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Allegato B
Seduta n. 278 del 9/4/2008
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ALEMANNO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 10 marzo 2007, in località Mandi nello stato indiano dell'Himachal Pradesh, sono stati tratti in arresto i nostri connazionali Angelo Falcone e Simone Nobili;
la polizia locale ha posto in essere l'arresto per presunto traffico di sostanze stupefacenti (nello specifico hashish);
mentre i nostri due connazionali erano posti in stato di fermo sembrerebbe che non sia stato loro consentito di contattare la nostra ambasciata o almeno i loro familiari;
nel periodo di fermo, ai nostri due connazionali pare non sia stato fornito loro un traduttore di lingua;
secondo quanto da loro stessi affermato, i nostri due connazionali sembrerebbe siano stati «forzati» dalla polizia a sottoscrivere dei verbali di dichiarazioni a loro riferiti ma pregiudizialmente infedeli;
questi verbali sembra fossero stati scritti solo ed esclusivamente nella lingua hindi e, pertanto, non comprensibili per i nostri due connazionali che, quindi, non hanno potuto leggerli e confermarli prima della presunta «forzata» sottoscrizione;
a causa di queste confessioni di colpevolezza, così irritualmente ottenute, i nostri due connazionali sono, pur nelle more del giudizio, costretti ad una permanenza nelle carceri indiane in condizioni che sembrerebbero incompatibili con la civiltà -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, se gli stessi corrispondano al vero, quali iniziative intenda adottare con particolare riferimento alla possibilità di chiarire, con le autorità indiane, l'esatta ricostruzione dei fatti accaduti nella stazione di polizia di Mandi tra le ore 22 del 10 marzo 2007 e le ore 22 del giorno successivo;
se ritenga opportuno intraprendere iniziative, con l'ausilio della nostra ambasciata o dei nostri consolati in India, volte a garantire ai nostri due connazionali il diritto ad un giusto processo basato su prove solide.
(4-06207)
Risposta. - Il signor Angelo Falcone e il signor Simone Nobili sono stati tratti in arresto dalle Autorità di polizia indiane il 10 marzo 2007 a Mandi, nell'Himachal, con l'accusa di detenzione di 18 kilogrammi di hashish finalizzata allo spaccio. I connazionali sono stati condotti nel carcere di Mandi, ove tuttora permangono in regime di custodia cautelare.
Il caso del signor Falcone e del signor Nobili è stato seguito sin dall'inizio con la massima attenzione sia dal ministero degli affari esteri sia dall'ambasciata in New Delhi. Sin dal momento dell'arresto, la rappresentanza si è adoperata, in particolare, per fornire agli interessati ogni possibile assistenza mantenendo un costante
contatto con i familiari in Italia. La stessa rappresentanza è altresì intervenuta presso le competenti Autorità indiane al fine di ottenere una conclusione più rapida possibile delle indagini relative alle accuse contestate. Nel corso di un suo recente viaggio in India inoltre l'onorevole Ministro ha consegnato al suo omologo indiano un promemoria sulla vicenda, il quale successivamente è stato trasmesso alle Autorità dello Stato dell'Himachal, dove i connazionali si trovano in stato di detenzione.
Diverse visite consolari sono state effettuate per verificare le condizioni di salute e di detenzione dei due connazionali. Fin dall'incontro in carcere avvenuto lo scorso 4 ottobre, il signor Falcone e il signor Nobili sono apparsi in buono stato di salute psico-fisica; gli stessi hanno dichiarato di essere trattati con cortesia dalle Autorità carcerarie, di ritenere accettabili le condizioni igieniche della struttura nella quale sono reclusi e di poter senza difficoltà comunicare con i loro congiunti in Italia con cadenza settimanale. L'Ambasciata ha comunque ottenuto dalle predette Autorità l'autorizzazione a che gli interessati siano sottoposti ad una visita sanitaria di controllo da parte di un medico esterno al penitenziario.
Quanto alla vicenda giudiziaria, terminata la fase istruttoria il procedimento penale a carico del signor Falcone e del signor Nobili è attualmente nelle sue fasi iniziali. Nel corso dell'udienza svoltasi lo scorso 27 ottobre sono stati formalizzati i capi di imputazione a carico dei connazionali: detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio e nel corso di dicembre si sono svolte le udienze per l'escussione dei testimoni. Il signor Falcone ed il signor Nobili sono assistiti da un legale di fiducia da loro stessi scelto e non risulta attualmente che nella conduzione del processo a loro carico vi sia stata alcuna violazione dei diritti di difesa. Eventuali irregolarità nella fase di arresto potranno essere sollevate dal succitato legale in sede processuale.
Il Ministero degli Affari Esteri ha autorizzato l'ambasciata a New Delhi a concedere, previa iscrizione Anagrafe degli italiani residenti all'estero degli interessati, un congruo sussidio come contributo al pagamento delle spese connesse alla difesa dei due connazionali avendo accertata l'impossibilità delle proprie famiglie di farsene carico in toto.
L'ipotesi di un eventuale rientro in Italia del signor Nobile e del signor Falcone, potrà essere presa in considerazione soltanto una volta completato il procedimento penale.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
AMORUSO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il commissario europeo per il commercio Peter Mandelson ha annunciato un rinvio sine die - per l'impossibilità di un accordo tra gli Stati membri dell'Unione europea - di una nuova normativa anti-dumping per arginare le importazioni, oggi indiscriminate, di prodotti che violano i principi della concorrenza provenienti dai Paesi emergenti in particolare dell'Asia;
questo pericoloso stop giunge nello stesso periodo in cui sono cadute le barriere commerciali dell'Unione europea nei confronti di alcune tipologie di prodotti provenienti nello specifico dalla Cina -:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere perché l'Italia si faccia promotrice di una rinnovata azione dell'Unione europea volta a difendersi dai prodotti esteri che violano la concorrenza leale.
(4-06183)
Risposta. - La concorrenza commerciale proveniente dai paesi emergenti, in particolare dell'Asia, è una sfida che un'Europa che voglia realmente crescere in termini di competitività è inevitabilmente chiamata a raccogliere. Al vantaggio legittimo derivante dal basso costo della manodopera e di produzione, tali paesi aggiungono in alcuni casi comportamenti sleali, quali sovvenzioni statali, agevolazioni fiscali, uso improprio del fattore lavoro, al fine di aumentare ulteriormente la competitività delle proprie imprese. Per fronteggiare tali pratiche commerciali scorrette, la
legislazione comunitaria prevede tre misure principali di difesa commerciale:
misure antidumping nei confronti di importazioni di prodotti che le imprese di paesi terzi vendono sul mercato europeo a prezzi inferiori rispetto a quelli vigenti sul mercato d'origine;
misure antisovvenzione, nei confronti di importazioni da imprese che beneficiano di aiuti o sovvenzioni statali;
misure di salvaguardia che possono essere attuate in presenza di grave danno alle imprese europee derivante distorsioni del mercato (come flussi anomali di importazioni).
Nel 2006 la Commissione Europea ha avviato una riflessione per un'eventuale riforma degli strumenti di difesa commerciale (Trade Defence Instruments). A seguito della comunicazione «Global Europe» (ottobre 2006), la Commissione ha pubblicato un libro verde per preparare una consultazione pubblica sulla riforma. I quesiti posti nel libro verde erano manifestamente orientati verso le tesi di coloro che auspicano un indebolimento dell'antidumping per favorire le esportazioni verso l'Unione europea da parte di imprese europee che hanno delocalizzato presso mercati terzi. La consultazione pubblica (marzo 2007) ha peraltro chiaramente fatto emergere come maggioritaria la linea dei paesi, tra cui l'Italia, contrari all'indebolimento dei Trade Defence Instruments.
Nonostante tale indicazione suggerisse quantomeno prudenza, il commissario Mandelson ha comunque presentato lo scorso ottobre le sue proposte di revisione dell'antidumping. Esse erano basate sulla modifica dei Regolamenti e sull'adozione di una comunicazione che, definendo le «guidelines» per la riforma dei Trade Defence Instruments, di fatto stabiliva la possibilità da parte della Commissione di applicare unilateralmente i principi della riforma, senza quindi il pieno coinvolgimento del Consiglio e degli Stati membri.
Nella proposta di Mandelson si prevedeva anzitutto l'esenzione dai dazi per le imprese europee che hanno spostato una parte rilevante della loro attività produttiva presso mercati terzi, includendole quindi nel novero dei produttori Unione europea. Inoltre, la revisione e l'ampliamento del concetto di interesse comunitario (i benefici derivanti dall'introduzione di un dazio devono essere superiori ai costi che ne deriverebbero) per tenere in considerazione la realtà degli importatori e dei consumatori, requisito fondamentale nelle inchieste della Commissione per valutare l'opportunità di imporre un dazio, contribuiva ad aumentare eccessivamente il potere discrezionale della Commissione nel determinare l'esistenza di dumping e decidere il tipo e il livello dei dazi.
Al riguardo Le sottolineo che l'Italia è stata in prima linea nel contrastare una riforma così concepita, in quanto rischiava di creare ulteriori incentivi alla delocalizzazione di settori, quali il manifatturiero, che hanno rilevanza strategica non solo per l'Italia, ma per l'intera produzione europea, con conseguenze drammatiche sul fronte dell'occupazione. Ne risulterebbero colpite particolarmente le piccole e medie imprese, le più esposte ai rischi di un'eccessiva deregolamentazione del commercio mondiale, mentre il necessario rilancio del sistema europeo di Piccole e medie imprese ad alto contenuto creativo ha bisogno di efficaci strumenti di difesa commerciale, maggiori controlli per combattere la contraffazione, etichettatura obbligatoria (cosiddetto Made In). L'articolazione complessa del sistema produttivo europeo, che in definitiva ne rappresenta una ragione di forza nella competizione globale, impone di valutare con molta cautela qualsiasi approccio che privilegi la protezione di un singolo modello economico incentrato sulla delocalizzazione.
Il Governo italiano infatti, pur riconoscendo la necessità di aggiornare l'impianto di difesa commerciale al fine di renderlo più snello e trasparente, non ritiene opportuno procedere ad un indebolimento unilaterale delle misure, tenuto conto del fatto che i nostri principali partner commerciali tendono invece a rafforzare i propri strumenti di difesa e ad intensificarne l'utilizzo.
La posizione italiana è stata sostenuta da molti altri Stati membri, tra cui Francia, Germania, Spagna e Portogallo, portando il commissario Mandelson alla decisione di rinviare sine die la propria proposta di riforma, data la mancanza di consenso tra gli Stati membri.
Tale passo ha rappresentato un risultato senz'altro positivo per l'Italia, che nell'ambito delle competenti istituzioni comunitarie si è fatta portavoce dell'interesse a tutelare le imprese che, nonostante le numerose e crescenti difficoltà, hanno deciso di mantenere la produzione sul suolo europeo. Il Governo italiano ha infatti sempre sostenuto la necessità di tutelare le imprese e l'occupazione europee dalla concorrenza sleale (vedasi l'imposizione nel 2006, grazie al ruolo di primo piano svolto dall'Italia, dei dazi antidumping nei confronti delle importazioni di alcune categorie di calzature in pelle dalla Cina e dal Vietnam, settore che per noi riveste particolare importanza).
Le assicuro pertanto che l'Italia continuerà ad insistere in sede comunitaria sulla necessità di tutelare l'interesse complessivo dell'Europa, e della competitività della sua economia su scala globale, affrontando in modo efficace ogni forma di dumping e di combattere la concorrenza sleale, da qualsiasi parte essa provenga. Agire contro il commercio sleale ha un ruolo politico ed economico essenziale per la difesa di un commercio che sia libero ed equo, per il mantenimento della competitività dell'Europa e per il lavoro dei cittadini europei. Non possiamo quindi permettere un indebolimento degli strumenti di difesa commerciale, unico meccanismo legale valido per tutelare le produzioni europee dal mancato rispetto delle regole del commercio internazionale. Tale impostazione è pienamente in linea con i principi e i valori del libero mercato, che l'Italia sostiene con convinzione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
ASCIERTO e MARTINELLI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
attualmente vengono incorporati 99.000 allievi V.F.P.1 (volontari in ferma prefissata a un anno) sul territorio nazionale suddivisi in 6 blocchi;
i centri vestizione dove vengono attualmente accolti ed addestrati (si fermano 7 settimane prima di essere trasferiti ai reparti operativi) sono: 1 Rgt. «S. Giusto» a Trieste; 85 Rgt. «Verona» a Montorio Veronese; 78 Rgt. «Lupi di Toscana» a Firenze; 57 Rgt. «Abruzzi» a Sulmona; 123 Rgt. «Chieti» a Chieti; 91 Rgt. «Lucania» a Potenza; 80 Rgt. «Roma» a Cassino; 231 Rgt. «Piceno» a Ascoli Piceno (inc. femminile); 47 Rgt. «Ferrara» e 17 Rgt. «Acqui» a Capua;
in passatoesisteva, una programmazione sulla eventuale soppressione o trasformazione di un reggimento (Rgt) e la si conosceva con un certo anticipo di tempo (almeno un anno prima);
attualmente il 5 blocco/2006 (che sarà incorporato il prossimo 18 e 23 ottobre) non prevede, improvvisamente, l'afflusso di allievi presso il Rgt. di Firenze (78 Rgt. «Lupi di Toscana») reparto fiore all'occhiello per le operazioni di vestizione che si distingue per la velocità ed efficienza incorporando e vestendo in soli due giorni 350-400 allievi -:
come mai con un preavviso di soli dieci giorni si decida di non alimentare più un Reggimento così efficiente sebbene solo qualche settimana prima fosse stato garantito l'afflusso per il 2007 di 400 allievi a blocco;
quale sia l'orientamento del Governo in merito ai Centri di reclutamento ed addestramento degli allievi V.F.P.1;
se corrisponda al vero l'esistenza di una volontà di concentrare tutti gli incorpori in un solo centro e nella fattispecie in quello di Capua.
(4-01226)
Risposta. - L'interrogazione in esame nell'affrontare la questione relativa all'avvenuta interruzione dell'attività addestrativa svolta presso il 78o Reggimento «Lupi di Toscana» di Firenze, mira a conoscere, in particolare, «l'orientamento del Governo in merito ai centri di reclutamento ed addestramento degli allievi VFP1 (Volontari in ferma prefissata di un anno)».
In primo luogo, si precisa che la citata sospensione, si è resa necessaria in esito alle valutazioni effettuate dalla Forza Armata sullo stato delle infrastrutture del sedime in argomento - sede della citata Unità addestrativa - che è risultato vetusto ed inadeguato ai necessari standard abitativi previsti per i Volontari di truppa e che, pertanto, osta a qualunque convenienza al suo mantenimento in vita da parte dell'Esercito.
Per quanto riguarda, invece, il predetto «orientamento in merito ai centri di reclutamento e addestramento», si fa notare, preliminarmente, che la questione rientra nel più ampio quadro del processo di ristrutturazione e snellimento dell'organizzazione militare, caratterizzato da vari provvedimenti di soppressione, accorpamento e riorganizzazione delle strutture, avviato da alcuni anni e tuttora in divenire, in attuazione di una serie di atti normativi, tesi a meglio modulare le Forze Armate alle nuove esigenze, adeguandole, nel contempo, alle riduzioni dei livelli organici (190.000 unità) stabilite dalla legge 14 novembre 2000, n. 331.
Tale processo è volto ad ottimizzare tutte le componenti delle Forze Armate, ossia quelle di vertice, dell'area operativo-logistica, dell'organizzazione territoriale e della formazione.
In sostanza, si intende perseguire soluzioni tese ad ottenere un migliore rapporto costo/efficacia, attraverso la soppressione di strutture ormai non più funzionali, nonché la ridefinizione delle funzioni di Comandi/Enti ed il loro accorpamento, per quanto possibile, in chiave interforze e comunque di non sovrapponibilità funzionale e territoriale. L'obiettivo finale, in sintesi, è quello di calibrare uno strumento militare di ridotta entità, ma di più elevato profilo qualitativo in termini di capacità di proiezione, flessibilità e supporto logistico-amministrativo, ad un tempo pienamente integrabile ed interoperabile dal punto di vista interforze e multinazionale.
Fatta questa opportuna premessa, si fa rilevare come l'intervenuta sospensione del servizio obbligatorio di leva (1o gennaio 2005) in coincidenza della progressiva trasformazione dell'intero strumento militare su base volontaria, abbia reso sovradimensionata l'attuale organizzazione della componente addestrativa dell'Esercito Italiano.
Ciò trova ulteriore conferma nel programmato piano dei reclutamenti dei Volontari in ferma prefissata di un anno, che individua una graduale riduzione degli arruolamenti da 16.000 unità per il 2007 a 4.000 unità nel 2020.
Pertanto, la normativa vigente in materia di riforma strutturale delle Forze Armate (decreto legislativo 15 dicembre 2005 n. 253) ha previsto, per l'Esercito, la riduzione degli attuali Enti addestrativi, da 10 a 3 e, contestualmente, la soppressione o riconfigurazione dei 7 restanti. Nell'ottica del riordino della suddetta componente addestrativa dell'Esercito, hanno inciso, ulteriormente e significativamente, la riduzione degli stanziamenti sul bilancio della Difesa operata nella precedente legislatura, nonché il taglio delle risorse stanziate per la trasformazione delle Forze Armate su base volontaria di cui alla «legge finanziaria per il 2007».
Ciò, infatti, ha indotto l'Esercito a procedere al ridimensionamento delle unità addestrative non più necessarie, così come contemplato dalla predetta norma, individuando gli specifici provvedimenti fra i quali rientra quello di soppressione del 78o reggimento «Lupi di Toscana».
Si assicura, tuttavia, che nell'ambito della definizione dei provvedimenti di natura ordinativa riguardanti la componente della formazione, sono stati opportunamente valutati tutti gli aspetti di carattere sociale, economico ed infrastrutturale, nonché quelli connessi alla presenza militare e civile nelle aree interessate in un contesto armonico riferito all'intero territorio del Paese.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
ASCIERTO e MENIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la Caserma «Vittorio Emanuele III» costituisce un sito militare «storico» ed è sede del I Reggimento «San Giusto»;
la caserma è costituita da una struttura che si estende su di una superficie di circa 122 mila metri quadri, contenuta in un perimetro di circa 1.400 metri;
essa è realizzata in stile architettonico austriaco, possiede al suo interno giardini e parchi con oltre 350 alberi secolari arricchiti da oltre 400 piante e arbusti autoctoni e rappresenta nel suo complesso una struttura unica in Italia;
nella caserma, allo stato attuale delle 5 palazzine esistenti ne sono in uso 3, mentre le altre 2 sono in attesa di recupero (una delle due è già in fase di ultimazione, ma, a quanto risulta agli interroganti, i lavori sono stati bloccati per contenzioso con la ditta appaltatrice);
attualmente la recettività è di 450 posti letto ed in particolare vi sono impiegati 90 tra ufficiali, sottufficiali e VSP, 200 militari del quadro permanente 250 VFP1 e 50 persone civili addette ai servizi di ristorazione, manutenzione e pulizia;
il recupero delle altre 2 palazzine porterà la recettività della caserma e l'impiego del personale a circa 1.000 unità;
la caserma recuperata come sopra indicato apporterebbe una consistente ricaduta economica sulla città in termini di indotto, un significante aumento dei posti dì lavoro per militari e civili ed un costante afflusso di turisti in occasione delle cerimonie di giuramento degli allievi per una città come Trieste che soffre storicamente di una pesante carenza di visitatori;
presso il ministero della difesa esisterebbe un progetto che intende concentrare tutte le attività addestrative dell'esercito presso i centri formativi della regione Campania;
se tale progetto si realizzasse, strutture come la caserma «Vittorio Emanuele III» vedrebbero una drastica riduzione delle attività con conseguente riduzione del personale, essendo la sua collocazione urbana inadatta ad ospitate reparti operativi ed il Reparto sarebbe avviato ad una rapida chiusura -:
se il ministro interrogato voglia verificare la situazione ed evitare che una struttura storica per la nostra tradizione militare, di grande importanza sia per la Difesa che per la città che la ospita non venga abbandonata e destinata a chiusura certa.
(4-02457)
Risposta. - L'interrogazione in esame affronta la questione relativa alla soppressione del 1o reggimento «San Giusto» in Trieste.
Si fa notare, preliminarmente, che la problematica rientra nel più ampio quadro del processo di ristrutturazione e snellimento dell'organizzazione militare, caratterizzato da vari provvedimenti di soppressione, accorpamento e riorganizzazione delle strutture, avviato da alcuni anni e tuttora in divenire, in attuazione di una serie di atti normativi, tesi a meglio modulare le forze armate alle nuove esigenze, adeguandole, nel contempo, alle riduzioni dei livelli organici (190.000 unità) stabilite dalla legge 14 novembre 2000, n. 331.
Tale processo è volto ad ottimizzare tutte le componenti delle forze armate, ossia quelle di vertice, dell'area operativa-logistica, dell'organizzazione territoriale e della formazione.
In sostanza, si intende perseguire soluzioni tese ad ottenere un migliore rapporto costo/efficacia, attraverso la soppressione di strutture ormai non più funzionali, nonché la ridefinizione delle funzioni di comandi/enti ed il loro accorpamento, per quanto possibile, in chiave interforze e comunque di non sovrapponibilità funzionale e territoriale. L'obiettivo finale, in sintesi, è quello di calibrare uno strumento militare di ridotta entità, ma di più elevato profilo qualitativo in termini di capacità di proiezione, flessibilità e supporto logistico-amministrativo,
ad un tempo pienamente integrabile ed interoperabile dal punto di vista interforze e multinazionale.
Fatta questa opportuna premessa, si fa rilevare come l'intervenuta sospensione della leva (1o gennaio 2005) in coincidenza della progressiva trasformazione dell'intero strumento militare su base volontaria, abbia reso sovradimensionata l'attuale organizzazione della componente addestrativa dell'Esercito italiano.
Ciò trova ulteriore conferma nel programmato piano dei reclutamenti dei volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1), che individua una graduale riduzione degli arruolamenti da 16.000 unità per il 2007 a 4.000 unità nel 2020.
Pertanto, la normativa vigente in materia di riforma strutturale delle forze armate (decreto legislativo 15 dicembre 2005 n. 253) ha previsto, per l'Esercito, la riduzione degli attuali enti addestrativi, da 10 a 3 e, contestualmente, la soppressione o riconfigurazione dei 7 restanti.
Nell'ottica del riordino della suddetta componente addestrativa dell'Esercito, hanno inciso, ulteriormente e significativamente, la riduzione degli stanziamenti sul bilancio della difesa operata nella precedente legislatura, nonché il taglio delle risorse stanziate per la trasformazione delle forze armate su base volontaria di cui alla «legge finanziaria 2007».
Ciò, infatti, ha indotto l'Esercito a procedere al ridimensionamento delle unità addestrative non più necessarie, così come contemplato dalla predetta norma, individuando gli specifici provvedimenti, fra i quali rientra quello di soppressione del 1o reggimento «San Giusto».
In tale contesto, comunque, sono stati opportunamente valutati tutti gli aspetti di carattere sociale, economico ed infrastrutturale, nonché quelli connessi alla presenza militare e civile nell'area interessata in un contesto armonico riferito all'intero territorio del Paese.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
BARBIERI e FORMISANO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
si è venuti a conoscenza dai quotidiani dell'arresto in Lettonia dell'imprenditore italiano Mario Gavosto, che da alcuni giorni sta lanciando, inascoltato da tutti, una richiesta di aiuto;
sembrerebbe che, secondo quanto raccontato, dall'imprenditore che aveva avviato a Riga una attività commerciale nel settore dei prodotti informatici, a causa di errori del proprio commercialista e di un manager che firmava documenti che non poteva, il Gavosto rischi di essere condannato per frode in Lettonia;
il Gavosto contesterebbe alla polizia lettone l'irregolarità degli interrogatori a cui è stato sottoposto e lamenterebbe altresì la mancanza di tutela da parte della ambasciata italiana in questa vicenda -:
se sia a conoscenza dei fatti suesposti e quali siano le sue valutazioni a riguardo;
se la nostra ambasciata non abbia effettivamente fornito ad un italiano all'estero adeguata assistenza e quali iniziative eventuali intenda adottare per aiutare il Gavosto, qualora sia effettivamente vittima di un atteggiamento persecutorio da parte delle autorità di polizia lettoni.
(4-05199)
Risposta. - Il signor Mario Gavosto è stato tratto in arresto dalle Autorità di polizia lettoni il 12 dicembre 2006 con l'accusa di truffa perpetrata ai danni di alcuni clienti (sedici persone fisiche e tre persone giuridiche) della propria società GM Electronics. Il 14 dicembre 2006 il signor Gavosto è stato rilasciato con il divieto di lasciare la Lettonia, se non dietro pagamento di una cauzione pari a 12 mila euro ed i suoi conti correnti bancari venivano bloccati dalla magistratura lettone.
Il ministero degli affari esteri e l'ambasciata in Riga hanno seguito il caso del signor Mario Gavosto fin dall'inizio con la massima attenzione. Fin dal momento dell'arresto, la rappresentanza si è adoperata
per fornire all'interessato ogni possibile assistenza. L'ambasciata è altresì intervenuta a più riprese presso le competenti Autorità di polizia al fine di ottenere una conclusione più rapida possibile delle indagini relative alle accuse contestate ed ha provveduto ad inviare un proprio rappresentante a ciascuno degli interrogatori cui il connazionale è stato sottoposto.
Avendo accertato le precarie condizioni economiche determinate sia dal congelamento dei fondi a disposizione del signor Gavosto in Lettonia che dall'indisponibilità di aiuto dei familiari del connazionale, l'ambasciata ha provveduto ad erogargli un sussidio di 1032 euro.
Il 30 gennaio 2007 il signor Gavosto, assistito dal proprio legale di fiducia e da un interprete, ha formalizzato l'impegno con le Autorità locali a ripianare i debiti contratti entro il 12 febbraio 2007, data successivamente prorogata, ed il 16 marzo 2007 l'interessato ha fornito alla polizia lettone la dimostrazione dell'avvenuta restituzione delle somme percepite dai clienti della sua società per le forniture di computers mai effettuate. Verificata la rispondenza al vero, le competenti Autorità lettoni hanno disposto lo sblocco dei suoi conti correnti bancari.
Successivamente al rientro in Italia del signor Gavosto, la Polizia lettone ha comunicato all'ambasciata che il caso del connazionale non poteva comunque considerarsi chiuso, per la presentazione di istanze risarcitorie che lo riguardavano da parte di altre due società locali. Le indagini a carico dell'interessato stanno proseguendo ed il caso è allo studio di un nuovo procuratore incaricato dalle Autorità giudiziarie locali.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
BIANCOFIORE. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali. - Per sapere - premesso che:
già qualche mese fa, come riportato dalla stampa nazionale e locale, e da me personalmente constatato, la dottoressa Eva Klotz aveva apposto 800 cartelli monolingui in lingua tedesca all'ingresso di 116 comuni dell'Alto Adige, riportanti testualmente la scritta in sola lingua tedesca Suedtirol ist nicht Italien, vale a dire, «L'Alto Adige non è Italia»;
la stessa aveva dichiarato che quei cartelli erano di benvenuto per i turisti affinché sapessero chiaramente che «l'Alto Adige, secondo la sua idea, non appartiene all'Italia»;
tali cartelli hanno inasprito tensioni fra i gruppi linguistici in Alto Adige, offendendo il gruppo italiano per questo atteggiamento separatista e avverso allo Stato italiano, che molto ha fatto per integrare la popolazione di lingua tedesca della Provincia Autonoma di Bolzano concedendole l'Autonomia speciale più ampia d'Europa;
sul caso, oltre ad una interrogazione della medesima sottoscritta interrogante rimasta senza risposta, era già stato presentato un esposto da altri partiti politici, con il quale si chiedeva una valutazione del magistrato per ravvisare eventuali estremi di reato;
tale iniziativa si ritiene essere vilipendio e tanto più grave in quanto compiuta da una consigliera regionale che ha giurato sulla Costituzione italiana e che continua a percepire dallo Stato italiano un lauto stipendio per i suoi incarichi politico istituzionali;
qualche settimana fa, la signora Klotz ha nuovamente innescato forti provocazioni, scoprendo una targa ancorata al confine del Brennero con il messaggio in tedesco «L'Alto Adige non è Italia», in occasione dell'anniversario della vittoria e dell'arrivo delle truppe italiane nel 1918 che spinsero gli austriaci ad indietreggiare verso Vienna dopo la morte di 600.000 soldati italiani;
in quella circostanza è stata altresì rimossa una corona d'alloro al cippo del Brennero per i nostri caduti italiani ma
anche austriaci, sostituita con un'altra listata a lutto di matrice revanscista per il Tirolo Unito;
detta provocazione ha rappresentato una sì grave violazione delle amichevoli relazioni internazionali fra l'Austria e l'Italia e che l'Italia ha sempre garantito;
la gendarmeria austriaca ha dapprima deciso per la rimozione della targa solo in quanto avrebbe costituito «un disturbo per gli automobilisti che potrebbero venire distratti e questo è contrario al codice stradale austriaco»;
si apprende con sconcerto che successivamente, la stessa gendarmeria austriaca, ha riesaminato questa circostanza, autorizzando il movimento Südtirol Freiheit che fa capo alla consigliera Klotz, a riposizionare la stessa targa al confine del Brennero, fornita inoltre di una videocamera di controllo contro altri atti da loro ritenuti «vandalismi», tesi a cancellare il nicht-non da parte evidentemente di qualche italiano esasperato;
la collocazione del gruppo della signora Klotz, esponente del neo partito Süd-Tiroler Freiheit (libertà sudtirolese) - formazione politica ispirata agli ex terroristi degli anni sessanta ritenuti «eroi» - trova radici nell'area dell'estremismo con connotazione spiccatamente secessionista ed antitaliana;
l'Unione europea è fondata sul patto di adesione degli Stati nazionali che si riconoscono nei propri confini, impegnandosi a sviluppare una politica di collaborazione nel rispetto delle reciprocità;
ad avviso dell'interrogante l'iniziativa della signora Klotz quindi, viola espressamente i princìpi di libertà e rispetto dell'identità nazionale, inequivocabilmente affermati dal Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa (firmato e già ratificato da entrambi i Paesi, pur non essendo ancora entrato in vigore);
questo è l'ennesimo atto posto in essere da esponenti politici del mondo di lingua tedesca altoatesino contro lo Stato italiano e di pesante provocazione nei confronti della comunità italiana dell'Alto Adige, minoranza in terra italiana;
sorprendente e mortificante è stato il silenzio ufficiale mantenuto su questo caso sia dal Governo Prodi, che dal Presidente della Provincia Autonoma di Bolzano Luis Durnwalder -:
cosa intenda fare il Governo italiano per difendere l'onore e l'unità dello Stato italiano e per mettere fine a quelle che all'interrogante, preoccupata per le tensioni emergenti fra i gruppi, appaiono vere e proprie istigazioni politiche che rischiano di far tornare l'Alto Adige indietro nella storia a capitoli che vorremmo vedere superati;
quali iniziative intenda assumere, considerato che il nulla osta dell'Austria alla ricollocazione della targa Suedtirol ist nicht Italien, potrebbe essere interpretato quale mancanza di rispetto dell'Austria nei confronti del nostro Paese, nonché chiaro pretesto per esprimere parere favorevole alla teoria della signora Klotz, secondo la quale il Sudtirolo non appartiene allo Stato italiano, oltre ad un'evidente premessa di riattivazione di quella asserita «funzione di tutela», cessata con la quietanza liberatoria del 1992, nei confronti del gruppo tedesco in Alto Adige;
se il Governo non intenda necessario dare piena applicazione, per quanto di sua competenza, alla cosiddetta legge Mancino in materia di razzismo (recentemente modificata dalla legge di integrazione al codice penale in materia di reati d'opinione);
se la reiterata menomazione dell'indipendenza e dell'unità dell'Italia ad opera della signora Klotz, non debba portare ad adottare iniziative normative volte a porre fuori legge, come già accaduto in passato in altri Stati europei (leggasi la Spagna) con Batasuna, partiti e sedicenti gruppi folcloristici che continuino a macchiarsi deliberatamente e senza motivi di reati specie all'approssimarsi di ogni tornata elettorale;
se il Ministro degli esteri intenda in particolare rappresentare - com'è d'uso in circostanze del caso - la «sorpresa» del Governo italiano per l'iniziativa unilaterale dell'Austria - contraria ai trattati europei - nel presupposto che la sottoscritta interrogante considera scontato, che l'iniziativa stessa non fosse concordata col Governo italiano.
(4-05885)
Risposta. - La vicenda da Lei sollevata nell'atto parlamentare in parola è seguita con particolare attenzione da questo ministero sin dal novembre scorso allorché il Consolato generale d'Italia in Innsbruck aveva avuto notizia che, in occasione dell'89o anniversario dell'annessione dell'Alto Adige all'Italia, era stata apposta sul lato austriaco del confine autostradale del Brennero una grande insegna con i colori della bandiera austriaca recante la scritta «Sued Tirol ist nicht Italien». Venivano quindi effettuati in contemporanea interventi presso il ministero degli esteri austriaco e le Autorità locali, per sollecitare la rimozione sia del cartello in parola sia di una corona di fiori listata a lutto, collocata nei pressi del medesimo recante la scritta «da Kufstein a Salorno» (i confini storici del Tirolo del 1809).
Anche a seguito di tali interventi il cartello era stato rimosso, ma il successivo 30 novembre esso era ricomparso nello stesso luogo. È stato pertanto compiuto un ulteriore passo presso il Ministero degli esteri austriaco e, nello stesso tempo, è stato convocato l'ambasciatore austriaco a Roma. In tale contesti veniva rappresentata la nostra viva aspettativa che le Autorità austriache provvedessero alla rimozione immediata e definitiva del cartello in questione, per noi inaccettabile in quanto recante, sullo sfondo dei colori nazionali austriaci, scritte oltraggiose, false e lesive dell'integrità territoriale dello Stato italiano e dello statuto di autonomia altoatesina, universalmente considerato tra i più avanzati al mondo. Si sottolineava altresì che l'iniziativa degli attivisti altoatesini in territorio austriaco rivestiva una dimensione politica che Vienna non poteva ignorare, anche perché in evidente contrasto con le stesse posizioni dello Stato austriaco. Si era inoltre evidenziata l'urgenza dell'intervento richiesto alle Autorità austriache, dal momento che ogni ritardo avrebbe potuto essere percepito dagli attivisti come un implicito incoraggiamento, nonché l'esigenza di assicurare un attento monitoraggio per prevenire il ripetersi di simili iniziative.
Gli interlocutori austriaci, oltre a prendere attenta nota di quanto loro rappresentato, hanno mostrato, come in passate analoghe circostanze, di condividere pienamente le nostre valutazioni, assicurando il loro pronto interessamento nel senso da noi auspicato.
Infatti, il 20 dicembre scorso, per il tramite della nostra Ambasciata a Vienna e di questa Ambasciata d'Austria, il ministero degli esteri austriaco ci informava che gli interventi da esso svolti presso il Governo regionale del Tirolo avevano portato alla rimozione dei cartelli da parte dei proprietari del terreno ove i medesimi erano stati installati.
Nel corso di una ricognizione effettuata agli inizi del nuovo anno, il nostro Console generale a Innsbruck ha purtroppo rilevato che i cartelli in parola erano di nuovo (o erano rimasti) al loro posto. Le immediate rimostranze del nostro Ambasciatore a Vienna con il direttore politico del ministero degli esteri, Amb.Mayr-Harting, venivano accolte con apparente genuino stupore per il permanere di una situazione che si riteneva risolta e con rinnovate assicurazioni di dare seguito alla nostra richiesta di rimozione. Successivamente, a margine del tradizionale ricevimento di inizio anno per il Corpo diplomatico, il nostro Ambasciatore ha avuto modo di intrattenere sull'argomento anche il Presidente federale Fischer, che è apparso ben informato e aperto alle nostre aspettative.
Certamente anche a seguito di tale colloquio, il ministero degli esteri austriaco ha nei giorni scorsi informato che la prefettura territorialmente competente ha avviato un procedimento penale contro i proprietari del terreno ove i cartelli sono installati, rappresentando al contempo la difficoltà, sotto il profilo giuridico, di disporre una rimozione coercitiva dei cartelli da un'area
di proprietà privata. Pur registrando tale sviluppo come un «segnale concreto e ufficiale dell'opposizione delle Autorità austriache all'iniziativa di «Sued-Tiroler Freiheit», questa Amministrazione ha da ultimo svolto un ulteriore intervento presso questa Ambasciata d'Austria, per sollecitare nuovamente la rimozione dei cartelli in parola, i cui contenuti sono per noi assolutamente inaccettabili.
In attesa di verificare l'esito di questo ulteriore passo, desidero sottolinearLe quanto segue:
la provocazione degli attivisti di «Sued-Tiroler Freiheit», che si colloca in un contesto pre-elettorale (per il corrente anno sono in calendario elezioni amministrative sia nel Land Tirolo sia nella provincia di Bolzano), ha posto in una situazione di forte disagio e imbarazzo anche le Autorità federali austriache, della cui amicizia e buona fede non si ha motivo di dubitare;
le Autorità federali austriache si sono attivate con una risposta di ordine giuridico, e cioè con un'azione giudiziaria, calcolando il rischio che con misure più incisive si porterebbero gli attivisti agli onori della cronaca e si alimenterebbe la propaganda di «Sued-Tiroler Freiheit», diretta non solo contro l'«occupazione italiana» ma anche contro l'«acquiescenza austriaca».
Alla luce di tali considerazioni, Le assicuro che questa amministrazione sta continuando, in collaborazione con le Autorità di Vienna, a seguire da vicino e con massima priorità la questione con l'obiettivo di giungere a una rapida rimozione dei cartelli in parola.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
BONELLI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Finale Ligure (Savona), precisamente in località Borgo-Strada-Beretta, sono stati avviati dei lavori di sbancamento del terreno per la realizzazione di una autorimessa interrata;
l'area interessata dall'intervento, oltre ad essere assoggettata al vincolo paesistico-ambientale di cui al decreto ministeriale 24 aprile 1985 n. 1270, rappresenta la prima strada carrozzabile che collegò la Liguria alla Pianura Padana;
tale strada, di grande valore storico, fu completata nel 1966 dall'ingegnere militare Gaspare Beretta per il passaggio di Margherita Teresa d'Asburgo;
il tracciato adiacente all'autorimessa si trova all'interno delle mura del centro storico e sottostante al castello di San Giovanni;
nell'anno 2001 il Ministero dei Beni ed attività culturali ha stanziato la somma di euro 250.000,00 per la realizzazione di interventi di restauro e risanamento della strada Beretta, lavori che sono stati regolarmente eseguiti -:
se non ritenga opportuno salvaguardare questo luogo di elevato pregio storico, paesistico ed ambientale attivando tutti gli strumenti in suo possesso per impedire la realizzazione dell'autorimessa sotto la medesima strada meglio conosciuta come la «via dell'Imperatrice».
(4-06030)
Risposta. - Con decreto del 10 agosto 2006, n. 2470 il Dipartimento pianificazione territoriale della regione Liguria ha rilasciato l'autorizzazione paesistica ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, per la costruzione di una autorimessa interrata composta di 5 box in via Becchignola nel comune di Finale Ligure.
La Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Liguria ha esaminato la relativa documentazione senza riscontrare vizi di illegittimità che possano giustificarne l'annullamento ed il Comune ha successivamente rilasciato il permesso per costruire.
Nel mese di settembre, in seguito alle segnalazioni di alcune associazioni (WWF, centro storico di Finale), la Soprintendenza ha fatto eseguire un sopralluogo dal funzionario
di zona alla presenza del proprietario dell'autorimessa, del sindaco e dell'assessore all'Urbanistica del comune, dal quale è emerso che l'accesso alla stessa doveva avvenire per via Beretta, strada di proprietà comunale.
Nelle more della verifica dell'interesse culturale ai sensi dell'articolo 12 del Codice, il sindaco ha inviato la richiesta di autorizzazione di cui all'articolo 21 affinché il transito per tale strada fosse oggetto di valutazione da parte della Soprintendenza.
Questa ha rilasciato l'autorizzazione subordinandola a precise prescrizioni.
In particolare, la Soprintendenza ha vietato il transito e la sosta di veicoli lungo la strada, salvo che in determinati orari e solo per i proprietari dei box con targhe registrate (dalle ore 8 alle ore 9 e dalle ore 19 alle ore 20).
Inoltre, il transito potrà essere interdetto dall'amministrazione comunale ogni qualvolta nel corso di manifestazioni culturali o turistiche se ne ravvisi l'esigenza.
Infine, i soggetti interessati all'intervento dovranno sistemare la zona di pavimentazione antistante l'accesso ai box ricostituendo l'acciottolato in pietra con materiali e modalità del tutto simili a quelli presenti sulla strada storica.
Infatti, il tratto iniziale della strada conserva purtroppo solo parzialmente la pavimentazione in acciottolato a causa di un intervento risalente agli anni '70 che ne ha sostituito una parte con mattoni industriali.
Per il resto, la Soprintendenza ha preso ogni altra precauzione idonea a vigilare sull'esecuzione dei lavori e sul rispetto delle prescrizioni impartite.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
BRIGUGLIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il Centro dei diritti del cittadino della Sicilia, presieduto dall'Avvocato Franz Buda, ha inviato alle Autorità competenti una petizione popolare contro la chiusura del ponte di ferro sul torrente di Santa Venera, indispensabile collegamento della A18 con la zona commerciale di Taormina-Trappitello e di tutta la Valle dell'Alcantara, e per l'apertura di un nuovo casello autostradale «Taormina-Ovest»;
da alcuni anni il ponte in ferro sul Santa Venera, ceduto dall'ANAS all'allora Consorzio dell'Autostrada Messina-Catania quale segmento importante (bretella) per il congiungimento rapido dal Casello A18 - uscita di Giardini Naxos - alla strada statale 185, è stato prima ridotto e poi chiuso definitivamente;
la deviazione conseguente alla soppressione della via del ponte, oltre ad aver generato un fastidioso quanto intenso traffico di veicoli (che si è rilevato molto pericoloso per gli automobilisti che non riescono a seguire la rocambolesca segnaletica) ha dato luogo a frequenti incidenti, dovuti a repentini cambi di corsia e pericolosi rallentamenti;
gli abitanti dei Comuni della Valle dell'Alcantara, per raggiungere con il loro mezzo la strada statale 185 devono prima attraversare i popolosi quartieri di Calcarone e Chianchitta del Comune di Giardini Naxos, e poi quelli di Santa Venera e Trappitello dei Comune di Taormina, perdendo, se tutto va bene e non vi sono incidenti, ben venti minuti per attraversare i centri abitati, quanti ne hanno impiegato per percorrere l'autostrada provenendo o da Messina o da Catania;
le proteste e le diffide avanzate dall'Amministrazione Comunale di Taormina non hanno avuto alcun esito per un palleggiamento di interventi e responsabilità tra i vari enti, mentre si registra secondo l'interrogante una assoluta inerzia da parte del Consorzio Autostrade;
peraltro, è il caso di sottolineare che si continua a pagare il «balzello» che, stando all'atto istitutivo della concessione autostrade, doveva essere affrancato, dopo 25 anni, essendo da tempo il Consorzio
rientrato dalle spese occorse per la costruzione dell'opera, godendo di ingenti finanziamenti provenienti dallo Stato e dalla Regione;
a fronte della realizzazione di nuove uscite, come quelle di Fiumefreddo e di S. Gregorio-bis, si rende urgente mettere in sicurezza il «ponte dei sospiri» di S. Venera e dare corso a studi tecnici per istituire un nuovo casello per l'uscita Taormina Ovest-Valle Alcantara, tale da consentire il superamento del popoloso centro abitato di Trappitello e raggiungere la strada statale 185, abbreviando così il percorso stradale di ben venti minuti per i cittadini che devono giungere ai centri alcantarini -:
se intendano intervenire con urgenza perché si provveda ai lavori di ripristino del ponte di ferro di S. Venera ed al collegamento rapido con la strada statale 185;
se intendano porre in essere tutte le iniziative necessarie per la creazione dello svincolo di Taormina Ovest quale porta della Valle Alcantara.
(4-03199)
Risposta. - I lavori per il rifacimento del ponte sul torrente Santa Venera lungo la bretella di uscita del casello autostradale di Giardini Naxos dell'autostrada A/18 sono stati inseriti nel progetto esecutivo dei «lavori di ampliamento del casello autostradale di Giardini Naxos» redatto dal Consorzio per le autostrade siciliane e sottoposto ad ANAS S.p.A. che lo ha approvato in data 10 aprile 2007.
Il Consorzio ha avviato la procedura per l'indizione della gara per l'affidamento dei lavori.
Il finanziamento dell'opera avverrà attraverso le risorse derivanti dall'accordo di programma quadro tra Ministero dello sviluppo economico, Ministero delle infrastrutture, Regione Sicilia ed ANAS S.p.A. del 28 dicembre 2006.
Per quanto afferisce il quesito inerente la realizzazione dello svincolo di Taormina ovest, ANAS fa presente che per migliorare le condizioni della viabilità, soprattutto nel periodo estivo, nell'area della stazione autostradale di Taormina e nel tratto della strada statale 114 in attraversamento dei centri abitati di Taormina frazione-mare e Letojanni, sono stati avviati, da parte del citato Consorzio, studi di fattibilità per la realizzazione di un mini svincolo unidirezionale (piccolo casello) da e per Catania, in territorio del comune di Letojanni in corrispondenza della progressiva km.ca 32+400 carreggiata Autostradale di valle direzione Catania-Messina, a circa Km 3+700 dal casello di Taormina.
Il Consorzio ha, altresì, avviato uno studio per la realizzazione di una galleria in corrispondenza dello svincolo di Taormina, al fine di ottenere una corsia preferenziale per le zone balneari dedicata al traffico diretto a Messina, mentre rimarrebbe invariata la situazione in direzione Catania.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
BUCCHINO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 22 maggio 1995, è stato firmato a Roma il nuovo Accordo italo-canadese di sicurezza sociale che avrebbe dovuto sostituire il precedente Accordo, firmato nel 1977 ed entrato in vigore nel 1979 e che unitamente al nuovo Accordo è stata firmata l'Intesa amministrativa di applicazione;
il 12 luglio 2000, il Senato della Repubblica ha approvato il disegno di legge n. 4558 per la ratifica e l'esecuzione del nuovo Accordo di sicurezza sociale tra Italia e Canada;
il 13 luglio 2000, il disegno di legge n. 4558, che autorizza il Presidente della Repubblica a ratificare l'Accordo di sicurezza sociale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Canada fatto a Roma il 22 maggio 1995, è stato trasmesso dal Senato alla Camera (C. 7210);
il 6 dicembre 2000, la III Commissione della Camera dei Deputati ha espresso parere favorevole al disegno di legge n. 7210 relativo alla ratifica del nuovo Accordo di sicurezza sociale tra Italia e Canada;
il nuovo Accordo era nato dall'esigenza di considerare l'evoluzione normativa intervenuta nelle legislazioni dei due Paesi dall'entrata in vigore del precedente Accordo (1979) e di migliorare la qualità di uno strumento di tutela sociale dei lavoratori migranti e di garantire una più rapida erogazione delle prestazioni previdenziali rispetto a quanto assicurato dall'Accordo attualmente in vigore;
l'Accordo non solo conferma e consolida i benefici già previsti dal 1979 ma prevede dei miglioramenti della normativa relativi alle prestazioni pensionistiche, ai distacchi dei lavoratori e ai collegamenti tra gli enti previdenziali dei due Paesi, che rendono più ampia, equa ed aggiornata la tutela sociale;
il Parlamento canadese ha da parte sua già da tempo approvato il nuovo Accordo sottolineando come esso avrebbe rafforzato le relazioni tra i due Paesi;
come illustrato nella relazione tecnica al disegno di legge n. 4558 approvato dal Senato, l'entrata in vigore del nuovo Accordo non comporta oneri amministrativi aggiuntivi, non prevede oneri organizzativi a carico di regioni o enti locali, non prevede oneri finanziari, organizzativi e burocratici a carico dei cittadini e delle imprese, ma solo oneri finanziari aggiuntivi, per il pagamento delle prestazioni, di modesta entità rispetto a quelli già esistenti in costanza di vigenza dell'Accordo attuale -:
quali misure urgenti si intendono adottare affinché il disegno di legge relativo al nuovo Accordo di sicurezza sociale tra l'Italia ed il Canada sia ripresentato anche dal Parlamento italiano e possa quindi finalmente entrare in vigore, per onorare così gli impegni presi con il Governo canadese e con le collettività dei cittadini italiani residenti in Canada e dei cittadini canadesi residenti in Italia.
(4-02110)
Risposta. - In merito a quanto sollevato dall'interrogante sull'Accordo italo-canadese di sicurezza sociale, si comunica che:
1. A partire dall'anno 2000 in cui l'Accordo di sicurezza sociale con il Canada fu approvato dalla III Commissione della Camera, questo ministero degli affari esteri ha provveduto, analogamente a quanto effettuato in precedenza, ad inserire gli oneri relativi a tale Accordo, anche tenuto conto dell'avvenuta ratifica da parte canadese e del fatto che lo stesso è stato firmato nel 1995, nell'elenco degli Accordi i cui oneri vanno inseriti ogni anno nella richiesta di fondi relativa alla legge finanziaria per l'anno successivo. Purtroppo, successivamente al 2000, la progressiva ininterrotta diminuzione degli stanziamenti per il bilancio del Ministero degli affari esteri, non ha consentito di disporre delle somme necessarie per l'avvio a ratifica dell'Accordo con il Canada.
2. Per quanto riguarda gli oneri derivanti dall'Accordo rinnovato nel 1995, i miglioramenti introdotti sono i seguenti:
cosiddetta «totalizzazione multipla» che facilita il pensionamento prendendo in conto i contributi versati in Paesi terzi;
agevolazioni al meccanismo dell'esportazione degli assegni per i figli a carico.
Tali miglioramenti comportavano - secondo i calcoli dell'INPS per il 2005 - oneri pari a Euro 1.037.000.00. Le limitate disponibilità finanziarie per la copertura degli oneri per i d.d.l. di ratifica di tutti gli Accordi internazionali che sono a carico del ministero degli affari esteri, non hanno consentito l'avvio a ratifica di tale Accordo né nel 2005, né nel 2006.
3. L'Accordo con il Canada continua ad essere considerato prioritario per il lungo tempo trascorso dalla sua firma e per l'importanza della collettività italiana in quel Paese (circa 110.000 connazionali), nonché in considerazione dell'ulteriore rilancio in corso dei rapporti con tale Paese
che è stato oggetto di recenti visite ed incontri a livello politico e per il quale sono previste ulteriori visite ai massimi livelli istituzionali.
Tenuto conto di tali elementi ed al fine di favorire l'auspicata avvio dell'iter di ratifica dell'Accordo di sicurezza sociale con il Canada nell'esercizio finanziario 2007, questa amministrazione, in occasione di una riunione interministeriale con i rappresentanti dei Dicasteri ed organismi tecnici coinvolti nel procedimento di ratifica (Ministero dell'economia e finanze, ministero del lavoro, Ministero della salute, INPS) ha chiesto di effettuare una approfondita verifica dei dati relativi agli oneri che costituiscono la base su cui vengono effettuati i calcoli per degli oneri per tale tipo di Accordi.
Sempre al fine di una rapida conclusione della predetta verifica, è stata attirata l'attenzione dei citati Dicasteri ed Organismi sulla nuova risoluzione, la terza dal 2005, dell'onorevole Spini nella III Commissione affari esteri della Camera (n. 8-00013 approvata il 4 ottobre 2006) che, in relazione a vari Accordi di sicurezza sociale, tra cui quello con il Canada, impegnava il Governo ad adottare iniziative volte a garantire la ratifica della citata Convenzione entro il 1o gennaio 2007 e di graduarne l'attuazione sulla base delle risorse reperite.
4. A seguito di tale azione, le operazioni di aggiornamento degli oneri per il 2007 sono state concluse ed hanno portato per il Canada, come auspicato, ad una consistente riduzione degli oneri stessi. Si è infatti passati da Euro 1.037.000.00 per il 2005 ad Euro 533.000.00 per gli oneri aggiornati al corrente anno.
In effetti nel mese di aprile 2007 l'ufficio legislativo di questo Ministero ha inoltrato ai competenti dicasteri, per la necessaria concertazione, lo Schema di disegno di legge di ratifica di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo in questione.
Il 28 maggio 2007 ha avuto luogo il Canada Day organizzato da Confindustria con più di 150 incontri di operatori economici ed in contemporanea il Tavolo Italia-Canada presso questo ministero.
Al Tavolo Italia-Canada, l'onorevole Ministro degli affari esteri nel confermare che fra l'Italia ed il Canada esistono «rapporti ottimi» che vanno rafforzati «attivando nuove energie», ha riaffermato al Sottosegretario del ministero degli affari esteri e Commercio internazionale canadese Stewart Beck che anche l'Accordo di Sicurezza Sociale firmato nel 1995 è in via di ratifica.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Bobo Craxi.
BURGIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 17 febbraio Hashim Thaqi, capo del governo, ha proclamato ufficialmente la dichiarazione di secessione del Kosovo dalla Serbia;
Bexhet Pacolli, magnate della finanza e leader del partito «Alleanza per il nuovo Kosovo», ha dichiarato - come riporta il Corriere della sera del 17 febbraio 2008 - di aver «rifinito sino alle tre di notte la dichiarazione (di indipendenza) insieme al rappresentante italiano»;
su la Stampa del 17 febbraio 2008, in una breve intervista, lo stesso Pacolli chiarisce di aver «lavorato fino a tarda notte per mettere a punto la dichiarazione di indipendenza con l'ambasciatore italiano»;
il 18 febbraio il presidente del Consiglio Ue, Dimitri Rupel, al termine del Consiglio Affari Generali tenutosi a Bruxelles, ha dichiarato che «ogni Paese membro della Ue deciderà in base alle sue leggi e secondo il diritto internazionale se e come procedere al riconoscimento del Kosovo»;
il ministro degli Esteri spagnolo, Miguel Angel Moratinos, ha affermato che «la Spagna non riconoscerà l'indipendenza unilaterale proclamata dal parlamento di Pristina, perché non rispetta il diritto internazionale»;
la proclamazione dell'indipendenza del Kosovo - ha sostenuto lo stesso Moratinos - è «un atto giuridicamente illegittimo in quanto compiuto senza un accordo tra le due parti in causa e al di fuori di un mandato delle Nazioni Unite»;
tale gesto unilaterale, inoltre, viola palesemente la risoluzione 1244 votata dal Consiglio di sicurezza dell'Onu il 10 giugno 1999;
Sandra Raskovic, ambasciatrice di Belgrado in Italia, ha preannunciato - in un'intervista al Manifesto pubblicata il 19 febbraio - che sarà «richiamata in patria entro 48 ore dal riconoscimento dell'indipendenza da parte dell'Italia»;
nelle scorse settimane il ministro degli Esteri italiano Massimo D'Alema ha più volte ribadito il proprio personale assenso verso un processo di «indipendenza sotto supervisione internazionale con limitazioni molto rigorose»;
parallelamente ad una tale disponibilità, il nostro Governo si era impegnato in un dialogo con la Serbia che aveva prodotto l'accettazione, da parte della Serbia, di concedere al Kosovo un'autonomia larghissima, tale da conferire alle autorità locali oltre il 90 per cento delle funzioni statali;
il 18 febbraio lo stesso D'Alema ha annunciato che l'Italia procederà al riconoscimento della secessione kosovara «nella forma di una sovranità sotto supervisione internazionale» -:
se corrisponde al vero l'episodio riportato da Bexhet Pacolli relativo al coinvolgimento della nostra Ambasciata nella stesura della dichiarazione di indipendenza kosovara;
quale sia, ufficialmente, l'orientamento del Governo italiano;
se il Governo non ritenga fondati, sul piano del diritto internazionale, i rilievi espressi dal ministro degli Esteri spagnolo;
se il Governo stia valutando i rischi - sul terreno dell'affossamento di ogni ipotesi negoziale e di ripresa di egemonia dei contrapposti nazionalismi - che potrebbe produrre il riconoscimento italiano della nuova realtà statuale.
(4-06326)
Risposta. - In merito alla questione sollevata dall'interrogante nell'interrogazione in esame, ritengo di poterle fornire degli esaustivi elementi di risposta al riguardo richiamandomi a quanto illustrato sull'argomento dall'onorevole Ministro degli affari esteri, Massimo D'Alema, nella sua audizione in Parlamento tenuta il 20 febbraio scorso a Commissioni riunite della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Pertanto a completamento di quanto precede e nella speranza di farle cosa gradita la informo che il testo dell'intervento in parola è pubblicato sul sito web della Camera dei deputati http://www.camera.it/-dati/lavori/bollet/chiscobollt.asp?content=/-dati/leg15/lavori/bollet/framedin.asp?percobll=/-dati/leg15/lavori/bollet/200802/0220/html/03c03/.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
CAMPA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal 4 gennaio una famiglia trevigiana sta vivendo la dolorosa attesa di conoscere la fine dei loro quattro congiunti, genitori e due bambine, che erano sull'aeroplano sparito lungo la rotta Caracas-Los Roques in Venezuela. Dopo nove giorni dall'incidente, è stato trovato solo il corpo del copilota, senza poter stabilire le cause della morte;
gli organi d'informazione, nel frattempo, hanno scatenato una ridda di ipotesi che alimentano lo sgomento dei familiari e allontano la possibilità di giungere alla verità -:
se intenda assumere ulteriori iniziative, attraverso i canali diplomatici, per indurre il Governo venezuelano a continuare le ricerche dell'aereo e dei passeggeri, inspiegabilmente spariti nel nulla;
se il Governo italiano intenda incaricare un esperto italiano per guidare le ricerche e avere, in questo modo, la certezza che si faccia ogni sforzo per risalire alla verità e al ritrovamento della famiglia scomparsa.
(4-06254)
Risposta. - La nostra Ambasciata a Caracas il 4 gennaio 2008 ha riferito la scomparsa dagli schermi radar di un velivolo della compagnia aerea «Transaven», nel corso del tragitto tra Caracas e Gran Roque (isola dell'arcipelago venezuelano di Los Roques). A bordo dell'aereo risultavano imbarcati 8 cittadini italiani (fra cui una coppia di Treviso accompagnata da due bambine). Secondo quanto reso noto, il pilota del velivolo ha comunicato via radio di trovarsi in situazione di emergenza, indicando lo spegnimento dei due motori, ad una distanza di circa 16 miglia nautiche a sud dell'isola di Gran Roque. Non sono seguite ulteriori comunicazioni.
Il ministero degli affari esteri, tramite l'unità di crisi, ha prontamente informato i familiari e prestato loro la massima assistenza al fine di fare piena luce sull'accaduto e per poter espletare le pratiche legali inerenti alla sciagura. Uno dei familiari si è recato a Caracas dove, con l'assistenza della nostra ambasciata, ha potuto incontrare le Autorità venezuelane ed un esperto legale.
L'unità di crisi e l'ambasciata a Caracas insieme alle Autorità venezuelane, con cui sono costantemente in contatto, hanno posto in essere ogni misura necessaria per ritrovare il relitto dell'aereo ed i corpi dei passeggeri. La protezione civile locale ha effettuato una simulazione con un velivolo identico a quello scomparso, determinando l'area delle ricerche a partire dal punto dell'ammaraggio sulla base dell'ultima comunicazione radio del pilota. Le ricerche di superficie, per le quali sono stati messi a disposizione mezzi di terra, aerei e marittimi, si sono concluse. Proseguono le ricerche di profondità, in un'area circoscritta identificata come quella dell'ammaraggio, sulla base della citata simulazione condotta dalle Autorità venezuelane con navi militari equipaggiate di idrofoni e sonar.
Nella notte di sabato 12 gennaio è stato rinvenuto nella penisola del Paraguanà un cadavere maschile, poi identificato dalle competenti Autorità venezuelane come quello del co-pilota dell'aereo. L'autopsia ha determinato che la causa della morte (avvenuta il giorno stesso dell'incidente) è stata un violento impatto. L'esame medico-legale ha anche determinato che il copilota era già deceduto prima di essere sbalzato fuori dal velivolo, quando quest'ultimo ha toccato l'acqua.
Il 21 gennaio scorso la protezione civile venezuelana ha fatto pervenire una prima relazione sull'accaduto nella quale vengono escluse ipotesi diverse da quella dell'incidente aereo.
Le ricerche che sono proseguite a fasi alterne, non si sono mai interrotte. Le Autorità venezuelane hanno profuso sin dal momento dell'incidente il massimo impegno, utilizzando mezzi adeguati allo scopo e comunque in linea con gli standard internazionali e con quelli adottati anche nel nostro Paese in casi analoghi.
L'onorevole Ministro ha incontrato la sorella di una delle vittime ed anche altri esponenti del Governo (il Vice Ministro Danieli ed il Sottosegretario Craxi) hanno ricevuto a più riprese i congiunti. Il Presidente del Consiglio Prodi, nel corso di un colloquio telefonico a pochi giorni di distanza dall'accaduto, è intervenuto sul Presidente Chavez per segnalare l'interesse con il quale il Governo italiano segue il caso, ottenendone precise assicurazioni in merito al proseguimento delle ricerche. Da ultimo, in occasione della sua recente visita a Caracas, anche il Presidente Bertinotti ha sollevato la questione con Chavez, rappresentando il comprensibile stato di angoscia dei familiari e la viva aspettativa del Parlamento e dell'opinione pubblica italiani affinché il velivolo e i corpi vengano rintracciati.
Il Ministero degli affari esteri ha inviato a Caracas dal 5 al 9 febbraio scorsi una delegazione, guidata dall'unità di crisi, alla quale hanno reso parte esperti della marina militare, dell'aeronautica militare e della protezione civile, che ha incontrato il Capo della protezione civile venezuelana, generale
Antonio Rivero, il Procuratore incaricato dell'inchiesta José Morales, il patologo forense che ha eseguito l'autopsia del corpo, il Presidente dell'INAC (ente venezuelano per l'aviazione civile), esponenti del SAR (servizio di ricerca e soccorso) e della Guardia costiera, e della Junta de Investigaciones de Accidentes de Avion (ente omologo dell'italiana Agenzia nazionale per la sicurezza del volo). Parallelamente si è svolta a Caracas una missione di due esperti dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, che sono stati accreditati in Venezuela, ai sensi dell'annesso 13 della Convenzione ICAO, al fine di raccogliere elementi per la determinazione delle cause dell'incidente aereo.
Nel corso della missione dell'unità di crisi sono stati acquisiti elementi aggiuntivi rispetto a quelli già comunicati il 21 gennaio scorso nella relazione della protezione civile, anche al fine di fornire riscontro ad alcuni quesiti specifici posti dai familiari delle vittime. La Farnesina è in costante contatto con i familiari delle vittime ed ha loro illustrato gli esiti della missione nel corso di una riunione, cui hanno partecipato tutti i componenti la delegazione.
Il ministero degli affari esteri continuerà a seguire la vicenda con la massima attenzione, nell'auspicio che vengano ritrovati i resti dell'aereo, vigilando a che l'inchiesta svolta dalle Autorità venezuelane faccia chiarezza sulla dinamica dell'incidente, le sue cause e le eventuali responsabilità.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
CASSOLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal 19 al 22 novembre di quest'anno avranno luogo anche presso le rappresentanze diplomatico-consolari e gli istituti di cultura italiani all'estero le votazioni per il rinnovo delle rappresentanze sindacali unitarie;
anche quest'anno, da questo importante momento di vita sindacale, verranno esclusi - a causa dei limiti imposti dal decreto-legge 103 del 2000 -, gli impiegati con contratto locale del Ministero degli affari esteri in servizio presso le rappresentanze suddette;
il Ministero degli affari esteri dovrebbe garantire a tutto il suo personale in servizio all'estero gli stessi diritti sindacali in merito all'elezione delle rappresentanze sindacali unitarie, in merito ai temi facenti capo alla contrattazione collettiva ed alla concertazione sindacale sul posto di lavoro;
cittadini italiani, cittadini comunitari di nazionalità tedesca, francese, inglese, spagnola, greca e cittadini appartenenti ad altre nazionalità non potranno votare per i loro rappresentanti sindacali -:
se non ritenga opportuno stabilire il principio di parità di trattamento e di non discriminazione di cittadini appartenenti a differenti nazionalità e quali siano le misure che intende intraprendere in futuro per garantire a tutto il personale questo elementare diritto sancito dalla nostra Costituzione.
(4-04794)
Risposta. - Le norme di contrattazione collettiva al momento escludono iÌ riconoscimento del diritto di elettorato attivo e passivo per le elezioni delle Rappresentanze sindacali unitarie al personale a contratto regolato dalla legge locale.
Tale diritto è riservato solo ai destinatari del CCNQ (Contratto Collettivo Nazionale Quadro) del 7 agosto 1998 e per quanto concerne il personale a contratto, ai soli impiegati di cittadinanza italiana titolari di contratto a tempo indeterminato di legge italiana.
Il Ministero degli esteri, favorevole in via di principio a tale riconoscimento, ha più volte formalmente manifestato all'ARAN (Agenzia per la Rappresentazione sindacale delle Pubbliche Amministrazioni) la propria apertura verso tale problematica ed ha chiesto alla predetta Agenzia di modificare il suo orientamento su detta questione.
Alle predette istanze l'Aran ha sempre risposto negativamente, specificando che, in mancanza di una modifica del menzionato Ccnq e di un unanime accordo delle Confederazioni sindacali firmatarie, il diritto all'elettorato non potrà essere concesso al suddetto personale a contratto.
Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.
CASSOLA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la città istriana di Pola, già italiana e abitata da una nostra comunità nazionale autoctona, viene da sempre rappresentata attraverso l'Arena cittadina: il simbolo storico e culturale della comunità urbana;
naturalmente, tale anfiteatro romano, come tutti i monumenti, ha bisogno di periodici lavori di consolidamento e di restauro;
secondo l'articolo dei quotidiano Il Piccolo (pubblicato in data 24 ottobre 2007) tale monumento versa in uno stato di degrado tanto che il mancato intervento potrebbe provocare seri rischi per l'Arena. Infatti, pare che questa potrebbe essere danneggiata in modo irreparabile a causa del mancato restauro -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga opportuno attuare delle iniziative volte a proteggere questo patrimonio culturale ed artistico dell'umanità.
(4-05525)
Risposta. - L'Arena, eretta nel I secolo d.C. sotto l'imperatore Vespasiano e simbolo della città di Pola, è un monumento di eccezionale importanza archeologica e di alto valore culturale.
Per la nostra comunità nazionale, che in Istria e nel Quarnero conta circa 30.000 residenti, questo monumento riveste un carattere identitario e di forte legame con l'Italia.
Sul monumento non si effettuano da tempo importanti interventi di restauro e, per tale ragione, il Ministero della cultura croato ha recentemente nominato una Commissione di esperti al fine di predisporre uno studio sul suo stato di salute.
In proposito, l'Istituto croato del restauro di Zagabria aveva già richiesto nel maggio 2006 all'Opificio delle pietre dure di Firenze, nell'ambito delle diverse collaborazioni nel campo della conservazione e restauro di beni culturali che intercorrono tra i due Istituti, di partecipare all'individuazione degli interventi da realizzare sull'Arena, attraverso un sopralluogo dei propri esperti.
Alla disponibilità di cooperazione data dall'Opificio all'Istituto non è tuttavia seguita alcuna concreta richiesta.
Il Ministero croato ha inoltre inviato un documento alla municipalità di Pola sottolineando la necessità e l'urgenza di intervenire a tutela del monumento ed il vice sindaco, nonché presidente della locale comunità degli italiani, si è fatto portavoce dell'allarme lanciato dalle autorità competenti in una conferenza stampa tenutasi lo scorso ottobre.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
CASTAGNETTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la televisione e la stampa italiana (tra cui la Repubblica di venerdì 14 dicembre 2007) hanno raccontato la drammatica esperienza di una giovane donna italiana in vacanza alle Maldive, vittima di uno stupro;
l'ultima sera in barca prima del rientro in Italia la donna è stata aggredita nella sua cabina da uno degli uomini dell'equipaggio;
secondo quanto riferito dalla nostra concittadina, al momento di sporgere denuncia alla polizia, nella capitale Malè, avrebbe appreso che nelle Maldive: «lo stupro non è un reato specifico e comunque è possibile denunciarlo soltanto
quando all'evento sono presenti due uomini o quattro donne» -:
quali siano i fatti di cui è a conoscenza il governo in merito alla vicenda e se non ritenga necessario attraverso i nostri tours operator, il sito www.viaggiaresicuri.it e altre iniziative simili informare adeguatamente i nostri cittadini, le donne in particolare, dei rischi maggiori che possono correre in alcuni paesi, meta di turismo di massa, a causa di una legislazione carente sul piano della tutela dei diritti.
(4-05926)
Risposta. - La donna ha riferito al Console onorario a Malé, nel corso di una conversazione telefonica effettuata la mattina dell'8 dicembre 2007, che nella notte precedente, è stata oggetto di molestie sessuali da parte di un membro dell'equipaggio dell'imbarcazione sulla quale si trovava in vacanza alle isole Maldive. Il molestatore sarebbe entrato nella cabina mentre la signora Lo Giudice dormiva, le avrebbe palpato una gamba per poi fuggire quando la connazionale, svegliatasi, ha cominciato ad urlare. Nel corso della ricostruzione dell'accaduto fornita al Console onorario, l'interessata non ha mai affermato di aver subito una violenza carnale.
Durante la medesima conversazione la signora Lo Giudice è stata invitata a sporgere formale denuncia; lo stesso Console ha provveduto a prendere contatto con le Autorità di Polizia maldiviane al fine di segnalare il fatto e preannunciare l'arrivo della connazionale, assicurandosi che la signora Lo Giudice fosse adeguatamente assistita.
Le dichiarazioni rese dall'interessata alla Polizia sono risultate corrispondere alla ricostruzione fatta dalla stessa al Console onorario ed anche in quella sede la connazionale ha affermato di non essere stata oggetto di abusi sessuali.
Si fa presente che il reato di violenza carnale, secondo la legislazione maldiviana, è punibile con una pena che va dai tre ai venticinque anni di reclusione.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
CASTAGNETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi in Turchia c'è stata l'ennesima aggressione contro un religioso cristiano, padre Adriano Franchini, ferito fortunatamente solo in modo superficiale. Lo stesso religioso in alcune dichiarazioni pubbliche ha voluto minimizzare l'accaduto, ma purtroppo la lista di attacchi contro i cristiani è lunga, ed è esecrabile che giornali e autorità turche tendano a sminuire gli episodi parlando di «casi isolati» e di «squilibrati, pazzi, deboli mentalmente»;
la sequela di aggressioni riportata dall'agenzia cattolica Asianews (www.asianews.it) è impressionante: «prima del ferimento di p. Franchini, vi è quello di p. Roberto Ferrari, minacciato con un coltello da Kebab nella chiesa di Mersin l'11 marzo 2006; p. Pierre Brunissen accoltellato in un fianco il 2 luglio 2006 fuori della sua parrocchia a Samsun. Questi tre attentati si sono conclusi senza conseguenze fatali. Non così è stato per don Andrea Santoro, ucciso a colpi di pistola il 5 febbraio 2006 mentre pregava in chiesa a Trabzon; stessa sorte per il giornalista armeno Hrant Dink assassinato il 19 gennaio 2007 appena fuori dalla sua redazione in una via affollata di Istanbul. E ancora più tragica la morte il 18 aprile 2007 di tre cristiani protestanti, tra cui uno tedesco, torturati, incaprettati e uccisi a coltellate mentre lavoravano a Malatya nella casa editrice Zirve, che pubblica Bibbie e libri di matrice religiosa cristiana» -:
quali iniziative il Governo abbia assunto o intenda immediatamente assumere nei rapporti bilaterali e in ambito comunitario ed internazionale perché in Turchia vengano rispettati i fondamentali diritti di libertà religiosa, e prima di tutto l'incolumità fisica dei cristiani.
(4-05948)
Risposta. - Le vicende delle aggressioni a religiosi cristiani da lei riportate nell'interrogazione in esame - da ultimo Padre
Franchini a Izmir, l'assassinio di Padre Santoro a Trabzon nel 2006 e l'eccidio di tre appartenenti alla minuscola comunità cristiana di Malatya lo scorso anno - hanno riproposto nell'ultimo biennio il delicato tema della condizione delle minoranze religiose in Turchia.
Si tratta di un tema di particolare complessità, che rinvia alle origini stesse della Repubblica turca, tanto che il regime di tutela delle minoranze si fonda ancora oggi sul Trattato di Losanna del 1923 e ne conserva quindi i limiti e i condizionamenti storici. In estrema sintesi, il Trattato ha previsto misure riferibili più alla «tolleranza» che non alla «tutela» delle minoranze non musulmane, in un'ottica che considerava queste ultime quasi un corpo estraneo alla nascente Repubblica. Non va peraltro dimenticato il carattere laico (seppure di un laicismo inteso come prevalenza della sfera civile su quella religiosa piuttosto che come separazione tra le due) e secolare dello Stato turco, che in certa misura ha bilanciato nel tempo la suddetta impostazione.
La necessità di aggiornare quel regime giuridico era risultata evidente da tempo, ma ha ricevuto un impulso determinante con l'avvio del processo di avvicinamento all'Unione Europea (per il quale rilevano ad esempio le questione dello statuto del Patriarcato ortodosso di Istanbul, della formazione del clero, della tutela delle proprietà immobiliari). L'avvio di una riflessione sul tema ha ricevuto una positiva spinta con l'arrivo al potere del partito AKP, di ispirazione religiosa, portatore di una visione più aperta in materia rispetto a quella tradizionale dell'apparato politico-burocratico di ispirazione kemalista.
Nel più generale contesto delle riforme promosse dal Governo Erdogan è stata quindi predisposta una normativa, la Legge sulle fondazioni, intesa a disciplinare alcune delle questioni aperte in materia di statuto giuridico delle minoranze. Dopo un complesso iter parlamentare, il testo è stato approvato nei giorni scorsi dal Parlamento turco. Come rilevato dalla Commissione Europea, si tratta di un importante avanzamento sotto il profilo normativo, anche se restano aperte alcune questioni, quali la restituzione dei beni immobili già sequestrati ed alienati a terzi. Inoltre, come indicato dal Commissario Rehn, sarà essenziale verificare quale sarà l'attuazione concreta della nuova normativa a livello giudiziario ed amministrativo. Comunque la Commissione nel documento «Turkey 2007 Progress Report», redatto nel quadro del processo di adesione e volto ad analizzare i progressi effettuati dal Paese anche sul terreno dei diritti umani, riconosce al Governo turco il merito d'aver mantenuto un dialogo aperto con le comunità religiose non musulmane. In questa prospettiva si colloca la visita compiuta nel giugno 2007 da alti rappresentanti del Governo ai leaders delle varie comunità religiose, a seguito della quale il Ministero degli interni ha emesso una circolare sulla libertà di religione dei cittadini turchi non musulmani. L'attuazione pratica di questa circolare, che riconosce l'aumento dei crimini nei confronti dei non musulmani e richiede ai governatori provinciali di prendere misure tese a contrastare il fenomeno, rappresenta un ulteriore banco di prova dell'impegno di Ankara per il rispetto della libertà di religione.
Da quanto esposto, risulta come il tema della libertà religiosa sia divenuto di attualità nel dibattito politico turco. Non va dimenticato, nel contesto, che ferma ed immediata è stata la condanna espressa dalle massime Autorità turche rispetto agli attacchi in parola contro gli esponenti della minoranza cristiana, e con rapidità sono stati avviati i procedimenti giudiziari per l'accertamento e la condanna delle responsabilità.
Sul piano multilaterale, le sottolineo come l'impegno a favore della libertà di religione nel mondo rappresenti una direttrice importante dell'azione dell'Italia e dell'UE in materia di diritti umani. Nel 2007 l'UE ha infatti presentato ben due iniziative sull'eliminazione di tutte le forme di intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o il credo, in seno al Consiglio dei diritti umani ed all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, riuscendo in entrambe le circostanze ad ottenerne l'approvazione da parte degli organi dell'ONU.
La risoluzione del Consiglio dei diritti umani, approvata dalla maggioranza degli Stati, è particolarmente importante perché ha consentito di rinnovare per tre anni il mandato del relatore speciale del Consiglio per la libertà religiosa, che potrà dunque continuare a svolgere l'importante opera di indagine e monitoraggio sui casi di violazione di questo diritto nel mondo. Altrettanto rilevante la risoluzione presentata alla sessantaduesima Assemblea generale delle Nazioni, che esprime tra l'altro preoccupazione per i gravi casi di intolleranza e discriminazione in base alla religione o al credo avvenuti nel mondo, richiedendo agli Stati di garantire ad ogni individuo il diritto di professare liberamente la propria fede. È significativo che questa risoluzione sia stata adottata per consenso da tutti gli Stati dell'Assemblea dell'ONU, compresa naturalmente la Turchia, a testimonianza del valore dell'iniziativa dell'UE e della sua capacità di unire Stati spesso contraddistinti da visioni diverse su questo delicato tema.
In parallelo, l'Italia sostiene fortemente tutte le iniziative volte a sviluppare il dialogo interculturale ed interreligioso, come ad esempio l'«Alliance of Civilizations», iniziativa in ambito ONU, promossa dalla Spagna e dalla Turchia, che si propone di favorire il dialogo e la conoscenza reciproca tra le diverse culture, con un focus particolare sulle relazioni tra mondo occidentale ed islamico. L'Italia fornisce un contributo attivo a questo foro di dialogo, anche in qualità di membro del «Group of Friends», che raccoglie i Paesi vicini all'Alleanza.
Da parte italiana, anche nel contesto dei frequenti contatti bilaterali ai vari livelli, non abbiamo mancato di esprimere preoccupazione per il ripetersi di tali atti di ostilità, difficilmente riconducibili a gesti isolati di «squilibrati». Vi sono in tutta evidenza settori, seppur marginali, che alimentano un clima di ostilità, ciò che richiede una costante attenzione da parte delle Autorità politiche così come concreti avanzamenti verso una politica di pieno riconoscimento e inclusione delle minoranze religiose nella vita politica e sociale del Paese.
