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Allegato B
Seduta n. 275 del 19/2/2008
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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta scritta:
MELLANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'Ente per la Tutela del Lupo Italiano (ETLI), già Associazione Selezione Originale di Lupi Italiani, ente privato giuridicamente riconosciuto con decreto del Presidente della Repubblica del 25 giugno 1987, poi modificato con decreto del Presidente della Repubblica del 21 dicembre 1998 nell'attuale denominazione, ha sede in Torino ed ai sensi del proprio statuto persegue lo scopo di tutelare tale razza canina; con decreto ministeriale del 20 aprile 1994, ai sensi del decreto legislativo n. 529 del 1992, è stato approvato il disciplinare del registro anagrafico del Lupo italiano;
l'Amministrazione ministeriale ha, purtroppo ed avventatamente, ritenuto meritevole di tutela le finalità dell'ETLI. Infatti, già nel 1990 venne stipulata tra l'allora Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste e l'ETLI una convenzione di durata annuale per la «salvaguardia dell'integrità e complessità genetica del lupo italiano» per l'importo di lire 100.000.000; il cui importo, dopo la concessione delle due proroghe richieste, è stato liquidato nel 1993. Successivamente, nel 1994 venne stipulata una nuova convenzione per l'importo di lire 110.000.000. Nel 1995, ancora, fu disposta una liquidazione parziale per lire 31.990.000; successivamente, su richiesta dell'ETLI, il termine per il completamento delle iniziative previste è stato più volte prorogato, da ultimo al 31 dicembre 2000; al momento, però, la rendicontazione finale per l'importo residuo di lire 60.153.500 non è stata presentata. Nel 1998 è stato approvato un programma di lavoro di ristrutturazione del centro di selezione di Cumiana e disposta la concessione in favore dell'Ente di un contributo di lire 362.000.000; nel 1999, su prestazione di fideiussione è stato erogato l'anticipo di lire 150.000.000 e su richiesta dell'ETLI la scadenza del programma è stata prorogata al 31 marzo 2000. Nello stesso mese di marzo 2000 l'Ente ha dichiarato di aver concluso i lavori richiedendo l'accertamento; la documentazione è stata completata solo nel corso del 2002, rendendo, quindi, possibile la liquidazione dell'importo residuo. Uno schema di programma con convenzione era stato predisposto dal competente Ufficio ministeriale, con la previsione di una variazione di bilancio da parte del Ministero dell'economia per poter utilizzare i fondi recati dalla legge n. 499 del 1999 per l'anno 2003 ed anche quelli per la conservazione della biodiversità;
in seguito ad una segnalazione di volontari che frequentavano il centro dell'ETLI di Cumiana (Torino), la Procura di Pinerolo ha, lo scorso anno, aperto un'ulteriore indagine sulle condizioni di gestione del complesso e del personale adibito alla sua custodia;
l'origine della razza canina detta «lupo italiano» sarebbe dovuta all'accoppiamento fortuito di una lupa selvaggia dell'alto Lazio con un cane pastore tedesco, avvenuto nel 1966. Tale origine però
rende problematico garantire apporti di nuovo patrimonio genetico, utile ai fini di evitare un impoverimento a causa di una troppo elevata consanguineità. La mappa genetica del Dna di tali animali, indispensabile per poter verificare quanto materiale genetico del lupo sia rimasto ai giorni nostri dopo tanti anni di incroci, non è mai stata fornita alla Regione Piemonte e agli altri enti istituzionali che hanno sostenuto l'ETLI. La risposta ufficiale è sempre stata che esiste un libro genealogico e un pool genetico regolarmente depositato. In pratica l'ETLI asserisce di avere le prove che tutti gli individui sono parenti tra di loro, quando invece, anche in osservanza della denominazione - Ente Tutela Lupo Italiano - sarebbe da verificare se esiste un collegamento diretto di tipo genetico tra questi cani e il lupo selvaggio;
