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Allegato B
Seduta n. 33 del 27/7/2006
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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interpellanze:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere - premesso che:
molte opere d'arte italiane, famose ed importanti, fin dai tempi di Napoleone sono state considerate prede belliche da parte della Francia e, oggi, sono in possesso dei più noti musei d'oltralpe;
non risulta sia stata ancora avviata alcuna procedura formale diretta ad ottenere la restituzione di quelle opere che costituiscono, a tutti gli effetti, parte integrante del patrimonio artistico-culturale della nostra Nazione -:
quale sia l'attuale situazione e quali determinazioni codesto Governo intenda assumere per addivenire alla migliore soluzione.
(2-00087) «Nan».
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
nel 2002 l'Unesco ha inserito le città di Caltagirone, Ragusa, Noto e Modica, famose nel mondo per i loro capolavori barocchi, nella prestigiosissima World heritage list, tra i beni patrimonio mondiale dell'umanità; tale riconoscimento ha con
sentito l'avvio di una diversa forma di sviluppo basato su turismo, artigianato ed enologia con una crescita delle presenze turistiche valutato nel 2005 del 20 per cento in più rispetto al 2004;
nel marzo 2004 l'allora assessore regionale all'Industria dell'Udc, firma 4 decreti che danno il via libera alla ricerca e all'estrazione di idrocarburi gassosi e liquidi in tutta la Sicilia Orientale da parte di 4 compagnie petrolifere (Eni, Sarcis, Edison e Panther Resources); l'area interessata comprende le province di Catania Siracusa Ragusa ed Enna; in particolare la Panther resources, una società petrolifera texana, ottiene il permesso di cercare gas e petrolio per 6 anni in sedici comuni per la gran parte ricadenti nell'area tutelata dall'Unesco; la società concentra le sue ricerche in provincia di Ragusa, dove individua taluni pozzi;
i decreti sono basati sulla legge regionale n. 14 del 2000 che disciplina la ricerca e coltivazione di idrocarburi nel territorio della regione; in particolare l'articolo 6 recita: «...I proprietari o possessori dei fondi compresi nel perimetro del permesso o della concessione non possono opporsi alle operazioni di prospezione, ai lavori di ricerca ed ai lavori necessari per la coltivazione e sfruttamento del giacimento [...] Non sono soggetti ad alcun provvedimento autorizzatorio, nulla osta, assenso comunque denominato, le opere temporanee per attività di prospezione e di ricerca..» la premessa del disciplinare, che ripete la disposizione di legge recita «..la concessione comprende anche il diritto a costruire, esercire e mantenere un sistema, parziale o completo, di serbatoi e di condotte. [...] Tale sistema può comprendere, fra l'altro, le stazioni di spinta iniziale o intermedie e i relativi serbatoi, macchinari annessi, le condotte principali e secondarie». Poiché l'area concessa è pari circa 740 kmq, sostanzialmente si rischia di trasformare l'intero Val di Noto in un enorme complesso estrattivo gaspetrolifero;
a seguito dell'allarme degli ambientalisti la Giunta regionale tenta di porre riparo inizialmente con delle sospensive dei permessi (maggio e luglio 2005); successivamente (agosto 2005) tenta in Consiglio, con un emendamento alla legge regionale sul turismo, di vietare le perforazioni in aree tutelate UNESCO; con una votazione trasversale, che vede da un lato ambientalisti ed AN e dall'altro la sinistra e Forza Italia, l'emendamento viene respinto; a questo punto una parola decisiva sembra arrivare dal Presidente della Regione On. Cuffaro, che al settimanale Panorama anticipa: «Riporteremo in aula la norma, se serve ricorrendo anche al voto di fiducia. E nel territorio di Ragusa il sindaco dovrà ritirare le concessioni»; viceversa il sindaco di Ragusa, della Margherita, unico tra i 16 sindaci interessati, concede le autorizzazioni;