Nell'esprimere sostegno per la politica di riforme condotta con determinazione da parte del Governo turco - da ultimo con l'approvazione della Legge sulle fondazioni - abbiamo quindi ricordato le aspettative riposte nella dirigenza di Ankara affinché dia risposte concrete su una questione centrale quale quella del pieno rispetto della libertà religiosa, ciò che postula in primo luogo la salvaguardia fisica degli appartenenti alle minoranze.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
CASTELLANI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 28-29 maggio 2006 nel comune di Roseto degli Abruzzi (Teramo) che appartiene al novero dei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, si sono svolte le elezioni per il rinnovo delle cariche di sindaco e del consiglio comunale;
all'esito della predetta consultazione elettorale il consiglio comunale di Roseto degli Abruzzi è risultato composto da 18 membri della maggioranza di centro-sinistra, oltre al sindaco, e da soli 2 rappresentanti della minoranza di centro-destra;
per effetto di questa singolare composizione del consiglio comunale, alcune delle prerogative e dei diritti dei consiglieri di minoranza vengono ad essere pregiudicati, a causa della formulazione di alcune disposizioni dello statuto e del regolamento del consiglio comunale vigenti;
in particolare, l'articolo 10, comma 1 dello statuto comunale di Roseto, conformemente alle disposizioni contenute nell'articolo 39, comma 2 del decreto legislativo n. 267/2000 (T.U.E.L.), prevede che: «Il Presidente del Consiglio comunale è tenuto a riunire il Consiglio, in un termine non superiore a venti giorni, quando lo richieda almeno un quinto dei consiglieri o il Sindaco, inserendo all'ordine del giorno le questioni richieste»;
gli articoli 34, comma 4, e 36, comma 1 del Regolamento del Consiglio comunale di Roseto, in contrasto alle disposizioni contenute nell'articolo 43, comma 1 del decreto legislativo n. 267/2000 (T.U.E.L.), prescrivono la sottoscrizione di «almeno un quinto dei consiglieri comunali» per la presentazione di mozioni e proposte di deliberazione in Consiglio comunale;
conseguentemente, ai due consiglieri di minoranza, allo stato attuale, non è consentito avanzare richiesta di convocazione del consiglio comunale e, cosa assai più grave e penalizzante, è negata loro la possibilità di presentare autonomamente proposte di deliberazioni, mozioni o chiedere la trasformazione di interrogazioni in mozioni;
uno dei due consiglieri di opposizione, il consigliere Antonio Norante, pertanto si è premurato di richiedere al ministero dell'interno - Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, Settore Autonomie Locali - un parere sulla possibilità di avanzare richieste di modifica delle predette disposizioni statutarie e regolamentari, ed innanzitutto dell'articolo 10, comma 1 dello Statuto comunale vigente, visto quanto prescritto dallo stesso T.U.E.L. (articolo 39, comma 2);
il ministero dell'interno in data 4 ottobre 2006 con atto prot. n. 15900/937/L.142/1 Bis/5.1.8, trasmesso per conoscenza anche al comune ed alla prefettura di Teramo, si esprimeva in senso favorevole ed asseriva che: «Peraltro, si osserva che fermo restando il quorum previsto dall'articolo 39, comma 2 del T.U.E.L. (...), l'Ente locale, nella propria autonomia potrà legittimamente introdurre nel proprio Statuto e relativo Regolamento sul funzionamento del Consiglio una diversa e più favorevole previsione. Pertanto, si ritiene che la disposizione dell'articolo 10, comma 1 dello Statuto comunale potrebbe essere riformulata nei termini rappresentati dal consigliere Norante, sempre che sull'ipotizzata proposta di modifica statutaria converga il numero dei consensi necessario (...).
Va comunque rilevato che i due consiglieri in questione potranno utilizzare altri strumenti che rimangono nelle prerogative di ciascun consigliere, indipendentemente dall'entità numerica del gruppo di cui fanno parte. Infatti, ogni consigliere ha la possibilità, uti singuli, di esercitare l'iniziativa deliberativa ovvero di presentare proposte di deliberazione al Consiglio relativamente agli oggetti di competenza di detto organo e, inoltre, di presentare interrogazioni e mozioni ed ogni altra istanza di sindacato ispettivo.»;
il presidente del Consiglio comunale di Roseto, tuttavia, nonostante l'autorevole parere del ministero, continua a negare l'iscrizione all'ordine del giorno dei Consigli comunali di due proposte di delibera avanzate dai consiglieri di opposizione ed acquisite al protocollo dell'Ente da diversi mesi, aventi ad oggetto proprio la modifica dell'articolo 10, comma 1 dello Statuto comunale e degli articoli 34 e 36 del Regolamento del Consiglio comunale di Roseto, onde rimuovere gli ostacoli che attualmente impediscono ai due consiglieri di minoranza di esercitare appieno le proprie funzioni;
va evidenziato, tra l'altro, che il ruolo dei consiglieri di minoranza ed i relativi diritti, vengono continuamente frustrati da parte dell'Amministrazione comunale che, avvalendosi della grande forza numerica e di stretti rapporti fiduciari con la dirigenza, ostacola ogni iniziativa politica dei consiglieri di minoranza, i quali ultimamente si sono visti negare persino l'accesso ad atti e documenti amministrativi;
la scusa strumentale più ricorrente, utilizzata dai Responsabili dei Servizi per ostacolare l'accesso dei consiglieri di opposizione ad atti e documenti amministrativi che si vogliono tenere secretati, è rappresentata da differimenti sine die non giustificati o giustificabili ai sensi di legge, quali richieste di pareri alla Commissione ministeriale per l'accesso ai documenti amministrativi;
il diritto di accesso dei consiglieri comunali del comune di Roseto, come
espressamente disciplinato dal comma 2 dell'articolo 43 del decreto legislativo n. 267/2000, viene continuamente disconosciuto e la disciplina dell'istituto dell'accesso dei consiglieri comunali, interpretata dall'Amministrazione di Roseto in maniera del tutto singolare, alla stregua del generale diritto d'accesso riconosciuto a tutti i cittadini e disciplinato dall'articolo 22 e seguenti della legge n. 241, del 1990;
la finalità di queste operazioni appare all'interrogante quella di impedire ai consiglieri di minoranza di esercitare le funzioni di garanzia e controllo sull'operato dell'Amministrazione, che sono riconosciute dalla legge e dalla stessa Costituzione della Repubblica, in virtù del mandato conferito loro dagli elettori;
ultimamente il ruolo dei due consiglieri di minoranza al comune di Roseto è divenuto sempre più difficile e mortificante, a causa dei continui soprusi e vessazioni che sono costretti a subire dall'amministrazione comunale;
i due consiglieri comunali di opposizione infatti, per vedere riconosciuti i loro fondamentali diritti, si sono visti costretti, dopo vari e ripetuti inviti e diffide, a presentare un circostanziato esposto alla procura della Repubblica di Teramo, al Difensore civico regionale di L'Aquila, al prefetto di Teramo ed al ministero dell'interno, chiedendo tempestivi interventi a salvaguardia dei propri diritti;
la situazione che si è venuta a creare nel comune di Roseto va certamente monitorata, onde evitare che diritti costituzionalmente riconosciuti a rappresentanti del popolo possano essere pregiudicati, nel totale dispregio di ogni regola democratica -:
se sia a conoscenza della presentazione del predetto esposto da parte dei consiglieri comunali di opposizione al comune di Roseto degli Abruzzi, inoltrato il giorno 8 gennaio 2007 al ministero dell'interno, Dipartimento Affari Interni e Territoriali, Direzione Centrale per le Autonomie;
se condivida la motivazione del parere del 4 ottobre 2006 volta, secondo l'interrogante, a impedire la continua e sistematica violazione dei diritti dei consiglieri comunali di minoranza e consentire loro l'espletamento del mandato conferitogli dagli elettori, oltre che a tutelare le elementari regole di democrazia ed il rispetto delle leggi che disciplinano il funzionamento degli enti locali.
(4-02391)
Risposta. - In data 4 ottobre 2006, questa Amministrazione si è pronunciata in ordine al quesito posto dal Consigliere di minoranza del comune di Roseto degli Abruzzi, sulla legittimità di una modifica della norma statutaria di quel comune.
Come è noto tale decisione - alla luce della normativa vigente in materia - può essere assunta esclusivamente dagli Organi locali, che a tal proposito, in data 8 maggio 2007, hanno comunicato di aver proceduto (nella seduta del consiglio del 19 dicembre 2006) alla nomina di una specifica Commissione consiliare, con il compito di formulare proposte di modifica dello Statuto e del Regolamento del Consiglio comunale.
Nella seduta del Consiglio comunale del 4 dicembre scorso, è stato approvato il nuovo regolamento del Consiglio comunale del comune di Roseto degli Abruzzi che, tra le modifiche introdotte, recepisce quella relativa al numero di consiglieri necessario per l'approvazione di mozioni e proposte di deliberazioni, che passa da «un quinto», a «uno o più» consiglieri, proprio come auspicato dai consiglieri di minoranza del comune di Roseto degli Abruzzi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
COLASIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'amministrazione comunale di Pieve di Soligo ha deciso di realizzare un palazzetto dello sport nell'area golenale del fiume Soligo;
l'individuazione dell'area risale a più di vent'anni fa, quando fu approvato l'ultimo piano regolatore. La costruzione del palazzetto dello sport avrebbe soddisfatto un'esigenza intercomunale che è oramai venuta meno. Infatti nelle relazioni tecniche giustificative del progetto si descrive un bacino d'utenza di 44.000 abitanti, di cui circa 12.000 residenti nel Comune di Pieve di Soligo. Ma nel frattempo le amministrazioni dei Comuni limitrofi hanno provveduto a dotarsi di palestre. Per il palazzetto dello sport il Comune di Pieve di Soligo ha invece stanziato 3.400.000 euro e dispone di un contributo statale di 1.050.000 euro;
l'edificazione del palazzetto dello sport in quella zona golenale comprometterebbe un'area, fra le poche rimaste nella zona di significativo valore ambientale e paesaggistico, che dovrebbe essere tutelata come fascia fluviale anche dagli strumenti della pianificazione di bacino, e che aggraverebbe il carico del sistema viario già insufficiente, che determina il frequente superamento dei livelli di sicurezza per l'inquinamento da polveri sottili -:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di tale situazione;
se sia a conoscenza di eventuali iniziative della Regione Veneto in merito.
(4-01764)
Risposta. - Il comune di Pieve di Soligo ha riferito che la realizzazione di una palestra polifunzionale è un obiettivo perseguito da tempo dalle forze politiche locali di ogni schieramento per soddisfare le esigenze sempre crescenti delle numerose società sportive che si sono costituite nell'ultimo ventennio.
Il comune ha, inoltre, fatto presente che nel «Quartier del Piave» non è attualmente presente nessuna struttura che possa ricevere un pubblico di almeno seicento spettatori e che sia dotata di un campo da gioco regolamentare e più salette accessorie di allenamento.
Tale struttura dovrà servire anche per ospitare gli oltre mille e duecento alunni delle scuole elementari, medie e superiori della zona che da sempre soffrono della carenza di spazi per le attività di educazione fisica e di avviamento all'attività sportiva.
Per quanto attiene alla scelta del sito, il Piano regolatore generale aveva in origine individuato una zona che merita invece di essere preservata trattandosi di un'area golenale che presenta, inoltre, unicità e continuità di assi visivi verso il Monte Villa secondo quanto emerso dal sopralluogo effettuato lo scorso dicembre dai tecnici della Soprintendenza.
Pertanto, concordando con tale valutazione, l'amministrazione comunale ha individuato un diverso sito per la realizzazione del progetto, dove peraltro sono già collocate strutture per l'attività sportiva.
Lo studio di fattibilità commissionato dall'amministrazione comunale ha dimostrato che la nuova collocazione risulta più adeguata rispetto alla precedente, oltre che per la ragione già ricordata, soprattutto per la sua maggiore compatibilità con i valori paesaggistici.
In ossequio a quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 dicembre 2005, l'amministrazione comunale si è mostrata disponibile a concordare con la competente Soprintendenza tutte le fasi della progettazione, in un'ottica di leale e fattiva collaborazione.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
GIORGIO CONTE. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
lo scorso dicembre, presso il Sacrario militare della SS. Trinità di Schio, in provincia di Vicenza, è stato installato un prefabbricato in legno, degno di un cantiere o di una fiera provvisoria;
tale struttura, posta sulla facciata monumentale del Sacrario nelle immediate adiacenze dell'ingresso, sembrerebbe destinata ad ospitare personale di custodia;
il posizionamento e la scelta della struttura è stata disposta dal Commissariato per le Onoranze dei Caduti in Guerra (Onorcaduti), sembra su segnalazione dello stesso personale di custodia;
tale struttura non è certamente idonea alla dignità di un luogo sacro alla Patria e alla stessa area verde prospiciente il Sacrario, che custodisce le spoglie di 5.075 caduti della I guerra mondiale e la memoria civica di tutti i Caduti della città di Schio -:
quali valutazioni tecniche abbia svolto il Commissariato Generale per le Onoranze ai caduti in Guerra per procedere con tale installazione e se la struttura sia da considerarsi permanente ed effettivamente necessaria per lo svolgimento del servizio;
se sia stato valutato l'impatto visivo e il relativo significato morale a fronte di un Sacrario militare;
se il Ministro intenda disporre ulteriori valutazioni per pervenire ad una diversa soluzione o collocazione della struttura, liberando la visuale della facciata monumentale del Sacrario militare della Santissima Trinità di Schio.
(4-06102)
Risposta. - In relazione a quanto rappresentato nell'interrogazione in esame, si rende noto che l'installazione della struttura in argomento (tuttora in fase di realizzazione nell'area parcheggio del sacrario e non all'interno dell'area monumentale), è finalizzata a soddisfare le molteplici esigenze logistiche e funzionali del Sacrario militare della SS. Trinità, quali servizi igienici per i visitatori abili e diversamente abili, punto di informazione per il pubblico, postazione di lavoro per i dipendenti addetti alla custodia e vigilanza in conformità alla normativa vigente i quali, in mancanza, dovrebbero svolgere il servizio in condizioni meteo avverse, senza alcun tipo di riparo.
Si specifica, tuttavia, che il prefabbricato in argomento, per le sue finalità e quale punto di osservazione, ha caratteristiche costruttive non permanenti.
Difatti, qualora venisse a mancare l'esigenza legata alla vigilanza dell'immobile, sarebbe possibile rimuovere il manufatto ricollocandolo in altra posizione esclusivamente per l'uso dei servizi igienici per i visitatori e per le esigenze logistiche del personale.
Con riferimento, poi, alla possibilità di «pervenire ad una diversa soluzione o collocazione della struttura», poiché non è stato possibile edificare la stessa all'interno dell'area monumentale, onde tutelarne l'alto significato morale, è stata scelta l'unica area disponibile situata in una zona dedicata a parcheggio delle autovetture posta tra due cancellate, l'una di accesso alla zona militare e l'altra all'area monumentale.
Tale soluzione è apparsa subito come la migliore, anche perché non interferisce con le altre destinazioni ed è comunque idonea, in termini di sicurezza, al soddisfacimento delle minime esigenze funzionali sopra citate nel pieno rispetto della normativa vigente in materia di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Anche la regione Veneto ha riconosciuto la conformità dell'opera rispetto alle prescrizioni dello strumento urbanistico del comune di Schio, rilasciando il parere n. 30 del 23 gennaio 2008 favorevole alla realizzazione del manufatto - tramite il proprio comitato tecnico previsto dalle leggi regionali n. 11 del 23 aprile 2004 e n. 61 del 27 giugno 1985 - che verrà ultimato rispettando, al massimo, l'impatto ambientale.
A tal fine, saranno realizzate zone arboree, opportunamente piantumate, affinché venga eliminato o quantomeno ridotto l'effetto visivo della struttura, migliorandone l'estetica.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
CONTENTO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
sulla base della legge 1 dicembre 1986, n. 879, con convenzione di concessione Rep. n. 890 del 23 dicembre 1991,
venivano assegnati i lavori di progettazione ed esecuzione dell'edificio dei servizi generali e di accasermamento ad uso della polizia di Stato di Pordenone;
a seguito dell'approvazione del progetto esecutivo, la concessionaria manifestava al provveditorato interregionale delle opere pubbliche la necessità di integrare lo scarno importo degli imprevisti (euro 5.549,70) sia a copertura dei maggiori oneri espropriativi sia per l'aggiornamento contrattuale dei prezzi;
il responsabile del procedimento, con nota del 7 giugno 2006, risulta aver sottoposto al magistrato delle acque di Venezia ed alla sede coordinata di Trieste una proposta di rimodulazione del quadro economico con la richiesta di un maggior finanziamento di euro 1.080.000,00 da suddividersi negli esercizi 2007 e 2008;
a distanza di oltre un anno, il magistrato delle acque ha invitato la concessionaria a predisporre una perizia di variante in diminuzione che, quindi, prevedesse una riduzione delle opere da realizzare, ma mantenendo pur sempre, uno stralcio funzionale con riferimento ai lavori in corso;
la situazione evidenziata appare paradossale sia perché la individuazione delle minori opere da realizzare rischia di ritardare ulteriormente l'esecuzione dell'opera sia perché sembra incredibile l'impossibilità di disporre un nuovo maggior impegno attesa la modestia dell'importo riferito a ciascuno degli anni 2007 e 2008 -:
se non ritenga di intervenire presso i competenti organismi periferici allo scopo di verificare la possibilità di disporre nel senso richiesto dal responsabile del procedimento e, comunque, quali iniziative urgenti voglia adottare allo scopo di porre rimedio alla situazione descritta.
(4-06184)
Risposta. - L'edificio destinato a sede della Questura di Pordenone è stato finanziato per l'importo complessivo di euro 14.520.000,00, euro 10.920.000,00 a carico dei fondi degli esercizi dal 1991 al 2003, ed euro 3.600.000,00 a carico dell'esercizio 2004. I lavori sono stati affidati in concessione, e solo dopo una lunghissima serie di vicissitudini, che hanno visto anche uno spostamento del sito di costruzione, è stato possibile redigere il progetto esecutivo sul quale si è espresso in via definitiva il CTA del Provveditorato interregionale alle OO.PP. Veneto-Trentino Alto Adige-Friuli Venezia Giulia (allora SIIT) in data 4 marzo 2005.
Purtroppo non è stato possibile approvare subito il progetto, poiché mancava l'intesa Stato-Regione alla realizzazione dell'opera (atto da acquisire a cura del concessionario), che è stato possibile formalizzare solo dopo il 21 ottobre 2005, data della delibera della Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia che ha dato parere favorevole all'intesa.
La necessità di integrare il finanziamento dell'opera, peraltro senza quantificare l'ammontare del finanziamento necessario, è stata segnalata per la prima volta dal concessionario con una nota di data 26 ottobre 2005. A tale nota è stata data pronta risposta dal Provveditorato in data 10 novembre 2005, assicurando che delle problematiche si era già a conoscenza, ma che solo una volta accertato che tali maggiori somme fossero effettivamente dovute a termini di legge, si sarebbe potuto provvedere a reperire gli ulteriori fondi.
Il progetto esecutivo dei lavori di cui trattasi, redatto anch'esso dal concessionario, è stato quindi approvato in data 17 novembre 2005 per l'importo complessivo di euro 14.520.000,00 atteso che dei maggiori oneri, cui spettava al concessionario fornire evidenza, non si aveva al momento certezza.
Solo in data 13 marzo 2006, il concessionario ha quantificato in parte le maggiori necessità di finanziamenti per l'opera, indicandole con precisione in euro 290.000,00 per gli espropri ed esponendo altre cifre per un totale di euro 1.080.000,00.
Prontamente in data 21 marzo 2006 il Provveditorato ha chiesto al RUP di esprimere
il proprio parere in merito ad una eventuale rimodulazione del quadro economico per un maggior importo di euro 1.080.000,00.
In data 7 giugno 2006 il RUP ha proposto la rimodulazione del quadro economico, indicando le poste necessarie di maggiori finanziamenti, con indicazione precisa dei motivi e dei maggiori costi, confermando la necessità di un maggiore finanziamento di euro 1.080.000,00. Il medesimo giorno il RUP ha disposto per la consegna dei lavori.
L'urgenza di procedere con la costruzione della nuova Questura di Pordenone, attesa da tanti anni, ha suggerito di procedere comunque con i lavori pur essendo a conoscenza che le somme disponibili non erano sufficienti al finanziamento dell'intera opera.
Il Provveditorato, di fronte al fatto compiuto ed a fronte delle sempre minori disponibilità di bilancio per i fondi ordinari - nel 2005 per l'intero territorio regionale sono stati assegnati 3,9 milioni pari a meno della metà dei precedenti usuali stanziamenti annuali, e così di seguito fino ad oggi - ha pertanto interessato questo ministero, che però ha escluso qualsiasi possibilità di finanziamento al di fuori dei fondi già assegnati per l'anno 2006.
A fronte della scarsità di risorse sui capitoli ordinari di bilancio, il Provveditorato ha impostato una gestione dei fondi sostanzialmente di cassa, impegnando nelle singole annualità le somme che si prevede di spendere sostanzialmente entro l'anno.
Da ultimo, a seguito di una dettagliata valutazione dei maggiori oneri necessari, eseguita d'intesa tra il responsabile unico del procedimento e società concessionaria, il Provveditorato interregionale di Venezia ha richiesto in data 27 settembre 2007 alla sede ministeriale centrale un finanziamento straordinario di 1.600.000,00 euro che non è stato possibile accogliere stante la scarsa disponibilità di risorse.
Il Provveditorato ha pertanto inserito nella proposta di programmazione triennale 2008-2010 del capitolo di bilancio 7341 (straordinaria manutenzione di edifici demaniali) la somma di 1.300.000,00 euro per l'esercizio 2008 e di 500.000,00 euro per l'esercizio 2009 al fine di coprire integralmente la spesa necessaria per il completamento dell'opera in questione.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
COSTA e MELLANO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il battaglione allievi carabinieri di Fossano (Cuneo) - erede della gloriosa scuola allievi carabinieri insediata nel 1966, nella allora caserma «Piave», già polverificio del Regio Esercito - vede oggi impegnati 340 allievi dell'ultimo corso;
in passato, con la leva obbligatoria, la struttura è arrivata ad ospitare anche 1.500 effettivi, allievi dei corsi di carabinieri ausiliari provenienti da tutta Italia;
la caserma «Dalla Chiesa» ha strutture nuove o rinnovate: in particolare due palazzine sono nuove, altri sono state risistemate circa un anno fa ed alcuni alloggiamenti risalgono a circa 12 anni fa;
si tratta di un campus militare completo unico in Italia, con un parco di 60 ettari e due nuovi poligoni di tiro di cui uno elettronico;
la caserma «Dalla Chiesa» ospita inoltre circa 20 famiglie dei graduati che si occupano della formazione per un totale di 90 persone circa;
dai 40 ai 50 civili lavorano nella struttura per le attività più disparate, dalle pulizie al servizio mensa, allo spaccio gestito da una famiglia di 4 persone;
ci sono numerose maestranze di artigiani che curano manutenzioni e impianti tecnici;
ha destato preoccupazione la notizia circolata in ambienti militari secondo cui si prospetterebbe una chiusura dell'ente, concentrando l'addestramento degli effettivi in Piemonte alla Caserma «Cernaia» di Torino;
la presenza degli allievi carabinieri rappresenta un'enorme risorsa per Fossano e per l'intera provincia di Cuneo, già privata negli anni delle scuole allievi finanzieri (Mondovi) e marescialli Guardia di finanza (Cuneo) -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
se non ritenga opportuna l'adozione di misure tese a scongiurare la riferita evenienza, con misure di potenziamento e valorizzazione del reparto.
(4-03165)
Risposta. - In premessa alla questione affrontata con l'interrogazione in esame, appare opportuno soffermarsi brevemente sull'importante ed indiscusso ruolo che l'Arma dei carabinieri svolge nell'ambito dell'ampia missione affidata alle forze armate per la difesa del Paese e la salvaguardia delle libere istituzioni.
L'Arma non solo concorre alla difesa integrata del territorio nazionale, ma partecipa anche alle operazioni per il mantenimento ed il ristabilimento della pace e della sicurezza internazionale, contribuisce alle attività volte alla ricostruzione ed al ripristino dei corpi di polizia locali nei teatri operativi, garantisce i servizi di sicurezza delle rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero ed esercita le funzioni di polizia militare, in via esclusiva per tutte le forze armate.
È proprio in relazione a tali compiti che l'Arma ha sviluppato un graduale processo di rinnovamento delle strutture e delle procedure, perseguendo un programma di razionalizzazione dei settori logistico-gestionali, finalizzato, precipuamente, al recupero di risorse a favore degli impieghi operativi.
Peraltro, la consapevolezza della valenza della duplice natura istituzionale dell'Arma ha condotto il legislatore, nel 2000, ad esaltarne tale specificità, ribadendo i compiti militari ed inserendoli in un aggiornato quadro organico, maggiormente funzionale alle evolute esigenze.
Fatta questa doverosa premessa, per quanto riguarda più specificatamente l'ipotizzata chiusura della scuola allievi carabinieri di Fossano, non va trascurato il fatto che le forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, stanno vivendo, da tempo, un delicato e complesso processo di riorganizzazione, connesso ai provvedimenti normativi concernenti la trasformazione dello strumento militare in senso interamente professionale.
L'intervenuta sospensione della coscrizione obbligatoria, in particolare, ha reso necessaria l'attuazione di un programma di sostituzione dei carabinieri ausiliari con quelli effettivi, che inciderà sensibilmente sull'entità degli arruolamenti nel ruolo iniziale.
E, dunque, in tale contesto che si devono inquadrare eventuali iniziative che potrebbero interessare l'Arma, nell'ottica dell'adeguamento degli attuali enti addestrativi alle mutate e diminuite esigenze di formazione del personale carabinieri del ruolo iniziale, oltre che per corrispondere, con sempre maggiore efficacia, ai nuovi compiti attribuiti all'istituzione, quale forza di polizia ad ordinamento militare, con il rango di forza armata.
In particolare, nel sottolineare come, finora, non sia stato adottato alcun provvedimento afferente eventuali ridimensionamenti o riconversioni degli enti addestrativi, si assicura che nell'ambito del piano di riorganizzazione ordinativa delle scuole allievi carabinieri - tuttora in fase di studio - non è prevista la soppressione del II battaglione allievi carabinieri di Fossano, che sarà esclusivamente interessato da un parziale adeguamento di talune componenti, in ragione delle prevedibili minori esigenze addestrative.
A premessa di ogni decisione di natura ordinativa, comunque, mai vengono trascurati gli eventuali riflessi di carattere sociale, economico ed infrastrutturale, nonché quelli connessi con i legami storici e con la presenza dei carabinieri nelle aree interessate, anche nel rispetto del tradizionale e sentito legame dell'Arma con i cittadini.
Ciò, nella consapevolezza che l'Arma dei carabinieri rappresenta una delle istituzioni più vicine ai cittadini, nei confronti dei quali la stessa svolge la sua costante azione di prevenzione quale espressione significativa della presenza dello Stato sul territorio.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
COTA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
è in corso di conclusione l'iter di approvazione del progetto definitivo del lungolago di Meina per un investimento stimato in 5.000.000 di euro;
sul progetto hanno espresso valutazioni negative la competente Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici e le associazioni Italia Nostra, Arona Nostra, WWF, Movimento Azzurro, Comitato Lungolago, in quanto il progetto medesimo deturperebbe l'alta valenza paesaggistica della riva lacustre, caratterizzata da uno sviluppo lineare, con ville neoclassiche e relativi parchi;
i manufatti a forma di torretta, che attraversano la SS 33 mediante ponti in ferro, creano un notevole impatto alle importanti emergenze architettoniche e storiche del luogo, come la villa Faraggiana, e la chiesa parrocchiale Santa Margherita;
il progetto crea una serie di contraddizioni dibattute sin dal 2002, ossia dal momento della presentazione al pubblico del progetto, e produce un elevato impatto visivo e una pesante incidenza sul paesaggio lacustre, rilevata soprattutto dalla Soprintendenza e da parlamentari europei e nazionali, da amministratori regionali e da associazioni ambientaliste nazionali e locali;
secondo la Soprintendenza, il progetto introduce elementi estranei al paesaggio lacustre, «incompatibili con le imprescindibili esigenze di tutela e conservazione dei valori paesaggistici-antropici, esigenze che rappresentano la ragione costitutiva del vincolo (...) elementi tali da richiedere la sostanziale revisione del progetto stesso»;
l'impostazione data dall'amministrazione comunale all'attuale progetto definitivo non può considerarsi una sostanziale revisione del progetto preliminare, poiché le modifiche apportate per ridurre gli impatti del progetto preliminare si limitano alla riduzione quantitativa di un tratto del percorso, tolto per motivi economici secondo l'amministrazione comunale, tratto che, invece, rappresentava la parte più significativa del progetto in quanto collegava i due parchi pubblici esistenti;
l'impatto si è ridotto quantitativamente, ma parimenti si è ridotta la completezza e l'utilità del progetto stesso. Secondo la nuova impostazione, la pista pedonale ciclabile proveniente da sud entra nel Parco della Fratellanza, lo attraversa eliminando l'attuale pedana da ballo (che rappresenta l'unico vero luogo di aggregazione sul lago utilizzato da 20 anni dalla popolazione locale e dai turisti) e successivamente finisce bruscamente al cancello del parco. L'ultimo tratto di collegamento con l'imbarcadero si limita ad un marciapiede di soli 70 cm di larghezza, al lato del Sempione;
parimenti, la riduzione dell'impatto provocato dai passaggi sul Sempione è stato ottenuto, nel progetto definitivo, riducendo da due a uno tali passaggi, incidendo tuttavia sull'utilità dei passaggi medesimi, visto che l'unico passaggio rimasto si trova ad una distanza di circa 1 Km dal centro cittadino;
peraltro, già dall'iniziale impostazione, il progetto è indirizzato, inspiegabilmente, nella parte sud, a supporto della passerella di collegamento al futuro Museo Europeo del Disegno, di cui non si conosce ancora l'effettivo dimensionamento, lasciando completamente all'iniziativa privata la realizzazione del lungolago storico, a ridosso del centro cittadino. Tale iniziativa privata consiste nella trasformazione da albergo in condominio degli alberghi Vittoria e Verbano, aree eliminate dal progetto definitivo ricadenti proprio nel tratto di collegamento tra le due zone pubbliche, la cui eliminazione ha inciso sulla fruibilità del progetto medesimo;
inoltre, un terzo intervento d'iniziativa privata, anche esso collegato al progetto del lungolago in quanto consente di
realizzare un tratto della passeggiata senza oneri a carico dell'amministrazione, rende edificabile un'area ristrettissima a lato della Statale del Sempione, su una curva di elevata pericolosità, a pochi metri dal Rio Colatore, che ha subito due esondazioni negli ultimi decenni;
infine, non risulta attuato alcun coordinamento tra il sopraesposto progetto e il progetto regionale della litoranea, che ha finalità analoghe in quanto concerne «la formazione di percorsi ciclo pedonali protetti» sulla SS Sempione, attraverso la riduzione e la messa in sicurezza dell'attuale carreggiata -:
se il Ministro, nell'ambito delle proprie competenze per la tutela dei beni culturali, non intenda adottare le opportune iniziative a tutela e conservazione dei valori paesaggistici della riva lacustre del lungolago di Meina, promuovendo un rinvio dell'approvazione del progetto definitivo in Conferenza di servizi, al fine di permettere, con i tempi occorrenti e senza fretta e precipitazione incomprensibili, la revisione del progetto e la valutazione di alternative progettuali in grado di soddisfare le esigenze ambientali e di fruibilità dei beni storici, artistici e paesaggistici del luogo, anche in coordinamento con i progetti regionali in itinere e con l'effettivo dimensionamento del futuro Museo europeo del disegno.
(4-04965)
Risposta. - Il progetto preliminare di riqualificazione del lungolago di Meina, presentato nel 2002 ed approvato con provvedimento autorizzativo regionale, è stato annullato dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del Piemonte in quanto l'intervento risultava incompatibile con le imprescrittibili esigenze di tutela dei valori paesaggistici nel tratto compreso tra piazza Marconi e Villa Farragiana.
Durante la revisione del progetto, il complesso immobiliare pubblico di Villa Farragiana, che interessa una porzione significativa del lungolago, è stato sottoposto a verifica dell'interesse culturale ai sensi dell'articolo 12 del Codice dei beni culturali e del Paesaggio ed è stato conseguentemente vincolato con decreto del 18 aprile 2007.
Nel maggio 2007, il progetto definitivo di riqualificazione è stato sottoposto all'esame della Soprintendenza architettonica che lo ha approvato impartendo, tuttavia, alcune prescrizioni e richiedendo l'invio di ulteriore documentazione per il parere definitivo.
Poiché il progetto prevede la realizzazione di opere di scavo a notevole profondità che coinvolgono un ampio tratto di terreno, nell'ottobre scorso è stato inviato anche alla Soprintendenza archeologica la quale, a sua volta, ha rilasciato parere favorevole condizionandolo all'esecuzione delle necessarie verifiche da parte di tecnici archeologici.
Allo stato attuale, per quanto attiene ai profili di legittimità di propria competenza, questo Ministero si è espresso favorevolmente sul progetto in questione.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
D'AGRÒ. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante «Norme sulla cittadinanza», consentiva agli emigranti italiani residenti all'estero, che avevano perso la cittadinanza per conseguita naturalizzazione nel Paese di residenza, ai sensi degli articoli 8 e 12 della legge n. 555 del 1912, la possibilità di riacquistarla entro due anni dall'entrata in vigore della legge, termine successivamente prorogato al 15 agosto 1995 dall'articolo 1 della legge n. 736/94 e da ultimo al 31 dicembre 1997 dall'articolo 2, comma 195, della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
ai sensi dei citati articoli 8 e 12 della legge n. 555 del 1912, abrogata dalla legge n. 91 del 1992, perdevano la cittadinanza italiana coloro che spontaneamente avevano acquistato una cittadinanza straniera
e stabilito all'estero la propria residenza, nonché coloro che, avendo senza concorso di volontà propria acquistato una cittadinanza straniera, avevano dichiarato di rinunciare alla cittadinanza italiana e stabilito all'estero la propria residenza;
ai sensi dell'articolo 5 della legge 21 aprile 1983, n. 123, anch'essa abrogata dalla legge n. 91 del 1992, perdevano la cittadinanza italiana anche quanti, in possesso di doppia cittadinanza acquisita iure sanguinis, non avevano reso l'opzione per la cittadinanza italiana entro il conseguimento del diciannovesimo anno di età;
molti nostri connazionali non poterono usufruire del beneficio di cui all'articolo 17 della legge n. 91 del 1992 perché, allora, la legislazione dei Paesi di residenza non consentiva il possesso della doppia cittadinanza o per la mancata o intempestiva conoscenza del provvedimento;
da tempo le comunità e le associazioni italiane all'estero richiedono una normativa che reintroduca la possibilità di riacquisto della cittadinanza per chi l'ha perduta per naturalizzazione nei Paesi di emigrazione;
a tal fine sono state presentate più volte in Parlamento proposte di legge, mai arrivate a buon fine;
la mancata concessione della possibilità di riacquisto della cittadinanza italiana per quanti non hanno potuto in passato usufruirne crea disparità tra i nostri concittadini italiani all'estero, privando alcuni, che ne hanno tutti i requisiti, di un fondamentale loro diritto;
a giudizio dell'interrogante, sarebbe giusto, nel momento in cui si agevola l'acquisto della cittadinanza agli stranieri immigrati in Italia, non dimenticarsi di quanti nostri emigranti all'estero attendono da anni tale riconoscimento;
se non sia opportuna un'iniziativa normativa volta a prevedere una riapertura dei termini per la presentazione della dichiarazione per il riacquisto della cittadinanza ex articolo 17 della legge n. 91 del 1992 da parte degli emigranti residenti all'estero, già in possesso della cittadinanza italiana, persa a seguito della naturalizzazione nei Paesi di residenza.
(4-01582)
Risposta. - La legge 5 febbraio 1992, n. 91, ha introdotto un regime transitorio per il riacquisto della cittadinanza italiana da parte di coloro che l'avevano perduta a causa dell'acquisto volontario di altra cittadinanza (articolo 8 della legge n. 555/1912), ovvero per aver seguito le vicende di cittadinanza del genitore esercente la potestà o, se bipolidi, per non aver reso l'opzione di cui all'articolo 5 della legge 21 aprile 1983, n. 123. Il regime transitorio, originariamente fissato in due anni dall'entrata in vigore della legge n. 91 del 1992, è stato successivamente prorogato fino al 31 dicembre 1997.
Oggi, venuto meno il regime transitorio, ci si può avvalere dell'istituto del riacquisto della cittadinanza italiana previsto, in via generale, dall'articolo 13 della legge 5 febbraio 1992, n. 91; si tratta dell'unica disposizione che disciplina la possibilità di riacquisto per tutte le ipotesi di perdita della cittadinanza italiana, stabilendone le modalità.
In particolare, l'articolo 13, comma 1 alla lettera c) dispone che «chi ha perduto la cittadinanza la riacquista se dichiara di volerla riacquistare ed ha stabilito o stabilisce entro un anno dalla dichiarazione, la residenza nel territorio della Repubblica». Tale dichiarazione può essere resa anche all'estero.
Altra modalità è quella disciplinata dalla successiva lettera d), secondo cui chi ha perduto la cittadinanza, la riacquista in via automatica «dopo un anno dalla data in cui ha stabilito la residenza nel territorio della Repubblica, salvo espressa rinuncia entro lo stesso termine».
Si soggiunge infine, che è all'esame del Parlamento un progetto di legge (A.C. 24) concernente «modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza» che riunisce le diverse iniziative, compresa quella governativa, sulla materia.
Il provvedimento è attualmente all'esame della 1a Commissione affari costituzionali della Camera, chiamata a pronunciarsi in sede referente. Il testo contiene una disposizione che prevede la possibilità di riaprire i termini per la presentazione della dichiarazione di riacquisto dello status civitatis da parte degli emigrati residenti all'estero.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Marcella Lucidi.
