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Allegato B
Seduta n. 277 del 21/2/2008
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
BERTOLINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 24 e 25 marzo al teatro Garden di Chianciano si è tenuta la conferenza internazionale «Con la resistenza, per la giusta pace in Medio Oriente». La conferenza è stata organizzata, tra gli altri, dai Carc-Comitati d'Appoggio alla Resistenza per il Comunismo (Italia), tornati all'onore delle cronache qualche settimana fa per la solidarietà e il sostegno espressi verso i «compagni» delle Brigate rosse, arrestati in occasione dell'ultima operazione di polizia riguardante l'organizzazione terroristica;
il sito internet dei Comitati, www.carc.it, per l'occasione, forniva una serie di interessanti particolari sull'iniziativa, precisando che il suo oggetto sarebbe stato la resistenza delle masse popolari contro l'aggressione imperialista nei paesi del Medio Oriente, Iraq, Libano, Palestina, Afghanistan;
il sito precisava inoltre che la conferenza «è un'occasione per portare sostegno ai popoli che oppongono resistenza, armata (si sottolinea tale termine) all'aggressione imperialista capeggiata dagli USA e dai sionisti, un'occasione di confronto tra le forze antimperialiste a livello mondiale, una base possibile per l'avvio di una politica da fronte comune a livello internazionale contro l'imperialismo»; ciò dopo avere definito l'Italia «un paese imperialista»;
nell'ambito della suddetta presentazione dell'evento, in piena coerenza con la cosiddetta «dottrina Carlos», che punta a una sorta di islamocomunismo, che saldi i movimenti di liberazione comunista ancora presenti con le organizzazioni terroristiche islamiche, in funzione anti-imperialista, si precisava inoltre: «soprattutto, noi consideriamo questa un'occasione per unire il movimento di resistenza delle masse popolari nei paesi imperialisti ai movimenti di resistenza che hanno saputo arrestare e fare arretrare l'aggressione imperialista più feroce, quella degli USA e dei sionisti. I movimenti di resistenza contro l'imperialismo dei popoli dell'Iraq, della Palestina, del Libano, dell'Afghanistan, fanno integralmente parte, e sono tra le prime e più chiare espressioni della nuova resistenza e delle nuove vittorie di cui saranno protagoniste le masse popolari in tutto il mondo, contro la borghesia imperialista e i suoi servi»;
nella sessione pomeridiana del 24 e nella sessione mattutina del 25 si sono svolti gli interventi di Abdul Jabbar al Kubaisy, segretario dell'Alleanza Patriottica Irachena, portavoce internazionale del Fronte Patriottico Nazionale Islamico, rispettivamente sul tema «Origini, sviluppo e dinamiche della Resistenza popolare» e sul tema «Cosa chiede la Resistenza ai movimenti per la pace in Occidente». Jabbar al Kubaisy, noto per il ruolo ambiguo nelle vicende di italiani rapiti in Iraq, in precedenti occasioni, ha avuto modo di definire l'Onu «un burattino nelle
mani dell'imperialismo americano», al servizio del «sionismo», sì che la risposta alle sue risoluzioni è che «possiamo solo sputare sulla cosiddetta comunità internazionale». In tale contesto, significative risultano anche la relazione su «Il ruolo dell'Islam nella lotta antimperialista» di Hamza Piccardo, segretario Ucoii (Unione Comunità Organizzazioni Islamiche in Italia), e le conclusioni di Moreno Pasquinelli;
mentre già nel 2005 organizzazioni della sinistra estrema avevano tentato di portare in Italia esponenti della cosiddetta «resistenza irakena», ma l'intervento dell'allora ministro degli esteri Fini aveva condotto a negare i visti ai «resistenti», non si comprende perché ciò sia stato possibile adesso, a distanza di circa due anni, e per individui che considerano l'Italia parte del fronte imperialista, contro il quale opporre resistenza armata -:
in base a quali valutazioni siano stati concessi i visti per i soggetti extracomunitari appartenenti a movimenti di resistenza armata antioccidentale in Iraq, in Afghanistan e nel Medio Oriente;
se non ritenga, anche alla stregua delle presentazioni della conferenza di Chianciano ricavabili dai siti internet, e dal curriculum dei partecipanti alla manifestazione, che le attività poste in essere dai Carc, investano, pericolosamente, profili attinenti l'ordine pubblico e la sicurezza del Paese, che andrebbero debitamente indagati ed approfonditi.
(4-03144)
Risposta. - In merito a quanto rappresentato nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Come da prassi, anche nel caso evocato dall'onorevole interrogante, la decisione sulla concessione o meno dei visti è stata presa dalle sedi diplomatiche competenti caso per caso, sulla base di un'attenta istruttoria - condotta anche d'intesa con le altre amministrazioni competenti - e tenendo presente le condizioni poste dalla normativa italiana (assenza di rischio immigratorio o di pericolo per la sicurezza nazionale).
Sulla base di questa istruttoria, le Ambasciate d'Italia in Baghdad, Beirut e Kabul ed il Consolato generale d'Italia in Gerusalemme hanno rilasciato nove visti ad altrettanti cittadini stranieri invitati alla Conferenza, mentre le Rappresentanze diplomatiche in Amman e Damasco hanno rifiutato due visti. Risulta, invece, che tre degli invitati libanesi non hanno presentato istanza di visto presso la Cancelleria Consolare di Beirut.
Il Governo italiano, infine, non è stato coinvolto in alcun modo nell'organizzazione dell'evento di Chianciano, né può essere ritenuto responsabile della diffusione via Internet delle conclusioni del Convegno.
Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.
CAPEZZONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche europee. - Per sapere - premesso che:
la direttiva 2001/18/CE, del 23 aprile 1990 e successive direttive di modifica, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati, sostitutiva della precedente 90/220/CE, stabilisce, nella Parte B, le modalità per l'emissione deliberata nell'ambiente di OGM «a scopo di ricerca e sviluppo o per scopi diversi dall'immissione sul mercato»;
tale direttiva è stata recepita nell'ordinamento italiano attraverso il decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224 («Attuazione della direttiva 2001/18/CE concernente l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati»);
con un comunicato stampa del 15 novembre 2007, Assobiotec rende noto che il Ministero dell'Agricoltura e dell'Ambiente ha bocciato alcuni Protocolli per la sperimentazione in campo di OGM attuando, secondo la valutazione dell'Associazione Nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie, «un grave inadempimento sul fronte della legislazione comunitaria», configurandosi la mancata applicazione dell'intera parte B della succitata direttiva;
da quanto si apprende in una nota del Ministero Ambiente, in merito alle richieste avanzate per avviare le sperimentazioni in campo aperto di specie OGM di agrumi, ciliegio, dolce, fragola, mais, melanzana, olivo, pomodoro e vite, sulla base di rilievi dei tecnici del ministero, mancherebbero «le garanzie necessarie per evitare contaminazioni»;
parrebbe che si sia verificata in sede tecnica «l'assenza di elementi sufficienti in grado di scongiurare che la coltivazione in campo aperto di piante transgeniche possa portare alla contaminazione di specie tradizionali» e «l'assenza di garanzie giuridiche in relazione alle possibili responsabilità civili e penali in caso di inquinamento genetico»;
tali rilievi paiono, peraltro, inspiegabili, in quanto un comitato tecnico composto da rappresentanti delle Regioni italiane e dello Stato, tra cui anche rappresentanti indicati dal ministero dell'Ambiente, e lo stesso ministro dell'Agricoltura avrebbero espresso un parere favorevole alla sperimentazione;
Assobiotec ha annunciato di avere presentato reclamo alla Commissione europea per la mancata applicazione in Italia della direttiva 2001/18/CE concernente l'emissione deliberata nell'ambiente di Organismi geneticamente modificati;
occorre in tutti i modi evitare di pregiudicare le enormi potenzialità della nostra ricerca agrobiotecnologica, consentendole dopo anni di ricerche in laboratorio di passare alla sperimentazione in campo, così come già avviene, nella maggior parte dei Paesi europei -:
se siano a conoscenza della situazione e se quanto affermato da Assobiotec corrisponda al vero;
se non ritengano che queste continue incertezze, troppo sovente dovute a pregiudizi ideologici, creino un grave pregiudizio all'intero sistema scientifico e, soprattutto, agricolo italiano, privandolo di fatto di una chiave fondamentale di innovazione.
(4-05718)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, concernente alcune problematiche relative ai protocolli tecnici sperimentali per le specie geneticamente modificate si evidenzia che la procedura seguita dal MIPAAF è stata concordata in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ai sensi dell'articolo 8, comma 6, del decreto legislativo n. 224 del 2003, che ha recepito la direttiva 2001/18/CE, ove era prevista l'emanazione di un apposito decreto del Ministro delle politiche agricole.
Il decreto ministeriale, emanato in data 19 gennaio 2005, definisce le prescrizioni per la valutazione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare, relativamente alle attività di rilascio deliberato nell'ambiente di Ogm per qualsiasi fine diverso dall'immissione in commercio.
In particolare, nove protocolli tecnici operativi (Actinidia, Agrumi, Ciliegio dolce, Fragola, Mais, Melanzana, Olivo, Pomodoro, Vite) sono stati approvati dal Comitato tecnico di coordinamento, istituito dall'articolo 4 del decreto ministeriale 19 gennaio 2005 di cui fanno parte due rappresentanti del MIPAAF, due rappresentanti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nonché sei rappresentanti designati dalla Conferenza Stato-Regioni.