nel gennaio 2005 nasce il Comitato contro le trivellazioni promosso non solo dalle Associazioni ambientaliste, ma anche dagli operatori turistici della zona; L'11 agosto 2005 il Comitato fa presentare a Legambiente nazionale un ricorso al TAR Sicilia per vizi procedurali riscontrati nell'iter autorizzativo dei permessi; nel dicembre successivo il TAR respinge le sospensive e la Panther ricomincia le trivellazioni; il 23 gennaio 2006 cinque comuni del Val di Noto (Noto - Caltagirone - Modica - Rosolini e Buscami) a cui poi si sono aggiunti Avola e Chiaramente Gulfi votano una Mozione in cui si dichiarano contrari al modello di sviluppo prospettato richiedendo alla Regione di tornare indietro sui suoi passi; anche la provincia di Siracusa, ha votato una presa di posizione ferma contro le Ricerche gas-petrolifere, incaricando un pool di avvocati a difesa del territorio, mentre il comune di Rosolini ha avanzato un proprio ricorso al TAR;
inizialmente distante dalle aree più delicate, nel maggio 2006 la Panther ha chiesto ai proprietari di terreni a 4 km da Noto di cedere porzioni di terreni di 0,6 ettari per impiantare i loro cantieri ed avviare le loro attività;
stupisce più di ogni altra cosa la posizione dell'assessore regionale ai Beni
Culturali ed Ambientali il quale ha affermato, sulla rivista «Economy» del 26 gennaio 2006, che «...a proposito delle trivellazioni petrolifere, ... non esistono vincoli di nessun genere nelle campagne desolate dello stesso Val di Noto; viceversa risulta che i territori in oggetto sono interessati da un articolato regime vincolistico, derivante dall'applicazione del nuovo codice dei Beni Culturali, (decreto legislativo n. 42 del 2004), ex articolo 136 (vincoli diretti) ed ex articolo 142 (aree tutelate per legge, riserve naturali ed aree riconosciute «Patrimonio dell'Umanità dall'apposita commissione UNESCO, nonché Siti d'interesse Comunitario). Lo stesso assessorato regionale ai Beni culturali ed Ambientali, inoltre, nel decreto del 26 luglio 2000, dichiara «il notevole interesse pubblico ed il cospicuo carattere di bellezze naturali e di singolarità geologica, sottopone a vincolo paesaggistico l'area comprendente la valle del Fiume Tellaro e dei torrenti Tellesimo e Prainito, della Cava Scardina, Cava Grande, Cava Lazzaro, Cava Croce Santa, Cava Scalarangio, ricadente nei comuni di Rosolini, Noto e Palazzolo Acreide»;
nelle ultime settimane la Regione Sicilia ha richiesto alle società petrolifere la Valutazione di impatto ambientale e la Valutazione di incidenza relativa agli interventi previsti; desta perplessità il fatto che queste due procedure siano state richieste ora e non allora; d'altro canto va anche considerato che la Regione Sicilia se bloccasse autonomamente le concessioni, potrebbe esporsi alla rivalsa delle società concessionarie, relativamente ai danni prodotti dagli investimenti non andati a buon fine; tale rischio sarebbe minore se il blocco o la riconsiderazione delle attività fosse imposto a livello centrale; in ogni caso è difficilmente accettabile che si possa mettere a rischio il patrimonio del Val di Noto per 100 mila euro annui a pozzo, più il 7 per cento di royalty da dividere fra comune e regione;
a quanto esposto conclusivamente si aggiunge che con la legge 20 febbraio 2006, n. 77 sono state introdotte nel nostro ordinamento misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella «lista del patrimonio mondiale», posti sotto la tutela dell'UNESCO -:
quali siano gli intendimenti del ministro interpellato in merito alla vicenda esposta e se non ritenga opportuno intervenire, con gli strumenti che gli sono propri, per bloccare la prosecuzione delle trivellazioni petrolifere nell'area del Val di Noto.
(2-00090)«Francescato».