un'autorevole e documentata ricerca scientifica indipendente sul Dna del cane detto «lupo italiano», realizzata per conto del Gruppo Verdi della Regione Piemonte e presentata il giorno 30 luglio 2007, ha dimostrato che il patrimonio genetico di tale razza non è assolutamente confrontabile con quello del lupo selvatico, che viene ambiguamente, richiamato nel nome e che tale cane non può fregiarsi di una particolarità rispetto alle altre razze canine avendo la stessa lontananza dal progenitore lupo selvatico delle altre razze;
non risulta che siano state fatte ricerche ufficiali sul Dna di tali cani per definirne scientificamente il contenuto del patrimonio genetico;
l'ETLI non ha mai provveduto alle modifiche statuarie richieste dal Ministero ai fini di una «incisiva trasformazione dell'attuale persona giuridica dell'ETLI tale da garantire una più efficiente gestione amministrativa ed una efficace attività tecnico-selettiva. È necessario, infatti, che l'associazione modifichi il proprio statuto, non solo ai sensi del decreto legislativo del 4 dicembre 1997, n. 460 (Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale), ma anche in linea con il decreto legislativo n. 529 del 30 dicembre 1992 (Attuazione della direttiva 91/174/CEE relativa alle condizioni zootecniche e genealogiche che disciplinano la commercializzazione degli animali di razza) e con il successivo decreto ministeriale del 26 luglio 1994 (Attuazione dell'articolo 3 della legge del 15 gennaio 1991, n. 30). In particolare, quest'ultimo decreto ministeriale prevede specifici requisiti che devono possedere le associazioni allevatori che intendano gestire libri genealogici e registri anagrafici sia per le specie e razze regolamentate dalla legge n. 30 del 1991 che per quelle diverse disciplinate dal già menzionato decreto legislativo n. 529 del 1992. L'adeguamento dello statuto sociale all'insieme delle norme citate consentirebbe all'Associazione di passare dall'attuale assetto troppo verticistico a quello più allargato di allevatori e affidatari di lupi italiani»;
il centro di selezione di Cumiana risulta al momento vuoto di animali e quindi il peso anche economico del mantenimento degli animali non risulta a carico dell'ETLI;
la voragine debitoria dell'Ente, ormai cronicizzata, - nonostante i contributi regionali e nazionali - non consente alcun tipo di iniziativa o progettazione realizzabile; l'Ente risulta privo di una sede agibile; il centro di Selezione è semiabbandonato, in carico da molti mesi ad un gruppo autogestito di volontari che hanno consentito la sopravvivenza del custode e dei cani presenti con autotassazioni, collette e iniziative varie; il custode del Centro di selezione vive in una «abitazione» priva del requisito dell'abitabilità, in condizioni igienico/sanitarie al limite della legalità;
il RAU - Registro Anagrafico Ufficiale - del cane «lupo italiano» sostanzialmente non esiste. Alcune analisi condotte sullo stesso hanno evidenziato inadempienze e lacune con successivo effetto «a cascata» rispetto al compito istituzionalmente prioritario, di tenuta del registro anagrafico ufficiale di razza; la produzione
di nuovi nati appare essere inferiore ai decessi, con conseguente rischio di vera e propria estinzione della razza; le pochissime cucciolate vengono prodotte solo ed esclusivamente per la libera iniziativa degli affidatari, spesso con ridondanza di accoppiamenti da un lato e perdita di linee di sangue dall'altro; il centro di Selezione è semiabbandonato; la divisione SCAUP non esiste, se non sulla carta, e lo stesso campo di addestramento al momento è inutilizzato e privo di un responsabile incaricato; l'universo del volontariato ETLI è frammentato in varie realtà locali, disomogenee, scollegate o addirittura in competizione; non esiste un sistema di controllo dei soggetti affidati e anche la rete dei delegati nazionali è, di fatto, virtuale;
