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Allegato B
Seduta n. 33 del 27/7/2006
TESTO AGGIORNATO AL 27 SETTEMBRE 2006
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
considerato che:
da una parte le dichiarazioni del Sottosegretario al Ministero dell'economia e delle finanze on. Pierpaolo Cento («la TAV non si fa ... nemmeno con Prodi» e «Questo Governo non farà la TAV»), e quelle del Ministro della solidarietà sociale Paolo Ferrero («nel programma sottoscritto da tutta l'Unione la Torino-Lione non è inserita come una priorità») dall'altra quelle del Ministro delle infrastrutture Antonio Di Pietro («Confermo che il Governo intende realizzare la nuova tratta ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione»), hanno messo in evidenza una preoccupante discordanza in seno al Governo in merito alla questione TAV;
visto che:
contemporaneamente alle esternazioni sopra riportate, è avvenuto di recente lo sgombero di ruspe e scavatrici che avrebbero dovuto effettuare i primi sondaggi per la realizzazione del maxi tunnel di Venaus, in tal modo aumentando non solo i dubbi sull'effettiva attuazione della Tav ma facendo altresì temere per tutte le grandi opere in programma soprattutto nel Nord del Paese;
rilevato che:
da un lato il Commissario europeo ai trasporti Jacques Barrot ha ribadito che «la Torino-Lione supera l'interesse di Italia e Francia, è una grande opportunità per tutta l'Europa» e che «non ci sono alternative possibili, ci sono solo benefici a lungo termine per tutta l'Europa, Val Susa e Maurienne comprese», dall'altro il 4 luglio 2006 si è tenuta a Lione la conferenza intergovernativa italo-francese e che la Francia sta già sollecitando l'Unione europea a finanziare i suoi grandi progetti infrastrutturali, tra cui anche la Torino-Lione, in modo da anticipare le procedure per l'assegnazione delle risorse del budget europeo per le reti di collegamento transeuropee, che ammonta a 8 miliardi di euro;
considerato che:
il Presidente del Consiglio dei ministri Prodi ha dichiarato che avrebbe chiarito la posizione del Governo nel proseguire nella realizzazione dell'opera con il commissario europeo coordinatore del corridoio 5, Loyola De Palacio, e che in data 29 giugno 2006 è stato convocato l'annunciato tavolo politico sulla Tav alla presenza dei Ministri competenti e degli esponenti delle realtà locali;
visto che:
nel DPEF 2007-2011 e nelle audizioni in Commissione dei ministri competenti, è stato annunciato che per le procedure autorizzative della Ferrovia Torino-Lione non si intendono applicare le normative previste dalla «Legge obiettivo» e si intende invece tornare alle procedure ordinarie previgenti;
sottolineato che:
mentre in Italia si convocano ancora dei tavoli di consultazione giustificandoli con la necessità di procedere ad ulteriori approfondimenti, appare sempre più preoccupante e rischioso per l'interesse nazionale un ulteriore ritardo nella realizzazione della tratta ad alta velocità Lione-Torino, sia per la possibile perdita dei finanziamenti europei, sia perché la realizzazione del corridoio Strasburgo-Bratislava costituirebbe un'alternativa al corridoio 5 ed escluderebbe l'Italia dalle grandi linee di collegamento europee;
il completamento della Torino-Lione (la cui capacità di trasporto, lungo l'asse del corridoio 5, è stata valutata in sede europea pari a circa, 1/3 dell'intero traffico merci e passeggeri del nostro continente) consentirà di ridurre i costi ed i tempi dei trasporti oggi gravanti sulle imprese italiane; di investire, altresì, in innovazione ed alta tecnologia e, infine, di
creare una imponente massa di posti di lavoro non solo nella fase di cantiere ma anche e soprattutto a regime, ove soltanto si consideri che, sulla futura piattaforma logistica tra Torino e Milano, vengono oggi valutate in 300.000 le unità lavorative che in futuro saranno a vario titolo coinvolte;
impegna il Governo:
ad attivarsi per superare una volta per tutte le riserve e l'aperta opposizione che ancora oggi alcuni rappresentanti del Governo, esponenti di importanti aree della maggioranza, esprimono pubblicamente in merito alla realizzazione della tratta alta velocità Torino-Lione, garantendo l'unità di indirizzo politico e amministrativo la cui responsabilità spetta costituzionalmente al Presidente del Consiglio al quale compete, inoltre, il potere di concordare con i singoli ministri le pubbliche dichiarazioni che essi intendono rendere e che impegnano la politica generale del Governo;
a concludere positivamente, entro il termine improrogabile del 30 settembre 2007, le procedure autorizzative e di appalto così da evitare la perdita degli ingenti fondi già stanziati dall'Unione europea in favore del nostro Paese.
