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Allegato B
Seduta n. 272 del 23/1/2008
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LAVORO E PREVIDENZA SOCIALE
Interrogazione a risposta in Commissione:
CAPARINI e GRIMOLDI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
l'attività della società «Acciaieria di Darfo SpA» era imperniata su due comparti: acciaieria e laminatoio. L'attività di acciaieria è stata sospesa (per crisi di settore) nell'agosto 1981 mentre è proseguita l'attività di laminazione;
nella produzione d'acciaio con il metodo del forno elettrico abbinato a colata continua, tipico delle «miniacciaierie» molto diffuse in quegli anni nel bresciano, la materia di partenza è il rottame di ferro che, introdotto nel forno, viene portato allo stato di fusione a seguito di contatto con elettrodi ad alto voltaggio. Successivamente, l'acciaio liquido dal forno viene versato in un idoneo contenitore (siviera) e pertanto in colata continua dove viene fatto colare in paniere e di seguito raffreddato sotto forma di bollette (blocchi d'acciaio di sezione da 120x120 mm e lunghezza variabile da 3 a 6 metri);
nel reparto di produzione dell'acciaio l'impiego di amianto o prodotti a base di amianto era previsto per il rivestimento di siviere e paniere (recipienti per il contenimento dell'acciaio liquido) per freni/frizione di cesoie di taglio, per rivestimento/isolamento di cabine gru, per protezione di cavi e tubazioni del forno e negli indumenti (guanti, grembiuli e ghette) di protezione individuale;
nel reparto di laminazione destinato alla produzione di tondino in acciaio per cemento armato, impiegato normalmente nell'edilizia, il processo partiva dalle billette d'acciaio, prodotte nell'acciaieria, che venivano portate a temperatura di laminazione nel forno di riscaldo; successivamente, sfornate ad una ad una, le billette seguivano un ciclo automatizzato che le riduceva di sezione gradualmente fino ad ottenere delle barre del diametro desiderato (da 6 a 24 mm) che venivano depositate su una placca di raffreddamento o avvolte in spire su delle selle di raffreddamento;
nel laminatoio l'impiego di prodotti a base d'amianto avveniva con pannelli di dimensioni circa 100x100 cm per il rivestimento/isolamento del forno di riscaldo, in particolare per la copertura del forno, per rivestimento/isolamento di cabine di
comando, per freni/frizione cesoie di taglio, guarnizioni e ferodi e negli indumenti (guanti grembiuli e ghette) di protezione personale. Tutti i cinque capannoni del laminatoio, per una superficie di circa 16.000 mq, avevano copertura in «eternit» che ha subito, nel corso degli anni, numerosi rifacimenti a causa di danneggiamenti per il calore e per gli agenti atmosferici. Lo smantellamento definitivo di tale copertura è avvenuto, regolarmente autorizzato, nel 1999;
i dipendenti dell'«Acciaieria Di Darfo S.p.a.»: Feller Silvano, Sorelli Vittorino, Fedriga Aldo, Chiudinelli Silvano, Rebaioli Paolo, Alghisi Sergio, Milesi Luigi, Marioli Germano, Antonioli Nerio, Bonomi Bortolo, Pedersoli Faustino, Zendrini Antonio, Pedersoli Bettino, Pedersoli Vincenzo, Pelamatti Lino, Gheza Giacomo, Sala Franco, Mai Elio, Bettinelli Achille, Domenighini Isidoro, Inversini Camillo nel 2002 hanno presentato la domanda per l'accesso ai benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257;
il beneficio previdenziale di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, fa salvi i diritti acquisiti per i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in vigore del decreto n. 269/2003, il diritto al trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, nonché per coloro che alla data di entrata in vigore del decreto-legge, fruiscano dei trattamenti di mobilità, ovvero che abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento. Pertanto, l'esposizione ultradecennale all'amianto continua a dar luogo al riconoscimento del beneficio pensionistico consistente nella moltiplicazione del periodo di esposizione per il coefficiente 1,5, sia ai fini del conseguimento del diritto a pensione sia ai fini della determinazione del relativo importo nei confronti dei seguenti soggetti: a) lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 avevano perfezionato i requisiti contribuitivi ed anagrafici previsti per il diritto al trattamento pensionistico anche in base al beneficio di cui al comma 8 dell'articolo 13 della citata legge n. 27 marzo 1992, n. 257. Ai fini del perfezionamento di tali requisiti non rileva né la data di presentazione della domanda di pensione né la decorrenza da attribuire al trattamento pensionistico; b) i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 fruivano dei trattamenti di mobilità; c) i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 avevano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento;
ai fini della liquidazione delle predette pensioni le certificazioni rilasciate dall'INAIL sono da considerarsi utili a prescindere dalla data di rilascio delle stesse -:
quale sia il giudizio del Ministro interrogato sulla vicenda in parola;
se lo stesso Ministro intenda intervenire, per quanto di propria competenza, nei confronti della situazione evidenziata in premessa, con proprie iniziative normative o amministrative.