negli anni passati è stato presentato e messo in discussione in Parlamento un disegno di legge che prevedeva finanziamenti all'ETLI, tanto da giungere sino all'accantonamento di ben 1.500.000.000 lire per gli anni 2000, 2001 e 2002, mai effettivamente stanziati;
la sola Regione Piemonte ha elargito contributi diretti all'ETLI, dal 1989 al 2005, per una cifra pari a 464.811,67 euro -:
se il Governo intenda acquisire immediatamente le risultanze scientifiche della ricerca piemontese e se intenda approfondire ulteriormente quanto denunciato dalla ricerca scientifica, ovvero la non sussistenza di una particolarità genetica che sosterrebbe la validità del progetto di tutela del «cane lupo Italiano»;
quale sia l'ammontare esatto dei contributi, a vario titolo e nei diversi anni, elargiti dal Ministero o da altre istituzioni governative a favore dell'ETLI;
se il Governo non ritenga, alla luce delle risultanze scientifiche emerse, verificare la correttezza dell'iter contributivi realizzati a favore dell'ETLI in assenza di accertamenti scientifici, ma solo sulla base di dichiarazioni di periti di parte;
se risultano agli atti degli ulteriori progetti o canali di finanziamento dell'Ente Tutela Lupo Italiano;
se il Governo non ritenga opportuno e necessario ricondurre la responsabilità del controllo degli esemplari del «cane lupo italiano» all'autorità dell'ENCI, superando i riconoscimenti, specifici ed immotivati, a suo tempo emanati a favore dell'ETLI.
(4-06276)
FRANCESCATO, BONELLI e CAMILLO PIAZZA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'ENEL, in data 25 settembre 2001, presentava richiesta all'Amministrazione Provinciale di Cosenza di riattivazione della sezione 2 della Centrale del Mercure, sita nel territorio del Comune di Laino Borgo (Cosenza), all'interno del Parco Nazionale del Pollino;
tale Centrale è costituita da 2 sezioni, una disattivata e completamente dimessa fin dal 1993 e la seconda, la sezione 2, inattiva dal 1997;
oltre ad essere in area protetta, quale è quella del Parco Nazionale del Pollino, il sito dove sorge la Centrale è immediatamente limitrofo a zone di particolare pregio ambientale di interesse comunitario (SIC e ZPS), a motivo delle specie animali e vegetali che ivi si trovano e che dall'entrata in funzione della Centrale avrebbero certamente grave nocumento;
la riattivazione della sezione 2 della Centrale dovrebbe avvenire attraverso la riconversione a biomasse della stessa;
la potenza netta prevista per la Centrale è di 35 MW (41 MW lordi), una delle più grandi d'Italia, con una quantità di biomassa necessaria al suo funzionamento stimata nell'ordine di 400.000 tonnellate/anno;
avverso tale progetto è sorta una forte opposizione che ha visto la mobilitazione delle popolazioni locali, di diverse
Amministrazioni della Valle del Mercure e di Associazioni Ambientaliste locali e nazionali;
tale opposizione è motivata non soltanto dall'impatto ambientale che l'entrata in funzione della Centrale determinerebbe, ma anche dai rischi per la salute per le popolazioni residenti, accentuati dalla particolare orografia del valle, che determina una prolungata persistenza dei fumi in un ambito ristretto;
un altro, importante, motivo di opposizione è rappresentato dal negativo impatto occupazionale che la Centrale determinerebbe su un'area che ha nel turismo e in iniziative imprenditoriali artigiane il punto di forza economico (sono, ad esempio, ben 6 le cooperative che operano sul fiume Mercure-Lao nell'ambito dell'escursionismo sportivo e del rafting, accogliendo annualmente circa 20.000 turisti);
della vicenda si è già più volte occupata anche la Magistratura, in seguito a sollecitazioni ed esposti, adottando ripetuti provvedimenti di sequestro di aree relative al sito della Centrale, dove sono stati rinvenuti rifiuti tossici illegalmente smaltiti e alterazioni dei luoghi che hanno fatto avanzare ipotesi di reato di disastro ambientale;
