotti possano essere considerati effettivamente delle droghe e quindi da vietarsi;
se occorrano delle licenze particolari per aprire gli smart-shop, come avviene per le farmacie.
(4-01749)
Risposta. - Per quanto riguarda l'attività svolta dall'Istituto superiore di sanità, alla quale si fa riferimento nell'atto parlamentare, sono stati esaminati nel periodo 2003-2006 circa 150 reperti di «Smart Drugs», oggetto di sequestro sia da parte dei nuclei del Comando Carabinieri per la tutela della salute (NAS) che da parte di diverse procure della Repubblica italiana.
Gli studi quali-quantitativi sui principi attivi contenuti in tali sostanze, le proprietà farmaco-tossicologiche di queste ultime e gli effetti sul sistema nervoso centrale sono stati diffusi tramite la pubblicazione del libro «Smart Drugs», i cui contenuti sono stati presentati in occasione della conferenza «Tossicodipendenze: dalle evidenze scientifiche alla pratica clinica e alle decisioni politiche», tenutasi il 30 e 31 ottobre 2006.
La pubblicazione, presente sul sito dell'Osservatorio fumo, alcool e droga dell'istituto, può essere consultata dagli operatori sanitari per individuare più facilmente una eventuale intossicazione determinata da queste sostanze.
Gli studi condotti hanno portato all'inserimento della Salvia Divinorum e del suo principio attivo Salvinorina A nella tabella 1, relativa all'elenco delle sostanze stupefacenti o psicotrope, ai sensi dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 «Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza».
Va precisato che, per il riconoscimento delle proprietà stupefacenti in una sostanza chimica, è necessario che la medesima produca effetti sul sistema nervoso centrale ed abbia capacità di determinare dipendenza fisica o psichica di grado analogo o superiore rispetto alle sostanze già inserite nelle tabelle allegate al decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990.
Per quanto riguarda le piante o parti di esse, i principi attivi contenuti devono provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali.
In presenza di una possibile ipotesi in tal senso, il ministero della salute richiede il parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanità (CSS) per l'eventuale inserimento della sostanza nella tabella degli stupefacenti.
Come già per Salvia Divinorum, a seguito del parere del CSS è stato emanato il decreto del Ministro della salute che prevede l'inserimento nella suddetta tabella I dei semi di Argyreia Nervosa (cosiddetti semini hawaiani), vietandone la libera commercializzazione.
Inoltre, negli smart shop non possono essere commercializzati prodotti contenenti piante, la cui presenza non è consentita negli integratori alimentari, ricomprese nell'elenco pubblicato nel sito internet del ministero della salute, o comunque piante che si configurano come «novel food» alla luce del Regolamento (CE) 258/97, con un'attenzione particolare per quelle provenienti da Paesi terzi.
Il citato Regolamento vieta l'impiego, come alimento o ingrediente alimentare, di sostanze la cui sicurezza per la salute umana non sia stata comprovata da un pregresso consumo, significativo a motivo della disponibilità sul mercato interno in prodotti commercializzati nei canali di vendita degli alimenti.
Resta ferma la possibilità, per una data sostanza, della produzione delle prove di sicurezza secondo specifici protocolli, ai fini di una eventuale autorizzazione, con una procedura che coinvolge tutti gli Stati membri e la Commissione europea.
Allo scopo di contrastare le irregolarità concernenti la commercializzazione di sostanze non ammesse negli integratori e non consentite come ingredienti alimentari, il ministero della salute ha predisposto per il 2007 un piano di vigilanza che prevede verifiche ispettive presso le strutture di vendita e distribuzione.
L'obiettivo è quello di verificare, attraverso l'esame delle etichette, che i prodotti, per i quali sono previste norme di tutela dalla legislazione del settore alimentare, non contengano estratti vegetali vietati.
Il piano di vigilanza è caratterizzato da una capillarità territoriale, che coinvolge le regioni e le aziende sanitarie locali, allo scopo di «fotografare» l'attuale realtà a livello nazionale, per le opportune iniziative da adottare.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
PELLEGRINO. - Al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
in occasione della Festa della Repubblica del 2 giugno 2007, il Ministro interrogato si è recato in visita ad un oratorio salesiano nel Torinese, dove ha incontrato quattro giovani volontari in servizio civile;
in tale contesto ha dichiarato: «Abbiamo deciso di migliorare la qualità del servizio civile in Italia e abbiamo intensificato i controlli sulla regolarità dei progetti fino ad ora approvati»;
durante la presentazione del bando 2007 per il servizio civile il Direttore dell'Ufficio nazionale per il servizio civile, Diego Cipriani ha dichiarato: «È stata intensificata l'attività di controllo e monitoraggio, nel 2006, sono raddoppiate le verifiche effettuate rispetto all'anno precedente e, nei primi 5 mesi del 2007, abbiamo superato quelle effettuate l'anno scorso». Mentre il sottosegretario alla Solidarietà sociale, Cristina De Luca ha precisato che: «verifica e controllo sono eseguiti a campione e non più soltanto in base a segnalazioni che arrivano» -:
quante siano state le ispezioni avvenute nel 2006 e nei primi 5 mesi del 2007,
verso quali enti siano state fatte, in quali regioni e in quali città siano ubicati, se siano scaturite da una segnalazione o se siano state fatte a campione, che cosa sia stato riscontrato e quale provvedimento abbia adottato l'Ufficio.
(4-04063)
Risposta. - In relazione all'atto parlamentare in esame, si rappresenta quanto segue.
L'attività di verifica è svolta dall'Ufficio nazionale per il servizio civile, ai sensi dell'articolo 8, della legge 6 marzo 2001, n. 64 e dell'articolo 2, commi 1 e 6, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 ed ha lo scopo di assicurare una efficiente gestione del servizio civile e una corretta realizzazione dei progetti.
Nel 2006, l'attività di verifica ha registrato un incremento del 39,53 per cento rispetto all'anno precedente. L'Ufficio, avvalendosi di funzionari specificatamente formati, ha effettuato complessivamente 120 verifiche sulla gestione dei progetti di servizio civile, suddivise in 102 verifiche programmate e in 18 disposte a seguito di segnalazioni di irregolarità nella gestione del servizio civile o nella realizzazione dei progetti.
Nell'anno 2007 vi è stato un ulteriore incremento dell'attività di verifica, infatti, le ispezioni effettuate nei primi nove mesi dell'anno sono state 200, di cui 175 programmate e 25 effettuate a seguito di segnalazioni.
Per quanto concerne i dati specifici richiesti dall'interrogante si rinvia alle allegate tabelle nelle quali è riportata in dettaglio l'attività ispettiva svolta nell'anno 2006 e nei primi nove mesi del 2007. In particolare la tabella 1 (disponibile presso il Servizio Assemblea), relativa all'anno 2006, riporta i dati riguardanti il numero di enti ispezionati in relazione alle regioni presso le quali sono ubicate le sedi, la tipologia degli enti stessi in relazione alla natura pubblica o privata e alla classe di iscrizione all'albo nazionale degli enti di servizio civile. La tabella 2 (disponibile presso il Servizio Assemblea), sempre riferita al 2006, elenca, in corrispondenza degli enti soggetti alle verifiche, le irregolarità rincontrate e i conseguenti provvedimenti sanzionatori adottati dall'Ufficio. Le tabelle 3 e 4 (disponibile presso il Servizio Assemblea) riportano gli stessi dati indicati rispettivamente nelle tabelle 1 e 2, con riferimento ai primi nove mesi del 2007.
Il Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale: Cristina De Luca.
RAITI. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il giorno 13 aprile 2006 Flavio Beninati, rinvenuto a Palermo in gravi condizioni a seguito di una presunta aggressione, sulla quale sono tuttora in corso le indagini da parte della Procura, fu trasportato dal servizio 118 nel reparto rianimazione dell'Ospedale civico di Palermo, 1 divisione;
le condizioni del ragazzo venivano subito diagnosticate molto gravi, avendo egli riportato molteplici lesioni alla testa ed una grave frattura alla 12 vertebra della spina dorsale;
i sanitari dopo aver eseguito i primi accertamenti radiografici e TAC formulavano prognosi riservata e procedevano ai necessari interventi chirurgici;
il decorso postoperatorio era stato ritenuto dai sanitari soddisfacente e ciò era stato confermato dal primario, dottor Mario Re, e si sperava in una ripresa, anche se parziale a causa della paralisi degli arti inferiori dichiarata irreversibile;
purtroppo le previsioni non si avverarono, sabato 22 aprile le condizioni di Flavio cominciarono a peggiorare e gli stessi medici non riuscendo a capire cosa stesse succedendo dissero che si doveva aspettare;
questo «aspettare» si trasforma in uno strazio per parenti ed amici di Flavio e i congiunti decidono di chiedere un parere al professor Giovanni Lasio, specialista
in neurochirurgia dell'Ospedale «Besta» di Milano;
il professor Besta, accolto al reparto soltanto da un dottore rianimatore e non dai neurochirurghi che avevano fatto gli interventi, come il codice deontologico avrebbe previsto, dava finalmente esaurienti spiegazioni sulle condizioni di Flavio confermandone la gravità e consigliava una risonanza magnetica alla testa (non ancora eseguita);
dopo circa una settimana il medico di turno, allo sportello, comunicava ai parenti che lo stato di Flavio era nuovamente peggiorato e lasciava intendere che la sua fine era vicina;
a quel punto la madre del ragazzo, disperata, accompagnata dall'avvocato Lo Curto e dalla signora Mariuccia Beninati, entrambi suoi parenti si è recata dal primario dottor Mario del Re il quale le negava addirittura la possibilità di fare entrare un prete dal ragazzo agonizzante per ricevere i sacramenti;
nello stesso incontro la signora Garofalo non riusciva nemmeno a chiedere di essere avvisata in tempo per poter esprimere la sua volontà di donare gli organi del figlio;
dalla cartella clinica risulta che Flavio per almeno 5 giorni riprese conoscenza, rispondeva alle sollecitazioni, ha pronunciato nomi non compresi;
nonostante la ripresa di conoscenza, è stato impedito alla madre e ai familiari un qualsiasi contatto con il ragazzo se non per mezzo di uno scolorito monitor, che inquadrava solo il suo viso o solo mentre veniva trasportato in sala operatoria e poi ha rivisto il suo corpo il 14 maggio verso le ore 14, ormai esanime, già freddo e di colorito cadaverico, irriconoscibile e dimagrito di 35 chili, a decesso avvenuto;
Flavio portava al polso un braccialetto tipo cerotto con il suo nome sul quale non era riportata nemmeno l'ora della morte, cosa che anche l'addetto della Camera mortuaria aveva trovato inspiegabile;
l'abbraccio impedito ai parenti di Flavio, in particolare alla madre, moltiplica all'infinito lo strazio del loro dolore che diventa disumano e innaturale -:
se il Ministro non ritenga di dover far luce sulla vicenda sopra descritta per accertare se il comportamento professionale del personale medico fu legittimo e se vi siano comportamenti contrari alla deontologia e/o al giuramento di Ippocrate;
in particolare se, in questo come in altri casi, risponda alla migliore arte medica l'impedire il contatto tra il degente in stato di coma o in ripresa di coscienza o se, invece tale contatto non sia, appunto, consigliato potendo costituire uno stimolo alle funzioni cerebrali;
se ancora risponda alla migliore arte medica l'impedire ad un degente, con ripresa di coscienza, di avere un contatto con i propri familiari e se, al contrario, durante tutto il periodo di ripresa di coscienza (almeno cinque giorni) il degente non abbia vissuto l'assenza di contatto con i familiari come un abbandono;
quali provvedimenti intenda adottare affinché altre persone che vivono il dolore di un congiunto gravemente malato non debbano trovarsi nelle condizioni della signora Carla Garofano e il malato non debba sentirsi in condizione di abbandono;
se al Governo risulti quali esiti abbia avuto l'indagine della Magistratura relativa al caso illustrato in epigrafe.
