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Allegato B
Seduta n. 274 del 4/2/2008
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
BELLOTTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
i dibattiti sugli sprechi e i privilegi connessi al mondo della politica sono di grande attualità e, a volte immeritatamente, si condanna in blocco i rappresentanti dei cittadini per lo sperpero di denaro pubblico;
se appare fin troppo evidente che questi temi siano soltanto un espediente demagogico per attirare simpatie e individuare un capro espiatorio per i guasti generalizzati della società italiana, è pur vero che alcuni episodi di spreco esistono;
la politica, poi, non è sempre l'ambito in cui avvengono tali fenomeni di cattiva amministrazione;
di fronte a tutte le possibilità d'utilizzo dei già scarsi fondi destinati all'agricoltura, l'impiego di questi per studi che sono scarsamente utili per il Primario del nostro Paese può apparire poco opportuno;
«la politica agricola e la sicurezza alimentare nei Caraibi», pubblicazione curata dall'Istituto Nazionale di Economia Agraria alla cui presentazione l'interrogante è stato invitato, è di certo un titolo che suscita curiosità ed interesse, ma appare decisamente poco in linea con un'esigenza di austerità della finanza pubblica;
nonostante i profondi vincoli sociali ed economici che il nostro Paese vanta con la zona caraibica, un approfondimento come quello sopra descritto non appare all'interrogante tra le priorità del Primario Italiano -:
se ritenga che un impegno umano ed economico per la redazione del volume «La politica agricola e la sicurezza alimentare nei Caraibi» da parte dell'Istituto Nazionale di Economia Agraria sia un esempio di buon utilizzo di risorse pubbliche;
se il Governo non abbia individuato priorità più cogenti nel settore agricolo che la redazione del detto volume.
(4-06001)
Risposta. - Con riferimento a quanto rappresentato nell'interrogazione in esame, si evidenzia, innanzi tutto, che lo studio realizzato è parte di un accordo siglato il 21 luglio 2004 tra la FAO e l'Istituto nazionale di economia agraria (Inea).
Il progetto FAO/Italia «Sicurezza alimentare nei paesi Caricom/Cariforum diretto a migliorare la sicurezza alimentare nei piccoli paesi insulari dei Carabi, ha dedicato particolare attenzione a tutte le questioni connesse con la gestione dei negoziati e degli accordi commerciali internazionali bilaterali e multilaterali, con l'accesso al mercato e con il problema della competitività.
Nell'ambito del progetto si sono tenuti numerosi seminari dedicati alle politiche
commerciali agricole del WTO ed agli effetti della liberalizzazione.
Tale accordo prevedeva, infatti, lo svolgimento di attività formative nell'ambito delle finalità generali del programma FAO per il miglioramento della sicurezza alimentare nei paesi aderenti al Caricom.
In tale contesto, l'Istituto ha realizzato due corsi di formazione.
Il progetto è stato interamente finanziato dal Trust Fund for Food Security and Food Safety - Italian contribution della FAO (GTSF/RLA/141/ITA) per un importo pari a 50.000 USD).
L'accertamento del contributo è stato effettuato con Delibera del presidente dell'Inea n. 498 del 30 luglio 2004.
Di seguito, il progetto ha avuto inizio ed è terminato il 31 maggio 2007.
Considerato il buon esito del progetto, la FAO ha chiesto all'Inea la disponibilità a prestare la propria assistenza nella realizzazione di altre attività.
Infine, si partecipa che, al termine del progetto, il 25 ottobre 2007 presso la sede della FAO, è stato presentato al pubblico il rapporto finale.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
BERTOLINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per i diritti e le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
in data 21 gennaio 2007 l'ex Presidente della moschea di via Padova a Milano, dirigente dell'Unione delle Comunità ed organizzazioni islamiche in Italia (UCOII), avrebbe chiesto al Governo italiano, nel corso di un'intervista rilasciata ai Tg nazionali, di regolarizzare la poligamia in Italia;
l'articolo 556 dei codice penale statuisce che: «Chiunque, essendo legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili, è punito con la reclusione da uno a cinque anni»;
l'articolo 560 del codice penale recita: «Il marito che tiene una concubina nella casa coniugale, o notoriamente altrove, è punito con la reclusione fino a due anni»;
nel codice civile italiano sono espressamente previsti obblighi di fedeltà, di assistenza morale e materiale, di collaborazione all'interno della famiglia, ma soprattutto una condizione di assoluta parità tra i coniugi che abbiano contratto matrimonio con rito civile;
nel corso delle audizioni predisposte dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, nell'ambito dell'esame della proposta di legge Boato-Spini sulla Libertà religiosa, molti esponenti del mondo islamico e della Consulta islamica, organo consultivo istituito presso il Ministero dell'interno, hanno sollevato il problema di una situazione di fatto che contempla matrimoni poligamici all'interno delle comunità islamiche sparse sul territorio italiano;
molti articoli pubblicati sui quotidiani nazionali descrivono una situazione di fatto che contempla molteplici casi di poligamia surrettiziamente legittimati e clandestinamente stipulati nelle moschee sparse su tutto il territorio nazionale -:
se i Ministri in epigrafe siano a conoscenza della circostanze come sopra esposte;
se siano a conoscenza di ulteriori particolari dei quali vogliano mettere a conoscenza la Camera dei Deputati;
se il Governo voglia, predisporre un'approfondita indagine sul tema;
se le gravi violazioni alle regole di convivenza civile e penale che di fatto vengono perpetrate sul nostro territorio non comportino pericolose ripercussioni sia sotto il profilo dell'ordine pubblico, sia sotto il profilo del rispetto delle pari opportunità delle donne musulmane presenti nel nostro Paese, sulle quali grava
una situazione di discriminazione, sottomissione e mancato rispetto dei più elementari diritti civili ed umani.
(4-02240)
Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, si fa, in via preliminare, presente che lo Stato italiano, di fronte a stranieri musulmani che vivono in Italia e che praticano la loro religione, può rapportarsi solo facendo riferimento alle norme di diritto internazionale privato, codificate nella legge 31 maggio 1995, n. 218, che, a loro volta, rimandano al diritto musulmano positivo espresso dagli Stati di appartenenza ove è stato celebrato il matrimonio.
Per quanto riguarda, in particolare, le problematiche esposte nell'interrogazione, si fa presente che, nel corso delle audizioni per l'indagine conoscitiva, disposta nell'ambito della discussione sui progetti di legge degli onorevoli Boato e Spini, in materia di libertà religiosa (A.C. 36 e A.C. 134), si è fatto riferimento all'esistenza di situazioni di poligamia «di fatto» in cui vivrebbero diverse famiglie di religione islamica. Tali affermazioni sono state, in particolare, formulate da componenti della Consulta per l'Islam italiano, organo consultivo istituito presso il Ministero dell'interno.
Nel corso delle predette audizioni è stata, comunque, più volte validità delle norme vigenti nel nostro ordinamento in tema di matrimonio civile, nonché della legislazione penale che impone il divieto di contrarre matrimonio a chi è già legato da matrimonio avente effetti civili articolo 556 codice penale).
Va rilevato, inoltre, che allo stato attuale ed in mancanza di ministri di culto, figura questa che non esiste nel mondo islamico, il matrimonio religioso contratto in Italia da stranieri di fede musulmana non può in ogni caso avere effetti civili per il diritto italiano.
Ciò consente la possibilità di celebrare e sciogliere matrimoni religiosi, senza produrre effetti civili, secondo la legge e la tradizione islamica.
Gli stranieri restano, comunque, sottoposti ai vincoli di cui all'articolo 116 del codice civile, che detta le norme per contrarre matrimonio nello Stato italiano.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
CARDANO, MASCIA, DIOGUARDI, FRIAS e GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. - Al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 15 marzo 2007 è stata emanata l'ordinanza ministeriale n. 26 con la quale sono state dettate le istruzioni operative per lo svolgimento degli esami di stato nelle scuole secondarie di secondo grado;
il TAR del Lazio, con l'Ordinanza 2408, ha accolto favorevolmente un ricorso proposto da numerose associazioni laiche e confessioni religiose qui di seguito elencate: Consulta romana per la laicità delle istituzioni, Comitato Insegnanti Evangelici (CIEI), Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Comitato torinese per la Laicità della scuola, Tavola Valdese, CRIDES-Centro romano d'iniziativa per la difesa dei diritti nella scuola, Democrazia Laica, Associazione Scuola Università Ricerca (As.SUR), Associazione XXXI Ottobre per una scuola laica e pluralista (promossa dagli evangelici italiani), Associazione Nazionale del Libero Pensiero «Giordano Bruno», Chiesa Evangelica Luterana in Italia, UAAR-Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, Consulta Torinese per la laicità delle Istituzioni, Unione Italiana delle Chiese Avventiste del 7 Giorno, Federazione delle Chiese Pentecostali, Unione Evangelica Battista d'Italia, Comitato bolognese Scuola e Costituzione, Associazione Nazionale «Per la scuola della Repubblica», Alleanza Evangelica Italiana (AEI), CIDI - Centro d'iniziativa democratica degli insegnanti, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane; questo ricorso è stato promosso anche da alcuni studenti che si trovavano nella situazione di svantaggio determinatasi con l'O.M. n. 26;
il suddetto ricorso, contro l'Ordinanza Ministeriale n. 26 del 15 marzo 2007 (articolo 8 - credito scolastico, par. 13, 14) riguarda le indicazioni relative all'attribuzione del credito scolastico per l'insegnamento della religione cattolica o per le attività alternative (modificate rispetto al precedente anno scolastico), che secondo i ricorrenti potrebbero portare a discriminare gli allievi che non hanno scelto l'insegnamento della religione cattolica (IRC), ai quali sarebbero riconosciuti crediti di rango diverso, e solo sulla base di un loro presunto impegno (tanto da stravolgere lo «stato di non obbligo» riconosciuto dalle sentenze 203/89 e 13/91 della Corte costituzionale);
le motivazioni con cui il Tar Lazio ha accolto nell'immediato la richiesta di ricorso sono:
a) violazione del T.U. della legislazione scolastica (decreto del Presidente della Repubblica n. 297 del 1994, articolo 309) che dispone che l'insegnamento della religione cattolica non fa parte della pagella scolastica e il profitto e l'impegno degli alunni viene comunicato ad alunni e famiglie con una «speciale nota» a parte, a cura del docente;
b) sul piano didattico l'insegnamento della religione non può, a nessun titolo, concorrere alla formazione del «credito scolastico» per gli esami di maturità, che darebbe postumamente luogo ad una disparità di trattamento con gli studenti che non seguono né l'insegnamento religioso e né usufruiscono di «attività sostitutive»;
il Ministro Fioroni ha dichiarato che è sua intenzione non far pervenire alle scuole le disposizioni in merito alla suddetta ordinanza del Tar Lazio «che esclude gli insegnanti di religione cattolica dall'attribuzione del credito scolastico»;
l'ordinanza del Tar Lazio segna un importante passo avanti nella difesa della laicità dello Stato e della libertà di coscienza, basi fondamentali per la costruzione di una scuola democratica -:
se non ritenga necessario e doveroso inviare tempestivamente alle scuole la circolare relativa all'ordinanza del Tar Lazio per far sì che vengano rispettate le leggi vigenti ed i principi costituzionali ribaditi dall'ordinanza 2408, e perché sia riconosciuto il diritto di chi non sceglie l'insegnamento dell'IRC a non essere discriminato sulla base di ciò che fa in quell'ora.
(4-03806)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame anche a nome del Ministero della giustizia il quale ha comunicato di non avere elementi utili per la risposta.
Con l'interrogazione in questione l'interrogante lamenta che l'ordinanza n. 26 del 15 marzo 2007, riguardante le istruzioni per lo svolgimento degli esami di Stato relativi all'anno scolastico 2006/2007, crea disparità di trattamento nell'attribuzione del credito scolastico tra gli studenti che si avvalgono o non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica.
Si fa presente preliminarmente che, sulla questione rappresentata dall'interrogante è stato più volte riferito alla Camera dei Deputati.
Si premette che il tribunale amministrativo del Lazio, con l'ordinanza del 23 maggio 2007, ha accolto istanza di sospensiva dell'ordinanza ministeriale n. 26 del 15 marzo 2007 sullo svolgimento degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio della scuola secondaria superiore, nella parte in cui si prevede all'articolo 8, punti 13 e 14, l'attribuzione del credito scolastico agli alunni che si sono avvalsi dell'insegnamento della religione cattolica.
Avverso il provvedimento in questione il Ministero ha proposto appello al Consiglio di Stato che in data 12 giugno 2007 lo ha accolto affermando che l'ordinanza impugnata «reitera essenzialmente, nei suoi contenuti, l'ordinanza ministeriale 21 maggio 2001, n. 90 che in precedenza ha disciplinato la materia».
Invero, l'ordinanza n. 26 ai punti 13 e 14, prevede la partecipazione dei docenti di religione al consiglio di classe in relazione agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento; analoga disposizione è prevista
per i docenti delle attività didattiche alternative all'insegnamento della religione cattolica, in relazione agli alunni che abbiano seguito queste attività.
L'ordinanza ministeriale è conforme alla legge n. 121 del 1985 di ratifica ed esecuzione dell'Accordo modificativo lateranense e alle specifiche intese attuative tra lo Stato e la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) rese esecutive con il decreto del Presidente della Repubblica n. 751 del 1985 e n. 2002 del 1990.
Dal quadro normativo sopra delineato discende che l'insegnamento della religione cattolica è impartito, sulla base di programmi definiti d'intesa tra l'autorità scolastica e la CEI, agli studenti che, all'atto dell'iscrizione, scelgano di avvalersene, ed è collocato nel quadro orario delle lezioni settimanali, dovendo ciascuna istituzione scolastica assicurarlo agli alunni che ne facciano richiesta.
L'ordinanza ministeriale è, altresì, coerente con le sentenze della Corte Costituzionale n. 203 del 1989 e n. 13 del 1991 in quanto assicura parità di trattamento agli alunni che non intendono avvalersi della religione cattolica sia attraverso l'offerta da parte delle scuole di attività alternative, sia attraverso la possibilità concessa allo studente di svolgere studio individuale, sia anche di optare di allontanarsi dalla scuola durante l'ora dell'insegnamento della religione.
La valutazione del credito scolastico è definita dal regolamento n. 323 del 1998 in relazione al «grado di preparazione complessiva raggiunta da ciascun alunno nell'anno scolastico in corso, con riguardo al profitto e tenendo in considerazione anche l'assiduità della frequenza scolastica, ivi compresa, per gli istituti ove è previsto, la frequenza dell'area di progetto, l'interesse e l'impegno nella partecipazione al dialogo educativo, alle attività complementari ed integrative ed eventuali crediti formativi».
Non va trascurato che ai fini della valutazione del credito scolastico può essere valutato lo studio individuale (Organizzazione ministeriale n. 26, articolo 8, comma 14).
Se non fosse riconosciuta la partecipazione del singolo discente all'attività didattica svolta dal docente di religione, si finirebbe per alterare il sistema attuale che prevede la valutazione e il riconoscimento come credito dell'impegno posto dall'allievo in ciascuna delle attività svolte - di cui si compone la complessiva offerta dell'istituto - e i risultati conseguiti sul piano formativo; la religione non verrebbe valutata né come credito scolastico né come credito formativo, mentre vengono valutate quali crediti formativi esperienze acquisite al di fuori della scuola quali: attività curricolari, artistiche, ricreative, di volontariato, sport. ... (cfr. decreto Ministeriale 24 febbraio 2000, n. 49).
Va aggiunto che il Consiglio di Stato, nella decisione assunta non ha neppure ravvisato i profili di pregiudizio grave e irreparabile dei ricorrenti.
Si fa presente che in sede di discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge 7 settembre 2007 n. 147, in data 3 ottobre 2007, è stato accolto l'ordine del giorno n. 9/3025/23, con il quale il Governo si è impegnato a rivedere complessivamente il sistema dei crediti scolastici e formativi per l'ammissione agli esami di Stato.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
CASTAGNETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
monsignor Giovanni Han Dingxian, vescovo sotterraneo della diocesi di Yongnian/Handan, Hebei è morto il 9 settembre scorso, all'età di 68 anni, per un cancro ai polmoni, mentre era tenuto in isolamento dalla polizia;
secondo informazioni raccolte dall'agenzia missionaria AsiaNews (http://www.asianews.it) fra i cattolici cinesi dell'Hebei serpeggia malcontento e dolore sul modo in cui la salma è stata trattata. A poche ore dalla sua morte (avvenuta alle
11 di sera), al mattino presto, la salma è stata subito cremata e seppellita in un cimitero pubblico, senza possibilità per fedeli e sacerdoti di poterlo vedere, salutare e benedire. Per alcuni questo è il segno che la polizia «temeva la sua morte e voleva coprire delle prove»; per altri è solo un segno che la polizia voleva evitare celebrazioni pubbliche troppo vistose della Chiesa sotterranea, in una regione dove sussiste una forte concentrazione di cattolici;
il comunicato della diocesi di Yongnian non ha note polemiche sulla dinamica della morte del vescovo. Esso sottolinea che monsignor Han ha passato quasi 35 anni della sua vita in prigione e chiede a tutti i cattolici di pregare per lui, definito «modello di fede e pastore» per tutta la Chiesa;
nel 2005 era stato di nuovo sequestrato e portato in un luogo sconosciuto e da allora nessuno ha saputo più niente di lui fino alla morte. Per la sua liberazione AsiaNews aveva lanciato una campagna che aveva trovato appoggio anche nel Parlamento europeo e presso la Conferenza episcopale americana;
il sottoscritto interrogante aveva presentato un'interrogazione a risposta scritta (n. 4/00904) il 19 settembre 2006;
l'interrogante è consapevole che qualora si intenda fare pressione su un Paese come la Repubblica Popolare della Cina riguardo un tema così carico di risvolti politici e culturali, operare attraverso la cornice europea assicura una maggiore autorevolezza, derivante anche dalla priorità che al tema dei diritti umani e della democrazia viene conferito da tutti i Paesi europei e dall'Unione europea nel suo complesso -:
di quali informazioni disponga sulla vicenda il Governo, considerato che nella risposta scritta, pubblicata lunedì 14 maggio 2007, nell'allegato B della
seduta n. 156, all'interrogazione n. 4/00904, si afferma che: «Per quanto concerne più specificatamente le vicende dei religiosi cattolici oggetto dell'interrogazione, esse sono seguite con grande attenzione dall'Ambasciata d'Italia a Pechino anche nell'ambito degli organismi e dei meccanismi attivati a livello di Unione europea che trattano delle questioni relative ai diritti umani in Cina».
(4-04798)
Risposta. - Il nostro Paese segue con grande attenzione la tematica relativa al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Cina, sia nei contatti bilaterali sia nel più ampio contesto dell'azione esterna dell'Unione europea in questo settore. In proposito, l'Italia partecipa attivamente al Dialogo sui diritti umani dell'Unione europea-Cina, un esercizio che si svolge regolarmente dal 1997 e che consente, proprio grazie all'autorevolezza di cui dispone dell'Unione europea di coinvolgere la Cina in un confronto costruttivo sulle tematiche dei diritti umani.
Queste consultazioni forniscono anche l'occasione all'Unione europea di segnalare alle autorità cinesi casi individuali di detenuti per reati di opinione, di vittime di trattamenti inumani e degradanti, di condannati a morte.
Da tempo la situazione del vescovo della cosiddetta Chiesa clandestina cinese Han Dingxiang faceva parte dei casi individuali oggetto del Dialogo. Le notizie in possesso della nostra Ambasciata a Pechino confermano che il vescovo Han è effettivamente deceduto il 9 settembre 2007, in un ospedale della provincia dell'Hebei. Arrestato nel 1999 e detenuto in una località non precisata fino alla sua morte, complessivamente il vescovo Han aveva trascorso 35 anni in detenzione. Pochi parenti sono stati convocati con breve preavviso dalle autorità cinesi appena prima della sua morte, e nessuno di loro era al corrente delle sue gravi condizioni di salute.
L'Italia ha promosso con alcuni altri partners nell'ambito dell'Unione europea una démarche effettuata presso le autorità cinesi al fine di acquisire ogni possibile informazione sulle circostanze del decesso del vescovo Han, e per rappresentare, in coerenza con le finalità del Dialogo, l'importanza da noi attribuita alla questione
della libertà-religiosa nella Repubblica Popolare Cinese.
A questo riguardo, e a riprova della nostra particolare sensibilità in questo settore, ho personalmente rappresentato l'Italia nel ruolo di co-Presidente di una Conferenza svoltasi a Nanchino nel quadro Asia-Europa Meeting sul dialogo interreligioso, proprio al fine di favorire, anche per questa via, progressive aperture da parte delle autorità di Pechino.
Dall'analisi dei capi missione dell'Unione europea accreditati a Pechino, il Governo cinese sembra aver progressivamente adottato negli ultimi anni una strategia di controllo dei gruppi religiosi, abbandonando le politiche di aperta persecuzione che avevano caratterizzato il passato. Questo mutamento di rotta risponderebbe alla crescente importanza acquisita dalla religione nella società cinese, con particolare riferimento ai cristiani. D'altro canto, le autorità cinesi continuano a non tollerare lo sviluppo di movimenti religiosi che non rientrino nelle chiese o organismi confessionali «ufficiali» e nei confronti dei quali viene mantenuto un indirizzo repressivo. I rapporti con la Chiesa cattolica, storicamente problematici, sembrano attraversare una fase distensiva, favorita dai recenti segnali di apertura e di dialogo inviati dal Papa Benedetto XVI nella sua «lettera aperta ai cattolici cinesi».
L'attenzione dell'Italia e dell'Unione europea al tema del diritto alla libertà religiosa trova riflesso anche nel particolare accento posto nelle varie sessioni del Dialogo Unione europea-Cina sulla questione della ratifica del Patto internazionale sui diritti civili e politici da parte della Cina. Il Patto, come noto, statuisce tra le sue disposizioni il diritto alla libertà religiosa (articolo 18 e 27 del testo). Nel corso dell'ultima sessione del Dialogo (Berlino, 15-16 maggio 2007), l'Unione europea ha richiamato la Cina ad accelerare la ratifica del Patto ed a definire una «tabella di marcia» più precisa del suo iter, fornendo anche maggiori informazioni sull'adeguamento della legislazione interna cinese alle disposizioni del Patto.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.
CIRIELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con l'ordinanza n. 131, datata domenica 6 maggio 2007, il Commissario Delegato per l'emergenza rifiuti della Regione Campania, ha disposto l'utilizzo delle vasche del depuratore di Nocera Superiore, sito in via S. Maria delle Grazie, per lo stoccaggio di «Percolato CER 19 07 03» fino al 31 luglio 2007;
il suddetto depuratore, come risulta anche dal decreto n. 308 del 7 maggio 2007 della Giunta Regionale della Campania, è privo del collaudo definitivo e non sembrerebbe idoneo al trattamento del suddetto materiale dato che è stato concepito per la depurazione di tipo civile ed industriale previo pre-trattamento;
il «Percolato CER 19 07 03», già ritenuto nocivo e pericoloso, stoccato per tre mesi senza essere trattato, potrebbe rappresentare una vera e propria «bomba ecologica»;
incredibilmente già in data 8 maggio, senza alcun coinvolgimento dell'amministrazione comunale, il Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti, ha inviato decine di autobotti per sversare percolato nelle vasche del depuratore di Nocera superiore;
nella notte tra l'8 ed il 9 maggio 2007, come evidenziato nell'intervento d'aula dell'interrogante del 9 maggio 2007, le Forze di Polizia, guidate dal Vicequestore Maione, hanno aggredito i pacifici manifestanti accorsi presso il depuratore della città e tra questi manifestanti caricati, sono risultati contusi anche il Sindaco di Nocera Superiore ed il Presidente del Consiglio Comunale;
alla luce di quanto innanzi esposto, chiede di sapere -:
se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di propria competenza intendano adottare, per impedire un disastro ecologico in una delle zone più densamente popolate della Campania;
se l'azione della Polizia di Stato, ed in particolare del Vicequestore Maione, sia stata giustificata e conforme alle procedure di legge ed in caso contrario, come risulta da tutte le testimonianze, anche filmate, quali provvedimenti intenda adottare nei confronti del suddetto dirigente della Polizia che era responsabile del servizio di Ordine Pubblico;
se non intenda revocare l'incarico di Commissario di Governo al Prefetto Guido Bertolaso, attesa l'inusitata e sospetta rapidità con la quale si è agito, per la prima volta in Campania, forse perché il Comune è amministrato dal Centrodestra, e soprattutto senza alcun criterio di interlocuzione con la predetta amministrazione comunale, che già ha subito dal punto di vista ambientale la costruzione di un depuratore comprensoriale.
(4-03579)
Risposta. - L'utilizzo delle vasche del depuratore di Nocera Superiore, per lo stoccaggio di «Percolato CER 190703», si è reso necessario a seguito del grave stato di emergenza creatosi per la difficoltà di allontanamento dello stesso percolato dall'unica discarica di rifiuti in esercizio denominata «masseria Riconta», nel comune di Villaricca.
Infatti, esaurite tutte le risorse disponibili di depurazione e smaltimento dei percolati, per scongiurare il blocco dei conferimenti presso la suddetta discarica, sono state adottate forme straordinarie ed urgenti per la gestione di quei rifiuti, ricorrendo allo strumento previsto dall'articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006 che consente tali iniziative.
La requisizione temporanea delle vasche a tenuta dell'impianto di depurazione di Nocera Superiore (Salerno) è avvenuta con l'ordinanza commissariale n. 131 dei 6 maggio 2007, emanata dopo un'accurata attività di verifica tecnico-amministrativa condotta dai tecnici della struttura commissariale, della regione Campania e del gestore dell'impianto.
Inoltre, in data 6 maggio 2007, presso la Prefettura di Napoli, si è svolta una riunione volta all'accertamento dell'idoneità tecnica delle suddette vasche, con l'impegno da parte dell'Assessorato all'ambiente della regione Campania di formalizzare tale idoneità per mezzo di un decreto dirigenziale, entro la data del 7 maggio 2007.
Per quanto riguarda l'assenza del certificato di collaudo dell'impianto si fa presente che questo è irrilevante ai fini delle attività autorizzate con la predetta ordinanza n. 131, poiché si tratta esclusivamente di attività di stoccaggio e, quindi, di un deposito temporaneo del rifiuto CER 190703, prima che quest'ultimo venga avviato al successivo trattamento e alla depurazione presso impianti regolarmente autorizzati.
Riguardo alle analisi effettuate sui campioni di percolato di Villaricca è emerso che questi sono risultati compatibili con il codice CER attribuito al produttore (190703) e, pertanto, riconoscibili nei rifiuti speciali non pericolosi, sulla base della concentrazione limite dei parametri considerati, di cui alla decisione 2000/532/CE, come modificata dalle decisioni 2001/118/CE, 2001/119/CE, 2001/573/CE ed ai sensi del decreto legislativo n. 22 del 1997 articolo 7, comma 3, così come modificato dal decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006, articolo 184, comma 3, ed allegati.
Per quanto riguarda la dinamica dell'episodio si fa presente che l'ordinanza 131 ha autorizzato la società «Costruzioni Dondi» SpA, quale gestore dell'impianto, allo stoccaggio provvisorio del percolato, da avviare a successivo trattamento chimico-fisico e smaltimento, fino al 31 luglio 2007.
Il Sindaco di Nocera Superiore, al fine di impedire l'esecuzione della predetta ordinanza, con un provvedimento dell'8 maggio 2007, ha disposto, ai sensi dell'articolo 50 del decreto legislativo n. 267 del 2000, per motivi igenico-sanitari e di tutela della
salute pubblica, il divieto sia del transito sulla via di Santa Maria delle Grazie di Nocera Superiore che dell'ingresso all'impianto di depurazione agli automezzi che trasportano il percolato.
Il provvedimento è stato immediatamente annullato con un'altra ordinanza commissariale, sia perché adottato da «organo palesemente incompetente» sia perché viziato da erroneo presupposto di carattere tecnico.
Nonostante ciò il Sindaco di Nocera Superiore, con successivo provvedimento del 9 maggio 2007, ha reiterato l'ordine di chiusura della strada di accesso all'impianto di depurazione.
L'impianto di depurazione di Nocera Superiore, realizzato dal Commissario delegato per il superamento dell'emergenza socio-economico-ambientale del bacino idrografico del fiume Sarno, è divenuto, in data 7 maggio 2007, di proprietà della regione Campania e dalla stessa gestito.
A seguito del già citato sopralluogo del 6 maggio e considerato il particolare momento di emergenza collegato alla chiusura della discarica di Villaricca (Napoli), l'unica in funzione in tutta la regione Campania, la stessa Giunta regionale della Campania, con decreto n. 306 del 7 maggio 2007, ha autorizzato l'accettazione e lo stoccaggio, in vasca coperta, di percolato proveniente dalle discariche regionali e dagli impianti di rifiuti solidi urbani (Rsu) presso l'impianto di depurazione di Nocera Superiore.
Per quanto riguarda, inoltre, i fatti accaduti nella notte tra l'8 e il 9 maggio 2007 si fa presente che nel corso della giornata dell'8 maggio, la Prefettura di Salerno ha più volte tentato di concordare con il Sindaco di Nocera Superiore, anche attraverso costanti contatti telefonici, una soluzione per utilizzare l'impianto di depurazione, offrendo la possibilità di un tavolo d'incontro istituzionale tra il comune e la struttura commissariale.
Soltanto in serata si riusciva ad acquisire la disponibilità del Sindaco per un contatto telefonico con il Professor Greco, esperto della Struttura commissariale, che, comunque, risultava infruttuoso.
Tuttavia, per assicurare l'esecuzione dell'ordinanza commissariale, il Questore di Salerno, su richiesta della Prefettura, ha predisposto l'intervento delle Forze di Polizia per consentire agli automezzi di conferire il percolato presso l'impianto.
Il Sindaco, in testa ad un gruppo di manifestanti, ha tentato di impedire l'esercizio delle operazioni.
L'intervento delle forze dell'ordine al comando del dirigente della polizia di Stato di Nocera Inferiore vice questore aggiunto dottor Maione, si è limitato alla sola rimozione, necessariamente forzata, dei presenti, data la resistenza passiva opposta dai manifestanti che impedivano l'accesso degli automezzi all'impianto. Del tutto prive di fondamento sono le notizie relative a cariche o ad azioni violente perpetrate dalle forze dell'ordine.
Del resto l'esibizione di filmati tesi a dimostrare il contrario non si è mai concretamente realizzata.
Il 9 maggio, il Prefetto di Salerno ha ribadito al Sindaco di Nocera Superiore, per le vie brevi, l'inderogabilità dell'esecuzione dell'ordinanza commissariale ma ha anche offerto la sua disponibilità per un incontro, a condizione, però, che fosse preventivamente data concreta attuazione all'ordinanza, consentendo ai mezzi di poter conferire il percolato. Tale condizione è stata respinta dal Sindaco.
In seguito, con una nota dell'8 agosto 2007, il Prefetto di Salerno ha sottolineato che la richiesta fatta al Sindaco era da considerare un atto dovuto in quanto, ai sensi delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di emergenza nel settore dei rifiuti in Campania, ai Prefetti delle province campane è stato attribuito il compito di favorire l'attuazione dei provvedimenti normativi in materia, nel territorio di competenza.
Va, inoltre, precisato che il conferimento di liquami in un impianto fisicamente e normativamente destinato a tale scopo, ha scatenato le reazioni del Sindaco e della popolazione nonostante le favorevoli determinazioni di carattere tecnico già operate dalla struttura commissariale e dalla regione; reazioni che avevano ben pochi motivi di peculiare interesse locale.
Tuttavia, a seguito degli avvenimenti che hanno coinvolto l'intera collettività di Nocera Superiore, si fa presente che il Sindaco ha formalmente ringraziato ed elogiato il comportamento di grande correttezza ed umanità tenuto dai rappresentanti delle Forze dell'Ordine di ogni grado ed appartenenza ed ha evidenziato il grande senso di responsabilità che ha contraddistinto il comportamento del dottor Maione e di quanti hanno dovuto assumere decisioni importanti in momenti difficili e delicati.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
DELLA VEDOVA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Presidente del Consiglio italiano, nel corso della sua visita ufficiale nella Repubblica Popolare di Cina nel settembre del 2006 aveva auspicato che gli incontri bilaterali di cooperazione in materia di diritti umani divenissero una base di relazione stabile con le autorità di Pechino, in segno di rinnovata fiducia e amicizia;
domenica 14 ottobre, mentre a Pechino stava per aprirsi il XVII congresso del Partito Comunista Cinese (PCC), si è avuta notizia dell'annullamento del vertice fra Germania e Repubblica Popolare di Cina, previsto per il prossimo dicembre, in materia di diritti umani;
la motivazione addotta da parte delle autorità cinesi è stata la «grave intromissione» negli affari interni della Repubblica Popolare di Cina del cancelliere tedesco, che nello scorso settembre ha incontrato il Dalai Lama in visita a Berlino -:
se non ritenga che l'annullamento del vertice tra il più grande paese dell'UE e la Repubblica Popolare di Cina, per l'incontro privato e non ufficiale del cancelliere tedesco con il Dalai Lama, dimostri quale sia, in questa fase, la disponibilità al dialogo in materia di diritti umani dei vertici del PCC;
se e in che modo intenda muoversi, attraverso canali politici e diplomatici, per esprimere la propria solidarietà al cancelliere tedesco e per contestare la scelta unilaterale compiuta dalle autorità di Pechino;
in che forme si sia realizzata nell'ultimo anno la cooperazione tra Italia e Repubblica Popolare di Cina in materia di diritti umani e con quali esiti;
se il Governo abbia posto alle autorità cinesi le questioni relative ai casi più eclatanti di persecuzione personale e politica e di violazione dei diritti umani registrati nella Repubblica Popolare di Cina, così come richiesto dal Parlamento con le mozioni 1-0033 e 1-00063 approvate dalla Camera dei Deputati in data 12 dicembre 2006.
(4-05280)
Risposta. - Il Governo italiano ed il Governo della Repubblica Federale di Germania operano congiuntamente nei rapporti con la Repubblica Popolare cinese in tema di diritti umani nel quadro del Dialogo Unione europea-Cina che si svolge, dal 1997, su base semestrale, alternativamente a Pechino e nella capitale europea che esercita la Presidenza di turno dell'Unione.
Il rispetto dei diritti delle minoranze in Cina, ed in particolare nella Regione Autonoma del Tibet, sono oggetto di costante attenzione da parte dell'Italia e dell'Unione europea.
Nell'ultima sessione del Dialogo sui diritti umani (15-16 maggio 2007), l'Unione europea non ha mancato di esprimere preoccupazione per la situazione della popolazione tibetana.
In generale, l'Unione europea ha fatto pressione sulla controparte cinese affinché realizzi condizioni tali da permettere alla popolazione tibetana di esercitare pienamente i propri elementari diritti politici e religiosi e di preservare la propria identità culturale. È stato nuovamente sollevato il tema della ratifica da parte cinese del Patto sui diritti civili e politici, che prevede una specifica tutela per gli individui appartenenti a minoranze etniche, religiose e linguistiche (articolo 27).
È stato quindi posto l'accento sull'importanza di dotare il Tibet di un «reale»
statuto di autonomia che garantisca alla popolazione tibetana forme di controllo sui processi economici in atto, sulle risorse naturali locali e sulle ricchezze prodotte nella Regione.
L'Italia, insieme all'Unione europea, ha espresso preoccupazione per le misure repressive contro gruppi religiosi in Cina a seguito dell'adozione, nel marzo 2005, di un nuovo regolamento degli affari religiosi che ha limitato la libertà religiosa in Tibet ed ha concorso, insieme a campagne di cosiddetta «rieducazione patriottica», a mantenere sotto pressione il clero buddista. In particolare, sono state richieste notizie dettagliate sulla sorte di 9 prigionieri tibetani rientranti nella lista di casi individuali sotto monitoraggio dell'Unione europea relativi a detenuti per reati di opinione, di vittime di trattamenti inumani e degradanti e di condannati a morte.
L'Unione europea ha inoltre formulato l'aspettativa di un maggiore impegno di Pechino nel dialogo politico aperto dal settembre 2002 con il Dalai Lama. Tale strumento, la cui ultima tornata negoziale si è svolta nel marzo 2006, ha registrato scarsi progressi nei contatti tra le Autorità cinesi ed i rappresentanti del leader religioso.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.
FITTO e LAZZARI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella notte dell'8 giugno 2007 una violenta ondata di maltempo ha colpito il comune di Maglie, con nubifragi e grandinate, procurando notevolissimi danni a beni pubblici e privati, ad infrastrutture ed aziende agricole, commerciali, artigianali ed industriali, in relazione ai quali è stata immediatamente avviata, dalle Autorità comunali, la mappatura e la quantificazione;
il consiglio comunale ha deliberato di richiedere alle Autorità competenti la sollecita adozione degli atti di propria competenza ai fini della dichiarazione dello stato di emergenza e del riconoscimento dello stato di calamità naturale -:
se non ritenga opportuno dichiarare lo stato di emergenza naturale fronteggiabile solo con mezzi e poteri straordinari, come già richiesto dal Consiglio comunale della città di Maglie;
se non ritenga opportuno farsi carico, attraverso la Protezione Civile, anche degli oneri di primo intervento già sostenuti dall'Amministrazione locale, ai fini del ripristino delle strutture pubbliche, nonché a sostegno della ripresa delle attività produttive danneggiate.
(4-03967)
Risposta. - L'8 giugno 2007 un'ondata di maltempo ha interessato il territorio del comune di Maglie.
Per quella giornata non risulta essere stato emesso, da parte del Dipartimento della protezione civile, alcun avviso di avverse condizioni meteorologiche.
Il bollettino di vigilanza meteorologica, emesso il 7 giugno 2007 dalla veglia meteo del predetto Dipartimento, prevedeva, per il giorno successivo, sull'Italia meridionale ed insulare, tempo generalmente nuvoloso con precipitazioni sparse localmente a carattere di rovescio o temporale.
Nel corso dell'attività svolta dalla sala situazioni Italia del Dipartimento della protezione civile ed a seguito di contatti telefonici con i responsabili delle regioni Puglia e Basilicata è risultata, in atto, una criticità ordinaria senza precipitazioni di entità particolare, né segnalazioni di rilievo.
In particolare si evidenzia che al Dipartimento della protezione civile non risulta essere pervenuta alcuna istanza, da parte della regione Puglia, volta a conseguire la dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, per fronteggiare gli eventuali danni provocati dalla situazione meteorologica.
Da ciò si evince che l'ondata di maltempo non è stata ritenuta dall'Autorità regionale riconducibile alla tipologia di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della citata legge n. 225, in cui si fa riferimento
a «catastrofi od altri eventi che per intensità ed estensione debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari» quanto, piuttosto, un evento meteorologico da fronteggiare nell'ambito dei poteri previsti dalla normativa ordinaria.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
GERMANÀ. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
sebbene la cattura di «giovanili di ricciola e di tonno rosso» il cui peso iniziale di circa 150 grammi, può raggiungere rispettivamente 70 chiliper le ricciole e 600 chili per i tonni rossi, sia vietata dalla legislazione vigente, tale pesca viene invece praticata in maniera assidua in Sicilia e in Calabria;
in particolare nella regione Sicilia è stata introdotta una legge che ne vieta la cattura fino al 15 settembre -:
quali siano i controlli effettuati dagli organi preposti, al fine di verificare che l'attuazione della legge esposta in premessa, sia stata effettivamente rispettata in maniera completa da tutti gli operatori del settore come: mercati ittici e pescherie incluso anche la ristorazione;
quale sia infine il numero complessivo delle contravvenzioni, ove fossero state effettivamente accertate in Sicilia, per i trasgressori che spesso continuano a praticare tale pesca, aggravando le già precarie condizioni di molte risorse ittiche che rischiano di scomparire definitivamente dai nostri mari.
(4-04735)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente la pesca di «giovanili di ricciola e di tonno rosso» praticata nelle regioni Sicilia e Calabria, si evidenzia, innanzitutto, che la pesca sostenibile è uno degli obiettivi dell'azione dell'Amministrazione, attraverso un dialogo continuo con il mondo della pesca per la condivisione del rispetto dell'ecosistema marino.
Proprio in considerazione dei pericoli per l'equilibrio marino insiti nella pesca a strascico, l'Amministrazione, secondo i regolamenti comunitari n. 1626/94 e n. 1967/06, ha adottato una serie di misure atte a contenere l'eventuale impatto negativo dell'esercizio della pesca sull'equilibrio dell'ecosistema marino.
Tra queste ricordiamo il contingentamento delle catture accidentali (Tac), le misure di accompagnamento, il divieto di utilizzo di talune attrezzature, la creazione di aree protette, eccetera.
Certamente il problema più importante rimane quello del controllo, che, oltre ad una valenza repressiva, deve svolgere anche una funzione informativa attraverso una raccolta sistematica di dati di prelievo per singola area.
In tale ottica deve essere considerato il potenziamento del Reparto Pesca Marittima (Rpm) del Corpo delle Capitanerie di porto, realizzato proprio al fine di assicurare un maggiore controllo delle pesche illegali.
A tal fine, si rappresenta che, con nota n. 35004 del 27 dicembre 2007, sono state interessate le Capitanerie di Porto di Palermo e Catania con una richiesta di elementi e dati relativi all'attività di contrasto alla pesca illegale di ricciola e tonno rosso allo stadio giovanile.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
GIUDITTA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'ATO Calore Irpino, nelle sue funzioni di presidio dell'integrità del patrimonio idrico ed ambientale nel territorio di riferimento, si è attivato, anche in rappresentanza di tutti gli enti appartenenti all'ATO stesso - 195 Comuni e due Province -, per ottenere le necessarie informazioni in relazione alla realizzazione della galleria di valico Pavoncelli-bis,
dopo essere stato estromesso, come gli altri enti interessati, dai processi decisionali relativi all'opera suddetta e dopo aver impugnato tale estromissione, unitamente a tutti gli atti ad essa conseguenti, davanti al Tribunale Superiore delle Acque pubbliche;
l'opera in questione - come già evidenziato nel corso della Conferenza di servizi poi interrotta dal Commissario Straordinario del Governo, ingegner Roberto Sabatelli - suscita grande e motivata preoccupazione in tutti gli enti territoriali coinvolti, in ragione dell'impatto devastante ed irreparabile che la realizzazione della stessa avrebbe sull'equilibrio idrogeologico ed ambientale dei territori interessati;
in tal senso, il minimo che tali enti possano pretendere è di essere prontamente e compiutamente informati sullo sviluppo delle procedure di realizzazione;
si ritiene pertanto essenziale che l'ATO Calore Irpino - che ha tra le sue funzioni principali quella di programmare l'erogazione del servizio idrico ed è, quindi, direttamente interessato alla tutela e gestione delle risorse idriche del territorio - e gli enti dallo stesso rappresentati, vengano messi a conoscenza di tutti gli atti adottati dal Commissario straordinario in relazione alla realizzazione dell'opera ed a tal fine hanno presentato reiterate richieste di accesso a tali atti;
l'ATO Calore Irpino ha presentato, dopo numerosi atti di diffida, istanza formale di accesso, a cui il Commissario Straordinario ha risposto con un diniego di accesso relativamente a tutti gli atti successivi all'aggiudicazione dell'appalto;
la conoscenza di tutti gli atti, anche conseguenti all'aggiudicazione - impedita dal diniego di accesso del Commissario straordinario - è, tuttavia, indispensabile per la puntuale tutela degli interessi, anche giurisdizionali, del territorio rappresentato;
pertanto, l'ATO Calore Irpino ha presentato ricorso (ex articolo 12 decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 2006, n. 184) davanti alla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il ricorso è stato pienamente accolto, avendo la Commissione per l'accesso riconosciuto «un interesse diretto, concreto e attuale dell'istante a conoscere la documentazione e gli atti formulati del Commissario Straordinario di Governo ...»;
nonostante questa ulteriore conferma delle ragioni del territorio rappresentato dall'ATO Calore Irpino, il Commissario Straordinario ha rinnovato, il 9 marzo 2007, il proprio diniego, reiterando le consuete motivazioni dilatorie e pretestuose già implicitamente rigettate dalla Commissione per l'accesso;
a causa di questo atteggiamento ostruzionistico, l'ATO Calore Irpino sarà costretto, ancora una volta, a proporre nuovamente ricorso, incorrendo in un'ulteriore spesa in termini di tempo e denaro;
alla luce della situazione illustrata, risulta incomprensibile che il Commissario Straordinario continui nella sua pervicace opposizione ad ogni richiesta di accesso agli atti dallo stesso adottati, tanto da ignorare il parere della Commissione per l'accesso della Presidenza del Consiglio, nonché le ulteriori richieste di ostensione presentate dal sottoscritto, in qualità di membro del Parlamento, e rivolte - senza alcun esito - anche al Ministro;
se le procedure seguite e gli atti adottati sono regolari ed inattaccabili, non si vede perché le legittime richieste degli enti pubblici locali direttamente interessati - come riconosciuto, ormai, a tutti i livelli -, che, per di più, sono stati estromessi da tutte le decisioni e del cui dissenso non si è minimamente tenuto conto, debbano rimanere tuttora inascoltate -:
se il Ministro sia stato preventivamente informato della decisione del Commissario straordinario, di nomina governativa, di opporsi al parere espresso dalla Commissione per l'accesso della Presidenza
del Consiglio, in riferimento alle legittime richieste avanzate dagli enti pubblici locali direttamente interessati relativamente all'accesso agli atti adottati per la realizzazione della galleria di valico Pavoncelli-bis;
quali iniziative urgenti l'On. Ministro interrogato intenda assumere, alla luce di quanto descritto nella presente interrogazione, affinché vengano accolte le legittime richieste degli enti pubblici locali direttamente interessati relativamente all'accesso agli atti adottati per la realizzazione della galleria di valico Pavoncelli-bis.
