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Allegato B
Seduta n. 32 del 26/7/2006
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta orale:
PEDRIZZI, MIGLIORI, MENIA, ANGELA NAPOLI, CIRIELLI, PATARINO, ULIVI, GERMONTANI, AMORUSO, CONSOLO, CASTIELLO, MOFFA, FRASSINETTI, COSENZA, SALERNO, BUONFIGLIO, LISI, LANDOLFI e ALBERTO GIORGETTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con deliberazione di consiglio comunale di Latina n. 85 del 18 luglio 2003 è stata approvata la relazione programmatica contenente gli obiettivi politici del programma elettorale del sindaco onorevole Vincenzo Zaccheo che costituiscono indirizzi generali di governo;
nell'ambito della suddetta relazione, tra gli obiettivi da perseguire, figura quello denominato «centrale nucleare» nel quale viene chiaramente specificato che va liberato in via definitiva il territorio pontino da ogni vincolo nucleare. In tale prospettiva è previsto lo smantellamento della centrale nucleare di Borgo Sabotino entro e non oltre il 2020;
a seguito di quanto previsto nel documento «indirizzi strategici per la gestione degli esiti del nucleare», trasmesso dal Ministro Bersani al Parlamento nel dicembre 1999, le cui conclusioni sono state recepite dal Ministro dell'industria Letta nel decreto 7 maggio 2001, è stata creata la società SOGIN con la finalità di procedere allo smantellamento delle ex centrali nucleari nazionali e rilasciare i relativi siti esenti da vincoli radiologici, nonché di collaborare con lo stesso Ministero dell'industria per «l'individuazione di tutte le azioni necessarie per la pianificazione dello sviluppo produttivo dei siti» ed il loro «risanamento ambientale e territoriale» e che tale finalità è stata confermata dal decreto del Ministro Marzano del 2 dicembre 2004;
nel quadro degli indirizzi governativi sopra indicati, l'Amministrazione Comunale di Latina si è fortemente impegnata nel cercare una soluzione che permettesse il rilascio del sito della centrale nucleare di Latina libero da ogni vincolo di natura radiologica al fine di realizzare un programma di riqualificazione dell'intera area;
il sindaco Zaccheo di concerto con tutte le forze politiche locali ha ripetutamente chiesto specifiche garanzie affinché gli edifici per i quali veniva richiesto il permesso di costruire dovessero ricevere soltanto ed esclusivamente i rifiuti ed i materiali già esistenti nella centrale nucleare di Borgo Sabotino e non quelli di altri impianti nucleari nazionali, tanto meno quelli - di estrema pericolosità per quanto attiene al rischio radiologico - provenienti dalla lavorazione di combustibile già trasferito da Latina in Inghilterra;
i rappresentanti della SOGIN hanno sempre dato assicurazione che le sopraindicate preoccupazioni erano senz'altro da escludere, così come ribadito dagli stessi nella riunione conclusiva fra le due parti tenutasi in data 27 giugno 2006;
superando il proficuo dialogo instaurato fra comune di Latina e SOGIN, il «Commissario di Governo per la sicurezza dei materiali nucleari Carlo Jean - utilizzando i poteri derogatori consentitigli dall'OPCM 3355/2004 - in data 4 luglio 2006 ha emesso ordinanza che autorizza la SOGIN a realizzare presso la centrale nucleare di Borgo Sabotino, edifici per effettuare operazioni di estrazione e condizionamento di materiali nucleari attualmente depositati in fosse ubicate nell'area della Centrale medesima e di taglio di componenti metallici di tale centrale, nonché di un deposito temporaneo dei manufatti originati di tali operazioni e delle prime attività di smantellamento di impianti;
tale situazione sta destando forti preoccupazioni per tutta la cittadinanza di Latina allarmata per il mancato chiarimento sulla messa in sicurezza della centrale nucleare di Latina da parte della SOGIN -:
se i Ministri in indirizzo non ritengano di fornire chiarimenti in merito a quanto esposto e di precisare se gli interventi programmati rappresentino una nuova ed ulteriore servitù per il territorio di Latina oppure risultino finalizzati solo ed esclusivamente a soddisfare le esigenze di sicurezza della sola centrale nucleare di Borgo Sabotino;
quali decisioni si intendano assumere affinché vengano sospesi gli effetti del provvedimento del commissario Jean ed il conseguente inizio dei lavori;
quali concrete ed urgenti iniziative intendano assumere per fronteggiare la grave situazione determinatasi per garantire la salubrità dei cittadini e il ristoro degli stessi per la servitù di questi anni, come sancito dai protocolli d'intesa fra il comune di Latina e la Sogin.