(4-02652)
RAITI. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 13 aprile 2006, a Palermo, il giovane Flavio Beninati, veniva rinvenuto in gravi condizioni e trasportato nel reparto di rianimazione dell'ospedale civico di Palermo, 1 divisione e le sue condizioni apparivano subito molto gravi, avendo il giovane riportato molteplici lesioni alla testa e una grave frattura alla spina dorsale;
in ordine all'episodio, tutt'ora oscuro, la Procura di Palermo apriva il fascicolo n. 5216 del 2006;
il giovane, sottoposto ad intervento chirurgico, entrava in stato di coma;
la malattia si è protratta per oltre un mese e il giovane è deceduto il 14 maggio 2006 e durante l'intero periodo di degenza nel reparto di rianimazione dell'ospedale civico di Palermo, ai familiari non è stato mai permesso di avere alcun contatto fisico, anche minimo, con Flavio;
inutilmente la madre, Carla Garofalo, e altri congiunti, chiedevano di poter avere la possibilità di stare al fianco del giovane, anche per un tempo limitato;
senonché il primario della divisione, dottor Mario Re, ha negato qualsiasi contatto, neanche autorizzando il sacerdote perché desse i sacramenti al ragazzo agonizzante;
le insistenze dei familiari che facevano appello al fatto che la scienza medica ritenesse opportuno il contatto del paziente in stato di coma con i congiunti al fine di provocare una possibile reazione, sono state costantemente respinte dal dottor Mario Re che, con toni decisi, ripeteva «qui non si muove foglia se io non voglio, qui comando io»;
in una occasione la madre del ragazzo, accompagnata dall'avvocato Giuseppe Lo Curto e dalla signora Mariuccia Beninati, doveva subire la testuale affermazione del dottor Mario Re: «Lei ora si preoccupa, prima doveva preoccuparsi», e cacciata in malo modo, addirittura con urla: «Se ne vada, se ne vada»;
dalla cartella clinica, acquisita dopo il decesso, risulta che il giovane Flavio Beninati, in più occasioni, mostrò segni di risveglio dal coma;
e infatti, risulta dalla cartella clinica:
1. «17 aprile 2006 ore 9.30 apertura spontanea degli occhi, non si entra in contatto, muove spontaneamente gli arti superiori»;
2. «18 aprile 2006 ore 15 si entra in contatto, esegue ordini semplici (...) ore 21.30 si entra in contatto ed esegue ordini semplici. Muove spontaneamente gli arti superiori»;
3. «19 aprile 2006 ore 9.30 si entra in contatto, esegue ordini semplici, muove spontaneamente gli arti superiori».
4. «20 aprile 2006 ore 9.30 si entra in contatto, muove gli arti superiori (...) ore 18.10 apre gli occhi, segue con lo sguardo dubbio il controllo»;
5. «22 aprile 2006 ore 9.30 apertura spontanea degli occhi (...) ore 22.20 paziente vigile, apre spontaneamente gli occhi, poco collaborante contatto dubbio»;
6. «24 aprile 2006 ore 12 apertura spontanea degli occhi (...) verbalizza nomi incomprensibili»
7. «25 aprile 2006 ore 16.40 allo stimolo doloroso smorfia mimica, movimenti spontanei agli arti superiori»;
8. «28 aprile 2006 ore 9.35 apertura spontanea degli occhi, allo stimolo doloroso accenno di flessione dell'arto superiore»;
9. «29 aprile 2006 ore 10.30 non si entra in contatto»
10. «31 aprile 2006 ore 10 coma (...) non si entra in contatto»;
11. «2 maggio 2006 ore 10.15 il paziente è in coma. Non si entra in contatto»;
12. «4 maggio 2006 ore 11 apertura spontanea degli occhi, segue con lo sguardo»;
13. «5 maggio 2006 ore 11.30 apertura spontanea degli occhi, segue con lo sguardo»;
14. «6 maggio 2006 ore 9.30 coma, accenno di apertura degli occhi alla chiamata»;
15. «10 maggio 2006 ore 23 coma, non si entra in contatto»;
appare evidente come nel decorso della malattia si siano alternati periodi di assenza di contatto e periodi di segnali di ripresa;
senonché ai familiari è stato impedito di avere alcun contatto con il loro congiunto;
tutti questi fatti sono stati portati a conoscenza, con appositi atti, della Procura della Repubblica e del Tribunale per i diritti del malato;
quanto sopra è stato già oggetto da parte dell'interrogante di una interrogazione parlamentare, recante il n. 4-02652 con la quale si chiedeva:
a) lo stato dell'indagine pendente innanzi la Procura della Repubblica di Palermo;
b) se sia rispettoso della migliore arte medica quella di impedire, contro ogni indicazione scientifica, ai familiari di avere un qualche contatto fisico con il paziente in stato di coma;
c) se rispondesse alle regole della migliore arte medica, l'avere negato il minimo contatto anche nei giorni in cui il giovane dimostrava segni di risveglio dallo stato di coma, pronunciando anche parole che non venivano però comprese dai sanitari;
lo strazio della madre del giovane e degli altri congiunti, ha subìto negli ultimi tempi un ulteriore aggravamento;
infatti, numerose agenzie di stampa (riprese dai giornali) hanno dato notizia di un altro tristissimo episodio di un giovane, ricoverato in stato di coma, presso la stessa struttura sanitaria, ove era stato degente Flavio Bennati;
l'agenzia ANSA del 19 novembre 2007 ore 16.34 diffondeva:
«È in coma per trauma cranico nell'ospedale civico Manfredi Mercadante, 19 anni, gravemente ferito ieri in un incidente sull'autostrada Trapani-Palermo in cui sono state coinvolte due automobili e sono state ferite altre due persone;
Mario Re, responsabile del reparto di prima rianimazione dell'ospedale civico, esprime «cauto ottimismo» e dice che «le condizioni del paziente sono stazionarie»;
l'Agenzia ANSA del 19 febbraio 2007, ore 20, diffondeva:
Il GIP di Palermo ha concesso cinque giorni di arresti domiciliari al padre del giovane in coma, che si trova in carcere, accusato di associazione mafiosa, e che è primario di radiologia al civico di Palermo;
l'istanza era stata depositata dagli avvocati Mino Formino e Roberto Tricoli, che assistono Mercadante, per potergli permettere di assistere il figlio»;
la stessa agenzia ANSA, il giorno 26 febbraio, dava notizia di un ulteriore permesso di giorni cinque per consentire l'assistenza del giovane in coma;
in particolare, l'Agenzia ANSA del 26 febbraio 2007 delle ore 10.31, specificava:
«I difensori del Mercadante, hanno chiesto alla Procura di Palermo di reiterare al loro assistito il permesso di cinque giorni per continuare a prendersi cura del figlio;
i legali, Roberto Tricoli e Mino Mormino, hanno depositato la loro istanza sabato scorso, e adesso tocca alla Procura di Palermo di esprimere il proprio parere e trasmetterlo al GIP che dovrà formalizzare la decisione;
alla loro istanza, i legali hanno allegato una relazione medica stilata dai sanitari di rianimazione del civico nella quale si sostiene che la presenza del padre al capezzale del ragazzo, che è «in coma, migliorerebbe la reattività del paziente»;
l'agenzia ANSA ha diffuso ulteriori notizie in merito ai successivi permessi concessi per consentire al genitore di assistere il figlio in coma;
il comportamento dei sanitari di rianimazione del civico di Palermo, nel corso della triste vicenda del giovane Mercadante,
è stato certamente improntato al rispetto delle regole della migliore arte medica;
invero risulterebbe che nella relazione medica redatta dai sanitari, si farebbe espressa menzione della necessità del contatto fisico con i familiari perché «migliorerebbe la reattività del paziente»;
la necessità del contatto con i familiari è stata, quindi, giustamente, equiparata ad una terapia -:
se corrisponde alle regole dell'arte medica il consentire il contatto del paziente in stato di coma con i familiari perché ciò è di sollecitazione alla auspicata reattività;
se le regole della migliore arte medica vengano rispettate dai sanitari del reparto di rianimazione dell'ospedale civico di Palermo;
se le regole della migliore arte medica vengano applicate tutt'ora;
se esistono ragioni mediche che abbiano impedito ai sanitari del reparto di rianimazione dell'ospedale civico di Palermo, di rispettare le regole della migliore arte medica nel caso del giovane Flavio Beninati che, per oltre un mese, è stato totalmente isolato dai propri familiari e pur avendo, per diversi giorni, dato segnali di risveglio dal coma, aprendo gli occhi, rispondendo agli stimoli e pronunziando parole (così come risulta dalla cartella clinica);
quali iniziative si reputa opportuno adottare per consentire, secondo le regole dell'arte medica, che i familiari di un paziente in stato di coma, possano assisterlo, con le modalità e i tempi stabiliti dai sanitari, al fine di sollecitare o migliorare la reattività;
se le iniziative da adottare debbano in specie riguardare l'ospedale civico di Palermo, attesa la sconcertante violazione delle regole della migliore arte medica e pur se esse siano universalmente conosciute, condivise e, con inspiegabile incoerenza ed incostanza, anche applicate nel reparto di rianimazione dell'ospedale civico di Palermo;
se non si ritenga opportuno disporre una indagine sul comportamento e sulle prassi adottate dai sanitari e dal primario, dottor Mario Re, del reparto di Rianimazione dell'ospedale civico di Palermo al fine di verificare il rispetto dei protocolli medici e terapeutici;
quali iniziative siano state assunte dalla Procura della Repubblica di Palermo in merito al fascicolo n. 5215 del 2006.