(1-00017) «Zanetta, Elio Vito».
NUOVA FORMULAZIONE
La Camera,
premesso che:
da una parte le dichiarazioni del Sottosegretario dell'economia e delle finanze, onorevole Pier Paolo Cento («la Tav non si fa (...) nemmeno con Prodi» e «Questo Governo non farà la Tav»), e quelle del Ministro della solidarietà sociale, onorevole Paolo Ferrero («nel programma sottoscritto da tutta l'Unione la Torino-Lione non è inserita come una priorità»), dall'altra quelle del Ministro delle infrastrutture, onorevole Antonio Di Pietro («Confermo che il Governo intende realizzare la nuova tratta ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione»), hanno messo in evidenza una preoccupante discordanza in seno al Governo in merito alla questione Tav;
contemporaneamente alle esternazioni sopra riportate, è avvenuto di recente lo sgombero di ruspe e scavatrici che avrebbero dovuto effettuare i primi sondaggi per la realizzazione del maxi tunnel di Venaus, in tal modo aumentando non solo i dubbi sull'effettiva attuazione della Tav, ma facendo, altresì, temere per tutte le grandi opere in programma soprattutto nel Nord del Paese;
da un lato il Commissario europeo ai trasporti Jacques Barrot ha ribadito che «la Torino-Lione supera l'interesse di Italia e Francia, è una grande opportunità per tutta l'Europa» e che «non ci sono alternative possibili, ci sono solo benefici a lungo termine per tutta l'Europa, Val Susa e Maurienne comprese», dall'altro il 4 luglio 2006 si è tenuta a Lione la conferenza intergovernativa italo-francese e la Francia sta già sollecitando l'Unione europea a finanziare i suoi grandi progetti infrastrutturali, tra cui anche la Torino-Lione, in modo da anticipare le procedure per l'assegnazione delle risorse del budget europeo per le reti di collegamento transeuropee, che ammonta a 8 miliardi di euro;
il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Romano Prodi, ha dichiarato che avrebbe chiarito la posizione del Governo nel proseguire nella realizzazione dell'opera con il Commissario europeo coordinatore del corridoio 5 Loyola De Palacio e in data 29 giugno 2006 è stato convocato l'annunciato tavolo politico sulla Tav alla presenza dei Ministri competenti e degli esponenti delle realtà locali;
nel documento di programmazione economico-finanziaria 2007-2011 e nelle audizioni in commissione dei Ministri competenti, è stato annunciato che per le procedure autorizzative della ferrovia Torino-Lione non si intendono applicare le normative previste dalla cosiddetta «legge obiettivo» e si intende, invece, tornare alle procedure ordinarie previgenti;
mentre in Italia si convocano ancora dei tavoli di consultazione giustificandoli con la necessità di procedere ad ulteriori approfondimenti, appare sempre più preoccupante e rischioso per l'interesse nazionale un ulteriore ritardo nella realizzazione della tratta ad alta velocità Torino-Lione, sia per la possibile perdita dei finanziamenti europei, sia perché la realizzazione del corridoio Strasburgo-Bratislava costituirebbe un'alternativa al corridoio 5 ed escluderebbe l'Italia dalle grandi linee di collegamento europee;
il completamento della Torino-Lione (la cui capacità di trasporto, lungo l'asse del corridoio 5, è stata valutata in sede europea pari a circa 1/3 dell'intero traffico merci e passeggeri del nostro continente) consentirà di ridurre i costi ed i tempi dei trasporti oggi gravanti sulle imprese italiane, di investire, altresì, in innovazione ed alta tecnologia e, infine, di creare un'imponente massa di posti di lavoro, non solo nella fase di cantiere, ma anche e, soprattutto, a regime, ove soltanto si consideri che sulla futura piattaforma logistica tra Torino, Milano e Genova vengono oggi valutate in 300.000 le unità lavorative che in futuro saranno a vario titolo coinvolte;