(4-03536)
Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, si fa presente quanto segue.
La Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha esaminato, nel plenum del 12 febbraio 2007, il ricorso presentato dall'interrogante, quale Presidente dell'Autorità d'ambito territoriale ottimale «Calore Irpino», per il diniego di accesso agli atti ricevuto da parte del Commissario straordinario del Governo per la realizzazione della galleria di valico Pavoncelli-bis. Nel suddetto plenum il ricorso è stato accolto.
Il Commissario straordinario del Governo, Roberto Sabatelli, come previsto dalla normativa (articolo 25, comma 4, della legge n. 241 del 1990), ha però confermato, con una specifica nota in data 8 marzo 2007, il proprio diniego all'accesso, motivandolo con il fatto che gli atti oggetto dell'istanza di accesso risultano essere connessi esclusivamente all'applicazione della normativa sui lavori pubblici e non si riferiscono invece né alle modalità di avvio, né a quelle di esecuzione dei lavori, la cui completa conoscenza è stata invece garantita dall'accesso agli atti, già assentito al richiedente.
Nella suddetta nota viene anche ribadita la piena disponibilità a concedere, invece, l'accesso laddove sia motivato adeguatamente il collegamento fra gli atti richiesti e la situazione giuridica soggettiva che il Presidente dell'Ambito territoriale ottimale «Calore Irpino» intenda, con i medesimi, tutelare.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
GRIMOLDI. - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il decreto ministeriale 24 luglio 2006, recante «Riassetto delle scuole di specializzazione di area psicologica», individua le scuole di specializzazione di area psicologica, specialistica, nonché gli obiettivi formativi ed i relativi percorsi didattici;
alle sopra menzionate Scuole di specializzazione accedono coloro che hanno conseguito la laurea specialistica in psicologia (classe 58/S), nonché i laureati in psicologia dell'Ordinamento previgente al decreto ministeriale n. 509 del 1999;
il conseguimento del relativo Titolo di specialista presuppone l'acquisizione di 300 crediti formativi universitari, articolati in cinque anni di corso, e corrispondenti a 25 ore di lavoro/studente;
l'ingresso degli Psicologi nel mondo del lavoro è di per sé difficile, anche alla luce della presenza di figure professionali concorrenti che svolgono analoghe attività psicologiche, quali i cosiddetti counselor o reflector, la cui formazione è stata acquisita attraverso percorsi differenti e aperti ai non-laureati in Psicologia;
l'istituzione di nuove Specializzazioni post-universitarie per l'erogazione di prestazioni di base, quali la somministrazione dei test psicologici, l'Analisi dei rischi e dei fabbisogni Psicologici, la Prevenzione psicologica, il sostegno e il Counseling Psicologico, rappresentano una sovrapposizione alle competenze apprese durante l'anno di tirocinio, e costituiscono di fatto prestazioni erogate dallo Psicologo «non ulteriormente specializzato», ai sensi della legge 18 febbraio 1989, n. 56, che all'articolo 2, commi 1 e 3, recita: «1. Per esercitare la professione di psicologo è
necessario aver conseguito l'abilitazione in psicologia mediante l'esame di Stato ed essere iscritto nell'apposito albo professionale; 3. (...) all'esame di Stato sono ammessi i laureati in possesso di adeguata documentazione attestante l'effettuazione di un tirocinio pratico, secondo modalità stabilite con decreti del Ministro della pubblica istruzione (...)»;
la Specializzazione denominata Valutazione Psicologica e Consulenza si configurerebbe come fuorviante rispetto alle competenze dello Psicologo poiché sottintende la necessità di ulteriori cinque anni di studio per erogare le menzionate prestazioni di base. In relazione al conseguimento del titolo di Psicoterapeuta, la previsione della formazione in Consulenza e Diagnosi, abiliterebbe allo svolgimento di prestazioni che non appartengono in maniera specifica alla funzione svolta dallo Psicoterapeuta -:
se, alla luce di quanto precedentemente espresso, non ritenga che sarebbe opportuno valutare la necessità di attuare un nuovo riassetto delle Scuole di specializzazione di area psicologica, istituendo percorsi di formazione che permettano agli Psicologi iscritti all'Ordine Professionale di acquisire competenze più avanzate, rispetto a quelle già in possesso;
se, non ritenga altresì dannoso ritardare l'ingresso dei giovani psicologi, costringendoli a prolungare di ulteriori cinque anni la relativa specializzazione, ai fini della somministrazione di tecniche già acquisite, ai sensi della citata legge 18 febbraio 1989, n. 56;
se non ritenga che sarebbe più opportuno assumere iniziative per operare un distinguo tra la figura dello Psicologo e quelle di «tecnici», come i già menzionati counselor o reflector, onde impedire che vi sia un facile riconoscimento giuridico di figure che non possono essere comparate, sulla base dell'iter formativo-professionale alla figura dello psicologo;
se, infine, non ravvisi la necessità di impedire il dilagare di situazioni di sfruttamento del tirocinio che, laddove viene protratto ben oltre il monte di ore stabilito per legge, blocca l'accesso alla professione retribuita, poiché soddisfa ampiamente e gratuitamente il fabbisogno delle figure di «Psicologo», in ambito pubblico e privato.
(4-02859)
Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame si precisa che le scuole di specializzazione dell'area psicologica, di cui al decreto ministeriale 24 luglio 2006, sono state riordinate a seguito dell'entrata in vigore del decreto ministeriale n. 270 del 2004, che ha modificato gli ordinamenti didattici precedenti ed ha disposto nuove norme per l'istituzione dei corsi di specializzazione.
In particolare si deve far presente che la scuola denominata «Valutazione psicologica e consulenza» non è una tipologia nuova, in quanto già nella tabella XLV/10, che approvava gli ordinamenti didattici delle scuole di specializzazione di Psicologia secondo i vecchi ordinamenti previsti dalla legge n. 3441 del 1990, figurava la scuola denominata «Valutazione psicologica».
Si sottolinea, infine, che tutte le scuole previste nel citato decreto ministeriale 24 luglio 2006 consentono l'esercizio della psicoterapia agli psicologi che conseguono il titolo idoneo allo svolgimento di tale attività.
A tal fine sono stati previsti nel curriculum degli studi almeno 60 crediti formativi universitari riservati ad attività professionalizzanti psicoterapeutiche, e costituiscono requisito per l'accesso ai concorsi per la dirigenza nel servizio sanitario nazionale.
Il Ministro dell'università e della ricerca: Fabio Mussi.
JANNONE. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il servizio militare femminile si inserisce nell'importante fase di mutamento in atto nelle Forze Armate italiane e la formazione femminile viene attuata in
contemporanea alla formazione del soldato professionista;
la sospensione del servizio di leva, ha reso possibile per il sistema militare italiano prevedere la novità del reclutamento della componente femminile, impedito nel passato dalla possibile contraddizione rappresentata dalla contemporanea convivenza del servizio di leva maschile, quale dovere, e dall'eventualità di un sevizio femminile limitato al volontariato;
nella valutazione dei vari aspetti connessi all'impiego del personale femminile si è ritenuto opportuno fare tesoro delle esperienze già vissute dai principali Paesi partners con i quali operiamo in maniera sempre più frequente nei vari contesti multinazionali;
non si può escludere che sia stata proprio la condizione di ritardo rispetto alle altre Nazioni che ha reso possibile, sin dalle prime norme attuative della legge istitutiva del servizio militare femminile (n. 380 del 1999), di poter «aprire» il mondo militare alle donne senza alcuna preclusione, concedendo la possibilità di impiego assolutamente paritetico rispetto alla componente maschile, consentendo l'accesso delle donne sia nelle singole categorie di militari (Ufficiali, Sottufficiali e truppa) sia ad ogni corpo ruolo previsto negli organici delle 3 Forze Armate, dell'Arma dei Carabinieri e, se pur assestante, nel Corpo della Guardia di Finanza;
esempio tangibile dell'assenza di limitazioni nell'impiego è dato dall'assegnazione, nell'ambito dell'Esercito, del personale di truppa a Reparti altamente operativi come i Bersaglieri, gli Alpini, i Paracadutisti - solo per nominarne alcuni tra i più significativi - in tutti gli incarichi previsti dall'ordinamento militare compresi quelli che richiedono particolari doti fisiche;
l'unica eccezione è costituita dal Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, Corpo ausiliario delle Forze Armate dello Stato, che non prevede l'arruolamento femminile;
tale impedimento sia in evidente contrasto con quanto espressamente previsto dalla citata legge 38 del 1999 -:
quali siano i provvedimenti che il Ministro intende adottare per superare questo anacronistico e incostituzionale impedimento all'arruolamento femminile nel Corpo Militare della Croce Rossa Italiana.
(4-05183)
Risposta. - A premessa della risposta ai singoli quesiti, appare opportuno illustrare il quadro normativo afferente la Croce Rossa Italiana (Cri), in modo da avere una visione più chiara del contesto in cui si inserisce la problematica in argomento.
L'Associazione italiana della Croce Rossa Italiana, in virtù delle convenzioni internazionali ed in forza delle leggi vigenti in Italia, dispone, fra i vari organismi volontaristici, di un proprio Corpo militare ausiliario delle Forze Armate dello Stato, composto di cittadini che aderiscono volontariamente alle diverse categorie dei suoi ruoli e di un nucleo di personale in servizio continuativo che è impiegato per l'assolvimento dei compiti istituzionali a cui l'Associazione è preposta.
L'attribuzione di tali compiti è disciplinata, nella vigente legislazione italiana, dal disposto dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 613 e dall'articolo 2 del nuovo statuto dell'Associazione italiana della Croce Rossa, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2005, n. 97. L'organizzazione dei servizi cui è destinato il Corpo Militare della Cri in tempo di guerra è determinata dal Ministero della difesa.
Per quanto riguarda il ruolo svolto dal Corpo Militare della Cri si ricorda che sin dal 1866, a seguito all'adesione dell'Italia alla prima Convenzione di Ginevra firmata il 22 agosto 1864 «per il miglioramento della sorte dei feriti in campagna», unità sanitarie militari mobilitate della Cri parteciparono agli eventi bellici secondo la regola fondamentale «i militari feriti o malati saranno raccolti e curati, a qualunque nazione appartengano».
In tale quadro, si osserva che il Corpo Militare della Cri in quanto corpo ausiliario delle Forze Armate, è destinatario di specifico ed autonomo ordinamento, costituito dalle seguenti fonti normative:
regio decreto 10 febbraio 1936, n. 484 e successive modificazioni, concernente lo stato giuridico, il reclutamento, l'avanzamento ed il trattamento economico del personale militare Cri;
decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 613 e successive modificazioni;
decreto-legge 19 novembre 2004, n. 276, convertito con modificazioni nella legge 19 gennaio 2005, n. 1;
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2005, n. 97, di approvazione del nuovo Statuto dell'Associazione italiana della Croce Rossa.
Circa l'autonomia dell'ordinamento del Corpo Militare della Cri, si richiama l'ordinanza n. 273, datata 24-30 giugno 1999 della Corte costituzionale, laddove si afferma che: «... il personale militare della Croce rossa italiana non appartiene alle Forze Armate o alle Forze di Polizia dello Stato ed anzi non ha mai ricevuto una disciplina legislativa contestuale con quella del personale statale, appartenente alle Forze Armate o alle Forze di Polizia...».
Pertanto, la Suprema Corte conclude affermando che non è possibile estendere automaticamente ai militari della Cri le disposizioni legislative rivolte al personale delle Forze Armate ed a quello delle Forze di Polizia.
Tale linea interpretativa, tra l'altro, tiene debito conto del fatto che il personale della Cri sia sottoposto alle norme del regolamento di disciplina militare ed a quelle sostanziali del codice penale militare nonché all'obbligo del giuramento.
Ne consegue, pertanto, che mantiene piena attualità il regio decreto 10 febbraio 1936, n. 484, che contiene norme per disciplinare lo stato giuridico, il reclutamento, l'avanzamento ed il trattamento economico ed amministrativo del personale della Cri e che costituisce disciplina speciale rispetto alla legislazione delle Forze Armate.
In ordine all'arruolamento di personale femminile nel Corpo Militare della Cri, si è espresso - su richiesta dell'Amministrazione difesa - il Consiglio di Stato-sezione terza che, con parere dell'11 ottobre 2005, ha escluso la possibilità di recepire il contenuto della legge 20 ottobre 1999, n. 380, concernente il reclutamento su base volontaria di personale femminile nelle Forze Armate e nelle Forze di Polizia dello Stato, mediante l'interpretazione estensiva dell'articolo 5 del regio decreto n. 484 del 1936, senza la necessità di una revisione della normativa legislativa vigente.
Infatti, l'Alto Consesso ha osservato che il personale militare della Cri è personale non dello Stato bensì di un ente dotato di personalità di diritto pubblico, così come riconosciuto dall'articolo 7 del decreto-legge 20 settembre 1995, n. 390, convertito con legge 20 novembre 1995, n. 490.
Proprio per la natura giuridica del Corpo, esso è regolato da autonoma normativa legislativa e regolamentare. Pertanto, «in mancanza dell'adeguamento della specifica normativa non sussistono spazi per poter pervenire, in via di interpretazione estensiva o analogica, ad una automatica estensione al Corpo Militare della Cri delle disposizioni vigenti per il personale militare delle Forze Armate».
In tale contesto, dunque, è del tutto evidente che l'arruolamento nel Corpo Militare della Cri rimanga tuttora disciplinato dall'articolo 5 del citato regio decreto n. 484 del 1936, il quale - come anzidetto - prevede che l'iscrizione nei ruoli del Corpo abbia luogo in forza della posizione degli interessati nei confronti degli obblighi militari in aggiunta al possesso di ulteriori specifici requisiti.
Tuttavia, in considerazione dell'intervenuto processo di trasformazione dello strumento militare, con il passaggio da un modello basato su personale in servizio di leva obbligatorio al sistema esclusivamente volontario, il Ministero della difesa ha costituito un gruppo di lavoro Difesa-Cri per la revisione della normativa relativa al Corpo militare della Croce Rossa Italiana,
nell'ambito del quale potrà essere rivista, senza alcuna preclusione, la questione dell'inserimento delle donne, nel più ampio quadro dell'eventuale rivisitazione della normativa sulla Croce Rossa italiana.
Al riguardo, per completezza d'informazione, si sottolinea che presso la IV Commissione della Camera dei Deputati, in data 25 ottobre 2007, è stata approvata la risoluzione n. 8-00090 degli onorevoli Pinotti ed altri che «impegna il Governo ad adottare ogni utile iniziativa di carattere normativo che - nel ridefinire la completa disciplina sullo stato giuridico, il reclutamento, l'avanzamento ed il trattamento economico ed amministrativo del personale della Croce Rossa Italiana - prevedeva anche per le donne la possibilità di arruolamento nel Corpo militare della Croce Rossa Italiana, eliminando l'attuale vincolo relativo alla posizione dei soggetti interessati rispetto agli obblighi di leva».
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo le stime delle Ferrovie dello Stato e della Regione Lombardia sono oltre 18 mila i viaggiatori-pendolari della linea Bergamo-Treviglio, quarta linea del servizio ferroviario lombardo dopo la Milano-Varese, la Milano-Lecco e la Milano-Brescia, raddoppiata dopo oltre 25 anni di rinvii, il giorno 19 luglio 2005 dall'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, onorevole Pietro Lunardi;
nella stessa data il Ministro delle infrastrutture, la Regione Lombardia e la Provincia di Bergamo hanno firmato un Protocollo d'Intesa per Bergamo per la realizzazione di tre nuove fermate, Arcene, Levate e Stezzano, per il miglioramento dell'architettura delle stazioni esistenti e per il concepimento delle nuove strutture secondo i criteri di fruibilità e accoglienza;
a distanza di 2 anni i lavori per le opere accessorie procedono molto lentamente;
non risultano ancora presentati progetti per l'ampiamento dei parcheggi previsti ai due lati della fermata di Stezzano e per la riqualificazione viabilistica dell'area;
la stazione di Stezzano dovrebbe essere un interscambio nodale di primaria importanza in quanto verrebbe utilizzata per prendere i treni che portano a Bergamo ma, soprattutto, a Milano;
inoltre, sarà ubicato molto vicino al casello autostradale di Dalmine e alla tangenziale Sud -:
con quale tempistica sarà effettuato il completamento delle opere accessorie delle nuove fermate di Arcene, Levate e Stezzano.
(4-05365)
Risposta. - Le opere accessorie previste dal protocollo di intesa siglato in data 25 settembre 2001 tra RFI, Regione Lombardia e Provincia di Bergamo, connesse alla realizzazione delle fermate di Arcene, Levate e Stezzano sulla nuova linea Bergamo-Treviglio, sono in fase di completamento.
Per quanto riguarda la fermata di Stezzano, la fase di realizzazione dei lavori è risultata più complessa in relazione della permanenza delle interferenze legate al cantiere dell'autostrada A4; pertanto le opere connesse alla fermata ferroviaria hanno subito dei ritardi dovuti alla realizzazione in posizione definitiva del sovrappasso ferroviario della stessa autostrada A4.
Relativamente al sottopasso è stato redatto, su indicazione del Comune, un progetto della rampa per modificare la pendenza in linea con la normativa regionale per favorire un migliore accesso ai diversamente abili. Non appena l'amministrazione comunale avrà dato il proprio assenso, si procederà alla realizzazione delle modifiche.
L'attivazione del relativo impianto d'illuminazione, a causa di ripetuti atti vandalici al quadro elettrico che ne hanno ritardato la messa in opera, sarà possibile non appena verrà completato l'allaccio da parte del Comune.
Sono state attivate da RFI tutte le iniziative necessarie a superare le problematiche ancora aperte. È prossima anche la consegna da parte dell'amministrazione comunale degli atti necessari per la definizione della Convenzione relativa ai parcheggi a servizio della fermata di Stezzano, cui seguirà l'immediata erogazione del previsto contributo a carico di RFI.
Nel mese di giugno 2008 è prevista l'attivazione delle tre fermate in concomitanza con l'istituzione del nuovo servizio ferroviario Bergamo-Treviglio.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
JANNONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il villaggio «Asar Para» (Villaggio della Speranza), situato in Asia, nel Bangladesh, è stato distrutto da atti terroristici;
il progetto di costruzione del suddetto villaggio, che prevede 45 casette monofamiglia, parzialmente in muratura e con il tetto in lamiera, atte a resistere ad alluvioni e a monsoni, è stato realizzato dall'Associazione «Africa 3000 Onlus» grazie ad un contributo di 150 mila euro offerti da imprenditori e cittadini di Bergamo;
in data 11 gennaio 2007, salito al potere, il Presidente della Repubblica del Bangladesh ha dichiarato lo stato di emergenza ed ha instaurato un Governo provvisorio, sostenuto dai militari;
una delle sue prime manifestazioni è stata estendere a tutto il Paese la campagna di demolizioni di mercati, negozi, costruzioni di ogni genere costruite abusivamente su terreni demaniali;
anche se il progetto Asar Para non rientra in questa categoria, poiché il terreno su cui si è iniziato a costruire non è demaniale ma appartiene alla Diocesi, sono arrivati numerosi avvisi-ingiunzioni di demolizione per le casette che ormai erano giunte quasi al termine della costruzione;
il motivo di questo ingiustificato accanimento contro il progetto in esame finanziato da cittadini italiani, sembrerebbe essere il sospetto di proselitismo: il progetto avrebbe lo scopo, per le autorità locali, di attirare i musulmani al cristianesimo;
in data 28 maggio alle 11 del mattino i bulldozer della KDA, l'autorità municipale preposta all'edilizia, ha demolito le 45 case quasi ultimate e in più, ai responsabili di «Asar Para» è stato ordinato di pagare le spese di demolizione e di ripulire il terreno dalle macerie entro 24 ore -:
quali misure il Ministro intenda adottare a sostegno delle numerose e povere famiglie che avrebbero dovuto occupare in via definitiva le case demolite;
quali soluzioni possano essere adottate per ripristinare con urgenza le condizioni che rendano possibile una rapida ricostruzione del villaggio Asar Para;
quale segnale diplomatico possa essere inviato dalle nostre autorità per evitare che in futuro le bande di violenti, che ormai comandano sul territorio, possano ripetere simili brutali azioni.
(4-05945)
Risposta. - Le 40 casette del villaggio sono state abbattute dalla Khulna Development Authority (KDA), l'ente municipale responsabile dello sviluppo della città, in quanto costruite di recente e senza autorizzazione su di un terreno acquistato dalla Diocesi di Khulna il 23 aprile 2006;
La richiesta di demolizione era stata avanzata qualche tempo prima e contro di essa era stato proposto un immediato ricorso. Alla fine del mese di febbraio del 2007, il Nunzio Apostolico e il nostro Ambasciatore a Dhaka hanno inoltre fatto dei passi ufficiali presso il Ministero degli esteri chiedendo un intervento presso le autorità locali per riconsiderare la decisione informando le altre Ambasciate e la
Presidenza di turno dell'Unione europea della situazione che si era venuta a creare a Khulna.
Gli interventi fatti sono serviti a far rientrare l'accusa che circolava circa l'uso delle case per convertire famiglie mussulmane, accusa assai grave che poteva avere ripercussioni molto gravi anche su altre iniziative che i missionari, italiani ma non solo, portano avanti nel Paese ben oltre le casette di Khulna. Evidentemente però gli interventi non sono serviti a fermare le demolizioni.