(4-04213)
Risposta. - La prefettura - ufficio territoriale del Governo di Palermo, sulla base dei dati acquisiti dalla competente questura, ha comunicato che in data 13 aprile 2006, il signor Flavio Beninati veniva rinvenuto nel pozzo luce di uno stabile, in gravi condizioni, per lesioni apparentemente provocate da caduta; dopo i primi soccorsi, veniva trasportato in ambulanza alla I unità operativa di anestesia - Rianimazione e Terapia Iperbarica dell'ospedale civico e Benfratelli di Palermo, dove veniva ricoverato con diagnosi di «politrauma da precipitazione».
Per quanto concerne il periodo di degenza, si segnala che in data 23 gennaio 2007, nell'ambito delle indagini svolte dalla competente procura, è stata acquisita la relazione redatta dal direttore della citata unità operativa.
In tale documento viene precisato che nella I unità operativa di anestesia rianimazione e terapia iperbarica, realizzata secondo i canoni sanitari più avanzati della rianimazione, non è previsto che i parenti entrino all'interno dei locali di degenza, per la necessità di garantire la privacy dei pazienti, che nella generalità sono in stato di coma, e di evitare il pericolo di infezioni.
Il direttore ha precisato inoltre che è presente una equipe medica ed infermieristica di alta professionalità e di alto livello umanitario, sia nei confronti dei pazienti (che sono più di 700/anno) sia nei rapporti con i parenti, con i quali si è sempre riusciti ad instaurare rapporti di fiducia e reciproca stima, apprezzati anche dalla direzione
sanitaria di presidio e dal tribunale per i diritti del malato.
Riguardo al caso in questione la relazione riporta che, in data 13 aprile 2006, alle ore 9.50, il signor Beninati veniva accompagnato da un'ambulanza del SUES 118 presso la suddetta unità operativa.
Apparivano subito evidenti le gravi condizioni cliniche del paziente: la TAC encefalo (del 13 aprile 2006) metteva in evidenza «ematoma extradurale in occipito-parietale dx, esteso sino al vertice, ed in occipitale-mesiano sinistra in sede occipitale. Focolaio lacero-contusivo occipitale destro. Pneumoencefalo - Iperdensità ematica subaracnoidea interemisferica e del territorio. Notevole edema biemisferico con appiattimento degli spazi liquorali periencefalici. Frattura pluriframmentaria avvallata della base del cranio, che coinvolge la squama occipitale più evidente a sinistra e l'articolazione occipitoatlante. Emosinus sfenoidale, etmoidale e seno mascellare sinistro».
La TAC Rachide-cervicale e dorso-lombare effettuata il 13 aprile 2006 metteva in evidenza «frattura pluriframmentaria del soma di D12, dislocati radicalmente, alcuni dei quali sporgono nel canale vertebrale con consensuale compressione e dislocazione a destra del midollo con verosimili segni di iperdensità ematica nello spazio epidurale vertebrale ...».
Lo stesso giorno del ricovero veniva ricevuto dal direttore il padre del paziente, accompagnato dal legale di fiducia, ai quali veniva illustrata la gravità del caso; in particolare, il direttore ha precisato di aver conosciuto la madre del ragazzo in occasione dell'arrivo dell'esperto, incaricato dalla procura della Repubblica di Palermo di verificare le condizioni cliniche del paziente; lo stesso, accompagnato in sala rianimazione per visitare il paziente, dopo avere preso visione delle TAC e della RMN, riferiva alla madre le sue deduzioni, corrispondenti a quelle del suddetto direttore.
È stato ribadito che è consuetudine consegnare, a coloro che ne fanno richiesta, i referti delle TAC e le RMN.
Il 5 maggio 2006 veniva ricevuto il professor Lasio dell'Istituto nazionale neurologico C. Besta di Milano, al quale erano date in visione tutte le indagini TAC; il suddetto professionista veniva accompagnato successivamente in sala rianimazione per visitare il paziente.
Il professor Lasio riferiva alla madre sul grave trauma e sulla non operabilità a livello di fossa cranica posteriore.
È stato precisato che nel reparto rianimazione ogni mattina i cappellani sono presenti per somministrare i sacramenti ai ricoverati.
Per quanto riguarda il prelievo d'organi, tale richiesta non è mai stata avanzata come risulta, secondo quanto sottolineato, dalla mancanza di documentazione a tale scopo; comunque, non poteva essere esaudita per le condizioni cliniche del paziente, in quanto gli organi non erano nella condizione di essere espiantati ai fini della donazione.
Riguardo alla sistemazione del cadavere nel reparto, il direttore ha comunicato che nel momento in cui un paziente in coma, politraumatizzato ed incubato, muore, si procede a togliere tutti i presidi medico chirurgici che hanno tenuto in vita il paziente (tubo endotracheale, le cannule arteriose e venose, i tubi di drenaggio addominali e toracici) ed i siti di accesso vengono suturati per evitare fuoriuscita di liquidi organici.
Successivamente la salma viene lavata e composta su una barella che viene tenuta in sala medicazione a disposizione dei parenti per l'ultimo saluto; se i parenti non sono presenti in Reparto, la salma viene trasportata presso la Camera mortuaria del P.O. Civico.
Relativamente a quanto richiesto dall'interrogante in merito alla indagine giudiziaria, il ministero della giustizia ha comunicato che la procura della Repubblica di Palermo ha instaurato il procedimento penale n. 5215/06 R.G. a carico di ignoti, per i reati di cui agli articoli 580, 635 e 660 del codice penale.
In tale ambito, sono state avviate indagini mirate ad accertare, in particolare, se il signor Beninati sia stato vittima di un'aggressione e quale possa essere stata la dinamica dell'incidente.
È stata inoltre disposta consulenza medico-legale, al fine di verificare se possa esserci un nesso tra l'exitus e le lesioni riportate dal suddetto e se possano sussistere eventuali profili di responsabilità a carico di coloro che lo hanno avuto in cura dal momento del ricovero.
In relazione all'ipotesi di reato di cui all'articolo 323 del codice penale, il Capo dell'ufficio requirente ha precisato che è stato istituito il procedimento penale n. 7298/06 R.G. mod. 21, ai cui atti è stata acquisita copia dell'interrogazione in esame.
Tali indagini sono ancora in corso, essendo stato prorogato dal giudice per le indagini preliminari il termine previsto dall'articolo 405 del codice penale.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
RAMPELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
lo scorso mese di agosto un noto quotidiano nazionale ha denunciato il silenzio dei media occidentali dinanzi al disastro dei monsoni in India e in Bangladesh, dove decine di milioni di sfollati sono in attesa di soccorsi;
la stessa calamità ha stremato la Birmania dove interi villaggi sono stati sommersi dalle inondazioni, la popolazione è fuggita e molti raccolti sono andati distrutti;
uno dei regimi comunisti più impenetrabili del pianeta - che ha condannato il paese all'isolamento dopo quasi mezzo secolo di oppressione - è rimasto immobile di fronte alla calamità nazionale;
in quattro giorni di navigazione i pochi giornalisti presenti non hanno visto soccorsi organizzati: nelle zone infestate dalla malaria mancava tutto, dall'acqua potabile ai medicinali, né sono stati inviati dalle città dottori e infermieri;
in Birmania il 30 per cento della popolazione, circa 15 milioni di persone, vive sotto la soglia di povertà;
la speranza di vita media è 58 anni per gli uomini, 60 per le donne, una delle più basse dell'Asia; i tassi di mortalità per malaria e tubercolosi rimangono molto elevati e l'epidemia di HIV/AIDS si è diffusa negli ultimi anni;
la mortalità infantile è al 7 per cento - un livello quasi africano - e più del 30 per cento dei bambini al di sotto dei cinque anni soffre di malnutrizione; quasi la metà dei bambini in età scolastica non è scolarizzata;
nella Risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 21 giugno 2007 si afferma che il Consiglio di Stato per la pace e lo sviluppo (SPDC) - nome ufficiale del regime militare comunista del Myanmar - continua a sottoporre la popolazione birmana a gravi abusi dei diritti umani, quali lavori forzati, persecuzione di dissidenti, torture, reclutamento di bambini soldato, sevizie inflitte dalle truppe governative a donne e bambini delle minoranze etniche, nonché deportazioni coatte;
nel paese sono oltre un migliaio i detenuti politici ancora incarcerati e il governo birmano continua a negare ai prigionieri un'adeguata assistenza medica durante la detenzione;
la Birmania è il secondo produttore al mondo di oppio illegale e contribuisce per più del 90 per cento alla produzione di eroina dell'Asia sudorientale;
la brutale repressione operata dal regime nei confronti di numerosi gruppi etnici - fra cui i karen del Myanmar orientale - ha causato sofferenze e migrazioni interne su vasta scala;
secondo l'agenzia Asianews, dinanzi a quello che può definirsi un vero e proprio genocidio verso le minoranze etniche, la comunità internazionale non ha mai preso iniziative per impedirlo;
lo scorso gennaio il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha respinto una risoluzione che chiedeva al Myanmar di diminuire la repressione e liberare i
prigionieri politici e di coscienza; Russia e Cina hanno votato contro, spiegando che la questione non riguarda la sicurezza e la pace della regione, per cui non se ne deve occupare il Consiglio -:
quale sia la valutazione del Governo in merito a tale questione e se non ritenga necessario intervenire presso le competenti sedi internazionali e comunitarie per sollecitare l'invio di aiuti umanitari in Birmania;
quali forme di cooperazione allo sviluppo da parte delle ONG italiane siano attive in Birmania e con quali risultati;
quali siano le relazioni diplomatiche che lo Stato italiano intrattiene con la Birmania, un paese che, nell'indifferenza della comunità internazionale, continua ad essere oltraggiato da una delle peggiori forme di comunismo.