Interrogazione a risposta in Commissione:
CAPARINI e GOISIS. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel 1909 il naturalista Gualtiero Laeng fece la prima segnalazione ufficiale della presenza di incisioni rupestri preistoriche in Valcamonica. Settant'anni dopo l'UNESCO riconosciutane la fondamentale importanza, anche in seguito alle intense ricerche e alle pubblicazioni scientifiche di numerosi studiosi dall'Italia e dall'estero, inseriva il patrimonio dell'arte rupestre della Valcamonica nella lista mondiale dei siti di eccezionale e universale valore culturale dichiarandolo Patrimonio dell'Umanità;
l'arte rupestre di Valcamonica è un patrimonio archeologico di circa 1.500 superfici rocciose all'aperto sulle quali sono incise centinaia di migliaia di raffigurazioni durante un arco cronologico che ha il culmine nella Preistoria e nel I millennio a.C. pur arrivando fino all'Era Moderna. Si tratta di un complesso figurativo di inestimabile valore culturale. Attraverso l'arte rupestre è infatti possibile ricostruire aspetti complessi del pensiero, dell'ideologia di popolazioni scomparse, integrando le informazioni che ci giungono dalle fonti archeologiche con elementi a volte sorprendenti e spesso ancora largamente misteriosi;
coloro che oggi si recano in visita in Valcamonica incontrano un immenso giacimento archeologico e iconografico in situ. Tale caratteristica, se da un lato ne rappresenta un inestimabile valore aggiunto, dall'altro ne evidenzia l'intrinseca debolezza, mostrandone la natura di bene culturale difficile da musealizzare e da proteggere;
una modesta percentuale di queste superfici (circa il 30 per cento) è attualmente inserita in aree protette di differente tipologia giuridica (parchi di competenza comunale, regionale e nazionale), purtroppo non sempre sufficienti a garantirne la salvaguardia e, al contempo una «sostenibile fruibilità» pubblica;
ai tradizionali problemi di conservazione, come l'inquinamento atmosferico e l'azione degli agenti naturali (esfoliazioni e distacchi superficiali, attacchi di organismi biologici quali muschi, licheni e alghe), è da aggiungersi la deliberata azione dell'uomo che senza dubbio ne costituisce oggi più che mai il fattore più distruttivo;
solo negli ultimi anni numerose importanti rocce istoriate per la maggior parte situate all'interno di aree protette, sono state sfigurate a seguito di atti di vandalismo o di negligenza: gennaio 2002, vengono date alle fiamme le due ricostruzioni di capanne dell'Età del Ferro che si trovano all'interno della Riserva Regionale di CetoCimbergo-Paspardo, una delle quali viene completamente distrutta; primavera 2002, su una roccia fittamente incisa di Paspardo (loc. Vite-Deria) viene definitivamente infisso un perno metallico a pochi centimetri da alcune raffigurazioni preistoriche durante i lavori temporanei di sollevamento del legname dal bosco sottostante; luglio 2002, la roccia 30 di Foppe di Nadro, una eccezionale composizione monumentale dell'Età del Rame, viene sfregiata da ignoti che rovinano alcune figura preistoriche e vi incidono accanto il sedicente richiamo a pseudo radici culturali di supposta matrice «celtica»; primavera 2003, alcune rocce di recente studio, poste ai lati dell'antico sentiero acciottolato Grevo-San Fiorano, vengono completamente distrutte in seguito ai lavori di allargamento del sentiero stesso, ora ampio e asfaltato; estate 2003, numerose figure delle rocce 36, 38, 39, 40 di Foppe di Nadro vengono irrimediabilmente danneggiate mediante graffiti ripetuti al loro interno; inverno 2003, durante i lavori di ampliamento di una vecchia mulattiera in località Dos Costapeta (Paspardo) vengono costruiti manufatti in cemento e pietra a ridosso di un'importante roccia incisa, che per altro portava già i segni di precedenti gravi atti vandalici (figure graffite, scritte, ecc.); la roccia viene in più punti danneggiata dalla pala della ruspa; maggio 2004, al margine della strada Capo di Ponte-Paspardo, in località Deria, viene frantumata parte di una roccia incisa durante i lavori di posa del metanodotto; primavera 2004, la roccia 27 di Foppe di Nadro viene rovinata da estesi graffiti; più o meno nello stesso periodo alcuni vandali sfregiano una roccia di Paspardo appena studiata dalla Cooperativa Archeologica «Le Orme dell'Uomo» e posta nei pressi dei giardini pubblici del paese in località Castagneto; estate 2004, il Masso dei Corni Freschi, una composizione monumentale dell'età del Rame nei pressi di Darfo Boario Terme, da poco sottoposto a restauro e consolidamento da parte della Soprintendenza, viene abitualmente utilizzato dai free climbers come parete di arrampicata; evidenti i danni causati dall'uso di polveri di manganese e chiodi da scalatore; settembre 2004, su una roccia della località I Verdi, appena studiata dal Dipartimento Valcamonica del CCSP e posta all'interno della Riserva Regionale delle Incisioni Rupestri dei Ceto-CimbergoPaspardo, vengono profondamente incise da ignoti alcune scritte; novembre 2004, durante i lavori di ampliamento della strada Cemmo-Pescarzo (Capo di Ponte), in località Cedolina, viene quasi completamene distrutta una roccia istoriata tornata in luce per la prima volta proprio in seguito ai lavori di sterro e purtroppo non riconosciuta dagli addetti preposti al controllo; novembre 2004, la roccia 6 di Foppe di Nadro, una tra le