La procedura, secondo quanto previsto all'articolo 1, comma 2, del decreto ministeriale 19 maggio 2005, prevede che debba essere «sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare»; pertanto, i protocolli sono stati inviati all'Autorità competente nazionale in materia di emissione deliberata nell'ambiente di Ogm a scopi di ricerca scientifica e commerciali per acquisire il parere preventivo.
Inoltre, si evidenzia che la proposta di decreto ministeriale che accompagna i protocolli prevede, al fine di acquisire un nuovo consenso, un ulteriore passaggio alla Conferenza Stato-Regioni; passaggio non previsto nel provvedimento del 19 gennaio 2005 e posto a maggior tutela.
La predisposizione di specifici protocolli tecnici per valutare l'impatto sugli agroecosistemi per ogni specie vegetale gm che si vuole sperimentare non è prevista dalla normativa comunitaria (direttiva 2001/18/CE) ma è stata adottata in maniera stringente, ai fini della gestione dei campi sperimentali, unicamente nel nostro Paese e su specifica richiesta delle Regioni e Province autonome.
L'Amministrazione ha puntualmente fornito riscontro alla Segreteria tecnica del Ministero dell'ambiente sui rilievi sollevati nel mese di giugno 2007; rilievi che hanno comportato il parere negativo ai fini dell'emanazione del decreto.
Ciò evidenzia come in questi anni sia stato raggiunto con le Regioni e lo stesso Ministero dell'ambiente un articolato consenso sia sulle procedure amministrative da seguire sia sugli aspetti tecnici volti a garantire la sicurezza per l'impatto sull'ambiente, attraverso opportuni accorgimenti di natura agronomica che limitano il rischio di flusso genico tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche, lasciando alle Autorità regionali la piena libertà di scegliere sul proprio territorio i siti pubblici più idonei per effettuare dette sperimentazioni, qualora vogliano autorizzarli.
Si rappresenta, infine, che la Conferenza dei Presidenti delle regioni nel mese di novembre 2007 ha approvato le «Linee guida per le normative regionali per la coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e geneticamente modificate»; documento che prevede, tra l'altro, le procedure di autorizzazione, il controllo, a vigilanza e le sanzioni, la responsabilità, i risarcimenti nonché indicazioni tecniche sulle misure di precauzione, elenco delle specie e varietà per cui vige il divieto di coltivazione, i siti per la sperimentazione ed il collaudo varietale, le indicazioni tecniche sulla redazione dei piani di monitoraggio.
Tale documento risponde al ricorso presentato a livello comunitario da Assobiotec e potrebbe essere utilizzato come accordo base Stato-Regioni da proporre alla Commissione europea.
In tal modo si realizzerebbe quel percorso politico di condivisione e sostenibilità degli interventi nel settore delle biotecnologie tra comunità scientifica regionale, nazionale e comunitaria, che consente di evitare l'esposizione del Paese al rischio di accumulare un deficit conoscitivo rispetto agli altri Paesi dell'Unione europea ed extra-Unione europea.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
CASSOLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
gli impianti nucleari rimangono estremamente pericolosi, come ha dimostrato il recente incidente in Giappone verificatosi alla centrale di Kashwazaki-Kariwa, dove oltre 1200 litri di liquido radioattivo è fuoriuscito riversandosi, così, nel Mar del Giappone;
il Presidente francese Nicholas Sarkozy ha appena firmato un accordo affinché la Francia aiuti la Libia a costruire un reattore nucleare per la desalinizzazione dell'acqua in questo Stato del nord Africa;
il desalinizzatore a reattore nucleare sarebbe stanziato a poche centinaia di chilometri dal territorio italiano, in particolare da Lampedusa (Sicilia) ed anche da altri paesi del Mediterraneo appartenenti al territorio dell'Unione europea (es. Malta) -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga estremamente importante richiedere un tavolo di discussione con il governo libico, francese e la Commissione europea sul problema della sicurezza da tragedie nucleari.
(4-04596)
Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'onorevole interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta, relativi alla posizione dell'Unione europea (UE) riguardo all'utilizzo dell'energia nucleare per scopi civili.
L'Unione europea riconosce la piena sovranità degli Stati membri nella scelta del mix energetico. Questo principio viene ricordato anche nel Libro verde della Commissione europea «Una strategia energetica europea sostenibile, competitiva e sicura» del marzo 2006.
Nel marzo 2007, il Consiglio europeo ha adottato un Piano d'azione globale in materia di energia per il periodo 2007-2009, basato sulla comunicazione della Commissione «Una Politica Energetica per l'Europa (PEE)». Nel Piano d'azione, il Consiglio, ricordando che la PEE rispetterà appieno la scelta degli Stati membri riguardo al mix energetico, conferma che spetta a ciascuno Stato membro decidere se fare affidamento o meno sull'energia nucleare e sottolinea che ciò dovrà avvenire migliorando ulteriormente la sicurezza nucleare e la gestione dei rifiuti radioattivi; a tal fine, il Consiglio sostiene la R&S (Ricerca e Sviluppo) sulla gestione dei rifiuti, in particolare nell'ambito del settimo programma quadro di ricerca, e prende in considerazione la creazione di un Gruppo ad alto livello sulla sicurezza nucleare e la gestione dei rifiuti. Esso infine propone che si svolga fra tutte le parti interessate un'ampia discussione sulle opportunità e sui rischi connessi all'energia nucleare.
Sempre in ambito europeo, si ricorda che l'Euratom (Comunità europea dell'energia atomica) nasce come organizzazioni aperta sul mondo e incaricata di stabilire con gli altri paesi e con le organizzazioni internazionali «tutti i collegamenti idonei a promuovere il progresso nell'utilizzazione pacifica dell'energia nucleare» (articolo 2).
A tal fine la Comunità ha firmato accordi di cooperazione sugli usi pacifici dell'energia nucleare con un cospicuo numero di Stati, inclusi i principali fornitori in questo ambito: Stati Uniti d'America, Canada, Australia, Argentina, Uzbekistan, Ucraina, Giappone e Kazakistan.
L'Unione europea ha inoltre sancito il proprio impegno a livello internazionale aderendo alle principali convenzioni internazionali nel settore nucleare: la Convenzione sulla protezione fisica delle materie nucleari (1991), la Convenzione sulla sicurezza nucleare (2000), la Convenzione comune sulla sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi (2006), oltre alla Convenzione sulla tempestiva notifica di un incidente nucleare e alla Convenzione sull'assistenza in caso di incidente nucleare o di emergenza radiologica (2006).
Alla luce di quanto sopra, l'Italia ritiene di doversi attenere alle valutazioni e alle decisioni comunitarie, che già prevedono, sia al livello interno che internazionale, un complesso piano di prevenzione dei rischi connessi all'utilizzo dell'energia nucleare.
Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.
FAVA, ALLASIA, ALESSANDRI e BRIGANDÌ. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in data 22 ottobre 2002 si è costituito il «Consorzio salame mantovano» che, dopo avere espletato le lunghe ed onerose pratiche di predisposizione e di approvazione della documentazione necessaria ad avanzare la richiesta di riconoscimento della indicazione geografica protetta (IGP), in data 8 agosto 2005 ha trasmesso il relativo Dossier ai competenti uffici dell'allora ministero delle politiche agricole e forestali;
dopo le necessarie verifiche di congruità, la documentazione di cui sopra è stata nuovamente trasmessa al ministero nella sua versione definitiva in data 12 ottobre 2005;
la documentazione definitiva, come previsto dalle vigenti procedure, è stata sottoposta ad esame da un istituto terzo che, in data 21 marzo 2006, ha espresso il proprio parere tecnico ed ha avanzato osservazioni, alle quali il consorzio ha replicato fornendo, in data 23 marzo 2006, la documentazione richiesta;
in data 20 dicembre 2006 è stata inviata la documentazione integrativa recante
la procedura a livello nazionale per la registrazione della richiesta IGP, ai sensi di quanto disposto dal regolamento CEE 510/2006. Il proposto disciplinare è stato integrato da specifica nota inviata dal consorzio in data 5 febbraio 2007;
in data 1 marzo 2007 il ministero ha richiesto di apportare ulteriori modifiche al disciplinare. A detta richiesta il consorzio ha dato seguito, in coerenza con quanto richiesto, in data 25 marzo 2007 e l'intero dossier, comprensivo delle integrazioni richieste e delle relative dichiarazioni di veridicità, è stato consegnato al ministero in data 11 giugno 2007;
in data 19 luglio 2007 il ministero formulava una richiesta di eventuali integrazioni, ai sensi del decreto ministeriale 21 maggio 2007, alla quale il consorzio rispondeva consegnando, in data 25 luglio 2007, nuova documentazione in conformità allo stesso decreto ministeriale;
in data 23 novembre 2007 è giunta a compimento la pratica di riconoscimento dell'IGP «Salame Cremona» (regolamento CEE 1362/2007 pubblicato su GUCE n. 305 del 23 novembre 2007) che, per quanto risulta, si sovrapporrebbe al Salame Mantovano per quanto riguarda sia il disciplinare, sia il territorio di produzione, rendendo, di fatto, impossibile il buon esito della pratica di riconoscimento della IGP per lo stesso Salame Mantovano sulla base della documentazione attualmente depositata presso il ministero -:
quale sia l'effettivo stato di avanzamento della pratica per il riconoscimento dell'IGP Salame Mantovano e, se quanto riferito in premessa risponde al vero, quali iniziative è necessario intraprendere, affinché la stessa giunga rapidamente a buon fine, atteso che il Consorzio si è costituito nell'oramai lontano 2002.
(4-06174)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in oggetto, concernente il riconoscimento dell'Igp Salame Mantovano, si fa presente, innanzi tutto, che la zona di produzione del «Salame Mantovano» risulta inclusa all'interno della zona di produzione dell'Igp «Salame Cremona», riconosciuto con regolamento (CE) n. 1362/2007.