(4-04752)
Risposta. - L'Italia è attivamente impegnata in tutti gli ambiti opportuni, dalle Nazioni unite all'Unione europea, per promuovere le iniziative necessarie a sostenere il desiderio di libertà del popolo birmano e ad indurre il regime di Yangon ad avviare finalmente un dialogo con l'opposizione democratica.
Ricordo innanzi tutto che il nostro Paese ha contribuito al negoziato che ha portato alla decisione dell'UE di presentare all'Assemblea generale delle Nazioni unite, come l'anno scorso, una risoluzione di condanna delle violazioni dei diritti umani in Myanmar. L'UE, e con essa l'Italia, si impegnerà attivamente affinché il testo sia approvato dall'organo onusiano, nella prospettiva di accrescere la pressione internazionale su Yangon.
L'Italia, quale membro del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, ha richiesto insieme ad altri 16 Paesi membri (tra cui 7 Paesi UE) una sessione straordinaria dell'organo sulla situazione in Myanmar.
La sessione straordinaria, convocata per la mattina del 2 ottobre 2007, si è conclusa con l'adozione per consenso di un testo di risoluzione proposto dall'UE e successivamente emendato, che deplora con forza la violenta repressione delle dimostrazioni popolari e richiama il Governo del Myanmar a liberare tutti i prigionieri politici, ad impegnarsi immediatamente in un dialogo politico con tutte le parti coinvolte e a consentire l'effettivo accesso nel Paese alle organizzazioni umanitarie. La risoluzione richiede inoltre a Yangon di collaborare con il Relatore speciale del CDU sulla situazione dei diritti umani in Myanmar, permettendogli di verificare l'effettiva attuazione della risoluzione, così da informare il Consiglio degli sviluppi.
Sempre in ambito ONU, lo scorso 5 ottobre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite ha ascoltato la relazione del Rappresentante Speciale del Segretario generale, Ibrahim Gambari, al termine della sua visita di quattro giorni in Myanmar, dove ha incontrato il capo della Giunta militare, Generale, Than Shwe, per manifestargli la viva preoccupazione della comunità internazionale per la violenta repressione della protesta, ed ha visto in due occasioni la leader della Lega Nazionale per la Democrazia e Premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi.
Nel corso del medesimo incontro, il Rappresentante permanente italiano presso le Nazioni unite è intervenuto esprimendo la preoccupazione italiana ed illustrando le iniziative intraprese dal nostro Paese sul piano bilaterale e multilaterale per far fronte alla situazione venutasi a creare in Birmania.
Desidero inoltre ricordare che l'Italia, in qualità di membro non permanente del Consiglio di Sicurezza, ha lavorato attivamente per promuovere la Dichiarazione Presidenziale approvata lo scorso 11 ottobre con il consenso di tutti i membri del CdS. Il testo contiene espressioni di grave preoccupazione per le più deprecabili pratiche del regime birmano e rappresenta una forma di pressione senza precedenti sulle autorità del Myanmar.
La Dichiarazione è un ulteriore fortissimo sostegno per il mandato di buoni uffici del Segretario generale e del suo Inviato speciale, che costituisce al momento l'unico canale di comunicazione aperto con
la giunta birmana e dunque l'iniziativa principe su cui devono convergere l'azione e il pieno e forte appoggio della comunità internazionale.
Alla seconda missione dell'Inviato Gambari in Myanmar (3-8 novembre 2007) è seguita l'adozione da parte del Consiglio di Sicurezza di un Press Statement con il quale i membri hanno deplorato nuovamente gli arresti e le detenzioni, ponendo la liberazione di Aung San Suu Kyi e dei prigionieri politici come prima condizione per l'avvio del processo di riconciliazione.
Lo sforzo negoziale italiano è proseguito anche in sede bilaterale. La Direzione generale Asia del Ministero degli affari esteri, già all'inizio di settembre e tra i primi Paesi UE, ha provveduto ad effettuare un passo a livello di funzionari con l'ambasciata di Myanmar a Roma, in cui si è fatto stato, anche sulla base di quanto comunicato dai Capi Missione UE residenti in Yangon, del rammarico e della preoccupazione per il sostanziale fallimento della Convenzione Nazionale in Myanmar, nata, invece, con l'obiettivo di dare avvio ad un reale processo di riconciliazione nazionale e di apertura democratica nel Paese. Al tempo stesso si è fatto stato del sentimento di condanna per le repressioni allora attuate dalla Giunta militare al potere, deplorando gli arresti di cittadini birmani, avvenuti nel corso delle dimostrazioni pacifiche cominciate dopo il 15 agosto 2007 in tutto il Paese, nonché la perdurante detenzione Aung San Suu Kyi così come di altri dirigenti dell'opposizione e prigionieri politici.
Lo scorso 25 settembre ho personalmente convocato alla Farnesina l'Incaricato d'Affari dell'Ambasciata di Myanmar a Roma - titolare della Rappresentanza diplomatica in assenza dell'Ambasciatore. A nome del Governo, gli ho chiesto di trasmettere alla Giunta militare la richiesta del Governo italiano di aprire un dialogo immediato con i monaci, con i membri della National League for Democracy e con tutta l'opposizione birmana e di non far ricorso ad alcuna forma di violenza nei confronti delle dimostrazioni pacifiche e non violente.
Non ho mancato di stigmatizzare gli episodi di repressione che hanno portato all'arresto di decine di manifestanti ed alle condanne arbitrarie di numerosi sindacalisti e oppositori del regime, reiterando la richiesta di libertà immediata di Aung San Suu Kyi, insieme a quella del rilascio dei prigionieri politici detenuti in modo arbitrario.
Ho fatto presente all'Incaricato d'Affari birmano che il Senato della Repubblica, il 13 settembre 2007, ha approvato una mozione che impegna il Governo italiano ad adoperarsi a questo fine, nonché ad operare per il raggiungimento degli obiettivi indicati dalla posizione comune UE e per richiamare le Autorità governative birmane al rispetto dei diritti umani.
In occasione di una riunione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza tenutasi a New York (26 settembre 2007), attraverso contatti con le varie delegazioni e con il Governo birmano in esilio, ho riconfermato la volontà di realizzare nuove iniziative di cooperazione in favore dei campi dei profughi nei Paesi limitrofi.
Il 22 e 23 ottobre 2007 mi sono recato in visita in Thailandia e Singapore per colloqui sulla situazione in Birmania, per approfondire con i Ministri degli Esteri dei due Paesi l'esame delle iniziative diplomatiche in corso da parte della comunità internazionale. A Bangkok ho anche incontrato tre esponenti del National Council of the Union of Burma, tra i quali il Vice Presidente della Commissione Esteri, Soe Aung.
Come noto, la crisi in Myanmar è stata argomento di discussioni in ambito UE e oggetto di una dichiarazione della Presidenza a nome dell'Unione Europea, emessa il 25 settembre, nella quale si esprime forte preoccupazione per la situazione e si invitano le autorità a non usare la forza contro i manifestanti, minacciando un ulteriore rafforzamento dell'attuale regime sanzionatorio in caso di violenze da parte delle forze dell'ordine.
Anche l'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Solana, ha emesso una dichiarazione in cui si chiede alle autorità di esercitare la massima
moderazione nella gestione delle manifestazioni di piazza.
La situazione nel Paese è stata discussa il 25 settembre dai Ministri degli esteri della UE, riuniti a New York, e dal Comitato politico e di sicurezza (COPS) a Bruxelles. In tali occasioni è stata sottolineata la necessità di mantenere una posizione unitaria da parte della Unione europea.
Anche a seguito dei contatti avuti da parte italiana con la Presidenza portoghese, il tema è stato affrontato su due piani: quello politico-diplomatico e quello «sanzionatorio». Per quanto riguarda le attività politico-diplomatiche, il COPS ha approvato un documento operativo preparato congiuntamente dal Segretariato del Consiglio e dalla Commissione, all'interno del quale vengono definite una serie di iniziative: una pressione diplomatica diretta nei confronti delle autorità birmane, una serie di «demarches» effettuate nelle capitali dei paesi confinanti con la Birmania e nei paesi maggiormente influenti (Cina, India, Tailandia, Russia eccetera) ed uno sforzo comune dei paesi UEO in ambito ONU.
Parallelamente è stato avviato il processo che ha portato in occasione del Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne (CAGRE) del 15 ottobre 2007 all'adozione di un rafforzato e più esteso regime sanzionatorio nei confronti delle autorità birmane, mantenendo l'obiettivo di non aggravare eccessivamente le condizioni di vita della popolazione.