D'ELIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 17 luglio 2007 è caduto il nono anniversario dell'adozione dello Statuto della Corte Penale Internazionale su genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità;
l'Italia si candidò ad ospitare la Conferenza diplomatica dei plenipotenziari ONU convocati per definire lo Statuto della Corte, che è poi stato adottato a Roma il 17 luglio 1998 con 120 voti a favore e solo 7 contrari;
l'Italia ha svolto un ruolo politico di altissimo profilo, sia dal punto di vista diplomatico che da quello giuridico, contribuendo alla definizione dello statuto attraverso l'esperienza di eminenti giuristi nonché alla definizione degli Elementi dei Crimini, che hanno la funzione di specificare l'ambito di interpretazione e applicazione dello Statuto;
lo Statuto di Roma è uno dei testi più avanzati nell'ambito della giustizia penale internazionale, poiché incorpora tutte le garanzie del giusto processo, dei diritti fondamentali delle vittime e degli accusati, di umanizzazione delle pene, escludendo l'applicabilità della pena di morte;
lo Statuto della Corte è entrato in vigore il 1 luglio 2002, dopo avere raggiunto le 60 ratifiche necessarie: ad oggi sono 104 i paesi che lo hanno ratificato e la Corte ha già dato inizio alle prime investigazioni e incriminazioni relative ai casi della Repubblica Democratica del Congo, del nord dell'Uganda, nel Darfur in Sudan;
il nostro Paese ha firmato lo Statuto della Corte il 18 luglio 1998 e un anno dopo il Parlamento ha approvato la legge di autorizzazione alla ratifica, contenente anche l'ordine di esecuzione, attraverso una legge delega al Governo per adottare prontamente le norme di attuazione;
ben quattro commissioni ministeriali sono state istituite con lo scopo di adeguare la legislazione interna allo Statuto di Roma: Commissione Pranzetti (1998, Ministero degli Affari Esteri, che ha completato il lavoro nel 2001), Commissione La Greca-Lattanzi (1999, Ministero della Giustizia, che ha completato il lavoro elaborando un disegno di legge-delega a fine 2001), Commissione Conforti (2002, Ministero della Giustizia, che ha concluso i propri lavori nel 2003 con due progetti di legge mai resi pubblici), Commissione Scandurra (2002, Ministero della Difesa, che ha concluso i propri lavori con un altro progetto di legge-delega, approvato dal Senato il 18 novembre 2004 (Atto Senato n. 2493 della XIV Legislatura) e che attualmente giace alla Camera (Atto Camera n. 5433);
oltre alle quattro commissioni ministeriali, sono state prese diverse iniziative parlamentari per l'adeguamento della legislazione interna allo Statuto di Roma (Atto Camera n. 2724, On. Kessler e altri, XIV legislatura; Atto Senato n. 1638, Sen. lovene e altri; Atto Senato n. 893, Sen. Pianetta, XV Legislatura; Atto Senato n. 1089, Sen. Martone e altri);
tuttavia, a otto anni dalla ratifica, l'Italia non è ancora riuscita ad adottare la legge di attuazione dello Statuto della Corte, necessaria affinché i tribunali nazionali possano investigare e perseguire i crimini previsti nello Statuto e affinché le autorità italiane possano cooperare con la Corte nelle sue indagini e azioni giudiziarie;
se l'Italia non procederà all'adeguamento legislativo interno, i tribunali italiani non potranno applicare le disposizioni dello Statuto e il nostro paese non potrà quindi cooperare con la Corte. Questo significa che se sul nostro territorio si trovasse una persona indagata per crimini contro l'umanità e la Corte ne chiedesse l'arresto, il giudice italiano non avrebbe alcuno strumento normativo per riconoscere ed eseguire il mandato d'arresto. L'Italia potrebbe quindi, tra l'altro, divenire meta privilegiata di sospetti «criminali di guerra» -:
le ragioni per le quali non si dia seguito al lavoro intrapreso in sede ministeriale durante le scorse legislature, sostenuto, tra l'altro da iniziative legislative presentate nella corrente legislatura;
quali iniziative di loro competenza intendano intraprendere al fine dell'adattamento dell'ordinamento giuridico italiano allo Statuto della Corte penale internazionale.
(4-04399)
Risposta. - L'argomento dell'interrogazione è ben noto a questo ministero, che concorda con quanto fatto presente dall'interrogante.
Il ministero degli affari esteri ha negoziato lo Statuto di Roma adottato nella conferenza diplomatica delle Nazioni Unite del 1988 ed ha promosso il procedimento completatosi con l'approvazione della legge 12 luglio 1999, n. 232 con la quale lo Stato italiano ha ratificato e dato piena esecuzione allo Statuto della Corte penale internazionale, senza però adeguare il diritto interno agli obblighi da esso derivanti.
Tale scelta è conseguita alla necessità di ratificare lo Statuto in tempi rapidi, superando le difficoltà parlamentari legate alla predisposizione dei criteri di delega al Governo, originariamente previsti nel disegno di legge Senato 3594-bis, presentato nella XIII Legislatura.
Diverse commissioni ministeriali hanno elaborato testi normativi, riguardanti l'area della fattispecie incriminatrici e quella della cooperazione giudiziaria. In particolare, i lavori delle commissioni hanno evidenziato come lo Statuto abbia un impatto normativo rilevante nel nostro ordinamento, specialmente per quanto riguarda le norme del capitolo IX (assistenza e cooperazione giudiziaria degli Stati parte ed esecuzione delle condanne inflitte dalla Corte) visto che la cooperazione costituisce un preciso obbligo che lo Stato italiano ha assunto con la ratifica.
Il mancato adeguamento rende lo Stato italiano inadempiente, in particolare sotto il profilo della cooperazione giudiziaria, specialmente dopo l'entrata in vigore dello Statuto sul piano internazionale il 1o luglio 2002 e l'avvio della concreta attività della Corte, i cui primi mandati d'arresto sono stati emessi il 13 ottobre 2005.
Un tavolo di lavoro comune avviato nell'ottobre del 2006 dai ministeri della giustizia, degli esteri, dell'interno e della difesa, che ha tenuto conto degli elaborati di precedenti commissioni ministeriali, ha portato all'elaborazione - da parte dell'ufficio legislativo del ministero della giustizia - di una bozza di disegno di legge recante le norme per adeguare il diritto interno agli obblighi sorti con l'adesione dell'Italia allo Statuto della Corte penale internazionale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.
DELLA VEDOVA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la notizia diffusa dagli organi di stampa il 10 febbraio 2008 degli impegni fatti sottoscrivere agli atleti da parte del Comitato olimpico britannico (niente commenti su questioni politicamente sensibili) gettano una luce funesta sul prossimo evento olimpico;
almeno due profili della vicenda mostrano un significato propriamente politico: il primo profilo riguarda l'iniziativa del Comitato olimpico britannico, nel quadro della normativa europea; il secondo, che è il più rilevante, riguarda le pressioni che, su questo tema, sono operate da parte delle autorità di Pechino -:
se intenda operare in sede UE per verificare in che misura sia legittima una
esplicita e preventiva censura, in violazione della libertà di opinione e di espressione, da parte di una autorità pubblica europea nei confronti dei cittadini di uno stato membro;
se una censura di questo tipo possa essere burocraticamente autorizzata in base ad una norma della Carta del Cio, che si limita a impedire «manifestazioni e attività di propaganda nei siti olimpici»;
se possa escludere che da parte delle autorità cinesi siano state avanzate, ufficialmente o ufficiosamente, richieste ai paesi membri del Cio per un «controllo politico» sulle delegazioni straniere (non solo sportive, ma anche giornalistiche) che saranno a Pechino per il prossimo evento olimpico.
(4-06327)
Risposta. - In relazione agli specifici fatti da Lei riportati nell'atto parlamentare in parola, non risulta che il Governo della repubblica popolare cinese abbia mai avanzato alcuna richiesta ai Paesi membri del comitato internazionale olimpico per operare forme di controllo politico sulle delegazioni sportive e giornalistiche dei Paesi presenti ai giochi olimpici di Pechino 2008; in particolare, ciò non risulta essere avvenuto nei confronti del Governo italiano.
Ciò nonostante i media britannici e internazionali hanno ripreso con discreta evidenza nelle scorse settimane la notizia che il comitato olimpico britannico (British Olympic Association-BOA) avrebbe richiesto agli atleti britannici selezionati per le olimpiadi a Pechino di firmare un codice di condotta con una clausola diretta ad impedire commenti su «questioni politiche sensibili».
Il linguaggio dell'impegnativa è stato da molti interpretato come il tentativo di esercitare un'azione censoria preventiva sulla squadra britannica, per evitare di urtare le sensibilità cinesi in materia di diritti umani (o di questione tibetana). In quanto tale, è stato stigmatizzato dalle organizzazioni per la difesa dei diritti civili e da diversi esponenti dei partiti britannici di opposizione (in particolare dal leader Liberaldemocratico Nick Clegg).
A seguito di tali critiche, il comitato olimpico britannico ha effettuato una parziale correzione e precisazione. Il direttore della BOA, Simon Clegg, nel negare intenti censori, ha riconosciuto che la clausola in questione era stata forse formulata in termini eccessivamente restrittivi, e ha promesso una revisione del testo. La stessa BOA ha in effetti poi confermato che sarebbe stata sottoposta alla firma degli atleti britannici una nuova versione dell'impegnativa, in forma tale da garantire l'applicazione delle norme olimpiche, senza creare vincoli aggiuntivi alla libera espressione dei singoli.
Al tempo stesso, il direttore Clegg ha sottolineato l'obbligo che incombe al BOA di far rispettare le direttive del Comitato Olimpico Internazionale: la carta olimpica fa infatti esplicito divieto, nella sezione 51, di utilizzare i giochi come piattaforma per campagne propagandistiche e dimostrazioni di carattere politico, religioso o razziale.
Nel rammentare che fin dal 1988, in occasione delle olimpiadi, agli atleti britannici viene fatta sottoscrivere tale impegnativa, la BOA ha altresì tenuto a segnalare che l'organismo rappresentativo degli atleti (British Athletes Commission) non ha sollevato alcuna obiezione. Alle luce di quanto sopra esposto, non si ravvisa l'opportunità da parte di questa Amministrazione di prendere iniziative in ambito UE come da lei indicato, volte ad appurare la legittimità del comportamento britannico. Del resto in sede UE non è stata adottata alcuna posizione comune su tale specifico aspetto.
Inoltre, da un punto di vista strettamente giuridico, si fa presente che nell'ambito dell'ordinamento comunitario i diritti fondamentali (tra i quali si ravvisa la libertà di opinione e di espressione), tutelati allo stato attuale in quanto principi generali del diritto comunitario, costituiscono parametro di legittimità per i comportamenti degli Stati membri solo laddove questi ultimi agiscano in attuazione di una norma del trattato o di un atto giuridico delle istituzioni comunitarie. Negli altri casi i comportamenti degli Stati membri confliggenti
con i diritti dell'uomo possono comunque essere oggetto della procedura aggravata di controllo e sanzione prevista dall'articolo 7 TUE (constatazione di violazione o rischio di violazione da parte del consiglio, eventuali raccomandazioni, possibili sanzioni, eventuale ricorso alla Corte di Giustizia per la verifica del rispetto delle disposizioni procedurali), ma limitatamente alle sole ipotesi di «violazione grave e persistente».
Il caso di cui all'interrogazione in parola non sembra rientrare in nessuna delle due ipotesi menzionate.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
FASOLINO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il contratto di lavoro del Corpo dei Vigili del fuoco è scaduto da oltre 22 mesi e il servizio di soccorso alla popolazione viene garantito attraverso l'impiego di 15.000 precari, a cui tra l'altro viene negata la stabilizzazione, e svolto con mezzi e strutture insufficienti;
le tragedie annunciate dell'estate appena decorsa hanno definitivamente messo in luce come l'attuale sistema di protezione civile sia al collasso. Con la manifestazione del 25 ottobre il Corpo dei Vigili del fuoco ha inteso lanciare un messaggio di alta sensibilità e coscienza civile che va prontamente raccolto dalle istituzioni: impedire che il paese si ritrovi privo di una struttura di salvaguardia della incolumità dei cittadini, e rivendicare un Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco capace di rappresentare il vero asse portante della Protezione Civile;
l'incontro tenuto con il sottosegretario Scanu ha lasciato intendere che per i precari vigili del fuoco «non c'è speranza» nel senso che non vi è nessuna intenzione di rispettare nemmeno la copertura del turnover fisiologico che avviene a costo zero. Il pomeriggio dello stesso giorno è stato tenuto un incontro con alcuni gruppi parlamentari ed un'audizione alla Commissione affari costituzionali sulla grave situazione del Corpo Nazionale dei Vigili dei fuoco;
molti territori sono senza presidi, caserme e mezzi e incombe un debito per oltre 130 milioni di euro in forniture;
la provincia di Salerno è la più estesa per territorio e la più grande per numero di comuni. Di recente ha dovuto subire, oltre al grave disagio che già vive, anche la sottrazione di personale da parte del comando di Napoli: con un vero e proprio blitz motivato da «emergenza criminalità» circa 9 persone sono state tolte dall'organico e trasferite in modo «temporaneo» da più di un anno. La Campania è regione dalle mille emergenze: rifiuti e incendi boschivi soprattutto. Sono circa 35 mila gli interventi di questa tipologia effettuati in Campania nel 2007; i Vigili del fuoco hanno affrontato con determinazione e professionalità prima il problema rifiuti (migliaia d'interventi nei primi sei mesi) poi, nel periodo estivo, gli incendi nei boschi. Per queste due emergenze, sono state impiegate tutte le esigue risorse umane e materiali in dotazione a questa regione con grave ripercussione sulla salute del personale sempre disponibile, soprattutto durante le emergenze. In Campania, su un totale di 52 mila interventi, fra gennaio e agosto 2007 circa 30 mila di questi sono dipesi dalle due emergenze rifiuti e incendi boschivi;
la sicurezza di un'area e di chi la abita riceve dai Vigili del Fuoco e dalla rete di Protezione Civile in cui lavorano un apporto decisivo: è necessario quindi, assicurare una presenza capillare al fine di garantire interventi di soccorso tecnico urgente, efficaci e nei tempi previsti perché siano funzionali alla salvaguardia dei beni e soprattutto della vita umana. Si prenda ad esempio l'ultima emergenza esplosa nell'area dell'agro nocerino sarnese dove esiste una struttura V1/F «di frontiera» il cui esiguo personale è da ritenersi un esempio di abnegazione e spirito di sacrificio, con i suoi circa 3000 interventi all'anno;
l'accordo quadro firmato il 9 luglio tra la Regione Campania ed il Ministero dell'interno Dipartimento del soccorso pubblico e della difesa civile prevede all'articolo 1 l'apertura di nuovi distaccamenti. Pertanto vanno immediatamente attivati quelli di Agropoli e di Contursi perché in caso di incendio si possa rientrare nei tempi utili di intervento, considerato che vi sono zone che gli organici del distaccamento di Eboli non possono raggiungere se non dopo un'ora (Ricigliano, Punta Licosa, ...); inoltre Sarno, per l'Agro nocerino; Mercato San Severino per la Valle dell'Irno e Giffoni Valle Piana, per i Monti Picentini;
la RdB/CUB Vigili del Fuoco è scesa in piazza a Roma il giorno 25 ottobre proprio per combattere l'insufficiente stanziamento di risorse aggiuntive nella finanziaria 2008, le carenti assunzioni e sollecitando l'immediato rinnovo contrattuale, rivendicando un sistema unico di protezione civile;
dopo la stesura di questo documento è stato firmato il CCNL che non si chiude come la RdB/CUB aveva immaginato, attraverso incrementi economici volti a valorizzare le attività dei Corpo Nazionale in tutte le sue componenti -:
quali risorse finanziarie aggiuntive per il Corpo dei Vigili del Fuoco siano state previste nella finanziaria per il 2008, in aderenza alle motivazioni che hanno condotto alla conclusione dell'accordo;
con quali provvedimenti intende restituire al Corpo dei Vigili del Fuoco il ruolo centrale nella difesa della Comunità nazionale dalle emergenze che la affliggono;
se e in che modo per il futuro saranno evitati carichi infiniti sulle individualità serie e responsabili di modo che l'azione anti-emergenziale abbia un respiro strategico e programmatorio, ciascuno con il proprio ruolo, un Corpo dei Vigili del Fuoco finalmente centrale nel panorama della Protezione Civile Italiana;
se il potenziamento della rete organizzativa della provincia di Salerno sarà attuato così come prospettato nelle premesse e con tempestiva determinazione.
(4-05709)
Risposta. - Si premette che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco soffre da tempo di gravi carenze finanziarie che si riflettono negativamente sulle attività operative, sulle esigenze strutturali e logistiche e sulle potenzialità organizzative, in sede sia centrale che periferica.
Detta situazione è dovuta alle ripetute manovre di finanza pubblica di segno negativo che, a partire dal 2001, hanno ridotto in modo corposo le dotazioni finanziarie destinate alle spese di funzionamento della struttura e delle attività di soccorso. Ci si riferisce, in particolare, alle risorse per la conduzione dei mezzi di soccorso terrestri, navali, aerei ed al relativo materiale aereo.
Le necessità del Corpo nazionale sono state evidenziate, oltre che dall'emergenza dei rifiuti in Campania, anche da quella degli incendi boschivi, che hanno comportato notevoli sacrifici con oltre 63.000 interventi nei soli mesi estivi e con raddoppi dei turni e utilizzo, sui territori maggiormente colpiti, di sezioni operative composte da uomini e mezzi provenienti da altre regioni.
Detta emergenza ha messo in luce l'opportunità di una modifica della legge 353/2000 (legge quadro sugli incendi boschivi), finalizzata a stabilire con certezza i soggetti a cui attribuire le responsabilità, in materia di previsione, prevenzione, formazione di operatori volontari e di coordinamento delle operazioni di spegnimento.
In ogni caso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco rappresenta la spina dorsale del sistema di protezione civile, senza il quale tale sistema, per la parte relativa al soccorso tecnico urgente, non potrebbe esistere. In Italia, infatti, il sistema di protezione civile si regge in virtù del fatto che, sull'intero territorio nazionale, ventiquattro ore su ventiquattro, i vigili del fuoco garantiscono il soccorso tecnico urgente, essendo, tra l'altro, gli unici in grado di spegnere gli incendi boschivi «di interfaccia», cioè quelli che possono mettere a repentaglio l'incolumità delle persone, e di effettuare un efficace coordinamento degli
altri soggetti istituzionali coinvolti sia nelle attività di avvistamento che di spegnimento.
In questo ambito, una migliore riformulazione delle competenze, accentrando - quantomeno in fase di spegnimento - quella relativa alla parte statale solo ai vigili del fuoco, darebbe maggior funzionalità al sistema e garantirebbe una migliore risposta in relazione alla particolare configurazione del territorio nazionale.
I recenti drammatici eventi calamitosi, che hanno interessato alcune delle aree più significative del nostro patrimonio boschivo, hanno infatti evidenziato come, in esito all'azione distruttiva del fuoco, vengano facilmente coinvolte le abitazioni, le strutture turistico-ricettive, gli insediamenti civili ed industriali, nonché le infrastrutture, con conseguente pericolo per la pubblica incolumità, da cui spesso derivano anche gravi difficoltà al tessuto economico e sociale delle zone interessate.
Si ritiene pertanto imprescindibile avviare, con il necessario coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali interessati - in primis le regioni - un'attenta riflessione in merito ad alcuni aspetti nevralgici della vigente disciplina, anche ai fini di un'eventuale rivisitazione dell'attuale quadro ordinamentale della materia.
Nel frattempo, il Governo sta adottando ogni utile iniziativa diretta ad assicurare un incremento delle risorse a garanzia della funzionalità del soccorso tecnico urgente.
Al fine di realizzare programmi straordinari di incremento dei servizi di soccorso tecnico urgente e per la sicurezza dei cittadini, la legge finanziaria 2007 ha infatti previsto la possibilità per il Ministro dell'Interno e, per sua delega, i prefetti di stipulare convenzioni con le Regioni e gli Enti Locali che prevedano la contribuzione logistica, strumentale, o finanziaria delle stesse Regioni e degli Enti Locali.
Nella legge finanziaria 2008 è stata anche prevista l'istituzione nel bilancio del Ministero dell'Interno di un fondo di parte corrente per le esigenze di funzionamento della sicurezza e del soccorso pubblico, per il rinnovo e l'ammodernamento degli automezzi e degli aeromobili delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ad esclusione delle spese per il personale e di quelle destinate al ripianamento delle posizioni debitorie, con una dotazione di 190 milioni di euro, di cui 30 milioni di euro per le specifiche necessità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Riguardo all'impossibilità di completare l'organico teorico del personale, recentemente portato dalle disposizioni del decreto legislativo n. 217/2005, della legge n. 49/2006 e del decreto interministeriale n. 222/2006 a 34.710 unità, a fronte delle sole circa 31.500 realmente in servizio, occorre sottolineare che le più recenti leggi finanziarie hanno impedito al Corpo nazionale la sistematica copertura del turn-over del personale posto in quiescenza, il che ha comportato l'impossibilità di mantenere l'organico reale al passo con la copertura dei pensionamenti effettuati, determinando una carenza di circa 3.000 unità operative.
Sotto questo profilo, l'attuale Governo ha operato un'inversione di tendenza sostanziale rispetto al passato; sarà infatti possibile procedere ad un parziale ripianamento degli organici dei vigili del fuoco attraverso l'attuazione delle misure previste dalle leggi finanziarie del 2007 e del 2008.
In primo luogo, la legge finanziaria del 2007 ha allocato le risorse per procedere ad una immediata assunzione di 600 unità nella qualifica di vigile del fuoco, che hanno appena concluso il corso di formazione di base e, a breve, prenderanno servizio nei comandi provinciali sulla base delle carenze rilevabili a livello nazionale.
In secondo luogo, la citata legge ha previsto per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco un percorso ad hoc per la stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale precario in possesso di determinati requisiti. Con decreto del Ministro dell'Interno in data 30 luglio 2007 sono pertanto stati fissati i criteri relativi alla procedura selettiva per detta stabilizzazione, che consentirà l'immissione di personale già qualificato al fine di poter dare un contributo fondamentale al servizio istituzionale di salvaguardia della vita delle persone.
In base alle disposizioni contenute nella citata normativa, è consentita infatti la stabilizzazione di una parte dei vigili del
fuoco selezionati tra quei soggetti che prestano servizio volontario nel Corpo nazionale stesso, iscritti negli appositi elenchi da almeno tre anni e con almeno centoventi giorni di servizio, purché in possesso dei requisiti richiesti dalla normativa.
Con decreto del Presidente della Repubblica adottato il 28 dicembre scorso è stata autorizzata la stabilizzazione di 130 unità di personale per l'anno 2007 ed i percorsi di stabilizzazione del personale precario proseguiranno con l'attuazione della legge finanziaria 2008, nella parte in cui si prevede l'autorizzazione, per il Corpo nazionale VV.F., di una spesa per assunzioni di personale, da realizzarsi attraverso le procedure selettive di stabilizzazione, pari a 7 milioni di euro per l'anno 2008, 16 milioni di euro per l'anno 2009 e 26 milioni di euro annui a decorrere dal 2010.
In relazione alle previsioni contenute nella legge 311/2004 (legge finanziaria 2005), il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 gennaio 2007 ha inoltre autorizzato il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile a bandire, nel triennio 2007-2009, i concorsi per la copertura di 1021 posti nei ruoli del Corpo, di cui 814 vigili del fuoco, la cui assunzione resta comunque subordinata ai prescritti provvedimenti autorizzativi della funzione pubblica.
Il processo di adeguamento degli aspetti economici e retributivi riguardanti il personale del Corpo nazionale, conseguente al rinnovato assetto ordinamentale introdotto dalla citata legge di delega n. 252/2004 ha trovato una sua prima attuazione attraverso la destinazione, da parte del Governo, di apposite risorse già nella legge finanziaria per il 2007.
In aggiunta ai miglioramenti retributivi per il personale statale in regime di diritto pubblico, al fine di incrementare l'operatività e la funzionalità del soccorso pubblico, la legge finanziaria 2008 prevede, inoltre, lo stanziamento, a decorrere dall'anno 2008, di 6,5 milioni di euro da destinare al personale del Corpo.
Tali risorse hanno posto le basi per la recente conclusione del nuovo contratto di lavoro relativo al biennio economico 2006-2007 per tutto il personale dei vigili del fuoco, con un incremento retributivo medio di 123,95 euro, analogo a quello previsto per il comparto sicurezza, e con il quale anche il Corpo nazionale dei vigili del fuoco entra nel comparto di contrattazione di diritto pubblico.
La firma del pre-accordo economico del rinnovo del contratto di lavoro da parte delle organizzazioni sindacali è un risultato di grande valore che pone le giuste basi per concludere la negoziazione anche sugli aspetti giuridici del rapporto di lavoro.
La sottoscrizione del patto per il soccorso, per il quale sono stati stanziati 10 milioni di euro dalla legge finanziaria 2008, consentirà altresì di migliorare il servizio di soccorso tecnico urgente dei vigili del fuoco, con l'impegno di ulteriori benefici a favore del personale, a cui verrebbe garantito un incremento del trattamento economico accessorio.
Per quanto riguarda la rete organizzativa sussistente nella provincia di Salerno, si fa presente che il Comando provinciale VV.F. è strutturato su una sede centrale ed in 8 sedi distaccate.
Dallo studio «Soccorso Italia in 20 minuti» è emersa la necessità di potenziare il predetto Comando mediante l'istituzione di 3 distaccamenti permanenti a Giffoni, Contursi e Acropoli, uno misto a Positano e 16 distaccamenti volontari. Si evidenzia che il primo distaccamento (quello di Giffoni) è in fase di avanzata realizzazione.
Tale sviluppo si rende indispensabile quale risposta alle necessità di garantire il soccorso tecnico-urgente con tempi certi e accettabili e con costi sostenibili, e si confida che l'attuazione delle misure previste dal Governo con le citate normative potrà consentire di realizzare anche i distaccamenti permanenti di Acropoli e Contursi accanto ad un parallelo sviluppo che, con la necessaria collaborazione degli enti locali interessati, si cercherà di attuare riguardo alla componente volontaria del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.
FRANCESCATO, BALDUCCI, BOATO, BONELLI, CASSOLA, DE ZULUETA, FUNDARÒ, LION, PELLEGRINO, CAMILLO PIAZZA, POLETTI, TREPICCIONE e ZANELLA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la Torre Civica di Città di Castello (Perugia), nota come «Torre del Vescovo», rappresenta il monumento storico simbolo della città altotiberina e costituisce elemento fondamentale del profilo storico-paesaggistico accanto al campanile rotondo e alle torre campanaria. Eretta nel 1200, fu in parte ricostruita dopo il terremoto del 1789. I frammenti dell'affresco del Signorelli che ornavano la facciata oggi sono custoditi presso la Pinacoteca Comunale;
a dicembre 2003 la Giunta comunale di Città di Castello ha reso esecutivo il progetto relativo al primo lotto funzionale dei lavori di consolidamento e ristrutturazione della Torre Civica per un costo complessivo di 330.000 euro interamente coperti da contributo regionale, gravante su interventi finanziari legati agli eventi sismici del 1997 e l'esecutivo tifernate ha proceduto all'espletamento della procedura di affidamento di appalto tramite trattativa privata;
gli interventi compresi nella progettazione (I stralcio) riguardavano: il distacco del manufatto dall'edificio del Vescovato, il consolidamento fondale, il cerchiaggio e tiraggio a vari livelli della struttura, l'effettuazione di scuci-cuci interno sulle murature più sconnesse, la completa rifilettatura di tutti gli elementi a vista e, in alcuni casi, la sostituzione con nuovi elementi di analogo materiale e dimensione, ed interventi sulle fondazioni. I lavori di cui sopra (giugno 2004) sono stati aggiudicati alla ditta «Icor» di Piobbico (PU) per un importo contrattuale netto di 222.972,75 euro;
a novembre 2006 sono stati appaltati i lavori relativi al II stralcio funzionale per la ristrutturazione ed il consolidamento della Torre Civica affidati sempre alla stessa ditta «Icor» di Piobbico (PU) per un importo contrattuale netto di 182.297,19 euro. Anche questi lavori sono stati finanziati con fondi regionali relativi al terremoto ed hanno interessato il completamento di tutti quegli interventi strutturali, di impiantistica e di finitura finalizzati, appunto, alla riapertura al pubblico della struttura stessa. Tali interventi sono stati realizzati per portare a compimento «quella che è la strategia generale dell'opera che si concretizzerà nel dotare in via definitiva la Torre di un sistema di tiranti verticali, orizzontali ed inclinati di tipo "lento" tali da non interferire con l'assetto statico del manufatto e non alterare il modo di vibrare in fase sismica»;
in occasione della fine dei lavori e della riconsegna del manufatto alla città, il sindaco di Città di Castello Fernanda Cecchini, smentendo voci apparse sugli organi di informazione locali, ha pubblicamente garantito che «non esistono problemi di sicurezza legati alla Torre Civica tali da mettere a repentaglio l'incolumità dei cittadini» e quindi escludendo ogni preoccupazione ha comunque rilevato che «gli strumenti posizionati all'interno della struttura per valutarne l'assestamento dopo la separazione dal palazzo vescovile hanno consentito di evidenziare, a seguito delle scosse di terremoto del 5 marzo, del 7 marzo e del 9 marzo (che hanno avuto una magnitudo massima pari a 2,2 sulla scala Richter), che c'è stata una piccola lesione nel giunto appositamente creato tra la torre stessa ed il vescovado, senza che si sia comunque prodotta alcuna lesione all'apparato murario della struttura»;
nonostante le rassicurazioni del sindaco Cecchini, l'episodio ha confermato la debolezza della struttura nei confronti di eventi sismici anche di modesta entità, evidenziando peraltro movimenti che anche in passato si sono verificati, ma che, a dire del primo cittadino, non sono stati rilevati perché non era in corso un monitoraggio strumentale come quello attuale;
in considerazione di quanto accaduto, la direzione lavori ha ravvisato l'opportunità
di anteporre ai lavori di finitura già previsti dal progetto un ulteriore e non previsto intervento di consolidamento del terreno di sottofondazione e del terreno circostante attraverso iniezioni con speciali resine che possono migliorare la saturazione e la portanza del terreno, a beneficio della stabilità complessiva della torre, il tutto senza avvertire l'esigenza di interpellare esperti sulla base di uno studio scientifico adeguatamente ponderato;
a seguito di tali preoccupazioni la Direzione lavori assieme al progettista ed ai tecnici comunali hanno informato in data 3 maggio 2007 la Commissione Assetto del territorio del comune di Città di Castello ed hanno illustrato ai membri del Consiglio comunale le caratteristiche degli interventi tecnici già effettuati e di quelli in programma nonché la presenza di «fenomeni inattesi» che hanno causato un peggioramento significativo della staticità della torre ora tenuta costantemente sotto controllo con apparecchiature digitali sofisticate, passando dai 72 cm. di fuori piombo ai 78 cm. attuali, con un lento ma progressivo cedimento del terreno sottostante tale da prefigurare, qualora tale fenomeno non venga bloccato, un serio pericolo alla stabilità generale dell'intero manufatto;
in data 8 maggio 2007 si è svolto un sopralluogo da parte dell'ingegnere Renato Lancellotta, esperto del Politecnico di Torino contattato dall'amministrazione comunale, e dell'ingegnere Giuseppe Tosti, esperto di restauro e consolidamento del patrimonio monumentale, tecnico proposto dalla Casa delle Libertà, che assieme ai responsabili della direzione del cantiere hanno potuto effettuare una prima valutazione sul campo della situazione, finalizzata a stabilire eventuali azioni da intraprendere per mettere in sicurezza il monumento;
pur non mettendo in discussione la professionalità e le competenze dei tecnici citati, il tema della «sicurezza» non può avere colore politico né essere demandato a tecnici indicati dalle forze politiche. Risulta pertanto quanto mai impropria e fuori luogo una indicazione delle forze politiche di maggioranza ed opposizione in merito alla individuazione degli interventi necessari a mettere in sicurezza il manufatto ed a garantirne la reale stabilità;
la situazione si è aggravata a tal punto da dover prefigurare, in attesa di un intervento mirato non ancora individuato, misure straordinarie di messa in sicurezza tramite una «puntellatura pesante» probabilmente di grandi dimensioni e in acciaio che andrebbe a gravare su piazza Gabriotti con ripercussioni pesanti sull'immagine della città, sul suo decoro e sulle attività turistiche ed economiche;
la zona del comune di Città di Castello è classificata nella mappa della pericolosità di cui all'ordinanza del PCM del 28 aprile 2006 n. 3519, allegato 1b, ad alta pericolosità sismica -:
se non ritenga necessario, alla luce dei fatti esposti e della attuale situazione di instabilità in cui versa il manufatto storico simbolo della città, verificare la rispondenza e la correttezza dei lavori autorizzati dalla Soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici dell'Umbria ai sensi del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137»;
se non ritenga indispensabile nominare nel più breve tempo possibile una commissione indipendente di esperti qualificati in grado di fornire un parere scientifico e tecnico non viziato da mediazioni politiche, al fine di controllare e monitorare la staticità dell'edificio per evitare possibili rischi di ulteriore danneggiamento della struttura e verificare tutti gli interventi necessari alla sua messa in sicurezza e piena fruibilità;
se non ritenga opportuno, qualora fossero evidenziati i riscontri oggettivi della serietà del problema, provvedere in via straordinaria a mettere a disposizione le somme necessarie al primo intervento di
messa in sicurezza del manufatto in attesa delle misure definitive che la Commissione incaricata dello studio dovrà formulare in tempi brevi.
(4-03744)
Risposta. - I lavori eseguiti dal comune di Città di Castello sulla Torre Civica, approvati nel 2003 in sede di conferenza dei servizi con alcune prescrizioni dalla Soprintendenza per i beni architettonici, il paesaggio ed il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico dell'Umbria, sono stati realizzati a seguito di un aggravamento del quadro fessurativo causato dagli eventi sismici verificatisi nel 1997.
La torre, più volte danneggiata dai terremoti succedutisi nel corso dei secoli, presentava alcune considerevoli lesioni a cui si era fatto fronte, negli ultimi anni, con interventi parziali di consolidamento. L'intervento attuale ha interessato la torre nel suo complesso e, oltre al consolidamento delle strutture, ha permesso la realizzazione di opere di miglioramento sismico che hanno aumentato la capacità della torre di resistere a eventi di questo genere.
A seguito di una leggera scossa verificatasi durante il corso dei lavori quando ancora non era stata completata la realizzazione degli interventi di miglioramento sismico, si è constato che il giunto tra la Torre Civica ed il Palazzo Vescovile evidenziava un distacco tra le due strutture.
Conseguentemente, la Direzione lavori ha disposto l'immediata posa in opera di fessurimetri che hanno permesso di verificare che l'inclinazione della torre era aumentata di 6 centimetri misurati sulla diagonale.
Successivamente, sono state poste in opera apparecchiature per un monitoraggio continuo delle condizioni della struttura e sono stati eseguiti interventi di consolidamento del terreno di fondazione.
Il comune di Città di Castello ha, inoltre, promosso una bonifica delle fognature in modo da evitare il ristagno di acque sul terreno fondale della torre. Attualmente, la torre è oggetto di un costante monitoraggio realizzato con sofisticate attrezzature capaci di evidenziare anche le più piccole variazioni della sua inclinazione. I tecnici del comune hanno comunicato verbalmente alla Soprintendenza che i dati rilevati fanno ritenere che l'inclinazione si sia stabilizzata e che, pertanto, non sussista la necessità di eseguire una «puntellatura pesante» come in un primo momento era stato ipotizzato.
Tuttavia, data l'importanza del monumento e la complessità della situazione statica in cui versa, l'amministrazione comunale ha interpellato i due professionisti citati dall'interrogante, l'ingegnere Renato Lancellotta del Politecnico di Torino e l'ingegnere Giuseppe Tosti, professionista con notevole esperienza in interventi di consolidamento di edifici monumentali, per avere un parere circa la situazione statica della torre e gli eventuali interventi necessari per migliorare la sua capacità di resistenza alle azioni sismiche.
La Soprintendenza ha condiviso la scelta dei due professionisti ed ha richiesto copia della consulenza tecnica da loro redatta e copia delle letture dei dati derivanti dal monitoraggio predisposto per poter esprimere le proprie valutazioni su eventuali ulteriori interventi da eseguire sulla torre e sul terreno di fondazione.
Da questa prima indagine è emerso che il cinematismo che ha interessato il monumento è stato causato da assestamenti differenziali del terreno di fondazione in gran parte riferibili alla presenza, non prevista e non prevedibile, di acqua a modesta profondità al momento della redazione del progetto generale di miglioramento sismico. Il motivo essenziale del dissesto consiste, quindi, nella saturazione del terreno per effetto dell'estesa presenza di acqua superficiale mentre la cause che hanno avuto la funzione di innesco del fenomeno di cedimento fondale sono rappresentate in parte dall'evento sismico del 5 marzo 2007 ed in parte dalle azioni di disturbo provocate dagli interventi effettuati in fondazione: in particolare le opere necessarie alla realizzazione e successiva iniezione a pressione di boiacca cementizia per l'inserimento dei tiranti previsti dal progetto. Tuttavia, questi ultimi due eventi avrebbero agito come concause e, in assenza della causa principale ossia della presenza di acqua, il dissesto non si sarebbe verificato.
D'altra parte, gli interventi effettuati in regime di somma urgenza per la messa in sicurezza della torre (regimentazione delle acque, bonifica del terreno fondale, iniezione di resine espandenti nel terreno, dati di riscontro dei monitoraggi...) hanno consentito, agendo sulle caratteristiche meccaniche del terreno, di realizzare un incremento dei parametri di resistenza del terreno di fondazione in tempi rapidi ottenendo lo scopo prefissato di bloccare temporaneamente il cinematismo in atto. Contestualmente, anche i cedimenti della struttura della torre hanno subito una progressiva attenuazione sino al loro temporaneo annullamento.
Infine, la relazione ha evidenziato la necessità di compiere ulteriori indagini geognostiche integrative per poter definitivamente stabilire la necessità e la tipologia di un eventuale altro intervento di consolidamento.
La Soprintendenza, preso atto di quanto riferito dai due esperti, ha richiesto al comune l'invio periodico dei dati del monitoraggio tutt'ora in corso e segue assiduamente il procedere delle verifiche e delle indagini informandone gli Uffici superiori.
Pertanto, allo stato attuale, si resta in attesa dei risultati di queste ulteriori indagini al fine di valutare se intraprendere ulteriori azioni di tutela.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
GALANTE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il caso del Sindaco di Pietrasanta continua ad essere oggetto di indagini giudiziarie in merito a gravi reati quali abuso d'ufficio, corruzione, concussione, associazione a delinquere, voto di scambio;
risalta in modo particolare, valendo comunque il principio della presunzione d'innocenza fino a condanna definitiva, la gravità della condotta politica di cui il Sindaco dell'antica città toscana si è reso artefice;
è di questi giorni la notizia che una decina di giorni fa il suddetto ha finito di scontare gli arresti domiciliari (per intercorso periodo massimo consentito dalla legge) e si è nuovamente insediato nel ruolo di Sindaco nonostante lo stato di crisi politica della sua giunta e della maggioranza che lo sostiene;
la situazione in seno alla giunta comunale si è aggravata ulteriormente negli ultimi giorni in seguito alle dimissioni del Vice Sindaco per «ragioni morali», dell'Assessore al Turismo, il passaggio all'opposizione di due consiglieri di maggioranza, l'auto sospensione di tutti i gruppi d'opposizione sia dall'attività di consiglio che dalle commissioni e da una crescente protesta sociale e politica con un presidio permanente d'aula;
nonostante quello che all'interrogante appare un evidente sfaldamento degli assetti governativi della città toscana e il progressivo logoramento dell'unità interna alla coalizione al Governo del Comune, il Sindaco continua ostinatamente a ricoprire il ruolo di primo cittadino, di fatto scavalcando i crescenti malumori di alcuni settori della sua stessa compagine di governo;
ad avviso dell'interrogante lo stato di precarietà politica al vertice del Comune versiliese, pone seri interrogativi sulla più generale «questione morale» che investe il mondo politico a vari livelli, trovando in questo caso, nella sua assoluta particolarità, il punto massimo di manifestazione;
alla luce di quanto sopra descritto, a giudizio dell'interrogante, risulta evidente lo stato di «opacità» amministrativa dell'attuale giunta, la cui condotta rischierebbe di porre una seria ipoteca sulla trasparenza gestionale della futura fase pre-elettorale -:
se non si ravvisi l'opportunità di procedere alla rimozione del sindaco, pervenendo così ad una gestione commissariale del Comune al fine di garantire la necessaria neutralità nella gestione amministrativa e l'opportuna trasparenza della
campagna per le elezioni comunali da svolgersi nella prossima primavera.
