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Allegato B
Seduta n. 274 del 4/2/2008
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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta in Commissione:
ACERBO, CACCIARI, PERUGIA e SPERANDIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi dieci anni si è assistito ad un rapido sviluppo delle attività di acquacoltura in Italia, in particolare per l'incremento delle produzioni di specie ittiche marine allevate in sistemi intensivi;
si stima che il numero di impianti di maricoltura in aree costiere e offshore è quasi decuplicato, parallelamente all'aumento della capacità produttiva dei singoli impianti;
le attività di allevamento in mare hanno determinato, specialmente in alcuni siti, alterazioni nell'ambiente marino, ricollegabili principalmente all'immissione di notevoli quantità di reflui ad elevato contenuto organico. In questo senso, il problema principale legato alla maricoltura deriva dal carico organico causato dall'immissione di cibo e dalle deiezioni dei pesci;
da indagine svolte da autorevoli istituti di ricerca, tra cui l'Università Politecnica delle Marche e dall'Università di Siena, Dipartimento di Scienze Ambientali «G. Scarlatti», risulta che a scala locale la maricoltura può produrre incrementi significativi sulla concentrazione di azoto e fosforo, fino a raddoppiarne le concentrazioni. La maricoltura, inoltre, varia il trasferimento del carbonio nei vari livelli trofici, modificando la produzione primaria del sistema e riducendo, inter alia, la pesca costiera. La maricoltura, inoltre, può avere
effetti sulla salute umana, favorendo lo sviluppo di comparti microbici e virali, anche di natura patogena. È ovvio che gli impatti della piscicoltura riguardano anche l'economia di un paese, per via degli impatti che tali impianti, se non eseguiti correttamente e in coerenza con le strategie di protezione dell'ambiente, possono avere anche sul turismo, creando incompatibilità che si potrebbero invece evitare...;
in base all'articolo 37 - Impianti di acquacoltura e piscicoltura - del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, recante: «Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole», il Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri per le politiche agricole, dei lavori pubblici, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della sanità e, previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, deve emanare un decreto per l'individuazione dei criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura:
l'ICRAM, su incarico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, ha elaborato una proposta tecnica per la definizione di criteri per la valutazione di impatto ambientale della maricoltura. Lo studio costituisce nel suo complesso un contributo alla «definizione di criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante da attività di acquacoltura e piscicoltura», di cui all'articolo 37 del decreto legislativo n. 152 del 1999 per la tutela delle acque;
risulta che ad oggi alcune regioni hanno adottato una specifica legge regionale e i relativi regolamenti, in cui sono dettate, inter alia, le specifiche relative alla batimetria (profondità minime dell'acqua per il posizionamento degli impianti di piscicoltura, distanza minima dalla costa, correnti). Ultima la regione Liguria che ha creato un modello da seguire;
altre Regioni, viceversa, non hanno adottato alcuna normativa per l'individuazione dei criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura;
a causa di ciò, sono sorti numerosi impianti di piscicoltura che, in mancanza di una normativa regionale, non rispettano alcuna regola di buona gestione del territorio -:
a che punto sia l'applicazione dell'articolo 37 del decreto legislativo n. 152 del 1999 per la tutela delle acque e, in particolare, l'applicazione in tutte le regioni di criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante da attività di acquacoltura e piscicoltura;
come il Governo intenda agire per evitare, in attesa dell'applicazione del suddetto articolo, che impianti già operativi e privi degli standard richiesti continuino a provocare problematiche ambientali ed economiche al settore turistico;
con quali iniziative il ministro competente intenda intervenire presso le regioni per monitorare gli effetti ambientali di detti impianti.