Da parte italiana si intende continuare ad operare sul piano bilaterale, multilaterale ed europeo per promuovere ogni intervento utile che possa favorire l'avvio di un percorso di pacificazione e riconciliazione nazionale nel Paese. La nomina da parte dell'Alto Rappresentante PESC dell'onorevole Piero Fassino ad inviato speciale dell'Unione europea per il Myanmar costituisce un forte segnale di attenzione da parte europea e contribuirà a rafforzare la coerenza, l'unitarietà, l'efficacia e la visibilità dell'azione Unione europea, fornendo all'emissario delle Nazioni unite un valido supporto in un'ottica di complementarietà e reciproca sinergia.
L'onorevole Fassino ha incontrato Gambari a New York e a Singapore per offrire il suo supporto e stabilire una comune linea di azione ed ha avviato un giro di consultazioni con i principali partner europei ed asiatici per raccoglierne le valutazioni al fine di impostare in raccordo con l'inviato ONU una strategia su Myanmar. Dopo aver esperito i primi contatti, di concerto con il Consigliere ONU Gambari, l'onorevole Fassino ha messo a punto una road map che individua alcune preliminari tappe del percorso di pacificazione e transizione democratica, quali la liberazione di Aung San Suu Kyi e dei detenuti politici, la stesura di una nuova costituzione con il coinvolgimento delle opposizioni e la definizione di un'agenda per il dialogo. L'inviato Unione europea ha avuto contatti a Bruxelles, Parigi, Washington e Berlino e proseguirà le sue consultazioni presso altre capitali asiatiche ed europee.
Insieme all'onorevole Fassino ho partecipato ai lavori del Vertice UE-ASEAN, svoltosi il 22 novembre 2007 a Singapore.
In questa occasione ho richiamato i punti salienti della posizione italiana, ribadendo il pieno sostegno al mandato di buoni uffici dell'Inviato ONU Gambari e sollecitando l'ASEAN e gli altri Paesi dell'area a svolgere un ruolo più attivo nella soluzione della crisi birmana, a beneficio della stabilità della regione.
Pur prendendo atto dei più recenti sviluppi, in particolare della riunione di Aung San Suu Kyi con il Comitato Esecutivo dell'NLD e dei suoi colloqui con il Ministro del Lavoro, Aung Kyi, ho espresso disappunto per il mancato incontro tra il Generale Than Shwe e l'Inviato Gambari e per l'allontanamento del Coordinatore ONU a Yangon. Ho quindi rinnovato alle autorità di Myanmar la richiesta di favorire un reale percorso di pacificazione e riconciliazione nazionale, cogliendo l'opportunità della disponibilità manifestata da Aung San Suu Kyi ad impegnarsi in un dialogo fattivo con il Governo, mentre restano ancora non sufficienti i segnali di apertura provenienti dalla Giunta.
Il Summit - a margine del quale l'onorevole Fassino ed io abbiamo avuto colloqui
bilaterali con alcune delegazioni ASEAN - si è concluso con l'adozione di una dichiarazione finale comune nella quale le due parti hanno espresso pieno sostegno al mandato di buoni uffici delle Nazioni Unite e agli sforzi dell'Inviato Gambari per l'avvio di un percorso di transizione democratica e riconciliazione nazionale. I Paesi ASEAN e Unione europea hanno nuovamente chiesto il rilascio dei detenuti politici e la revoca delle misure restrittive nei confronti dei partiti politici invitando il Governo di Myanmar ad accelerare gli impegni assunti con le Nazioni Unite e ad aprire un dialogo con Aung San Suu Kyi e le altre parti coinvolte.
ASEAN e Unione europea hanno infine ribadito la comune sensibilità per le difficili condizioni della popolazione, e manifestato disponibilità a rispondere in maniera costruttiva ai progressi compiuti nel processo di riforma e trasformazione politica e alle esigenze di sviluppo a medio e lungo termine del Paese.
Per quanto concerne la presenza di Organizzazioni non governative italiane in Myanmar, è opportuno premettere che per le ONG è particolarmente difficoltoso ottenere da parte delle autorità locali le autorizzazioni ad operare nel Paese. Tuttavia sono attualmente presenti sul territorio il CESVI di Bergamo (nel settore della sicurezza alimentare con finanziamenti UE, e nel settore sanitario in ambito ONU) e TDH di Milano («Terre des Hommes»/Italia) con fondi prevalentemente privati per iniziative in campo sociale.
La direzione generale per la cooperazione allo sviluppo ha approvato, con delibera n. 52 del 14 giugno 2007, un «Programma per la prevenzione dell'AIDS e per la promozione della salute delle popolazioni rurali del distretto di Magwe», presentato dalla ONG «Associazione Progetto Continenti» di Roma (controparte locale LEI - BAW SARSANA BEIKMAN BUDDHI) con un contributo D.G.C.S. di 430.775,00 euro suddiviso in due annualità. L'iniziativa, in attesa dell'autorizzazione all'impegno pluriennale di spesa da parte del MEF.
Le attività dovrebbero prendere avvio tra la fine di dicembre 2007 e gli inizi del 2008. È inoltre allo studio un'altra iniziativa presentata dal CESVI in materia socio-sanitaria.
Nel dicembre 2006, in risposta al Flash Appeal delle Nazioni Unite del gennaio 2005, la DGCS ha accreditato a favore dell'Intergovernamental Oceanographic Commission (IOC) dell'UNESCO un fondo di 950.000,00 euro, per il supporto allo Tsunami Early Warning System dell'Oceano Indiano e per il trasferimento di risorse tecniche e skills ai paesi della macro-regione coinvolta, compreso il Myanmar. Il progetto in parola si propone di rafforzare le capacità locali per quanto riguarda i sistemi di preallarme in particolare delle Disaster Management and Preparedness Agencies, attraverso la produzione di mappe topo-battimetriche delle aree a rischio di inondazioni e di modelli di propagazione delle onde, nonché la realizzazione dei relativi data base regionali e nazionali.
In linea con i principi del capacity building e di sostenibilità, il progetto identifica diversi livelli di vulnerabilità che consentono una migliore prevenzione dei disastri, e al contempo, garantisce una pianificazione generale delle zone costiere. L'implementazione infatti è stata effettuata da agenzie nazionali, con la supervisione dell'IOC, che ha garantito assistenza tecnica e coordinamento, tenendo in prioritaria considerazione le zone che risultano maggiormente esposte al rischio catastrofi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.
SPINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
è elevato il numero delle cause definite dall'entrata in vigore della legge n. 210 del 1992 riguardanti il riconoscimento degli indennizzi previsti da detta legge, nonché di quelle tuttora pendenti;
è altresì rilevante il numero delle cause definite e di quelle pendenti relative al risarcimento dei danni da contagio post-trasfusionale o da somministrazione
di emoderivati nonché l'ammontare delle somme liquidate o ancora da liquidare e comunque dovute ai cittadini a seguito di sentenze di condanna passate in giudicato o per intervenuta transazione in ordine a tali indennizzi -:
quali siano gli intendimenti del Governo per venire incontro ad un problema così grave ed urgente.
(4-04955)
Risposta. - Con direttiva del Ministro della salute sono state individuate le iniziative finalizzate a potenziare la risposta dell'amministrazione nelle procedure in materia di indennizzi a soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie e da contagio di sangue e suoi derivati infetti (Legge 25 febbraio 1992, n. 210 e successive modifiche).
In particolare, in conformità alle indicazioni fornite dalla medesima direttiva, la competente direzione generale ha adottato le opportune soluzioni operative, al fine di avviare un trend positivo nella tempestività di risposta all'utenza, avvalendosi, tra l'altro, del contestuale potenziamento dell'organico, specificatamente di personale amministrativo-contabile.
Poiché i provvedimenti giurisdizionali in materia di indennizzo e risarcimento del danno biologico hanno subito negli ultimi anni un significativo incremento e considerato, inoltre, l'aumento del ricorso alle azioni esecutive (atti di precetto e pignoramento), i relativi processi lavorativi sono stati oggetto di una diversa programmazione.
L'ufficio competente è stato inoltre impegnato nell'ambito dei tavoli tecnici, istituiti con i rappresentanti delle associazioni rappresentative delle cinque categorie di danneggiati (emofilici, talassemici, emotrasfusi, vaccinati, dializzati e trapiantati contagiati), portatori, peraltro, di differenti richieste all'amministrazione, al fine di individuare le soluzioni percorribili per deflazionare quel contenzioso, al quale si fa riferimento nell'atto parlamentare.
Si sottolinea che il decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito nella legge 29 novembre 2007, n. 222, recante interventi urgenti in materia economica finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, collegato alla legge finanziaria 2008, prevede per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da anemie ereditarie o da altre emoglobinopatie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione di sangue o da emoderivati infetti, e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, in pendenza delle relative azioni di risarcimento danni, l'autorizzazione della spesa di 150 milioni di euro per l'anno 2007.
Va ricordato inoltre che lo stesso decreto-legge autorizza la spesa di 6 milioni di euro per l'anno 2007 per la corresponsione di un assegno una tantum, ai sensi della Legge 29 ottobre 2005, n. 229, nel caso di soggetti danneggiati e deceduti prima dell'entrata in vigore della legge citata.