(4-00653)
Risposta. - La vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto il sindaco di Pietrasanta (Lucca) insieme a numerosi amministratori comunali ed imprenditori - nell'ambito di una indagine condotta dalla compagnia della Guardia di finanza di Lucca inerente abusi edilizi e delitti contro la pubblica amministrazione - ha suscitato grande clamore nell'opinione pubblica nonché un vivace dibattito politico localmente animatosi sin dall'arresto del sindaco, che ha avuto, peraltro, grande risalto anche sulla stampa locale.
La competente prefettura ha seguito con molta attenzione tutta la vicenda, pur non avendo, al momento, riscontrato alcun episodio emergente di rilievo sulla base del quale poter dar corso ai provvedimenti auspicati nell'atto di sindacato ispettivo, come si evince dalla seguente ricostruzione dei fatti.
Risulta che nella mattinata del 31 gennaio 2006, sono state tratte in arresto - in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice delle indagini preliminari del tribunale di Lucca - il sindaco di Pietrasanta ed altri amministratori comunali e imprenditori indagati per i reati di corruzione, concussione, riciclaggio, falso in atto pubblico, truffa, estorsione, violenza privata e violazione della normativa in materia di edilizia.
A seguito dell'avvio del relativo procedimento penale, ricorrendo la fattispecie di cui all'articolo 59, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 267 del 2000, la prefettura di Lucca, in data 3 febbraio 2006, ha prontamente notificato al presidente del consiglio comunale l'intervenuta sospensione ope legis sia del sindaco che dell'assessore dalle cariche rivestite, rappresentando che, ai sensi del medesimo decreto legislativo, le funzioni di sindaco sarebbero state svolte dal vicesindaco.
Il successivo giorno 4 febbraio il sindaco ha presentato al protocollo del comune di Pietrasanta le dimissioni dalla carica, motivando tale decisione con la volontà di rendersi candidabile per le consultazioni politiche del 9 aprile 2006; le dimissioni sono state poi revocate in data 20 febbraio.
Dopo aver ottenuto l'11 marzo la conversione della misura coercitiva negli arresti domiciliari, il sindaco, a seguito di istanza presentata per il tramite del legale di fiducia, si è visto revocare anche questi ultimi, con provvedimento del 5 luglio 2006 adottato dal giudice delle indagini preliminari di Lucca, il quale ha ritenuto esser venute meno le esigenze cautelari già indicate nell'ordinanza applicativa della misura.
La prefettura conseguentemente informava della situazione il comune di Pietrasanta, ai fini dell'applicazione dell'articolo 59, comma 5, del decreto legislativo n. 267 del 2000, in tema di cessazione del provvedimento di sospensione dalla carica. L'amministrazione eletta il 3 aprile 2005 sarà quindi in carica fino al 2010.
All'atto del rientro nella pienezza delle funzioni del sindaco, il vicesindaco ha rassegnato le dimissioni dalla carica vicariale, attribuendo la scelta a ragioni di carattere esclusivamente politico.
Per quanto riguarda, infine, i possibili interventi nella vicenda da parte del Ministero dell'interno, corre l'obbligo di evidenziare che la competente prefettura ha attivato tutte le misure previste dalla vigente legislazione, con particolare riferimento alle disposizioni del TUOEL in tema di sospensione del sindaco.
Allo stato, non sono esperibili ulteriori interventi finalizzati alla rimozione o alla sospensione del sindaco, non verificandosi la fattispecie di cui all'articolo 59, comma 6 del TUOEL, che lega la decadenza di diritto dalla carica alla data di passaggio in giudicato della sentenza di condanna.
Non si ravvisa, altresì la possibilità di procedere alla rimozione del sindaco ai sensi dell'articolo 142 del TUOEL che subordina il provvedimento di rimozione adottato dal prefetto al compimento di atti contrari alla Costituzione, alla gravità ed alla persistenza delle violazioni di legge o alla presenza di gravi motivi di ordine pubblico.
Si evidenzia, comunque, che il giudice per le indagini preliminari, come già detto, con il citato provvedimento del 5 luglio 2006 ha ritenuto essere venute meno le esigenze cautelari, con ciò escludendo tra l'altro, l'ipotesi di possibili reiterazioni dei reati da parte dello stesso sindaco (articolo 274 del codice di procedura penale).
Ciononostante, la prefettura di Lucca continuerà a seguire l'evoluzione della situazione e non mancherà di assumere ogni utile iniziativa, nel quadro delle proprie competenze, al fine di assicurare il corretto svolgimento della vita democratica ed istituzionale dell'ente.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
HOLZMANN. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nell'anno 1970 il regime libico di Gheddafi espropriò i beni mobili e immobili degli italiani ed espulse gli stessi da quel territorio, in aperta violazione del trattato Italo-Libico del 1956 nonché delle Risoluzioni ONU che garantivano diritti e interessi della comunità italiana in Libia;
in quel momento storico, il Governo italiano ritenne di dover accettare i fatti testé descritti concedendo solo con legge n. 1066 del 1971 un acconto sugli indennizzi spettanti ai cittadini italiani rimpatriati dalla Libia;
alla legge succitata ne seguirono altre contenenti indennizzi parziali e senza rivalutazione monetaria (legge n. 16 del 1980, legge n. 135 del 1985, legge n. 98 del 1994) le quali, con estrema lentezza ed anche in seguito all'instaurarsi di contenzioso giudiziale tra gli interessati e la Pubblica Amministrazione, sono ancora in via di applicazione;
dal deliberato di intenti del Consiglio dei Ministri del 23 febbraio 2006 si desume che il Governo abbia in animo di potenziare strategicamente la partnership Italia-Libia chiudendo definitivamente, da un lato, il capitolo storico del passato coloniale e, dall'altro, continuare a ricercare una soluzione accettabile del contenzioso economico sui crediti vantati da aziende italiane -:
se non ritenga opportuno che non si provveda al risarcimento dei danni da guerra vantati dallo Stato libico se non quando si giunga all'integrale soddisfazione dei danni patiti dagli italiani espulsi, causati dalle inique confische perpetrate dal Governo libico e, ad oggi, rimasti sostanzialmente inevasi.
(4-00989)
Risposta. - A titolo di premessa vorrei ricordare come in passato la questione degli indennizzi a favore di cittadini italiani per i beni perduti in Libia - seguita direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze - sia stata oggetto di alcune iniziative parlamentari volte ad ottenere la rivalutazione dei suddetti indennizzi; le proposte di legge presentate a tal fine non sono state tuttavia mai finalizzate.
Per quanto riguarda le altre tematiche d'interesse degli esuli italiani di Libia di competenza del Ministero degli affari esteri, si conferma che la soluzione della questione dei visti d'ingresso per la Libia continua a rappresentare una priorità nell'ambito del rilancio dei rapporti bilaterali con Tripoli.
Nel Comunicato congiunto italo-libico del 1998, da parte libica era stato assunto un formale impegno a consentire l'ingresso dei cittadini italiani nati in Libia. Tuttavia, nonostante tale impegno sia stato confermato dalle Autorità libiche anche in successivi incontri al più alto livello (da ultimo, in occasione dell'incontro avuto dall'allora Presidente del Consiglio Berlusconi con il Colonnello Gheddafi il 7 ottobre 2004), le Autorità libiche hanno reso nota, nell'aprile 2005, una disposizione per la quale possono ottenere un visto d'ingresso solo quei cittadini italiani nati in Libia che abbiano compiuto sessantacinque anni.
Da parte nostra abbiamo immediatamente richiesto alle Autorità libiche, in svariate occasioni, di annullare tale disposizione, ritenuta un'ulteriore discriminazione, e di sostituirla con una di carattere generale, che consenta senza limitazioni a
tutti i profughi di Libia di poter ottenere un visto di ingresso.
Sulla questione dei visti, il Ministero degli affari esteri ha mantenuto nel corso degli anni il più stretto raccordo con gli esuli italiani di Libia, soprattutto tramite l'Associazione italiani rimpatriati dalla Libia, che rappresenta il principale punto di riferimento per tutte le tematiche d'interesse degli italiani espulsi dal territorio libico.
Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.
JANNONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Kossovo ha recentemente proclamato la propria indipendenza dalla Serbia;
le Istituzioni della Repubblica Italiana e in particolare il Consiglio dei Ministri ne hanno riconosciuto la sovranità.
la Serbia ha vivacemente protestato per tale riconoscimento diplomatico minacciando di ritirare i propri ambasciatori -:
quali iniziative urgenti di politica estera l'Italia intenda adottare per evitare il riacutizzarsi della crisi dei Balcani e per evitare misure ritorsive serbe nei confronti delle istituzioni italiane.
(4-06347)
Risposta. - In merito alla questione sollevata dall'interrogante nell'interrogazione in esame, ritengo di poterle fornire degli esaustivi elementi di risposta al riguardo richiamandomi a quanto illustrato sull'argomento dall'onorevole Ministro degli affari esteri, Massimo D'Alema, nella sua audizione in Parlamento tenuta il 20 febbraio scorso a Commissioni riunite della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Pertanto a completamento di quanto precede e nella speranza di farle cosa gradita la informo che il testo dell'intervento in parola è pubblicato sul sito web della Camera dei deputati http://www.camera.it/-dati/lavori/bollet/chiscobollt.asp?content=/-dati/leg15/lavori/bollet/framedin.asp?percboll=/-dati/leg15/lavori/bollet/200802/0220/html/03c03/.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
MADERLONI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 3 gennaio 2008, il motopesca Antonia Madre della flottiglia di Manfredonia, è stato fermato nella zona est dell'isola di Pelagosa e posto sotto sequestro all'isola di Lissa, con l'accusa di sconfinamento nelle acque territoriali croate;
tale evento ha permesso la diffusione della notizia che il Parlamento di Zagabria, peraltro in regime di preadesione all'Unione europea, ha recentemente deciso di interrompere la moratoria ad un progetto del 2003, ovvero l'istituzione di una «Zona di Protezione Ittica e Ambientale» (ZERP), con prerogative esclusive per i propri cittadini su più della metà del mare Adriatico, facendo in modo che tale progetto entri in vigore dal 1 gennaio 2008. Se dopo il giorno 11 gennaio, il neo-governo croato dovesse approvare tale decisione, il settore della pesca italiana nell'Adriatico ne risulterebbe gravemente danneggiato;
le decisioni unilaterali della Croazia sono state discusse, dal novembre 2003 ad oggi, nelle mozioni, risoluzioni ed interrogazioni agli allora Ministeri degli Affari Esteri e delle Risorse agricole e della Pesca. Però, le proposte degli onorevoli G. Scaltritti, Famiano Crucianelli e Aldo Preda, nonostante l'approvazione delle Commissioni congiunte (Affari Esteri e Comunitari e Risorse Agricole e della Pesca), non hanno dato risultati, e soprattutto non è mai stato reso esecutivo l'accordo di pesca fra l'Italia e la Croazia per la gestione dell'Adriatico, con progetti di partenariato o società miste;
in questi giorni, sul territorio, si sono attivati l'assessore all'Agricoltura della Regione Marche, Paolo Petrini, il consigliere
regionale di Sinistra Democratica, Massimo Binci, che ha fatto istanza di comunicazione urgente alla competente commissione consiliare, il responsabile regionale di Lega Pesca Marche, Simone Cecchettini e Domenico Leone coordinatore settore pesca di Sinistra Democratica di Ancona;
il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Paolo De Castro, ha inviato un telegramma alle Capitanerie di Porto dell'Adriatico ribadendo l'invito agli armatori-pescatori alla massima cautela, vigendo una situazione di pre-allarme;
sappiamo che attualmente è in corso, con la partecipazione attiva della Commissione europea, un negoziato politico da parte del Governo italiano e dei Ministeri interessati;
considerato, tuttavia, l'estremo disagio che deriva agli operatori del settore dalla mancanza di direttive precise in ordine ai confini della ZERP, alle norme che ne regolano l'osservanza, ai meccanismi di controllo sulla corretta applicazione del regime giuridico internazionale, alle sanzioni previste, al sistema di regolamento delle eventuali controversie;
tenuto conto, inoltre del sopracitato regime di preadesione alla UE della Croazia stessa, il quale potrebbe essere pregiudicato, come affermato dalla U.E, dalla decisione oggetto dell'interrogazione, in particolare considerando i Regolamenti Comunitari del Consiglio nn. 3760 del 1992 e 2371 del 2002, rispettivamente sull'istituzione della Politica Comune della Pesca nella C.E.E. e sulla conservazione e lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel suo ambito, così come le disposizioni di Diritto internazionale vigenti nella consuetudine consolidata e nei trattati codificati, quali la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del mare del 1982, agli articoli 55, 59, 117, concernenti elementi generali ed in dettaglio sulle prerogative marittime degli Stati firmatari, che hanno firmato il trattato di riferimento. A tal proposito, sia l'Italia, sia la Croazia, hanno a ciò provveduto nell'anno 1995 -:
quali interventi intenda adottare perché l'intera vicenda si risolva in modo favorevole per il settore della pesca italiana, già fortemente in crisi a causa del caro-gasolio, delle mucillaggini invernali e degli storici problemi che lo affliggono;
quali misure possa attivare per informare prontamente gli operatori del settore sugli eventuali sviluppi, impartendo, inoltre, al fine di evitare possibili incidenti, urgenti e chiare direttive nel merito.
(4-06104)
Risposta. - In relazione alla questione da lei sollevata nell'interrogazione in esame, secondo quanto risulta, come peraltro hanno assicurato le stesse Autorità croate, il fermo del peschereccio italiano (3 gennaio 2008) è avvenuto per lo svolgimento di attività di pesca non autorizzate all'interno delle acque territoriali croate attorno all'isola di Pelagosa. Pertanto, la vicenda non appare in alcun modo riconducibile alla proclamazione unilaterale da parte della Croazia di una Zona di Protezione Ittica ed Ecologica nell'Adriatico (ZERP).
Nel quadro delle procedure previste in casi del genere l'Ambasciata d'Italia a Zagabria è immediatamente intervenuta presso le Autorità croate, con le quali è stata recentemente stabilita una «dedicata linea di contatto» proprio per chiarire con estrema rapidità il contesto in cui avviene l'eventuale fermo di nostri pescherecci. Il nostro consolato generale a Spalato è stato in costante contatto con le autorità locali e con l'equipaggio del nostro peschereccio.
In riferimento alla questione della Zerp, le faccio presente che questo ministero è da mesi impegnato in un negoziato tecnico con Croazia e Slovenia, cui partecipa anche la Commissione europea, al fine di giungere ad un accordo sulla conservazione e lo sfruttamento delle risorse ittiche in un quadro comunitario. La pesca è infatti materia di esclusiva competenza comunitaria il cui acquis dovrà essere recepito dalla Croazia nel contesto del processo negoziale per l'adesione all'Unione europea.
L'Italia è impegnata a fondo sul piano bilaterale e comunitario per spingere la Croazia a raggiungere un accordo condiviso con i paesi vicini e a rispettare gli impegni assunti nel giugno 2004 con Italia, Slovenia e Commissione in merito alla non applicazione ai pescherecci comunitari della Zona di Protezione Ittica ed Ecologica.
In tale contesto, vorrei attirare la sua attenzione sulle conclusioni del Consiglio affari generali dell'Unione europea del 10 dicembre 2007 che, nel fare propria la proposta di Italia e Slovenia, hanno richiamato la Croazia a rispettare l'accordo del giugno 2004 e a sospendere l'applicazione della Zerp fino a quando non sarà raggiunto un accordo in uno spirito comunitario. Tali conclusioni stabiliscono poi un legame fra l'atteggiamento croato sulla Zerp e le possibili conseguenze sul negoziato di adesione. Tali contenuti sono stati successivamente ribaditi in varie occasioni (in particolare il 30 dicembre e l'8 gennaio scorsi) dal Commissario europeo per l'Allargamento, O. Rehn, il quale ha ammonito la Croazia ad assumere un atteggiamento responsabile sulla Zerp. Il Governo condivide pienamente i contenuti delle dichiarazioni del Commissario. Da ultimo, in occasione del Consiglio affari Generali e Relazioni Esterne del 18 febbraio 2008, nel richiamare le conclusioni adottate il 10 dicembre 2007, i ministri hanno nuovamente chiesto alla Croazia di tener fede ai suoi impegni e, soprattutto, hanno previsto di riesaminare la questione ad un prossimo Consiglio. La Commissione è inoltre invitata a proseguire il dialogo con Zagabria e a riferire in Consiglio.
Non risulta che Zagabria abbia assunto alcuna misura concreta di attuazione della Zerp nei confronti dei pescherecci comunitari. A seguito dell'insediamento del nuovo governo croato, il 12 gennaio scorso, il Primo ministro Sanader ha manifestato la volontà di riprendere il negoziato, sospeso nel luglio scorso, con Italia, Slovenia e Commissione europea e di concluderlo in tempi brevi. Il Governo italiano rimane impegnato a giungere ad una soluzione sulla base del negoziato tecnico svoltosi nel 2007, che raccolga il consenso anche della Slovenia e della Commissione.
Le faccio presente infine che il Governo ha continuato a fornire agli operatori ed alle Associazioni di categoria i necessari elementi di informazione sia attraverso il ministero delle politiche agricole (che è pienamente associato agli esercizi negoziali in corso) sia tramite questo ministero. Al riguardo le segnalo che, il 16 gennaio scorso ho incontrato personalmente le principali associazioni di settore le quali, nel ricevere un'ampia illustrazione dell'impegno del Governo per la tutela degli interessi italiani, della situazione politica attuale e dei possibili scenari sul piano bilaterale e comunitario, sono state nuovamente invitate a sollecitare gli operatori al rispetto delle normali regole di navigazione, in quanto eventuali violazioni nuocerebbero al buon esito dei negoziati.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
MANTINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nell'isola di Panarea, la più piccola delle Eolie ma con una forte e qualificata presenza turistica, c'è un clima di viva preoccupazione nella cittadinanza e nei suoi amministratori per la paventata chiusura della locale Stazione dei Carabinieri;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 gennaio 2003, prorogato di anno in anno fino al 31 dicembre 2006, stabilisce lo stato di emergenza nel territorio delle isole Eolie, nelle aree marine e nelle fasce costiere interessate dagli effetti indotti dai fenomeni vulcanici in atto nell'isola di Stromboli, dove il 30 dicembre 2002 si verificò una violenta esplosione del vulcano con contestuale ingrossamento del mare prospiciente l'isola e ingenti danni;
a seguito di questi eventi calamitosi naturali, il territorio delle isole Eolie, è stato sottoposto a monitoraggio continuo da parte di ricercatori appartenenti a varie istituzioni scientifiche nonché di funzionari del Dipartimento della Protezione Civile, i quali a tutt'oggi ancora non escludono il riproporsi di simili eventi calamitosi, anche in considerazione del fatto che le attività vulcaniche di Stromboli sono rimaste inalterate da molti secoli, ripetendosi ciclicamente, con un intervallo minimo di un anno tra due eventi;
a fronte della situazione di emergenza sancita dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 gennaio 2003 e successive proroghe, sull'isola di Panarea veniva insediato, stabilmente e per tutto l'anno, un presidio dell'Arma dei Carabinieri, prima esclusivamente presente solo durante la stagione estiva, cui oltre alle normali competenze di prevenzione e tutela della sicurezza pubblica, funzione importantissima in sé perché l'isola ha ormai una presenza turistica annuale, è demandato l'importantissimo compito, nell'eventualità del riproporsi dei suddetti catastrofici eventi sismici, di coordinare ed assistere la popolazione nelle procedure di evacuazione dell'isola;
la preoccupazione da parte della popolazione e delle istituzioni locali si fa d'altra parte sempre più forte, tanto che numerosi cittadini, allarmati dalla notizia, si sono rivolti direttamente, con una petizione di oltre 150 firme, al Prefetto di Messina e al Comandante Regionale e Provinciale dell'Arma, per chiedere di non procedere a tale soppressione;
atteso che il mancato rinnovo del provvedimento che impedirebbe la chiusura della predetta Stazione verrebbe percepito dagli isolani come un pesante segnale di abbandono del territorio da parte dello Stato -:
se, considerate le gravi conseguenze per l'ordine pubblico, la sicurezza e l'incolumità della popolazione dell'isola di Panarea che un provvedimento di soppressione della Stazione dei Carabinieri determinerebbe, non ritenga di assumere tutte le iniziative più idonee al fine di garantire la permanenza della Stazione dei Carabinieri su base annua.
(4-01995)
Risposta. - In relazione alla problematica sollevata con l'interrogazione in esame, si osserva, in primo luogo, che l'Arma dei carabinieri assicura la propria presenza nell'isola di Panarea - compresa nella giurisdizione della Stazione Carabinieri di Lipari - con un posto fisso «a carattere stagionale», attivo nel periodo compreso tra la prima decade di marzo e la terza decade di novembre.
Il Comando generale dell'Arma dei carabinieri, di concerto con la locale Prefettura, ha mantenuto ininterrottamente attivo tale presidio sino al 31 dicembre 2006, in relazione allo stato di emergenza dell'arcipelago delle isole Eolie, dichiarato nel 2002 dal Governo con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e prorogato annualmente.
In conseguenza dell'avvenuta reiterazione dei richiamati presupposti emergenziali, tuttavia, tale operatività è stata confermata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 22 dicembre 2006, anche per tutto l'anno 2007.
Allo stato, le esigenze di prima assistenza alla popolazione - prospettate dall'interrogante nell'eventualità di una nuova emergenza di protezione civile - potranno essere adeguatamente soddisfatte dall'attuale dispositivo che sarà costantemente attivo anche per l'anno 2008 e che, comunque, in condizioni ordinarie opera, come anzidetto, dal mese di marzo a quello di novembre.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
MARGIOTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
opera a Palermo dal 1975 il Parlamento Mondiale per la Sicurezza e la Pace, organizzazione intergovernativa fra gli Stati, Nuova Società delle Nazioni, fondata da S.E. l'Arcivescovo Ortodosso Mons. Viktor Busà, Lord Presidente a vita
e dal defunto Arcivescovo Ortodosso Mons. Makarios III, già Presidente della Repubblica di Cipro; e nel sito dell'organizzazione (www.parlamentomodiale.org) si legge che: «Il Parlamento Mondiale per la Sicurezza e la Pace è stato fondato per la difesa della pace in tutti i Popoli del Mondo e per la sicurezza in ogni Nazione. Tutti gli Stati che vi aderiscono hanno l'obbligo di prestarsi reciprocamente aiuto e collaborazione. Essendo un'Associazione di Stati, il Parlamento Mondiale deve dare ogni appoggio morale, politico, diplomatico, culturale, religioso, economico e sociale a tutti i Governi delle Nazioni, ai loro Popoli ed alle rispettive Istituzioni Parlamentari. Tutte le Nazioni sono Membri di diritto del Parlamento Mondiale per la Sicurezza e la Pace. Esse sono rappresentate dai rispettivi Capi di Stato, di Governo, dai Ministri degli Esteri e dai Presidenti dei Parlamenti. Ne consegue che un'Organizzazione Intergovernativa di Stati ha plene et jure la personalità giuridica internazionale, così come avviene per le Nazioni Unite ed altri Organismi similari; che il Lord Presidente è del tutto equiparato ad un Capo di Stato, in quanto fa accreditare ufficialmente dai Governi degli Stati interessati i propri Ambasciatori, Ministri ed Incaricati d'Affari. Pertanto, egli gode di tutti i privilegi, le immunità e gli onori riservati ai Capi di Stato: più in generale si rinvia alle note Convenzioni di Vienna del 1961 e del 1963, che il Parlamento Mondiale ha due rami: la Camera Alta dei Senatori e l'Assemblea Generale dei Deputati. La Camera Alta si compone di 400 Senatori, mentre l'Assemblea di 800 Deputati. Sia i Senatori che i Deputati e Consiglieri Parlamentari vengono eletti ogni cinque anni dal Consiglio Supremo di Presidenza, e possono essere riconfermati nelle future elezioni. Secondo la normativa del Diritto Internazionale, i Membri del Parlamento Mondiale godono dell'immunità negli Stati che intrattengono normali relazioni diplomatiche. Per tutte le altre Nazioni, dove non esistono tali rapporti protocollari, i Membri possono godere soltanto dell'immunità funzionale: infatti essi non possono essere perseguiti per la loro attività politica e diplomatica in difesa della pace, della sicurezza, della libertà e della giustizia, che i membri hanno un passaporto diplomatico rilasciato dall'Organizzazione Intergovernativa, che il Parlamento Mondiale è riconosciuto dallo Stato Italiano «con sentenza della Corte costituzionale pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 161-bis del 10 luglio 1985» -:
quale sia la posizione dello Stato Italiano nei confronti di tale organizzazione.
(4-03508)
Risposta. - In merito a quanto sollevato dall'interrogante nell'atto n. 4-03508 sull'organizzazione «Parlamento mondiale per la sicurezza e la pace» si comunica che: l'associazione «Parlamento mondiale per la sicurezza e la pace» non è soggetto di diritto internazionale e non ha pertanto alcun titolo per ottenere un riconoscimento di prerogative internazionalistiche da parte delle Autorità italiane, conseguentemente, non gode in Italia di alcuna prerogativa diplomatica e di alcuno dei privilegi e delle immunità previsti dalle Convenzioni internazionali in materia, in particolare quelle di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961 e sulle relazioni consolari del 1963.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Vittorio Craxi.
MENIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il I Reggimento S. Giusto (il più antico dell'Esercito Italiano), ha sede in Trieste ed attualmente svolge attività addestrative per sei corsi l'anno, per una media complessiva di 200 allievi Volontari in Ferma Prefissata di un anno per ogni corso;
il Reggimento opera all'interno della caserma «Vittorio Emanuele III» nel centro della città di Trieste e la sua struttura si estende su una superficie di 122 mila metri quadrati, contenuta in un perimetro di oltre 1.500 metri, completamente inserita
nel contesto urbano triestino. Realizzata nel primo 900, possiede giardini e parchi con alberi secolari e cinque diverse palazzine di cui due in uso, una terza in fase di ultimazione e ulteriori due in attesa di recupero;
secondo voci che circolano con insistenza negli ambienti militari, l'afflusso dei V.F.P.1 presso il I Reggimento verrebbe nei prossimi mesi, mano a mano, ridotto fino a prevederne l'esaurimento e la chiusura nello spazio di un anno -:
se i timori esposti in premessa, a riguardo di una futura chiusura del Reggimento S. Giusto a Trieste rispondano a reali intenzioni dei vertici militari o del Governo;
se, in ogni caso, si voglia tener conto che al Reggimento S. Giusto è stato recentemente conferito, nel 50 della II Redenzione di Trieste, la cittadinanza onoraria che ha sancito un indissolubile legame dello stesso con la città del cui patrono porta il nome e, dunque, evidenti motivi di ordine anche morale oltre che militare e politico ne rendono necessaria la permanenza nell'attuale sede;
se si voglia, da parte del Governo, fornire rassicurazioni in merito al mantenimento del Reggimento S. Giusto a Trieste al quale anzi, vista la disponibilità di spazi e strutture descritte in premessa, potrebbero affidarsi anche, in breve tempo, l'addestramento di personale femminile volontario dell'Esercito.
(4-02498)
MENIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con precedente atto ispettivo l'interrogante chiedeva di conoscere quali determinazioni si intendesse assumere sul futuro del Primo Reggimento San Giusto (al quale lo scorso 26 ottobre 2004, nel cinquantesimo del ricongiungimento di Trieste all'Italia è stata attribuita la cittadinanza onoraria del capoluogo giuliano) la cui attività addestrativa è stata sospesa dal 12 marzo 2007 con la mancata assegnazione dei Volontari del 1 blocco 2007;
il Capo di stato maggiore dell'esercito, il generale di Corpo d'armata, Filiberto Cecchi ha dichiarato a Trieste, lo scorso 26 maggio 2007, a margine della Sessione informativa della Riserva selezionata: «Il reggimento San Giusto rimane una delle nostre preoccupazioni, verso cui indirizziamo attenzione esattamente come per gli altri reparti presenti su tutto il territorio nazionale. È presumibile che il numero di reggimenti venga ridotto da 10 a 2. Conseguentemente al processo di assottigliamento del contingente di volontari, che diminuiranno tra le 4 mila e le 5 mila unità nei prossimi anni, portandoci così a regime, non possiamo pensare di mantenere attivi tutti e dieci i reggimenti. In relazione a ciò deve essere adeguata anche la struttura addestrativa. Nessuna decisione definitiva è però stata presa»;
è evidente che tale dichiarazione, pur nella prudenza e genericità, non fa che rafforzare i timori per la possibile soppressione del 1 reggimento San Giusto di Trieste -:
se il Ministro voglia o meno rendere note, se già assunte, le determinazioni prese in ordine alla soppressione o al mantenimento dei reparti interessati alla razionalizzazione della struttura addestrativa;
se si voglia garantire il mantenimento del «San Giusto» e dunque se allo stesso si voglia consentire di riprendere l'attività di Reggimento Addestramento Volontari con l'assegnazione di 200 VFP1 per il 3 blocco 2007 con il prossimo mese di settembre;
se si ritenga, come richiesto con precedente atto ispettivo, di valutare attraverso il Genio Infrastrutture dell'Esercito la possibilità di aumentare la capacità ricettiva del Reggimento a 450 volontari, vista la disponibilità di altre palazzine del comprensorio facilmente adattabili e rese idonee allo scopo.
(4-03798)
Risposta. - Si risponde contestualmente ad entrambe le interrogazioni, in quanto le stesse affrontano la medesima questione relativa alla soppressione del 1o reggimento «San Giusto» in Trieste.
Si fa notare, preliminarmente, che la problematica rientra nel più ampio quadro del processo di ristrutturazione e snellimento dell'organizzazione militare, caratterizzato da vari provvedimenti di soppressione, accorpamento e riorganizzazione delle strutture, avviato da alcuni anni e tuttora in divenire, in attuazione di una serie di atti normativi, tesi a meglio modulare le forze armate alle nuove esigenze, adeguandole, nel contempo, alle riduzioni dei livelli organici (190.000 unità) stabilite dalla legge 14 novembre 2000, n. 331.
Tale processo è volto ad ottimizzare tutte le componenti delle forze armate, ossia quelle di vertice, dell'area operativa-logistica, dell'organizzazione territoriale e della formazione.
In sostanza, si intende perseguire soluzioni tese ad ottenere un migliore rapporto costo/efficacia, attraverso la soppressione di strutture ormai non più funzionali, nonché la ridefinizione delle funzioni di comandi/enti ed il loro accorpamento, per quanto possibile, in chiave interforze e comunque di non sovrapponibilità funzionale e territoriale.
L'obiettivo finale, in sintesi, è quello di calibrare uno strumento militare di ridotta entità, ma di più elevato profilo qualitativo in termini di capacità di proiezione, flessibilità e supporto logistico-amministrativo, ad un tempo pienamente integrabile ed interoperabile dal punto di vista interforze e multinazionale.
Fatta questa opportuna premessa, si fa rilevare come l'intervenuta sospensione della leva (1o gennaio 2005) in coincidenza della progressiva trasformazione dell'intero strumento militare su base volontaria, abbia reso sovradimensionata l'attuale organizzazione della componente addestrativa dell'Esercito italiano.
Ciò trova ulteriore conferma nel programmato piano dei reclutamenti dei volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1), che individua una graduale riduzione degli arruolamenti da 16.000 unità per il 2007 a 4.000 unità nel 2020.
Pertanto, la normativa vigente in materia di riforma strutturale delle forze armate (decreto legislativo 15 dicembre 2005, n. 253) ha previsto, per l'Esercito, la riduzione degli attuali enti addestrativi, da 10 a 3 e, contestualmente, la soppressione o riconfigurazione dei 7 restanti.
Nell'ottica del riordino della suddetta componente addestrativa dell'Esercito, hanno inciso, ulteriormente e significativamente, la riduzione degli stanziamenti sul bilancio della difesa operata nella precedente legislatura, nonché il taglio delle risorse stanziate per la trasformazione delle forze armate su base volontaria di cui alla «legge finanziaria 2007».
Ciò, infatti, ha indotto l'Esercito a procedere al ridimensionamento delle unità addestrative non più necessarie, così come contemplato dalla predetta norma, individuando gli specifici provvedimenti, fra i quali rientra quello di soppressione del 1o Reggimento «San Giusto».
In tale contesto, comunque, sono stati opportunamente valutati tutti gli aspetti di carattere sociale, economico ed infrastrutturale, nonché quelli connessi alla presenza militare e civile nell'area interessata in un contesto armonico riferito all'intero territorio del Paese.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
MIGLIOLI, PEDULLI, MARIANI e GHIZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
la stampa locale modenese ha dato informazione relativa al fatto che il TAR del Lazio il 24 ottobre 2007 ha annullato la decisione di assegnare i lavori e il progetto della bretella Campogalliano-Sassuolo all'ANAS accogliendo il ricorso presentato dall'impresa Pizzarotti SPA;
il collegamento autostradale Campogalliano-Sassuolo è un'opera prevista dal Piano regionale integrato dei trasporti nel 1999 e dall'intesa generale quadro firmata
nel dicembre 2003 fra Stato e Regione Emilia-Romagna;
opera approvata dal CIPE e inserita nella Legge Obiettivo;
l'arteria è un'opera fondamentale per il distretto ceramico che comprende comuni di Sassuolo, Fiorano Modenese, Maranello, Formigine e che riguarda dunque 160.000 cittadini che risiedono nel polo più importante al mondo per la produzione di piastrelle e ceramiche;
ogni giorno circolano oltre 6300 mezzi per il trasporto merci che entrano ed escono dal comprensorio a cui vanno aggiunte circa 18.000 operazioni di ritiro/consegna di aziende interne;
in distretto che ha notevolmente incrementato la produzione e l'export passando dai 329 milioni di metri quadrati agli attuali 568 (+73 per cento) -:
quali provvedimenti intenda intraprendere, nel rispetto di impegni assunti per realizzare al più presto l'opera di collegamento autostradale al servizio del distretto ceramico bretella autostradale Campogalliano-Sassuolo.
(4-06185)
Risposta. - L'intervento relativo al collegamento Campogalliano-Sassuolo è previsto tra quelli da realizzare mediante finanza di progetto nell'allegato A al Contratto di Programma 2007-2011.
Nell'atto aggiuntivo all'Intesa generale quadro, in corso di stipula, tra il Governo e la regione Emilia-Romagna, si prevede che entro il 29 febbraio 2008 vengano sottoposti all'approvazione del CIPE sia il progetto definitivo sia la proposta di copertura finanziaria per definire l'eventuale contributo a carico dello Stato.
L'ANAS sta ultimando le valutazioni in merito alla copertura finanziaria del collegamento autostradale in argomento, prevedendo, altresì la possibilità di procedere con un primo stralcio funzionale dell'opera nel tratto Scalo di Marmaglia-tangenziale di Modena al fine di garantire i necessari collegamenti autostradali fra lo scalo ferroviario e la rete autostradale interferente.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
MIGLIORE. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del commercio internazionale, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il gruppo Tata è il più grande conglomerato industriale in India. Tata Motors, la divisione auto e veicoli industriali, da tempo sta studiando lo sviluppo di una sua small-car a basso costo. Per l'industrializzazione e produzione di questa auto si è scelto di costruire una nuova fabbrica nella regione di Singur, nel Bengala occidentale a circa 35 chilometri da Calcutta - Kolkata;
la popolazione, in particolare i contadini, si oppone alla cessione dell'area designata. Si tratta infatti di un terreno molto fertile destinato all'agricoltura;
il gruppo Tata è costituito da 93 società in sette settori di attività ed impiega circa 220.000 dipendenti. Circa il 65 per cento della proprietà del gruppo è controllata dalla Fondazione Tata;
la Tata ha aderito volontariamente al «Global Compact». Tata Steel, una delle divisioni della Tata, è conosciuta come l'industria siderurgica con i più bassi costi produttivi al mondo. La stessa strategia è oggi perseguita da Tata Motors, la divisione auto e veicoli industriali del Gruppo, che da tempo sta studiando lo sviluppo - insieme alla Fiat - di una sua small-car a basso costo. La nuova macchina sarà presentata al Salone di Delhi nel 2008;
l'accordo con Fiat risale al giugno 2006 e attualmente Ratan Tata, il presidente della Tata, siede nel consiglio di amministrazione del gruppo Fiat. Per l'industrializzazione e produzione di questa auto si è scelto di costruire una nuova fabbrica nella regione di Singur, nel Bengala occidentale a circa 35 chilometri da
Calcutta - Kolkata. L'area designata per la costruzione della fabbrica comprende terreni molto fertili che sono stati destinati all'agricoltura dopo la riforma agricola e la redistribuzione delle terre grazie ai «moti contadini» degli anni '70. L'estensione del terreno è di 1.000 acri, circa 400 ettari, divisi in lotti di varie dimensioni. La fertilità del terreno permette dai 3 ai 5 raccolti annui. La requisizione del terreno avviene grazie all'applicazione di un editto coloniale del 1894 il Land Acquisition Act; anche il partito Comunista al governo del West Bengala si è schierato a favore del progetto;
l'Alta Corte di Calcutta il 26 febbraio 2007 ha messo in dubbio la legalità delle requisizioni e richiesto al governo del West Bengala di comprovare la volontarietà della sottoscrizione dello sfratto da parte dei contadini;
il conflitto è aumentato quando in località Nandigram, sempre nel West Bengala, 22.000 acri di terreno sono stati destinati al gruppo indonesiano SALIM e all'industria di proprietà statale Industrial Development Corporation per la costruzione di un vasto insediamento petrolchimico;
il governo del West Bengala ha pianificato la realizzazione di almeno altri sei progetti industriali in quell'area, definita SEZ - Special Economic Zone - che dovrebbe coprire un totale di 10.000 ettari;
a fronte di probabili 2.000 lavoratori assunti dalla fabbrica della Tata, 30.000 contadini hanno perso la terra, unica fonte di sussistenza;
il costo sociale delle requisizioni è particolarmente alto per i bargadars, lavoratori a mezzadria;
gli oppositori al progetto, giustamente, fanno notare che lo sviluppo industriale non può affermarsi in conflitto con lo sviluppo dell'agricoltura. Richiamano inoltre l'attenzione sui numerosi terreni non coltivati che potrebbero corrispondere ai requisiti delle industrie Tata. Inoltre alcuni contadini negano di aver mai firmato il documento in cui cedevano le loro proprietà al governo, altri dicono di essere stati minacciati per farlo e altri ancora ammettono di avere accettato in cambio della promessa di un lavoro in fabbrica. In ogni caso questi contadini non avevano scelta, in quanto la vecchia legge coloniale non prevede che si debba chiedere il permesso ai contadini prima di sfrattarli. I documenti di cessione servono per disciplinare i risarcimenti. Questi soldi però saranno elargiti solo a chi può dimostrare burocraticamente il possesso della terra, cioè non tutti. E comunque la somma «rimborsata» dal Governo, circa 1.600 euro per ogni proprietà, rappresenta un valore molto al di sotto del prezzo di mercato e non basta certo a garantire un futuro a intere famiglie che sopravvivono solo grazie alla terra;
il 25 settembre 2006 durante una protesta di massa, negli scontri con la polizia, viene ucciso un manifestante e molti sono i feriti;
nel dicembre 2006 inizia l'operazione di recinzione dell'area che viene attuata con l'uso della forza, attraverso l'impiego di 600 poliziotti e 1.200 agenti privati. Gli scontri si intensificano e dalle campagne raggiungono anche la città di Calcutta dove lo showroom Tata viene devastato. Mamta Banerjee comincia un lungo sciopero della fame in solidarietà con la Banerjee e con i contadini di Singur. Si aggiungono alle proteste l'attivista Medha Patkar, oltre alle scrittrici Mahasveta Devi e Arundhati Roy, l'economista John Dreze e lo storico Sumit Sarkar. Il sindacato PBKMS, affiliato alla International Union of Food Workers, appoggia le proteste;
il 18 dicembre 2006 viene rinvenuto il corpo carbonizzato di una ragazza, Tapasi Malik, attivista del Krishjami Raksha Committee - Comitato per la difesa della Terra. La violenza viene vista come un'azione intimidatoria. Il clima di tensione sale con arresti nei giorni successivi;
nel gennaio 2007 il Centre for Science and Enviroment indirizza un'interrogazione
al Governo di Delhi circa la dubbia qualità ambientale del progetto low cost car;
il 6 gennaio 2007 gli scontri si spostano a Nandigram area dove è prevista la costruzione di un vasto insediamento petrolchimico. La violenza raggiunge l'apice nella notte tra il 6 e il 7 gennaio con scontri tra squadre paramilitari e il fronte contadino. Il bilancio è di 11 morti;
l'8 gennaio 2007 tutto il West Bengala entra in stato di «bandth» - sciopero generale e vengono arrestate 1.500 persone;
il 9 gennaio si tiene una manifestazione studentesca di appoggio ai contadini e contemporaneamente quattro bombe vengono fatte esplodere dentro i terreni già perimetrati da Tata. Nel tentativo di raggiungere l'area l'attivista Medha Patkar viene arrestata per la terza volta dall'inizio del conflitto;
il 12 gennaio 2007 il governo del West Bengala rende noto un documento di 372 pagine contenente i nomi dei 15.000 contadini che avrebbero consentito la vendita dei loro terreni. Gli oppositori al progetto contestano che l'elenco riguarda solo 464 acri su un totale di 997 acri delle requisizioni già effettuate. In questo elenco molti nomi vengono ripetuti più volte e alcuni avevano ricevuto minacce per dare il consenso;
il 21 gennaio 2007 la Tata inaugura l'inizio della costruzione della recinzione in muratura;
il 27-28 gennaio 2007 lo scontro riprende con un bilancio di 40 feriti e 1.000 fermi. Il Trinamool Congress Party denuncia la non trasparenza dell'accordo siglato dal Governo bengalese con la Tata;
il 2 febbraio 2007 la stampa indiana dà risalto alle conclusioni emerse da una Fact-Finding mission formata da una rosa di rispettati opinionisti e intellettuali. Da qui emerge che gli scontri e i gravi fatti verificatisi a Singur e poi a Nandigram sono da imputare al fatto che gli abitanti delle aree interessate non erano stati consultati. Vengono ribadite le ragioni di scetticismo circa un'industrial option che nelle passate esperienze non aveva garantito un soddisfacente assorbimento della popolazione. Vengono inoltre riconosciute le bassissime indennità che solo in minima parte hanno compensato la perdita della terra;
nel marzo 2007 continuano le proteste e durante gli scontri si contano 14 morti a Nandigram, decine di feriti e denunce per violenze;
pochi giorni fa la leader indiana Medha Paktar si è recata in Italia, invitata dall'Associazione «A Sud», per dare risalto internazionale alla campagna sulla violazione dei diritti umani in Singur e per sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni sul ruolo giocato dal gruppo italiano FIAT nel progetto -:
se i Ministri interrogati non ritengano necessario avviare approfondite verifiche sulla situazione descritta in premessa;
se i ministri interrogati non ritengano opportuno valutare l'opportunità di mediare con la Tata Motors e con il governo del Bengala per l'immediata cessazione di ogni forma di abuso dei più elementari diritti umani, incluse requisizioni ed espropri, che nulla hanno a che fare con una reale e accettabile concezione di sviluppo.