uno studio indipendente sulla Centrale, affidato da alcune Amministrazioni di Comuni della Valle del Mercure e dall'Ente Parco Nazionale del Pollino al Prof. Ing. Paolo Rabitti e al dott. Felice Casson ha messo in evidenza gravissime carenze sia dal punto di vista tecnico che dell'iter amministrativo, oltre ad evidenziare la pratica impossibilità di alimentare la Centrale con biomassa reperita in loco e la presenza nell'area di specie protette, come la lontra, che dall'entrata in funzione della Centrale avrebbero grave danno, fino al rischio di estinzione;
la regione Basilicata, il cui territorio circonda quasi completamente il sito dove è posta la Centrale ENEL non è stata assolutamente coinvolta, come per altro previsto dalle vigenti normative, nell'iter autorizzativo;
sempre sotto l'aspetto legale, la Centrale del Mercure è stata fatta oggetto di una denuncia alla Comunità Europea nel luglio 2005, rispetto alla quale la Commissione Europea per le petizioni ha richiesto più volte informazioni all'Italia, ricevendone riscontri non esaustivi, che ancora perciò non permettono una definizione della vicenda, e dunque una decisione della Commissione Europea;
le evidenti incongruità ambientali, giuridiche e amministrative presentate dalla vicenda hanno dato spunto a numerosi servizi giornalistici di denuncia dei «media» nazionali (L'Espresso, il Manifesto, Liberazione, Ambiente Italia - settimanale del TG3), oltre a numerosissimi interventi di stampa e televisioni locali;
il patrimonio boschivo della Regione Calabria ha di recente subito, a motivo degli incendi della scorsa estate, un danno gravissimo e che nel solo Parco Nazionale del Pollino sono stati ben 6.000 (seimila) gli ettari di bosco andati distrutti;
ancor prima di questi ultimi avvenimenti l'Assessorato regionale all'Agricoltura, Foreste e Forestazione della Regione Calabria nel Piano Triennale «Programma Autosostenibile Di Sviluppo Nel Settore Forestale Regionale», a pag. 44, affermava che «In regione Calabria sono stati realizzati in 4 siti diversi 5 impianti di produzione di EE con biomasse forestali e agricole. La potenzialità di assorbimento di tali impianti è di 2,25 M ton, un volume ben superiore alle attuali condizioni dell'offerta regionale», suggerendo perciò l'impossibilità di alimentare con biomasse autoctone ulteriori Centrali elettriche;
il 27 giugno 2007 l'Enel inviava una progetto modificato riguardante la riattivazione della Centrale del Mercure, senza che ciò abbia determinato un nuovo iter amministrativo;
è notizia di questi giorni, è stato siglato uno specifico accordo tra il Ministero
dell'Ambiente e vari soggetti, tra cui il Parco Nazionale del Pollino e la Regione Calabria, per la tutela della Lontra nelle regioni dell'Italia centro-meridionale;
la valle del fiume Mercure-Lao è una zona dove la lontra vive, per come comunemente è noto e per come è stato documentato da studi pubblicati su importanti riviste scientifiche internazionali e che, di conseguenza, le attività della Centrale, a iniziare dal prelievo delle acque del fiume Mercure e dalla reimmissione delle acque di risulta della Centrale nel medesimo fiume, determinerebbero inevitabilmente un impatto assolutamente devastante nei confronti dell'habitat della lontra - protetto da convenzioni internazionali, oltre che da rigide leggi italiane - ma anche di altre specie animali e vegetali, in aggiunta ai ricordati rischi per la salute delle popolazioni residenti e ai danni per l'economia dell'intera area;
si ha notizia di una imminente Conferenza dei Servizi, convocata dall'Ente Provincia di Cosenza per autorizzare il completamento dei lavori e la messa in funzione della Centrale del Mercure -:
quali iniziative intenda adottare, con la necessaria e massima urgenza per scongiurare i gravissimi rischi connessi alla iniziativa illustrata e difendere l'ambiente prezioso e unico del Parco Nazionale del Pollino, nonché i diritti e le legittime aspirazioni delle popolazioni che lì abitano.