(3-00166)
Interrogazioni a risposta scritta:
NESPOLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la legge 6 dicembre 1991, n. 394 all'articolo 36 «Aree marine di reperimento» ha previsto che nelle aree di costa Infreschi (lett. e) e S.M. di Castellabate (lett. q) possono essere istituiti parchi marini o riserve marine, le cui istruttorie scientifiche ne hanno sancito l'indiscutibile valore ambientale tale da meritare gli opportuni strumenti di tutela;
la sorveglianza costiera ai fini ambientali anche nelle aree di reperimento è esercitata dalle Capitanerie di Porto, ai sensi della legge 979/82 e successive modificazioni ed integrazioni;
la direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 è relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche;
la direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979 concerne la conservazione degli uccelli selvatici;
il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, «Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE e successive modificazioni ed integrazioni è relativo alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche»;
il decreto 25 marzo 2005 ha previsto nell'elenco dei proposti siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea, ai sensi della direttiva 92/43/CEE i parchi marini di S. Maria di Castellabate e Costa degli Infreschi e nell'elenco delle Zone di Protezione Speciale (ZPS), classificate ai sensi della direttiva 79/409/CEE il parco di S. Maria di Castellabate;
il progetto PEGASO dal titolo «creazione di aree marine protette con strutture deterrenti antistrascico nello specchio acqueo antistante la fascia costiera della Provincia di Salerno», finanziato in ambito Fondi Strutturali - del POR CAMPANIA, vede beneficiaria la Provincia di Salerno;
nel 1999, l'Assessorato Caccia e Pesca avviò la realizzazione di un primo stralcio esecutivo del progetto (da poco completato), con la creazione di una vasta area protetta compresa tra «Torre Angellara» e la «Foce del fiume Sele», di cui non si conoscono ufficialmente gli impatti sugli ecosistemi marino-costieri;
dallo stesso titolo del progetto si evince la prossima istituzione di aree marine protette in due aree costiere cilentane, così come indicato nell'elenco delle aree di reperimento della legge 394/91 «Legge Quadro sulle Aree Protette»;
i due Siti di Importanza Comunitaria (SIC) marini sono direttamente interessati
dal Progetto Pegaso e cioè Parco marino di S. Maria di Castellabate che coincide con una Zona di Protezione Speciale (ZPS) e Parco marino Punta degli Infreschi e della Masseta -:
se il progetto è stato approvato in presenza di «valutazione di Incidenza» come previsto dalla normativa NATURA 2000, e con l'auspicabile condivisione di istituzioni pubbliche con precise competenze nell'area marina interessata dall'intervento (Autorità di Bacino Sinistra Sele, Comuni costieri, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, Ente Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano);
se è stata preventivamente eseguita una approfondita valutazione strategica sulla consistenza e stabilità dei fondali marini del litorale interessato dal progetto, ove si intende impiantare tali strutture, per evitare fenomeni di sprofondamento, che renderebbero inutilizzabili le stesse strutture ai fini dell'obiettivo prefissato, con relativo spreco di ingenti risorse economiche (in passato, fenomeni di sprofondamento di strutture antistrascico sono state registrati sia in Sicilia, che nella stessa fascia costiera calabrese, in cui è stato eseguito un intervento con lo stesso nome PEGASO e con strutture simili);
se esistono dati certi sul corretto trattamento preventivo e sulla qualità dei materiali che saranno collocati sui fondali, a garanzia della stabilità nel tempo delle strutture sommerse e del rilascio nell'ambiente marino di sostanze potenzialmente nocive.