(4-05394)
Risposta. - La questione degli insediamenti industriali in West Bengal che il locale governo sta promuovendo, anche attraverso una politica di espropriazioni e creazione di parchi industriali è ben nota a questo Ministero.
Essa d'altra parte rientra nel più ampio quadro del complesso contemperare, da parte del governo centrale e dei governi locali, esigenze di crescita economica (che hanno fra l'altro consentito di ridurre in maniera significativa la fascia di povertà dall'avvio del piano di liberalizzazione economica nel 1991 ad oggi) con il rispetto di consolidati equilibri sociali.
La posizione del Governo di Delhi è infatti attenta alla cosiddetta inclusive growth e agli aspetti sociali di redistribuzione del crescente benessere, che sono parte importante dell'XI piano di sviluppo del paese (2007-2012). Tali esigenze di equilibrare iniziative di rilancio economico ed industriale con la posizione delle classi più svantaggiate si riflette anche nell'acceso dibattito sulla creazione delle Special Economic Zones (aree industriali ove favorire insediamenti produttivi orientati verso l'esportazione) e dei connessi aspetti legati alla proprietà dei terreni ove debbono sorgere.
La vicenda di Nandigran ne è un esempio emblematico e d'altra parte costituisce oggetto di ampio e libero dibattito in seno all'opinione pubblica indiana, nonché di attenzione da parte delle autorità giudiziarie locali, che in uno Stato di diritto come l'India, costituiscono la migliore garanzia che le decisioni politiche assunte o da assumersi siano in conformità con la legge e la Costituzione.
La Costituzione Indiana prevede che l'ordine e la sicurezza costituiscano materia per le quali la competenza spetta in primo luogo ai governi dei singoli Stati. Esse vengono dunque assicurate in West Bengal dal governo locale, che, merita sottolineare, è formato da una coalizione fra il Communist Party of India (Marxist) - che governa, democraticamente eletto, il West Bengal da oltre 30 anni - e partiti alleati del Left Front.
Laxman Seth, uno dei leaders parlamentari del CPI-M, ha recentemente sottolineato in dichiarazioni alla stampa che il processo di espropriazione avverrà con procedure trasparenti, pagando le terre «ad un prezzo del 30 per cento superiore rispetto a quello di mercato», e con misure di sostegno e reinserimento di espropriati.
Per quanto concerne i rapporti industriali fra Tata e Fiat, si sottolinea che, per quanto noto a questo Ministero, la joint venture stipulata non copre lo sviluppo della cosiddetta «one lakh car» (utilitaria a basso costo che i due gruppi intenderebbero produrre in India) e che anzi i programmi industriali realizzati in joint venture si concentrano, su scelta della Fiat, nello Stato del Maharastra e non hanno nulla a che vedere con le strategie di Tata in West Bengal.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.
MIGLIORI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
una inchiesta giudiziaria di proporzioni senza precedenti nell'area fiorentina ha portato alla scoperta di una vera e propria cupola affaristica che determinerebbe la predeterminazione truffaldina di appalti e subappalti pubblici con la connivenza degli uffici pubblici interessati;
tale inchiesta ha fino ad oggi ipotizzato il complessivo coinvolgimento di molteplici aziende e l'arresto o denuncia nei confronti di oltre trenta persone;
l'epicentro di tale inchiesta risulta essere il Comune di Campi Bisenzio e le sue normative in materia urbanistica nella delicata area della Piana fiorentina soggetta ad abnormi iniziative di espansione edilizia;
la stessa Fondazione Caponnetto ha definito la suddetta vicenda giudiziaria «propria di altre aree geografiche del Paese» confidando in un pronto intervento delle Istituzioni volto ad evitare fenomeni di presenza e infiltrazione mafiosa in Toscana;
il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali» prevede, all'articolo 143, lo scioglimento dei Consigli comunali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso allorché emergano condizionamenti o collegamenti con la criminalità organizzata che compromettano la libera determinazione degli organi elettivi, il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati -:
se non si reputi nella fattispecie esposta che ricorrano i presupposti per attivare
le procedure per lo scioglimento del consiglio comunale di Campi Bisenzio.
(4-03155)
Risposta. - Il 26 marzo 2007 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze ha disposto l'esecuzione di 33 misure cautelari.
I provvedimenti restrittivi sono stati emessi a carico di alcuni soggetti coinvolti in un'indagine relativa alla gestione degli appalti pubblici del comune di Campi Bisenzio.
Tra i destinatari dei provvedimenti della Magistratura risultano anche tre dipendenti comunali: il capo dell'ufficio tecnico, un geometra ed un architetto, questi ultimi assunti con contratto a tempo determinato presso lo stesso ufficio tecnico.
I reati contestati sono l'associazione per delinquere finalizzata alla turbativa di aste pubbliche, la truffa ai danni dello Stato, il falso ideologico, la corruzione e l'abuso d'ufficio.
L'inchiesta ha evidenziato il tentativo di alcune imprese di costituire un cartello che fosse in grado, accordandosi sulle offerte da presentare in occasione delle gare indette dal comune toscano, di condizionare l'esito delle stesse.
In tal modo, gli imprenditori partecipanti alla gara «in cordata», riuscendo a controllare un numero significativo di offerte, sarebbero stati in grado di determinare preventivamente il valore del ribasso necessario all'aggiudicazione dell'appalto, con il risultato di far vincere il pubblico incanto ad un'impresa del cartello.
L'inchiesta ha, altresì, consentito di accertare la sussistenza di difformità tra le indicazioni del Piano strutturale del comune di Campi Bisenzio e le previsioni del Regolamento urbanistico comunale, strumento attuativo del primo, con la conseguenza di un sensibile aumento degli indici di edificabilità.
In tale contesto, sembra sia stato appurato che i rapporti tra i funzionari del comune e gli imprenditori integrino i reati di corruzione, abuso d'ufficio e falso ideologico.
Successivamente all'esecuzione dei provvedimenti restrittivi in questione, il Tribunale del riesame di Firenze, con ordinanza emessa in data 16 aprile 2007, ha confermato il sequestro preventivo disposto dal giudice per le indagini preliminari il 22 marzo, in base all'articolo 321 del codice di procedura penale, di due aree di cantiere ubicate nel comune di Campi Bisenzio, destinate ad una lottizzazione industriale ed alla realizzazione di un complesso residenziale.
Si comunica che attualmente la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze ha stralciato la posizione di 27 imprenditori indagati, emettendo nei confronti degli stessi, in data 17 ottobre 2007, avviso di conclusione delle indagini preliminari e contestuale informazione di garanzia.
I reati sono: associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d'asta e truffa aggravata, in danno dei comuni di Firenze, Campi Bisenzio (Firenze) e Impruneta (Firenze), di Publiacqua società per azioni e di Acquedotto del Fiora società per azioni di Grosseto.
Sono tuttora in corso le indagini per i reati connessi alla gestione dello strumento urbanistico del comune di Campi Bisenzio.
A nessuno degli indagati è stato, attualmente, contestato il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso di cui all'articolo 416-bis del codice penale.
Si ritiene opportuno precisare che, secondo quanto riferito dalla locale Prefettura, dalle indagini non emergerebbero elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori dell'ente locale con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi, necessari per promuovere le procedure d'accesso ai fini dei provvedimenti di cui all'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
La legge richiede infatti, ai fini dello scioglimento, che i fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso coinvolgano specificamente gli amministratori locali, e non i dipendenti comunali, compromettendo quindi la libera determinazione
degli organi elettivi e la funzionalità democratica dell'ente.
Si precisa, tuttavia, che la Prefettura di Firenze segue con particolare attenzione gli sviluppi della vicenda.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
MIGLIORI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
è da tempo attesa l'inaugurazione di un tratto significativo di circa 6 chilometri della S.G.C Due Mari nel tratto Arezzo-Le Ville già completato;
risulta chiuso, in attesa della suddetta inaugurazione, anche il tratto confinante di detta superstrada e già in esercizio da tempo;
continuano a risultare inevasi da parte dello Stato gli esborsi pattuiti nei confronti dei proprietari dei terreni di cui sopra espropriati -:
quando è stata prevista la cerimonia di inaugurazione del nuovo tratto della «Due Mari»;
quali siano i motivi di tale ulteriore ritardo ed i motivi per cui risulta chiuso anche il relativo tratto contiguo;
se sarà presente all'inaugurazione il Ministro del Governo Antonio Di Pietro, quanti Sottosegretari e quanti esponenti della maggioranza parlamentare lo accompagneranno;
se in tale occasione il Governo abbia intenzione di incontrare i cittadini espropriati o intenda rassicurarli circa gli impegni finanziari assunti in merito.
(4-05841)
Risposta. - In data 10 dicembre 2007 ANAS Spa ha disposto l'apertura al traffico del V lotto della E78 «Grosseto-Fano» nel tratto Palazzo del Pero e le Ville di Monterchi.
L'apertura al traffico di un nuovo tratto della E78 Grosseto-Fano lungo circa 5,8 chilometri (lavori eseguiti sui lotti II, III, IV e V) insieme ai tratti già precedentemente aperti al traffico (lotto I e VI) consentono di mettere a disposizione dell'utenza 12,1 chilometri totalmente ammodernati.
Inoltre, con tale nuovo tratto l'ANAS ha completato l'intera viabilità in variante alla strada statale 73 tra la località Palazzo del Pero nel comune di Arezzo e la località Le Ville nel comune di Monterchi.
In merito alle espropriazioni, si informa che le pratiche espropriative ed il relativo pagamento delle indennità sono per contratto a carico dell'impresa appaltatrice del VI lotto.
Ad oggi è stato corrisposto l'acconto nella misura prevista per legge pari all'80 per cento delle indennità di espropriazione.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
MINASSO e RAISI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Niger, Paese francofono dell'Africa subsahariana, ha un governo liberamente eletto dal febbraio del 2000;
le successive consultazioni popolari del 2004 hanno confermato il processo democratico mediante le elezioni dei Consiglieri comunali, del Parlamento e del Presidente della Repubblica;
a partire dal 2000, pur se la performance macroeconomica del Niger potrebbe essere considerata nel suo complesso soddisfacente, con una crescita del PNL del 4 per cento l'anno, tuttavia, anche a causa del più alto tasso di crescita demografica del mondo (3,2 per cento), il Paese africano è attualmente all'ultimo posto nell'indice sullo sviluppo umano stilato dal PNUD costringendo le Istituzioni democratiche ad adottare la strategia nazionale della lotta alla povertà;
secondo le informazioni dell'Unicef, a partire dal 2005, il Niger si trova a dover fronteggiare una profonda crisi alimentare determinata dalla scarsità delle precipitazioni con il conseguente crollo delle produzioni
agricole ulteriormente ridotte nelle quantità dalle ripetute invasioni di locuste che hanno dato luogo ad una vera e propria carestia;
per far fronte a tali emergenze umanitarie, il nostro Paese per l'anno in corso ha provveduto a stanziare fondi per una fornitura di riso pari a 1.433 tonnellate con due forniture successive del valore di 500 mila euro ciascuna;
per il rafforzamento delle capacità in campo sanitario, si è provveduto mediante lo stanziamento di 1.500.970 euro, a definire un programma della durata di tre anni volto al miglioramento dell'erogazione dei servizi sanitari e allo sviluppo del sistema sanitario locale;
mediante uno stanziamento di 15.500.000 euro, l'Italia è considerata a livello internazionale: «... come capofila dei donatori nel settore della lotta alla desertificazione nel Paese grazie alla presenza più che ventennale della Cooperazione Italiana nel Niger»;
l'Italia è anche coinvolta nelle politiche nel settore dello sviluppo rurale;
varie Università italiane, per tutte quella di Bergamo, da tempo collaborano a livello internazionale con le Autorità del Niger per vari progetti ambientali;
secondo alcune fonti, la cittadina nigerina di Agadez (nel deserto di Ténéré) sarebbe il crocevia migratorio verso il quale convergono quasi tutti i flussi migratori dell'Africa occidentale, compresi quelli di paesi anglofoni (Nigeria, Sierra Leone, Liberia) che poi vengono dirottati verso le coste del Mediterraneo;
la scelta per la localizzazione delle ambasciate e dei consolati italiani nel mondo è sicuramente il risultato di una storica esigenza avvertita nel secolo scorso e non tiene conto che l'Italia si è trasformata in paese di immigrazione;
la competenza al rilascio dei visti emessi dalla Repubblica italiana è attribuita al Ministero degli affari esteri il quale, attraverso gli uffici diplomatico-consolari abilitati, è responsabile dell'accertamento del possesso dei requisiti di legge necessari per l'ottenimento del visto stesso, e, nel caso specifico, fatte salve le prerogative di un vice console onorario presente nella capitale Niamey, ogni incombenza ricade sull'Ambasciata d'Italia di Abidjan (Costa d'Avorio) distante oltre mille chilometri;
a causa delle risorse minerarie (uranio e petrolio) di cui è ricco il sottosuolo del Niger è prevedibile per il futuro un aumento degli interessi economici nella zona da parte delle nostre aziende;
dall'altra, la Repubblica del Niger ha attualmente una rappresentanza diplomatica a Roma senza che da parte italiana ci sia reciprocità -:
se non si ritenga, nell'ambito di una ristrutturazione della rete consolare italiana, di dover con la massima urgenza provvedere alla istituzione di una Ambasciata a Niamey, capitale del Niger.
(4-05839)
Risposta. - Il Niger è uno dei 27 Paesi africani nei quali la presenza diplomatica dell'Italia è assicurata mediante l'accreditamento secondario di un capo missione residente in altra sede.
Nella fascia continentale che si estende dall'Atlantico al mar Rosso, tra l'Africa mediterranea e quella a sud del Sahara, l'Italia non dispone, in particolare, di capi missione residenti in Guinea, Guinea Bissau, Sierra Leone, Liberia, Togo, Burkina Faso, Mali, Mauritania, Ciad.
Si tratta di realtà che, sia pur in modo differenziato, presentano problematiche simili a quelle evidenziate nell'interrogazione a proposito del Niger.
In particolare, questi Paesi evidenziano tutti: una più o meno diffusa povertà, che è causa di emigrazioni illegali e di traffico di esseri umani; un grado più o meno preoccupante di fragilità istituzionale e diffusa corruzione, con conseguente permeabilità a fenomeni di criminalità organizzata e terrorismo; un retaggio storico di tensioni etniche e tribali, all'origine di conflitti sanguinosi,
alcuni dei quali, come in Ciad, attualmente in corso.
In positivo, alcuni di questi Paesi, al pari del Niger, offrono interessanti prospettive per gli interessi economici italiani, sia per una certa ripresa delle attività mirate alla ricostruzione post-bellica (per esempio in Liberia), sia in virtù delle ricchezze naturali che possiedono (è il caso del Mali, dove l'Eni ha da poco avviato un ambizioso programma di esplorazione per la ricerca di petrolio e gas naturale).
Sempre in positivo, si registrano in molti di questi Stati incoraggianti segnali sul piano della pacificazione e della stabilizzazione interna, dopo anni di guerre e violenze. È il caso, ad esempio, di Liberia, Mauritania, Togo, Sierra Leone.
Il difetto di reciprocità evidenziato dall'interrogante si riferisce all'assenza fisica di una nostra Ambasciata a Niamey, a cui corrisponde invece la presenza operativa di un'Ambasciata del Niger a Roma.
Tale situazione di fatto non condiziona il livello delle relazioni diplomatiche bilaterali, poiché un nostro Ambasciatore, che risiede ad Abidjan, è regolarmente accreditato anche in Niger. E in questo stesso Paese la nostra presenza è assicurata anche, come lo stesso interrogante mette in rilievo, da un Vice Console onorario e dalle numerose e qualificate iniziative italiane di cooperazione allo sviluppo.
Il sistema degli accreditamenti secondari, insieme all'istituzione di consolati onorari, d'altronde, ci consente di assicurarci una presenza in svariati altri Paesi africani dove, per mancanza di risorse, non è attualmente possibile mantenere una rappresentanza diplomatica.
Il caso del Niger, infatti, non è isolato. Anche altri Stati dell'Africa occidentale hanno una loro Ambasciata a Roma, mentre l'Italia è rappresentata nelle loro capitali da un Ambasciatore regolarmente accreditato, ma non residente. È il caso di Burkina Faso, Capo Verde, Guinea, Liberia, Mali, Mauritania.
In conclusione, una valutazione degli interessi italiani in Niger, nella prospettiva dello sviluppo economico e sociale di quel Paese, fa ritenere altamente degna di attenzione la richiesta dell'interrogante.
Essa andrà tuttavia valutata nel quadro delle risorse finanziarie disponibili e del piano di razionalizzazione della rete diplomatico-consolare.
Il Viceministro degli affari esteri: Patrizia Sentinelli.
MONTANI e COTA. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
la superstrada Gravellona Toce-Sempione versa in condizioni disastrose a causa del dissesto del manto stradale e ciò mette in estremo pericolo la vita dei cittadini che giornalmente attraversano la strada per raggiungere i propri posti di lavoro o di studio;
i disagi aumentano nei giorni di maltempo in quanto il manto stradale cede con le prime avversità atmosferiche sviluppando pericolosi avvallamenti;
la qualità dell'asfalto utilizzato per la copertura della strada sembrerebbe non adeguata al contesto alpino in cui si sviluppa l'arteria, poiché incentiva in maniera estremamente pericolosa il fenomeno dell'aquaplaning;
infatti le condizioni climatiche del luogo sono tali da richiedere una copertura di asfalto drenante;
gli incidenti si moltiplicano nel periodo invernale quando l'arteria si trasforma in una vera e propria lastra di ghiaccio;
attualmente lo stato di pericolo è ulteriormente accentuato dalla presenza di un cantiere non adeguatamente segnalato all'altezza di Piedimulera, nella tratta della superstrada Gravellona-Sempione;
la superstrada Gravellona Toce-Sempione è l'unica via di comunicazione tra le vallate ossolane e i principali centri provinciali e regionali e pertanto la funzionalità di tale arteria è indispensabile per rompere l'isolamento in cui versano i
comuni montani come Domodossola e gli altri della provincia del Verbano Cusio Ossola;
gli amministratori locali raggiunti costantemente dalle segnalazioni dei cittadini hanno più volte presentato istanze all'ANAS e allo stesso Ministro per la realizzazione di lavori di straordinaria manutenzione dell'arteria stradale, senza tuttavia ricevere alcuna risposta concreta -:
se il Ministro non intenda intervenire presso l'ANAS per garantire l'impegno dell'ANAS nel realizzare nei tempi più brevi possibili il rifacimento del manto stradale della superstrada Gravellona Toce-Sempione, rimuovendo le condizioni di estremo pericolo per i cittadini.
(4-06118)
Risposta. - Sulla strada statale 33 «del Sempione» vengono regolarmente svolti interventi di manutenzione ordinaria compresi i servizi di sgombro neve e il trattamento antighiaccio.
In data 1o novembre 2007, come avviene annualmente, è stato affidato ad una impresa locale il servizio di manutenzione invernale.
ANAS rappresenta che sulla suddetta statale la frequenza di eventi di formazioni di ghiaccio o di incidenti non supera il medio accadimento dei fatti di questo genere che si verificano su tutte le strade.
L'impresa affidataria per contratto impegna dieci mezzi attrezzati con spargisale e lame sgombraneve mentre il personale ANAS di sorveglianza esegue quotidiane verifiche sull'esecuzione della manutenzione invernale.
Dal giorno 8 dicembre 2007 ad oggi, il trattamento di spargimento sale antigelo risulta eseguito con cadenza giornaliera. In data 10 gennaio 2008, in seguito alle segnalazioni del comune di Domodossola, il personale di sorveglianza ANAS ha eseguito una verifica notturna che ha evidenziato il normale svolgimento del servizio né risultano pervenute segnalazioni da parte di Forze dell'Ordine riguardanti particolari disservizi su tale questione.
Per quanto riguarda la manutenzione del piano viabile, lo stato attuale della strada risente dell'insufficienza di finanziamenti destinati alla manutenzione straordinaria negli esercizi 2005 e 2006. Infatti, a causa delle precipitazioni nevose e delle basse temperature su un manto stradale oltre la scadenza di vita utile, si sono continuate a verificare improvvise aperture di buche che l'impresa incaricata della ordinaria manutenzione ha sempre tempestivamente provveduto a chiudere. Detti interventi sono di carattere temporaneo in quanto necessariamente eseguiti con conglomerato a freddo e che i frequenti episodi di maltempo hanno riproposto e aggravato il problema.
Con l'avvio del Piano quinquennale di manutenzione straordinaria 2007-2011 è stato dato corso ad un primo appalto per la sistemazione dei piani viabili con l'aggiudicazione definitiva in data 21 settembre 2007 e consegna dei lavori in data 2 ottobre 2007.
Prima della sospensione dei lavori, avvenuta in data 29 novembre 2007 a causa delle avverse condizioni meteorologiche, sono stati eseguiti diversi interventi urgenti sulle strade statali nn. 32 e 33. Su questa seconda arteria, in particolare, è stato portato a termine il rifacimento di un tratto della corsia di marcia, dal chilometro 110+000 al chilometro 112+000, che si presentava particolarmente degradato. Non appena le condizioni atmosferiche lo renderanno possibile i lavori saranno ripresi. Si destineranno gran parte delle risorse stanziate nell'appalto citato alle sovrastrutture della strada statale n. 33 «del Sempione» che sarà interessata da un intervento di prima fase volta al ripristino delle normali condizioni di transitabilità necessariamente esteso alle zone maggiormente degradate. L'ANAS assicura che l'auspicata stesa di pavimentazione drenante avverrà in coerenza con l'ordinaria programmazione degli interventi di manutenzione secondo la corrispondente programmazione finanziaria. Sarà cura di questo ministero vigilare costantemente sul rispetto delle condizioni essenziali di sicurezza delle infrastrutture.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il «programma di tirocini MAE-CRUI» offre periodicamente ai laureandi e neo-laureati italiani la possibilità di effettuare un periodo di formazione nel campo della diplomazia e delle relazioni internazionali presso il Ministero degli Affari Esteri, le sue rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari, le Rappresentanze Permanenti presso le organizzazioni internazionali o gli Istituti di Cultura, allo scopo di avvicinare il mondo accademico e quello del lavoro;
il «Programma di tirocini MAE-CRUI» costituisce una collaborazione fra il Ministero degli affari esteri italiano (attraverso il proprio Istituto diplomatico) e le Università italiane, col supporto della Fondazione CRUI (Conferenza dei Rettori Universitari italiani) in qualità di gestore organizzativo. La partecipazione agli stages non prevede alcuna forma di rimborso spese -:
se i Ministri interrogati non ritengano discriminatorio per le fasce di reddito più deboli non prevedere alcun tipo di rimborso o borsa di studio a favore dei partecipanti a tali corsi in un Paese come l'Italia in cui tanto si discute di precariato, di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e di investimento sul futuro;
quali misure ritengono di dover adottare per superare tale situazione.
(4-05781)
Risposta. - In relazione al problema sollevato dall'interrogante nell'interrogazione in esame le segnalo che il ministero degli affari esteri ha sottoscritto con la fondazione Conferenza Rettori Università Italiana per le Università italiane una convenzione nel 2001, rinnovata con modifiche nel 2005, per la realizzazione di un programma con l'obiettivo di «avviare dottori, laureandi e dottori magistrali particolarmente meritevoli, su base volontaria, ai tirocini formativi e di orientamento che il ministero offrirà presso le sue sedi in Italia e all'estero».
La convenzione trova fondamento normativo nell'articolo 18 della legge n. 196 del 24 giugno 1997, «Norme in materia di promozione dell'occupazione» e nel regolamento di attuazione, decreto 25 marzo 1998, n. 142 del ministero del lavoro e della previdenza sociale. Né la legge né il decreto di attuazione pongono a carico dei datori di lavoro o delle amministrazioni pubbliche che ospitano tirocinanti altro obbligo che quello di seguirne il percorso formativo. Pertanto la citata convenzione tra il ministero degli affari esteri e la fondazione Conferenza Rettori Università Italiana stabilisce all'articolo 12 dell'allegato 1 che «Il progetto non comporterà alcun onere per il ministero».
Quanto alle borse di studio alle quali Lei fa riferimento, le faccio presente che la loro concessione rientra nelle competenze delle singole università, secondo la normativa sul diritto allo studio, ovvero delle Regioni nell'ambito dei programmi quadro di orientamento e di formazione, come disposto dall'articolo 9 punto 2 del regolamento.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
PALOMBA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
all'interrogante è stata fatta pervenire copiosa documentazione dalla quale potrebbero trasparire elementi atti a far ritenere che vi siano state numerose irregolarità nell'esercizio dell'ordinaria attività amministrativa del comune di Apice (Benevento), elementi che di seguito si offrono alla valutazione;
dopo l'elezione del nuovo sindaco, già vice-sindaco nelle amministrazioni precedenti, le irregolarità non avrebbero avuto fine. Infatti, il nuovo primo cittadino avrebbe omesso di notificare l'avvenuta elezione a tutti i consiglieri comunali. Tale
omissione sarebbe stata evidenziata nella seduta del consiglio comunale del 3 luglio 2004, nel corso della quale sarebbe stata formalmente eccepita l'irregolarità della convocazione dell'organo collegiale;
nella medesima seduta sarebbe emerso che l'atto di nomina risultava illegittimo, in quanto privo dell'accettazione da parte degli assessori e della loro dichiarazione di non versare in condizioni di incompatibilità e, per di più, carente di indicazioni in ordine alle deleghe conferite agli assessori. Questa carenza avrebbe così comportato l'impossibilità di svolgere i compiti assegnati nell'ambito di un sistema democratico;
nelle sedute comunali successive si sarebbero manifestate nuove e gravi irregolarità. La giunta municipale non avrebbe provveduto a depositare presso la segreteria del comune il consuntivo del 2003 ed i relativi allegati, tra i quali la relazione dei revisori entro il termine di 20 giorni prima della seduta del consiglio, tenutasi il 26 ottobre 2004. Successivamente, la stessa giunta non avrebbe dato comunicazione dell'avvenuto deposito della suddetta documentazione, in violazione della disposizione dell'articolo 227, 2 comma, del decreto legislativo 267/00;
solo in data 23 ottobre due consiglieri che ne avevano fatto richiesta potevano ricevere copia del consuntivo;
il collegio dei revisori ha ricevuto la proposta di delibera consiliare, lo schema di rendiconto e gli altri allegati in data 25 settembre ed il 12 ottobre ha espresso il suo parere favorevole all'approvazione. Ne consegue che il deposito del rendiconto e degli allegati non avrebbe potuto essere stato effettuato entro il 6 ottobre e quindi entro 20 giorni. Si sarebbe così determinata una situazione di illegalità per avere la giunta municipale affermato, in data 24 settembre 2004, che il collegio dei revisori aveva espresso parere favorevole al rendiconto prima dell'adozione di detta delibera;
le 33 delibere poste in essere nel secondo semestre del 2004 sarebbero state pubblicate all'albo solo ad un anno di distanza dalla loro adozione;
non di tutte le delibere di giunta risulterebbe essere stato redatto il verbale;
sarebbe stato negato agli organi comunali, con lettera del 22 febbraio 2006, il terzo accesso settimanale agli atti, richiesto per questioni di compatibilità con l'attività lavorativa svolta da alcuni consiglieri;
verrebbe impedita la possibilità di prendere visione dei prospetti paga dei mesi di novembre e dicembre 2004 e di novembre e dicembre 2005 riguardanti la signora che riveste il ruolo di segretario comunale, la quale ricopre la carica di responsabile del servizio economico-finanziario, cosicché si renderebbe impossibile fugare il dubbio che la stessa abbia percepito, nei mesi di dicembre 2004 e dicembre 2005, premi non giustificabili;
sembra inoltre che il comune di Apice versi in stato di dissesto finanziario, come si evincerebbe dalla relazione letta nel corso della seduta di consiglio del 5 giugno 2006, convocata per l'approvazione del preventivo 2006 -:
se le strutture del Ministero preposte al controllo della regolarità dell'attività degli enti locali siano già a conoscenza di quanto esposto ovvero se si intenda attivare procedure di verifica e di controllo sugli organi del comune di Apice in merito a quanto sopra per verificare se sussistano i presupposti per gli interventi di controllo sugli organi di competenza della prefettura o del Ministero interrogato.
(4-02104)
Risposta. - La prefettura di Benevento ha seguito e segue le vicende del comune di Apice, al fine di assumere ogni utile iniziativa per consentire, nel quadro delle proprie competenze, il corretto svolgimento della vita democratica ed istituzionale dell'ente anche se, come è noto, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione non è più ammesso un controllo di legittimità da parte dello Stato sugli atti degli enti locali.
Sulla vicenda segnalata dall'interrogante la prefettura in questione ha rappresentato quanto segue.
Con provvedimento n. 5040 in data 23 giugno 2004, notificato ai consiglieri, è stata disposta la convocazione della prima seduta del consiglio comunale. Il provvedimento di convocazione è stato ritenuto dall'Ente sostitutivo della comunicazione ai consiglieri circa l'avvenuta elezione, anche in considerazione del fatto che - per effetto dell'articolo 38, comma 4, del decreto legislativo 267/2000 - i consiglieri comunali entrano in carica all'atto della proclamazione. Inoltre, la partecipazione alla seduta è stata valutata manifestazione tacita di conoscenza della elezione alla carica di consigliere.
Alla prima riunione del Consiglio comunale, svoltosi in data 3 luglio 2004, hanno infatti partecipato tutti i consiglieri tranne uno, assente giustificato, che comunque ha partecipato alle riunioni successive.
Nel corso della riunione è stata data anche comunicazione del provvedimento n. 5316 in data 1o luglio 2004, pubblicato all'Albo pretorio, con il quale è stata disposta la nomina dei componenti della Giunta comunale, tra cui il Vice sindaco, con l'indicazione della delega assegnata ad ognuno per la trattazione di un settore di attività amministrativa.
Nei confronti dei componenti della giunta comunale è stato effettuato il previsto accertamento inerente la mancanza di situazioni di ineleggibilità e di incompatibilità ai sensi della normativa vigente in materia.
Non sembra essere irregolare, invece, la procedura per l'approvazione del rendiconto di gestione per l'esercizio 2003.
A tal proposito, l'articolo 227 del decreto legislativo n. 267 del 2000 prevede che la proposta di rendiconto venga messa a disposizione dei componenti dell'organo consiliare prima dell'inizio della sessione consiliare in cui viene esaminato il rendiconto stesso. Il sindaco, interessato dalla prefettura, ha comunicato che la proposta sul rendiconto del 2003 è stata approvata con delibera di giunta il 24 settembre 2004 e pubblicata all'albo il successivo giorno 27, restando pertanto a disposizione dei consiglieri per un periodo superiore al termine minimo di 20 giorni. Lo stesso sindaco, ha soggiunto inoltre che il favorevole parere dei revisori dei conti relativo alla approvazione della proposta di rendiconto di gestione dell'anno 2003 è stato desunto in via diretta dai rapporti nel corso dell'ordinaria attività dei revisori stessi e che la relazione formale di questi ultimi è stata messa a disposizione dei consiglieri subito dopo l'approvazione della delibera di giunta.
Le motivazioni del sindaco non possono essere condivise sia perché la pubblicazione all'albo della delibera della giunta non può essere ritenuta sufficiente ai fini dell'applicazione delle richiamate disposizioni del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, sia perché avrebbe dovuto essere preventivamente acquisita la relazione formale del Collegio dei revisori.
Anche la mancata redazione dei verbali delle sedute della giunta non risulta conforme alla vigente normativa, atteso che tali atti dovrebbero essere elaborati per attestare tutta l'attività dell'organo. Il sindaco, a tal proposito, ha riferito che l'Ente provvede alla stesura formale dei verbali solo per le attività che implicano manifestazioni di volontà di natura dispositiva, con esclusione di quelle concernenti esami per studi ed argomenti vari.
Per quanto riguarda le asserite difficoltà di accesso agli atti e alla documentazione amministrativa del comune, non può che richiamarsi la vigente normativa che disciplina la materia.
In particolare, si ricorda che mentre il comune può regolamentare l'accesso agli atti secondo le proprie esigenze organizzative, i consiglieri comunali hanno diritto, ai sensi dell'articolo 43 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di ottenere dagli uffici del comune, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato.
Per quanto riguarda la situazione economico finanziaria del comune, secondo quanto emerge dalle informazioni fornite
dalla prefettura di Benevento, non risulta attivata da parte dell'ente, la procedura di cui all'articolo 246 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali per la deliberazione formale di dissesto finanziario.
Le irregolarità riscontrate nella gestione amministrativa del comune di Apice non possono essere, come già accennato, oggetto di intervento da parte di questa amministrazione non sussistendo, come è noto, alcun potere di controllo sugli atti degli enti locali. Non è altresì applicabile al caso concreto la fattispecie di cui all'articolo 141 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali che prevede lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge nonché per gravi motivi di ordine pubblico.
Non sembra infatti che gli atti posti in essere dal comune di Apice possano essere considerati contrari alla Costituzione o connessi a gravi motivi di ordine pubblico. Non sembra che debba altresì ravvisarsi l'ipotesi della gravità e della persistenza delle violazioni di legge.
Va ricordato che la giurisprudenza consolidata considera grave la violazione che dia luogo ad un comportamento deviante e scorretto, pregiudizievole per la funzionalità dell'ente amministrato, che si rifletta direttamente sulle posizioni giuridiche dei cittadini e/o attenti alla funzionalità complessiva del sistema dei pubblici poteri per interferire nella sfera di altri soggetti pubblici. (cfr. Tar Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 25 ottobre 2004, n. 3687; Consiglio di Stato, Sez. V, 10 febbraio 2000, n. 736 e Sez. VI n. 1264/2007).
Viene, altresì, considerato persistente il reiterato e pervicace comportamento contrastante con un preciso obbligo di legge, che manifesta inequivocabilmente la volontà di disattendere, nonostante le rituali diffide, una prescrizione normativa di valore cogente posta a garanzia delle regole fondamentali che presiedono al corretto svolgimento delle funzioni dell'ente. La persistenza è caratterizzata, quindi, da episodi legati da un intento apertamente conflittuale con le altre istituzioni interessate; conflitto che, anche in ragione della sua durata, non può non incidere negativamente sulla funzionalità stessa dell'amministrazione.
Ciò premesso, pur considerando l'impossibilità di avviare autonoma attività di controllo, la prefettura di Benevento ha ribadito alla procura Regionale della Corte dei conti, destinataria di un esposto dei consiglieri del comune di Apice sull'argomento oggetto dell'atto di sindacato ispettivo, la piena disponibilità dell'amministrazione a porre in essere ogni forma di collaborazione ritenuta opportuna.
