Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Allegato B
Seduta n. 30 del 24/7/2006
ATTI DI INDIRIZZO
Risoluzione in Commissione:
La XIII Commissione,
premesso che:
numerose associazioni e organizzazioni rappresentative del settore della produzione del latte vaccino e più in generale della zootecnia da latte, hanno segnalato che il settore lattiero caseario non sta versando in un periodo particolarmente favorevole e che anzi si trova in condizioni estremamente critiche anche in conseguenza delle sempre maggiori quantità di latte che giungono dall'estero a prezzi molto bassi, ponendosi in concorrenza con quello nazionale che certamente è di qualità superiore, ma sconta costi di produzione più alti ed ha capacità di concorrenza meno vantaggiose;
l'intero comparto lattiero caseario sta affrontando anche l'aumento vertiginoso dei costi delle materie prime, dell'energia e le difficili condizioni climatiche che impongono aggravi nella produzione dei foraggi e delle derrate per alimentare le mandrie lattifere. In questo scenario i produttori di latte non sempre riescono a conseguire ricavi sufficienti per coprire le spese aziendali e le loro attività perdono efficienza, le imprese precipitano nella mancanza di liquidità e non di rado diventano vittime di spiacevoli fenomeni di super indebitamento verso gli istituti di credito cui si rivolgono per assicurarsi il corretto funzionamento quotidiano;
in effetti questa situazione è parimenti descritta ed avvalorata anche da dati ufficiali. Il rapporto del 2005 del mercato del latte realizzato dall'osservatorio latte-ISMEA, indica come da almeno 8 anni continua a ridursi la redditività degli allevatori. Secondo il rapporto, per il 2004 il costo totale di produzione del latte per 100 kg è risultato pari a 43,18 euro (836 lire/kg), con un aumento, rispetto all'anno precedente, pari a 1,55 euro in termini assoluti ed al 3,7 per cento in percentuale. I costi espliciti, invece, sono aumentati di 1,62 euro/100 kg (+6,0 per cento), passando da 27,05 a 28,67 euro, mentre si è avuta una lieve contrazione dei costi calcolati;
il valore medio del latte prodotto è risultato pari a 37,52 euro (727 lire/kg), e ha subito una riduzione pari a 0,79 euro/100 kg ed al 2,1 per cento rispetto al 2003. Di conseguenza, in media nazionale, tenendo conto dei premi, la perdita media 2003 di 0,99 euro è passata a -2,45 euro/100 kg nel 2004;
l'entità dei premi, in media nazionale, è passata da 2,33 euro a circa 3,21 euro/100 kg (62 lire/kg), di cui 1,69 derivano dalle compensazioni dei seminativi (essenzialmente silomais), 0,25 euro da indennità generali (ad es. quelle compensative per le zone montane) e 1,26 euro/100 kg da sovvenzioni direttamente legate all'allevamento (carne, abbattimento e nuovo premio latte). L'aumento dei premi, che in minima parte si è avuto, è stato, tuttavia, largamente inferiore a quello dei costi, negativamente influenzati dalle scarse produzioni foraggere del 2003 e dal forte incremento del costo dei mangimi;
la redditività dell'attività dell'allevamento bovino è quindi calata rispetto al 2003, proseguendo una tendenza in atto dalla seconda metà degli anni '90. Le stime indicano, pertanto, che il 2004 costituisce un anno di significativa diminuzione dei redditi degli allevatori, determinata dalla forte variazione dei costi;
l'indicatore principale della redditività, il reddito netto unitario con premi, è sceso nell'ultimo anno ben dell'11,3 per cento (1,53 euro/100 kg), e di 3,27 euro tra il 2002 e il 2004, con una perdita complessiva del 21,3 per cento;
occorre, inoltre, sottolineare come il reddito netto senza premi sia calato ben del 21,4 per cento nell'ultimo anno e del 29 per cento rispetto al 2002;
analizzando la distribuzione dei costi tra le diverse categorie per l'ultimo
quadriennio, le voci più rilevanti appaiono, come sempre, legate al costo del lavoro, la cui quota scende però dal 30,8 per cento al 28,2 per cento nell'arco temporale considerato e ai costi di alimentazione, pari al 33 per cento nel 2001 e 2002, scesi al 30,8 per cento nel 2003 e passati all'attuale 32,6 per cento;
per quanto riguarda le altre categorie di costo, le quote calcolate per macchine e fabbricati pesano per il 10 per cento circa sul costo totale, gli interessi sono attorno al 12 per cento, le spese generali e fondiarie sono passate dal 6,7 per cento del 2001 all'attuale 8,6 per cento, e le spese varie di allevamento pesano attualmente per l'8,7 per cento;
nello stesso arco di tempo la frazione dei costi espliciti sul costo lordo totale tende a salire dal 64 per cento ad oltre il 66 per cento;
il rapporto tra il reddito netto con premi ed i ricavi totali tende invece a calare, passando dal 37,4 per cento del 2001 all'attuale 29,6 per cento;
infine, l'utile calcolato rispetto ai ricavi, passati da una condizione media di profitto nel 2001, pari al 2 per cento, ad una di pesante perdita nell'ultimo anno, pari al 6 per cento;