identica situazione ed ostacoli procedurali si stanno verificando anche per il progetto del terzo valico ferroviario dell'Appennino ligure-piemontese in Valle Scrivia, destinato a mettere in comunicazione il sistema portuale ligure e tirrenico con il Piemonte e con il centro Europa;
dal 1998 sono fermi i lavori per la costruzione del foro pilota, mentre molte amministrazioni liguri e piemontesi si stanno attivando per dotare il territorio di supporti al progetto logistico legato al predetto terzo valico;
impegna il Governo:
ad attivarsi per superare una volta per tutte le riserve e l'aperta opposizione che ancora oggi alcuni rappresentanti del Governo, esponenti di importanti aree della maggioranza, esprimono pubblicamente in merito alla realizzazione della tratta alta velocità Torino-Lione, garantendo l'unità di indirizzo politico e amministrativo, la cui responsabilità spetta costituzionalmente al Presidente del Consiglio dei ministri, al quale compete, inoltre, il potere di concordare con i singoli Ministri le pubbliche dichiarazioni che essi intendono rendere e che impegnano la politica generale del Governo;
a concludere positivamente, entro il termine improrogabile del 30 settembre 2007, le procedure autorizzative e di appalto, così da evitare la perdita degli ingenti fondi già stanziati dall'Unione europea in favore del nostro Paese;
ad attivarsi per sbloccare tempestivamente i lavori di realizzazione del terzo valico ferroviario dell'Appennino ligure-piemontese citato in premessa.
(1-00017) «Zanetta, Elio Vito, Stradella, Zacchera».
La Camera,
premesso che:
le armi nucleari continuano ad essere la più grave minaccia alla sopravvivenza della specie umana e del pianeta;
verso la metà degli anni 60, in piena guerra fredda, inizia a farsi sentire la preoccupazione per la proliferazione delle armi atomiche. Nel 1961 l'ONU apre un grande dibattito sulle misure per la prevenzione della diffusione degli ordigni nucleari che si conclude nel 1968 con la firma del Trattato di Non Proliferazione delle armi nucleari (TNP);
oggi il Trattato vede l'adesione di tutti gli Stati del mondo, dotati di armi nucleari e non, ad eccezione di India, Israele e Pakistan. L'obiettivo principale del Trattato è, nel breve periodo, il controllo e, nel lungo periodo, il disarmo totale di tutti quei Paesi ancora in possesso di armi atomiche. Il Trattato proibisce, infatti, agli Stati firmatari di fabbricare, distribuire o acquisire armamenti, tecnologie o materiali utilizzabili per la loro costruzione;
il regime previsto dal TNP oggi risulta essere particolarmente indebolito dalla decisione, consolidatasi nel corso dell'ultima Conferenza di Revisione (2005), di dare priorità ad uno dei tre pilastri del Trattato, privilegiando la non-proliferazione rispetto al disarmo delle potenze nucleari, mettendo così a rischio tutta l'architettura multilaterale sul disarmo nucleare;
attualmente i principali paesi che dichiarano di possedere armi atomiche, facendo parte del cosiddetto Club dell'atomo, sono: Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Pakistan e India. Israele ufficialmente non dichiara di possedere armi nucleari ma è opinione diffusa che disponga di un arsenale nucleare «illegale» composto di 100 o 200 testate. La Corea del Nord ha un programma nucleare dichiarato ufficialmente e secondo alcune fonti già disporrebbe di alcune testate nucleari, mentre altre nazioni, prima fra tutte l'Iran, sono fortemente sospettate di perseguire un programma di armamento nucleare;
tre Repubbliche dell'ex-URSS (Bielorussia, Kazakistan e Ucraina) hanno già aderito al TNP come Stati non-nucleari. Questo implica che, in un periodo limitato di tempo, le armi nucleari dell'ex-URSS, collocate fuori dal territorio della Federazione, dovranno essere ricollocate nella stessa Federazione Russa;