Infine si precisa che la legge finanziaria 2008 prevede una autorizzazione di spesa di 180 milioni di euro per le transazioni da stipulare con le categorie di soggetti già citate, a decorrere dal 2008.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
TUCCI. - Al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
il Comune di Ginosa già dal 2002 è ente accreditato per la realizzazione di progetti di Servizio Civile (UNSC);
presso detto Comune dal 2002 vengono svolti con successo e nel più rigoroso rispetto dei progetti approvati dal Servizio Civile numerosi progetti che vedono ed hanno visto impegnati, con eccezionali risultati, centinaia di giovani;
in data 29 marzo 2007 un Ispettore del Servizio Civile ha effettuato un controllo sulle attività svolte nell'ambito di due progetti di Servizio Civile realizzati presso il Comune di Ginosa evidenziando alcune irregolarità;
il Comune di Ginosa ha prontamente ed esaustivamente controdedotto alle osservazioni formulate dall'Ufficio del Servizio
Civile relative alle presunte irregolarità segnalate dall'ispezione;
tali controdeduzioni del comune di Ginosa sono state, ad avviso dell'interrogante, arbitrariamente ed ingiustificatamente, non tenute in debita considerazione dall'UNSC;
in data 4 giugno 2007 l'UNSC ha emesso un provvedimento nei confronti del comune di Ginosa in base al quale, oltre a non potere presentare per un anno ulteriori progetti di Servizio Civile, è stata disposta la revoca dell'approvazione del progetto di Servizio Civile denominato «Un amico ... in Comune» ed il conseguente «licenziamento» ingiustificato di 22 giovani impegnati nel suddetto progetto;
un tale provvedimento dell'UNSC, in particolare l'ingiustificato ed immotivato «licenziamento» in tronco dei ventidue ragazzi e ragazze impegnati nel progetto «Un amico ... in Comune», appare all'interrogante viziato in radice ed altamente lesivo dei diritti dei giovani impegnati nel richiamato progetto che stava producendo, come tutti gli altri progetti in fase di realizzazione nel comune di Ginosa, notevoli risultati in termini di qualità del servizio prestato e di apprendimento dei giovani impegnati nel progetto -:
quale sia il motivo per cui si è ritenuto di adottare un provvedimento di revoca del progetto «Un amico ... in Comune», producendo in tal modo un grave ed irrimediabile danno e pregiudizio sia economico che emotivo ai 22 giovani, considerando che l'UNSC ha provveduto già con il medesimo provvedimento emesso in data 4 giugno 2007 a sanzionare le pur discutibili gravi inadempienze del comune di Ginosa, impedendo ad esso di presentare candidature per l'approvazione di altri progetti di Servizio giovani che in tal modo non potranno presentare la loro candidatura;
quale sia il motivo per cui sia stato scelto proprio il comune di Ginosa come ente da sottoporre ad «ispezione» e perché le controdeduzioni del comune non siano state tenute nella debita considerazione, quali e quante altre ispezioni siano state effettuate dall'UNSC nel territorio nazionale e nella Regione Puglia in particolare ed i consequenziali provvedimenti sanzionatori emessi, ove emessi.
(4-04238)
Risposta. - In relazione all'atto parlamentare in esame, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 8 del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, recante «Disciplina del servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 della legge 6 marzo 2001 n. 64», prevede che il rapporto di servizio civile si instaura sulla base di un contratto stipulato tra l'Ufficio e il volontario previa procedura selettiva effettuata dall'ente presso il quale il volontario stesso sarà impiegato. Tale contratto indica chiaramente, nelle premesse, la denominazione del progetto di servizio civile da realizzare, l'ente che lo ha proposto e la sede presso la quale si realizza il progetta stesso. Pertanto è evidente che l'ente di servizio civile non può arbitrariamente disporre il trasferimento dei volontari presso una sede diversa da quella indicata nel contratto di servizio civile.
Peraltro, la circolare 8 settembre 2005, recante «Doveri degli enti di servizio civile e infrazioni punibili con le sanzioni amministrative previste dall'articolo 3-bis della legge 6 marzo 2001, n. 64» prevede al paragrafo 1, lettera g) il dovere di impiegare il volontario presso le sedi di attuazione accreditate secondo i piani di azione, l'orario di servizio e l'articolazione settimanale previsti dal progetto».
Il paragrafo 2, della citata circolare individua le condotte illecite cui applicare le singole sanzioni previste dalla legge n. 64 del 2001 e, al punto 2.3. lettera c), prevede la sanzione amministrativa della revoca dell'approvazione del progetto nella seguente ipotesi «impiego del volontario presso sedi di attuazione non accreditate, fatto salvo quanto previsto dal paragrafo 6 della circolare 30 settembre 2004». Al successivo punto 2.4. lettera e) è prevista,
invece, la sanzione dell'interdizione temporanea a presentare progetti per la durata di un anno nel caso di «impiego del volontario in attività non previste dal progetto o presso altre sedi di progetto o in altri progetti».
L'impiego del volontario presso sedi non accreditate o diverse da quelle indicate nel progetto è considerata, quindi, dalla vigente normativa come condotta illecita. L'istituto del trasferimento, infatti, è una fattispecie non contemplata nell'ambito del servizio civile volontario e gli unici casi in cui il trasferimento è consentito sono quelli previsti dalla citata circolare del 30 settembre 2004, concernente «Disciplina dei rapporti tra enti e volontari del servizio civile nazionale», che al paragrafo 6 individua alcune ipotesi di «temporanea modifica della sede di servizio» riconducibili una (di cui al paragrafo 6.1) a specifiche attività connesse alla realizzazione del progetto e previste nello stesso, l'altra (di cui al paragrafo 6.2) a situazioni di emergenze di protezione civile - sia nella fase della calamità che in quella post emergenziale - o di missioni umanitarie.
Tanto precisato, con riferimento alla vicenda del comune di Ginosa, si fa presente che l'Ufficio nazionale per il servizio civile, il giorno 29 marzo 2007, ha effettuato un'ispezione presso il comune stesso che ha riguardato in particolare il progetto «Un amico... in comune».
Nell'ambito di detto progetto sono indicate 2 sedi di attuazione, precisamente piazza Marconi e piazza Indipendenza entrambe nella città di Ginosa, e non è stata prevista la possibilità di impiegare i volontari in sedi diverse se non nell'ambito di «sedi comunali decentrate» o nel caso di affiancamento di personale comunale in specifiche e ben determinate attività quali quelle segnalate, specificamente, nel progetto stesso.
Nel corso di tale ispezione è emerso che i volontari assegnati presso la sede di piazza Indipendenza erano stati trasferiti, dal comune stesso, presso la sede di piazza Marconi e due volontari risultavano trasferiti presso il comune di Laterza. Inoltre la carenza dei volontari risultava tale da inficiare l'effettiva realizzazione del progetto.
L'Ufficio nazionale per il servizio civile, accertate le sopra evidenziate irregolarità e rilevato che la modifica della sede di servizio non era riconducibile alle ipotesi previste nella sopra richiamata circolare 30 settembre 2004, ha provveduto, con nota del 23 aprile 2007, a comunicare al comune in questione i fatti oggetto di contestazione e le sanzioni previste per tali comportamenti.
Il comune, nel presentare le proprie controdeduzioni, ha giustificato l'assenza dei volontari presso la sede di piazza Indipendenza, con la necessità di dover svolgere presso tale sede dei lavori di manutenzione imprevisti e urgenti, ed ha motivato il trasferimento dei due volontari presso il comune di Laterza con l'espressa richiesta degli stessi, ed ha inoltre sostenuto che tale trasferimento non avrebbe compromesso lo svolgimento delle medesime attività previste nel progetto stante la sussistenza di un accordo tra comuni (tra cui Laterza) avente ad oggetto la gestione del servizio civile.
Nella valutazione delle osservazioni fornite dal comune di Ginosa e nell'esame della documentazione trasmessa, è stato accertato che i lavori effettuati presso la sede di piazza Indipendenza consistevano in realtà in lavori di manutenzione ordinaria, come risulta dalla relazione tecnica dell'addetto alla manutenzione del comune, come tali programmabili ed eventualmente rinviabili ad un periodo in cui non avrebbero compromesso l'attività dei volontari.
Per quanto concerne il trasferimento presso il comune di Laterza si osserva che lo stesso non può rientrare nelle suindicate ipotesi di trasferimento previste dal paragrafo 6 della circolare 30 settembre 2004, in quanto, come sopra evidenziato, la possibilità di impiegare i volontari presso altre località non coincidenti con la sede di attuazione dei progetto è consentita solo ove espressamente prevista nel progetto e sue volta a dare attuazione a specifiche attività connesse alla realizzazione del progetto medesimo.
Tali circostanze non si ravvisano nel caso di specie in quanto il progetta «Un amico ... in comune» prevede chiaramente che i volontari devono svolgere la loro attività nelle sedi comunali, che sono state indicate in piazza Indipendenza e in piazza Marconi, e non sono previste, per la realizzazione dei progetto, ulteriori attività da svolgersi al di fuori del territorio comunale.
Occorre inoltre precisare che l'accordo intercorso tra il comune di Ginosa e il comune di Laterza in materia di servizio civile è un accordo di tipo privatistica che non ha valenza per l'Ufficio nazionale per il servizio civile ed è privo di rilevanza ai fini della realizzazione del progetto. Si chiarisce, al riguardo, che la normativa in materia di servizio civile prevede il ricorso ad accordi di partenariato tra enti. Tuttavia tali accordi hanno una autonoma configurazione, in quanto finalizzati alla presentazione di progetti, e devono essere registrati negli albi degli enti di servizio civile al fine di consentire la verifica della sussistenza dei requisiti di legge in capo a ogni singolo ente presso cui i volontari presteranno servizio.
Tenuto conto delle gravi violazioni riscontrate in relazione all'impiego dei volontari, l'ufficio ha legittimamente irrogato al comune di Ginosa le sanzioni della revoca del progetto e dell'interdizione temporanea a presentare progetti per la durata di un anno e il relativo provvedimento del 4 giugno 2007 è chiaramente e sufficientemente motivato anche con riferimento alle controdeduzioni fornite dal comune stesso.
Per quanto riguarda il secondo quesito con il quale si chiede di conoscere il motivo in base al quale è stato scelto il comune di Ginosa come ente da sottoporre ad ispezione occorre far presente che l'ufficio effettua l'attività di verifica sui progetti di servizio civile mediante ispezioni programmate o puntuali.