Il che, di fatto, crea una sovrapposizione di due prodotti.
Inoltre, a seguito di una attenta valutazione effettuata dagli Uffici competenti dell'Amministrazione, e stata riscontrata una identicità tra i due disciplinari.
Di conseguenza, l'Amministrazione ha sottoposto tali valutazioni ai rappresentanti del comitato promotore nel corso di una riunione tenutasi alla fine dello scorso anno.
In tale contesto, l'Amministrazione ha chiesto al comitato promotore di indicare le caratteristiche peculiari del «Salame Mantovano», atte a dimostrare la differenziazione tra i due prodotti.
Allo stato, nel merito, all'Amministrazione non è pervenuta alcuna documentazione.
Pertanto, in assenza di una differenziazione dei due prodotti l'Amministrazione non può trasmettere ai Servizi della Commissione l'istanza di riconoscimento per un prodotto sostanzialmente identico ad uno già riconosciuto.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
FUNDARÒ e LION. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Padre Saad Sirop Hanna è un sacerdote cattolico caldeo di Baghdad, rapito il 15 agosto 2006, subito dopo la Messa pomeridiana nel pericolosissimo quartiere meridionale di Dora. A seguito dell'atto criminoso, fino ad oggi, non esistono notizie relative allo stato dello stesso sacerdote, tranne che sarebbe stata avanzata una ingente richiesta di riscatto;
questo sequestro segue, dopo appena un mese, quello di un altro sacerdote cattolico caldeo, Padre Raad Washan Sawa, liberato il giorno dopo il rapimento
con la minaccia di ucciderlo se non fosse stato pagato un riscatto di 200.000 dollari usa;
lo Stato del Vaticano, al pari di molte altre istituzioni internazionali, ha chiesto un urgente intervento sulla vicenda, affinché possa concludersi in maniera positiva. A tal proposito, domenica 20 agosto 2006 un appello del Pontefice Benedetto XVI per la liberazione del sacerdote ha seguito quello che tutti i capi religiosi cristiani iracheni, cattolici ed ortodossi, hanno rivolto al governo iracheno con una lettera indirizzata al Presidente Jalal Talabani ed al Primo Ministro Nouri al-Maliki;
Padre Saad Sirop è giovane, ha solo 34 anni, a Baghdad è parroco della chiesa di Saint Jacob e dirige la sezione teologica del Babel College, l'unica facoltà di insegnamento cristiano in Iraq, avendo già vissuto a Roma per alcuni anni per motivi di studio dove sarebbe dovuto tornare per la specializzazione -:
se sia a conoscenza del rapimento del sacerdote, Padre Saad Sirop Hanna, e se abbia informazioni sul sequestro indicato in premessa;
se non ritenga di necessario provvedere ad intraprendere le opportune iniziative atte a contribuire alla liberazione del sacerdote, anche attivando le vie diplomatiche allo scopo previste e se del caso la cooperazione italiana e la croce rossa italiana;
quali provvedimenti intenda adottare al fine di giungere alla immediata liberazione del sacerdote sequestrato, nonché di tutelare la sicurezza dei caldei e in genere dei cristiani irakeni.
(4-00907)
Risposta. - In merito al caso del sacerdote caldeo Padre Saad Sirop Hanna, liberato l'11 settembre 2006, si ritiene opportuno - al fine di chiarire in quale contesto è avvenuto il suo rapimento - fornire i seguenti elementi circa la situazione della minoranza cristiana in Iraq e dei diritti umani nel Paese.
Secondo le stime più attendibili, la presenza di cristiani in Iraq consiste in una minoranza di circa 400.000 unità, composta per la maggior parte da cattolici caldei (circa i 2/3) e in numero più limitato da cattolici siriaci, ortodossi e protestanti.
Per quanto riguarda la situazione generale di tale minoranza, occorre sottolineare che essa è strettamente legata al clima di violenza e di insicurezza del Paese, che ha determinato il progressivo allontanamento dei cristiani dai luoghi di residenza. In particolare, i mesi di maggio e giugno 2007 hanno visto un incremento degli attacchi e delle espulsioni forzate a danno delle minoranze religiose, in particolare delle comunità cristiane. D'altro canto, il relativo miglioramento delle condizioni di sicurezza, registrato negli ultimi mesi in molte parti dell'Iraq, sta avendo conseguenze moderatamente positive anche sulle condizioni delle minoranze. Segnali positivi in tal senso provengono dalla riapertura di un'importante chiesa cattolica caldea nella capitale e dal ritorno di diverse famiglie cristiane nelle proprie abitazioni a Baghdad, abbandonate a seguito della guerra.
La situazione dei cristiani in Iraq risulta relativamente migliore nella Regione autonoma del Kurdistan iracheno, ove sono in fase di riapertura chiese cristiane, mentre resta fortemente critica la situazione nelle aree di Kirkuk e Mosul. I recenti episodi di rapimenti, anche di religiosi, verificatisi in queste zone, sembrano prevalentemente il prodotto delle attività di gruppi criminali comuni, anche se non mancano attacchi ai cristiani con motivazioni ricollegabili all'estremismo fondamentalista o alla loro asserita vicinanza alle Autorità curde.
In questo contesto, l'Italia resta profondamente impegnata nel sostenere il Governo dell'Iraq nello sforzo di raggiungere un'effettiva stabilizzazione del Paese e garantire maggiore sicurezza a tutti suoi cittadini, compresi quindi quelli di religione cristiana. Nel quadro della cooperazione con l'Iraq per la ricostruzione dell'intero sistema istituzionale, risulta centrale la promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, tra le quali si colloca la tutela dei diritti degli individui appartenenti
a minoranze religiose. Tale impegno si articola, anzitutto nelle diverse attività di formazione svolte in favore di funzionari del mistero dei diritti umani (al cui vertice è la signora Wijdan Michael, cristiana del nord del Paese) nonché di altri dicasteri. L'obiettivo è di diffondere una cultura dei diritti umani nell'amministrazione pubblica, formando dei funzionari in grado di monitorare e riferire le eventuali violazioni commesse nel Paese. Parallelamente allo sforzo d'introdurre la componente «diritti umani» nei programmi di ricostruzione delle istituzioni irachene, l'Italia è impegnata nel favorire processi di riconciliazione nazionale tra le minoranze etnico-religiose irachene, nella prospettiva di una pacificazione e stabilizzazione del Paese.
In questo processo, notevole importanza riveste il sostegno italiano alla Missione delle Nazioni Unite di Assistenza in Iraq (UNAMI) ed in particolare al suo ufficio dei diritti umani. L'UNAMI ha infatti mandato di promuovere la protezione dei diritti umani e la riforma del sistema legale iracheno nella prospettiva di rafforzare lo stato di diritto. Di rilievo anche il programma PESD (Politica Europea di Sicurezza e di Difesa) dell'Unione europea, «EUJUST LEX», che ha contribuito alla formazione di diverse centinaia di operatori nel campo della giustizia penale, con una fondamentale componente in materia di diritti umani. L'Italia vi è particolarmente impegnata per quanto riguarda il settore penitenziario. Infine, l'attività di formazione dei quadri della Polizia nazionale da parte dei carabinieri, nell'ambito della «NATO Training Mission», è diretta alla costituzione di una forza imparziale e percepita come tale dalla popolazione, con un chiaro fondamento giuridico della sua attività, efficace, rispettosa dei diritti umani e con una composizione in termini di provenienza degli effettivi che ne garantisca tale natura.
L'importanza che il Governo iracheno garantisca il corretto funzionamento di un regime di stretta tutela delle minoranze etniche e religiose è stata - da ultimo - anche da me ribadita nel corso della Conferenza ministeriale sull'Iraq dei Paesi vicini, Egitto e Bahrein, con formato esteso ai P-5 nonché al G-8.
Inoltre, la Task Force Iraq del ministero degli affari esteri, nell'ambito delle attività a sostegno del processo di ricostruzione civile ed economica di quel Paese, ha promosso una serie di iniziative per attirare l'attenzione sull'esperienza delle minoranze religiose nel Paese, nell'attuale momento storico. Tra queste si menziona il documentario «Viaggio tra i Cristiani in Iraq» realizzato dall'Associazione Salva i Monasteri, di cui è prevista anche una riduzione televisiva. Di prossima attivazione il progetto di Non c'è Pace Senza Giustizia, mirato soprattutto alle minoranze cristiana, yazhidi e sabea, che prevede la realizzazione di un sito internet gestito da operatori iracheni, in grado di fornire agli utenti uno spazio di discussione pubblico, attraverso la creazione di blog personali e la pubblicazione di una rivista online.
Per quanto riguarda, infine, il quesito sull'eventuale ruolo che potrebbero svolgere la Cooperazione Italiana e la Croce rossa Italiana nei casi di rapimento di religiosi cristiani, si fa presente che la Cooperazione italiana non svolge alcuna attività nell'area in questione.
Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.