a livello nazionale la percentuale di aziende che produce in utile è del 22 per cento circa, mentre in termini di volume il 60 per cento del latte prodotto genera un utile: mentre il primo dato è lievemente superiore a quello registrato nel 2003, sintomo dell'ampliamento delle dimensioni strutturali, il secondo risulta inferiore di oltre 3 punti, indice di una generalizzata riduzione della redditività;
la Corte dei Conti con delibera n. 1/06 approvava la propria relazione annuale 2005 con la quale riferiva al Parlamento sui rapporti finanziari con l'Unione europea e l'utilizzazione dei fondi comunitari, relativamente all'esercizio 2004;
nella medesima relazione veniva affrontato anche il problema delle quote latte e soprattutto veniva analizzata l'efficacia del decreto legge 28 marzo 2003, n. 43, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, nel suo primo anno di applicazione;
da tale relazione sostanzialmente emerge che, nonostante la riduzione del numero di aziende operanti nel settore, pari al 13 per cento nel solo periodo 2003-2005 (dall'annata 95/96 al 2004/2005 il numero totale di aziende operanti nel settore è passato da 110.485 a 49.456, con una riduzione globale del 55,23 per cento), l'applicazione della legge non ha sortito gli effetti per cui era stata emanata e non ha risolto gli annosi problemi che assillano il settore;
infatti, solo una piccola parte delle aziende, rappresentanti il 24,8 per cento del prelievo comminato nelle annate 95/96 - 2001/2002, ha aderito alla rateizzazione, rinunciando alle azioni giurisdizionali pendenti;
inoltre, le eccedenze produttive (complessivamente per consegne e vendite dirette 899.000 tonnellate, pari ad oltre l'8,5 per cento del quantitativo di riferimento nazionale) e le aziende con esuberi produttivi (nel complesso 16.202 aziende pari ad un terzo delle aziende con produzione) continuano ad essere piuttosto elevate e costanti nel tempo, nonostante la libera commercializzazione delle quote introdotta con la citata legge n. 119/03 abbia fatto registrare la conclusione di 7.700 contratti che hanno movimentato 527.000 tonnellate di quote latte per la campagna 2004-2005 e nonostante molte delle aziende che hanno ceduto quote siano uscite definitivamente dal mercato;
tali risultanze fanno presumere che i dati relativi alle assegnazioni di quote, alle effettive quantità di latte prodotto e commercializzato in Italia e quindi alle eccedenze produttive delle campagne dal 1995/96 fino al 2004/2005 non siano aderenti alla realtà e che, comunque, celino delle anomalie che dovranno essere verificate ed eliminate;
la situazione del mercato è nel frattempo notevolmente peggiorata, dimostrando anche l'inutilità e l'inefficacia dell'intero sistema previsto dall'ordinamento comunitario;
invero il prezzo del latte è precipitato a livello europeo e, dunque, indipendentemente dalle disfunzioni che si sono verificate nell'applicazione del sistema in Italia, e conseguentemente la redditività dei produttori di latte è notevolmente diminuita. A ciò si aggiunga che dal 2003 la Commissione europea, per effetto del Regolamento (CE) n. 1787/2003 del Consiglio del 23 settembre 2003, non garantisce nemmeno più il «prezzo indicativo», che era il presupposto ed il fatto generatore dell'introduzione del regime del prelievo supplementare;
il dato è confermato dalle prime stime sul «reddito agricolo reale» (al netto dell'inflazione) realizzato dai produttori dei vari paesi europei nel corso dell'anno 2005, diffuse dall'Ufficio Statistico dell'Unione europea, da cui risulta una diminuzione media dei redditi reali pari al 6,3 per cento;
dalla medesima fonte emerge che i redditi degli agricoltori italiani hanno registrato una contrazione superiore alla media europea, con una diminuzione pari al 9,6 per cento;
i dati riportati da Eurostat, sia pur provvisori, evidenziano la grave crisi economica che investe l'agricoltura mediterranea (ed in particolare quella italiana), fortemente penalizzata dalle scelte operate in sede europea;
tale crisi e la momentanea assenza di liquidità si riverbera nell'impossibilità per i produttori di latte di far fronte agli impegni assunti per adempiere alla rateizzazione, al pagamento dei mutui contratti per l'acquisto di quote nonché al pagamento delle cartelle esattoriali richieste dalle amministrazioni regionali e provinciali per ottenere il versamento del prelievo supplementare per varie annate di riferimento passate;
si deve rilevare che già dal primo anno di applicazione ben 269 produttori non hanno provveduto a versare la prima rata e dalle prime stime risulta che nel secondo anno siano molte di più;
per tutte tali aziende sono iniziate o inizieranno le procedure esecutive. Molte aziende hanno speso ingenti somme, anche accendendo gravosi mutui, per regolarizzare la propria situazione attraverso l'acquisto di quote latte ed ora, a causa della scarsa resa del latte, non sono in grado di far fronte sia al pagamento dei mutui che al pagamento delle cartelle esattoriali relative a prelievo supplementare per le annate pregresse;