(5-01943)
ALESSANDRI e DUSSIN. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il giorno 25 gennaio 2008 il sito internet www.pupia.tv/aversa/notizie riportava la seguente notizia: «AVERSA. Fino a sabato riusciremo a togliere ancora qualcosina perché delle 3.200 tonnellate di rifiuti che siamo stati autorizzati a sversare a Reggio Emilia, ad oggi ne abbiamo utilizzato solo 1.100 per l'intero bacino della GeoEco». Isidoro Orabona, presidente del Consorzio Ce2, è amareggiato per la situazione di empasse che si sta
vivendo anche perché la situazione reale è sotto gli occhi di tutti. I numeri, oramai, aumentano esponenzialmente. Nel territorio del consorzio ci sono per terra circa tremila tonnellate di immondizia. Di questi millecinquecento nella sola Aversa che «è divenuta, di fatto, lo sversatoio scelto dai cittadini dei comuni limitrofi» come ha evidenziato lo stesso Orabona. Nella città normanna qualche piccolo miglioramento si nota soprattutto in prossimità degli edifici scolastici, ma le condizioni di Aversa peggiorano e non migliorano. A fronte di questa situazione, infatti, il GeoEco, non per colpe proprie, non riesce a raccogliere che un centinaio di tonnellate (destinate a Reggio Emilia) al giorno a fronte delle cinquecento che i cittadini producono. A questo vanno aggiunte ben milleduecento tonnellate depositate nel sito di compostaggio di San Tammaro «che io devo liberare», ha aggiunto Orabona. Quest'ultimo sottolinea anche che ha sollecitato al commissariato di governo per l'emergenza rifiuti l'autorizzazione per il sito di San Tammaro «anche se sembra ultronea, io credo di dover fare qualcosa. Mi hanno detto di attendere ancora due o tre giorni, perché poi ci indicheranno loro dove sversare»;
il presidente della regione Emilia-Romagna e gli enti locali della provincia di Reggio Emilia avevano assicurato che sul territorio reggiano non sarebbero arrivati rifiuti provenienti dalla regione Campania;
secondo gli interroganti si tratterebbe di una grave scorrettezza politica nei confronti della popolazione reggiana non averla debitamente informata in merito -:
se il Ministro possa confermare tale notizia chiarendo quali siano gli impianti reggiani ed i quantitativi reali eventualmente accolti nella provincia di Reggio Emilia;
se il Commissario delegato per l'emergenza rifiuti abbia informato le autorità locali di Reggio Emilia riguardo a tale operazione e ne abbia acquisito il consenso.
(5-01949)
Interrogazioni a risposta scritta:
ALLASIA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la pratica dell'alpeggio e, più in genere del pascolo errante, è riconosciuta come di straordinaria importanza ai fini sia del presidio ambientale e del mantenimento delle attività economiche nelle aree montane e marginali, sia della tutela e valorizzazione di cicli produttivi tradizionali, alla base per l'ottenimento di molti tra i più importanti prodotti agroalimentari a denominazione di origine riconosciuta dalla Unione europea;
l'alpeggio ed il pascolo rappresentano, inoltre, la principale garanzia per assicurare il rispetto dei principi di eco-condizionalità e, in specie, di riduzione del grado di intensità degli allevamenti e di attenzione al benessere degli animali che, come noto, sono tra i capisaldi della nuova politica agricola comune, in genere, e delle organizzazioni comuni di mercato delle carni bovine e del settore lattiero caseario, in particolare;
in più zone d'Italia si sta verificando che, nell'ambito dei piani di gestione dei SIC (siti di interesse comunitario) i Comuni adottino regolamenti recanti disposizioni fortemente limitative all'esercizio della pratica dell'alpeggio negli stessi SIC, nonostante la comprovata azione positiva che la stessa pratica è in grado di svolgere ai fini della conservazione delle risorse naturali;
tra i diversi casi segnalati, si cita a titolo di esempio quello del Comune di Massello (Torino), dove, in data 28 dicembre 2006 è stato approvato un regolamento di polizia rurale, la cui applicazione prevede una riduzione del 70 per cento dei capi che è possibile condurre all'alpeggio nelle aree soggette al piano di gestione SIC;
limitazioni di questo tipo, intervenendo direttamente su quella che, di fatto,
rappresenta la principale - se non unica - attività socio-economica che è possibile attuare in molte aree di montagna, rischiano di produrre, come unico risultato, quello di ridurre la presenza delle attività umane sul territorio e, quindi, finiscono per accrescere il rischio di abbandono - e, conseguentemente, di degrado - in zone che, per contro, avrebbero bisogno, soprattutto, di veder favorite tutte quelle dinamiche di sviluppo che si fondano sulla valorizzazione delle risorse presenti a livello locale -:
se e quale azione di vigilanza sia svolta riguardo alla messa a punto ed all'attuazione dei piani di gestione dei SIC sul territorio nazionale;
se, ai fini della corretta attuazione dei piani di gestione dei SIC, non si ritenga di fornire direttive riguardo alla necessità di favorire il mantenimento delle attività agro-silvo-pastorali.