la pressione del mondo occidentale sull'Iran e sull'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea), porta la questione del nucleare iraniano all'attenzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, anche per iniziativa di paesi dell'Unione europea,
in particolar modo di Francia e Gran Bretagna, due dei negoziatori che si trovano in violazione del Trattato di Non Proliferazione, per non avere rispettato l'obbligo del disarmo nucleare imposto dall'articolo VI del Trattato e ribadito dal parere della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) del 7 luglio 1996;
secondo il parere della CIG, «i governi hanno l'obbligo di impegnarsi in negoziati internazionali che portino ad una proibizione totale e globale delle armi nucleari» gli Stati Uniti, in questo momento, sono l'unica potenza nucleare ad avere proprie armi atomiche dispiegate sul territorio di altri Stati;
il governo statunitense ha ribadito molte volte di non escludere l'opzione nucleare per rispondere ad attacchi con armi biologiche o chimiche;
il «Nuovo Concetto Strategico» adottato dalla NATO nel 1999 (e le successive modificazioni) afferma esplicitamente il ruolo essenziale giocato dalle forze nucleari degli Alleati e si è adeguato all'evoluzione delle dottrine nucleari statunitensi (un documento riservato del 2000 prevede la possibilità dell'uso di armi nucleari contro Stati dotati di armi chimiche o biologiche, anche aderenti al TNP, in aperta violazione della Garanzia di Sicurezza Negativa);
il Trattato impone agli Stati nucleari (articolo I) di «non trasferire assolutamente a nessun destinatario armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi o il controllo su tali armi o congegni esplosivi direttamente, o indirettamente; ed a non assistere, incoraggiare, o indurre in nessun modo qualsiasi Stato che non disponga di armi nucleari a fabbricare od acquisire altrimenti armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, o il controllo su tali armi o congegni esplosivi.», ed agli Stati non nucleari (articolo II) di «non ricevere assolutamente da qualsiasi cedente il trasferimento di armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi o il controllo su tali armi o congegni esplosivi direttamente, o indirettamente; a non fabbricare o acquisire altrimenti armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi; e a non cercare o ricevere nessuna assistenza nella fabbricazione di armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi»;
sei Paesi europei - Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi, Turchia e Regno Unito - ospitano, in base agli accordi NATO sulla «condivisione nucleare», 480 bombe nucleari di proprietà e sotto il controllo degli USA;
secondo i dati contenuti nel dossier «US Nuclear Weapons in Europe» pubblicato dal Natural Resource Defense Council americana nel febbraio 2005, in Italia sono custodite, in virtù dell'accordo Stone Ax tra il nostro paese e gli USA, 50 bombe atomiche nella base di Aviano e altre 40 in quella di Ghedi Torre, in provincia di Brescia. Le bombe nucleari sono del modello B 61, che ha una potenza massima di 170 kiloton, dieci volte superiore all'atomica di Hiroshima, e può essere regolato fino a un minimo di 0,3 kiloton. Questo tipo di arma non si presta ad essere montato su missili ma può essere sganciato da cacciabombardieri;
l'Italia stessa risulterebbe pertanto in violazione del Trattato, contraddicendo le regole di non proliferazione che Stati Uniti ed Europa cercano di imporre ad altri Paesi e pregiudica la credibilità e l'autorevolezza del nostro Paese nei consessi internazionali relativi al disarmo nucleare ed alla non-proliferazione;
le 90 bombe atomiche presenti a Ghedi ed Aviano non sono gli unici ordigni nucleari presenti sul territorio nazionale, basti pensare a quelle testate trasportate da sommergibili a capacità nucleare che possono attraccare liberamente in ben 11 porti del nostro paese, con gravi rischi per la sicurezza, grazie ad accordi con gli USA coperti da segreto militare, o quelli ancora distaccati presso la base statunitense di Santo Stefano sull'isola de La Maddalena;