superfici maggiormente visitate della Riserva per l'immediata accessibilità e per la ricchezza delle incisioni presenti, viene gravemente sfregiata in numerose sue parti da ignoti. Alcune raffigurazioni, che rappresentano degli unicum nell'intera Valle, vengono indelebilmente danneggiate a colpi di pietra. Si tratta probabilmente dell'episodio più grave tra quelli qui ricordati;
a questo elenco sono da aggiungersi numerosi altri atti vandalici non collocabili nel tempo, le cui conseguenze sono tuttavia ancora ben visibili sulle rocce: residui di calchi in gesso e in pasta siliconica che in taluni casi obliterano completamente le incisioni, levigature di superfici per sfregamento di oggetti litici, evidenziazioni delle incisioni con materiali coloranti (pigmenti, pastelli a cera, ecc.);
passati irrimediabili e ormai storici «dati di fatto» i ben noti danni causati dall'incontrollata proliferazione di infrastrutture (tralicci dell'alta tensione, strade, edifici, ecc.) nei pressi, se non addirittura a ridosso, delle aree istoriate;
durante la sessione annuale UNESCO tenutasi in Cina nel Luglio 2004, dopo venticinque anni dal suo inserimento nella World Heritage List, è stato segnalato l'assenza di una precisa delimitazione geografica delle aree istoriate e di un complessivo piano di gestione delle stesse ed è stata avviata una procedura di verifica globale sullo «stato di salute» dell'arte rupestre della Valcamonica;
i fattori che hanno reso possibile il degrado del patrimonio archeologico camuno sono da cercare nella libera fruizione delle rocce istoriate (con la sola eccezione del Parco Nazionale di Naquane), la mancanza di educazione e di sensibilizzazione nei confronti di un bene culturale unico e di «tutti», la costante assenza di procedimenti giudiziari e/o indagini relative agli «ignoti vandali» e l'assenza di coordinamento progettuale e operativo tra i vari Enti coinvolti nella gestione, nell'amministrazione e nella ricerca -:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere al fine di salvaguardare questo straordinario e universale patrimonio.
(5-00146)
Interrogazione a risposta scritta:
PICCHI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel territorio comunale di Firenze è in corso di realizzazione la prima linea tranviaria Scandicci - S.M. Novella;
il tracciato della prima linea tranviaria prevede l'attraversamento del fiume Arno per consentire il collegamento della zona denominata anticamente «Fuori Porta San Frediano» - più comunemente detta «Pignone» per via della «pigna» o «pinna» in corrispondenza del molo al quale venivano assicurate le imbarcazioni - con il viale A. Lincoln e che pertanto è stato avviato un cantiere per la costruzione di un nuovo ponte sul fiume;
in corrispondenza del punto ove deve poggiare l'arcata del ponte sul lato del Pignone aveva sede un antico porto fluviale conosciuto come lo «Scalo dei Navicelli» ricordato in numerosi testi storici nonché tramandato ai posteri nel suggestivo dipinto di Lucantonio degli Uberti del 1472, conservato al Kupferstichkabinett di Berlino;
durante le operazioni di scavo del cantiere sono emersi importanti reperti archeologici che si ritiene possano essere riconducibili ad un antico attracco di epoca romana, forse uno degli scali fluviali commerciali della colonia Florentia;
peraltro tutta l'area interessata dal cantiere tranviario sul lato del Pignone ha rilevanza da un punto di vista storico come testimonia un antico edificio, ora demolito, che poteva collegarsi con l'attività commerciale svolta sul fiume per la singolare architettura che prevedeva ripide scale che conducevano sul greto del fiume stesso;
il progetto non prevede solo la costruzione di un ponte tranviario ma anche la realizzazione di un sottopasso riservato agli automezzi che dal Ponte alla Vittoria si dirigeranno verso la circoscrizione 4 e che comporterà massicce operazioni di scavo -:
quali siano nel dettaglio i dati relativi ai reperti archeologici emersi durante le operazioni di scavo presso i cantieri della linea tranviaria n. 1 a Firenze nella zona denominata del «Pignone»;
quali siano i provvedimenti di salvaguardia che il Ministero intende assumere per garantire che venga preservato l'eventuale impianto portuale che emergesse dagli scavi, di probabile valore storico oltre che archeologico e nei confronti del quale i cittadini hanno mostrato notevole interesse;
se intenda promuovere una valorizzazione degli antichi scali fluviali fiorentini legati alla storia della città nonché delle fiorenti attività svolte presso il Pignone nell'ottocento e fino al secolo scorso;
se ritenga necessario prevedere uno studio sui possibile reperti di valore archeologico che potrebbero emergere durante gli interventi di realizzazione delle altre due linee tranviarie che interessano il delicato territorio fiorentino al fine di evitare ritardi o blocco dei lavori conseguenze sul piano economico-finanziario.
(4-00730)