Come novità positiva si registra che sono in corso contatti tra le autorità della Municipalità ed il Vescovo di Khulna, a cui appartiene il terreno, tesi a trovare una soluzione che consenta la composizione pacifica e consensuale della vicenda.
Più in generale, dallo scorso anno in Bangladesh è in vigore lo stato di emergenza ed un Governo provvisorio che gode dell'appoggio esterno delle forze armate e che dovrebbe portare il Paese alle elezioni politiche generali. Per creare le condizioni favorevoli alle elezioni il Governo ha iniziato alcune importanti riforme istituzionali ed una campagna contro la corruzione che ha già portato all'arresto di numerosi ex-ministri, esponenti politici di tutti i partiti, dirigenti della pubblica amministrazione ed imprenditori. Di questa campagna fa parte anche il recupero di terreni pubblici usurpati od occupati, l'abbattimento di strutture illegalmente costruite o che comunque violino leggi o permessi. Sono stati abbattuti molti negozi, case e in particolare a Dhaka sono stati abbattuti con le ruspe diversi slums che ospitavano molte migliaia di persone.
Insieme ai rappresentanti della comunità internazionale presenti a Dhaka, il nostro Ambasciatore segue personalmente con molta attenzione gli sviluppi della situazione ed in particolare la protezione dei diritti umani e di quelli delle minoranze siano esse religiose, etniche o culturali ed è già intervenuto ripetutamente sul Governo invitandolo a richiamare le forze dell'ordine e la pubblica amministrazione ad una maggior vigilanza e rispetto di tali diritti. Il caso delle case di Khulna, soprattutto per le sue possibili ripercussioni di carattere religioso, è uno dei dossiers che viene seguito con costante attenzione. La Presidenza di turno dell'Unione europea ha recentemente sollevato il caso presso le Autorità locali chiedendo che venga concessa l'autorizzazione alla costruzione di nuove case o venga assegnato alla Curia un appezzamento alternativo in cui costruire le case.
Il Viceministro degli affari esteri: Patrizia Sentinelli.
LA MALFA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la Protezione civile ha individuato attorno al vulcano Somma Vesuvio tre aree a pericolosità e rischio vulcanico per la più interna delle quali, denominata Zona Rossa a massima pericolosità e rischio, è stato previsto e predisposto un piano di evacuazione nell'ipotesi di una futura eruzione che interesserà circa 650.000 persone;
nel quartiere napoletano di Ponticelli è in costruzione un grande ospedale con centinaia di posti letto e nell'area circostante sono previste altre localizzazioni di servizi ad esso collegati;
tale ospedale è collocato a meno di 8 chilometri dal centro eruttivo e a soli 100 metri dal confine della zona rossa delimitata dalla Protezione civile;
il confine esterno della zona rossa delimitata dalla Protezione civile non ha un andamento omogeneo ed è in taluni settori superiore agli 8 chilometri mentre in altri è inferiore a questo limite, fra cui nella zona dove è in costruzione l'ospedale -:
per quali ragioni i confini della Zona rossa non siano omogenei nella determinazione del rischio vulcanico e siano notevolmente frastagliati;
quali criteri scientifici siano stati seguiti per delimitare la zona rossa e come mai si siano prodotti questi specifici andamenti;
se debba essere scartato il sospetto che sia stato volutamente ridotto il perimetro della Zona Rossa in vicinanza delle aree dove dovrà sorgere l'ospedale;
se ritenga accettabile costruire comunque un ospedale nelle immediatissime vicinanze della zona rossa o forse entro una zona rossa qualora essa fosse stata delineata in modo razionale e in base a considerazioni scientifiche;
come si concilia tutto questo con la riaffermata necessità di procedere a una delocalizzazione dell'area a rischio più elevato e infine se questa significativa situazione che viene qui segnalata non indichi la necessità di una revisione e supervisione da parte della comunità scientifica italiana ed internazionale del lavoro svolto dalla Protezione civile negli scorsi anni sull'area del vulcano Vesuvio.
(4-03872)
Risposta. - Fin dal 1991 il Dipartimento della protezione civile si è occupato della pianificazione dell'emergenza nell'area vesuviana, con l'istituzione di diverse commissioni dedicate, in un primo momento, alla definizione delle linee guida per la valutazione del rischio connesso ad un'eruzione nell'area vesuviana e, successivamente (1993), all'elaborazione di un Piano di emergenza per la stessa area.
In queste commissioni sono sempre stati presenti, oltre ai tecnici del predetto Dipartimento e ai rappresentanti degli enti locali interessati, esperti vulcanologi.
Nel settembre 1995, a seguito di approfonditi studi e confronti con gli enti locali, è stato presentato il Piano nazionale di emergenza dell'area vesuviana.
A seguito di nuove ricerche scientifiche volte al miglioramento della capacità di previsione, relative alle conoscenze sul vulcano e alle variazioni urbanistiche e antropiche della predetta area, sono stati messi a punto gli aggiornamenti del 1996 e del 2001.
Successivamente, nel marzo del 2003, è stata attivata la Commissione nazionale per l'aggiornamento del piano d'emergenza dell'area vesuviana e dei Campi Flegrei, tuttora in carica, con il compito di aggiornare lo scenario e i dispositivi operativi del Piano stesso e, per i Campi Flegrei, di realizzare il Piano d'emergenza completo.
Anche in quest'ultima commissione sono presenti vulcanologi, fra i maggiori esperti del Vesuvio a livello internazionale, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 698 del 6 marzo 2003.
La Pianificazione nazionale d'emergenza dell'area vesuviana elaborata nel 1995 utilizzava come scenario di riferimento un'eruzione esplosiva di media intensità, definita dai vulcanologi «sub-pliniana», simile ma non identica, per energia, volume di magma emesso e fenomenologia eruttiva, a quella verificatasi nel 1631.
I risultati delle ricerche scientifiche fino ad allora condotte fornirono informazioni sulle caratteristiche (velocità, altezza, densità, temperatura della colonna eruttiva, eccetera) dell'eruzione e, con l'integrazione dei dati sui campi di vento dominanti ad alta quota, furono simulate varie fasi dell'eruzione.
Grazie a questo processo, sulla base del tipo e dell'entità dei fenomeni che potrebbero verificarsi, sono state individuate aree a diversa pericolosità.
L'area a maggiore pericolosità, detta zona rossa, è esposta al pericolo di scorrimento di colate piroclastiche e comprende 18 comuni immediatamente circostanti al vulcano. La zona a minore pericolosità, zona gialla, è composta da 59 comuni e corrisponde a tutta l'area che può essere interessata dalla ricaduta di piroclastiti e cenere con spessori tali da causare il collasso delle coperture di un numero significativo di edifici.
Per quanto riguarda la pericolosità dell'area rossa, si fa presente che i flussi piroclastici, a causa delle loro caratteristiche intrinseche e della loro velocità, rappresentano di gran lunga il fenomeno più pericoloso per le vite umane.
I flussi prodotti nell'eruzione del 1631, ad esempio, si riversarono su tutti i versanti del Vesuvio risparmiando solamente le falde settentrionali del monte Somma.
La definizione delle aree esposte a rischio di invasione di flussi piroclastici è un processo molto complesso, che richiede lo
svolgimento di indagini volte a conoscere la struttura interna del vulcano (presenza e profondità della camera magmatica, quantità di magma residente, sviluppo del sistema di alimentazione), i depositi delle eruzioni passate e lo sviluppo di modelli matematici di simulazione che tengano conto di numerosi parametri (densità e composizione del fuso magmatico, altezza della colonna eruttiva, fenomeni di interazione condotto-colonna magmatica e colonna magmatica-atmosfera, topografia dell'area, eccetera). È inoltre, di fondamentale importanza la conoscenza topografica dell'area esposta ai flussi piroclastici.
Tutte queste ricerche sono state svolte nell'ambito di progetti scientifici finanziati dal Dipartimento della protezione civile e sottoposte alla disamina della predetta Commissione nazionale che, seguendo un approccio basato sulla valutazione della probabilità di accadimento dei diversi scenari, corrispondenti ai principali tipi di eruzione conosciute per il Vesuvio, ha confermato la scelta dell'eruzione sub-pliniana come evento di riferimento.
Gli studi che hanno condotto alla definizione delle aree potenzialmente esposte all'invasione di flussi piroclastici in caso di eruzione sub-pliniana, hanno evidenziato che dette aree ricadono all'interno del territorio dei predetti 18 comuni.
Pertanto, per una più facile e omogenea gestione delle attività del piano d'emergenza, si è ritenuto opportuno adottare un criterio a vantaggio della maggiore sicurezza, assumendo come limite della zona rossa l'insieme dei limiti amministrativi.
Al riguardo si fa presente che il limite della zona rossa è stato definito già nel 1995 in base a rigorosi studi e ricerche scientifiche e, recentemente, riconfermato. Esso non dipende soltanto dalla distanza dal cratere del Vesuvio e ricalca i confini amministrativi solo per esigenze logistiche e operative, essendo dette aree effettivamente a rischio.
Inoltre la comunità scientifica italiana, rappresentata da eminenti professori, le cui ricerche riguardano il Vesuvio o i vulcani ad alto indice di esplosività, è stata ed è costantemente coinvolta nelle attività di preparazione del Piano d'emergenza vesuviano.
La comunità scientifica internazionale ha partecipato attivamente all'esercitazione europea Mesimex (Napoli ottobre 2006) ed i rappresentanti del Dipartimento della protezione civile sono stati più volte invitati a presentare il piano Vesuvio in consessi internazionali.
Infine alla Commissione, sempre attenta ai nuovi studi ed alle ricerche che possano essere di aiuto al miglioramento delle conoscenze, non risulta essere pervenuta alcuna comunicazione in merito ad eventuali aggiornamenti da parte dei professori del Dipartimento di scienze della terra dell'università Federico II di Napoli.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
MELLANO. - Al Ministro delle politiche europee, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in Italia è diventata una costante la «guerra» alle spadare da parte della Guardia costiera: si susseguono gli annunci di sequestri delle grandi reti da pesca derivanti che superano i 2,5 km di lunghezza;
nell'ambito dell'operazione che dal 27 giugno al 7 luglio ha visto impegnati in Calabria e Sicilia, dove il fenomeno «spadare» è più diffuso, 39 uffici periferici delle Capitanerie di Porto, sono stati compiuti oltre ai consueti controlli in mare, anche mirati controlli in banchina che hanno portato al sequestro di 262 chilometri di reti illecite;
la Commissione Europea ha portato l'Italia sul banco degli imputati alla Corte di giustizia europea per le carenze constatate a più riprese dai suoi ispettori a partire dagli anni novanta e nei periodi successivi;
si tratta di una lunga procedura di infrazione che si è protratta durante 11 anni: i primi avvertimenti ufficiali all'Italia risalgono infatti al settembre del 1996, poi al luglio del 2001 e infine a marzo del 2005; da allora la Commissione europea ha riconosciuto che sforzi sono stati realizzati per migliorare la situazione ma ritiene che dei passi siano ancora necessari per mettere in opera una strategia globale che includa obiettivi concreti per i controlli, una pianificazione sistematica dei mezzi utilizzati, un coordinamento efficace e una formazione appropriata;
la decisione di deferire l'Italia risale al marzo scorso ma la notizia è emersa alle cronache solo ora quando la Commissione europea ha fatto il punto su procedure che hanno colpito alcuni stati membri ed ora la parola passa ai giudici europei -:
quale sia lo stato dell'iter della procedura di infrazione citata in premessa;
quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di migliorare e potenziare la propria attività di contrasto alla pesca illegale con particolare riferimento all'uso di reti da pesca derivanti.
(4-04369)
Risposta. - La contestazione formulata dalla Commissione nella procedura d'infrazione 1992/5006 si concentra sull'inadeguatezza del sistema di controllo e delle sanzioni per la detenzione a bordo e l'impiego di reti da posta derivanti nell'esercizio della pesca.
Tale contestazione ha trovato definizione formale prima nella lettera di messa in mora e poi nel parere motivato inviato dalla Commissione in data 16 marzo 2005. La Commissione lamenta, in particolare, la mancanza nel nostro ordinamento di «adeguati provvedimenti nei confronti dei responsabili delle infrazioni alla normativa comunitaria in materia di detenzione a bordo e di utilizzo di reti da posta derivanti, segnatamente con l'applicazione di sanzioni dissuasive nei confronti dei soggetti di cui sopra».
La decisione della Commissione di deferire l'Italia alla Corte di giustizia per non essersi conformata al parere motivato risale al 21 marzo 2007.
Ciononostante, come talvolta accade, la Commissione ha deciso per l'inoltro del ricorso solo successivamente, ovvero in data 27 giugno 2007, in occasione di una riunione del Collegio dei Commissari.
Contrariamente a quanto riportato dai notiziari ed organi di stampa, preciso che ad oggi non risulta che la Commissione abbia effettivamente provveduto a depositare il ricorso presso la Corte di Giustizia.
A conferma di quanto esposto, ricordo che in data 13 luglio 2007 è stata presentata al Parlamento e alla Corte dei conti - in adempimento all'articolo 15-bis della legge 4 febbraio 2005, n. 11, introdotto dall'articolo 7, comma 1, della legge 6 febbraio 2007, n. 13 (legge comunitaria 2006) - la relazione semestrale su precontenzioso e contenzioso comunitari. La relazione contiene l'elenco di tutte le procedure d'infrazione pendenti e il loro relativo stadio e dunque anche la procedura oggetto dell'interrogazione in oggetto, con l'espressa indicazione dello stadio di parere motivato ex articolo 226 TCE.
Ad ogni modo, a seguito dell'emissione del parere motivato, il Governo ha previsto un intervento di modifica dell'attuale disciplina contenuta nel decreto legislativo n. 153 del 26 maggio 2004. In particolare, si intende inserire nel nostro ordinamento una espressa sanzione amministrativa principale e accessoria per la detenzione a bordo di attrezzi non consentiti. Per tentare di effettuare queste modifiche nel più breve tempo possibile, l'intervento normativo è stato inserito in via anticipata nel disegno di legge recante «disposizioni volte a dare attuazione ad obblighi comunitari ed a sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità europee», il cosiddetto «salva infrazioni», approvato nella seduta del Consiglio dei Ministri di venerdì 16 novembre 2007.
Se questa è la situazione normativa, per quanto riguarda i controlli si segnala che i centri di controllo area-pesca delle capitanerie di porto hanno posto in essere un'attenta
e incisiva azione di monitoraggio allo scopo di prevenire e reprimere eventuali comportamenti difformi alle normative del settore.
Tale attività si è intensificata negli ultimi tempi ed ha prodotto risultati niente affatto trascurabili; basti pensare che nell'anno 2006 i diversi controlli hanno portato al sequestro di 700.000 metri di spadare e che, al mese di luglio dell'anno 2007, i sequestri hanno raggiunto la soglia di 650.000 metri di reti non conformi a quanto stabilito.
Nonostante i successi ottenuti, però, la pesca illegale continua ad essere esercitata in varie parti dei nostri mari, ma almeno, tramite questo sistema operativo e le modifiche normative in itinere, riteniamo di aver posto le basi per ottemperare a tutti gli obblighi comunitari.
Il Ministro per le politiche europee: Emma Bonino.
MEREU e OPPI. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è notizia di questi giorni la decisione del Presidente del Casic di Cagliari di chiudere dal primo ottobre dieci chilometri della strada consortile «Sulcitana», inaugurata una quindicina di anni fa, per allontanare auto e traffico leggero dalle fabbriche ad alto rischio dell'area di Sarroch, non disponendo delle risorse economiche per garantire il transito in sicurezza;
l'Anas avrebbe dichiarato che solo dopo che saranno completate le opere relative agli interventi programmati valuterà la possibilità di poter gestire la parte modificata di tale arteria, ma solo dopo la cessione dell'attuale statale ad un organo intermedio;
in una interrogazione a risposta orale del 16 Luglio 2007 veniva segnalata la crescente drammatica sequenza di incidenti mortali su questo tratto stradale che sin da subito ha presentato numerosi punti critici, gravissimi problemi di tenuta del terreno stradale, cedimenti strutturali e scarsa illuminazione;
questo tratto di strada rappresenta l'unico che in caso di emergenza nella zona industriale consenta una rapida evacuazione dei centri abitati limitrofi e chiuderlo vorrebbe dire mettere in pericolo la vita di tante persone che viaggiano sulla Sulcitana;
quali iniziative urgenti intenda attivare al fine di dare una soluzione alla problematica esposta in premessa che ha rilevanti implicazioni dal punto di vista della sicurezza stradale.
(4-05018)
Risposta. - L'ammodernamento della strada statale n. 195 «Sulcitana» da Cagliari fino a Pula consistente nella realizzazione di una strada di categoria B, comprendente anche l'ammodernamento del tratto della Strada «Dorsale Consortile» tra la nuova e la vecchia strada statale 195, è materia di un progetto definitivo approvato dal Consiglio di amministrazione di Anas SpA nella seduta del 18 dicembre scorso.
La progettazione della nuova strada statale 195 è stata suddivisa in tre lotti.
Il primo lotto dal chilometro 10+200 al chilometro 18+350: è interamente su nuova sede, inizia dalla strada «Dorsale Consortile», in prossimità dell'Area industriale del consorzio Casic e termina in località «Villa D'Orti» in corrispondenza della strada consortile «Sulcitana» gestita dal Consorzio Casic.
Il secondo lotto dal chilometro 18+350 al chilometro 23+900: è interamente sulla sede della strada esistente gestita dal Consorzio Casic. La strada esistente è a due corsie per senso di marcia, con spartitraffico centrale ed il progetto ne prevede l'adeguamento alle norme tecniche vigenti.
Il terzo lotto dal chilometro 23+900 al chilometro 30+016, parimenti interamente su nuova sede, inizia dalla strada consortile «Sulcitana», in prossimità di Sarroch e termina sulla strada statale 195 esistente in prossimità di Pula.
Il progetto definitivo dell'intera infrastruttura - lotti 1, 2 e 3 - predisposto da Anas ha ottenuto tutte le approvazioni
previste dalle norme vigenti ed è inserito nell'elenco delle Opere infrastrutturali di nuova realizzazione, capitolo fondi ordinari, con appaltabilità 2007-2011, di cui alla legge finanziaria per il 2007, con un importo di euro 164.716.800.
I finanziamenti stanziati, pari a euro 164.716.800, coprono i costi del primo e del terzo lotto della strada statale 195 e dell'ammodernamento del tratto della strada «Dorsale Consortile» compreso tra la nuova e la vecchia statale.
In data 28 dicembre 2007 è stato pubblicato il bando di gara per l'appalto integrato del primo e terzo lotto, con scadenza 12 febbraio 2008; la gara relativa al secondo lotto della statale 195 (ammodernamento dell'attuale strada consortile Sulcitana) verrà bandita nel momento in cui si renderanno disponibili i finanziamenti necessari.
Il 1o lotto della nuova strada statale 195, la strada consortile esistente «Sulcitana» ed il terzo lotto della nuova strada statale 195, costituiranno un unico itinerario funzionale da Cagliari a Pula a due corsie per senso di marcia e spartitraffico centrale, alternativo alla strada statale 195 esistente, e che migliorerà notevolmente la circolazione dei veicoli e la sicurezza lungo il suddetto itinerario.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
ANTONIO PEPE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la legge finanziaria 2007 al fine di porre in essere interventi di ricostruzione nelle zone della regione Molise e della Provincia di Foggia colpite dal sisma 2002 prevede uno stanziamento di 85 milioni di euro per l'anno in corso e di 35 per i due anni successivi;
i fenomeni sismici del 2002 interessarono fortemente l'intero territorio della Capitanata e con particolare intensità alcuni comuni dell'Appennino Dauno Settentrionale i quali subirono danni infrastrutturali consistenti;
dei fondi previsti per gli interventi di ricostruzione solo l'8 per cento è stato destinato ai Comuni della Provincia di Foggia e la rimanente parte ai Comuni del Molise;
da una attenta e puntuale stima dei danni prodottisi in Capitanata, effettuata dagli enti interessati, emerge una situazione di disagio diffusa;
le giuste rivendicazioni degli amministratori locali dei Comuni calamitati non trovano ristoro nello stanziamento di somme, spesso, inadeguate a far fronte al grave danneggiamento delle strutture inagibili a causa del sisma -:
quali iniziative anche normative intenda porre in essere al fine di far fronte alla situazione di grave disagio sopra descritta e se non ritenga di dover provvedere a reperire somme ulteriori, disponibili per eventi calamitosi, o se in subordine non ritenga di poter rimodulare almeno per il 2007, salvo poi prevedere un recupero per gli anni successivi anche per il Molise, le somme previste per gli interventi di cui sopra anche al fine di riconoscere alla provincia di Foggia sufficienti risorse commisurate ai danni subiti.
(4-02693)
Risposta. - L'articolo 1, comma 1008, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), rinvia ad apposite ordinanze di protezione civile la ripartizione dei contribuiti da erogare ai soggetti competenti per la prosecuzione degli interventi e dell'opera di ricostruzione nelle zone colpite dagli eventi sismici nei territori del Molise, della provincia di Foggia e per le esigenze ricostruttive del comune di San Giuliano di Puglia.
A tal fine è stata autorizzata la spesa annua di 85 milioni di euro per l'anno 2007 e di 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, a valere sull'autorizzazione di spesa di cui al decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 1991, n. 195, integrata con 80 milioni di euro per l'anno
2007 e 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
Il medesimo articolo 1, comma 1008, destina il 50 per cento delle citate risorse finanziarie al comune di San Giuliano di Puglia ed il restante 50 per cento ai rimanenti comuni, tenendo conto delle prioritarie esigenze dei territori ubicati nella zona del cratere e disponendo che gli interventi di ricostruzione siano adottati in coerenza con i programmi già previsti da altri interventi infrastrutturali statali.
In conseguenza del predetto disposto normativo della legge finanziaria 2007, in data 25 gennaio 2007, si è tenuto un incontro presso il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, al quale hanno partecipato il Presidente della regione Molise - Commissario delegato, il Sindaco di San Giuliano di Puglia ed il Sub Commissario per gli eventi sismici verificatisi nella provincia di Foggia.
Successivamente, in data 16 marzo 2007, è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3574 con la quale sono state ripartite le risorse stanziate dalla legge finanziaria, destinando al comune di San Giuliano di Puglia 40 milioni di euro, al Presidente della regione Molise Commissario delegato 33 milioni di euro ed al Presidente della regione Puglia - Commissario delegato 12 milioni di euro, dei quali 5 milioni con oneri a carico del Fondo della protezione civile.