(4-06253)
SCOTTO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 27 luglio 2005, la Wisco Spa richiese la convocazione della Conferenza dei Servizi per la costruzione di un depuratore di rifiuti industriali nella zona di S. Maria La Bruna, a Torre del Greco;
il 4 agosto 2005 presso il settore provinciale Ecologia, Tutela dell'Ambiente e Disinquinamento di Napoli, si realizzò l'istruttoria e se ne deliberò l'approvazione; erano presenti: per Torre del Greco l'ex Sindaco Ciavolino coadiuvato dal dirigente Ambiente e territorio del Comune; un rappresentante per la Provincia; uno per la Wisco Spa; uno per la Regione Campania, il dottor Gaetano Colella; uno per l'ASL NA/5, il dottor Vincenzo Sportello;
il progetto è stato avallato oltre che dallo stesso Ciavolino, ex Sindaco, firmando l'autorizzazione paesaggistica (n. 76 del 15 dicembre 2004): dall'Assessore Regionale all'Ambiente Luigi Nocera firmando il verbale che decreta parere favorevole all'operato della Commissione V.I.A (n. 256, del 22 aprile 2005); dall'ingegner Gaetano Oliva, dirigente del 6o Settore del Comune di Torre del Greco firmando una seconda autorizzazione paesaggistica (n. 35 dell'8 giugno 2005); dalla Sovrintendenza, concedendo, pur con prescrizioni, l'autorizzazione paesaggistica di propria competenza, la n. 35 del 7 settembre 2005; dalla Commissione Straordinaria del Comune Di Torre del Greco e per essa dal Commissario delegato proponente dottor Carlo Alfiero firmando la delibera n. 74 il giorno 3 giugno 2006, per l'approvazione definitiva del progetto;
tutte le autorizzazioni sono state rilasciate senza informare né il Consiglio Comunale né i cittadini di Torre del Greco;
il nuovo e attuale Sindaco di Torre del Greco, dottor Ciro Borriello, nella scorsa estate, non si è opposto alla proroga dei termini emessa dalla Regione su richiesta della società costruttrice Wisco Spa per adeguarsi alle prescrizione della Sovrintendenza;
il nuovo consiglio comunale, insediatosi lo scorso luglio, per primo atto approva la delibera con la quale il Comune richiede alla Regione il ritiro dei provvedimenti autorizzativi, avendo il Comune di fatto cambiato opinione sulla costruzione del depuratore;
il Settore Regionale di competenza (Ambiente) riscontrava «di non doversi rideterminare in autotutela sui provvedimenti adottati» ritenendo in sostanza che occorresse preventivamente una autonoma ordinanza sindacale di sospensione dei lavori da parte del Sindaco;
questo contrasto di opinioni si riflette in quello tra il sindaco Borriello e l'assessore della sua Giunta dello stesso partito (Udeur) dell'Assessore regionale all'ambiente che è costretto conseguentemente a lasciare l'incarico;
il sindaco Borriello decide, allora, di fare richiesta di riconvocazione della Conferenza dei Servizi, prima con nota del 28 ottobre 2007, all'Assessore regionale all'Ambiente e successivamente, a dicembre, al Presidente della Regione Campania, all'Assessore regionale all'Ambiente, al Dirigente Settore Ecologia Ambiente della Giunta regionale, informando la Presidenza della Provincia, la Presidenza della Commissione Regionale Territorio e Ambiente della Campania la Presidenza della Commissione Regionale Urbanistica della Campania, l'ASL NA/5 Distretto 85;
a tale ulteriore sollecitazione non è pervenuta, secondo quanto affermato pubblicamente dall'Amministrazione comunale, alcuna risposta in merito;
è, giustamente, in atto contro la costruzione del depuratore una fortissima mobilitazione da parte di tutte le parti sociali, i cittadini e la stampa della città di Torre del Greco;
il depuratore industriale è un impianto per smaltire liquami altamente tossici prodotti da industrie chimiche di tutta Italia e si estenderà su una superficie di 8.000 mq.;