si è in prossimità del termine entro cui dovranno essere effettuati i versamenti per le produzioni eccedentarie relative all'annata 2005/2006, che investono oltre un terzo delle aziende in produzione;
l'impossibilità per gli allevatori di far fronte al pagamento dei prelievi supplementari pregressi e l'attivazione delle procedure esecutive sulle aziende, porterà inevitabilmente alla chiusura di un ulteriore grosso numero delle stesse, e, conseguentemente alla chiusura di molti caseifici e alla svalutazione dei terreni agricoli derivante dalla vendita all'asta degli stessi;
alla luce del notevole numero delle aziende interessate, è prevedibile che la svalutazione dei terreni agricoli sia destinata a protrarsi per molti anni, determinando un complessivo impoverimento di tutti gli operatori agricoli, anche di quelli non direttamente interessati dal regime delle quote latte;
peraltro, le procedure esecutive sono lunghe e non assicurano l'effettivo recupero, tanto meno nell'immediato, delle somme dovute alla Comunità europea;
si deve rilevare che per le annate di prelievo anteriori al 2003/2004 lo Stato italiano non subirà alcuna trattenuta dalla Comunità europea per il mancato versamento del prelievo, posto che, secondo quanto stabilito dalla Corte di Giustizia
delle Comunità Europee con sentenza del 13 novembre 2001 (causa C - 277/98) lo Stato membro, pur essendo tenuto a versare gli importi del prelievo alla Comunità, tuttavia non è esso stesso debitore, rimanendo tali i singoli produttori e non prevedendo il regime comunitario la sostituzione dello Stato membro al debitore produttore quanto meno sino all'entrata in vigore del Reg. (CE) n. 1788/03. In tale ambito si deve poi evidenziare che l'effetto contabile in termini di cassa e di competenza è stato già scontato dal Bilanci dello Stato per via del meccanismo di erogazione negativa che in tali circostanze adotta il FEOGA verso gli Stati membri che sono debitori verso il Bilancio comunitario;
sarebbe, pertanto, opportuno sospendere temporaneamente le procedure di riscossione coattiva dei prelievi supplementari su latte vaccino, al fine di consentire ai produttori di recuperare la liquidità necessaria per far fronte agli innumerevoli impegni finanziari assunti, sia pur con l'applicazione di interessi, e al fine di accertare e annullare le anomalie del sistema;
allo Stato non deriverebbe alcun danno, in quanto per le annate precedenti al 2003/2004 non subirà alcuna trattenuta, mentre per le successive recupererà le somme con gli interessi, trattandosi di una mera dilazione;
in merito agli effetti generati dall'applicazione della citata legge n. 119/2003, andrebbe doverosamente fatto un inciso. Almeno fino al periodo produttivo 2000/2001, prima che all'AIMA subentrasse completamente e definitivamente l'AGEA, quando il regime delle quote latte era disciplinato con la decretazione d'urgenza e con la vigilanza di autorità di garanzia specificamente istituite per volontà del Parlamento (Commissione Lecca e Commissione di Garanzia), la gestione delle quote latte, se pure dietro gli imperativi e perentori richiami formali sia dello stesso Parlamento, sia degli uffici commissariali del periodo 1999/2000 dell'AIMA, avveniva con rigore formale e con controlli in campo, in tal senso si riusciva a far emergere le situazioni di malaffare, di frode e di illegalità che forse ancora oggi sono sussistenti ma meno denunciate e portate alla luce;
a tal proposito andrebbe chiesto all'AGEA se negli ultimi anni siano stati chiesti alle regioni i dati che fino al 2001 si richiedevano in ordine alle anomalie da controllare e che spesso le stesse regioni non portavano a termine contribuendo a rendere sempre non del tutto attendibile il dato di mungitura che a livello nazionale rappresentava il concreto e veritiero potenziale produttivo di latte vaccino. Si fa riferimento, soprattutto, alle anomalie concernenti gli L 1 senza firma del produttore, le stalle prive di capi e che ciò nonostante producevano latte, oppure gli L 1 con vendita di latte ma senza il riporto del numero dei capi:
impegna il Governo,
adottare, d'intesa con le regioni, le opportune iniziative per pervenire ad una sospensione temporanea, con applicazione di interessi, delle procedure di riscossione coattiva dei prelievi supplementari su latte vaccino, in attesa di verificare i dati relativi alle assegnazioni di quota, alle effettive quantità di latte prodotto e commercializzato in Italia e quindi alle eccedenze relative a tutte le annate di applicazione fino a quella in corso e di eliminare le eventuali anomalie riscontrate, nonché al fine di consentire ai produttori di recuperare la liquidità necessaria per far fronte al pagamento dei prelievi medesimi, se confermati.
(7-00030)«Fundarò»