considerato che:
gli Stati autonomamente possono decidere di non accettare queste armi ed
hanno il potere di richiederne la rimozione; infatti gli ordigni nucleari USA-NATO sono stati rimossi dal Canada, dalla Grecia, dalla Danimarca (Groenlandia) e dall'Islanda, ed ognuno di questi Paesi continua a far parte in maniera attiva della NATO;
i governi dei Paesi europei membri della NATO rivestono un ruolo diretto nello sviluppo delle politiche dell'Alleanza e hanno la possibilità di modificare queste politiche, e che il prossimo novembre si terrà a Riga la Conferenza Annuale della NATO che tra l'altro ridiscuterà del Concetto Strategico della NATO;
molte sono le iniziative in corso in tutto il mondo, guidate dalla Campagna Mayors for Peace, lanciata dai Sindaci di Hiroshima e Nagasaki e dalla Coalizione «Abolition Now!», promossa da più di 2000 associazioni e ONG in tutto il mondo;
la questione degli accordi di condivisione nucleare è stata oggetto di importanti iniziative in parlamenti di Paesi NATO, tra cui Germania e Belgio. In quest'ultimo, Camera dei Deputati e Senato hanno approvato risoluzioni che richiedono la rimozione degli armamenti nucleari statunitensi dal loro paese;
il 71,5 per cento degli italiani ha risposto affermativamente alla domanda «Vuoi che l'Europa sia libera o no dalle testate nucleari?» nell'ambito di un sondaggio commissionato recentemente da Greenpeace a Eurisko,
impegna il Governo:
a richiedere alla NATO che gli armamenti atomici di stanza nel nostro Paese siano riconsegnati agli Stati Uniti per lo smantellamento;
ad adottare iniziative affinché sia garantita la creazione di un sistema di verifica indipendente e pubblicamente responsabile che accerti l'assenza degli ordigni nucleari e lo smantellamento dei ricoveri protettivi;
a pubblicare un rapporto annuale sull'ambiente e di controllo della radioattività delle basi militari nucleari e redigere un piano di intervento e bonifica di ogni contaminazione inquinante e/o radioattiva durevole derivante dalla presenza di armamenti atomici;
ad avviare un confronto politico all'interno dell'Unione europea affinché la comunità stessa richieda agli Stati Uniti il ritiro di tutti gli ordigni atomici USA-NATO presenti in Europa per il loro smantellamento;
a chiedere al Consiglio Nord Atlantico di cancellare qualsiasi riferimento esplicito agli armamenti nucleari da ogni missione, mandato, concetto strategico e struttura della NATO a far sì che l'intero equipaggiamento militare e le infrastrutture assegnati alla NATO non forniscano sostegno e supporto ad una qualsiasi missione nucleare della NATO;
ad intervenire in tutte le sedi opportune affinché osservatori internazionali appartenenti alle Nazioni Unite e all'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica abbiano il mandato - d'intesa con la NATO - di sorvegliare il ritiro degli armamenti atomici USA-NATO e la distruzione dei ricoveri protettivi per gli ordigni in tutti gli hangar, nonché di effettuare regolari ispezioni di quegli stessi siti onde garantire che il potenziale nucleare non possa esservi ripristinato;
ad attivarsi perché sia rivisto il «Nuovo Concetto Strategico» adottato dalla NATO nel 1999 con successive modificazioni dove si afferma esplicitamente il ruolo essenziale giocato dalle forze nucleari degli Alleati e adeguato all'evoluzione delle dottrine nucleari statunitensi;
a sostenere nell'ambito delle Nazioni Unite la convocazione della Conferenza ONU sul Disarmo per rilanciare a livello internazionale un'iniziativa per il disarmo nucleare e per la creazione di aree denuclearizzate in Medio Oriente e nel Mediterraneo.
(1-00018)
«Deiana, Duranti, Cannavò, Siniscalchi, Folena, Burgio, Cardano, Olivieri, De Cristofaro, Acerbo, De Simone, Smeriglio».