GALANTE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'applicazione della Direttiva Europea sull'insegnamento delle lingue comunitarie si è tradotta con l'istituzione nel 2005 in ogni Provveditorato agli Studi del territorio francese di Commissioni per le Lingue Straniere e con l'inserimento dell'obbligo dello studio della lingua straniera in modo continuativo dalla classe di 2a elementare. Lo Stato francese si è anche imposto di formare i propri docenti di livello elementare all'insegnamento di una lingua straniera: a partire dalla promozione 2007, nessun docente di livello elementare lascerà l'UFM (Istituto Universitario di Formazione dei Maestri) se non già abilitato ad insegnare una lingua straniera;
il giudizioso utilizzo dei fondi erogati dal MAE sul cap. 3153, ha permesso agli Enti Gestori ex-CO.A.SC.IT di creare una realtà favorevole al rinnovo di un interscambio culturale fra la Francia e l'Italia, due Paesi frontalieri i cui rapporti non possono essere che migliorati dalla conoscenza della lingua;
gli Enti Gestori subiscono ingenti ritardi nell'erogazione dei fondi previsti dal capitolo 3577 del MAE, destinati al finanziamento delle attività di promozione della lingua e cultura italiana. Per anacronistica e dannosa «prassi» amministrativa, il Ministero degli Affari Esteri, pur a conoscenza dei bilanci degli enti suddetti, che vengono trasmessi, per competenza, dal Consolato Generale di Lione, nei tempi e nelle modalità previste, non ottempera ai finanziamenti in tempi debiti, provocando, così, bilanci in negativo, conti bancari scoperti in eccesso e, «dulcis in fundo» ingenti interessi da versare alle banche presso le quali i due Enti hanno domiciliato il loro rispettivo conto in essere;
gli Enti ex-CO.A.SC.IT di Lione e Grenoble, rispettivamente A.P.LI.C.IT e P.L.I.C. ogni anno si ritrovano con scoperti bancari che superano i 60.000,00 euro;
durante il mese di Novembre 2006, Il MAE ha chiesto all'A.P.LI.C.IT di Lyon il rimborso dell'avanzo di cassa dell'anno 2005 senza erogare la totalità dei fondi assegnati all'Ente per l'anno 2006 e che l'Ente è nell'impossibilità di pagare poiché lo scoperto ammonta quasi a 70 000 euro;
l'acquisto dei registri - per tutti i docenti: locali e MAE - è a carico degli Enti stessi;
ambedue gli Enti garantiscono, con efficienti servizi di coordinamento amministrativo, una strettissima ed efficientissima collaborazione con il Consolato Generale di Lione, assumendosi oneri contabili - amministrativi che vanno dall'organizzazione del lavoro dei docenti, alla redazione dei contratti di assunzione, all'erogazione di stipendi e contributi, alla redazione dei bilanci di previsione e dei conti consuntivi;
il disbrigo di moltissime pratiche amministrative inerente ai loro rispettivi compiti è, altresì, assicurato ed effettuato con puntualità e con estrema professionalità e serietà dagli addetti amministrativi e dai presidenti delle due Associazioni;
il MAE, non tenendo conto dell'impossibilità, sotto pena di querela, di rendere paganti corsi di lingua inclusi nell'orario scolastico (129 corsi per 1'a.s. 2006/07 nella sola regione Rodano-Alpi), chiede agli Enti di rispettare «il principio che i contributi ricevuti non debbono essere la sola né la principale risorsa di cui gli Enti gestori dispongono»;
il MAE ha preannunciato la diminuzione del personale scolastico di ruolo da inviare all'estero. Tanto più si impone dunque la presenza e l'efficienza degli Enti Gestori e dei finanziamenti previsti per continuare a garantire l'insegnamento della lingua e della cultura italiana all'estero. Questo permetterebbe, altresì, di garantire una minor spesa al carico del MAE con una similare efficienza nell'insegnamento della lingua italiana;
se e quali iniziative il MAE intenda adottare al fine di versare i contributi destinati agli Enti in date fisse: la 1 rata entro febbraio di ogni anno e la 2 rata entro luglio di ogni anno, affinché l'eventuale avanzo di cassa venga restituito solo dopo l'erogazione della prima tranche di finanziamento per l'anno successivo, in modo da poter assolvere ai pagamenti in scadenza (compresi gli stipendi degli insegnanti) ed evitare di richiedere anticipi alle banche e pagare quindi ingenti interessi;
se e come il MAE intenda mettere in atto un'adeguata politica di sostegno economico per le attività di promozione e di diffusione della lingua italiana organizzate dagli Enti Gestori se finalizzate, come nel caso dei corsi gestiti dall'A.P.LI.C.IT di Lione e dal P.L.I.C. di Grenoble, all'integrazione dell'obbligo dello studio della
lingua italiana nel percorso di studi al livello nazionale, anche attraverso nuovi accordi bilaterali tra i 2 paesi per la regione RODANO-ALPI, territorio contiguo tra i 2 paesi;
quali iniziative voglia realizzare per riconoscere e valorizzare il personale docente italiano assunto a contratto dagli Enti gestori, anche per le graduatorie del MAE, nel quadro di una completa revisione e verifica della formazione nei corsi di lingua e cultura italiana all'estero.
(4-04182)
Risposta. - In merito a quanto segnalato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
1) Premesso che si ritiene che l'interrogante faccia riferimento al capitolo di bilancio 3153 (considerato che il capitolo 3577 riguarda altra materia), si sottolinea che per l'Ente PLIC (Promozione lingua e cultura italiana) di Grenoble tutto risulta regolare in quanto il predetto ha correttamente inviato per tempo il consuntivo 2006 tanto che in data 29 settembre 2006 è stato erogato il saldo per l'anno 2006. Era stato anche erogato in data 20 marzo 2007 l'anticipo per lo scorso anno.
2) Per quanto attiene invece all'Ente APLICIT (Associazione e promozione lingua e cultura italiana) di Lione, i bilanci consuntivi di quest'ultimo risultano presentati spesso con errori di impostazione, ciò che non ha consentito di erogare i saldi per tempo. La circolare 13 dell'agosto 2003 precisa, infatti, che non può procedersi al pagamento dei saldi fintantoché non siano stati inviati i bilanci consuntivi degli Enti e fintantoché questi ultimi non risultino corretti. In particolare, l'Ente APLICIT negli anni 2003-2004-2005 e 2006 ha sempre presentato anche avanzi di bilancio in materia di formazione professionale, non avendo speso quanto inviato dal ministero o avendo realizzato corsi con Enti per i quali non era stato autorizzato. Per l'anno 2005 l'Ente in parola ha anche presentato un bilancio con un attivo generale di gestione che ha comportato un recupero. Il Ministero degli affari esteri, nonostante ciò, ha proceduto comunque alla erogazione del saldo 2006 già dal febbraio 2007.
Gli scoperti degli Enti, d'altra parte, dipendono il più delle volte dai ritardi con i quali vengono inviati i bilanci consuntivi nonché dagli errori che si riscontrano spesso nei rendiconti. Tutto ciò comporta successivi invii, che ritardano ovviamente la procedura.
3) Va poi considerato che, in base alla sopraccennata circolare 13, i fondi ministeriali assegnati rappresentano un contributo e non un finanziamento e, pertanto, gli enti debbono comunque possedere una propria autonomia non solo gestionale, ma anche contabile. Fra l'altro, i contributi ministeriali rappresentano sempre un'altissima percentuale dei bilanci degli enti.
4) Il ministero degli affari esteri ha fissato precise date per la presentazione dei bilanci preventivi e di quelli consuntivi: quelli preventivi devono essere presentati entro il 31 luglio di ogni anno e quelli consuntivi entro il 31 marzo dell'anno successivo. Gli eventuali ritardi nell'erogazione dei fondi sono dovuti, pertanto, alla mancata osservanza da parte degli enti stessi delle date di cui sopra.
5) È politica costante del suddetto 2 ministero quella di favorire l'organizzazione di corsi integrati presso i vari Paesi ove risiedono consistenti comunità italiane. Talvolta gli accordi per i corsi di cui sopra possono essere direttamente siglati con le Autorità locali dai Consolati italiani presenti nell'area. Talaltra si ricorre ad accordi quadro con i Paesi ospitanti. In questo caso, la competenza riguarda la direzione per le politiche culturali.
Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.