(4-06288)
ALESSANDRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il programma di bonifica dell'area delle ex miniere di Libiola, nel territorio di Sestri Levante (Genova) è disposto ai sensi dell'articolo 114, comma 20, della legge n. 388/2000, e del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del 31 luglio 2003 (registrato alla Corte dei conti il 16 settembre 2003, al Reg. n. 3, Foglio 375);
la miniera di Libiola rappresenta la più grande miniera di rame italiana, e probabilmente d'Europa, ed è stata intensamente coltivata nel secolo scorso fino al 1950; la miniera è diventata particolarmente pericolosa a causa della natura franosa della roccia e delle travature ormai completamente crollate; l'ossidazione dei solfuri crea una carenza di ossigeno nelle gallerie più profonde e forma acido solforico che avvelena le acque e corrode le strutture; da qui è scaturita l'esigenza di un intervento immediato di bonifica;
i lavori di bonifica registrano cospicui ritardi, rispetto al termine della conclusione delle opere, fissato per il mese di giugno 2007 secondo lo schema di accordo di programma stipulato tra Ministero dell'Ambiente, Regione Liguria, Provincia di Genova e Comune di Sestri Levante;
ultimamente è cresciuta la preoccupazione tra i cittadini locali a causa dell' incertezza sulla disponibilità delle risorse finanziarie occorrenti per il completamento delle opere di bonifica;
nel 2005 la Regione Piemonte, ai fini della bonifica ha stanziato 200 mila euro che andavano ad integrare le risorse finanziare pari a 250 mila euro, stanziate dal Ministero dell'ambiente;
a seguito di una convenzione stipulata tra la Regione Piemonte e Sviluppo Italia SpA, il programma operativo relativo alle attività da svolgersi sul sito è stato affidato alla società Sviluppo Italia, che ha formulato una prima offerta per un importo di oltre 1 milione e 760 mila euro; tale cifra è stata successivamente ridimensionata ma tutto ciò ha provocato lo slittamento dei tempi di realizzazione delle opere; la conclusione dei lavori si prevede ora per il mese di giugno 2008;
le incapacità gestionali dimostrate dagli enti territoriali (Regione Piemonte, Provincia di Genova e Comune di Sestri Levante) nell'amministrare adeguatamente
la vicenda mantengono attivi gravi fattori di rischio per l'ambiente e per la salute degli abitanti della zona -:
se il Ministro intende accertare lo stato di avanzamento dell'opera di bonifica e di recupero ambientale dei siti ex estrattivi del territorio di Libiola, nel territorio di Sestri Levante, allo scopo di assicurare la totale eliminazione dei fattori di rischio per l'ambiente e per la salute dei cittadini, come previsto dagli accordi di programma sottoscritti tra Ministero, Regione ed Enti locali interessati.