Risoluzioni in Commissione:
Le Commissioni riunite VIII e XIII,
premesso che:
l'intero corso del fiume Po è interessato da una grave crisi idrica, che pone in una situazione di estrema difficoltà le popolazioni interessate e, in particolare, il settore agricolo;
a seguito della richiamata crisi idrica, anche per l'anno in corso, si sta assistendo - nelle aree di pianura dei grandi fiumi del Nord - ad una progressiva risalita del cuneo salino che mette in pericolo gli approvvigionamenti idrici potabili e impedisce la derivazione di acqua dolce per le attività agricole;
l'impossibilità di derivare acqua dolce per fini irrigui ha causato anche negli anni scorsi ingenti danni economici all'agricoltura del territorio dei comuni interessati dal fenomeno;
nell'anno in corso la situazione di emergenza è iniziata, per il Po, già dal 12 giugno, con netto anticipo rispetto agli anni precedenti e proprio nel periodo di maggiore fabbisogno idrico;
i motivi della crisi idrica sono da ricercarsi anche nell'elevato numero di derivazioni presenti a monte e nella notevole portata derivata che deve essere opportunamente regolata nei momenti di crisi, al contrario di ciò che accade, a partire dal 2003, con il cambiamento del mercato dell'energia che condiziona, per motivi tecnico-economici, il periodo di produzione dell'energia idroelettrica dei bacini montani, i quali, quindi, non sempre rilasciano sufficienti volumi d'acqua nei momenti di «magra»;
è necessario intervenire per fronteggiare la crisi in atto, anche con provvedimenti di emergenza, pur nella piena consapevolezza che il problema complessivo dello squilibrio tra fabbisogni e disponibilità idriche deve essere affrontato con un insieme strutturale di politiche, che si intrecciano tra di loro, e sulle quali il Parlamento potrà dare il proprio contributo in un'ottica di più ampia programmazione e prevenzione,
impegna il Governo:
a) a dichiarare lo stato di emergenza e di calamità nei comuni colpiti dalla siccità, in particolare nelle aree alle foci del Po, in maniera tale da attivare tutti gli strumenti istituzionali necessari e verificando, altresì, la possibile attivazione di risorse del Fondo di solidarietà nazionale in agricoltura;
b) ad invitare, secondo la rispettiva competenza, gli enti istituzionalmente competenti alla gestione della rete idrica a provvedere all'attivazione immediata di azioni indispensabili per garantire che, alla sezione di Pontelagoscuro del fiume Po, si registri una portata sufficiente a garantire le captazioni dagli acquedotti e le derivazioni irrigue;
c) ad attivarsi affinché, nel pieno rispetto del principio di solidale e leale collaborazione, siano poste in essere tutte le possibili iniziative di coordinamento per garantire l'attivazione delle responsabilità in capo alle autonomie territoriali, anche ai fini del rafforzamento della cooperazione inter-istituzionale.
(7-00037) «Realacci, Lion, Pedulli, Di Gioia».
La XIII Commissione,
premesso che:
la legge n. 119 del 2003 è stata emanata con l'obiettivo di superare le difficoltà applicative del sistema «quote latte» attraverso l'introduzione di misure innovative quali:
la mobilità delle quote latte fra Regioni consentendo un riequilibrio fra quote e produzioni;
l'istituzione del versamento mensile e la conseguente restituzione del prelievo in eccesso ai produttori in regola coi versamenti;
l'opportunità per i produttori di regolarizzare la loro posizione, aderendo alla rateizzazione dei prelievi pregressi;
gli effetti della riforma registrati nelle prime due campagne lattiere sono stati sostanzialmente positivi in quanto hanno accompagnato una naturale ristrutturazione del settore lattiero, caratterizzato dalla cessazione dell'attività delle aziende più marginali a favore di una concentrazione della produzione in aziende di maggiori dimensioni ed in zone più vocate;
la maggior parte dei produttori, più del 60 per cento hanno cercato di regolarizzare la loro posizione aderendo alla rateizzazione e acquistando quota latte;
la produzione in eccedenza (esuberi individuali) è passata da 1.200.000 ton. registrate nel 2002-2003 a circa 850.000 ton. nelle campagne 2003-2004 e 2004-2005, segnando un calo di circa il 29 per cento;