il depuratore produce esalazioni nocive, cattivi odori, anche per 6 km di distanza, danni per l'ecosistema marino (così come certificato anche dallo studio affidato dall'Amministrazione comunale al Dipartimento di Scienze Mediche Preventive dell'Università Federico II di Napoli, per valutare gli impatti ambientali determinati dalla realizzazione del citato impianto, a firma della professoressa Maria Triassi) compromettendo così definitivamente lo sviluppo turistico della città che al contrario potrebbe ricevere un nuovo impulso dal completamento del disinquinamento del Golfo di Napoli;
sempre sul piano del merito appare all'interrogante completamente errata la decisione di realizzare un simile impianto in una zona da un lato fortemente antropizzata, determinando un notevole peggioramento della qualità della vita dei cittadini, e dall'altro particolarmente tutelata sia per i pregi paesaggistici che per il rischio Vesuvio;
la stampa cittadina, ed in particolare il periodico La Torre, ha avanzato numerosi dubbi e quesiti: «perché non e stata esaminata la relazione dell'ASL NA/5?»; «c'è la distanza dal mare?»; «Qual è l'impatto sulla viabilità?», «L'aumentare delle volumetrie è corretto?», «È un adeguamento o un nuovo impianto?», «Si costruisce in una zona rossa?», «Come mai due autorizzazioni paesaggistiche?», «In altre città è stata fatta un'assemblea pubblica cittadina come prevede la legge perché qui no?», «È stato avvisato il comune limitrofo di Torre Annunziata?», «Le scorie dove vengono stoccate?»;
il Comune di Torre del Greco ha inoltre osservato che la procedura adottata risulta illegittima per i motivi che seguono: 1) il parere espresso dalla Soprintendenza è in contrasto con quanto previsto dall'articolo 14 del vigente P.T.P. in quanto l'Amministrazione Comunale non è provvista dello strumento attuativo di pianificazione, propedeutico al rilascio dello stesso; 2) manca agli atti del competente Ufficio comunale la licenza edilizia dell'impianto preesistente edificato; 3) dalla documentazione agli atti dell'Ufficio comunale non si rileva nessun titolo di proprietà del suolo; 4) il Piano di caratterizzazione, da redigere ai sensi dell'articolo 242 del decreto legislativo 3 aprile 2006, andava presentato prima del rilascio dell'atto autorizzativo ed unitamente al V.I.A., mentre dalla nota regionale n. 812594 del 27 settembre 2007 risulta che la società «Wisco» ha comunicato di aver intrapreso iniziativa di caratterizzazione in data 10 maggio 2007 e quindi dopo il rilascio del decreto autorizzativo;
si tratta insomma di un brutto pasticcio in cui è anche comprensibile il palleggio di responsabilità tra Comune (o rectius, il Sindaco) e la Regione (o rectius, l'Assessorato all'ambiente) perché a questo punto la revoca in qualsiasi forma dei permessi di costruzione potrebbe avere
come conseguenza un contenzioso e un probabile risarcimento danni alla Wisco Spa, ma è opportuno che i cittadini siano in grado di valutare i comportamenti politici, chiarendo di chi sono le responsabilità e ricevendo tutte le informazioni in materia e valutare se e come è possibile ritornare indietro su una decisione sbagliata -:
se intenda fornire tutte le notizie utili a chiarire i dubbi, citati in premessa,l'opportunità e la convenienza della costruzione dell'impianto di depurazione industriale in questione;
a chi competa nel caso in esame l'iniziativa per l'eventuale annullamento o revoca degli atti amministrativi adottati;
quali iniziative al riguardo si intendano intraprendere in collaborazione con il Comune di Torre del Greco, la Regione e gli altri enti competenti per venire incontro alle legittime richieste della popolazione locale.