La medesima ordinanza di protezione civile ha previsto che le risorse finanziarie indirizzate al Commissario delegato - Presidente della regione Molise (di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b) del provvedimento di cui trattasi), siano destinate ai comuni indicati nell'articolo 3 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 17 febbraio 2005, n. 3496.
Per quanto riguarda la regione Puglia, le somme indicate con l'articolo 1, comma 1, lettera c) della predetta ordinanza 3574 sono state destinate, ai sensi dell'articolo 4 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3622 del 18 ottobre 2007, ai comuni colpiti dall'evento calamitoso, secondo l'individuazione e con la ripartizione definite dal Presidente della regione Puglia - Commissario delegato.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
PILI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 408 della legge finanziaria per il 2007 prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze siano approvati piani di riallocazione del personale in servizio, predisposti entro il 31 marzo 2007 dalle amministrazioni statali (incluse le Forze armate, i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco), previa consultazione delle organizzazioni sindacali, idonei ad assicurare che le risorse umane impegnate in funzioni di supporto (gestione delle risorse umane, sistemi informativi, servizi manutentivi e logistici, affari generali, provveditorati e contabilità), siano effettivamente ridotte nella misura dell'8 per cento annuo sino a raggiungere il limite massimo del 15 per cento delle risorse umane complessivamente utilizzate da ogni amministrazione;
tali provvedimenti potrebbero arrecare grave pregiudizio alle amministrazioni interessate;
tale riduzione di spesa costituiva una fondamentale enunciazione del Governo a scapito anche del buon andamento dei servizi interessati;
nessun provvedimento a riguardo risulta adottato;
nessuna comunicazione in merito risulta fatta alla Camera dei Deputati;
il provvedimento era stato ritenuto importante dal Governo in carica;
i termini prescritti risultano abbondantemente scaduti con conseguente inadempienza del Governo stesso -:
quali siano le ragioni di tale inadempienza del Governo;
cosa intenda fare per porre rimedio a tale inadempienza;
in che termini e con quali tempi il Governo intenda adempiere alle disposizioni di legge.
(4-04761)
Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione di cui all'oggetto, relativa al mancato rispetto del termine previsto del 31 marzo 2007 dall'articolo 1, comma 408, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per la predisposizione dei piani di riallocazione del personale preposto a funzioni di supporto, eccedente la percentuale del 15 per cento delle risorse umane complessivamente utilizzate da ciascun Ministero. Al riguardo si rappresenta quanto segue.
La complessità dell'azione di riorganizzazione dei Ministeri prevista dai commi 404 e seguenti della legge n. 296 del 2006 ha determinato un inevitabile allungamento dei tempi di adozione dello stesso atto di indirizzo, recante la preliminare individuazione delle modalità attuative dei processi di riorganizzazione in esame. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri concernente «Linee guida per l'attuazione delle disposizioni contenute nell'articolo 1, commi da 404 a 416, della legge 27 dicembre 2006, n. 296», è stato, infatti, emanato in data 13 aprile 2007, ossia in tempi oggettivamente incompatibili con la definitiva adozione dei previsti decreti presidenziali entro il termine previsto del 30 aprile 2007 dalla citata legge finanziaria n. 296 del 2006.
Ciò premesso, risulta allo stato che tutti i Ministeri interessati hanno presentato al Dipartimento della funzione pubblica, ai sensi del comma 407 della suddetta legge finanziaria, gli schemi di regolamento di organizzazione di cui al comma 404. Gran parte di essi sono stati già approvati definitivamente dal Consiglio dei ministri, fatta eccezione alla data odierna per i regolamento relativi ai Ministeri della giustizia, dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, della solidarietà sociale, delle comunicazioni e della salute.
Per quanto attiene, poi, all'obiettivo del contenimento del personale di supporto al di sotto della soglia del 15 per cento di cui al comma 404, lettera f), ed al conseguente avvio dei processi di riallocazione delle risorse umane, si precisa che alcuni dei provvedimenti di riorganizzazione finora esaminati attestano l'allineamento da parte delle amministrazioni al parametro di legge sin dal momento dell'adozione dei regolamenti di riorganizzazione. Altri, invece, sono accompagnati, ai sensi del citato comma 408 nonché di quanto stabilito nelle richiamate «Linee-guida», da piani di riallocazione del personale in servizio.
L'attivazione di detti piani è stata subordinata, peraltro correttamente, alla consultazione sindacale da parte dei singoli Ministeri.
Da ultimo, è il caso di evidenziare che il monitoraggio sull'effettiva realizzazione dei processi di riorganizzazione attivati dai regolamenti di riorganizzazione è stato affidato all'Unità per la riorganizzazione, istituita dall'articolo 1, comma 415, della citata legge n. 296 del 2006; i Ministri dell'economia e delle finanze e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione debbono, invece, in base a quanto disposto dall'articolo 1, comma 409, della medesima legge, effettuare verifiche semestrali sullo stato di attuazione della riorganizzazione entro 18 mesi dalla emanazione dei medesimi regolamenti. Gli esiti di tali verifiche, dovranno poi essere comunicati alle Camere.
Risulta, quindi, di tutta evidenza che il Governo non può essere considerato, come afferma l'interrogante, inadempiente rispetto al processo di riordino dell'organizzazione dei Ministeri disposto dalla legge finanziaria per il 2007, ma al contrario appare indubbio che tale complessa operazione è avviata con successo a conclusione e i suoi esiti potranno essere sottoposti a breve termine alle opportune verifiche da parte del Parlamento.
Il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione: Luigi Nicolais.
PILI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1 commi 404-407, 412 della legge finanziaria per il 2007, prevede l'emanazione entro il 30 aprile 2007 di regolamenti di delegificazione, da adottare con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato (articolo 17, comma 4-bis, della legge n. 400 del 1988), su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro dell'economia e delle finanze, relativi al riordino dell'organizzazione e della disciplina degli uffici dei Ministeri;
le amministrazioni, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria, trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze gli schemi di regolamento di cui al comma 404, il cui esame deve concludersi entro un mese dalla loro ricezione;
il Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dell'interno, emana linee guida per l'attuazione delle disposizioni sul riordino degli uffici ministeriali;
entro il 30 aprile il Governo e in particolar modo il Consiglio dei ministri avrebbe pertanto dovuto adottare i previsti regolamenti di delegificazione;
nessun provvedimento a riguardo risulta adottato;
nessuna comunicazione in merito risulta fatta alla Camera dei Deputati;
il provvedimento era stato annunciato come fondamentale dal Governo in carica;
i termini prescritti risultano abbondantemente scaduti con conseguente inadempienza del Governo stesso -:
quali siano le ragioni di tale inadempienza del Governo e in particolar modo del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'economia e delle finanze;
cosa intenda fare per porre rimedio a tale inadempienza;
che termini e con quali tempi il Governo intenda adempiere alle disposizioni di legge.
(4-04764)
Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione in esame, relativa al mancato rispetto del termine del 30 aprile 2007 previsto dall'articolo 1, comma 404, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), per l'adozione dei regolamenti concernenti i processi di riorganizzazione dei Ministeri.
Al riguardo occorre precisare che il termine in questione viene pacificamente considerato ordinatorio. Tale interpretazione si evince, infatti, dai pareri emessi fino ad oggi dal Consiglio di Stato in merito agli schemi dei regolamenti di riorganizzazione sottoposti al vaglio del supremo organo consultivo.
Del resto, anche in considerazione della complessità dell'operazione di riorganizzazione dei Ministeri, lo stesso atto di indirizzo («Linee guida per l'attuazione delle disposizioni contenute nell'articolo 1, commi da 404 a 416 della legge 27 dicembre 2006, n. 296»), recante la preliminare individuazione delle modalità attuative dei processi di riorganizzazione in esame, è stato emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 13 aprile 2007, termine quest'ultimo, oggettivamente incompatibile con la definitiva adozione dei previsti decreti presidenziali entro la scadenza fissata dalla legge finanziaria al 30 aprile 2007.
Tanto rilevato, risulta allo stato che tutte le amministrazioni interessate hanno provveduto a trasmettere al Dipartimento della funzione pubblica, ai sensi del comma 407 della citata legge finanziaria, gli schemi di regolamento di organizzazione di cui al suddetto comma 404. Gran parte di essi sono stati già approvati definitivamente dal Consiglio dei Ministri, fatta eccezione alla
data odierna per i regolamenti relativi ai Ministeri della giustizia, dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, della solidarietà sociale, delle comunicazioni e della salute.
Da ultimo, si evidenzia che il monitoraggio sull'effettiva realizzazione dei processi di riorganizzazione attivati dai regolamenti in questione è stato affidato all'Unità per la riorganizzazione, istituita dall'articolo 1, comma 415, della citata legge n. 296 del 2006; i Ministri dell'economia e delle finanze e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione debbono, invece, in base a quanto disposto dall'articolo 1, comma 409 della medesima legge, effettuare verifiche semestrali sullo stato di attuazione della riorganizzazione entro 18 mesi dalla emanazione dei medesimi regolamenti. Gli esiti di tali verifiche, dovranno poi essere comunicati alle Camere.
Risulta, quindi, di tutta evidenza che il Governo non può essere considerato, come afferma l'interrogante, inadempiente rispetto, al processo di riordino dell'organizzazione dei Ministeri disposto dalla legge finanziaria per il 2007, ma al contrario appare indubbio che tale complessa operazione è avviata con successo a conclusione e i suoi esiti potranno essere sottoposti a breve termine alle opportune verifiche da parte del Parlamento.
Il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione: Luigi Nicolais.
PORETTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i lavori di costruzione per l'Ospedale del Mare sono iniziati nel dicembre 2004 e si prevede termineranno nel febbraio 2008 con un investimento di più di 120 milioni di euro per quattro edifici: un ospedale con 450 posti letto, un albergo con 50 posti letto per i familiari, una palazzina amministrativa-direzionale ed un centro commerciale per l'umanizzazione;
l'Ospedale del Mare è attualmente in costruzione nella zona est del Comune di Napoli (Quartiere Ponticelli), immediatamente al confine con il Comune di Cercola, a 100 metri dalla Zona Rossa (nel settore nord-occidentale del Vesuvio);
nei siti in cui sono presenti vulcani, la Protezione Civile individua e delimita l'area a massima pericolosità, nominandola Zona Rossa. Secondo i criteri amministrativi (vedi limiti comunali) seguiti dalla Protezione Civile, i limiti della Zona Rossa variano da zona a zona, da un massimo di 12 km ad un minimo di 7 km;
i limiti esterni della Zona Rossa seguono i confini amministrativi dei Comuni presenti intorno al Vesuvio. L'Ospedale del Mare, è ubicato a nord-ovest del vulcano in un'area distante fra 7 e 8 km, comunque classificata come Zona Gialla: cioè una zona a pericolosità differita;
nelle aree circostanti tutti i vulcani del mondo (es. Miller Dan, 1980: Potential hazards from future eruptions in the vicinity of Mount Shasta volcano, northern California. U. S. Geol. Survey Bull., 1503; Miller Dan, 1989: Potential hazards from future volcanic eruptions in California. U. S. Geol. Survey Bull., 1847; Newall C. G. & Hoblitt R.P., 2002. Constructing event trees for volcanic crises. Bulletin Volcanol., 64, 3-20) la zona a massima pericolosità viene delimitata con criteri vulcanologici, considerando l'estensione massima delle aree che possono essere invase da flussi piroclastici (correnti di materiali vulcanici che scorrono ad elevatissima velocità e ad elevata temperatura lungo le pendici del vulcano);
nella storia vulcanologica del Vesuvio, i flussi hanno raggiunto distanze di oltre 10 km rispetto al centro eruttivo;
alcuni Professori del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università Federico II di Napoli hanno denunciato come sulla base della metodologia internazionale utilizzata per delimitare le zone a rischio più elevato intorno ai vulcani attivi, l'area dove è costruito l'Ospedale del Mare
sarebbe da considerarsi ad elevatissimo rischio vulcanico e rientrare ampiamente nella cosiddetta zona rossa;
considerati gli analoghi accadimenti avvenuti nella storia pregressa del vulcano rispetto al centro eruttivo, secondo i Professori il territorio in cui si sta costruendo l'Ospedale del Mare è in piena area a rischio. Sempre secondo gli stessi, in caso di una futura eruzione del Vesuvio risulta evidente che la struttura in costruzione, poiché ubicata a soli 100 metri dal confine della Zona Rossa così come delimitata dalla Protezione Civile, non avrà alcuna misura protettiva rispetto a tali eventi distruttivi;
Marco Pannella è stato ed è uno dei pochi politici che da più di vent'anni (dal 1984 come consigliere comunale a Napoli fino ai tempi più recenti come eurodeputato al Parlamento europeo) interviene per sollevare il problema dei rischio Vesuvio. L'ultimo appello risale al vertice della maggioranza di Governo a Caserta in cui Pannella ha esordito ricordando al Presidente del Consiglio Romano Prodi e a tutti i presenti l'emergenza di questa zona -:
se la Protezione Civile abbia chiesto pareri di esperti vulcanologi per stabilire i confini della Zona Rossa e, in caso affermativo, se tali pareri siano di dominio pubblico;
secondo quali criteri siano stati scelti gli esperti (se sono stati scelti) per i pareri;
se sono state prese in considerazione le denuncie lanciate dai professori del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università Federico II di Napoli;
se il Ministro dell'Interno non reputi opportuno effettuare ulteriori accertamenti per evitare il prodursi di una tragedia, per altro annunciata.
(4-03882)
Risposta. - Fin dal 1991 il Dipartimento della protezione civile si è occupato della pianificazione dell'emergenza nell'area vesuviana, con l'istituzione di diverse commissioni dedicate, in un primo momento, alla definizione delle linee guida per la valutazione del rischio connesso ad un'eruzione nell'area vesuviana e, successivamente (1993), all'elaborazione di un Piano di emergenza per la stessa area.
In queste commissioni sono sempre stati presenti, oltre ai tecnici del predetto Dipartimento e ai rappresentanti degli enti locali interessati, esperti vulcanologi.
Nel settembre 1995, a seguito di approfonditi studi e confronti con gli enti locali, è stato presentato il Piano nazionale di emergenza dell'area vesuviana.
A seguito di nuove ricerche scientifiche volte al miglioramento della capacità di previsione, relative alle conoscenze sul vulcano e alle variazioni urbanistiche e antropiche della predetta area, sono stati messi a punto gli aggiornamenti del 1996 e del 2001.
Successivamente, nel marzo del 2003, è stata attivata la Commissione nazionale per l'aggiornamento del Piano d'emergenza dell'arca vesuviana e dei Campi Flegrei, tuttora in carica, con il compito di aggiornare lo scenario e i dispositivi operativi del Piano stesso e, per i Campi Flegrei, di realizzare il Piano d'emergenza completo.
Anche in quest'ultima commissione sono presenti vulcanologi, fra i maggiori esperti del Vesuvio a livello internazionale, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 698 del 6 marzo 2003.
La Pianificazione nazionale d'emergenza dell'area vesuviana elaborata nel 1995 utilizzava come scenario di riferimento un'eruzione esplosiva di media intensità, definita dai vulcanologi «sub-pliniana», simile ma non identica, per energia, volume di magma emesso e fenomenologia eruttiva, a quella verificatasi nel 1631.
I risultati delle ricerche scientifiche fino ad allora condotte fornirono informazioni sulle caratteristiche (velocità, altezza, densità, temperatura della colonna eruttiva, eccetera) dell'eruzione e, con l'integrazione dei dati sui campi di vento dominanti ad alta quota, furono simulate varie fasi dell'eruzione.
Grazie a questo processo, sulla base del tipo e dell'entità dei fenomeni che potrebbero verificarsi, sono state individuate aree a diversa pericolosità.
L'area a maggiore pericolosità, detta zona rossa, è esposta al pericolo di scorrimento di colate piroclastiche e comprende 18 comuni immediatamente circostanti al vulcano. La zona a minore pericolosità, zona gialla, è composta da 59 comuni e corrisponde a tutta l'area che può essere interessata dalla ricaduta di piroclastiti e cenere con spessori tali da causare il collasso delle coperture di un numero significativo di edifici.
Per quanto riguarda la pericolosità dell'area rossa, si fa presente che i flussi piroclastici, a causa delle loro caratteristiche intrinseche e della loro velocità, rappresentano di gran lunga il fenomeno più pericoloso per le vite umane.
I flussi prodotti nell'eruzione del 1631, ad esempio, si riversarono su tutti i versanti del Vesuvio risparmiando solamente le falde settentrionali del Monte Somma.
La definizione delle aree esposte a rischio di invasione di flussi piroclastici è un processo molto complesso, che richiede lo svolgimento di indagini volte a conoscere la struttura interna del vulcano (presenza e profondità della camera magmatica, quantità di magma residente, sviluppo del sistema di alimentazione), i depositi delle eruzioni passate e lo sviluppo di modelli matematici di simulazione che tengano conto di numerosi parametri (densità e composizione del fuso magmatico, altezza della colonna eruttiva, fenomeni di interazione condotto-colonna magmatica e colonna magmatica-atmosfera, topografia dell'area eccetera.) È, inoltre, di fondamentale importanza la conoscenza topografica dell'area esposta ai flussi piroclastici.
Tutte queste ricerche sono state svolte nell'ambito di progetti scientifici finanziati dal Dipartimento della protezione civile e sottoposte alla disamina della predetta Commissione nazionale che, seguendo un approccio basato sulla valutazione della probabilità di accadimento dei diversi scenari, corrispondenti ai principali tipi di eruzione conosciute per il Vesuvio, ha confermato la scelta dell'eruzione sub-pliniana come evento di riferimento.
Gli studi che hanno condotto alla definizione delle aree potenzialmente esposte all'invasione di flussi piroclastici in caso di eruzione sub-pliniana, hanno evidenziato che dette aree ricadono all'interno del territorio dei predetti 18 comuni.
Pertanto, per una più facile e omogenea gestione delle attività del piano d'emergenza, si è ritenuto opportuno adottare un criterio a vantaggio della maggiore sicurezza, assumendo come limite della zona rossa l'insieme dei limiti amministrativi.
Al riguardo si fa presente che il limite della zona rossa è stato definito già nel 1995 in base a rigorosi studi e ricerche scientifiche e, recentemente, riconfermato. Esso non dipende soltanto dalla distanza dal cratere del Vesuvio e ricalca i confini amministrativi solo per esigenze logistiche e operative, essendo, dette aree effettivamente a rischio.
Inoltre la comunità scientifica italiana, rappresentata da eminenti professori, le cui ricerche riguardano il Vesuvio o i vulcani ad alto indice di esplosività, è stata ed è costantemente coinvolta nelle attività di preparazione del Piano d'emergenza vesuviano.
La comunità scientifica internazionale ha partecipato attivamente all'esercitazione europea Mesimex (Napoli ottobre 2006) ed i rappresentanti del Dipartimento della protezione civile sono stati più volte invitati a presentare il piano Vesuvio in consessi internazionali.
Infine alla Commissione, sempre attenta ai nuovi studi ed alle ricerche che possano essere di aiuto al miglioramento delle conoscenze, non risulta essere pervenuta alcuna comunicazione in merito ad eventuali aggiornamenti da parte dei professori del Dipartimento di scienze della terra dell'università Federico II di Napoli.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
MARIO RICCI, EVANGELISTI, CARDANO, D'ANTONA, DE ZULUETA, FRIAS, LONGHI, MARINO, MELLANO, RAITI, RAZZI, ROMAGNOLI e TRANFAGLIA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 12 agosto 1944, nella città di Sant'Anna di Stazzema (Lucca) un comando
delle Waffen-SS ha condotto una violenta azione a danno della comunità locale, culminata con la morte di 560 civili innocenti;
è stato accertato, tanto in termini storici, quanto addirittura in termini giudiziari, che nessun partigiano si trovava nella zona sin dal 30 luglio 1944, per ordine del comando militare alleato, e che per questo motivo l'azione intrapresa dal comando nazista non può essere riconducibile all'azione di rappresaglia ma ad un atto di terrorismo freddamente preparato dal comando generale germanico;
il Tribunale militare di La Spezia, ha fatto propria, confermandola, questa lettura con sentenza del 22 giugno 2005, prevedendo la condanna all'ergastolo per gli ufficiali nazisti e per i militari che hanno eseguito l'eccidio;
la Cassazione ha confermato la condanna all'ergastolo pronunciata dal Tribunale di La Spezia nel 2005, affermando che si trattò di una strage pianificata contro la popolazione civile;
il regista americano Spike Lee sta realizzando una pellicola cinematografica in merito alla strage provocata dalle SS tedesche a Sant'Anna di Stazzema,
a quanto risulta da segnalazioni dell'Associazione Nazionale Partigiani Italiani di Pietrasanta (Lucca), nella sceneggiatura sarebbe inserito un episodio, ripreso dal romanzo di James Mc Bride, che stravolgerebbe dunque i fatti storici, offrendo una versione distorta e recando grave offesa alla Resistenza e alla verità emersa dal processo di La Spezia;
la produzione, anche in seguito alle proteste dell'ANPI, ha fatto sapere che il film è tratto da un romanzo, quindi privo di valore documentaristico e pertanto vincolato solo dalla necessità di raccontare i fatti secondo l'ispirazione letteraria dello scrittore del libro;
nonostante questa posizione, le riprese della strage sono avvenute proprio sulla piazza della chiesa, uno dei principali teatri della strage, evidentemente con la decisione di rappresentare in maniera realistica i drammatici fatti dell'estate del '44;
senza mettere in discussione le libere scelte artistiche degli autori, occorre tuttavia tenere conto del vulnus che questa ricostruzione arreca alla coscienza nazionale e gli oggettivi, e secondo gli interroganti, pericolosi effetti mediatici della diffusione di tale produzione;
risulta che, nonostante quanto sopra riportato, sia stato richiesto al Ministero dei beni culturali, da parte della produzione, di poter accedere agli speciali finanziamenti quale pellicola di interesse culturale;
tuttavia, secondo gli interroganti, l'eccidio di Sant'Anna di Stazzema, anche se da un punto di vista meramente cinematografico, non può essere affidato a un racconto di fantasia, che, secondo quanto riconosciuto dalla medesima produzione, non ha pretese di ricostruzione storica e che men che meno si può accettare che tale sconvolgimento possa essere finanziato dallo Stato italiano -:
se e come valuti l'opportunità o meno di concedere il proprio finanziamento ed il proprio patrocinio ad un'opera che, senza mettere in discussione la libertà artistica degli autori, si pone in oggettivo contrasto con verità storiche accertate e costitutive della nostra identità nazionale e che pertanto non dovrebbe trovare, secondo gli interroganti, avallo in decisioni di organi dello Stato che potrebbero essere interpretati come una sorta di vaglio di meritevolezza storica dell'opera;
se non sia opportuno che, nella concessione dei finanziamenti, il Ministro interrogato privilegi la produzione e la diffusione di opere artistiche che diano conto verosimilmente delle vicende e del clima
esistente nell'epoca valutando anche l'eventualità di precisare i requisiti di accesso a tali finanziamenti.