Si assicura infine che la stessa prefettura svolgerà ogni opportuno interessamento al fine di garantire il regolare svolgimento del mandato amministrativo di tutti i consiglieri.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
PAROLI, CAPARINI, SAGLIA, DELBONO, TOLOTTI, FERRARI, ZIPPONI, RICCARDO CONTI, ROMELE, GELMINI e MORONI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 147 del 7 settembre 2007 avente ad oggetto: «Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2007-2008» all'articolo 1 comma 1 prevede la reintroduzione, nella scuola primaria, dell'organizzazione di classi funzionanti a tempo pieno, secondo il modello didattico già previsto dalle norme previgenti al decreto legislativo 19 febbraio 2004 n. 59, con un orario settimanale di quaranta ore, comprensivo del tempo dedicato alla mensa;
nonostante le continue richieste avanzate dagli utenti, dalle istituzioni scolastiche e le sollecitazioni dell'Ufficio scolastico provinciale, e delle organizzazioni sindacali, in provincia di Brescia non ci sono sufficienti risorse per ampliare il tempo pieno: infatti, la percentuale di classi a tempo pieno si attesta solo al 16,37
per cento delle classi complessive (su un totale di 2943 classi per l'anno scolastico in corso, alla data del 3 ottobre 2007 le classi a tempo pieno sono solo 482) contro quella della provincia di Milano che, invece, supera il 90 per cento;
questa situazione penalizza in maniera grave le scuole della provincia di Brescia ed è resa ancora più difficile a causa di un'articolazione territoriale particolarmente complessa (molti piccoli plessi di montagna, elevatissima percentuale di alunni stranieri) -:
quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda intraprendere per reperire le adeguate risorse che consentano di attuare il tempo pieno nelle scuole primarie della provincia di Brescia.
(4-05587)
Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante chiede iniziative per reperire adeguate risorse che consentano di attuare il tempo pieno nelle scuole primarie della provincia di Brescia.
Com'è noto all'interrogante il decreto-legge n. 147 del 7 settembre 2007, convertito, con modificazioni, nella legge 25 ottobre 2007, n. 176, ha ripristinato nella scuola primaria il tempo pieno come modello didattico a 40 ore settimanali. Questo modello di tempo scuola è offerto in base alle richieste delle famiglie nel quadro degli organici complessivi definiti annualmente e in relazione alla disponibilità dei servizi predisposti dagli enti locali. A tal fine è stato previsto un piano triennale di intervento da definire in modo congiunto tra Stato, Regioni, province e comuni e da approvare in Conferenza unificata.
Ciò premesso, per quanto riguarda in particolare la provincia di Brescia si conferma che le classi funzionanti a tempo pieno, si attestano sul 16,36 per cento delle classi complessive. Tale situazione non risulta determinata da insufficienza di personale docente; risulta, infatti, che anche nel corrente anno scolastico tutte le richieste dell'offerta formativa a 40 ore sono state accolte tant'è che nella provincia di Brescia l'organico è aumentato di 28 posti. Per le 99 scuole primarie della provincia il tempo scuola è assicurato oltre che dalle ore obbligatorie da ben 12.356 ore disponibili.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
PELLEGRINO e BALDUCCI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che;
in data 14 dicembre 2007, il quotidiano La Repubblica, pubblica un articolo in cui si evidenzia il dramma subito da una giovane architetta bolognese in vacanza alle Maldive;
la donna era su una barca da immersioni insieme ad altre dieci persone, quando verso le quattro di notte, un uomo dell'equipaggio maldiviano entra nella sua stanza e premendo un cuscino sul suo volto, violenta la giovane donna senza che riesca a gridare;
pertanto, in seguito a tale violenza, la donna riesce a scappare e a chiedere aiuto, ma l'atteggiamento dei membri dell'equipaggio ed in particolare del capitano è molto ambiguo, in quanto sostengono che si tratta solo di un brutto sogno;
nonostante ciò, la giovane donna, contatta il console italiano e denuncia l'accaduto alla polizia locale, la quale raccoglie la versione ma si mostra indifferente ed impossibilitata ad intervenire in quanto nel territorio maldiviano non esiste una legge per le violenze alle donne e quindi lo stupro non rappresenta un reato -:
se, il Governo, intenda assumere provvedimenti per verificare la sussistenza di quanto anzi premesso e se confermato, ritenga opportuno disporre quanto necessario al fine di tutelare gli italiani in vacanza alle Maldive e quale provvedimento intenda mettere in atto in seguito a questo specifico episodio.
(4-05987)
Risposta. - La donna ha riferito al Console onorario a Malé, nel corso di una
conversazione telefonica effettuata la mattina dell'8 dicembre 2007, che nella notte precedente, è stata oggetto di molestie sessuali da parte di un membro dell'equipaggio dell'imbarcazione sulla quale si trovava in vacanza alle isole Maldive. Il molestatore sarebbe entrato nella cabina mentre la signora Lo Giudice dormiva, le avrebbe palpato una gamba per poi fuggire quando la connazionale, svegliatasi, ha cominciato ad urlare. Nel corso della ricostruzione dell'accaduto fornita al Console Onorario l'interessata non ha mai affermato di aver subito una violenza carnale.
Durante la medesima conversazione la signora Lo Giudice è stata invitata a sporgere formale denuncia; lo stesso Console ha provveduto a prendere contatto con le Autorità di Polizia maldiviane al fine di segnalare il fatto e preannunciare l'arrivo della connazionale, assicurandosi che la signora Lo Giudice fosse adeguatamente assistita.
Le dichiarazioni rese dall'interessata alla Polizia sono risultate corrispondere alla ricostruzione fatta dalla stessa al Console Onorario ed anche in quella sede la connazionale ha affermato di non essere stata oggetto di abusi sessuali.
Si fa presente che il reato di violenza carnale, secondo la legislazione maldiviana, è punibile con una pena che va dai tre ai venticinque anni di reclusione.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
PICCHI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il signor Antonio Pagliaricci nel 1995 aveva esportato alcuni beni in Etiopia a seguito di un investimento italiano, protetto ai sensi della Legge 597 del 6 novembre 1996;
tali beni che risultano a tutt'oggi bloccati presso la Dogana Etiopica e di cui il Signor Pagliaricci ha la responsabilità giuridica ma non la disponibilità, non hanno più alcun valore commerciale, tuttavia la responsabilità giuridica dei beni impone la necessità di riesportarli per sottrarre il signor Pagliaricci a possibili «pressioni» esercitabili da qualsiasi Funzionario delle Istituzioni Etiopiche;
l'Ambasciata di Addis Abeba, contattata dal signor Pagliericci, ha dato incarico al Suo Legale di verificare il caso. Il Legale dell'Ambasciata concludeva sia nella sua relazione del 28 agosto 2003 che in quella dell'11 gennaio 2004 che la «richiestadi rimborso, era giustificata (1.5 Milioni di US$ + Interessi maturati in 12 anni)» e consigliava alcune possibili vie per ottenere il rimborso tra cui l'accesso alle risorse liberate dalla cancellazione del debito Italiano (documenti agli Atti dell'Ambasciata);
successivamente durante un incontro formale con il Board of Investment Etiopico, presieduto dal Ministro dell'Industria etiopico Girma Birru, l'Ambasciatore Guido La Tella produsse dei documenti in cui chiaramente si evinceva che un Funzionario della Dogana aveva bloccato una direttiva sia dell'Investment Authority nonché della Direzione delle Dogane;
la risposta formale dell'Investment Authority all'Ambasciatore La Tella, dichiara che la decisione con cui si rinnegava la loro azione secondo la Legge Etiopica fu presa in data 4 maggio 1999 in base ad una comunicazione della Direzione della Dogana datata 30 settembre 1999;
il giorno 5 gennaio 2005 l'allora Sottosegretario agli esteri Sen. Mantica unitamente all'Ambasciatore De Lutio, informavano il Signor Pagliaricci che era stato consegnato un fascicolo preparato dall'Agenzia delle Entrate Italiane al Ministro degli Esteri Etiopico Seyum Mesfin;
qualche tempo dopo il Funzionario dell'Ambasciata Italiana incaricato di seguire la cosa informava l'interrogante, che dette affermazioni non erano fondate in quanto non vi era agli Atti nessun fascicolo proveniente dalla Agenzia delle Entrate e che se fosse vero ve ne sarebbe stata una copia;
il giorno 28 agosto 2006 il signor Pagliaricci ha indirizzato una lettera all'Ambasciatore De Lutio, in cui trasmetteva degli atti della Dogana Etiopica in cui si evidenziava che 12 anni prima gli erano stati riconosciuti i diritti derivanti dalle Leggi vigenti, che tuttavia non esisteva alcuna pratica istruita per il rimborso e che infine non esistevano più documenti che riguardavano le proprietà sotto Dogana;
a seguito di ciò l'Ambasciatore De Lutio scrisse una lettera al Capo delle Dogane Etiopiche trasmettendo gli atti nonché la richiesta di rimborso; tuttavia ad oggi non risulta che vi sia stata alcuna risposta né che questa sia stata sollecitata -:
quali iniziative tempestive intende intraprendere presso il Governo Etiopico e presso le altre istituzioni italiane per risolvere la situazione del signor Pagliaricci;
quali tempi siano prevedibili per il superamento delle difficoltà in premessa.
(4-04237)
Risposta. - Il signor Antonio Pagliaricci nel 1995 costituì una società mista con un cittadino etiopico, la «P and P - Private Limited Company», di fatto mai entrata in attività.
In quella occasione il Pagliaricci importò in Etiopia alcuni macchinari ed attrezzature per conto della suddetta società ed alcuni beni personali. Le dogane etiopiche li hanno suddivisi in due categorie: beni «di investimento» e «personali», (secondo la destinazione dichiarata dallo stesso Pagliaricci) ed hanno chiesto al connazionale il pagamento di un dazio per entrambe.
Il Pagliaricci pagò il dazio relativo ai soli beni «personali» (presentando tuttavia contestuale ricorso per questo pagamento) e rifiutò di pagare quello per i beni considerati di «investimento», sostenendo che si trattava di un'errata applicazione della legge locale, che a suo giudizio prevedeva l'esenzione totale. Egli aprì quindi una vertenza con la dogana e con l'Autorità etiopica per gli investimenti. Da quel momento i beni di investimento sono bloccati in dogana ed il contenzioso aperto con le Autorità etiopiche non si è ancora concluso.
Sin dal 1999, grazie al tempestivo intervento della nostra ambasciata, le Autorità etiopiche hanno riconosciuto il diritto del Pagliaricci ad ottenere la restituzione del dazio pagato per i «beni personali». A tal fine, la dogana etiopica ha chiesto al connazionale di inoltrare la pertinente documentazione.
Il Pagliaricci, tuttavia, ha sempre dichiarato di non essere più in possesso di tale documentazione e non ha mai prodotto l'istanza per il rimborso.
Con lettera inviata alla dogana etiope nell'agosto 2006, l'ambasciata è tornata a chiedere che al Pagliaricci fosse restituito il valore del dazio indebitamente pagato per i «beni personali». Nessuna menzione è invece fatta nella lettera dell'ambasciata, come invece affermato nel testo dell'interrogazione, all'esistenza o meno di una pratica per il rimborso. Né poteva esservi, essendo noto alla nostra Ambasciata che il Pagliaricci non aveva prodotto l'istanza per il rimborso.
Nella lettera dell'ambasciata inoltre si afferma che i documenti che riguardano le proprietà del connazionale non esistono più, ma ci si limita ad indicare che negli archivi etiopi erano stati trovati solo pochi documenti relativi al Pagliaricci.
Per quanto riguarda invece i beni considerati «di investimento», un gruppo di lavoro congiunto, promosso dalla stessa ambasciata sin dal 2002, ha esaminato il caso ed ha confermato la validità delle decisioni prese dalle Autorità etiopi sui ricorsi del Pagliaricci: in base alla legge etiope il Pagliaricci era, ed è, tenuto al pagamento del dazio.
In successivi tentativi esperiti dall'ambasciata per cercare di far riconsiderare la questione, le Autorità etiopiche hanno sempre riaffermato di considerare definitiva e conforme alla loro normativa interna la decisione. La dogana etiope, oltre al pagamento del dazio secondo la legge, chiede inoltre oggi al Pagliaricci il pagamento dei costi sostenuti per il deposito delle merci presso i propri magazzini.
Per quanto riguarda la possibilità, citata nell'interrogazione in oggetto, che il rimborso possa essere ottenuto dal connazionale attraverso le risorse liberate dalla cancellazione del debito etiopico, essa è manifestamente priva di fondamento poiché fa riferimento ad accordi internazionali di cancellazione del debito sovrano che lo Stato etiopico aveva contratto con l'Italia. Tali somme non possono pertanto essere in alcun modo collegate ad una questione privata quale la controversia del signor Pagliaricci con la dogana etiopica.
Da quanto sopra, emerge che nel corso di questi anni l'ambasciata in Addis Abeba ha sempre tempestivamente fornito al signor Pagliaricci tutta l'assistenza da lui richiesta. Da ultimo, il connazionale è stato ricevuto in ambasciata il 18 giugno 2007 per un lungo colloquio volto a riprendere le fila della questione.
Oggi il connazionale si dichiara non più interessato ad importare i macchinari tuttora bloccati in dogana e chiede di poterli riesportare. A tal fine necessita di rientrare in possesso dei documenti di proprietà delle merci.
L'ambasciata ha pertanto suggerito al Pagliaricci di avviare la procedura per la riesportazione dei «beni di investimento» inviando una lettera contenente tale richiesta alla dogana etiope. L'ambasciata ha inoltre nuovamente assicurato al Pagliaricci l'eventuale assistenza nel caso incontrasse difficoltà con le autorità etiopiche in merito alla richiesta di riesportazione.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
PICCHI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'Accademia della Crusca, uno tra i più antichi ed autorevoli istituti culturali nazionali, la cui fama ed autorevolezza è nota ed apprezzata in tutto il mondo, è la custode del prezioso patrimonio della nostra lingua italiana e tratto identitario della storia della città di Firenze;
nel corso di un recente incontro della Commissione Cultura del Comune di Firenze presso l'Accademia, è emerso che l'Accademia verte in una condizione difficile e precaria ed esiste uno stridente contrasto tra attaccamento degli Accademici nei confronti della secolare eredità culturale dell'istituto e la disattenzione alla sua sopravvivenza dimostrata dallo scarso riconoscimento di fondi economici;
le cifre riconosciute dagli enti della pubblica amministrazione e ministeriali per le attività e la sopravvivenza dell'Accademia sono largamente insufficienti e infatti a fronte di un bilancio di poco inferiore a 1 milione di euro, i contributi percepiti riescono a coprire voci di spesa solo per un totale di circa 550 mila euro;
la maggior parte delle risorse accordate alla Crusca sono comunque finalizzate a progetti specifici, che l'Accademia rendiconta ai suoi stessi finanziatori con puntualità, escludendo quindi la normale gestione «ordinaria» e la situazione è aggravata dall'incertezza dei tempi e delle modalità di deliberazione ed erogazione degli stessi contributi;
l'Accademia ha un solo dipendente e per quanto concerne le sue attività di studio, ricerca e conservazione ricorre a cinque unità con contratto trimestrale e la sua nuova connotazione come ente pubblico la obbliga a nominare un direttore amministrativo, che si aggiunge alla voci di spesa ordinarie;
l'Accademia ha sede a Firenze nella storica cornice della Villa di Castello, afferente al Demanio dello Stato verso il quale ha già maturato un debito di oltre 3 milioni di euro di affitto non pagato;
nonostante ciò la capacità del presidente e del vice-presidente della Crusca ha reso possibile chiudere il bilancio in sostanziale pareggio, riducendo al minimo le spese di sostentamento dell'Istituto;
sarebbe incredibilmente dannoso per il prestigio dell'Italia all'estero e per l'identità culturale del nostro paese se tale condizione di precarietà dell'Accademia
dovesse perdurare, magari costringendola a ridurre ulteriormente le proprie attività o a chiudere veri e propri settori di lavoro -:
quali iniziative urgenti saranno intraprese per salvaguardare l'enorme patrimonio culturale e linguistico rappresentato dall'Accademia;
se non ritenga opportuno stanziare nella prossima manovra finanziaria risorse opportune per lo sviluppo strategico e coordinato delle attività dell'Accademia.
(4-04486)
Risposta. - L'Accademia della Crusca, sorta nel 1582 e formalmente istituita con Decreto Napoleonico 19/01/1811, ha per fini e compiti istituzionali lo studio e la cura della lingua italiana, lo studio della filologia, della lessicografia e della grammatica italiana.
L'Istituto è inserito nella tabella di cui all'articolo 1 della legge 17 ottobre 1996, n. 534 recante «Norme per l'erogazione di contributi statali alle istituzioni culturali» sin dal triennio 1980-1982.
I contributi degli ultimi trienni hanno subito variazioni dovute alle decurtazioni previste dalle leggi finanziarie.
Per il triennio 2006-2008, l'Accademia ha beneficiato dei seguenti contributi:
anno 2006: euro 220.000,00 con una riduzione del 6,40 per cento;
anno 2007: euro 190.619,00 con una riduzione del 13,35 per cento.
Ciò a fronte - come si è appreso da notizie di stampa - di un contributo di 32.000 euro da parte della Regione e di 17.000 euro da parte del Comune di Firenze.
Si rammenta che in data 14 settembre 2007 il ministro per i beni e le attività culturali ha, con proprio decreto, (decreto di ripartizione dei fondi capitolo 7825 articolo 1, comma 1141, legge finanziaria 2007) destinato la somma di 500.000,00 euro a favore dell'Accademia della Crusca per la creazione di un sistema per la conservazione del patrimonio linguistico nazionale italiano - progetto «In Lingua» - anche attraverso la valorizzazione dell'archivio e della biblioteca dell'Accademia.
Si fa, inoltre, presente che nella legge finanziaria per il 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) è stata incrementata di 3,4 milioni di euro la spesa autorizzata dagli articoli 7 e 8 della legge 17 ottobre 1996, n. 534 recante «Nuove norme per l'erogazione dei contributi statali alle istituzioni culturali» e, pertanto, ove l'Accademia ne faccia richiesta entro il primo trimestre dell'anno, è prevista la possibilità di accedere ad un contributo straordinario per singole iniziative di particolare interesse artistico e culturale o per l'esecuzione di programmi straordinari di ricerca.
Al momento, tuttavia, non risulta essere ancora stata fatta richiesta da parte dell'Accademia.
Quanto alla problematica relativa alla sede dell'istituto si rileva che, a seguito dell'autorizzazione della direzione generale del demanio, dal 1971 l'Accademia ha sede a Firenze presso la Villa Medicea di Castello.
Da quella data l'Accademia ha più volte reiterato la richiesta di regolarizzazione del rapporto di occupazione della Villa senza che peraltro si sia ancora giunti ad una formalizzazione dello stesso a causa del contenzioso sorto dall'applicazione della normativa in questione, più volte modificata.
In proposito, il 13 settembre 2005 è stato emanato il decreto del Presidente della Repubblica n. 296, recante «Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione di beni immobili appartenenti allo Stato», che ha integralmente abrogato la precedente normativa di cui alla legge 390/1986 e, all'articolo 13, comma 2, ha previsto che le disposizioni di cui all'articolo 12 (Misura del canone e modalità di determinazione) «si applicano alle utilizzazioni in corso alla data di entrata in vigore del presente regolamento, se alla stessa data non sono stati perfezionati i relativi provvedimenti di concessione ovvero i contratti di locazione: il perfezionamento di tali provvedimenti e contratti è subordinato alla previa regolarizzazione
degli utilizzi pregressi, con la corresponsione del 10 per cento del canone determinato in base ai valori di mercato dell'immobile».
L'articolo 2, comma 398, della legge finanziaria 2008 prevede ora che le accademie e le istituzioni culturali senza scopo di lucro siano legittimate a richiedere a titolo gratuito la concessione ovvero la locazione dei beni immobili di cui al regolamento sopra citato per lo svolgimento continuativo di attività culturali di interesse pubblico. I commi successivi dettano una disciplina specifica per i rapporti pendenti.
Nelle more della definitiva regolarizzazione del rapporto di utilizzazione della Villa tra l'Accademia e la filiale toscana dell'Agenzia del Demanio, sono in corso interventi straordinari volti all'adeguamento dell'immobile al decreto legislativo n. 626/1994 attuativo delle direttive CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.
Per far fronte a tali spese l'Accademia è riuscita ad assicurarsi un contributo della regione Toscana pari al 60 per cento delle stesse che, insieme a quello deliberato da un istituto di credito fiorentino, consentirà non solo la conservazione del bene ma anche il suo miglioramento.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Andrea Marcucci.
PICCHI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Angelo Falcone e Simone Nobili residenti a Bobbio (Piacenza), cittadini italiani, incensurati, si erano recati in India per trascorrere delle vacanze nei primi mesi del 2007, la sera del 9 marzo a Mandi nello stato del Himachal Pradesh, dopo aver conosciuto un indiano che li aveva invitati nella propria casa sono stati fermati dalla polizia indiana a seguito di una irruzione;
il giorno dopo trascinati alla stazione di polizia ai due cittadini italiani è stata estorta con violenza la sottoscrizione di una dichiarazione in Hindi, con la quale, ma ciò è stato compreso solo successivamente, risultava che i due italiani erano stati fermati ad un posto di blocco in auto con due indiani e 18 chili di hashish; la polizia indiana ha quindi proceduto all'arresto dei due italiani con l'accusa di detenzione e traffico di stupefacenti;
i due italiani si trovano ormai da nove mesi in carcere senza che la situazione si sia legalmente propagata in quanto sia il processo a loro carico viene continuamente rimandato; pare che una forma di epatite abbia colto i due giovani che vivono in precarie condizioni igieniche;
in Parlamento, sia presso la Camera dei deputati che presso il Senato, sono stati presentati molti atti con i quali si interrogava il Governo su quali provvedimenti sarebbero stati presi per tutelare i due connazionali;
inoltre il Parlamento ha formalmente approvato atti, non ultimo l'ordine del giorno Picchi 9/3081/1 del 20 dicembre 2007 accolto dal Governo, con i quali si impegnava il Governo ad attivarsi per tutelare i diritti dei nostri connazionali detenuti all'estero -:
se e cosa sia stato fino ad oggi fatto per tutelare i diritti dei connazionali detenuti in India;
quali ulteriori provvedimenti urgenti saranno presi per ottenerne il rimpatrio;
se non ritenga opportuno intervenire con maggiore zelo e pressioni presso le autorità indiane per sbloccare la situazione.
(4-06013)
Risposta. - Il signor Angelo Falcone e il signor Simone Nobili sono stati tratti in arresto dalle autorità di polizia indiane il 10 marzo 2007 a Mandi, nell'Himachal, con l'accusa di detenzione di 18 kilogrammi di hashish finalizzata allo spaccio. I connazionali sono stati condotti nel carcere di Mandi, ove tuttora permangono in regime di custodia cautelare.
Il caso del signor Falcone e del signor Nobili è stato seguito sin dall'inizio con la massima attenzione sia dal ministero degli affari esteri sia dall'ambasciata in New Delhi. Sin dal momento dell'arresto, la rappresentanza si è adoperata, in particolare, per fornire agli interessati ogni possibile assistenza, mantenendo un costante contatto con i familiari in Italia. La stessa rappresentanza è altresì intervenuta presso le competenti Autorità indiane al fine di ottenere una conclusione più rapida possibile delle indagini relative alle accuse contestate. Nel corso di un suo recente viaggio in India inoltre l'onorevole Ministro ha consegnato al suo omologo indiano un promemoria sulla vicenda, il quale successivamente è stato trasmesso alle Autorità dello Stato dell'Himachal, dove i connazionali si trovano in stato di detenzione.
Diverse visite consolari sono state effettuate per verificare le condizioni di salute e di detenzione dei due connazionali. Fin dall'incontro in carcere avvenuto lo scorso 4 ottobre, il signor Falcone e il signor Nobili sono apparsi in buono stato di salute psico-fisica; gli stessi hanno dichiarato di essere trattati con cortesia dalle Autorità carcerarie, di ritenere accettabili le condizioni igieniche della struttura nella quale sono reclusi e di poter senza difficoltà comunicare con i loro congiunti in Italia con cadenza settimanale. L'ambasciata ha comunque ottenuto dalle predette Autorità l'autorizzazione a che gli interessati siano sottoposti ad una visita sanitaria di controllo da parte di un medico esterno al penitenziario.
Quanto alla vicenda giudiziaria, terminata la fase istruttoria il procedimento penale a carico del signor Falcone e del signor Nobili è attualmente nelle sue fasi iniziali. Nel corso dell'udienza svoltasi lo scorso 27 ottobre sono stati formalizzati i capi di imputazione a carico dei connazionali: detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio e nel corso di dicembre si sono svolte le udienze per l'escussione dei testimoni. Il signor Falcone ed il signor Nobili sono assistiti da un legale di fiducia da loro stessi scelto e non risulta attualmente che nella conduzione del processo a loro carico vi sia stata alcuna violazione dei diritti di difesa. Eventuali irregolarità nella fase di arresto potranno essere sollevate dal succitato legale in sede processuale.
Il ministero degli affari esteri ha autorizzato l'ambasciata a New Delhi a concedere, previa iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) degli interessati, un congruo sussidio come contributo al pagamento delle spese connesse alla difesa dei due connazionali avendo accertata l'impossibilità delle proprie famiglie di farsene carico in toto.
L'ipotesi di un eventuale rientro in Italia del signor Nobile e del signor Falcone, potrà essere presa in considerazione soltanto una volta completato il procedimento penale.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
PINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nell'area dove dovrebbero sorgere la nuova moschea di Bologna e l'annesso minareto, nel quartiere di San Donato, risulta giacere un oleodotto di proprietà dell'Aeronautica Militare Italiana che fa parte della rete di alimentazione di numerose basi nazionali o concesse all'Alleanza Atlantica, infrastruttura che deve ritenersi sensibile ai fini della difesa e della sicurezza del nostro Paese;
tale infrastruttura congiungerebbe infatti il porto di La Spezia alle basi di Ghedi, Villafranca, Istrana, Rivolto ed Aviano;
l'autorità dell'Aeronautica Militare presenti a Parma, raggiunti dal comitato promotore del referendum cittadino sulla moschea, hanno negato di essere state poste a conoscenza del progetto che interesserebbe le aree dove transita l'oleodotto;
la permanente minaccia jihadista alla sicurezza nazionale di tutti i Paesi occidentali sconsiglia di erigere un centro di
cultura islamica in prossimità di un'infrastruttura critica per la difesa nazionale ed atlantica;
chiunque voglia procedere all'alterazione delle aree interessate è in ogni caso tenuto ad acquisire un'autorizzazione preventiva da parte del Ministero della difesa e della stessa Alleanza Atlantica che non è stata finora chiesta da alcuno ed in particolare non dal comune di Bologna -:
quali siano gli intendimenti del Governo sui fatti generalizzati nella premessa e se non intende attivarsi affinché sia evitato l'avvio dei lavori per la costruzione della moschea di Bologna.
(4-04804)
Risposta. - L'atto in esame richiama le notizie apparse su diversi organi di stampa che riguardano l'eventuale costruzione di una moschea islamica nel comune di Bologna, in località San Donato.
In particolare, l'interrogazione nell'evidenziare i motivi di preoccupazione in ordine alla sicurezza nazionale, dovuti alla presenza dell'oleodotto militare nei pressi dell'area indicata quale sede ove dovrebbe sorgere la citata moschea, è intesa a sapere se «l'Amministrazione comunale abbia chiesto l'autorizzazione al Ministero della Difesa».
In primo luogo, nel confermare che la citata area è attraversata dall'oleodotto militare denominato sistema petrolio olio e lubrificante P.O.L. Nord Italia (N.I.P.S.) gestito dall'Aeronautica militare, si sottolinea che la difesa non è stata interessata formalmente dalle competenti Autorità locali riguardo a tale eventuale realizzazione e, conseguentemente, non ha rilasciato alcuna autorizzazione.
Fatta questa doverosa precisazione, si fa osservare che, apprese tali notizie, gli organismi militari competenti hanno preso contatti diretti con il comune di Bologna, al fine di ricevere conferma di eventuali programmi in atto e della consapevolezza delle limitazioni derivanti dalla presenza dell'oleodotto.
Tali contatti hanno confermato sia l'esistenza del programma, definito a medio termine in quanto soggetto a variante del piano regolatore generale della città, sia la conoscenza, da parte dell'ufficio tecnico comunale, della presenza dell'oleodotto e dei vincoli derivanti.
È il caso di sottolineare che la realizzazione di opere o lavori di qualsivoglia natura, interferenti o in prossimità della condotta militare, necessitino dell'acquisizione dell'autorizzazione preventiva da parte del ministero della difesa.
È ragionevole affermare che tale procedura sarà rispettata dall'amministrazione comunale di Bologna, tenuto anche conto che lo stesso comune ha in corso con la difesa ulteriori pratiche di «interferenza» con l'oleodotto, in altre aree di sua proprietà, correttamente trattate dal punto di vista procedurale.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
SALERNO e BUONTEMPO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento a quanto previsto per l'avvio, da parte di ANAS, dei lavori del quinto macrolotto dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, tra Bagnara e Scilla, area che avrebbe dovuto costituire il terminale terrestre del ponte sullo stretto di Messina (dal km 412,429 al km 424,100) con gli inevitabili disagi (dimezzamento della carreggiata) per la popolazione locale e per le imprese coinvolte nel traffico sullo stretto;
il traffico medio in tale area è quantizzato dai 20 ai 40 mila veicoli al giorno, di cui 3 mila camion, con la conseguente importanza economica e sociale di detto traffico;
vi è stata una richiesta del Ministro Bianchi di bloccare i cantieri a titolo precauzionale in totale difformità di vedute del suo collega delle infrastrutture nonché dell'ANAS;
va considerata la non meglio precisata proposta del ministro Bianchi, con
non adeguatamente precisati richiami alle cosiddette «autostrade del mare», di dirottare in tutto o in parte il traffico merci e passeggeri da e per la Sicilia su Gioia Tauro con grave pregiudizio del notevole traffico e relativo volume d'affari che si svolge in detto porto anche in conseguenza dell'accordo sulla logistica;
ingente è il finanziamento (1,7 miliardi di euro) per la realizzazione degli ammodernamenti programmati nell'area di Reggio Calabria;
tali ammodernamenti in origine erano stati concepiti e finanziati nell'ottica della realizzazione del Ponte sullo Stretto;
l'attuale governo ha tuttavia depennato il suddetto ponte dalle proprie priorità;
l'ANAS ha dovuto pertanto rivedere in quest'ottica la progettazione degli ammodernamenti autostradali peraltro necessari;
in caso di cambio di orientamento governativo in merito si renderebbe necessario l'ulteriore cambiamento della progettazione e della realizzazione delle suddette opere con spreco di tempo e di denaro pubblico, orientamento governativo che si ritiene suscettibile di cambiare visti i diversi avvisi del Ministro delle infrastrutture onorevole Di Pietro e del Ministro dei trasporti onorevole Bianchi sull'opportunità o meno di procedere alla realizzazione del progetto del ponte sullo stretto e conseguentemente il diverso avviso di detti ministri riguardo le opere da approntare a livello locale per le comunicazioni dell'area;
recenti sono le vicende parlamentari in cui una parte sostanziale della maggioranza (IDV) si è espressa per il mantenimento della società «ponte sullo stretto» malgrado il diverso avviso del Governo in carica;
recenti sono le dichiarazioni del Ministro Di Pietro riguardo non meglio precisati investimenti - non rinvenibili in alcun documento di programmazione governativa - per la mobilità in Sicilia a valere sui fondi già stanziati per il Ponte sullo Stretto;
va ritenuto pertanto, in base a quanto esposto, che non esista una politica - o che essa al momento attuale non sia comunque intelligibile - dell'attuale Governo in merito all'area in questione ed ai connessi collegamenti con la Regione Siciliana -:
se il Ministro delle Infrastrutture e il Presidente del Consiglio intendano chiarire - stante la completa difformità di vedute in merito dei ministri competenti - in via definitiva l'orientamento ed i progetti del Governo per quanto riguarda il complesso nodo dei collegamenti Sicilia - continente per quanto attiene ai lavori della Salerno - Reggio Calabria e viabilità connessa nell'area di Reggio.
(4-05499)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri pervenuta il 16 novembre 2007, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
In data 4 ottobre 2007 sono stati conclusi tra questo Ministero e le regioni Sicilia e Calabria gli accordi preliminari finalizzati all'individuazione e selezione degli interventi infrastrutturali prioritari ricadenti nel territorio delle due regioni, da finanziare a valere sulle risorse di cui all'articolo 2, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 convertito con legge 24 novembre 2006, n. 286 relativo alle risorse finanziarie inerenti gli impegni assunti da Fintecna Spa nei confronti di Stretto di Messina Spa al fine della realizzazione del collegamento stabile fra la Sicilia ed il continente.
Per quanto attiene, in particolare, alla regione siciliana, sono stati individuati i seguenti interventi destinati alle aree urbane o metropolitane dei capoluoghi di provincia, in coerenza con il Piano regionale dei trasporti e della mobilità predisposto dalla regione Sicilia:
1. area metropolitana di Palermo: linea della metropolitana leggera di Palermo - 1 stralcio funzionale;
2. area metropolitana di Catania: ferrovia Circumetnea - tratta urbana con funzione di metropolitana - 2o lotto funzionale Stesicoro - Aeroporto;
3. area metropolitana di Messina: completamento piattaforma logistica intermodale con annesso scalo portuale e relativi assi viari, ivi compreso l'approdo esistente presso il villaggio Tremestieri, e nodo di interscambio per l'accesso delle reti viarie;
4. 2o lotto Agrigento-Caltanisetta - Al 9. Tratto dal chilometro 74.
Con riferimento a questo ultimo intervento, in sede di accordo le parti hanno altresì convenuto che quanto concordato resta valido a condizione che la regione Sicilia completi il finanziamento del 2o lotto di cui al punto 4. a valere sui fondi FAS assegnati alla regione medesima, di cui per non meno di 300 milioni di euro sui fondi FAS 2006.
Per quanto riguarda, invece, la regione Calabria sono stati individuati i seguenti interventi relativi alla strada statale 106 Jonica:
1. lavori del megalotto n. 3 (Sibari-Roseto) di euro 265.000.000;
2. progettazione del megalotto n. 9 (Crotone - Cariati) di euro 25.000.000.;
3. progettazione del megalotto n. 12 (tangenziale di Reggio Calabria) di euro 14.707.120.
Con specifico riferimento all'intervento strada statale 106 Jonica-megalotto 3, la regione Calabria, in sede di accordo, ha preso atto che il CIPE, su proposta di questo ministero, ha approvato il progetto preliminare dell'intera opera e finanziato lo stralcio dell'importo di 690,78 milioni di euro la cui copertura è prevista per 271,35 milioni di euro a valere sui fondi FAS del Programma nazionale del Mezzogiorno 2007-2013, per 265,00 milioni di euro a valere sulle risorse di cui al citato accordo e per il rimanente a carico dei fondi della Legge Obiettivo per il 2007.
A mero titolo informativo, si segnala che, con il richiamato accordo del 4 ottobre 2007, sono state altresì selezionate, per le finalità sopracennate, le «Opere di efficientamento del sistema degli attracchi a Villa San Giovanni e di adeguamento del sistema viario cittadino» (costo euro 84.000.000).
Si segnala, inoltre, che l'articolo 2, comma 234, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, (legge finanziaria per il 2008), per interventi necessari a fronteggiare i problemi di mobilità e sicurezza derivanti dai programmati lavori di ammodernamento dell'Autostrada A3 nel tratto Gioa-Tauro Reggio Calabria e per migliorare la qualità del servizio di trasporto, ha autorizzato la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2008, di 22 milioni di euro per l'anno 2009 e di 7 milioni di euro per l'anno 2010, da destinare ad interventi infrastrutturali nella misura del 50 per cento.
Per quanto riguarda misure volte a ridurre al minimo i disagi legati ai lavori sulla Salerno-Reggio Calabria e di rendere funzionale al territorio, l'ANAS ha previsto una serie di interventi infrastrutturali nel territorio calabrese proseguendo nell'ottica della piena collaborazione con la regione Calabria, la provincia di Reggio Calabria, il comune di Reggio Calabria e gli altri enti locali interessati. La società stradale ha pertanto presentato un articolato programma di interventi che permetteranno di cogliere l'occasione dei lavori in corso sulla Salerno-Reggio Calabria per razionalizzare il sistema dei trasporti viari di questo territorio.
In tale contesto, l'ANAS ha approvato il progetto preliminare dello svincolo autostradale Sant'Eufemia-Bagnara che prevede un investimento di 15 milioni di euro e che consentirà di avere un nuovo svincolo sull'autostrada A3 rendendo più agevoli i collegamenti dei due centri verso la città di Reggio Calabria. Il relativo progetto definitivo sarà sviluppato dalla provincia di Reggio Calabria mentre l'ANAS richiederà le necessarie autorizzazioni e provvederà alla realizzazione dell'opera nell'ambito dei lavori del V macrolotto avviandone l'esecuzione entro la fine del corrente anno.
Il Consiglio di amministrazione dell'Anas ha inoltre approvato il progetto esecutivo del tratto dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria che va dal chilometro 221,400 al chilometro 225,800, in provincia di Cosenza. Il tratto oggetto dei lavori è lungo 4,4 chilometri, e costituisce una parte dell'intero itinerario della A3 compreso tra gli svincoli di Spezzano Terme e di Tarsia, che appartengono al tratto centrale dell'autostrada, a nord dello svincolo di Cosenza.
L'opera principale del nuovo progetto è la realizzazione ex novo della galleria naturale «Serra dell'Ospedale», che si sviluppa per 1.108 metri in carreggiata nord, e 1.113 metri in carreggiata sud.
Altre importanti opere previste sono la realizzazione della nuova galleria artificiale «Vernicchio», lunga 130 metri, e la costruzione del nuovo viadotto «Macchia La Tavola», lungo circa 208 metri. Il tempo previsto per la realizzazione dei lavori è stabilito in poco meno di tre anni, mentre l'investimento complessivo ammonta ad oltre 140 milioni di euro.
Nel rispetto degli impegni presi con il territorio e nell'ambito del piano di emergenza predisposto dalla Prefettura di Reggio Calabria, l'ANAS ha previsto interventi per circa 40 milioni di euro per migliorare la viabilità ordinaria alternativa alla A3. In particolare, sulla strada statale 18 Tirrena inferiore, sono previsti lavori urgenti per circa 5 milioni di euro che consentiranno l'eliminazione di strettoie o di curve a stretto raggio lungo il tratto reggino compreso tra Bagnara e Scilla.
Per questi lavori l'Anas avvierà a breve la gara di appalto con previsione di ultimazione già per il prossimo esodo estivo.
Entro settembre 2008 verranno appaltati, in anticipo quindi di due anni rispetto ai tempi previsti, i lavori della Variante di Bagnara Calabra, per un importo di circa 35 milioni di euro. Il progetto prevede la realizzazione di due distinti tratti in variante alla strada statale 18 Tirrena inferiore, che permetteranno di by-passare i centri abitati delle frazioni di Ceramida e Pellegrina, per la zona nord, e l'abitato di Bagnara per la zona sud.
Nell'ambito dei lavori sul macrolotto VI della Salerno-Reggio Calabria, al fine di agevolare la circolazione nel tratto Scilla-Campo Calabro, è stato previsto di disporre il traffico, in tutte le fasi lavorative, sull'esistente autostrada, mettendo a disposizione due corsie per senso di marcia. Ciò sarà reso possibile da una puntuale rivisitazione delle opere, che verranno cantierizzate tutte all'esterno dell'attuale sede stradale e quindi non creeranno disagi agli utenti.