(4-06259)
LION. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'ENEL risulta proprietaria di una Centrale elettrica situata sul territorio del Comune di Laino Borgo (Cosenza), nota come Centrale del Mercure (dal nome dell'omonimo fiume sulle cui rive si trova), costruita a metà degli anni sessanta e all'epoca operante con due unità, alimentate dapprima a lignite e poi a olio combustibile, ciascuna della potenza di 75 MW elettrici;
una sezione della Centrale fu disattivata e dichiarata dismessa dal Ministero dell'industria e all'Ufficio Tecnico Imposta di Fabbricazione di Catanzaro nel 1993, mentre l'altra è stata posta in stato di arresto, con cessazione del servizio dal 1997, quindi da oltre dieci anni;
il 15 novembre 1993 è stato istituito il Parco Nazionale del Pollino, a cavallo tra Calabria e Basilicata, comprendente il sito dove sorge la Centrale ENEL del Mercure;
nel 1998 e nel 2000, rispettivamente, venivano individuate, in zona limitrofa a quella dove sorge la Centrale, una zona di protezione speciale (ZPS) e un'area quale sito d'importanza comunitaria (SIC) «Valle del Fiume Lao» a ulteriore testimonianza dell'altissimo pregio ambientale che l'area presenta;
il 25 settembre 2001, ENEL Produzione ha presentato domanda, al Presidente della giunta Provinciale della Provincia di Cosenza, di riattivazione della sezione 2 della Centrale del Mercure, con utilizzo di rifiuti non pericolosi (biomasse), per una potenza elettrica lorda dichiarata di ben 41 MW (35 MW netti);
la quantità di biomassa necessaria ad alimentare una centrale così grande, tra le più grandi d'Italia, è stimata nell'ordine delle 400.000 tonnellate/anno, quantità assolutamente non reperibile né in loco né per un amplissimo raggio dalla centrale;
contro il progetto di riconversione, è nata una fortissima opposizione che ha visto la mobilitazione delle popolazioni locali, di Sindaci della Valle del Mercure, in primo luogo quelli i cui territori sarebbero più direttamente interessati dall'impatto ambientale determinato dalla centrale, nonché da Associazioni e Comitati locali e nazionali;
alla base di questa unanime opposizione c'è non soltanto una preoccupazione per l'impatto ambientale ma anche per la salute e per lo sviluppo occupazionale dell'intera area;
l'area del Parco del Pollino ove sorge la Centrale del Mercure è caratterizzata da iniziative turistiche e imprenditoriali, legate queste ultime alla vocazione agro-alimentare della zona, con produzione di prodotto tipici che hanno nella tracciabilità e nell'immagine dei luoghi di provenienza, caratterizzati da una natura incontaminata, elementi fondamentali della loro appetibilità commerciale;
anche la Comunità europea è stata interessata alla vicenda della Centrale del Mercure, attraverso una petizione di cittadini del posto ed una denuncia di infrazione, presentata dal Sindaco di Viggianello (Potenza), tuttora pendenti;
la Procura di Castrovillari (Cosenza), competente per territorio, è più volte intervenuta con ripetuti provvedimenti di sequestro di aree ricadenti nel sito della Centrale, dove sono stati rinvenuti rifiuti tossici illegalmente smaltiti e alterazioni dei luoghi che hanno fatto ipotizzare addirittura il reato di disastro ambientale;
uno studio del professor ingegner Paolo Rabitti e del dottor Felice Casson, commissionato da alcune Amministrazioni locali e dall'Ente Parco Nazionale del Pollino, avrebbe evidenziato gravissime carenze progettuali, sia dal punto di vista tecnico che autorizzativo, nonché la pratica impossibilità di reperire in loco la biomassa necessaria ad alimentare la Centrale e, infine ma non ultimo, la presenza nell'area di specie protette, quali la lontra (oggetto, recentemente, anche di un progetto di tutela del Ministero dell'ambiente interessanti le regioni meridionali, sottoscritto anche dal Presidente del Parco Nazionale del Pollino), che avrebbero, dall'avvio della Centrale danni molto elevati;