(4-00695)
CAMILLO PIAZZA, FRANCESCATO, PELLEGRINO, TREPICCIONE e BONELLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 3 luglio scorso la Commissione europea ha deferito l'Italia alla Corte di giustizia europea per mancata conformità alla direttiva comunitaria del 1999 (Direttiva 1999/31/CE) relativa alle discariche di rifiuti, che stabilisce le norme applicabili alle discariche di rifiuti nell'intento di tutelare la salute umana e l'ambiente;
queste disposizioni sono finalizzate a ridurre al minimo i rischi e gli inconvenienti per l'ambiente prodotti dalle discariche, come i cattivi odori, l'inquinamento delle acque e del suolo e le emissioni di metano, potente gas serra che si forma in seguito alla decomposizione di materia organica. Pur fissando norme rigorose per le discariche nuove, la direttiva consente la messa a norma delle discariche esistenti nell'arco di otto anni in base ad un «piano di riassetto» che deve essere predisposto per ciascuna di esse;
la direttiva avrebbe dovuto essere recepita nell'ordinamento nazionale entro il 16 luglio 2001, ma in Italia le misure di recepimento sono entrate in vigore solo il 27 marzo 2003;
la denuncia della Commissione riguarda il fatto che, mentre la direttiva definisce le discariche esistenti come quelle in attività il 16 luglio 2001 o prima di questa data, la legislazione italiana sposta questo termine al 27 marzo 2003. Ciò significa che le discariche italiane autorizzate tra queste due date non sono state obbligate a rispettare le norme più rigorose previste dalla direttiva per le discariche nuove (per la Commissione in attività dopo la data del 16 luglio 2001), come avrebbe dovuto essere, ma al contrario avranno tempo fino al luglio 2009 per soddisfare le disposizioni applicabili alle discariche esistenti;
questo trattamento che assimila le discariche nuove a quelle esistenti costituisce una violazione della direttiva;
le autorità italiane non sono state in grado di indicare alla Commissione il numero delle discariche italiane autorizzate tra le due date;
in risposta al parere motivato della Commissione trasmesso nel dicembre scorso, l'Italia ha attribuito il ritardo nel recepimento della direttiva alla Commissione, sostenendo che esso è dovuto al fatto che la Commissione stessa non ha
adottato a tempo debito una decisione riguardante i «criteri di ammissione» applicabili a ciascuna categoria di rifiuti destinati alla discarica;
la Commissione ha respinto questa argomentazione affermando che l'obbligo di recepire la direttiva, che incombe agli Stati membri, non dipende dalla definizione di criteri di ammissione a livello comunitario, e inoltre, che la direttiva dispone che in mancanza di criteri di ammissione comunitari, gli Stati membri sono tenuti ad applicare criteri nazionali -:
se il Governo non ritenga opportuno avviare un monitoraggio su tutto il territorio nazionale per conoscere il numero preciso di discariche autorizzate dopo la data del 16 luglio 2001 ed entro il 27 marzo 2003;
se voglia rendere pubbliche eventuali comunicazioni ricevute dalla Regioni riguardo all'apertura di nuove discariche;
come intenda intervenire con opportuni provvedimenti normativi affinché le suddette discariche si conformino alla Direttiva 1999/31/CE.
(4-00705)
MURGIA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Parco geominerario storico ed ambientale della Sardegna è stato istituito con il decreto ministeriale 16 ottobre 2001 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale italiana n. 265 del 14 novembre 2001; la gestione del Parco geominerario della Sardegna è affidata a un consorzio costituito - fra gli altri - dal Ministero dell'ambiente, dal Ministero delle attività produttive, dal Ministero dell'istruzione, università e ricerca scientifica, dal Ministero dei beni e attività culturali, dalla Regione autonoma della Sardegna. Sono organi del consorzio del Parco il presidente, il consiglio direttivo, la comunità del parco, il collegio dei revisori dei conti e il direttore del parco;
con deliberazione n. 17/9 del 26 aprile 2006, la Giunta regionale ha adottato il bando di gara internazionale per la cessione, riqualificazione e trasformazione di ambiti di particolare interesse paesaggistico del Parco geominerario della Sardegna, con riferimento ai siti del territorio dell'Iglesiente e di Arbus facenti parte del Parco geominerario;
la deliberazione ha proposto un primo bando da esperire con gara internazionale riguardante due lotti di intervento: il primo di Masua e Monte Agruxiau per un totale massimo di complessivi 160.000 metri cubi, il secondo di Ingurtosu, Pitzinurri e Naracauli per un totale non inferiore a complessivi 100.000 metri cubi. Per il primo lotto è prevista una base d'asta di 32.520.000 euro, per il secondo di 11 milioni di euro;
la Giunta ha scartato l'ipotesi di concessione dei lotti oggetto del bando, optando per la cessione a titolo oneroso;
la procedura di gara è finalizzata alla selezione di soggetti qualificati operanti nel settore immobiliare o alberghiero e dovrà prevedere l'accertamento dei requisiti d'impresa, gli elaborati di progetto e il prezzo di acquisto. Le attività riguardanti la bonifica saranno oggetto di apposito accordo di programma fra la società aggiudicataria, IGEA Spa, e la Regione. L'iniziativa dovrà prevedere la ristrutturazione urbanistica degli immobili esistenti e i concorrenti potranno altresì avanzare specifiche e puntuali richieste di interventi pubblici riguardanti i livelli di competenza pubblica in ordine alla realizzazione delle infrastrutture generali;