L'Anas, su richiesta delle istituzioni locali, e allo scopo di contenere i forti disagi per il traffico conseguenti alla realizzazione dell'attuale progetto di ammodernamento degli ultimi 10 chilometri dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria (da Campo Calabro a Santa Caterina), ha elaborato una soluzione progettuale alternativa. Tale soluzione prevede un intervento di manutenzione straordinaria del piano viabile e l'avvio della realizzazione di una tangenziale esterna alla città di Reggio Calabria, con caratteristiche autostradali, in luogo del previsto ampliamento dell'attuale carreggiata, necessario per l'adeguamento delle corsie e per la costruzione della corsia di emergenza, che comporterebbe il rifacimento dei viadotti e delle gallerie, con conseguenti ripercussioni sulla circolazione.
Per quanto riguarda la parte finale dell'attuale tracciato della A3, lo studio prevede infatti la realizzazione del tappeto drenante, delle opere protettive, delle barriere anti-rumore oltre agli impianti di illuminazione sull'autostrada e sulle aree di svincolo, con un investimento di circa 40 milioni di euro e disagi contenuti per gli utenti, vista anche la durata minima dei lavori (circa 16/18 mesi).
La tangenziale di Reggio Calabria è compresa nel megalotto 12 della nuova strada statale Jonica ed è lunga complessivamente 19 chilometri, per un investimento stimato in 843 milioni di euro. L'Anas ha ipotizzato di realizzare un primo stralcio di 6,5 chilometri, per un investimento complessivo di circa 280 milioni di euro, che collegherebbe l'attuale svincolo di Campo Calabro della A3 Salerno-Reggio Calabria con lo svincolo del porto di Reggio
Calabria e quindi con il centro cittadino, assicurando una valida alternativa autostradale all'attuale tracciato della A3.
Per la progettazione della tangenziale di Reggio Calabria sono già disponibili circa 15 milioni di euro previsti nell'ambito della destinazione dei fondi ex Fintecna, definita dal Ministero delle infrastrutture d'accordo con la regione Calabria.
Alla realizzazione del primo stralcio della tangenziale potrebbero essere destinate le economie, valutabili in circa 130 milioni di euro, derivanti dalla soluzione progettuale illustrata per il VI macrolotto.
Sulla strada statale 106 Jonica, in provincia di Reggio Calabria, entro dicembre 2008 verranno appaltati i lavori per la costruzione della variante esterna all'abitato di Roccella Jonica, che prevedono un investimento di progetto di oltre 17 milioni di euro, mentre tra il 2008 e il 2009 sono previsti interventi per circa 90 milioni di euro per la messa in sicurezza della statale Jonica nei territori ricadenti nelle province di Reggio Calabria (tratto Reggio-Melito Porto Salvo), Crotone (con particolare riferimento agli svincoli di Cutro, Le Castella, Crotone, Torre Melissa, Cirò e Cirò Marina, Crucoli, Crotone aeroporto) e Cosenza (svincoli di Mandatoriccio, Mirto Crosia, Cariati, Rossano).
Da ultimo, l'ANAS comunica che, a partire dalle ore 8,00 di venerdì 8 febbraio 2008, ed al fine di fluidificare la circolazione in corrispondenza dei cantieri della A3 Salerno-Reggio Calabria nella zona di Bagnara Calabra, ha predisposto che la rampa di scambio posta al chilometro 412,500 (che finora era utilizzata da tutti i veicoli in direzione nord) sia utilizzata solo dal traffico che deve uscire allo svincolo di Bagnara, mentre i veicoli diretti a Salerno continuino a proseguire in autostrada.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
STUCCHI, SANGA, MISIANI e GREGORIO FONTANA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nel quartiere di Zingonia, in comune di Verdellino (Bergamo), è sita la Caserma dei Carabinieri, in posizione mediana rispetto ai Comuni di Boltiere, Ciserano e lo stesso Verdellino;
nei 3 comuni la presenza di cittadini extracomunitari, iscritti all'anagrafe, risulta essere del 15 per cento in rapporto alla popolazione ivi residente, mentre nel quartiere di Zingonia ammonta ad oltre il 50 per cento dei 5.000 residenti della zona;
in tempi recenti, a causa dell'aumentato degrado urbano e sociale della zona, dovuto a questioni di diffusa illegalità, per lo più legate al problema della prostituzione e della droga, le cui degenerazioni sfociano spesse volte in risse e scontri fra bande rivali di cittadini extracomunitari o comunitari dell'Est Europa, sono aumentati anche gli sforzi delle Forze dell'Ordine per fornire una adeguata sicurezza dei propri cittadini e del territorio;
questi aumentati fatti criminosi portano all'esigenza di un ampliamento dell'attuale Caserma di Verdellino, mediante la realizzazione di un Tenenza dei Carabinieri in luogo dell'attuale Stazione; L'edificio, che attualmente ospita la caserma, e la zona circostante lo stesso, sono di proprietà del Comune di Verdellino il quale si è reso disponibile ad assumersi gli oneri finanzieri, insieme ai comuni di Boltiere e Ciserano, con i quali ha stipulato un protocollo d'intesa, per i necessari interventi ampliativi -:
se, a fronte di questo preoccupante aumento di fenomeni di criminalità nella zona, non ravvisi la necessità di dare il proprio contributo, di uomini e risorse finanziarie, per poter mettere nelle condizioni, i comuni sopraccitati, di ampliare la caserma di Verdellino, istituendo una Tenenza dei Carabinieri, al fine di fornire quel necessario e quanto mai opportuno sostegno all'azione di controllo dell'ordine pubblico svolto anche dalle Amministrazioni Comunali interessate.
(4-05680)
Risposta. - In via preliminare, pare opportuno porre in risalto come l'Arma dei carabinieri abbia sempre posto notevole e costante attenzione nel perseguimento di un
dispositivo territoriale efficiente ed adeguato per l'assolvimento dei propri compiti istituzionali, tra cui quello della tutela della sicurezza dei cittadini e del territorio.
Nel merito, il comando generale dell'Arma ha definito un programma di elevazione delle stazioni a tenenze, che ha consentito, per il momento, di istituire 44 nuove tenenze e di individuare, sulla base di rilevanti presupposti socio-operativi, un elenco di altri possibili presidi, ampliabile solo in presenza di particolare esigenze.
In tale quadro, la richiamata stazione di Zingonia (Bergamo), nell'ambito di una recente manovra di razionalizzazione del dispositivo territoriale, non è stata considerata per eventuali potenziamenti organici, ma è stata oggetto esclusivamente di una perequazione tra i vari ruoli.
La provincia di Bergamo, invece, ha beneficiato, nell'ultimo triennio, di un potenziamento organico di 14 unità, due delle quali destinate a potenziare l'aliquota operativa della compagnia di Treviglio (competente sul territorio della citata stazione) e, nel quadro della richiamata recente manovra di razionalizzazione, di un ulteriore incremento di 7 unità.
In conclusione, anche in considerazione dell'esigua disponibilità di riserve organiche, che impone una gestione delle risorse improntata a criteri di estrema selettività in ambito nazionale, il comando generale dell'Arma non ha rilevato, per il momento, i presupposti per procedere, così come auspicato, all'inserimento del presidio in parola tra quelli da elevare a tenenza.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
TONDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in data 12 marzo alla Caserma Vittorio Emanuele III non sono giunte le 200 reclute che avrebbero dovuto partecipare al concorso di addestramento di base;
se gli arrivi delle reclute dovessero interrompersi ulteriormente si metterebbero a rischio la sopravvivenza del Battaglione e, con esso, l'indotto di attività commerciali ed economiche che potrebbero condizionare anche i livelli occupazionali;
nell'ambito del comprensorio di Via Rossetti operano 55 persone, tra ufficiali e sottufficiali, che, nel caso di ulteriore ridimensionamento o della chiusura della caserma, sarebbero a rischio trasferimento;
nonostante le modificazioni in atto dell'organizzazione e nelle dislocazioni nei reparti dell'esercito sul territorio italiano non è opportuno sguarnire o chiudere del tutto lo storico presidio triestino -:
quali provvedimenti intende adottare il Governo affinché sia scongiurato il ridimensionamento del Battaglione S. Giusto o addirittura la chiusura della caserma Vittorio Emanuele III.
(4-03230)
Risposta. - L'interrogazione in esame affronta la questione relativa alla soppressione del 1o reggimento «San Giusto» in Trieste.
Si fa notare, preliminarmente, che la problematica rientra nel più ampio quadro del processo di ristrutturazione e snellimento dell'organizzazione militare, caratterizzato da vari provvedimenti di soppressione, accorpamento e riorganizzazione delle strutture, avviato da alcuni anni e tuttora in divenire, in attuazione di una serie di atti normativi, tesi a meglio modulare le forze armate alle nuove esigenze, adeguandole, nel contempo, alle riduzioni dei livelli organici (190.000 unità) stabilite dalla legge 14 novembre 2000, n. 331.
Tale processo è volto ad ottimizzare tutte le componenti delle forze armate, ossia quelle di vertice, dell'area operativa-logistica, dell'organizzazione territoriale e della formazione.
In sostanza, si intende perseguire soluzioni tese ad ottenere un migliore rapporto costo/efficacia, attraverso la soppressione di strutture ormai non più funzionali, nonché la ridefinizione delle funzioni di comandi/enti ed il loro accorpamento, per quanto
possibile, in chiave interforze e comunque di non sovrapponibilità funzionale e territoriale.
L'obiettivo finale, in sintesi, è quello di calibrare uno strumento militare di ridotta entità, ma di più elevato profilo qualitativo in termini di capacità di proiezione, flessibilità e supporto logistico-amministrativo, ad un tempo pienamente integrabile ed interoperabile dal punto di vista interforze e multinazionale.
Fatta questa opportuna premessa, si fa rilevare come l'intervenuta sospensione della leva (1o gennaio 2005) in coincidenza della progressiva trasformazione dell'intero strumento militare su base volontaria, abbia reso sovradimensionata l'attuale organizzazione della componente addestrativa dell'Esercito italiano.
Ciò trova ulteriore conferma nel programmato piano dei reclutamenti dei volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1), che individua una graduale riduzione degli arruolamenti da 16.000 unità per il 2007 a 4.000 unità nel 2020.
Pertanto, la normativa vigente in materia di riforma strutturale delle forze armate (decreto legislativo 15 dicembre 2005 n. 253) ha previsto, per l'Esercito, la riduzione degli attuali enti addestrativi, da 10 a 3 e, contestualmente, la soppressione o riconfigurazione dei 7 restanti. Nell'ottica del riordino della suddetta componente addestrativa dell'Esercito, hanno inciso, ulteriormente e significativamente, la riduzione degli stanziamenti sul bilancio della difesa operata nella precedente legislatura, nonché il taglio delle risorse stanziate per la trasformazione delle forze armate su base volontaria di cui alla «legge finanziaria 2007».
Ciò, infatti, ha indotto l'Esercito a procedere al ridimensionamento delle unità addestrative non più necessarie, così come contemplato dalla predetta norma, individuando gli specifici provvedimenti, fra i quali rientra quello di soppressione del 1o reggimento «San Giusto».
In tale contesto, comunque, sono stati opportunamente valutati tutti gli aspetti di carattere sociale, economico ed infrastrutturale, nonché quelli connessi alla presenza militare e civile nell'area interessata in un contesto armonico riferito all'intero territorio del Paese.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
TURCO, BELTRANDI, D'ELIA, MELLANO e PORETTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
presso il comune di Caselle in Pittari (Salerno) è in avanzato stato di realizzazione l'iter amministrativo e tecnico per un progetto di parcheggio sotterraneo per 26 posti auto e 4 box; al costo di circa 600.000 euro;
il parcheggio sarà realizzato in piazza Abele Parente, una delle principali del paese, che si caratterizza per essere l'unica area verde all'interno del paese e per i pluridecennali alberi ad alto fusto, la cui ombreggiatura è assai apprezzata dai cittadini, in particolare nei mesi più caldi; adiacente all'area verde si trova anche la scuola materna comunale;
l'intervento prevede il taglio di circa 37 alberi, uno scavo di 6 metri, che giunge sino alla limitrofa via Roma, mettendo cosi a rischio anche i platani ivi insistenti; la rampa di accesso è prevista in prossimità di una curva pericolosa nella medesima via, che è una delle principali del paese, poiché è l'unica che consente l'accesso alla strada di scorrimento veloce «Bussentina»;
la precedente amministrazione comunale di Caselle aveva già approvato, con relativo finanziamento, la realizzazione di un parcheggio in altro luogo (località Pozzo) con maggior numero di posti auto (61, di cui 30 coperti e 31 scoperti), minor costo (600.000 euro), minor impatto ambientale (anzi si recupera un'area attualmente degradata, mentre all'altro progetto occorre aggiungere anche i costi di ripristino, attualmente non considerati dal progetto), maggiori possibilità di utilizzo per altri scopi (potrebbe spostarvisi il mercato
settimanale che attualmente si svolge nelle strade di scorrimento o utilizzarlo per manifestazioni), maggiore vicinanza alla parte antica dell'abitato e minori rischi per l'incolumità pubblica, in sostanza con un rapporto costi-benefici di gran lunga più positivo;
va anche rilevato che mentre il parcheggio in località Pozzo è interamente finanziato con fondi europei (misura 4.12 POR Campania), il nuovo progetto invece obbliga il comune ad intervenire con circa il 50 per cento del costo complessivo, mentre il resto è finanziato tramite la legge regionale n. 8 del 2004;
per tali motivi l'opposizione alla attuale maggioranza in consiglio comunale ha raccolto circa 500 firme su una petizione contraria all'intervento; nel mese di settembre 2006 l'assessorato provinciale all'ambiente ha provvisoriamente bloccato l'intervento, sia per carenza dell'autorizzazione idrogeologica provinciale, sia per le perplessità sollevate, relative alla rilevante ferita al decoro urbano;
ulteriori elementi di perplessità derivano dal fatto che sono stati approvati, con precedenti delibere e sempre con finanziamento POR, lavori di ripristino della Piazza Abele Parente, la piazza si troverebbe quindi ad essere oggetto di due interventi, uno di recupero e l'altro di smantellamento; l'utilizzo dei fondi POR prevede la consegna dei lavori entro il 31 dicembre 2006, pena la perdita del contributo; non si riesce a capire come possano essere conciliati due interventi in cui quello di recupero è precedente a quello distruttivo;
l'articolo 5 della legge regionale Campania n. 8 del 2004 prevede l'assegnazione ai comuni sotto i 5.000 abitanti di fondi da utilizzare per le opere pubbliche, a discrezione delle amministrazioni; come sottolineato dalla minoranza comunale il Comune di Caselle in Pittari, che si trova peraltro al centro del Parco nazionale del Cilento ed in zona SIC, avrebbe potuto utilizzare tali fondi per integrare il finanziamento relativo alla realizzazione di un nuovo depuratore comunale, poiché quello esistente è ora assolutamente non funzionale; l'acqua non depurata fluisce nel fiume Bussento tramite un inghiottitoio carsico che è ritenuto tra i più importanti in Italia, che è metà di studiosi e turisti e per la cui valorizzazione il comune ha avviato appropriate misure -:
se l'Ente Parco abbia dato parere favorevole o contrario al secondo progetto e se abbia dettato eventuali prescrizioni.
(4-01457)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, limitatamente agli elementi di competenza di questo Dicastero, si riferisce quanto segue.
In data 14 aprile 2006 il comune di Caselle in Pittari (Salerno) ha trasmesso alla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico di Salerno e Avellino una «Perizia di variante tecnica» per i lavori di restauro e ripristino dell'invaso pubblico «Abele Parente» e richiesto un parere/nullaosta ai sensi dell'articolo 59 del decreto legislativo 42 del 2002.
Successivamente la Soprintendenza ha richiesto al comune le circostanze che avevano determinato l'istanza, in considerazione del fatto che la stessa afferiva ad una non meglio precisata «variante in corso d'opera» di un progetto per il quale non risultava, in atti, alcun provvedimento autorizzatorio ai fini paesaggistici né per quello «originale» né per la «variante».
Nella stessa nota si evincevano altresì lavori di spostamento di un monumento presente sul posto, per il quale non venivano circostanziate le relative opere.
La Soprintendenza il 13 luglio 2006 ha approvato le opere limitatamente allo spostamento del monumento, ai sensi della Sezione II del decreto legislativo 42 del 2002.
Riferisce la Soprintendenza che l'area interessata dalle opere non è da ritenere sottoposta alle disposizioni della parte terza del Codice dei Beni culturali e del paesaggio ai sensi dell'articolo 142 lettera f) in quanto alla data del 6 settembre 1985, risulta
classificata come zona «B» del vigente strumento urbanistico del comune.
Con nota del 10 marzo 2008 la Soprintendenza ha comunicato che le opere sono state pressoché ultimate.
Infine si rappresenta che l'Ente parco nazionale del Cilento Vallo di Diano, ha dichiarato con nota in data 30 maggio 2006 la propria incompetenza all'autorizzazione dei lavori.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
TURCO. - Al Ministro degliaffari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 14 dicembre 2005 la Giunta del comune di Roma ha deliberato l'approvazione di un documento di revisione tecnica e tariffaria del «Piano Bus Turistici» - deliberazione numero 715;
con tale atto si è disposta la novellazione del «Piano Bus Turistici» disciplinante il transito e la sosta degli autobus turistici nella città di Roma al fine di contenere il cosiddetto «inquinamento ambientale»;
la normativa, originariamente adottata per poter far fronte alle straordinarie condizioni di disagio in cui sono venuti a trovarsi i residenti della capitale in «epoca giubilare», disagio dovuto all'afflusso eccezionale di pellegrini, è stata superata poiché tali flussi straordinari sono cessati e la mobilità turistica su pullman ha nuovamente assunto le caratteristiche peculiari della città di Roma. È stata ripristinata la consueta motivazione del viaggio e la consueta tipologia del visitatore, attratto oltre che dai soli motivi devozionali da motivi di natura prevalentemente culturale, artistica, ludica eccetera. Di conseguenza gli itinerari turistici sono stati nuovamente orientati verso i principali monumenti, musei e le numerose altre attrattive turistiche della città;
l'attuale situazione della mobilità turistica cittadina, pari ad un terzo di quella in epoca giubilare, è caratterizzata da una pluralità di percorsi che portano alla luce più che un problema di accesso e di circolazione, un problema di fermata e di sosta dei pullman, oltre che la necessità di sviluppare e razionalizzare i servizi forniti dal settore turistico capitolino, senza portare nocumento alla quotidianità dei residenti;
nel contesto descritto, nonostante il fatto che originariamente non fossero previste deroghe, e nonostante il fatto che i flussi siano notevolmente diminuiti rispetto all'anno 2000, le procedure di applicazione del regolamento dei bus turistici della città di Roma hanno escluso l'applicazione della disciplina agli autobus con destinazione «Stato città del Vaticano (San Pietro)»;
la norma derogatoria così recita:
la presente disciplina non si applica a:
autobus diretti all'interno dello Stato città del Vaticano (San Pietro);
sarà garantito a detti autobus l'accesso all'interno dello Stato città del Vaticano (San Pietro) senza obbligo di registrazione e di permesso. In caso di controllo da parte delle autorità preposte sarà sufficiente esibire documentazione attestante l'invito all'ingresso da parte del Vicariato di Roma. Tali veicoli potranno entrare nella ZTL1 BUS al solo scopo di raggiungere lo Stato città del Vaticano (San Pietro) e senza la possibilità di effettuare soste o fermate per la discesa dei passeggeri;
poiché le mutate condizioni favoriscono l'avvicinamento allo Stato città del Vaticano (San Pietro), non si capisce la ragione della deroga che consente l'accesso direttamente all'interno dello Stato estero, ponendo in essere una ingiustificata disuguaglianza tra coloro che sono lì diretti e coloro i quali i tendono recarsi in altri centri di attrazione posti nel centro di Roma;
si consideri, inoltre, la particolare situazione mondiale dopo l'attacco terroristico
dell'11 settembre 2001, evento che ha reso gran parte del mondo occidentale un potenziale obiettivo di terroristi islamici e che, tra i molti potenziali obiettivi, lo Stato città del Vaticano è uno di quelli maggiormente sensibile, anche in virtù del fatto che secondo l'interrogante esiste storicamente una oggettiva contrapposizione tra la religione cristiana e quella islamica, entrambe miranti alla conversione del maggior numero di persone possibile, comportamento che in passato ha generato conflitti non ancora dimenticati e sopiti. Prova ne sia la reazione di parte della comunità islamica internazionale in seguito al discorso tenuto nel mese di settembre 2006 da Joseph Ratzinger all'università di Ratisbona. Questo discorso ha comportato la necessità per il Ratzinger di esprimere vivo rammarico per il fatto che le sue parole avevano offeso i musulmani, rammarico espresso nel corso dell'Angelus successivo al pronunciamento del discorso di Ratisbona;
tale atto di contrizione è stato considerato, dalle gerarchie vaticane, opportuno e necessario poiché le frange più estremistiche della jihad ed Al Qaeda avevano pubblicato su un sito internet il seguente comunicato: «Dopo che lo stupido portatore della croce Bush - ha annunciato l'inizio di una nuova campagna dei crociati contro l'islam e i musulmani e ha cominciato questa campagna con l'invasione dell'Afghanistan e dell'Iraq, ecco che il servo dei crociati, il "Papa del Vaticano"; ha seguito le orme di Bush negli attacchi flagranti contro l'islam e il suo profeta Maometto, per ciò che riguarda il rito della jihad», lasciando intendere un atteggiamento poco fraterno nei confronti dello Stato città del Vaticano e del pontefice;
l'incidente diplomatico ha reso ancor più evidente la natura di «obiettivo sensibile» dello Stato città del Vaticano, ed il pericolo potenziale a cui sono esposti i residenti dello Stato Città del Vaticano ed i residenti romani prossimi a tale Stato -:
se siano a conoscenza dei fatti;
se esistano accordi o trattati internazionali con i due Stati stranieri presenti nella penisola italiana che consentano deroghe, come quelle descritte, in materia di circolazione automobilistica;
se esistano accordi o trattati internazionali con i due Stati stranieri presenti nella penisola italiana che, garantendo la sicurezza da parte dello Stato italiano al loro interno, garantiscano indirettamente i soggetti residenti nelle immediate prossimità anche in considerazione che, nello specifico caso in esame, si può accedere direttamente all'interno dello Stato straniero mediante la mera esibizione di un «invito all'ingresso da parte del Vicariato di Roma» e che, nel caso di controlli da parte di autorità di pubblica sicurezza italiane, questi non avrebbe alcuno strumento per verificarne l'autenticità dello stesso. Si potrebbe quindi giungere, nell'ipotesi estrema, a non poter fermare un pullman con a bordo terroristi muniti di un falso invito del vicariato che potrebbero compiere la propria opera distruttiva nelle immediate vicinanze dello stato estero senza alcuna possibilità per le nostre autorità di pubblica sicurezza di evitare l'evento e garantire l'incolumità dei nostri cittadini e di quello dello Stato città del Vaticano;
se e qualiiniziative intendano adottare per ripristinare condizioni di sicurezza ed eguaglianza tra i visitatori ed i residenti della città di Roma.
(4-04589)
Risposta. - In relazione agli specifici fatti da lei riportati nell'atto parlamentare in parola, le faccio presente che la deroga alla disciplina ordinaria sulla circolazione e sulla sosta degli autobus turistici nella città di Roma - specificamente quelli recanti pellegrini e visitatori ai luoghi sacri - previste dalla delibera della giunta comunale di Roma n. 715 del 14 dicembre 2005, riguarda esclusivamente i mezzi diretti all'interno dello Stato di Città del Vaticano per fini istituzionali ed eventi particolari (ad esempio autobus di linea, delle forze dell'ordine, delle forze armate, delle ferrovie dello Stato). Peraltro, le assicuro, come confermato dal Ministero dell'interno, che anche tali mezzi sono sottoposti ai regolari
controlli per motivi di ordine pubblico, con particolare riguardo alla prevenzione di eventuali atti terroristici che possano arrecare danno allo Stato di Città del Vaticano e alle aree limitrofe.
Sul piano generale, la deroga va ricondotta al più ampio quadro delle relazioni bilaterali tra l'Italia e i due Stati che costituiscono enclave nel territorio italiano, come si evince dalle disposizioni contenute nel trattato lateranense e dalla convenzione di amicizia e buon vicinato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di San Marino. L'obiettivo delle pertinenti disposizioni contenute in tali intese è infatti quello di assicurare il libero accesso al territorio degli Stati-enclave e garantirne la libertà di contatti con gli altri Stati, in coerenza del resto con i principi del diritto internazionale consuetudinario.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
anche recentemente vi sono stati distacchi di massi e frane sulla strada statale 337 della Valle Vigezzo (provincia del Verbano Cusio Ossola) nel tratto tra Re ed il confine svizzero di Ponte Ribellasca;
già negli anni scorsi vi sono stati incidenti mortali per automobilisti di passaggio colpiti da caduta massi e si impone una messa in sicurezza complessiva del tratto della strada statale;
in passato, reiteratamente nelle ultime legislature, sullo stesso argomento il sottoscritto ha presentato simili interrogazioni rimaste senza esito pratico -:
se il Ministro ed il Governo non ritengano prioritaria la messa in sicurezza della strada statale 337 della Valle Vigezzo e - in questo caso - quali interventi si intende predisporre, con quali finanziamenti e in quali tempi si ritiene debbano essere eseguiti, in caso contrario quali siano i criteri con i quali viene effettuata tale valutazione.
(4-05740)
Risposta. - In merito alla messa in sicurezza della strada statale 337 «Val Vigezzo», interessata negli anni da numerosi interventi franosi, ANAS Spa fa conoscere che sono attualmente in corso lavori di messa in sicurezza nel tratto tra il chilometro 7+300 ed il chilometro 8+450 (galleria di Paiesco).
I lavori, affidati ad appalto integrato, sono stati consegnati all'impresa Baldassini Tognozzi Spa il 15 dicembre 2006. Allo stato, detti lavori procedono regolarmente, anche se con un leggero ritardo sul cronoprogramma dovuto all'acquisizione delle necessarie autorizzazioni per l'esecuzione dell'opera ed all'adeguamento delle modalità operative - piani di sicurezza - per l'utilizzo degli esplosivi. L'ultimazione è prevista per il mese di settembre 2008.
È inoltre in corso di approvazione e finanziamento un ulteriore intervento relativo alla installazione di barriere paramassi per la protezione del piano viabile della statale 337, già inserito nel piano fabbisogni 2007-2011. L'ultimazione dei lavori è prevista entro il corrente anno.
Sono, altresì, previsti interventi per la messa in sicurezza dalla caduta massi da Re (chilometro 23+900) al confine con la Svizzera (Ponte della Ribellasca-chilometro 29+750), che comprendono principalmente opere per la protezione della sede stradale, per il consolidamento dei versanti e tratti di gallerie naturali ed artificiali.
Tali interventi, la realizzazione dei quali è subordinata al reperimento dei relativi finanziamenti, sono stati suddivisi in tre lotti.
Lotto 1 - dal chilometro 23+900 al chilometro 26+680: ANAS ha predisposto il progetto preliminare ed ha raccolto in Conferenza dei servizi il parere favorevole di tutti gli enti competenti. Il lotto è inserito nell'elenco delle opere infrastrutturali di nuova realizzazione, nel capitolo area di inseribilità, con un costo complessivo di euro 28.447.475.
Lotto 2 - dal chilometro 26+680 al chilometro 29+668: ANAS ha predisposto il
progetto preliminare ed ha raccolto in Conferenza dei servizi il parere favorevole di tutti gli enti competenti. Il lotto è inserito nell'area di inseribilità dell'elenco delle opere infrastrutturali di nuova realizzazione, con un costo complessivo di euro 80.289.648.
Lotto 3 - Ponte della Ribellasca al chilometro 29+750: Il ponte della Ribellasca posto sul confine nazionale tra Italia e Svizzera, è opera in muratura, realizzata all'inizio del 1900, che attualmente presenta alcuni fenomeni di fatiscenza.
Il 3 maggio 2006 l'Italia ha stipulato con la Svizzera una Convenzione con la quale si è impegnata a progettare e realizzare le opere di consolidamento del ponte esistente mentre la Svizzera si è impegnata a progettare e realizzare il ponte provvisorio su cui sarà deviato tutto il traffico durante i lavori. Gli interventi saranno realizzati in cofinanziamento dai due Paesi.
Alla luce di tale accordo ANAS avvierà, a breve, la progettazione esecutiva degli interventi di consolidamento statico. È stata bandita ed approvata in via definitiva la gara per l'affidamento della progettazione esecutiva. Dopo la redazione del progetto esecutivo ANAS bandirà la gara per l'appalto dei lavori. L'intervento, inserito nell'elenco delle opere infrastrutturali di nuova realizzazione, nel capitolo fondi ordinari, è finanziato per un importo di euro 4.754.100 con appaltabilità 2008.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
ZANELLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
martedì 18 settembre scorso, verso sera, un caccia usa F-16, partito dalla base di Aviano, è precipitato sulla Val di Zoldo Alto (Belluno) nel corso di una esercitazione, schiantandosi al suolo, il tutto a poche decine di metri da un gruppo di abitazioni delle frazioni Fusine e Soramaè;
l'aereo militare americano si è disintegrato sotto gli occhi sbalorditi dei residenti, in un vicino boschetto, rilasciando, insieme a fiamme e dense volute di fumo, un forte odore di cherosene e l'impressione che solo il caso e una manovra accorta e coraggiosa del pilota abbiano evitato che l'incidente si trasformasse in tragedia;
l'Agenzia regionale per l'ambiente del Veneto, inviata dal prefetto, ha fatto prelievi per verificare un eventuale inquinamento ambientale e ha rilevato nella zona la presenza di idrazina, sostanza altamente tossica e cancerogena presente nel propellente che si è sparsa in tutta l'area finendo probabilmente nelle acque del vicino torrente Maè;
l'F-16 dell'aviazione americana, partito poco prima dalla base di Aviano, ha perso il controllo forse a causa del maltempo;
l'istituzione di una commissione qualificata che si occuperà di stabilire le cause dell'incidente è stata annunciata più tardi in una nota del 31. Fighter Wing;
l'incidente è stato subito coperto dal segreto militare;
solo due giorni prima l'incidente, era giunta la conferma da parte del Natural Resources Defense Council di Washington che nella base Usaf di Aviano sono dislocate 50 bombe termonucleari (da Il Manifesto, 20 settembre 2007) -:
se il Governo non intenda approfondire il motivo per cui le autorità americane avrebbero apposto immediatamente il segreto militare a tale incidente;
se il Governo non consideri necessario approfondire nei modi che gli sono propri se questo incidente abbia causato danni ambientali e di quale rilevanza, in modo da tutelare la popolazione locale da eventuali contaminazioni;
se il Governo non voglia chiarire se la rotta di questo aereo militare era stata comunicata al centro di controllo italiano e come mai fosse così vicina a dei centri abitati;
se il Governo non intenda assicurarsi che le rotte di tali esercitazioni siano sicure e più in generale, che la presenza di tali installazioni militari non sia troppo pericolosa per la popolazione civile;
se il Governo, vista la pericolosità della presenza di tali basi militari e delle loro esercitazioni, che si espresse al massimo livello nella tragedia del Cermis, non intenda avviare una politica di riduzione di tali installazioni sul territorio italiano.
(4-04917)
Risposta. - L'interrogazione in esame affronta la vicenda relativa all'incidente del 18 settembre scorso che ha visto coinvolto un velivolo da combattimento F-16 dell'Aeronautica Militare degli Stati Uniti d'America, appartenente al 31o FIGHTER WING U.S. AIR FORCE, Reparto permanentemente dislocato nell'Aeroporto militare di Aviano (PN).
Per l'esattezza, si rappresenta che in tale data il predetto velivolo, dopo esser decollato dal citato aeroporto alle ore 18,00 circa per una missione addestrativa di volo, precipitava al suolo alle ore 18,35 circa, impattando a 300 metri dall'abitato della località Sora Maè, nel comune di Zoldo Alto (BL).
Nella circostanza, il pilota riusciva a lanciarsi con i sistemi di espulsione prima dell'impatto al suolo, venendo poi soccorso da un automobilista di passaggio, che lo accompagnava presso la Stazione carabinieri di Forno di Zoldo.
Sul posto dell'incidente intervenivano immediatamente, su segnalazione di alcuni cittadini residenti in loco, i carabinieri della predetta stazione, i vigili del fuoco di Belluno unitamente al nucleo speciale che effettuavano i primi rilievi per verificare eventuali spargimenti di sostanze tossiche (idrazina - propellente addizionale per il motore), oltre ad operatori del Suem (Servizio Urgenza ed Emergenza Medica) e del Soccorso Alpino, del Corpo forestale dello Stato, agenti della polizia municipale e tecnici dell'Arpav (Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto).
Al riguardo, il ministero dell'interno ha fatto presente che gli approfondimenti svolti hanno escluso situazioni di rischio sanitario per le popolazioni interessate.
Sulle cause e la dinamica dell'incidente sono state avviate le indagini da parte rispettivamente della competente Autorità giudiziaria di Belluno e dalla apposita Commissione tecnica, di cui allo stato, ancora non sono noti gli esiti.
In tale quadro, si fa osservare che la missione era stata regolarmente programmata ed autorizzata dall'Autorità aeronautica nazionale preposta a tale compito di controllo (il Comando operativo delle forze aeree), per svolgere attività addestrativa all'interno di una specifica area riservata che va dai 6.700 agli 11.800 metri di altitudine.
Coerentemente con la predetta autorizzazione, è stato presentato regolare piano di volo.
Da una prima e sommaria indagine è emerso che la rotta effettivamente seguita, dal decollo alla citata area riservata, è risultata conforme a quanto pianificato, in armonia con le regole del volo previste per tale tipologia di missione.
Dalle informazioni acquisite dai competenti organi militari risulta, inoltre, che il velivolo incidentato era equipaggiato solo per lo svolgimento di missioni addestrative e, pertanto, privo di qualsiasi armamento di caduta e di lancio.
Inoltre, occorre precisare che, sulla base di accordi bilaterali con gli USA (in primis il «Rapporto tecnico Commissione bilaterale Tricarico - Prueher sull'attività di volo dei Reparti delle Forze Armate USA in Italia»), i Reparti di Volo statunitensi stanziati in Italia, al pari di quelli italiani, sono tenuti al rispetto della normativa vigente per i voli militari effettuati sul territorio nazionale.
Tale normativa, allo stato attuale, risulta idonea ad assicurare con adeguati margini di sicurezza l'incolumità delle popolazioni sorvolate da velivoli militari.
In particolare, gli aspetti legati alla sicurezza del volo sono monitorati attraverso un continuo processo di scambio di informazioni e di ottimizzazione delle procedure di volo da parte delle due nazioni.
La forza armata ha emanato, nel tempo, delle disposizioni a carattere operativo tese a ridurre il sorvolo a bassa quota di centri abitati, per quanto consentito dalle caratteristiche del territorio nazionale, al fine di minimizzare i potenziali effetti negativi dell'attività di volo, riducendo i rischi per la popolazione in caso di incidente.
Nell'ambito di tali disposizioni - premesso che nel caso specifico il velivolo USAF non ha effettuato una missione con profilo di volo a bassa quota - gli equipaggi di volo statunitensi sono tenuti a rispettare al pari di quelli italiani, i limiti di quota stabiliti per l'arco alpino (un minimo di 2000 piedi dal terreno) che risultano essere più restrittivi che nel resto del Paese.
Per quanto riguarda, infine, la presenza di infrastrutture e basi date in uso alle forze statunitensi, si fa notare che questa presenza trova fondamento nell'articolo 3 del Trattato del Nord Atlantico, che prevede la reciproca assistenza fra gli Stati membri allo scopo di conseguire con maggiore efficacia gli obiettivi dell'Alleanza.
Sulla base di questo fondamento, gli Stati Uniti d'America richiedono la possibilità di utilizzare basi sul territorio europeo per rendere più efficace la loro partecipazione all'Alleanza, in considerazione della distanza del loro territorio nazionale dalle aree nelle quali si presume possano insorgere crisi o episodi di tensione.
Gli accordi bilaterali che regolano la presenza di forze militari alleate in Italia stabiliscono in modo inequivocabile l'impegno del Paese ospitato - nel caso di specie gli Stati Uniti - ad utilizzare le basi esclusivamente per l'adempimento e il conseguimento degli scopi dell'Alleanza, definendo altresì la non extraterritorialità dei siti che rimangono sotto comando italiano.
In base a questi accordi, in Italia, il demanio militare dato in uso e le eventuali servitù attinenti, non hanno alcuna particolarità rispetto alle altre zone e vengono considerate aree dedicate alla difesa nazionale.
Un comandante italiano, è perciò, sempre e costantemente presente nei siti dati in concessione.
Gli stessi principi valgono evidentemente per le infrastrutture utilizzate dagli altri Paesi alleati dell'Italia che hanno forze sul nostro territorio in base ad accordi nell'ambito della Nato o dell'Unione europea.
Similmente, si rammenta che anche l'Italia disloca permanentemente alcuni suoi reparti sul territorio dei Paesi alleati, come ad esempio nel caso delle basi aeree di Sheppard in Texas (USA) e di Goose Bay in Canada, ove reparti dell'Aeronautica e della Marina italiana svolgono intense attività di volo addestrativo.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
ZANELLA. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il presidente del Governo della Repubblica di Serbia Vojislav Kostunica ha ricevuto nei giorni scorsi il ministro degli Esteri d'Italia Massimo D'Alema e in questa occasione ha invitato l'Italia a rispettare la Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza la quale garantisce la sovranità e integrità territoriale della Serbia e nello stesso tempo garantisce l'autonomia sostanziale per la minoranza nazionale albanese nella provincia;
Kostunica ha invitato l'Italia e Roma, nel caso che i separatisti albanesi proclamino l'indipendenza unilaterale dopo il 10 dicembre, termine temporale deciso dagli albanesi per il processo di negoziato, a non riconoscere quella che per i serbi sarebbe solo una creazione illegittima;
il presidente del Governo della Serbia ha ammonito che la stabilità e la prosperità della regione non si può creare usurpando il territorio di uno Stato sovrano e ha dichiarato che chi non rispetterà la Risoluzione 1244 sarà responsabile per la violazione dell'ordine internazionale, nonché per la minaccia alla pace in un lungo periodo;
in Kosovo l'Italia partecipa con più di duemila militari all'Operazione Joint Enterprise
(KFOR), con mandato UNSCR n. 1244 del giugno 1999, che ha l'obiettivo di verifica e attuazione del Military Technical Agreement in previsione di un Peace Settlement -:
quali misure intenda intraprendere il Governo affinché sia rispettata la Risoluzione 1244, e sia dunque garantita la stabilità dell'area.
(4-05526)
Risposta. - In merito alla questione sollevata dall'interrogante nell'interrogazione in esame, ritengo di poterle fornire degli esaustivi elementi di risposta al riguardo richiamandomi a quanto illustrato sull'argomento dall'On. Ministro degli affari esteri, Massimo D'Alema, nella sua audizione in Parlamento tenuta il 20 febbraio scorso a Commissioni riunite della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.
Pertanto a completamento di quanto precede e nella speranza di farle cosa gradita la informo che il testo dell'intervento in parola è pubblicato sul sito web della Camera dei deputati (http://www.camera.it/-dati/lavori/bollet/chiscobollt.asp?content=/-dati/leg15/lavori/bollet/framedin.asp?percboll=/-dati/leg15/lavori/bollet/200802/0220/html/03c03/).
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.