(4-06291)
LION. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in provincia di Carbonia Iglesias, sarebbero presenti due situazioni molto preoccupanti riguardo alla sicurezza ambientale, in particolare al rischio di inquinamento delle falde e dei suoli;
un primo caso riguarda la bonifica della discarica abusiva sita nel sottosuolo della fabbrica della Alumix di Portovesme. Come meglio indicato in un articolo apparso su La Nuova Sardegna il 25 ottobre 2007, sembrerebbe che in seguito ad una copertura di una discarica abusiva ritrovata in questo impianto produttivo, si sia verificato un drenaggio dei liquidi inquinanti, in particolare di oli pericolosi, arsenico, fluoro ed idrocarburi policicliciaromatici, con una contaminazione delle falde sottostanti;
per la rimozione di tale materiale, cita l'articolo, circa 10 anni fa furono stanziati 30 milioni di euro, ma ancora oggi queste sostanze sono in quella fabbrica e continuano a drenare nelle falde acquifere inquinando l'ambiente e mettendo in pericolo la salute pubblica;
recentemente nei Comuni di Gonnesa, Carbonia e Portoscuso, che già hanno deliberato favorevolmente, si starebbe per dare l'assenso regionale all'interramento ad una profondità di 400 metri di rifiuti speciali non pericolosi, tra cui ceneri e gessi, derivanti dalla combustione del carbone utilizzato dalle locali centrali dell'ENEL;
il progetto di interramento di tali rifiuti speciali farebbe capo alla Carbonsulcis Spa e prevedrebbe lo smaltimento di ceneri, gessi, fanghi, TSD, rifiuti da letto fluido della combustione del carbone, nel sottosuolo, utilizzando i vuoti minerari lasciati dalla coltivazione del giacimento di carbone della miniera di Monte Sinni, attraverso un sistema integrato costituito da impianti in sotterraneo asserviti da un deposito preliminare in superficie;
sono stati sollevati molti dubbi sulla sicurezza di un tale tipo di impianto, segnatamente per quanto riguarda il rischio di inquinamento delle acque di falda;
anche in questo caso, come in quello di Portovesme, la stampa locale, tra cui La Nuova Sardegna, ha dato ampio risalto alle problematicità che creerebbe la realizzazione di un tale impianto di smaltimento di rifiuti speciali, allo scopo riportando le dichiarazioni di esponenti politici e di ambientalisti del luogo che evidenzierebbero la non sicurezza ambientale dell'intervento ed il rischio concreto che in futuro il sito di smaltimento in sottosuolo, oltre a contaminare il terreno e le acque, possa divenire il deposito di altro materiale tossico e nocivo o ad ogni modo di natura pericolosa;
è in particolare il consigliere Angelo Cremone che fa un parallelo tra la vicenda dei rifiuti altamente pericolosi che stanno drenando nelle acque di falda presso la fabbrica della Alumix, con il possibile impianto di smaltimento dei residui di combustione del carbone che si vorrebbe realizzare nei vuoti estrattivi della Carbonsulcis Spa, evidenziando che questo ultimo progetto potrebbe creare danni anche più gravi per l'ambiente e la salute pubblica di quanti ne stia provocando il primo;
il consigliere avrebbe sollevato questioni molto serie sulla competenza solo
regionale della Valutazione d'impatto ambientale e sull'attendibilità dello studio preliminare realizzato per consulenza dal Politecnico di Torino, in cui vi sarebbero incongruenze e contraddizioni soprattutto in riferimento alla asserita mancanza di rischi di inquinamento per le falde nel sotterraneo e per il contenimento in sicurezza dei rifiuti che verrebbero pompati nei vuoti minerari -:
se non intenda acquisire tramite il Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente adeguati elementi informativi sulla vicenda.