LEONE, FITTO, BRUNO, CARLUCCI, LAZZARI, LICASTRO SCARDINO, SANTELLI, VALDUCCI, VITALI, GIUDICE, TESTONI, PIZZOLANTE, GALLI, LUCIANO ROSSI, FASOLINO, AZZOLINI, SANZA, FRANZOSO, BERRUTI, STRADELLA, VERRO, GIOACCHINO ALFANO, JANNONE, COSSIGA, MARTINO, PRESTIGIACOMO,
RIVOLTA, MORONI, DI CAGNO ABBRESCIA, RAVETTO, FERRIGNO, PONZO, PAROLI, PAOLETTI TANGHERONI, TORTOLI, SIMEONI, BOSCETTO, ROMANI, DELL'ELCE, ARMOSINO, MAZZARACCHIO e MILANATO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con precedente interpellanza del 19 giugno 2007, in conseguenza della Delibera CIPE n. 179 del 22 dicembre 2006, «Applicazione del punto 6.4 della Delibera Cipe n. 17/2003 - Decurtazione delle risorse», con cui veniva monitorato lo stato di attuazione degli Accordi di Programma Quadro per gli interventi realizzati dalle Amministrazioni centrali e regionali e vengono applicate sanzioni alle Amministrazioni che non hanno impegnato le risorse entro le scadenze previste, Delibera che decurtava totalmente alla Regione Puglia una somma pari a 57,6 milioni di euro, i sottoscritti chiedevano al ministero se vi fosse la possibilità, mediante il meccanismo delle proroghe già attuato in passato ma che stavolta la Regione Puglia non aveva chiesto, di scongiurare la perdita di queste risorse;
in data 13 settembre 2007, il viceministro allo Sviluppo Economico, Sergio D'Antoni, rispondeva con dovizia di particolari a quella interpellanza consegnando ai sottoscritti un documento del ministero dal quale si evinceva che, alla somma di 57,6 milioni di euro, oggetto di decurtazione totale da parte del Cipe nei confronti della Regione Puglia per sua incapacità a rispettare le scadenze del 31 dicembre 2005 e del 31 marzo 2006, entro le quali gli Accordi di Programma Quadro finanziati con la Delibera Cipe 17/2003, avrebbero dovuto generare obbligazioni giuridicamente vincolanti, si aggiungevano purtroppo ulteriori decurtazioni;
nel documento del ministero, infatti, si faceva riferimento anche alle quote assegnate dal Cipe alle Amministrazioni centrali di settore e da queste destinate alla Regione Puglia, in riferimento alle quali il Cipe ha decurtato un totale di 26,5 milioni di euro; nonché alla situazione dell'accantonamento per le Amministrazioni centrali, in riferimento alle quali il Cipe ha decurtato 31,7 milioni di euro;
ne deriva che il totale dei finanziamenti che la Puglia viene a perdere è di 115,8 milioni di euro;
nel corso di una audizione presso la Commissione Bilancio della Regione Puglia, l'assessore al Bilancio Saponaro, ha prodotto le risultanze delle verifiche effettuate dalla Regione Puglia sui dati relativi alle obbligazioni giuridicamente vincolanti maturate alle scadenze del 31 dicembre 2005 e del 31 marzo 2006, e inviate dalla Regione al ministero dello Sviluppo Economico in data 6 settembre 2007, dalle quali emerge che l'importo del disimpegno totale a carico della Regione Puglia dovrebbe essere di 28,6 milioni di euro e non di 57,6;
a tale comunicazione il ministero ha risposto alla Regione Puglia, in data 18 settembre, sostenendo che «la ridefinizione del disimpegno sarebbe da imputare al mancato aggiornamento della banca dati applicativo intese da parte della regione nei tempi definiti per l'estrazione dei dati da comunicare al CIPE. La richiesta - scriveva il Direttore Generale del ministero, ingegner Aldo Mancarti - è al vaglio del competente ufficio del Dipartimento e sarà oggetto di proposta al CIPE per una prossima adunanza»;
in data 3 agosto 2007 la Giunta Regionale della Puglia, con Delibera N. 1363 avente ad oggetto: «Delibera Cipe 20/04 - Risorse per interventi nelle Aree sottoutilizzate - Rifinanziamento legge n. 208 del 1998 Periodo 2004-2007 - Disposizioni per rimodulazione risorse», prendeva atto delle risultanze del monitoraggio compiuto il 30 giugno 2007 relativo all'avanzamento degli Accordi di Programma Quadro finanziati con delibera CIPE N. 20/04. Nella Delibera della Regione si legge che ci sono euro 170.050.683,64 definiti «Importi con criticità alta» e euro 70.454.585,32 definiti dalla stessa Regione Puglia «Importi a
rischio di definanziamento da rimodulare». La Giunta quindi deliberava di attivare le procedure finalizzate alla rimodulazione delle risorse già programmate; deliberava inoltre di assicurare ai settori di intervento eventualmente interessati dal definanziamento, il riequilibrio degli impegni programmatici attraverso le risorse rinvenienti della programmazione FAS 2007-2013;
per quanto ad oggi è dato sapere, stando ai dati del ministero la Puglia, a valere sulla Delibera CIPE 17/2003, perde 115,8 milioni di euro e, in base a quanto dichiarato dalla stessa Regione Puglia con la Delibera di Giunta 1363, rischia di perderne altri 240 a valere sulla Delibera CIPE 20/2004;
la Giunta Regionale sostiene che le decurtazioni riguarderanno future assegnazioni e che comunque gli interventi programmati saranno finanziati con risorse rinvenienti dalla programmazione FAS 2007-2013;
con la delibera CIPE 17/2003, con competenza finanziaria distribuita sugli anni 2003, 2004 e 2005 alla Puglia sono stati assegnati 389,3 milioni di euro; con la Delibera Cipe 20/2004, con competenza finanziaria distribuita sugli anni dal 2004 al 2007, alla Puglia sono stati assegnati 393,3 milioni di euro -:
a quanto ammonti esattamente la quota di disimpegno a carico della Regione Puglia a valere sulla Delibera Cipe 17/2003;
a quanto ammonti in base ai dati in possesso del ministero, la quota a rischio di disimpegno a carico della Regione Puglia a valere sulla Delibera Cipe 20/2004 e se il ministero interpellato abbia valutato, di concerto con la Regione Puglia, l'impatto negativo e positivo degli Accordi di Programma Quadro che si vanno a definanziare e a rimodulare;
a quanto ammonti la quota relativa alla prossima programmazione FAS 2007-2013 per la Regione Puglia considerato che la Legge Finanziaria 2007 ha ridotto di quasi il 50 per cento il FAS rispetto al 2006;
se il ministero ritenga che la quota di FAS spettante alla Regione Puglia sia sufficiente a garantire copertura finanziaria degli interventi interessati a definanziamento e precedentemente finanziati con le Delibere CIPE 17/2003 e 20/2004.
(4-05783)
Risposta. - In relazione al definanziamento delle risorse di cui alla delibera Cipe n. 17/2003, così come previsto dalla delibera Cipe n. 179/2006, che risulta pari a 57,6 milioni di euro, la regione Puglia ha terminato l'inserimento dei dati nella banca dati Applicativo intese.
Il 6 settembre scorso, a seguito della comunicazione pervenuta dalla regione Puglia, il competente dipartimento del Ministero dello sviluppo economico, in attuazione della delibera Cipe n. 179/06 (punto 3), che prevede la possibilità, ove ne emerga l'esigenza, di un aggiornamento dei dati pubblicati, ha avviato le attività istruttorie necessarie per la relativa verifica.
Le prime proiezioni, effettuate dal competente ufficio, conducono ad una riduzione della perdita da 57,6 milioni di euro a 36,8 milioni di euro, in ragione di recuperi sui seguenti accordi di programma quadro: difesa suolo 4,8 milioni di euro, ricerca 2,7 milioni di euro, beni culturali 0,4 milioni di euro, beni culturali I atto integrativo 1,1 milioni di euro, società dell'informazione 5,9 milioni di euro, sicurezza I atto integrativo 5,9 milioni di euro.
In proposito, si evidenzia che la scadenza del 30 novembre 2007 per la sottoscrizione di tutti gli Accordi di programma quadro finanziati dalla delibera Cipe n. 3/2006, ha comportato un fisiologico rallentamento dell'inserimento dei dati e dei relativi rapporti e, pertanto, anche un consequenziale ritardo delle attività di monitoraggio svolte dal competente dipartimento del ministero dello sviluppo economico.
Attualmente, quindi, si è in attesa dell'inoltro formale dei rapporti di monitoraggio, ovvero delle rettifiche degli stessi, ove già inviati, al fine di concludere la procedura
di validazione relativa alla sessione di giugno 2007.
Tale inoltro da parte della regione Puglia, presumibilmente, si concluderà entro la prima decade di febbraio 2008.
In base alle motivazioni, addotte dalla stessa regione sarà, quindi, possibile formulare un'eventuale proposta di rettifica al Cipe, ai sensi della citata delibera Cipe n. 179/2006, punto 3, comma 2, da presentare, presumibilmente, ad un'adunanza prevista per il mese di marzo 2008.
In relazione all'ammontare della «quota a rischio di disimpegno a carico della Regione Puglia a valere sulla delibera Cipe 20/04», si evidenzia che, ai sensi della delibera Cipe n. 14/06 (punto 5.2) lo scorso ottobre si è conclusa la procedura amministrativa di riprogrammazione delle risorse, finalizzata all'assunzione degli impegni giuridicamente vincolanti entro il 31 dicembre 2007. Da una verifica effettuata sulla banca dati applicativo intese risulta che la regione Puglia sta provvedendo ad inserire i conseguenti dati relativi alla I sessione di monitoraggio giugno 2007, al termine del quale provvederà ad inviare i relativi Rapporti di monitoraggio.
Il componente dipartimento avvierà, quindi, le procedure di validazione dati e di chiusura della sessione, una volta ricevuti detti rapporti.
Successivamente, procederà all'avvio delle operazioni di monitoraggio relative alla II sessione 2007, utile per la rilevazione dei dati inerenti le assunzioni di obbligazioni giuridicamente vincolanti delle risorse afferenti la delibera Cipe 20/04. La II sessione di monitoraggio 2007, presumibilmente, terminerà con un lieve ritardo rispetto alla data del 31 marzo 2008, indicata dalla circolare sulle procedure di monitoraggio degli accordi di programma quadro, atteso che la delibera Cipe n. 14/06 (punto 5.2) prevede che la riprogrammazione delle risorse debba concludersi entro il 31 ottobre, ma debba essere riferita alla I sessione di monitoraggio 2007, sessione questa che termina in pari data.
L'accavallarsi delle due date ha comportato un fisiologico slittamento dei tempi di inserimento dei dati relativi alle riprogrammazioni convenute.
Attualmente, quindi, non è possibile effettuare una proiezione delle risorse ad eventuale rischio di definanziamento, considerato il carattere non definitivo dei dati a disposizione. Tuttavia, se venissero rispettate le ipotesi concretizzate con le riprogrammazioni concordate in sede dei tavoli dei sottoscrittori non dovrebbero risultare risorse in decurtazione.
Per quanto riguarda la quantificazione della quota da assegnare alla regione Puglia, relativamente alla prossima programmazione FAS 2007-2013, si evidenzia che il Cipe ha approvato il quadro strategico nazionale nel dicembre del 2006 e che, per lo stesso, è avvenuta la «presa d'atto» da parte della Commissione europea nel luglio 2007. Da tale documento di programmazione emerge che la chiave di riparto per la regione Puglia, determinata in sede di Conferenza Stato regioni, è pari al 18,11 per cento delle risorse disponibili per programmi di interesse strategico regionale e corrisponde ad una prima immediata assegnazione di 3.271,7 milioni di euro.