la regione Basilicata è stata fino ad oggi esclusa del tutto dalla partecipazione a qualsiasi tipo di valutazione ambientale, malgrado delimiti, con il suo territorio, tre dei quattro lati dell'area su cui sorge la Centrale;
malgrado la Centrale sia posta su una lingua di terra di pertinenza del comune di Laino Borgo, in territorio calabrese, è proprio la regione Basilicata che subisce il maggior impatto ambientale. La conformazione orografica della Valle, infatti, come l'esperienza dell'epoca in cui la Centrale era in funzione dimostra, favorisce anzitutto un prolungato ristagno dei fumi e quindi una ricaduta di particolato e sostanze varie sul territorio e a danno delle popolazioni soprattutto dei comuni di Viggianello e Rotonda, entrambi, in territorio lucano;
proprio al riguardo dell'inquinamento dell'aria, l'ENEL si è resa anche responsabile, nel progetto presentato, di quella che all'interrogante appare evidente alterazione della realtà, sostenendo il miglioramento della qualità dell'aria con la messa in funzione della Centrale a biomasse, rispetto alla stessa alimentata ad olio combustibile, senza puntualizzare che la Centrale stessa è tuttavia inattiva da 10 anni e che, ovviamente, il paragone, andrebbe fatto con l'attuale assenza di emissioni;
anche l'approvvigionamento idrico della Centrale avviene attraverso il prelievo di acque del fiume Mercure nel tratto in cui il fiume stesso scorre sempre in territorio lucano;
di recente, in data 27 giugno 2007, l'Enel proponeva una modifica di progetto riguardante la riattivazione della Centrale del Mercure, senza che ciò abbia, ad oggi, determinato un iter amministrativo ex novo;
in ragione della particolarità ambientale del territorio di cui trattasi e delle caratteristiche di notevole importanza della centrale che si vorrebbe costruire, certamente impattante per l'ambiente ed il tessuto agroalimentare e paesaggistico, apparirebbe necessario che anche a motivo della sua collocazione geografica nonché del più che palese coinvolgimento geografico ed ambientale di entrambe le regioni, Calabria e Basilicata, la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) Nazionale sarebbe da ritenersi necessaria, in base all'articolo 71 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che stabilisce come: «In materia di valutazione di impatto ambientale (VIA), sono di competenza dello Stato: le opere e gli impianti il cui impatto ambientale investe più regioni...»;
come stabilito anche dal Ministero dell'ambiente, se nel sito interessato ricadono habitat naturali e specie prioritari, l'intervento può essere realizzato solo per esigenze connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica, o per esigenze di primaria importanza per l'ambiente, oppure,
previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico (decreto del Presidente della Repubblica n. 120 del 2003, articolo 6, comma 10). In tutti gli altri casi (motivi di interesse privato o pubblico non rilevante), si esclude l'approvazione -:
se non ritenga necessario intervenire per sottoporre a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) Nazionale il progetto relativo alla riconversione a biomasse della Centrale ENEL della Valle del Mercure;
quali urgenti iniziative si intendano adottare a tutela della salute e dello sviluppo economico ed occupazionale delle popolazioni della Valle del Mercure nonché dell'ambiente e delle specie protette del Parco del Pollino che avrebbero, dall'entrata in esercizio della Centrale del Mercure, gravissimo danno.