Con riferimento alle ispezioni programmate, tra le quale rientra quella effettuata nei confronti del comune di Ginosa, si fa presente che le stesse sono disposte in base ad un programma periodico delle attività che viene elaborato sulla base di determinati criteri quali, ad esempio, la necessità di estendere le verifiche in maniera indistinta su tutto il territorio nazionale e di diversificare i settori di intervento nei quali si svolgono le ispezioni. Si fa altresì presente che, al di fuori dell'attività programmata, le verifiche sono effettuate ogni qualvolta sussista un interesse particolare all'espletamento dell'attività ispettiva o emergano, anche attraverso le attività di monitoraggio, fatti o situazioni che denuncino una non conformità alle disposizioni previste dalla legge 6 marzo 2001 n. 64, dal decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, nonché dalla normativa secondaria e da|$$|Ax|fi progetti approvati.
Per quanto concerne l'ultimo quesito posto dall'interrogante, riguardante le altre ispezioni effettuate dall'ufficio predetto nel territorio nazionale e in particolare nella regione Puglia e i conseguenti provvedimenti sanzionatori adottati, si fa presente che le ispezioni svolte sul territorio nazionale, nel periodo 1o gennaio 2007-1o ottobre 2007, sono state 200 di cui 175, programmate e 25 su segnalazione, e che a seguito di tali ispezioni sono stati emessi 28 provvedimenti sanzionatori.
In particolare, per quanto riguarda la regione Puglia, sono state effettuate 16 verifiche, di cui 15 programmate ed una su segnalazione. A seguito di tali verifiche sono stati adottati 5 provvedimenti sanzionatori.
Il Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale: Cristina De Luca.
ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la questione del pagamento del passaporto all'estero è già stata sottoposta nelle varie Legislature all'attenzione del Parlamento e dei vari Presidenti succedutisi alla guida del CGIE;
l'articolo 19 della legge n. 1185 del 21 novembre 1967, ancora vigente, riconosce ai cittadini residenti all'estero per ragioni di lavoro «manuale» il rilascio e rinnovo gratuito del passaporto;
l'esistenza della normativa ministeriale n. 098/349 del 9 marzo 1994, in contrasto con la legge, imponendo una
prassi più restrittiva e potenzialmente discriminatoria sulla interpretazione da dare al concetto della «manualità», ha creato confusione e malcontento, provocando la forte protesta di Associazioni, Patronati, COMITES e membri CGIE;
la situazione non è mutata con l'introduzione del passaporto elettronico dall'ottobre 2006 ma anzi è decisamente peggiorata perché viene richiesto comunque il pagamento per l'emissione del documento anche a quelle categorie lavoratrici di connazionali che erano finora esenti dal pagamento del passaporto;
sono concreti i casi di italiani fino ad oggi esentati dal pagamento del documento che non lo sono più;
ad esempio ciò è avvenuto a Norimberga (Germania) dove il pagamento è stato richiesto a persone che in passato lo avevano ottenuto gratuitamente rientrando nella categoria degli operai manuali, non specializzati, nati in Italia nonostante non fosse cambiata l'attività lavorativa;
nonostante non sia appunto cambiata la legge n. 1185 che regola le norme sui passaporti il Consolato di Norimberga attua ad esempio nuove interpretazione rispetto a quelle adottate fino all'ottobre 2006;
la stessa normativa non viene adottata da tutti i Consolati italiani in Germania come ad esempio dal Consolato Generale di Stoccarda, che in data 12 ottobre 2006, precisava in una circolare che rimanevano esenti dal pagamento del passaporto e dalla tassa gli operai manuali nati in Italia, i missionari e religiosi oltre agli indigenti;
siamo quindi di fronte a situazioni disorganiche, a volte arbitrarie e comunque che non appaiono conformi alla legge, provocando rimostranze da parte della nostra collettività residente all'estero e specificatamente in Germania -:
per quale motivo, nonostante la legge sia ancora in vigore, dall'ottobre 2006 vengano effettuate ulteriori restrizioni sulla normativa che regola il rilascio e rinnovo del passaporto, abrogando di fatto la gratuità del documento a tutti gli italiani residenti all'estero e se una interpretazione che potrebbe essere stata inviata dal Ministero a chiarimento della legge possa di fatto sostituire una legge dello Stato;
cosa intenda fare il Ministro in indirizzo per rivedere tale normativa, adeguandola alla realtà, nel rispetto delle richieste formulate da tempo da tante Associazioni, Patronati, COMITES e membri del CGIE, che rivendicano l'applicazione della legge sulla gratuità dei passaporti e che dovrebbe essere fatta osservare ed adottata uniformemente da tutte le sedi diplomatiche e consolari.
(4-05597)
Risposta. - La gratuità del passaporto di cui all'articolo 19, lettera a), della legge 21 novembre 1967, n. 1185, riguarda il cittadino considerato «emigrante» ai sensi dell'articolo 10 del regio decreto-legge 13 novembre 1919, n. 2205 (convertito in legge 17 aprile 1925, n. 473) che recita quanto segue: «... è considerato emigrante... ogni cittadino che espatri esclusivamente a scopo di lavoro manuale o per esercitare il piccolo traffico o vada a raggiungere il coniuge, ascendenti, discendenti, fratelli, zii, nipoti, e gli affini negli stessi gradi, già emigrati a scopo di lavoro, o ritorni in Paesi esteri ove già precedentemente sia emigrato nelle condizioni previste dal presente articolo».
È quindi emigrante chi lascia l'Italia per svolgere un lavoro manuale all'estero; al contrario chi è nato e vive all'estero non è emigrante. Per lavoro manuale si deve intendere il lavoro non specializzato, dove è prevalente la prestazione fisica e non è richiesta alcuna abilità artigianale o intellettuale. Mentre per piccolo traffico si deve intendere l'attività di commercio ambulante con caratteristiche modeste.
Le istruzioni ministeriali in materia richiamano, in merito alla normativa sopra indicata, «i princìpi fondamentali caratterizzanti l'attuale disciplina delle esenzioni dalla tassa di concessione governativa in
materia di passaporti» ed esaminano istanze e quesiti specifici.
La determinazione della condizione di emigrante, ai sensi della legge citata, spetta all'Autorità consolare che accerterà, su specifica autorizzazione del connazionale:
a) se le dichiarazioni sottoscritte dal cittadino corrispondono a verità;
b) se, in base ai fatti accertati, l'interessato rientra nella categoria di emigrante.
Inoltre, secondo la normativa vigente, la condizione di emigrante non risulta subordinata a limitazioni di tempo e non si esaurisce con la cessazione del rapporto di lavoro per pensionamento. Ai fini della gratuità del passaporto, pertanto, la condizione di emigrante, riconosciuta al momento dell'espatrio, permane per l'intero periodo di residenza all'estero.
La complessa questione sollevata circa la corretta individuazione degli aventi diritto alla gratuità del rilascio/rinnovo del passaporto è ben nota alla direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie del ministero degli affari esteri la quale, per quanto di propria competenza, ha da tempo rappresentato l'opportunità di una interpretazione evolutiva dei concetti di «lavoro manuale» e di «emigrante» richiamati dal legislatore, visti i profondi mutamenti nel frattempo intervenuti nel mercato del lavoro e nella connotazione socio-economica della nostra collettività all'estero. La stessa direzione generale ha ritenuto, pertanto, necessario sottoporre l'argomento all'attenzione dei Consiglio di Stato, affinché si pronunci sulla valenza da attribuire nel contesto attuale alle disposizioni della legge.
In attesa del parere dell'Alto Consesso, si è nel contempo provveduto a sensibilizzare la rete consolare ed, in particolare, anche l'Ambasciata d'Italia a Berlino sulla opportunità di garantire massima correttezza e trasparenza nell'applicazione della sia pur vetusta normativa attualmente vigente in materia.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
ZANELLA, BALDUCCI, BONELLI, BOATO, CASSOLA e TREPICCIONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il lago Tai, terzo per estensione in tutta la Cina, è talmente sporco che da qualche mese gli abitanti della città di Wuxi preferiscono farsi la doccia con o l'acqua minerale piuttosto che aprire il rubinetto: eppure la crisi nazionale si sarebbe potuta evitare, se soltanto il governo di Yixing avesse ascoltato le denunce di Wu Lihong;
Wu, che era un brillante venditore in una delle aziende chimiche dell'immensa pianura industriale a ovest di Shanghai, dieci anni fa si rese conto che le acque del lago Tai, lungo cui era cresciuto, stavano divenendo sempre più inquinate, in un crescendo proporzionale soltanto alla quantità delle acque di scarico delle industrie;
Wu raccolse la prova della responsabilità delle fabbriche, della loro totale noncuranza delle leggi sulla protezione ambientale e le portò al governo locale, ma il governo cinese ignorò quelle prove;
dopo essere stato picchiato da un gruppo di banditi, Wu decise di rivolgersi a Pechino, che nel 2006 gli consegnò un premio come migliore ambientalista dell'anno, ma la situazione non migliorò;
Wu alzò il tiro e, invece di ricercarne la tutela, decide di citare in giudizio l'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (Sepa) per avere attribuito immeritatamente a Yixing un premio come «città ambientale modello» nel 2005;
il giorno prima di ripartire per i tribunali di Pechino con il suo avvocato, lo scorso aprile, Wu venne arrestato dalla polizia locale con l'accusa di truffa ed estorsione verso quelle aziende che per oltre dieci anni aveva denunciato;
un mese dopo, mentre Wu languiva in prigione, alghe tossiche di colore verde-blu hanno coperto una superficie pari a cinque chilometri quadrati, rendendo l'acqua
del lago Tai inutilizzabile per fornire le abitazioni locali dando il via ad una vera e propria emergenza: il lago costituiva un'importante riserva di acqua potabile per i circa due milioni di persone che abitano a Wuxi, la grande città situata sulla sponda settentrionale;
in Cina l'inquinamento ha raggiunto ormai livelli preoccupanti, anche perché il potere tratta ancora gli ecologisti come se costituissero una minaccia e non una importante risorsa del paese; sono ostili agli ecologisti soprattutto gli amministratori locali, che controllano in questo senso e in modo totale sia la polizia che i tribunali che si trovano sul territorio di loro competenza;
la catastrofe naturale del lago Tai denunciata da Wu come imminente qualora non si fosse combattuto l'inquinamento delle industrie, è di fatto avvenuta e, grazie ai mezzi di comunicazione nazionali, è ormai sotto gli occhi di tutti la responsabilità delle industrie chimiche che gettano da tempo i loro liquami nel lago;
nonostante ciò il processo è andato avanti e Wu è stato condannato a tre anni di detenzione;
tempo fa Federico Rampini ha raccontato su La Repubblica che un migliaio d'intellettuali cinesi avevano firmato una lettera di protesta contro le iniziative di censure e repressione del dissenso ampiamente praticate dal loro governo, ma, la notizia era stata subito tacitata -:
se il Governo sia al corrente dell'attuale situazione di grave e ingiusta repressione nei confronti degli ecologisti e di qualunque forma di dissenso, in Cina, e quali siano le valutazioni del Ministro degli affari esteri in merito a questa emergenza che coinvolge la salute dell'ambiente e i diritti di chi tenta di difenderlo;
quali iniziative concrete intenda assumere il Governo nei colloqui bilaterali fra Italia e Cina e in sede europea, al fine di sostenere il tema della difesa dell'ambiente e dei diritti umani, primo fra tutti il diritto di libero pensiero, quale questione fondamentale nei rapporti economici e politici con la Cina.