Ovviamente, la regione Puglia sarà destinataria di ulteriori interventi nell'ambito di programmi interregionali, uno dei quali è anche Amministrazione di riferimento.
È stata prevista, inoltre, in base alle regole del quadro strategico nazionale, una riserva di programmazione che verrà ripartita tra le amministrazioni interessate sulla base dell'andamento dell'attuazione delle azioni previste dal quadro strategico stesso.
Nel complesso, quindi, la regione Puglia nel periodo di programmazione 2007-2013 risulterà destinataria di risorse superiori a quelle assegnate nel precedente periodo di programmazione.
Al riguardo, si evidenzia che il Cipe nell'adunanza del 21 dicembre 2007 ha approvato la delibera di attuazione del quadro strategico nazionale. Tale delibera, che è in corso di redazione, deve essere registrata dalla Corte dei conti prima di essere pubblicata.
In merito, infine, alla questiona riguardante la capacità di copertura finanziaria con la quota, FAS spettante alla regione
Puglia, degli interventi finanziati dalle delibare Cipe n. 17/03 e n. 20/04, oggetto di eventuale decurtazione, in particolare, per quelli concessi ai sensi di quest'ultima delibera, si ritiene che, allo stato, considerate le risorse previste come assegnazione per il prossimo ciclo di programmazione, le riduzioni delle perdite previste, relativamente alle risorse di cui alla delibera Cipe n. 17/03, nonché le riprogrammazioni in corso relativamente alle risorse previste dalla delibera Cipe n. 20/04 - non dovrebbe sussistere alcun problema di copertura finanziaria.
Il Viceministro dello sviluppo economico: Sergio Antonio D'Antoni.
MARINELLO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nel luglio scorso, per la prima volta dopo la moratoria del 1998, l'Unione europea, basandosi sul parere favorevole fornito dagli studi dell'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa), ha avviato le procedure per l'autorizzazione finale sull'assenso alle coltivazioni di nuovi prodotti transgenici, aprendo di fatto il mercato agli organismi geneticamente modificati, adottando cosi come è accaduto fino ad oggi, le strategie perseguite sulle biotecnologie;
è oramai confermato sia dal punto di vista della sperimentazione scientifica, che da parte delle istituzioni europee e mondiali, che l'utilizzo e la diffusione degli organismi geneticamente modificati, sebbene con la necessaria prudenza ed imparzialità, costituiscono sostanzialmente una valida opportunità nel settore agroalimentare e agrozootecnico, nonché in quello della ricerca medica e scientifica, nel rispetto del principio di precauzione, rappresentando indubbiamente una innovazione nella sperimentazione tecnologica a livello globale;
sebbene la maggior parte dell'opinione scientifica italiana e della ricerca si sia schierata a favore degli OGM, così come il centro studi di Ricerche Nomisma, che il prossimo gennaio presenterà un rapporto che definisce sostanzialmente irrealistica l'idea di costruire una filiera OGM-free, unitamente alle industrie del comparto del biotech e della medicina e anche una rispettabile parte del mondo agricolo italiano, che ha chiesto al Ministro interrogato, di abolire i divieti di coltivazione di varietà OGM previsti a livello regionale in attesa di un piano nazionale, in Italia persiste un ingiustificato allarmismo, nonché una evidente indifferenza sull'utilizzo la sperimentazione e la coltivazione degli organismi geneticamente modificati;
tale scetticismo è aumentato in modo considerevole negli ultimi anni anche e soprattutto a causa dell'atteggiamento, secondo l'interrogante, fondamentalista e radicale che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro interrogato, hanno in più occasioni dimostrato sulla materia, relegando il sistema agricolo (e non solo) italiano al Medioevo;
infatti sia l'articolo 2, comma 177 della legge Finanziaria per il 2008, che prevede l'istituzione di un fondo pari a 2 milioni di euro da gestire in collaborazione con le Associazioni anti-OGM, impegnate nello sviluppo di modelli sperimentali di governance dell'innovazione tecnologica e che sostanzialmente destina i predetti finanziamenti alla Fondazione dei diritti genetici, sia l'articolo 2, comma 178 che dispone invece 3 milioni di euro a progetti non meglio specificati sul rapporto tra biotecnologie e società, evidenziano secondo l'interrogante l'intollerabile spreco di denaro pubblico e la demagogia dei metodi che il Governo Prodi utilizza, sostenendo le organizzazioni anti-OGM e finanziando le campagne che, per l'interrogante, sono contro la scienza e l'innovazione;
un articolo pubblicato dal quotidiano: il Riformista, il 18 dicembre 2007, a proposito dei provvedimenti inseriti all'interno della legge Finanziaria per il
2008, ha evidenziato come probabilmente i finanziamenti previsti dai due articoli del provvedimento suddetto, saranno indirizzati all'organizzazione di convegni come quello organizzato proprio dalla Fondazione dei diritti genetici, il 29 novembre scorso, il cui responsabile in più occasioni ha confermato i pregiudizi e le inaccettabili preclusioni a qualsiasi tentativo di utilizzo degli OGM a sostegno non solo dell'agricoltura, ma anche della biomedicina e della ricerca scientifica;
risulta pertanto evidente all'interrogante, l'assoluta incapacità da parte del Governo Prodi, nel perseguire delle politiche di intervento e di sostegno nella ricerca scientifica e tecnologica nel nostro Paese, così come la riduzione degli stanziamenti per la ricerca pubblica, previsti dalla stessa legge Finanziaria per il 2008, hanno dimostrato, istituendo al tempo stesso, un fondo speciale destinato ad associazioni che alla ricerca e all'innovazione si oppongono;
appaiono, all'interrogante, inoltre deboli e indifendibili le repliche pubblicate dal medesimo quotidiano il giorno successivo da parte dello stesso Ministro interrogato, il quale nel tentativo di smentire il contenuto e le circostanziate dimostrazioni pubblicate nell'articolo precedente, che accusano il Governo Prodi di quale atteggiamento abbia tenuto nel corso di questi due anni, con i provvedimenti approvati e soprattutto con quelli che non ha adottato, nei confronti della rivoluzionaria ricerca degli organismi geneticamente modificati, in realtà confermando la scarsa volontà di sostenere la ricerca e lo sviluppo degli OGM;
quali valutazioni intenda effettuare nei riguardi delle considerazioni esposte in premessa;
se non ritenga opportuno ed urgente riconsiderare completamente le politiche del dicastero, al fine di sostenere maggiormente la ricerca e l'utilizzo degli OGM, nel rispetto di un maggiore equilibrio e di una corretta informazione pubblica sulla materia;
se non ritenga infine opportuno assumere iniziative normative affinche i finanziamenti previsti dalle disposizioni stabilite dalla legge Finanziaria per il 2008 ed esposte in premessa, siano piuttosto indirizzati verso progetti volti a sostenere la ricerca scientifica e tecnologica nel nostro Paese, il cui futuro anche a causa delle notevoli riduzioni previste da parte del Governo Prodi, all'interno della stessa legge Finanziaria per il 2008, appare fortemente a rischio.
(4-05972)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in oggetto, concernente alcune problematiche inerenti alle politiche del Governo in materia di ricerca agricola e segnatamente ad una maggior apertura nei confronti dei prodotti «Ogm», si fa presente, innanzi tutto, che le censurate disposizioni di cui all'articolo 2, comma 177 e 178 della legge finanziaria 2008 non sono frutto di iniziative dell'Amministrazione bensì di iniziative parlamentari.