il prelievo supplementare, per effetto della normativa vigente, è imputato prioritariamente ai produttori eccedentari che non hanno rispettato l'obbligo del versamento mensile; pertanto i produttori su cui grava in gran parte il prelievo supplementare sono gli stessi che hanno mostrato in passato, e tuttora mostrano, poca sensibilità nei confronti dei vincoli comunitari e nazionali, affidandosi a ricorsi giurisdizionali per evitare l'immediato pagamento del prelievo stesso;
negli ultimi tempi i vari tribunali stanno definendo i ricorsi avanzati per le campagne lattiere dal 1995-1996 al 2004-2005 con sentenze sfavorevoli ai produttori, quindi confermando l'obbligo del pagamento del prelievo supplementare;
le Regioni, in ottemperanza alle disposizioni di legge, procedono alla riscossione delle somme non versate applicando per le campagne del 1995-1996 al 2002-2003 una maggiorazione del 30 per cento o del 100 per cento per i versamenti effettuati in ritardo;
permane la situazione di crisi del settore iniziata nel 2003 e dovuta in parte al mancato equilibrio fra domanda e offerta;
i produttori che fino ad ora non hanno regolarizzato la loro posizione nei confronti dei versamenti supplementari si troverebbero così ad affrontare esborsi elevati e non conciliabili allo stato di crisi attuale;
i produttori che hanno rispettato la normativa acquistando quote e/o versando il prelievo supplementare anche attraverso l'istituto della rateizzazione devono essere salvaguardati dall'introduzione di azioni che potrebbero portare ad ulteriori squilibri di mercato (concorrenza sleale);
l'obiettivo principale del sistema quote latte è il conseguimento di un migliore equilibrio tra offerta e domanda nel settore del latte e dei prodotti lattiero e caseario, per limitare le eccedenze produttive strutturali nell'ambito dell'Unione europea;
nelle campagne lattiere scorse in alcuni paesi dell'Unione europea la produzione di latte rimaneva sotto la quota loro assegnata, senza alcuna possibilità di recupero di tali quantitativi;
impegna il Governo:
ad attivarsi presso le competenti istituzioni comunitarie per ottenere la possibilità di rateizzare il prelievo ancora dovuto e non versato per le campagne pregresse alle seguenti condizioni:
rateizzazione fino al 2017 del prelievo dovuto dal 1995-1996 al 2004-2005;
applicazione di interessi (agevolati) agli importi dovuti per le campagne lattiere dal 2002-2003 al 2004-2005;
ad attivarsi presso le competenti istituzioni comunitarie per consentire una compensazione delle produzioni a livello di Unione europea (o a riequilibrare i quantitativi attribuiti ai vari Stati membri).
(7-00035)
«Zucchi, Bellanova, Franci, Servodio, Brandolini, Fiorio, Maderloni, Baratella».
La XIII Commissione,
premesso che:
a partire dal 1o gennaio 2006 anche il settore oleicolo rientra nell'ambito del regime unico di pagamento, di cui al Reg. 1782/03 e successive modificazioni;
la regolamentazione comunitaria lascia agli Stati membri la possibilità di decidere le dimensioni minime sia per la fissazione dei titoli che per la effettiva dimensione delle parcelle;
il Decreto ministeriale 5 agosto 2004 del Ministero delle politiche agricole prevede all'articolo 6, comma 9 che le dimensioni minime di una azienda per poter presentare la domanda di fissazione dei titoli all'aiuto non possono essere inferiori a 3000 metri quadri e che ciò è stato confermato nel decreto ministeriale 15 marzo 2005, nel quale viene anche specificato che la dimensione minima delle parcelle di terreno è pari a 500 metri quadri;
la particolare struttura dell'Italia e delle sue aziende agricole, fa sì che circa 250.000 olivicoltori si vedrebbero impossibilitati a presentare domanda di fissazione perché hanno a disposizioni superfici inferiori a 3000 metri quadri;
le rappresentanze degli olivicoltori e di alcune organizzazioni professionali agricole hanno sollevato il problema, evidenziando in particolare la funzione indispensabile che tutte le attività agricole, piccole o grandi che siano, hanno in merito alla tutela dell'ambiente e alla conservazione del suolo, del paesaggio, delle tradizioni e della ruralità;
impegna il Governo
a modificare l'articolo 6, comma 9 del decreto ministeriale 5 agosto 2004, stabilendo, per la sola fissazione dei titoli relativi a superfici olivicole, che la dimensione minima delle aziende a tal fine sia pari a 500 metri quadrati.
(7-00036)
«Misuraca, Licastro Scardino, Lazzari, Marinello».