(4-06261)
BORGHESI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in Comune di Rossano Veneto (Vicenza) è ubicata la fonderia «Rossano Fond» la cui attività sorta nel 1958 copriva inizialmente un'area produttiva di poche centinaia di metri quadrati, oggi metri quadrati 18.000 di cui 14.000 coperti;
l'azienda è classificata attività insalubre di II classe;
il piano regolatore del Comune di Rossano definisce la «Rossano Fond» attività da trasferire e pertanto non risulta possibile eseguire opere di manutenzione straordinaria;
l'Azienda non possiede autorizzazione per le emissioni in atmosfera come risulta dal decreto Arpav N. 203/88. Inoltre con verbale n. 154708 del 30 novembre 2006 venivano rilevate irregolarità nella richiesta di autorizzazione per modifica sostanziale nell'impianto di aspirazione con impianti non autorizzati, per cui venne emessa una prima diffida provinciale n. 79 della Provincia di Vicenza e poi la n. 25 del 19 gennaio 2007;
la Provincia di Vicenza con provvedimento del 20 agosto 2007 ordinava la sospensione delle attività provocanti qualunque emissione in atmosfera;
il provvedimento veniva impugnato davanti al T.A.R. di Venezia, che in data 27 agosto 2007 annullava il provvedimento provinciale del 20 agosto 2007 relativo alla sospensione dell'attività, ribadendo la necessità di effettuare continui controlli da parte degli Enti;
si rileva inoltre la mancanza di autorizzazioni per lo smaltimento delle acque industriali, come confermato della Provincia di Vicenza al protocollo n. 72468/AMB e nella conferenza istruttoria dei servizi del 23 luglio 2007. Fin dal 7 dicembre 2001 era stato notificato alla ditta il provvedimento di diniego dell'autorizzazione allo scarico in corso d'acqua superficiale della acque meteoriche e produttive visto un fenomeno di inquinamento da idrocarburi;
secondo il rapporto Arpav del 21 maggio 2007 nei registri MUD relativi agli anni 2003-2004-2005 non risulta non risulta alcun trattamento di rifiuti industriali, nonostante l'azienda ricada nelle prescrizioni del «bacino scolante della laguna di Venezia»;
a seguito di sopralluogo in data 27 marzo 2007 i Carabinieri del NOE hanno proposto istanza di sequestro delle condotte interrate alla Procura di Bassano del Grappa, che fino ad oggi non risulta averlo autorizzato;
si fa presente inoltre la forte rumorosità degli impianti e il fatto che mai ad oggi sono state effettuate misurazioni valide a norma di legge mentre sussistono gravi disagi per la popolazione, sia diurni che notturni;
la Rossano Fond sta eseguendo opere non autorizzate come la pavimentazione di nuova esecuzione nel piazzale Ovest,
per la quale esiste parere contrario della Provincia, della Regione e del Comune, è in discussione anche la nuova stazione filtrante;
la Provincia sottolinea che l'azienda potrebbe prolungare la sua permanenza in sito aggiungendo di volta in volta con soluzioni precarie e provvisorie le singole emergenze che sopraggiungono;
la Rossano Fond ha presentato il 17 novembre 2006 alla Provincia di Vicenza una richiesta di nuova autorizzazione per le emissioni in atmosfera ed una richiesta di una autorizzazione integrata ambientale;
nonostante i problemi suddetti e la mancanza di analisi si sta delineando la possibilità di rilascio di una nuova autorizzazione;
data la complessità dei problemi coinvolti, la Asl ha chiesto la collaborazione tecnico-scientifica dell'Istituto superiore di sanità -:
quali siano le risultanze dell'attività di analisi circa la Rossano Fond.