(4-05851)
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Elena Montecchi.
Risposta. - In data 30 settembre 2007 la società di produzione On My Own Produzioni ha presentato il progetto filmico «Il Miracolo di Sant'Anna», per la regia di Spike Lee.
Con l'istanza di partecipazione la società ha richiesto unicamente il riconoscimento dell'interesse culturale del film, senza inoltrare alcuna domanda di contributo di natura economica.
In data 17 dicembre 2007, la Commissione per la Cinematografia ha operato una valutazione comparativa di diversi progetti ed ha espresso parere favorevole alla concessione del riconoscimento dell'interesse culturale del film, che si è posizionato tra i migliori.
Giova rappresentare che il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28 «Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137,» riconosce il cinema quale fondamentale mezzo di espressione artistica, di formazione culturale e di comunicazione sociale, in linea con quanto previsto dall'articolo 21 della nostra Costituzione sulla libertà di espressione e di informazione.
Le Commissioni competenti per le diverse tipologie di opere prime e seconde fanno altresì riferimento a criteri di carattere generale che esemplificano in termini tecnici le finalità artistiche e culturali indicate dalla legge e sono applicabili a qualsiasi opera cinematografica meritevole, a prescindere dal suo contenuto.
Per doverosa informazione si indicano di seguito tali criteri:
A) Valore Soggetto e Sceneggiatura:
1) Originalità dell'idea;
2) Rilevanza del soggetto;
3) Qualità del soggetto;
4) Rilevanza artistica;
5) Rilevanza spettacolare;
6) Rilevanza socio-culturale;
7) Qualità della scrittura;
8) Qualità e originalità della struttura narrativa;
9) Qualità ed originalità dei personaggi;
10) Qualità dei dialoghi;
11) Coerenza tra le componenti (idea, struttura, personaggi dialoghi, eccetera);
12) Innovazione con riferimento ai generi cinematografici;
13) Qualità del linguaggio cinematografico, anche con riferimento a nuovi linguaggi;
14) Valutazione, con riferimento alla realizzazione della sceneggiatura, del curriculum del regista sia in relazione alla frequentazione di scuole di cinema sia in relazione ad esperienze nel settore o alla realizzazione di cortometraggi e altre opere audiovisive. Se l'autore è all'opera seconda, verrà valutata l'opera prima.
B) Valore componenti tecniche e tecnologiche:
1) Valutazione del curriculum della squadra tecnica (fotografia, scenografia, costumi, montaggio, fonico, effetti speciali, musiche) sempre in relazione alla realizzabilità del progetto e con riferimento, nel caso di esordienti, alla frequentazione di scuole di cinema o alla partecipazione alla realizzazione di altre opere cinematografiche o audiovisive;
2) Utilizzo nuove tecnologie;
C) Qualità, completezza e realizzabilità del progetto produttivo:
1) Proporzionalità, coerenza e congruità delle componenti artistiche e tecniche con il progetto;
2) Coerenza e congruità dell'intero piano produttivo (preventivo di costo, piano di lavorazione e preventivo economico finanziario) con il progetto.
Alla luce di quanto rappresentato, appare chiaro che l'amministrazione non può operare delle scelte «mirate» privilegiando progetti che diano conto delle vicende storiche e del clima esistenti all'epoca dei fatti descritti, né la predisposizione di finanziamenti ad hoc che trattino degli argomenti storici indicati.
Non si deve ritenere che spetti all'amministrazione pronunciare, anche indirettamente, un «vaglio di meritevolezza storica dell'opera», come sostenuto dagli interroganti; sia che si tratti di un ipotetico giudizio positivo, che negativo; salvo rischiare di cadere in indirizzi di tipo autorizzatorio o - peggio - censorio non compatibili con il consolidato e libero pluralismo culturale ed artistico proprio della democrazia italiana.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Elena Montecchi.
SCOTTO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile (numero di repertorio 698 del 6 marzo 2003) concernente la nomina dei componenti della commissione nazionale incaricata di provvedere all'aggiornamento dei piani di emergenza dell'area vesuviana e dell'area flegrea per il rischio vulcanico, è poco chiaro per i seguenti motivi:
a) fa riferimento ai «piani di emergenza eccetera» senza indicare se e come sono stati resi operativi e con quale modalità sono offerti alla pubblica consultazione;
b) non indica i termini per i lavori della commissione;
c) non chiarisce che le risultanze dei lavori della commissione saranno sottoposte all'autorità politica che ha disposto la ricostruzione della commissione (si tratta del ministro dell'interno nella qualità di delegato per il coordinamento della protezione civile, ora sostituito dal Presidente del Consiglio dei ministri);
il citato decreto è per altro viziato alla fonte in quanto il «piano di emergenza dell'area vesuviana per il rischio vulcanico», commissionato ad una apposita Commissione tecnica istituita con decreto n. 516 del 1993 emanato dal Sottosegretario pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega alla protezione civile, l'onorevole Vito Riggio (decreto peraltro difficilmente reperibile), e deliberato dalla citata Commissione tecnica nella seduta del 25 settembre 1995, presso la Prefettura di Napoli, non è stato mai sottoposto, per la decretazione, all'approvazione dell'autorità politica;
il piano di emergenza di cui sopra non appare adeguato alla situazione geografica e demografica, che fanno ritenere l'area vesuviana quella a più alto rischio d'Italia perché una eventuale eruzione interesserebbe un'area altamente urbanizzata (700.000 abitanti). Il piano, infatti, è stato sottoposto a numerose osservazioni critiche da alcuni studiosi e tecnici che hanno riguardato tra l'altro i seguenti aspetti: a) il piano è stato elaborato solo in relazione ad un possibile scenario («sub-pliniano» tipo eruzione del 1631) ritenuto il più probabile mentre sarebbe stato più ragionevole prevedere piani differenziati per ciascuna tipologia di «scenario» non potendoci essere in materia alcuna certezza; b) il piano è viziato o da una inadeguata conoscenza delle situazioni di fatto esistenti (ad esempio prevede per l'evacuazione anche l'arrivo di navi nel porto di Torre del Greco che per le caratteristiche dei fondali non è in grado di ospitare navi di grosso tonnellaggio) o, quantomeno, dal fatto che dovrebbe prevedere soluzioni alternative nelle more dell'adeguamento delle infrastrutture alle indicazioni del Piano;
dal 1995 in qua la popolazione vesuviana appare frastornata, oltre che dalla
descrizione (contenuta nel piano) delle caratteristiche sommamente distruttive di una eruzione tipo 1631, anche dal sovrapporsi di varie e contrastanti affermazioni di vulcanologi, senza che né l'autorità politica preposta alla protezione civile né il Dipartimento della protezione civile provvedessero alle opportune informazioni e delucidazioni, e soprattutto ammettessero l'evidente irrealizzabilità delle evacuazioni previste nel piano -:
se intenda promuovere un circuito virtuoso tra Stato, Regione Campania, Provincia di Napoli, Comuni a rischio, al fine di una costante vicinanza alle popolazioni e della diffusione di una corretta informazione ed educazione al rischio vulcanico;
se in relazione al benvenuto manifestarsi di attenzioni scientifiche (non solo da parte di geologi, geofisici e vulcanologi ma anche di urbanisti ed altri studiosi), ritenga opportuna, al fine di una libera efficace circolazione delle idee e di un loro rapido confronto, la creazione di un catalogo delle opere scientifiche (nazionali ed estere) che per ogni opera indicasse i presupposti teorici, i metodi seguiti, le apparecchiature adoperate al fine di favorire un corretto confronto scientifico;
se, anche alla luce delle considerazioni esposte, intenda provvedere a profonde innovazioni nella pianificazione di emergenza per il rischio vulcanico nell'area vesuviana.
(4-04212)
Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, si fa presente quanto segue.
Il decreto del capo del dipartimento della protezione civile n. 698 del 6 marzo 2003 ha previsto la nomina dei componenti della Commissione nazionale incaricata di provvedere all'aggiornamento dei piani d'emergenza dell'area vesuviana e dell'area flegrea. Detta Commissione è composta dai rappresentanti del predetto dipartimento, del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, degli uffici territoriali di Governo - Prefetture di Avellino, Benevento, Caserta, Napoli e Salerno, della regione Campania, della provincia di Napoli, dei comuni della zona rossa vesuviana e flegrea, dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e da tre esperti sul rischio vulcanico.
Le novità introdotte dai recenti lavori conclusi dall'ultima Commissione sulla pianificazione dell'area vesuviana, sono stati condivisi con la regione Campania, con la Prefettura e la provincia di Napoli, con l'Osservatorio vesuviano - Ingv e in parte, sperimentate con i 18 Comuni della cosiddetta zona rossa, durante l'esercitazione nazionale ed internazionale «Mesimex» (Major Emergency Simulation Exercise) tenutasi nell'ottobre del 2006.
Lo scenario eruttivo di riferimento ed i livelli di allerta sono stati formalmente approvati in una riunione, tenutasi presso la sede della protezione civile della regione Campania, il giorno 21 luglio 2006, mentre la nuova strategia del piano di emergenza è stata approvata il 23 aprile 2007 durante una riunione presso il Dipartimento della protezione civile. In entrambe erano presenti gli uffici territoriali del Governo suddetti.
Per quanto riguarda possibili scenari eruttivi, si fa presente che dopo un lungo periodo di intensa e frequente attività eruttiva a condotto aperto, durato oltre tre secoli, dal 1944 il Vesuvio è in una fase di quiescenza. Considerando l'odierno quadro conoscitivo non è possibile stabilire, neanche approssimativamente, la presumibile durata del riposo attuale. Tuttavia, oltre 60 anni sono già trascorsi dall'ultima eruzione e certamente il condotto del vulcano è attualmente ostruito. Si può, quindi, considerare molto bassa la probabilità che la prossima eruzione abbia le caratteristiche di uno degli eventi tipici dei periodi di attività a condotto aperto, in genere dominati dall'emissione di colate laviche la cui pericolosità è molto inferiore a quella delle eruzioni esplosive.
A causa dell'aumento di viscosità prodotto dal raffreddamento la lava ha, infatti, una velocità di avanzamento bassa che, benché provoca ingenti danni economici, solo raramente rappresenta un pericolo per le persone.
Per questi motivi l'analisi degli scenari eruttivi, posti alla base dell'aggiornamento
del piano d'emergenza, ha volutamente trascurato l'attività effusiva, che darebbe luogo a fenomeni di bassa pericolosità, e si è concentrata sulle eruzioni esplosive del Vesuvio.
Gli studi vulcanologici condotti negli ultimi anni hanno individuato gli stili di attività esplosiva (o tipi di eruzione esplosiva) che si possono elencare in relazione alla crescente energia: eruzioni stromboliane violente - VEI (indice di esplosività vulcanica) =3, eruzioni sub-pliniane - VEI=4 ed eruzioni Pliniane - VEI=5.
Le colate piroclastiche sono il fenomeno eruttivo più pericoloso che si genera solo dalle eruzioni di maggiore energia pliniane e sub-pliniane.
Associate alle stromboliane violente non vi sono vere e proprie colate piroclastiche, ma solo la possibilità di generare valanghe incandescenti per scorrimento di accumuli instabili di scorie sul pendio ripido della parte alta del vulcano. La ricaduta di materiale piroclastico è, invece, associata a tutti i tipi di eruzione.
Le eruzioni stromboliane violente consistono in una espulsione esplosiva di gas, frammenti di magma e blocchi solidi di rocce preesistenti (piroclasti) che portano alla formazione di una colonna eruttiva di altezza variabile, anche decine di chilometri. Questo tipo di eruzione è accompagnato dalla emissione di lava con formazione di colate laviche di grande volume ed estensione.
Un tipo di eruzione sub-pliniana è avvenuto nel 1631 quando la fase di apertura durò un paio d'ore e fu caratterizzata da attività esplosiva di debole violenza generata da bocche eruttive apertesi sul fianco occidentale del cono vesuviano.
Seguì la formazione di una colonna eruttiva di altezza progressivamente crescente con ricaduta di ceneri nei settori posti sottovento. Con il raggiungimento del regime eruttivo sub-pliniano la dinamica dell'eruzione del 1631 fu caratterizzata dallo spostamento dell'attività eruttiva nel cratere centrale e dallo sviluppo di una colonna eruttiva fino ad una altezza compresa tra i 12 e i 22 chilometri, sormontata da una nube dispersa dai venti dominanti.
Durante le eruzioni sub-Pliniane il materiale eruttivo leggero (lapilli e ceneri) si separa dalla colonia e viene trasportato dal vento per poi ricadere su un'area ellittica con i tassi di accumulo di 5-15 cm/ora ai piedi del vulcano, che decrescono allontanandosi da questo.
Il materiale pesante (bombe vulcaniche e blocchi di roccia), scarsamente influenzato dal vento, ricade al suolo a velocità elevata. Dalla bocca del vulcano, entro un chilometro e mezzo, i frammenti di grandi dimensioni e quelli di dimensioni pluricentimetrici possono essere sollevati fino a grandi altezze ricadendo dai margini della colonna.
La fase di colonna sostenuta è seguita da una seconda fase, durante la quale la colonna eruttiva collassa su sé stessa provocando lo scorrimento delle colate piroclastiche (nubi di gas e particelle, con una temperatura di 350-600 e la velocità di 50-100(Km/ora) che costituiscono l'elemento di maggiore pericolosità associato all'eruzione sub-pliniana. Queste nubi hanno un'elevata mobilità e la pressione dinamica, associata al loro scorrimento, è tale da distruggere in alcuni casi anche costruzioni in muratura con un impatto sull'uomo devastante, sia per l'elevata temperatura che per la presenza di particelle fini, tali da provocare difficoltà respiratorie e soffocamento.
Si sottolinea che le colate piroclastiche, una volta formatesi, divengono ostacoli insormontabili e non possono essere attraversate per giorni. Questo rafforza l'esigenza dell'evacuazione preventiva delle zone esposte al pericolo di scorrimento di tali colate.
Un ulteriore fenomeno di elevata pericolosità associato alla fase finale dell'eruzione sub-pliniana è la possibile generazione e scorrimento di colate di fango (lahar).
I fenomeni acuti di un evento sub-pliniano si esauriscono di norma entro 3-4 giorni, dopo i quali si può avere una fase, che può durare settimane o mesi, in cui la dinamica eruttiva è caratterizzata da fenomeni attenuati, con emissioni di ceneri e vapori eventualmente associati ad attività sismica di media e bassa energia. A questa si accompagna, e segue, la mobilizzazione di
materiali eruttivi ad opera delle piogge (lahar) che può proseguire per anni.
Nelle aree interessate dalla caduta di cenere i tempi di recupero e di "normalizzazione" della vita e delle attività economiche possono essere relativamente brevi, mentre le zone investite dalle colate piroclastiche hanno un processo di recupero molto lungo.
L'eruzione di tipo Pliniano (V=5) è quella di maggiore dimensione, e quindi la più distruttiva.
I fenomeni legati alla dinamica di un'eruzione pliniana hanno modalità e caratteristiche simili a quelle descritte per la sub-pliniana, ma sono di maggiore intensità, durata ed energia, ponendosi a livelli più alti rispetto a quelli osservati per la sub-pliniana.
Nel caso di un'eruzione pliniana si ha un'altezza della colonna superiore a venti chilometri e il tasso d'accumulo dei depositi ai piedi del vulcano è di 10-20 cm l'ora.
Uno degli obiettivi della ricerca vulcanologica è riuscire a stimare la probabilità che si verifichi un'eruzione in un determinato intervallo temporale e di valutarne la magnitudo e/o l'intensità. A questo fine, alcuni autori sottintendono l'ipotesi che l'intensità sia indipendente dal tempo di riposo e dall'intensità dell'eruzione che l'ha preceduta. Persiste, comunque, l'impossibilità di definire i limiti massimi di energia della prossima eruzione, come hanno evidenziato i lavori scientifici.
Recenti studi statistici suggeriscono che l'Eruzione massima attesa del Vesuvio (Ema), considerata nel precedente Piano d'emergenza (DPC 1995, DPC 2001), non è l'evento massimo che si può attendere e non si esclude la possibilità di un'eruzione significativamente maggiore dell'EMA, anche se con più bassa probabilità.
I risultati degli studi statistici mostrano, inoltre, che l'evento più probabile ha un valore VEI=3, cioè minore di quella considerata nel precedente Piano d'Emergenza che era di VEI=4.
Questi studi sono basati sull'analisi dei cataloghi delle eruzioni di tutti i vulcani del mondo, di 17 vulcani «analoghi» al Vesuvio e del Vesuvio stesso.
La probabilità condizionata di accadimento dei principali tipi di eruzioni a breve-medio termine è, dunque, la seguente: Stromboliane violente (VEI =3) del 72 per cento, Sub-Pliniane (VEI =4) del 27 per cento e Pliniane (VEI = 5) dell'1 per cento.
La scelta dell'evento eruttivo di riferimento per la definizione dello scenario da porre a base della pianificazione d'emergenza rappresenta, ovviamente, la scelta più delicata e difficile, ed è quella che più fortemente incide sull'intero Piano d'emergenza.
Nel precedente Piano d'emergenza come eruzione massima attesa (Ema) era stata scelta un'eruzione di tipo sub-pliniano simile, ma non identica, all'eruzione del Vesuvio del 1631. Nel presente Piano, si supera il concetto di Ema, preferendo un approccio basato sulla valutazione della probabilità di accadimento dei diversi scenari, corrispondenti ai principali tipi di eruzione sopra elencati.
I risultati mostrati, hanno comunque portato a ritenere che potesse esservi una probabilità trascurabile (intorno all'1 per cento di avere uno scenario corrispondente all'evento massimo registrato nella storia eruttiva del Vesuvio (Pliniana con VEI=5).
L'evento di minore energia (VEI=3) risulterebbe il più probabile. Si tratta di eventi (stromboliane violente) preceduti da periodi di riposo brevi, dell'ordine delle decine o del centinaio di anni, la cui pericolosità è sostanzialmente associata alla ricaduta di materiali piroclastici e alla formazione di lahar e senza colate piroclastiche.
Ciò premesso, si ritiene che lo scenario di riferimento, da porre a base del piano d'emergenza, debba essere di tipo sub-Pliniano, senza discostarsi da quello già assunto nel precedente piano poichè ha una probabilità condizionata di accadimento piuttosto elevata, di poco inferiore al 30 per cento. Questo scenario corrisponde ad una scelta ragionevole di «rischio accettabile», considerato che la probabilità che questo evento venga superato, nei prossimi 140 anni, da un'eruzione Pliniana con VEI=5 è solo dell'1 per cento. Inoltre dati geofisici non rivelano la presenza di una camera
magmatica superficiale con volume sufficiente a generare un'eruzione di tipo Pliniano.
Gli eventi più probabili, VEI=3, pur non producendo colate piroclastiche, possono dare origine a colate di fango che invadono larga parte della zona esposta al pericolo di scorrimento di flussi piroclastici, come nell'evento di riferimento VEI=4. Pertanto, la definizione della zona ad alto pericolo basata sull'evento di riferimento VEI=4 copre anche l'area ad alta pericolosità per eventi prodotti da eruzioni con VEI=3.
Nonostante il Vesuvio sia uno dei vulcani meglio monitorati al mondo, allo stato attuale delle conoscenze non è possibile stabilire i tempi della dinamica di riattivazione, né prevedere, dall'analisi dei precursori, di quale tipo sarà l'eventuale eruzione. Quindi, considerata l'estrema pericolosità dei fenomeni attesi (colate piroclastiche), è necessaria un'evacuazione preventiva dell'area rossa prima dell'eruzione e prima di mettere in atto il piano d'emergenza.
Per questa'ragione è stato scelto un unico scenario di riferimento, il V=4, che ha una probabilità di occorrenza del 27 per cento non trascurabile e, nel caso in cui l'eruzione fosse di entità minore, V=3, definisce compiutamente l'area che potrebbe essere affetta dai fenomeni di colate di fango ed essere preventivamente evacuata.
In sintesi, la strategia operativa del piano prevede l'allontanamento preventivo della popolazione della zona rossa (551.840 sulla base del «XIV censimento della popolazione - 2001»), in fase di allarme, la riduzione dei tempi di allontanamento da 7 giorni a 72 ore, con evacuazione in 24 ore, l'utilizzo del solo trasporto su gomma, privato e pubblico, per l'allontanamento, considerando treni e navi come risorse strategiche da utilizzare solo per gestire eventuali emergenze in fase di attuazione del piano. Seguono, quindi, la prima messa in sicurezza della popolazione al di fuori della zona a rischio (regioni limitrofe), presso strutture di prima accoglienza, il successivo, eventuale, spostamento verso le regioni gemellate, l'utilizzo delle risorse disponibili, anche in termini di infrastrutture e di servizi, l'evacuazione di ospedali e di strutture sanitarie in fase di preallarme, l'allontanamento della popolazione residente nella zona gialla ad eruzione in corso, con priorità per le aree a maggiore rischio di crolli delle coperture degli edifici, nonché una nuova strategia per la zona blu, allargata rispetto al piano precedente, e per la quale è previsto l'utilizzo delle soglie per il rischio idrogeologico già definite dalla regione Campania con i relativi piani di emergenza.
Si evidenzia, inoltre, che dal 1995 ad oggi sono state effettuate, sul territorio interessato, 6 esercitazioni di cui 2 a carattere internazionale che hanno coinvolto i mass-media e la popolazione.
Queste sono: la Exercise Europa '96 (giugno 1996), l'esercitazione «gemellaggio cercola - Friuli Venezia Giulia» (novembre 1996), quella del «Vesuvio 99» che ha coinvolto il Comune di Somma Vesuviana e la regione Abruzzo ed ha visto, per la prima volta, la partecipazione attiva della popolazione (novembre 1999), quelle del novembre 2000 e del settembre 2001, dette «Vesuvio 2000» e «Vesuvio 2001», che hanno interessato, la prima, il comune di Trecase e la regione Basilicata e, la seconda, il gemellaggio tra il comune di Portici e la regione Emilia Romagna.