in difformità - secondo l'interrogante - da quanto previsto nel Piano paesaggistico regionale recentemente adottato, nei compendi oggetto del bando saranno possibili interventi di strutturazione alberghiera ricettiva con annessi centri di benessere, strutture sportive e per il golf,
interventi di miglioramento ambientale e di forestazione, la realizzazione di strutture di supporto alla fruizione turistica dei siti di archeologia industriale eventualmente insistenti su tali aree;
gli interventi di messa in sicurezza, riqualificazione ambientale e bonifica delle aree interessate dalla gara saranno a carico della Regione, che per la realizzazione degli interventi si avvarràdei soggetti istituzionalmente preposti, quali la IGEA Spa;
la gara si svolgerà secondo procedura negoziata privata distinta in due fasi, la prima per la presentazione della documentazione comprovante i requisiti di ammissibilità dei soggetti partecipanti, la seconda per la presentazione di una proposta di piano urbanistico di riqualificazione dell'area, di un progetto economico e gestionale di sviluppo e valorizzazione socio-economica, di un'analisi del fabbisogno e di un eventuale progetto di sviluppo delle infrastrutture viarie e di collegamento, e di un'offerta economica per l'acquisto dei beni;
il bando di gara non riporta alcuna spiegazione relativamente alle modalità di svolgimento della fase preselettiva e in particolare ai criteri in base ai quali saranno valutate le manifestazioni di interesse pervenute;
non è fornita altresì alcuna informazione sulle modalità con cui saranno composte le due commissioni esaminatrici che si occuperanno, rispettivamente, della fase di preselezione e di quella di aggiudicazione;
il bando di fatto ad avviso dell'interrogante preclude ogni possibilità di iniziativa da parte del Parco geominerario storico e ambientale della Sardegna. La partecipazione del direttore generale del Parco all'organismo di valutazione, né soddisfa né rispetta le prerogative del Parco come previste dal decreto ministeriale 16 ottobre 2001 (Istituzione del Parco geominerario storico ed ambientale della Sardegna pubblicato nella Gazzetta Ufficiale italiana n. 265 del 14 novembre 2001), istitutivo del Parco. Infatti, tale decreto attribuisce al Parco, attraverso i componenti degli organi direttivi, la finalità di «assicurare la conservazione e valutazione del patrimonio tecnico, scientifico, storico-culturale ed ambientale dei siti e dei beni ricompresi nel territorio», nonché la competenza (a) a recuperare e conservare i cantieri e i siti (b) a recuperare e conservare il patrimonio di archeologia industriale; (c) a proteggere e conservare gli habitat e il paesaggio culturale generato dall'attività mineraria nonché (d) le zone di interesse archeologico e i valori antropici delle attività umane connesse all'espletamento delle attività minerarie; (e) a promuovere e sostenere attività educative, ricreative, sportive e artistico-culturali compatibili con i valori da tutelare; (f) a promuovere, sostenere e sviluppare centri di ricerca di eccellenza di livello internazionale; (g) a collaborare con gli enti locali e con le istituzioni competenti al fine di concorrere alla creazione, nel territorio del Parco, di un nuovo processo integrato di sviluppo sostenibile; (h) di curare, d'intesa con gli enti locali preposti, il coordinamento di interventi di bonifica, di riabilitazione e di recupero;
per realizzare tale finalità e adeguarsi alle competenze sopra indicate, il decreto istitutivo indica come incompatibili con gli obiettivi sopra indicati: (a) qualsiasi mutamento della destinazione dei terreni e quanto altro possa incidere sulla morfologia del territorio; (b) il danneggiamento e la distruzione dei manufatti; (c) l'esecuzione di nuove costruzioni e la trasformazione di quelle esistenti; (d) lo svolgimento di attività pubblicitarie non autorizzate dall'organismo di gestione;
la deliberazione della Giunta e il bando di gara per trattativa privata secondo l'interrogante violano le disposizioni dei decreto istitutivo del Parco, escludono sia gli organi direttivi del Parco, sia la Comunità dalle decisioni e dagli interventi, così svuotando di contenuto e di possibilità
operativa il Parco, i suoi organi direttivi e la comunità che del Parco è direttamente partecipe;
la deliberazione, secondo l'interrogante oltre che palesemente antidemocratica, appare in contrasto con le direttive europee per quanto riguarda gli appalti pubblici;
l'impegno a farsi carico delle operazioni di messa in sicurezza, riqualificazione ambientale e bonifica, ad avviso dell'interrogante, espone la Regione al pericolo di investire nell'operazione di cessione risorse superiori a quelle che potrà acquisire e dunque di rendersi responsabile di un danno erariale -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se gli stessi corrispondano al vero; in caso affermativo, quali iniziative di propria competenza intendano adottare in merito con particolare riferimento alla possibilità che siano coinvolti direttamente, così come previsto dal decreto ministeriale e perché competenti in materia di conservazione, protezione, promozione dei territori interessati nonché competenti a promuovere e sostenere attività di ricerca, di sviluppo e di collaborazione con altri Enti, gli organi rappresentativi del consorzio costituito dal Ministero dell'ambiente, dal Ministero della attività produttive, dal Ministero dell'istruzione, università e ricerca scientifica, dal Ministero dei beni e attività culturali, dalla Regione Autonoma della Sardegna e, in particolare, la comunità del parco.
(4-00714)