(5-01935)
Interrogazioni a risposta scritta:
CACCIARI, SPERANDIO, ROCCHI, MARIO RICCI, BURGIO e OLIVIERI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 17 e il 18 gennaio, al porto commerciale di Marghera, Paolo Ferrara, di 47 anni, esperto lavoratore della Compagnia dei Lavoratori Portuali, e Denis Zanon, di 39 anni, lavoratore interinale avviato ad una impresa operante in porto, sono stati uccisi dalle esalazioni di gas sprigionati nella stiva della nave World Trader che trasporta sfarinati di soia, mentre una terza persona dell'equipaggio della nave è rimasta intossicata nel tentativo di portare soccorso;
con tutta evidenza non sono state rispettate le elementari procedure di sicurezza che prevedono la aerazione delle
stive prima di iniziare le operazioni di svuotamento e non hanno funzionato a dovere le procedure di pronto intervento, così come i servizi di controllo, ispezione e vigilanza in capo all'Autorità portuale;
i motivi tecnici e le responsabilità soggettive di tali gravissime incurie verranno sicuramente evidenziati dalle inchieste delle autorità sanitarie e della magistratura. Devono comunque rimanere all'attenzione del legislatore le cause più profonde e strutturali che sono all'origine di questo come di altri incidenti sul lavoro che avvengono con sempre più frequenza nei porti italiani e che, a parere degli interroganti, trovano motivo nella progressiva deregolamentazione, frammentazione, privatizzazione dei cicli di lavoro messe in essere allo scopo di favorire la concorrenza tra una miriade di imprese di intermediazione, aumentare lo sfruttamento dei lavoratori e abbattere così i costi del lavoro -:
se il Governo intenda:
a) aprire una inchiesta amministrativa sull'accaduto, senza pregiudizio delle indagini della magistratura;
b) assumere iniziative legislative, anche d'urgenza , volte a rivedere la legge n. 84 del 28 gennaio 1994 sul «Riordino della legislazione in materia portuale»;
c) anticipare i tempi di emanazione dei decreti attuativi della legge n. 123 del 2007 sulla sicurezza istituendo il delegato per la sicurezza di sito.