Al riguardo, nell'assicurare che l'Amministrazione, nella gestione dei relativi fondi, adotterà come sempre procedure istruttorie trasparenti, si evidenzia che, nel caso specifico dei programmi di ricerca, sarà prevista la valutazione scientifica da parte di apposito Comitato, insediato presso il Mipaaf, costituito da autorevoli rappresentanti del mondo della ricerca agricola.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
RAISI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'Enci, Ente nazionale cinofilia italiana, svolge ai sensi della legge 30 dicembre 1992 n. 529 una attività avente pubblico interesse, inerente la tutela e la promozione delle razze canine;
nello specifico l'Enci è deputato alla tenuta del Libro genealogico dei cani di razza secondo la disciplina dettata da appositi disciplinari approvati con decreti
del Ministro delle politiche agricole e forestali e, in particolare, dal decreto ministeriale n. 21095 del 5 gennaio 1996 e dalle norme tecniche di attuazione, anch'esse approvate con rispettivi decreti ministeriali;
la disciplina dettata dalle ordinanze ministeriali attraverso i disciplinari è integrata dalle disposizioni di legge nazionale che regolano il settore, con la legge 14 agosto 1991 n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione prevenzione del randagismo) e l'Accordo Stato-Regioni sul benessere degli animali da compagnia e pet therapy del 6 febbraio 2003;
recentemente, in conseguenza di accertati maltrattamenti ed inutili mutilazioni di cani di razza, con ordinanza del 12 dicembre 2006 il Ministro Livia Turco disponeva il divieto degli interventi chirurgici destinati a modificare l'aspetto di un cane, o finalizzati ad altri scopi non curativi e, in particolare, il taglio della coda ed il taglio delle orecchie, dovendo la stessa disciplina essere applicata non solo dagli allevatori, ma soprattutto, dall'ENCI, cui è demandata sul territorio nazionale la tutela dei cani di razza;
in merito alla corretta applicazione della detta disposizione ministeriale occorre dare conto di quanto si è verificato il giorno 22 settembre 2007 a Desio (Milano) in occasione del campionato mondiale dei cani di razza dobermann organizzato dall'Associazione italiana allevatori Dobermann (AIAD) e dall'Enci, che quindi patrocinavano ed erano a conoscenza dell'evento. Alla manifestazione hanno partecipato un numero elevatissimo di cani di razza Dobermann che presentavano la coda e le orecchie amputate, ad avviso dell'interrogante in totale dispregio all'ordinanza sopra richiamata;
l'Ente Nazionale della Cinofilia Italiana, che a quella manifestazione era presente con un proprio delegato (come sempre avviene per i campionati dallo stesso ente organizzati), che dovrebbe essere responsabile della selezione dei cani di razza ai sensi della legge n. 349 del 1993, per questo svolgendo una funzione avente rilevanza pubblica in un settore di rilevante impatto sociale, promuovendo iniziative discutibili;
a giudizio dell'interrogante quanto accaduto è un ulteriore episodio in cui l'Enci dimostra di operare non in piena aderenza alle norme di legge nazionale, come nel caso del mancato allineamento delle iscrizioni dei cani al Libro delle Origini con l'obbligo dell'iscrizione all'anagrafe canina, prescritto dalla legge n. 281 del 1991 e delle leggi regionali;
l'Enci non ha provveduto nemmeno a modificare gli standard delle razze italiane, come il Mastino Napoletano e il Cane Corso, che ammettono caudectomia e conchettomia, finendo così per avallare di fatto - secondo l'interrogante - il perpetuarsi di comportamenti vietati per legge sui quali si era espresso negativamente anche il comitato di Bioetica Nazionale nel maggio 2006;
la gravità di quanto accaduto nel campionato mondiale Dobermann svolto a Desio risulta ancora più evidente se si considera che l'evento è stato organizzato dall'Aiad (Associazione Italiana Allevatori Dobermann), il cui presidente, giudice ufficiale ENCI e membro della Commissione «cani pericolosi» istituita presso il Ministero della salute, già sub-commissario Enci e già rappresentante del Ministero presso il medesimo Ente -:
quali iniziative intendano adottare pergarantire l'ottemperanza della normativa vigente, al cui rispetto sarebbe tenuto l'Enci, attesa la particolare funzione di tutela dei cani di razza ed in generale del benessere animale, quale ambito sociale di pubblico interesse;
se il Ministro per le politiche agricole e forestali non ritenga opportuno procedere alla nomina di un commissario ad acta per la corretta applicazione della legge n. 529 del 1992 e del Disciplinare del Libro genealogico per la tutela dei cani di razza.
(4-05050)
Risposta. - L'interrogazione in oggetto pone l'accento su presunte violazioni dell'Ordinanza del Ministro della salute 12 dicembre 2006, così come modificata dalla successiva ordinanza del 28 marzo 2007, in occasione del campionato mondiale cani di razza doberman, tenutosi a Desio il giorno 22 settembre 2007.
Al riguardo, preme ricordare che l'Ordinanza consente il taglio della coda, entro la prima settimana di vita, per i cani appartenenti alle razze canine riconosciute dalla Federazione internazionale delle associazioni di allevatori canini (Fci) con caudotomia prevista dallo standard, nonché il taglio della coda e/o delle orecchie, indipendentemente dalla razza, solo per ragioni di medicina veterinaria (interventi curativi necessari).
Lo standard del Doberman prevede, in particolare, che gli animali siano indistintamente ed egualmente giudicati sia con orecchie e coda integre, sia con orecchie e coda tagliate.
In ogni caso, a decorrere dal 14 gennaio 2007, data di entrata in vigore dell'ordinanza ministeriale del 12 dicembre 2006, il taglio delle orecchie è vietato.
Quanto al caso specifico, sulla base di quanto comunicato dall'Enci, si precisa che l'Associazione italiana allevatori Doberman (Aiad), in qualità di comitato organizzatore, ha chiesto ai veterinari in servizio di effettuare gli opportuni controlli, al fine di escludere dalla manifestazione i soggetti non in regola con la normativa vigente.
Tali controlli, in entrambe le giornate, sono stati effettuati per tutti gli animali iscritti in catalogo, sia dai veterinari di servizio che dagli Ufficiali di Polizia Giudiziaria del Corpo forestale dello Stato.
In particolare, il Direttore del Dipartimento Veterinario della ASL Provincia di Milano 3 ha precisato che: «Il campionato mondiale di cani di razza dobermann a Desio e stato regolarmente autorizzato dal Servizio Sanita Animale che con i suoi operatori ha eseguito i controlli di rito, relativi all'iscrizione dei cani all'anagrafe canina, alla regolarità dei passaporti dei soggetti provenienti dall'estero e, tramite l'uso del catalogo della manifestazione, al controllo dei cani nati dopo il 12 gennaio 2007. I veterinari non hanno rilevato irregolarità in quanto i pochi soggetti sotto gli otto mesi che risultavano con orecchie e code tagliate erano muniti di certificazione veterinaria».
Secondo quanto più dettagliatamente relazionato dall'AIAD, i cani interessati all'ordinanza in questione erano quelli iscritti nelle classi «Baby» e «Juniores» per un numero complessivo di 129 soggetti; alcuni dei soggetti presenti, iscritti in queste classi, presentavano tagli alle orecchie.
Inoltre, si fa presente che il 65 per cento circa dei cani iscritti provenivano dall'estero e, quindi, anche da Paesi ove non vige il divieto del taglio.
Nell'ambito della manifestazione, comunque, non risulta che gli Ufficiali della Guardia Forestale abbiano rilevato infrazioni alla norma sotto il profilo del taglio di orecchie e coda, mentre sono stati sequestrati 4 soggetti di razza Dobermann provenienti dall'estero per irregolarità dei passaporti.
Tali soggetti, affidati in custodia alla ASL competente, sono stati dissequestrati solo allorquando il proprietario ha fornito all'Autorità Giudiziaria documentazione conforme alla normativa.
Infine, si fa presente che a Desio non era presente alcun delegato dell'ENCI, in quanto in occasione di raduni, come la manifestazione in oggetto, l'ENCI invia un proprio delegato solo su richiesta espressa del comitato organizzatore.
Pertanto, non trattandosi di una manifestazione organizzata direttamente dall'ENCI o vigilata dallo stesso, in caso di eventuali violazioni delle norme sul benessere animale rispondono direttamente gli organizzatori del raduno ed i proprietari dei cani non in regola con la normativa vigente.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
SALERNO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del commercio internazionale,
al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
risulta ancora incerto l'esito delle difficili trattative tra l'ONU e il Governo di Teheran che hanno per oggetto la determinazione e comminazione di sanzioni per non avere quest'ultimo aderito alla richiesta ONU di bloccare entro il 31 agosto il suo programma di arricchimento dell'uranio;
le cronache giornalistiche odierne hanno rappresentato ancora una volta il duro atteggiamento del Presidente dell'Iran Ahmadinejad il quale nel respingere e rifiutare qualsiasi ipotesi di blocco del programma nucleare, ha risposto in modo minaccioso alle ipotesi di sanzioni che il consiglio di sicurezza ONU, a maggioranza, ha prospettato nei confronti dell'Iran;
tra le varie minacce espresse, una sembrerebbe prevedere l'interruzione o il deterioramento delle relazioni commerciali tra l'Iran e quei paesi che si schiererebbero a favore di queste sanzioni;
l'Italia risulta essere, secondo notizie e stime giornalistiche, uno dei principali partner europei commerciali dell'Iran;
dette relazioni pur essendosi sviluppate in epoche pregresse oggi devono tener conto di un mutato scenario politico caratterizzato dalla repentina ed aggressiva svolta integralista dell'Iran soprattutto a seguito dell'elezione dell'attuale Presidente Ahmadinejad;
appare oggettivamente grave e destabilizzante per l'intera comunità internazionale e nello specifico per l'area medio orientale il persistere di una iniziativa mirata alla realizzazione di programmi nucleari da parte di un paese che senza eccessivi infingimenti e in più di un'occasione ha minacciato di distruzione nucleare attraverso l'uso di armi atomiche i Paesi limitrofi e nello specifico Israele -:
quali siano i settori produttivi caratterizzanti gli scambi commerciali Italia-Iran;
quali siano le principali aziende in rapporto diretto con tale paese e in particolare se alcune di esse operino nel settore nucleare o in generale nel suo indotto;
quale sia il volume attuale di questi scambi.
(4-01944)
Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'Onorevole interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di informazione.
L'Italia ha sempre mantenuto aperto un canale di dialogo con l'Iran, che non si è interrotto nemmeno nel periodo immediatamente successivo alla rivoluzione di Khomeini e di acuta crisi di quel Paese con la comunità occidentale. Si è trattato di rapporti che hanno incluso anche un confronto sui principali temi di politica internazionale, talvolta dialettico ma sempre ispirato a intenti costruttivi. Ciò nondimeno, il nostro Paese non è mai venuto meno alla sua convinta collocazione nell'area europea e atlantica.
L'Italia ha concorso attivamente all'elaborazione della Posizione comune e del Regolamento europeo, che hanno garantito la piena applicazione, prima della Risoluzione 1737 e poi della Risoluzione 1747, approvata all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 24 marzo 2007.
Quanto agli scambi commerciali fra l'Italia e l'Iran, si riferiscono i riscontri delle elaborazioni dell'Osservatorio Economico del ministero del commercio internazionale su dati ISTAT.