(4-06269)
FRANZOSO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la discarica Vergine srl, sita nelle vicinanze del comune di Fragagnano (Taranto) è autorizzata per lo smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi di seconda categoria tipo B, rivenienti dal processo di lavorazione di attività industriali;
nel mese di luglio 2006, veniva sottoscritta un'intesa tra il Commissario Delegato (CD) per l'emergenza dei rifiuti e le province di Lecce e Taranto, per il superamento dell'emergenza nel bacino Le/2;
nel mese di settembre 2006, la struttura commissariale rendeva noto il documento per il rientro nella ordinarietà della Regione e nello stesso venivano individuate le emergenze;
il 2 gennaio 2007 il CD per l'emergenza in Puglia, Nichi Vendola, aveva imposto con ordinanza n. 53CD/2007, lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani provenienti dai 46 comuni del bacino lecce2, sino a dicembre 2007 nella discarica Vergine;
il 6 febbraio 2007 la ditta Vergine comunicava che il valore di indice respirometrico dinamico (IRD) dei rifiuti era di gran lunga superiore a quelli previsti dal piano regionale sui rifiuti n. 41 del 2001 e 296 del 2002, che prevedono per lo smaltimento in discarica un valore, dopo il trattamento di biostabilizzazione, non superiore agli 800 mg-02/kg ;
il CD, il 9 febbraio 2007 ordinava all'azienda di smaltire comunque i rifiuti del bacino Le2 e di non tenere conto in nessun caso dei valori di IRD;
il 28 dicembre 2007, nonostante gli impegni di non prorogare oltre il 2007 il conferimento dei rifiuti leccesi nella discarica ionica - assunti col capo della protezione civile nazionale, i presidenti della provincia di Taranto e Lecce, i Prefetti di Taranto e Lecce, il sindaco di Fragagnano imponeva, con ordinanza n. 61 CD/2007, la proroga dello smaltimento dei rifiuti leccesi nella discarica Vergine per tutto il 2008;
il CD ha dato la disponibilità a ricevere anche nella discarica Vergine srl i rifiuti provenienti dalla Campania, come era già avvenuto nel 2007, senza peraltro alcun trattamento di biostabilizzazione;
il CD ha, tra le sue prerogative, anche il potere di riaprire discariche per ragioni igienico-sanitarie e di salvaguardia della salute pubblica;
la società che gestisce la discarica di Nardò ha dichiarato la propria disponibilità a ricevere rifiuti dal bacino Le/2, avendo ancora una volumetria disponibile di 400 mila metricubi;
il rispetto del principio di prossimità sancito dal decreto commissariale n. 187 del 2005 e dalla vigente legge regionale in materia, impone lo smaltimento nelle discariche più vicine al luogo di produzione dei rifiuti;
la scelta del CD con decreto 187 del 2005, di aggiornamento, completamento e modifica dei decreti 41/2001 e 296/2002, si sostanzia in due modifiche fondamentali:
1) la previsione di aumento della percentuale di raccolta differenziata dal 30 per cento al 55 per cento;
2) il blocco della costruzione di cinque nuovi termovalorizzatori (già aggiudicati). Scelta motivata con la ragione che un termovalorizzatore, due al massimo, possono essere sufficienti.
anche la Puglia, così come oggi la Campania; senza una adeguata rete impiantistica che consentirebbe la chiusura del ciclo dei rifiuti, si troverà, in breve tempo, ad autorizzare nuove discariche - considerato che quelle esistenti sono in via di esaurimento - o richiedere presto la solidarietà di altre regioni per smaltire i rifiuti -:
quale sia il motivo per cui, secondo quanto indicato in premessa, il CD non ha proceduto e non procede alla riapertura della discarica di Nardò e all'utilizzo della stessa per il conferimento dei rifiuti del bacino Le/2;
quale sia il motivo per cui il CD ha ordinato lo smaltimento, nonostante non ci siano i valori di rispetto dell'IRD;
se la regione Puglia sia rientrata o meno nel regime di ordinarietà, così come dichiarato più volte dal Presidente della giunta regionale, Nichi Vendola e, se così fosse, quali siano i motivi per cui il presidente Vendola continua a firmare ordinanze nella qualità di CD e perché, in Regione, continua ad esistere una struttura commissariale deputata alla gestione dell'emergenza.
(4-06270)