(4-06170)
EVANGELISTI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
all'interrogante risulta che l'Italia, a differenza degli altri Stati dell'Unione europea, non ha una disciplina professionale che identifichi e tuteli la categoria degli operatori subacquei e iperbarici;
in modo improprio, ciascun segmento dell'attività industriale (ad esempio, edilizia, metalmeccanica, petrolchimica, e didattico-turistiche), utilizza, talora senza una seria formazione, operatori in immersione, inquadrandoli contrattualmente nella propria disciplina e categoria;
questo è dovuto al fatto che non esiste in italia una legge sul lavoro subacqueo riconosciuta in Europa, l'imprenditore italiano che voglia assumere operatori qualificati deve rivolgersi a lavoratori stranieri dotati di brevetto «omologato» con costi, rispetto alla realtà economica italiana, superiori del 100 o 200 per cento, con effetti sulla competitività economica facilmente valutabili;
l'Italia, inoltre, storicamente ha prodotto subacquei di notevole levatura, attraverso la marina militare o l'iniziativa, lodevole, delle aziende che operano nel settore che tramite AISI (Associazione imprese subacquee italiane) hanno realizzato un proprio codice normativo che si ispira ai più alti standard operativi ed è sufficiente a determinare le condizioni di sicurezza e di qualificazione professionale;
ad oggi questo codice comportamentale è in iter di formazione presso l'ente normativo di unificazione italiano, ma occorre una legge dello Stato per rendere cogente erga omnes le norme che il settore si è dato affinché non vi siano operatori subacquei e iperbarici di serie A e di serie B;
allo stato attuale le qualifiche e le certificazioni professionali di organizzazioni internazionali, in contrasto con le direttive comunitarie, non accettano la equivalenza degli attestati di formazione subacquea professionale né, tanto meno, gli attestati di origine militare (giudicati invece sufficienti e validi per la iscrizione al registro dei sommozzatori in servizio locale ai sensi del decreto ministeriale della Marina Mercantile del 13 gennaio 1979),
essi impongono, invece, una formazione integrativa e aggiuntiva che comprenda gli argomenti e gli aspetti tipici e caratteristici previsti dal HSE (health and safety executive-esecutivo per la sicurezza
e la salute del Regno Unito) che alla fine degli anni '70 codificò i criteri formativi e certificativi degli operatori subacquei nell'industria, questi riconoscimenti sono sostanziali ed ineludibili ai fini della partecipazione a gare per l'acquisizione di contratti e commesse in ambito internazionale;
tale situazione, di conseguenza, penalizza pesantemente le attività imprenditoriali delle aziende italiane mettendole, di fatto, in una condizione di sudditanza rispetto alle altre aziende europee che «godono» di un quadro normativo ed interlocutori riconosciuti dall'HSE inglese, a sua volta considerato in tutto il mondo l'organismo normativo di riferimento;
la carenza inoltre di una norma nazionale che determini in maniera chiara ed univoca i requisiti delle aziende e che identifichi i vari livelli di qualificazione degli operatori e i profili dei responsabili alla sicurezza determina che centinaia di operatori professionali sono costretti ad operare in condizioni di sicurezza estremamente precarie e a discrezione del buon senso del capocantiere o dell'imprenditore. Inoltre il difetto più grande dell'attuale quadro legislativo in tale ambito è quello di essere frammentato in molte disposizioni e ordinanze emanate da diversi organismi come Capitanerie di porto, ASL, Ispettorato al lavoro e assessorati regionali. A ciò va aggiunto che queste disposizioni sono spesso in contrasto tra loro e molto datate rispetto all'inevitabile progresso tecnologico;
ultima in ordine di tempo è la denuncia alle autorità marittime, fatta dall'associazione di categoria AISI, contro un'impresa che eseguiva immersioni a circa 100 metri di profondità sulla condotta idrica dell'acquedotto di Capri, senza rispettare le norme minime di sicurezza per lavori subacquei a quella profondità. Tutto questo risulta ancora più grave tenuto conto del fatto che non solo un intervento della stessa natura, nelle stesse acque, aveva provocato la morte di un operatore subacqueo di comprovata esperienza, ma considerato anche il fatto che i lavori, dopo una temporanea sospensione, sono stati eseguiti senza far conoscere con quale procedura e con quale metodologia;
in un momento in cui l'Italia vive l'emergenza delle morti sul lavoro su cui anche il Capo dello Stato è più volte intervenuto si comprende bene quale disagio quotidiano vivono questi cittadini tenendo conto che la legge n. 123 del 3 agosto 2007 consente l'adozione di un decreto collegato che può colmare le gravi carenze in termini di sicurezza sul lavoro e che può dare dignità ai lavoratori subacquei italiani, i quali, oggi, a causa della distrazione del legislatore verso questi problemi sono considerati molto negativamente a livello internazionale nonostante la straordinaria esperienza di uomini e aziende che hanno fatto la storia delle immersioni subacquee professionali consentendo la realizzazione di grandi opere di ingegneria marittima -:
se il Ministro non reputi opportuno procedere ad una attenta valutazione della situazione lavorativa in cui si trovano ad operare gli operatori subacquei e iperbarici, se non reputi necessario mettere in atto ogni possibile iniziativa legislativa per tutelare in termini contrattuali e di sicurezza antinfortunistica i lavoratori di questo settore.
(4-06176)