Infine la «Mesimex 2006» ha interessato i 18 comuni della zona rossa, sperimentando la prima messa in sicurezza di circa 100 persone per comune presso 6 aree check point. lungo le tre direttrici principali di allontanamento, allestite dalle regioni gemellate, nonché l'identificazione e l'assistenza dei turisti stranieri presenti nell'area a rischio (ottobre 2006).
Per sensibilizzare la popolazione vesuviana alla delicata questione del rischio vulcanico, sono state intraprese una serie di iniziative da parte della regione Campania, della provincia di Napoli, dell'Osservatorio vesuviano-INGV, dell'Ente Parco Nazionale del Vesuvio, dei Ministeri della pubblica istruzione e dell'università e della Ricerca - Direzione Scolastica Regionale per la Campania e del Dipartimento della protezione civile.
Inoltre, in occasione dell'ultima esercitazione «Mesimex 2006», unitamente al
Ministro per i beni e le attività culturali e con il concorso delle diverse amministrazioni territoriali, si sono svolti numerosi eventi culturali nell'area napoletana e, successivamente, nella città di Roma, che hanno coniugato scienza, storia ed arte, spaziando dal teatro alla pittura, all'archeologia, alla musica, alla fotografia e al cinema.
Da evidenziare, anche, che il Piano nazionale di emergenza per l'area vesuviana, nella sua parte generale, è stato pubblicato sul sito web del Dipartimento della protezione civile e su quello dell'osservatorio vesuviano-INGV.
Anche a seguito delle attività connesse all'esercitazione Mesimex 2006, il Dipartimento della protezione civile d'intesa con la Prefettura di Napoli, la regione Campania e la provincia di Napoli, si è impegnato ad incontrare gli amministratori locali dei 18 comuni della zona rossa per concludere l'aggiornamento della pianificazione dell'area vesuviana.
La suddetta esercitazione è servita non solo ad avvicinare la popolazione alle problematiche di protezione civile ed alla conoscenza del rischio Vesuvio, ma anche a sperimentare gli importanti elementi introdotti dallo sviluppo delle conoscenze scientifiche e dall'analisi delle problematiche connesse all'evacuazione in caso di allarme.
I piani comunali (molti sono i comuni che ne sono sprovvisti) dovranno essere aggiornati con le nuove strategie di allontanamento. È necessaria la verifica, insieme agli esperti ed ai tecnici locali, della pianificazione delle vie di fuga interne ai territori comunali (cosiddetta viabilità di II livello), già presente nel piano di viabilità generale ma suscettibile di eventuali modifiche migliorative.
Nel corso della suddetta esercitazione Mesimex 2006 alcuni comuni hanno avanzato delle proposte di viabilità alternativa che, ove non sussistano impedimenti nel quadro più ampio della viabilità dell'intera zona rossa, potranno essere recepite nel piano nazionale.
Al momento hanno dato disponibilità ad incontri tecnici, indicando propri referenti, i comuni di Boscoreale, Ercolano, Massa di Somma, Ottaviano, Portici, San Giorgio a Cremano, San Giuseppe Vesuviano, San Sebastiano al Vesuvio, Terzigno, Torre Annunziata, Torre del Greco.
Nel mese di giugno 2007, funzionari del Dipartimento della protezione civile, della regione Campania, della Prefettura e della provincia hanno effettuato sopralluoghi ed incontri presso i comuni di Massa di Somma, Ottaviano, San Giorgio a Cremano e San Giuseppe Vesuviano e si sta procedendo; con gli enti territoriali competenti, ad aggiornare i piani di settore.
Si segnala, infine, la predisposizione di protocolli d'intesa tra i comuni della zona rossa e le regioni gemellate. Il comune di Sant'Anastasia e la regione Marche, alla presenza di rappresentanti del Dipartimento della protezione civile e della regione Campania, si sono incontrati ad Ancona nel corso del mese di giugno 2007 per avviare le necessarie attività istituzionali.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
SGOBIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il fenomeno degli incendi boschivi nel corso del 2007 ha devastato il territorio nazionale con una crescita allarmante rispetto alle passate stagioni: ben 127.000 ettari di paese sono risultati coinvolti nel bilancio intercorrente dal 1 gennaio al 2 settembre 2007. Tali incendi, la cui gestione è risultata problematica a causa delle dimensioni, sono stati causati oltreché dall'ondata di caldo anomalo del periodo estivo e dalla conseguente siccità, anche da comportamenti dolosi che hanno provocato la distruzione di ettari di vegetazione e in alcuni casi anche l'evacuazione dei centri abitati delle zone interessate;
il Presidente del Consiglio dei ministri fin dal 1 giugno 2007, come disposto dalla legge quadro n. 353 del 2000, in
materia di incendi boschivi, con una nota a tutte le Regioni e ai Ministri competenti ha dettato gli indirizzi operativi con lo scopo di pianificare gli interventi di prevenzione e controllo del rischio incendi e dunque realizzare una maggiore salvaguardia del patrimonio boschivo essendo la difesa del suolo e dell'ambiente esigenza di interesse generale posto a tutela del benessere della collettività stessa;
il culmine dell'emergenza si è verificato alla fine del mese di luglio 2007 quando l'Italia centro-meridionale è stata letteralmente avvolta dalle fiamme e la propagazione del fuoco arrecava danni irrimediabili alla macchia mediterranea con conseguenze anche sui centri abitati; le strutture operative del servizio nazionale della Protezione civile allertate, hanno risposto alle tante emergenze anche con il concorso di strutture organizzative statali, regionali e locali coordinate ai fini della tutela dell'ambiente e degli insediamenti civili e produttivi; al riguardo veniva emanato un decreto del Presidente del Consiglio nel quale si dichiarava lo stato di emergenza in relazione agli incendi in tutta l'Italia centro-meridionale (Gazzetta Ufficiale 6 agosto 2007, n. 181);
in data 24 luglio 2007, anche la regione Molise veniva investita da numerosi incendi che si susseguivano arrecando danni sia al patrimonio ambientale che a quello civile danneggiando abitazioni, immobili ed attrezzature di aziende agricole, turistiche ed industriali; anche il comune di Campomarino e le zone ad esso limitrofe veniva colpito dagli eventi calamitosi riportando danni per circa quattro milioni di euro;
i comuni molisani immediatamente si attivavano presentando una relazione tecnica estimativa al Servizio di Protezione civile della Regione, al fine di ottenere una pronta quantificazione delle conseguenze sia alla superficie boschiva che alla popolazione, spettando al Commissario delegato la ricognizione e quantificazione di tali danni-:
quali misure urgenti adottare al fine di includere la regione Molise nel novero di quelle dettagliatamente citate nell'ordinanza del Presidente del Consiglio n. 3606 del 28 agosto 2007, (concernenti le disposizioni dirette a fronteggiare lo stato di emergenza per gli eventi riconducibili alla diffusione di incendi) ed in tal modo consentire il risarcimento per i gravi danni verificatisi, anche in considerazione di quanto precedentemente disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 luglio 2007, che incideva su tutta l'Italia centro-meridionale.
(4-05427)
Risposta. - L'interrogazione in esame pone l'attenzione sul fenomeno degli incendi che nel corso del 2007 hanno gravemente danneggiato l'intero patrimonio boschivo nazionale.
Al riguardo, si ricorda che, al fine di fronteggiare lo stato di emergenza determinato dalla diffusione di incendi nei territori delle regioni Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, in data 28 agosto 2007 è stata emanata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri l'ordinanza n. 3606 (Gazzetta Ufficiale n. 204 del 3 settembre 2007).
Successivamente, considerato che lo stato di calamità aveva interessato anche altre zone del territorio nazionale, con ordinanza n. 3624 del 22 ottobre 2007, la regione Molise è stata inclusa nel novero delle regioni danneggiate.
Il provvedimento, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 ottobre 2007 di proroga dello stato di emergenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 luglio 2007, è vigente fino al 31 marzo 2008.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
SPERANDIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Consorzio agrario provinciale di Ferrara veniva posto in liquidazione coatta amministrativa in data 2 luglio 1991 con apposito provvedimento dell'allora Ministero dell'agricoltura e foreste:
con ripetuti atti, tra il 1991 e il 2004, il Consorzio agrario provinciale di Ferrara costituiva e/o partecipava nelle società Pegaso srl, Andromeda srl e Cap Petroli srl, sottoscrivendo altresì nel corso del tempo gli aumenti del capitale sociale - ove deliberati - delle predette società;
taluna delle predette società a sua volta risultava essere direttamente o indirettamente partecipata dalla Pegaso srl e dallo stesso Consorzio agrario provinciale;
nel corso del 2004 la società Cap Petroli srl e Andromeda srl, a seguito di fusione, venivano incorporate nella Pegaso SpA (ora società per azioni giusta trasformazione societaria);
la compagine sociale della Società per azioni risultante dalla fusione citata risulta quindi essere:
Consorzio agrario provinciale di Ferrara per nominali euro 3.483.564,00 rappresentanti il 90,862 per cento del capitale sociale;
Sorgeva Attività Extragricole srl per nominali euro 187.903,00 rappresentanti il 4,901 per cento del capitale sociale;
Cafer Coop.r.l. per nominali euro 102.000,00 rappresentanti il 2,660 per cento del capitale sociale;
Consorzio agrario provinciale di Ravenna per nominali euro 60,426 rappresentanti l'1,576 per cento del capitale sociale.
Considerate le finalità dell'istituto della liquidazione coatta amministrativa, le peculiarità dell'autorizzazione all'esercizio provvisorio nonché la necessità di assicurare le dovute tutele al ceto creditorio -:
in ragione di quali determinazioni il Consorzio agrario provinciale di Ferrara sia stato autorizzato ad investire il patrimonio aziendale in partecipazioni azionarie (capitale a rischio) e con quali garanzie per il ceto creditorio considerato che le attività proprie di questo Consorzio agrario provinciale vengono ora svolte da una società azionaria senza soggiacere al controllo dell'Organo di vigilanza ministeriale facente capo al Ministero delle attività produttive;
in ragione di quali autorizzazioni al Consorzio agrario provinciale di Ferrara sia stato consentito di partecipare alla costituzione di una società a responsabilità limitata e/o per azioni senza peraltro aver preliminarmente inserito negli statuti delle stesse clausole di salvaguardia o gradimento alla circolazione dei titoli o delle quote in grado di salvaguardare lo stesso Consorzio agrario provinciale;
quali siano i motivi, vista la relazione al Bilancio 2004 del Consorzio agrario provinciale di Parma e considerato il processo di aggregazione messo in atto dal Consorzio agrario provinciale di Ferrara, che hanno escluso da questa operazione la Società agricola padana srl «...facente capo al Consorzio Agrario Provinciale di Ferrara»;
quali garanzie siano state poste in essere al fine di assicurare pieno o parziale soddisfacimento del ceto creditorio mediante l'equivalente finanziario del capitale investito nelle operazioni speculative tra le società citate;
atteso che il patrimonio dell'Ente è stato così investito, a quanto ammontano gli interessi maturati o maturandi (alla data della presente interrogazione), relativi ai creditori privilegiati non soddisfatti;
quali cautele siano state poste in essere al fine di garantire che l'attività svolta dalle società operative non sfuggano, a seguito delle predette operazioni, all'attività di vigilanza degli organi preposti dal Ministero e dalla legge.
(4-00261)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, preme, innanzi tutto, evidenziare che la tematica investe la competenza primaria del Ministero dello sviluppo economico, che non si è mancato di interessare e che ha precisato quanto segue.
Con nota del 22 dicembre 2005, il Ministero dello sviluppo economico ha autorizzato
il concordato del Consorzio agrario provinciale di Ferrara.
Di seguito, la proposta concordataria è stata depositata in Tribunale il 30 dicembre 2005.
La suddetta proposta prevede, oltre al sostenimento di tutti i costi in prededuzione, l'integrale soddisfacimento dei creditori privilegiati ed il pagamento dei creditori chirografari nella misura del 40 per cento del credito ammesso relativamente ai crediti inferiori ad euro 50.000,00 e nella misura del 40 per cento del credito ammesso relativamente ai crediti inferiori ad euro 50.000,00 e nella misura del 10 per cento per il crediti superiori ad euro 50.000,00.
La proposta concordataria appare coerente ed idonea a consentire il ritorno in bonis del C.a.p., tenuto conto che la gestione del sodalizio, ma anche della società Pegaso S.p.A., partecipata al 90 per cento dal Consorzio, è caratterizzata da un consolidato equilibrio economico confermato dai dati contabili desumibili dalle rendicontazioni accluse alle relazioni semestrali. trasmesse, nonché dalla documentazione di supporto costantemente pervenuta.
Il conseguimento nel tempo di una gestione economicamente equilibrata è il presupposto fondamentale non solo per il buon esito del concordato ma anche e soprattutto per la futura attività in bonis del Consorzio i cui risultati, in termini di redditività, inducono ragionevolmente a ritenere che il sodalizio possa conseguire la necessaria solidità per essere competitivo sul mercato.
Quanto alla società Pegaso S.p.A. (della quale il C.a.p. detiene il 90 per cento del capitale sociale), si evidenzia che i commissari liquidatori hanno fatto presente che il C.a.p. di Ferrara ha gestito fin dal 1992 i rami d'azienda dei carbolubrificanti, delle macchine agricole, dei ricambi e delle assicurazioni, tramite le tre società Pegaso s.r.l., Androrneda e CAP Petroli, confluite poi attraverso la fusione per incorporazione in Pegaso S.p.A.
La Pegaso S.p.A., svolge le stesse funzioni delle tre società preesistenti.
Quanto alla fusione, si fa presente che i commissari liquidatori hanno a suo tempo trasmesso al Ministero dello sviluppo economico il piano industriale redatto in prospettiva della predisposizione della proposta concordataria.
Il piano prefigurava la fusione delle predette società per motivi di opportunità aziendale.
In particolare, tale operazione doveva rispondere a precise esigenze di razionalizzazione dell'apparato organizzativo strutturale del C.A.P., finalizzata in vista del ritorno in bonis, a conseguire da un lato un migliore assetto finanziario aziendale e, dall'altro, a realizzare una più efficiente gestione economica anche attraverso il conseguimento di una maggiore razionalizzazione dei costi generali.
In tale ottica vanno considerate le misure adottate in tema di riorganizzazione/riduzione del personale attraverso il ricorso agli ammortizzatori sociali.
Tutto ciò è diretto a configurare un soggetto economico in grado di consolidare le quote di mercato già acquisite ed in possesso dei necessari requisiti di competitività per l'ingresso nel libero mercato.
Infine, quanto all'operato dell'Autorità di Vigilanza, si ritiene opportuno precisare che le delibere adottate dalla terna commissariale, riguardanti le operazioni di fusione per incorporazione delle società suddette e la relativa ricapitalizzazione del nuovo soggetto economico Pegaso S.p.A., non sono state oggetto di specifica autorizzazione e le relative istanze non sono mai pervenute all'Ufficio competente del Ministero dello sviluppo economico.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
TURCO, BELTRANDI, CAPEZZONE, D'ELIA, MELLANO e PORETTI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
in data 15 marzo 2007 è stata emanata l'ordinanza ministeriale n. 26 concernente le disposizioni per l'Esame di Stato dell'anno scolastico 2006-2007;
tra le indicazioni in essa contenute si sono rilevati ai punti 13 e 14 dell'articolo 8 relativo al «credito scolastico» elementi che secondo gli interroganti configurano discriminazioni nell'attribuzione del credito tra coloro che frequentano l'IRC (insegnamento della religione cattolica) o un'attività alternativa (peraltro raramente possibile nella realtà delle scuole) e coloro che non avvalendosi dell'IRC scelgono le altre opzioni consentite («studio individuale» o «non presenza durante l'ora di religione cattolica nei locali scolastici»);
infatti, mentre per gli alunni frequentanti l'IRC o un'attività alternativa è prevista la valutazione dell'impegno e del profitto in seno al Consiglio di classe, per coloro che abbiano svolto attività autonoma di studio, il giudizio sulla qualità dell'attività svolta è previsto che avvenga secondo modalità stabilite di volta in volta dalle diverse scuole; per coloro infine che escono dall'edificio scolastico è prevista soltanto la possibilità di allegare come credito formativo la certificazione di un'attività extrascolastica valida (compiuta in quell'unica ora settimanale? Certificata da chi?);
risulta evidente secondo gli interroganti il contrasto tra le citate disposizioni e le sentenze della Corte costituzionale n. 203/1989 e n. 13/1991 che prevedono lo stato di assoluto non obbligo per coloro che non si avvalgono dell'IRC;
la diversa valutazione di ciò che gli studenti fanno in un'ora nella quale essi non sono tenuti a fare alcuna cosa che non dipenda esclusivamente da una loro libera scelta non può essere accettata, poiché significherebbe accettare la lesione di un diritto riconosciuto sia nel Nuovo Concordato del 1984, sia nelle Intese con altre confessioni religiose e riaffermato con forza dalla Corte costituzionale; significherebbe inoltre una violenza sulla libertà di coscienza, poiché l'alunno potrebbe essere indotto da un trattamento più vantaggioso a rinunciare all'esercizio di quella preziosa libertà;
è qui il caso di richiamare la revisione dell'Intesa tra Governo italiano e CEI (decreto del Presidente della Repubblica n. 202 del 1990) che prescrive che il voto del docente di religione cattolica allo scrutinio finale qualora si dimostri determinante ai fini di promozione o bocciatura dell'alunno non può venire computato, ma diviene un giudizio motivato da inserire nel verbale -:
quali iniziative urgenti il Ministro decida di intraprendere per ripristinare una formulazione dell'ordinanza coerente col rispetto dell'uguaglianza dei diritti degli alunni, della libertà di coscienza, della normativa vigente, la quale non prevede valutazioni maggiormente favorevoli per chi frequenta l'IRC, né una discriminazione circa la libera interpretazione dello stato di non obbligo da parte di coloro che non si avvalgono dell'IRC.
(4-03456)
Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare citata in oggetto con la quale l'interrogante lamenta che l'Ordinanza n. 26 del 15 marzo 2007, riguardante le istruzioni per lo svolgimento degli esami di Stato relativi all'anno scolastico 2006/2007, crea disparità di trattamento nell'attribuzione del credito scolastico tra gli studenti che si avvalgono o non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica.
Si fa presente preliminarmente che, sulla questione rappresentata dall'interrogante è stato più volte riferito alla Camera dei Deputati.
Si premette che il tribunale amministrativo del lazio, con l'ordinanza del 23 maggio 2007, ha accolto istanza di sospensiva dell'ordinanza ministeriale n. 26 del 15 marzo 2007 sullo svolgimento degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio della scuola secondaria superiore, nella parte in cui si prevede all'articolo 8, punti 13 e 14, l'attribuzione del credito scolastico agli alunni che si sono avvalsi dell'insegnamento della religione cattolica.
Avverso il provvedimento in questione, il Ministero ha proposto appello al Consiglio di Stato che in data 12 giugno 2007 lo ha accolto affermando che l'ordinanza impugnata «reitera essenzialmente, nei suoi contenuti,
l'ordinanza ministeriale 21 maggio 2001, n. 90 che in precedenza ha disciplinato la materia».
Invero, l'ordinanza n. 26 ai punti 13 e 14, prevede la partecipazione dei docenti di religione al consiglio di classe in relazione agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento; analoga disposizione è prevista per i docenti delle attività didattiche alternative all'insegnamento della religione cattolica, in relazione agli alunni che abbiano seguito queste attività.
L'ordinanza ministeriale è conforme alla legge n. 121 del 1985 di ratifica ed esecuzione dell'Accordo modificativo lateranense e alle specifiche intese attuative tra lo Stato e la Conferenza Episcopale Italiana (CEI), rese esecutive con i decreti del Presidente della Repubblica n. 751 del 1985 e n. 2002 del 1990.
Dal quadro normativo sopra delineato discende che l'insegnamento della religione cattolica è impartito, sulla base di programmi definiti d'intesa tra l'Autorità scolastica e la CEI, agli studenti che, all'atto dell'iscrizione, scelgano di avvalersene, ed è collocato nel quadro orario delle lezioni settimanali, dovendo ciascuna istituzione scolastica assicurarlo agli alunni che ne facciano richiesta.
L'ordinanza ministeriale è, altresì, coerente con le sentenze della Corte Costituzionale n. 203 del 1989 e n. 13 del 1991 in quanto assicura parità di trattamento agli alunni che non intendono avvalersi della religione cattolica sia attraverso l'offerta da parte delle scuole di attività alternative, sia attraverso la possibilità concessa allo studente di svolgere studio individuale, sia anche di optare di allontanarsi dalla scuola durante l'ora dell'insegnamento della religione.
La valutazione del credito scolastico è definita dal Regolamento n. 323 del 1998 in relazione al «grado di preparazione complessiva raggiunta da ciascun alunno nell'anno scolastico in corso, con riguardo al profitto e tenendo in considerazione anche l'assiduità della frequenza scolastica, ivi compresa, per gli istituti ove è previsto, la frequenza dell'area di progetto, l'interesse e l'impegno nella partecipazione al dialogo educativo, al attività complementari ed integrative ed eventuali crediti formativi».
Non va trascurato che ai fini della valutazione del credito scolastico può essere valutato anche lo studio individuale ordinanza ministeriale n. 26, articolo 8, comma 14).
Se non fosse riconosciuta la partecipazione del singolo discente all'attività didattica svolta dal docente di religione, si finirebbe per alterare il sistema attuale che prevede la valutazione e il riconoscimento come credito dell'impegno posto dall'allievo in ciascuna delle attività svolte - di cui si compone la complessiva offerta dell'istituto - e i risultati conseguiti sul piano formativo; la religione non verrebbe valutata né come credito scolastico né come credito formativo, mentre vengono valutate quali crediti formativi esperienze acquisite al di fuori della scuola quali: attività curricolari, artistiche, ricreative, di volontariato, sport ... (decreto ministeriale 24 febbraio 2000, n. 49).
Va aggiunto che il Consiglio di Stato, nella decisione assunta non ha neppure ravvisato i profili di pregiudizio grave e irreparabile dei ricorrenti.