(4-06293)
JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in un anno e mezzo il governo Prodi non è riuscito ad attivare le discariche in Campania, ma ha stanziato 721 mila euro per la bonifica di una discarica in Kenya, a Nairobi;
la procura di Roma indaga sull'interesse italiano alla discarica di Dandora, l'inferno di rifiuti che avvelena 700 mila persone nella baraccopoli di Korogocho, la montagna d'immondizia più alta della capitale africana;
nel mirino delle indagini c'è una società, la Eurafrica, incaricata dal Ministero dell'Ambiente italiano e da quello keniota di condurre uno studio di fattibilità per chiudere la discarica e spostarla;
Eurafrica ha due sedi: una a Napoli e una a Roma. Amministratore unico è Tiziana Perroni, socio il marito, Bruno Calzia, consigliere economico del Ministro per le politiche agricole, Paolo De Castro e nel direttivo dell'Ice, l'Istituto italiano del commercio estero;
la bozza con la proposta del Governo kenyota fu inviata ad aprile al Governo italiano, che lo approvò a maggio. Nella proposta di Nairobi si prevedeva un comitato tecnico italo-keniota e l'assegnazione del progetto per lo studio di fattibilità della discarica alla Eurafrica management and Consulting. Si legge sul mensile Nigrizia: «Il Ministero dell'ambiente mette a disposizione per lo studio di fattibilità 721 mila euro. Un'enormità»;
era stato lo stesso Ministro Pecoraro Scanio ad impegnarsi, in un incontro del 16 novembre del 2006 con il suo omologo keniota a Nairobi. Il ministro aveva garantito che la discarica di Dandora era una «priorità» per il Governo italiano all'interno degli accordi di collaborazione previsti dal protocollo di Kyoto -:
per quale motivo il Ministro competente abbia scelto di impegnare una tale cifra per risolvere il problema rifiuti in Kenya e non per lo smaltimento dei rifiuti campani, quali misure siano allo studio per verificare la tipologia dei rifiuti giacenti presso la discarica keniota.
(4-06305)
FASOLINO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Ministro Pecoraro Scanio in questi ultimi giorni si è ripetutamente espresso, in interviste televisive, per un forte impegno del Governo a tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini contro tutte le forme di inquinamento e di turbativa che minacciano gli equilibri ecologici e biosanitari del nostro Paese;
durante la scorsa stagione estiva si è avuto modo di assistere alla più devastante escalation incendiaria sui boschi italiani che ha toccato l'acme nella ultima decade di agosto, con ben quattro morti nell'area siciliana di Patti e una superficie colpita di entità mai raggiunta nella storia italiana, neanche durante la seconda guerra mondiale quando le occasioni di incendio erano anche favorite dagli usi tattici di armi da fuoco leggere e pesanti;
subito dopo gli incendi dell'agosto 2007 l'interrogante avanzò a codesto Ministero una pertinente interrogazione nella quale venivano chieste notizie sui provvedimenti
che il Governo intendeva adottare al fine di promuovere e sostenere il rimboschimento delle aree colpite e, soprattutto, le misure per la prevenzione degli incendi nel 2008;
in particolare, venivano richieste informative sull'impiego dell'Esercito (della cui disponibilità il Ministro Parisi si era reso garante) e sul monitoraggio sia dei soggetti indagati e condannati per il reato di piromania sia degli interventi della Magistratura penale e contabile in materia di incendi negli ultimi anni;
inoltre, venivano sollecitate notizie su eventuali provvedimenti all'esame del Governo volti a contrastare l'altissimo numero di incendi nelle aree a più alto numero di dipendenti forestali dello Stato e delle Comunità Montane;
in ultimo il coinvolgimento delle Prefetture ai fini della istituzione di idonei tavoli di concertazione fra rappresentanti dello Stato, Magistratura, Esercito, Forze dell'ordine ed enti pubblici per la predisposizione di una task-force che operi sia per la prevenzione che per lo spegnimento degli incendi;
a dimostrazione della perdurante drammaticità della situazione, vanno segnalati incendi sviluppatisi tra il 16 e il 17 febbraio 2008 sulle montagne del Cilento e di Montecorvino Rovella e a Olevano sul Tusciano in provincia di Salerno;
vero è che ha spirato un forte secco vento di tramontana ma si è in pieno inverno e tutto lascia presagire sviluppi particolarmente, come suol dirsi, caldi per l'immediato futuro -:
quali rapide incisive misure intendano adottare perché i proclami televisivi e giornalistici non si configurino solo come spettacolari manifestazioni di buona volontà al fine di predisporre idonea ed opportuna strategia preventiva e di contenimento degli incendi per l'anno 2008.
(4-06331)