Nel 2006 l'Italia ha esportato verso l'Iran merci per un valore di 1.839 milioni di euro, con un calo del 18,5 per cento rispetto al 2005, in cui il nostro export verso l'Iran era stato del valore di 2.256 milioni di euro. I dati disponibili per il 2007 confermano la tendenza al calo del nostro export. Nel gennaio 2007 abbiamo esportato verso l'Iran merci per 105 milioni di euro, contro i 143 milioni di euro del gennaio 2006. Verso l'Iran esportiamo prevalentemente macchine ed apparecchi meccanici, per un valore mediamente pari al 64,3 per cento dell'export totale, prodotti chimici e fibre sintetiche e artificiali (9,9
per cento), prodotti della metallurgia (4,8 per cento), macchine ed apparecchi elettrici (4,4 per cento), prodotti in metallo esclusi macchine ed impianti (3,5 per cento), autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (3 per cento).
Nel 2006, l'Italia ha importato dall'Iran beni per un valore di 3.881 milioni di euro, con un incremento dell'1,11 per cento rispetto al 2005, in cui il valore dell'import era stato pari a 2.946 milioni di euro. Il trend si è confermato nel 2007. Nel gennaio 2007 abbiamo importato dall'Iran per 307 milioni di euro, contro i 224 milioni di euro del gennaio 2006 (sempre +1,11 per cento). L'aumento del valore dell'import dipende dalla sua composizione merceologica: mediamente l'84,6 per cento del nostro import dall'Iran è costituito da petrolio greggio e gas naturale, le cui quotazioni sui mercati internazionali rimangono molto sostenute. Fra le altre, principali voci del nostro import dall'Iran figurano i prodotti della metallurgia (10 per cento), i prodotti chimici e le fibre sintetiche e artificiali (1,7 per cento), i prodotti dell'agricoltura e della caccia (1,1 per cento), i prodotti alimentari e le bevande (0,9 per cento), i prodotti tessili (0,5 per cento).
Negli ultimi anni, le nostre principali imprese hanno concluso contratti in Iran per circa 7.029 milioni di euro, in prevalenza nei settori petrolifero (2.314 milioni di euro Euro, pari al 33 per cento del totale), siderurgico (1.493 milioni di euro, pari al 21,2 per cento del totale), energetico (1.200 milioni di euro, pari al 17 per cento del totale), petrolchimico (862 milioni di euro, pari al 12,2 per cento del totale) dell'industria automobilistica e delle relative componenti (509 milioni di euro, pari al 7,3 per cento del totale) delle costruzioni (484 milioni di euro, pari al 7 per cento del totale), delle macchine e degli apparecchi meccanici (167 milioni di euro, pari al 2,3 per cento del totale). A tali somme è da aggiungere un volume d'investimenti di circa 300 milioni di euro, per lo più connessi a jont-ventures di ditte italiane in Iran.
Le principali Aziende italiane operanti in Iran sono:
ALCATEL ITALIA S.p.A (filiale attrezzature per telecomunicazioni);
ALITALIA S.p.A.
ALISTOM POWER ITALIA S.p.A (progettazione, costruzione settore fornitura energia elettrica);
ANSA (agenzia stampa);
ASI-ROBICON (installazione e avviamento elettropompe);
BANCA INTESA S.p.A;
BANCA NAZIONALE DEL LAVORO;
BENCOM SRL TEHERAN BRANCH OFFICE (BENETTON);
BFS/SIMIC (Joint Venture produttore di barile di metallo a 220 litri);
DANIELI & C. OFFICINE MECCANICHE (filiale costruzioni impianti per acciaierie)
DE NORA (Uff. rappresentanza industria chimica e petrolchimica);
DIETSMANN COMERINT (filiale technical training services, operation & maintenance);
DUFERCO IRAN BRANCH (filiale trading structural steel);
EDISON INTERNATIONAL S.p.A. (filiale ricerca idrocarburi);
ENSAMBLE (uff.rappres. varie aziende italiane);
ENI IRAN B. V. (filiale progetti sfruttamento petrolio e gas);
FATA ENGINEEING S.p.A. IRAN BRANCH (uffici tecnici, servizi di consulenza ingegneristica e architettura);
FOSTER WHEELER società ingegneria, petrolchimico, raffinerie, oilgas);
MEDIOBANCA Iran;
NALCO ITALIANA S.p.A. (trattamento acqua);
NASSETT1 S.p.A (filiale macchine per ceramica);
NOYVALLESINA ENGINEERING S.p.A. IRAN BRANCH (progettazione linea
linea per industria petrolchimica tessile meccanica e chimica);
NUOVO PIGNONE S.p.A. (uff. di collegamento monitoraggio mercato/subforniture);
PEDRINI Tecnologia e Sistemi per Marmo e Graniti;
SAIPEM S.p.A. IRAN BRANCH (filiale subfornitura per perforazione giacimenti gas S.P.)
SELI (costruzione dei tunnel sotterranei per acquedotto nelle zone disagiate);
SNAM PROGETTI S.p.A: (progetazione impianti petrolchimici);
SOILMEC S.p.A. IRAN BRANCH (filiale attrezzature perforazione);
TECNIMONT S .p.A. (filiale progettazionc impianti petrolchimici);
TECHNIP ITALY (filiale progettazione impianti petrolchimici).
È vietata l'esportazione verso l'Iran di materiali d'armamento o comunque in qualche modo utilizzabili per scopi bellici, come anche di beni e tecnologie che possano essere utilizzati per l'industria nucleare o per la costruzione di missili balistici. In capo al ministero del commercio internazionale è stato costituito il Comitato «dual use», il cui compito è quello di inibire l'esportazione verso l'Iran di beni e tecnologie che, seppure normalmente adibiti a fini pacifici, possano in ipotesi essere utilizzati anche per l'industria bellica e/o nucleare.
Non esiste in Iran nessuna azienda italiana che operi, o abbia in passato operato, nel settore nucleare, incluso il nucleare civile, ovvero nel suo indotto.
Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.
ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
i contratti all'estero dei dipendenti dello Stato in seno alle strutture diplomatiche e servizi correlati - come quelli relativi alle direzioni scolastiche - sono a tempo determinato, passato il quale si procede ad un avvicendamento facendo rientrare in patria il funzionario;
risulta all'interrogante che, anche per dare spazio alle richieste e alle liste di attesa di altri insegnanti che vorrebbero poter usufruire del periodo di servizio all'estero, di norma meglio remunerato che non in Italia, tale periodo è di solito di cinque anni, almeno per quanto riguarda le direttrici scolastiche e incarichi equipollenti;
risulta all'interrogante che presso la nostra rappresentanza consolare di Porto Alegre in Brasile alla signora L. C. tale termine di servizio sarebbe stato portato a ben 9 (nove) anni -:
per quale motivo sia stata operata questa scelta, se le rappresentanze sindacali ne siano state messe al corrente, se ciò non abbia costituito un precedente per altre situazioni similari e se il Ministro non ritenga di dover ripristinare la norma richiamando in patria la predetta dipendente, come avvenuto per centinaia di altri casi simili.
(4-05904)
Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La durata del servizio all'estero dei dirigenti scolastici assegnati alle scuole statali o agli uffici scolastici istituiti presso le Rappresentanze diplomatiche e/o consolari è regolata dall'articolo 49 del CCNL dei dirigenti scolastici - Area V - 2002-2005, firmato in data 11 aprile 2006, che così recita: «La durata del primo incarico per l'espletamento delle funzioni dirigenziali all'estero è di quattro anni. È facoltà del ministero degli affari esteri conferire successivi incarichi di durata variabile e comunque non oltre un periodo complessivo di nove anni».
Al termine del primo incarico quadriennale, lo stesso Ministero, in presenza di una dichiarazione di disponibilità presentata dai
dirigenti scolastici interessati e di un parere favorevole da parte del Capo della Rappresentanza diplomatica o consolare, si avvale della facoltà di attribuire un ulteriore incarico nella stessa sede nei termini fissati dal CCNL sopra citato.
Tale procedura è stata seguita anche in occasione della concessione di un ulteriore incarico quinquennale al dirigente scolastico di Porto Alegre che giungerà al termine del primo mandato quadriennale il 29 febbraio 2008 (anno scolastico australe) e potrà rimanere in servizio fino al 28 febbraio 2013.
Negli ultimi anni, ovvero da quando il progressivo affermarsi della autonomia scolastica ha comportato la creazione dell'area V della dirigenza scolastica, il ministero degli esteri ha generalmente seguito la consuetudine di accordare ai dirigenti scolastici, al termine del primo periodo e sempre in presenza di una dichiarazione di disponibilità degli interessati e di un parere favorevole da parte del Capo della Rappresentanza diplomatica o consolare, una successiva proroga dell'incarico fino al raggiungimento del periodo massimo di 9 anni. La Farnesina era confortata in questa scelta da quanto previsto dall'articolo 6 dell'Accordo successivo per i dirigenti scolastici da destinarsi all'estero, firmato il 6 giugno 2003, che prevedeva un periodo di servizio continuativo di nove anni senza alcuna distinzione fra il primo mandato e quelli successivi. Questa scelta era stata dettata anche dal fatto che per i dirigenti scolastici non è prevista la possibilità di un trasferimento «estero per estero» durante il periodo di svolgimento del proprio mandato. Tale prassi è rimasta costante anche dopo l'entrata in vigore del nuovo CCNL dei dirigenti scolastici - Area V - 2002-2005, firmato l'11 aprile 2006.
In occasione delle riunioni relative alla revisione annuale del contingente dei dirigenti scolastici da destinare all'estero per l'anno scolastico 2007-2008 che si sono tenute nei giorni 8 e 16 febbraio 2007, le Organizzazioni sindacali sono state informate sulla consistenza dei posti da assegnare con successivo incarico e di quelli da coprire mediante nuove nomine.
Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.