Si ricorda che in sede di discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge 7 settembre 2007 n. 147, in data 3 ottobre 2007, è stato accolto l'ordine del giorno n. 9/3025/23, con i1 quale il Governo si è impegnato a rivedere complessivamente il sistema dei crediti scolastici e formativi per l'ammissione agli esami di Stato.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
ZANELLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dall'occupazione del Tibet del 1950 da parte della Cina, le difficoltà per la realizzazione di una pacifica convivenza sono state da subito evidenti vista la sistematica repressione e sottomissione adottata da Pechino nei confronti del popolo tibetano che, con il passare degli
anni, è stato privato del diritto all'auto-determinazione, della libertà di espressione, della libertà religiosa, della libertà di circolazione;
in 48 anni di governo cinese ci sono stati 1.200.000 tibetani uccisi; il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia (TCHRD) organizzazione internazionale che ha base in India, ha accertato che, dal 1987 ad ora, settanta prigionieri sono morti a causa delle torture subite; al momento i detenuti politici sono 700, ma non tutti sono registrati ufficialmente e il numero dei rifugiati supera le 135.000 unità;
la repressione cinese ha, inoltre, significato il completo smantellamento delle istituzioni locali, la distruzione del 90 per cento del patrimonio artistico ed architettonico, compresi 6.000 monumenti tra templi, monasteri e «stupa» e il divieto dell'insegnamento della lingua tibetana nelle scuole;
la violazione dei diritti umani in Tibet ha da subito destato evidente preoccupazione nella comunità internazionale: solo dal 1959 al 1965, le Nazioni Unite hanno approvato tre risoluzioni per «la cessazione di tutto ciò che priva il popolo tibetano dei suoi fondamentali diritti umani e delle libertà» e molti altri appelli e denunce sono seguiti nel corso degli anni con altrettante risoluzioni elaborate dai governi nazionali, dal Congresso degli Stati Uniti e dal Parlamento europeo;
è del 17 febbraio 2007 l'ultima risoluzione del Parlamento europeo sul dialogo tra il governo cinese e gli inviati del Dalai Lama, nella quale si ribadisce tra l'altro che «l'identità comune etnica, linguistica, religiosa e culturale del popolo tibetano deve essere rispettata e che le sue aspirazioni ad un sistema amministrativo unificato devono essere sostenute»;
recentemente la repressione cinese ha assunto un nuovo volto: secondo quanto riportato dall'organizzazione Human Right Watch, Pechino obbliga da anni migliaia di famiglie insediate nella regione dell'altopiano del Tibet a lasciare la propria casa e trasferirsi nelle grandi città;
l'obiettivo dichiarato da Pechino nel 2000 del programma di sviluppo «Verso Ovest» è quello di rendere partecipe il Tibet del nuovo corso dell'economia cinese, inserendo le famiglie nei programmi di «civilizzazione» e scolarizzazione;
la necessità di integrazione nei programmi di assistenza sanitaria e di educazione primaria per le aree rurali del paese e, in particolar modo per l'ovest più povero, sarebbero associate anche ad una esigenza di tutela ambientale: questo esodo forzato, che coinvolge un'area che va fino alle prefetture delle quattro Province (Gansu, Qinghai, Sichuan, e Yunnan), sarebbe, secondo Pechino, il modo migliore per difendere l'altopiano tibetano, salvandolo dal degrado ambientale, come affermato anche dal responsabile dell'ufficio per lo sviluppo nell'ovest cinese, Du Ping;
dal 2000, grazie a questo programma, gli «shengtai yimin» o migranti ecologici, come definiti dallo stesso Du Ping, hanno raggiunto il milione di persone;
i trasferimenti forzati dei contadini e pastori tibetani, in nuove zone facilmente controllabili sono parte integrante del progetto, inserito nell'11 Piano Quinquennale, denominato «Namdrang Rangdrik» (Programma fai-da-te) e avviato nel 2005 che consiste nello spostamento delle popolazioni, stanziate ora lungo le strade principali della regione, nei cosiddetti «villaggi socialisti» dai blocchi di casette tutte uguali e con la bandiera rossa sul tetto;
queste abitazioni per la maggior parte non hanno né luce né acqua ed inoltre nessuna è provvista del cortile per allevamento degli animali, attività primaria e fonte di reddito e di sostentamento per migliaia di persone;
l'acquisto della nuova casa è a carico dei nuovi arrivati e in media il costo si aggira sui 4.200 euro, dei quali solo 1.200 sono dati dal Governo, mentre per la
restante somma si deve ricorrere ad un mutuo che è proibitivo per una popolazione il cui reddito pro capite è di 200 euro l'anno; sono, inoltre, denunciati dalla stampa internazionale, il McClatchy Newspaper, fenomeni di corruzione dei funzionari del governo cinese che intascherebbero le sovvenzioni statali;
espropriati dei loro diritti sulla terra che sono obbligati a lasciare insieme ai loro animali e alle loro tradizioni, sradicati dal loro mondo, gli emigranti forzati dell'altopiano non sanno più come vivere;
l'operazione coinvolge ad oggi un decimo della popolazione complessiva, che non può opporsi se non vuole correre il rischio dell'immediata distruzione delle vecchie abitazioni -:
se il Governo sia al corrente della situazione di grave e diffusa violazione dei diritti umani nell'altopiano del Tibet su esposta;
quali siano le valutazioni del Ministro degli affari esteri in merito a questa nuova forma di sistematica violazione dei diritti umani, perpetrata ai danni del popolo tibetano;
quali iniziative concrete intenda assumere il Governo nei colloqui bilaterali fra Italia e Cina e in sede europea, al fine di sostenere il tema dei diritti umani quale questione fondamentale nei rapporti economici e politici con la Cina, per non restare indifferente di fronte alle terribili testimonianze che giungono da questo popolo.
(4-04057)
Risposta. - Il rispetto dei diritti delle minoranze in Cina, ed in particolare nella Regione Autonoma del Tibet, sono oggetto di costante attenzione da parte dell'Italia e dell'Unione europea, soprattutto nel quadro del dialogo, Unione europea-Cina sui diritti umani che si svolge, dal 1997, su base semestrale, alternativamente a Pechino e nella capitale europea che esercita la Presidenza di turno dell'Unione.
Nell'ultima sessione del Dialogo (15-16 maggio 2007), l'Unione europea non ha mancato di esprimere preoccupazione per la situazione della popolazione tibetana.
In generale, l'Unione europea ha fatto pressione sulla controparte cinese affinché realizzi condizioni tali da permettere alla popolazione tibetana di esercitare pienamente i propri elementari diritti politici e religiosi e di preservare la propria identità culturale. È stato nuovamente sollevato il tema della ratifica da parte cinese del Patto sui diritti civili e politici, che prevede una specifica tutela per gli individui appartenenti a minoranze etniche, religiose e linguistiche (articolo 27).
È stato quindi posto l'accento sull'importanza di dotare il Tibet di un «reale» statuto di autonomia che garantisca alla popolazione tibetana forme di controllo sui processi economici in atto, sulle risorse naturali locali e sulle ricchezze prodotte nella Regione.
L'Italia, insieme all'Unione europea, ha espresso preoccupazione per le misure repressive contro gruppi religiosi in Cina a seguito dell'adozione, nel marzo 2005, di un nuovo regolamento degli affari religiosi che ha limitato la libertà religiosa in Tibet ed ha concorso, insieme a campagne di cosiddetta «rieducazione patriottica», a mantenere sotto pressione il clero buddista. In particolare, sono state richieste notizie dettagliate sulla sorte di 9 prigionieri tibetani rientranti nella lista di casi individuali sotto monitoraggio dell'Unione europea, relativi a detenuti per reati di opinione, di vittime di trattamenti inumani e degradanti e di condannati a morte.
L'Unione europea ha inoltre formulato l'aspettativa di un maggiore impegno di Pechino nel dialogo politico aperto dal settembre 2002 con il Dalai Lama. Tale strumento, la cui ultima tornata negoziale si è svolta nel marzo 2006, ha registrato scarsi progressi nei contatti tra le Autorità cinesi ed i rappresentanti del leader religioso.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.
ZANELLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 26 settembre scorso, piogge torrenziali hanno colpito alcune parti del Veneto sin dalle prime ore del mattino, riversando sui territori delle province di Padova, Treviso e Venezia un terzo della pioggia di un intero anno in poche ore, causando difficoltà e danni d'ogni genere: strade allagate al punto da renderne indispensabile la chiusura, sistema elettrico in tilt in vari quartieri, disagi al traffico ferroviario e aereo, coltivazioni agricole distrutte, scantinati e garage invasi dall'acqua;
con un proprio decreto, il Presidente della Regione del Veneto Giancarlo Galan ha dichiarato lo «Stato di Crisi» per eccezionali avversità atmosferiche;
durante questo nubifragio da «codice rosso» sembra non essere esondato nessun corso d'acqua, ma ciò che non ha retto è stato il sistema di raccolta e di collettamento delle acque piovane, di qui il sollevamento delle stesse nella rete idraulica di smaltimento (ANSA);
si è trattato di un'esperienza unica per il territorio con 255 mm di pioggia al mq e 90 mm in un minuto, che ha confermato, tra l'altro, i dati emersi dai lavori dell'ottava commissione della Camera (ambiente, territorio e lavori pubblici) del 28 luglio 2007 in merito ai cambiamenti climatici in corso nel nostro pianeta ed alla conseguente necessità di un tempestivo intervento in un quadro internazionale di azione;
nel Comune di Venezia l'ondata eccezionale di pioggia in terraferma rappresenta il record assoluto: 173 millimetri di pioggia caduti fra le tre e le sei, secondo i dati Arpav, l'Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto, e il livello dell'acqua raggiunge in molti punti i 40 centimetri, rendendo la circolazione ovunque quasi impossibile -:
se il Governo non consideri urgente elaborare un piano di adattamento ai mutamenti climatici e agli effetti del riscaldamento globale in corso, i cui effetti sono ormai seri ed evidenti;
se il Governo, dato lo stato di necessità e di urgenza, non ritenga far pervenire al Comune di Venezia, i finanziamenti indispensabili per affrontare lo stato di crisi e risarcire i cittadini dei danni subiti.
(4-05014)
Risposta. - Il giorno 26 settembre 2007 parte del territorio della regione Veneto, con particolare riferimento alle province di Venezia, Padova e Treviso, è stato colpito da eccezionali eventi meteorologici che hanno determinato interruzioni della viabilità stradale e danneggiamenti alle infrastrutture.
Sono stati segnalati fenomeni di dissesto idraulico, idrico, ambientale, nonché l'inondazione di alcune porzioni di centri abitati, sia a Venezia che nei comuni vicini, dove le precipitazioni sono state particolarmente intense.
Già nel corso della mattina del 25 settembre 2007, il Servizio per la vigilanza e per la previsione meteorologica del Dipartimento della protezione civile, ha emesso un «avviso di avverse condizioni meteo» con il quale sono state previste, dalla nottata dello stesso giorno e per le successive 24-36 ore, precipitazioni diffuse, anche a carattere di rovescio o temporale, di forte intensità.
A seguito dei danni provocati dal maltempo in alcune località del territorio della regione Veneto, il 12 ottobre 2007 il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
Successivamente, il 18 ottobre 2007, è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3621, recante «interventi urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare i danni conseguenti agli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito parte del territorio della regione Veneto nel giorno 26 settembre 2007».
Ai sensi della predetta ordinanza, il Segretario regionale ai lavori pubblici, ing. Mariano Carraro, è stato nominato Commissario delegato con il compito di provvedere
alla individuazione dei comuni colpiti dal maltempo, alla realizzazione dei primi interventi urgenti diretti al soccorso della popolazione e alla rimozione delle situazioni di pericolo.
In particolare spetta al Commissario delegato la puntuale ricognizione e quantificazione dei danni subiti dai beni pubblici e privati, il ripristino, in condizioni di sicurezza, delle strutture e delle infrastrutture pubbliche danneggiate, la pulizia e la manutenzione straordinaria della viabilità e degli alvei dei corsi d'acqua, con la stabilizzazione spondale e di versante, nonché la realizzazione di adeguati interventi, anche infrastrutturali, di prevenzione dei rischi idrogeologici ed idraulici, in attuazione della pianificazione di settore.
Inoltre al predetto Commissario è stato attribuito il compito d'individuare appositi siti di stoccaggio temporaneo, anche all'interno della laguna, ove ubicare i fanghi e i detriti e di pianificare gli interventi per mitigare il rischio derivante dall'inadeguatezza dei sistemi preposti all'allontanamento ed allo scolo delle acque superficiali in eccesso. Tutto ciò al fine di ridurre definitivamente gli effetti dei fenomeni alluvionali, in coerenza con gli altri progetti di regimentazione delle acque, predisposti per la tutela e la salvaguardia della terraferma veneziana, del territorio provinciale di Venezia e degli altri territori comunali del bacino scolante in laguna, individuati dal «Piano direttore 2000», approvato con delibera del Consiglio regionale del Veneto n. 23 del 7 marzo 2003.
Infine il Commissario delegato è stato autorizzato a predisporre uno studio di fattibilità per l'istituzione di un contributo aggiuntivo sul prezzo del biglietto ferroviario per l'ingresso nella città di Venezia, i cui proventi saranno utilizzati per la realizzazione degli interventi, come previsto dalla predetta ordinanza n. 3621, nonché ad erogare un contributo, a titolo di acconto, a favore dei titolari di attività produttive, professionali, di servizi, turistiche ed alberghiere, società sportive, organizzazioni di volontariato e del terzo settore, che abbiano subito gravi danni in conseguenza dell'alluvione.
Al fine di favorire la ripresa delle attività imprenditoriali, artigianali, commerciali produttive e professionali, il Commissario delegato ha anche la facoltà di erogare un contributo, nella misura massima di 1.000 euro e per un periodo non superiore a 180 giorni dalla data dell'evento, per la locazione di immobili temporaneamente utilizzati in sostituzione di quelli distrutti, danneggiati o sgomberati.
Ulteriori contributi sono stati previsti per i privati che abbiano subito danni ai beni immobili e mobili registrati secondo le modalità stabilite dalla legge regionale 30 gennaio 1997, n. 4 mentre, per quanto riguarda i beni mobili non registrati, il Commissario delegato provvede alla determinazione dei criteri per un contributo, di natura forfetaria, fino ad un massimo di 1.000 euro.
Per quanto riguarda l'attuazione delle disposizioni della citata ordinanza n. 3621 del 2007, è stata prevista la possibilità, ove ritenuto indispensabile e sulla base di specifica motivazione, di derogare, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, alle disposizione indicate nell'articolo 4 della stessa ordinanza.
In relazione all'aspetto finanziario si fa presente che con la stessa ordinanza n. 3621 sono stati stanziati 5 milioni di euro, a titolo di anticipazione, da porre a carico del Fondo della protezione civile, appositamente integrato dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Inoltre, per la realizzazione degli interventi, sono anche utilizzate le risorse rese disponibili dalla legge speciale per Venezia, nonché ulteriori riserve di competenza comunitaria, nazionale, regionale e locale che gli enti e le aziende individuano allo scopo.
Il Commissario delegato, può, altresì, utilizzare le risorse finanziarie disponibili sul «fondo regionale di protezione civile» di cui all'articolo 138, comma 16, della legge n. 388 del 2000, (finanziaria per il 2001 - Capo XXII relativo agli interventi di protezione civile, di riassetto idrogeologico, di tutela del patrimonio storico artistico), in deroga a quanto in esso stabilito relativamente
alle esigenze urgenti per le calamità naturali di livello «b» di competenza della Regione.
Infine il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri è stato autorizzato a ricevere risorse derivanti da donazioni ed atti di liberalità da destinare per le finalità previste dalla predetta ordinanza, da trasferirsi al Commissario delegato.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
ZANOTTI, SASSO e TRUPIA. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 15 mano è stata emanata l'Ordinanza Ministeriale n. 26 con la quale sono state dettate le istruzioni operative per lo svolgimento degli esami di stato nelle scuole secondarie di secondo grado;
tra le molte indicazioni di dettaglio, gran parte delle quali rese necessarie dalle innovazioni introdotte a seguito dell'approvazione della Legge 11 gennaio 2007, n. 1, spiccano quelle contenute nei commi 13 e 14 dell'articolo 8, relative all'attribuzione del credito scolastico per l'insegnamento della religione cattolica o per le attività alternative, non presenti nell'analoga ordinanza dello scorso anno scolastico;
esse prevedono che devono essere valutate ai fini del computo del credito scolastico tanto l'insegnamento della religione cattolica per gli studenti che se ne avvalgono, tanto le attività alternative eventualmente seguite;
l'applicazione di tali indicazioni comporterebbe - secondo le interroganti - una evidente discriminazione per gli studenti che abbiano legittimamente scelto attività di studio individuale - sottoposta a una valutazione non meglio precisata e non prevista da alcuna normativa - ovvero di assentarsi da scuola per i quali, infatti, lo stesso comma 14 rimanda all'eventuale valutazione dei crediti formativi maturati in ambito extrascolastico, che nulla hanno a che vedere con il computo dei punti del credito scolastico;
ad avviso delle interroganti, le disposizioni richiamate, che non trovano giustificazione in alcuna innovazione legislativa o regolamentare, si pongono in contrasto con l'orientamento costante della Corte Costituzionale - sentenze n. 203 del 1989 e n. 13 del 1991 - e costituiscono un palese sconfinamento dell'ordinanza in un campo non disponibile per gli strumenti della prassi amministrativa che stravolge il quadro normativo di riferimento;
per effetto delle stesse disposizioni, inoltre, molti studenti potrebbero essere indotti, in vista di un punteggio più vantaggioso nel credito scolastico, a rinunciare alla scelta dettata dalla propria coscienza, garantita dalla Corte costituzionale e dallo stesso articolo 9 del Concordato che parla di scelta che non deve comportare «alcuna forma di discriminazione»;
anche il decreto del Presidente della Repubblica 23 giugno 1990, n. 202, con il quale è stata applicata la nuova intesa tra l'autorità scolastica italiana e la C.E.I. va nella stessa direzione laddove dispone che il voto del docente di religione cattolica nello scrutinio finale, qualora si riveli determinante ai fini della promozione o della bocciatura, non venga computato ma divenga un giudizio motivato da iscrivere nel verbale -:
quali provvedimenti intenda adottare il Ministro per ripristinare una formulazione dell'ordinanza perfettamente aderente al dettato delle leggi della Repubblica, comprese quelle emanate in attuazione di intese con l'autorità religiosa, nonché ai principi più volte affermati dalla Corte Costituzionale.
(4-03258)
Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare citata in esame con la quale l'interrogante lamenta che l'ordinanza n. 26 del 15 marzo 2007, riguardante le istruzioni per lo svolgimento degli esami di Stato relativi all'anno scolastico 2006/2007, crea disparità di trattamento nell'attribuzione del credito scolastico tra gli studenti che si avvalgono o non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica.
Si fa presente preliminarmente che, sulla questione rappresentata dall'interrogante, è stato più volte riferito alla Camera dei Deputati.
Si premette che il tribunale amministrativo del Lazio, con l'ordinanza del 23 maggio 2007, ha accolto istanza di sospensiva dell'ordinanza ministeriale n. 26 del 15 marzo 2007 sullo svolgimento degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio della scuola secondaria superiore, nella parte in cui si prevede all'articolo 8, punti 13 e 14, l'attribuzione del credito scolastico agli alunni che si sono avvalsi dell'insegnamento della religione cattolica.
Avverso il provvedimento in questione il Ministero ha proposto appello al Consiglio di Stato che in data 12 giugno 2007 lo ha accolto affermando che l'ordinanza impugnata «reitera essenzialmente, nei suoi contenuti, l'ordinanza ministeriale 21 maggio 2001, n. 90 che in precedenza ha disciplinato la materia».
Invero, l'ordinanza n. 26 ai punti 13 e 14, prevede la partecipazione dei docenti di religione al consiglio di classe in relazione agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento; analoga disposizione è prevista per i docenti delle attività didattiche alternative all'insegnamento della religione cattolica, in relazione agli alunni che abbiano seguito queste attività.
L'ordinanza ministeriale è conforme alla legge n. 121 del 1985 di ratifica ed esecuzione dell'Accordo modificativo lateranense e alle specifiche intese attuative tra lo Stato e la Conferenza Episcopale Italiana (CEI), rese esecutive con i decreti del Presidente della Repubblica n. 751 del 1985 e n. 2002 del 1990.
Dal quadro normativo sopra delineato discende che l'insegnamento della religione cattolica è impartito, sulla base di programmi definiti d'intesa tra l'autorità scolastica e la CEI, agli studenti che, all'atto dell'iscrizione, scelgano di avvalersene, ed è collocato nel quadro orario delle lezioni settimanali, dovendo ciascuna istituzione scolastica assicurarlo agli alunni che ne facciano richiesta.
L'ordinanza ministeriale è, altresì, coerente con le sentenze della Corte Costituzionale n. 203 del 1989 e n. 13 del 1991 in quanto assicura parità di trattamento agli alunni che non intendono avvalersi della religione cattolica sia attraverso l'offerta da parte delle scuole di attività alternative, sia attraverso la possibilità concessa allo studente di svolgere studio individuale, sia anche di optare di allontanarsi dalla scuola durante l'ora dell'insegnamento della religione.
La valutazione del credito scolastico è definita dal Regolamento n. 323 del 1998 in relazione al «grado di preparazione complessiva raggiunta da ciascun alunno nell'anno scolastico in corso, con riguardo al profitto e tenendo in considerazione anche l'assiduità della frequenza scolastica, ivi compresa, per gli istituti ove è previsto, la frequenza dell'area di progetto, l'interesse e l'impegno nella partecipazione al dialogo educativo, alle attività complementari ed integrative ed eventuali crediti formativi».
Non va trascurato che ai fini della valutazione del credito scolastico può essere valutato anche lo studio individuale (onorevole Ministro n. 26, articolo 8, comma 14).
Se non fosse riconosciuta la partecipazione del singolo discente all'attività didattica svolta dal docente di religione, si finirebbe per alterare il sistema attuale che prevede la valutazione e il riconoscimento come credito dell'impegno posto dall'allievo in ciascuna delle attività svolte - di cui si compone la complessiva offerta dell'istituto - e i risultati conseguiti sul piano formativo; la religione non verrebbe valutata né come credito scolastico né come credito formativo, mentre vengono valutate quali crediti formativi esperienze acquisite al di fuori della scuola quali: attività curricolari, artistiche, ricreative, di volontariato, sport ... (decreto ministeriale 24 febbraio 2000, n. 49).
Va aggiunto che il Consiglio di Stato, nella decisione assunta non ha neppure ravvisato i profili di pregiudizio grave e irreparabile dei ricorrenti.
Si fa presente che in sede di discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge 7 settembre 2007 n. 147, in data 3 ottobre 2007, è stato accolto l'ordine del giorno n. 9/3025/23, con il quale il Governo si è impegnato a rivedere complessivamente il sistema dei crediti scolastici e formativi per l'ammissione agli esami di Stato.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.