(4-05438)
Risposta. - L'Italia segue con preoccupazione lo sviluppo della situazione ambientale in Cina e presta particolare attenzione alle denunce circa la violazione di leggi in materia.
D'altronde si tratta di una questione di grande sensibilità anche in ambito Unione europea, e globale. Le tematiche ambientaliste sono da tempo oggetto di attenzione anche a parte di organizzazioni civili e in generale dell'opinione pubblica cinese, benché rimangano comunque difficoltà di attuazione di politiche che spesso vanno contro interessi economici costituiti, soprattutto a livello locale.
L'Italia e l'Unione europea inquadrano le tematiche della protezione dell'ambiente nel più generale rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali in Cina.
L'Italia partecipa attivamente al dialogo UE-Cina sui diritti umani, un esercizio che si svolge dal 1997 con cadenza periodica, ed è normalmente preceduto da un seminario che apre il dialogo politico in materia alla partecipazione della società civile, in particolare ONG.
Il dialogo consente, grazie anche all'autorevolezza di cui dispone l'Unione europea coinvolgere la Cina in un confronto costruttivo sulle tematiche dei diritti umani - incluse talora le questioni ambientali - e sulle prospettive di collaborazione in ambito internazionale, in particolare nei fora multilaterali delle Nazioni Unite (Assemblea generale e Consiglio dei Diritti umani).
Nel 2007 si sono tenute due sessioni, rispettivamente lo scorso maggio a Berlino (capitale della Presidenza Unione europea di turno) ed a Pechino ad ottobre.
L'ultima sessione del dialogo ha dimostrato la volontà delle parti di ripristinare un clima di effettiva e costruttiva collaborazione. Si è potuto svolgere anche il seminario, dopo la sospensione degli ultimi due rounds per volontà cinese.
Queste consultazioni forniscono inoltre l'occasione per segnalare alle autorità cinesi casi individuali di detenuti per reati di
opinione, di vittime di trattamenti inumani e degradanti e di condannati a morte, su cui la Cina è chiamata a riferire e fornire spiegazioni. I casi individuali più eclatanti di violazioni dei diritti umani sono inoltre oggetto di passi ad hoc effettuati dall'Unione europea presso le Autorità cinesi.
I difensori dei diritti umani cinesi - tra i quali figurano anche ambientalisti - sono effettivamente soggetti a maltrattamenti o arresti per le loro attività. Nell'ultima sessione del Dialogo (17 e 18 ottobre 2007), l'Unione europea ha esplicitamente invitato Pechino a porre fine a tali pratiche, sottolineando, con riferimento alla legislazione cinese, come disposizioni di legge vaghe ed il ricorso al segreto di Stato tendano a criminalizzare il legittimo esercizio della libertà di espressione.
Il caso dell'attivista Wu Lihong rientra appunto nella lista dei casi che l'Unione europea consegna alle Autorità cinesi nel corso del Dialogo. Nello specifico, è stato chiesto alle Autorità di Pechino di concedere all'attivista un giusto processo di appello e di svolgere adeguate indagini per accertare se egli sia stato torturato durante la detenzione. La controparte cinese ha assicurato che avrebbe esaminato le richieste europee ed avrebbe fornito una risposta appena possibile.
Parte della sessione del Dialogo è stata dedicata alla questione della ratifica della Cina del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici che, come noto, tra le libertà fondamentali tutelate, cita la libertà di espressione (articolo 19).
Se il Patto entrasse in vigore in Cina, gli attivisti di diritti umani, così come tutti i cittadini cinesi, potrebbero ricevere maggiori garanzie di tutela. In questa prospettiva, l'Unione Europea da tempo preme su Pechino affinché acceleri il processo di ratifica. In proposito, nell'ultima sessione le Autorità cinesi hanno assicurato il loro impegno in tal senso, fornendo dettagli sul lavoro del gruppo interministeriale creato a questo scopo. Va precisato che Pechino ha, sino ad ora, collegato i ritardi nel processo di ratifica alla necessità di disporre di tempo per studiare la compatibilità di alcune disposizioni e regolamenti nazionali (in particolare le disposizioni riguardanti il sistema giudiziario ed il sistema di «rieducazione attraverso il lavoro») con il Patto.
Le autorità cinesi hanno inoltre accettato di discutere la questione del rispetto dei diritti umani nel contesto del nuovo Accordo di partenariato e cooperazione e in occasione del lancio dei negoziati non hanno posto obiezioni all'inserimento della clausola standard sul tema. Ciò rappresenta un indubbio successo della politica europea, che nel contesto delle relazioni con i Paesi terzi non cessa di sostenere la necessità di una maggiore tutela dei diritti civili, politici ed economici e delle libertà fondamentali.
Per ciò che concerne più specificatamente la protezione dell'ambiente, l'Italia, assieme agli altri partner europei, affronta con la Cina i temi del cambiamento climatico, della lotta all'inquinamento e dello sviluppo sostenibile in occasione dei vertici annuali UE-Cina, oltre che nel contesto del G8 in cui la Cina partecipa nel formato cosiddetto di "outreach", cioè allargato.
La lotta al cambiamento climatico rappresenta una delle priorità europee nell'ambito del dialogo strategico con le autorità di Pechino. La UE è da sempre impegnata nella tutela dell'ambiente e nella promozione di forme di energia alternative e pulite e il Governo italiano ha sostenuto e continua a sostenere tale impegno, ritenendo lo sviluppo sostenibile un obiettivo che non può essere disatteso.
In particolare, sosteniamo l'attività della Commissione mirata a rafforzare la cooperazione con le principali economie emergenti al fine di ridurre la crescita delle loro emissioni di gas ad effetto serra.
La Cina, insieme all'India, resta il solo sistema economico ancora dominato dal carbone, che fornisce circa il 70 per cento del fabbisogno energetico, e contribuisce in modo significativo all'inquinamento e alle emissioni di anidride carbonica a livello globale. La Cina, quindi, riveste un ruolo fondamentale nella lotta europea al cambiamento climatico e nello sforzo di raggiungere l'obiettivo di uno sviluppo sostenibile. Negli ultimi anni, vi sono stati molti contatti tra la Commissione e la Cina e la
cooperazione sui temi ambientali e energetici si è costantemente rafforzata, in particolare attraverso dialoghi a livello ministeriale, gruppi di lavoro e concreti progetti di cooperazione.
In occasione del Summit UE-Cina del 2005, le Parti hanno istituito una Partnership sul cambiamento climatico, confermando il mutuo impegno nel realizzare gli obiettivi sanciti nella Convenzione quadro delle NU, e un Dialogo politico sulle più importanti tematiche ambientali, dallo sviluppo sostenibile alle energie innovabili e ai cambiamenti climatici.
La volontà europea è quella di rafforzare la cooperazione in tale settore, anche nel quadro del nuovo Accordo Quadro di Partenariato e Cooperazione, che disciplinerà le relazioni bilaterali fornendo una cornice giuridica e normativa più coerente e definita rispetto ai singoli accordi settoriali e ai dialoghi già avviati.
In tale contesto, sono state individuate delle aree strategiche per la cooperazione tecnica: la riforma del settore energetico (efficienza, conservazione ed energie rinnovabili, carbone pulito), l'attuazione del Meccanismo di Sviluppo Pulito (CDM) e l'adattamento al cambiamento climatico. Altre aree di mutuo interesse potrebbero essere il controllo dell'inquinamento, in particolare quello idrico ed atmosferico, la gestione delle risorse naturali, inclusa la conservazione della biodiversità.
Per quanto riguarda le politiche adottate dal Governo cinese, la questione ambientale è stata più volte ripresa nei lavori del Congresso del Partito Comunista Cinese e riportata nelle Dichiarazioni rese pubbliche, come una delle maggiori priorità.
In chiusura del 17o Congresso, il Segretario Generale Hu Jintao ha affermato che saranno aumentati gli investimenti nel risparmio energetico, per ridurre l'inquinamento dell'acqua, dell'atmosfera e dei terreni.
Il Consiglio di Stato per la prima volta ha predisposto, a partire dal 2008, il rilevamento a livello nazionale dei settori e distribuzione geografica degli agenti più inquinanti nel Paese. Nella nuova guida agli investimenti stranieri in Cina sono esplicitamente vietate imprese altamente inquinanti o che sfruttano risorse non rinnovabili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.