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Allegato B
Seduta n. 35 del 1/8/2006
...
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
il Po è il maggiore fiume italiano, con i suoi 652 chilometri di lunghezza, e il suo bacino idrografico occupa un'area di circa 71.000 chilometri quadrati, da cui se ne deduce che ogni problema riguardante questo fiume diviene una questione ad interesse nazionale;
il cuneo salino, che è la quantità di acqua di mare che risale le foci dei fiumi mescolandosi con acqua dolce, è fenomeno normale che interessa tutti i corsi d'acqua nei pressi del loro sbocco al mare;
il fiume Po, a seguito dei periodi di secca sempre più ricorrenti, che hanno portato alla diminuzione del suo livello idrotermico a -7,25 metri rispetto alla media di riferimento, ha visto, però, trasformarsi il normale manifestarsi del suddetto fenomeno, noto come cuneo salino,
in una possibile minaccia per l'agricoltura ed il turismo nei territori attorno all'area deltizia;
l'acqua salata, infatti, data la scarsa portata del volume di acqua dolce, è riuscita a penetrare dalla foce fino ad elevare in modo insostenibile il grado di salinità del liquido destinato all'irrigazione;
il sale nuoce oltremodo all'irrigazione, provocando la morte delle coltivazioni, e risulta, pertanto, impossibile utilizzare le normali fonti di approvvigionamento per consentire l'irrorazionedi acqua nei campi;
la mancanza di irrigazione porta, in ogni caso, a danni gravissimi all'agricoltura che, priva di acqua, vede perdere quantità ingenti della produzione per l'arsura e la conseguente siccità;
nello specifico le coltivazioni più colpite, al momento, sembrano quelle del riso, colpite in una superficie che si aggira nei 25mila ettari, che costituivano fonte economica di sostentamento per molti agricoltori del Delta;
la produzione del «Riso del Delta», che ha ottenuto di recente il marchio IGP, vede così vanificati gli investimenti finanziari e l'impegno dei risicoltori che attivamente si erano impegnati per lo sviluppo di questa coltura;
sembra che molti dei motivi per cui si è prodotta la suddetta situazione siano imputabili al prelievo di acqua dalle centrali idroelettriche lungo il corso del fiume, che ne riducono drasticamente la portata, così come viene indicato dai Consorzi di Bonifica;
l'acqua trattenuta dagli invasi dei circa 270 bacini idroelettrici destinati alla produzione di energia nell'area a ridosso della Pianura Padana non sarebbe, peraltro, giustificata da criteri produttivi;
nonostante la neve in montagna dell'inverno e le piogge di questi giorni, parrebbe non essere ragionevole prevedere un aumento delle preoccupanti portate di questi giovani, che si aggirerebbero nei 270 metri cubi al secondo registrati presso Pontelagoscuro, nei pressi della foce, e pertanto la situazione parrebbe lontana da una via di soluzione;
l'acqua, fonte primaria di vita, dovrebbe essere destinata, in periodi di carenza, in primo luogo all'uso umano ed in secondo luogo all'uso agricolo, dato che un'eventuale penuria idrica nel primario produrrebbe danni insanabili e cui difficilmente si potrebbe porre rimedio;
esistono, oggigiorno, 1.600 milioni di euro resi disponibili dal piano irriguo nazionale, che risultano ai sottoscrittori attualmente bloccati da incomprensibili cavilli burocratici, che servirebbero a porre in essere misure d'emergenza e ad approntare soluzioni a medio lungo termine che facciano fronte ai problemi del cuneo salino e della diminuzione della portata delle acque del Po, quali, ad esempio, la modernizzazione degli impianti di irrigazione, la sostituzione dei sistemi a scorrimento con quelli a goccia, la realizzazione di serbatoi e di impianti di stoccaggio che diano modo all'agricoltura di attingere acqua senza gravare sul fiume in secca;
con i suddetti fondi sarebbe, altresì, possibile migliorare il sistema di dighe lungo il corso del fiume e approntare più efficienti forme di controllo e gestione che sappiano dare una risposta effettiva alle emergenze connesse al fiume;
è invocata da più parti l'istituzione di una cabina di regia permanente costituita dall'Autorità di Bacino, dall'Associazione Nazionale Bonifiche Italiane, dalle Regioni e dai gestori idroelettrici che riuscirebbe ad agire in modo più puntuale rispetto all'Agenzia Interregionale per il Po, che dispone di poteri limitati, per far fronte ad emergenze quale quella che sta intervenendo in questi giorni;
una più attenta politica per il Po, tramite una riorganizzazione delle autorità preposte al suo controllo e alla sua gestione, diviene indispensabile anche a
fronte di possibili pericolose piene nel periodo autunnale che, a fronte dell'incuria nel mantenimento dell'alveo, potrebbero divenire devastanti, come già avvenne nelle alluvioni del 1994 e, prima ancora, del 1951 -:
quali misure concrete di propria competenza intenda adottare affinché si possa provvedere ad incrementare, con ogni mezzo, la portata d'acqua del fiume Po, al fine di consentire l'irrigazione delle zone limitrofe;
se sia intenzione del Governo promuovere l'avvio di analisi per verificare eventuali responsabilità legate alla diminuzione della portata del corso d'acqua che attraversa la Pianura Padana;
quale strategia di medio lungo periodo intenda formulare affinché l'Italia possa dotarsi di fonti energetiche a basso impatto ambientale;
quali azioni il Governo intenda intraprendere riguardo ai fondi ora bloccati del piano irriguo nazionale, che ammontano a 1600 milioni di euro e che potrebbero essere utilizzati per fornire risposte tempestive all'attuale crisi idrica e ambientale che interessa il corso del fiume;
se intenda avviare, in seno al Governo, delle iniziative anche normative volte all'introduzione di una cabina di regia che coinvolga autorità di bacino, enti locali, Associazione Nazionale di Bonifica e produttori di energia idroelettrica, in modo di dotare il sistema di controllo del fiume Po di un organismo decisionale maggiormente efficiente ed effettivo;
se non ritenga urgente un cambiamento nella normazione delle calamità naturali dato che la fattispecie in questione non può essere determinata compiutamente come tale essendo definibile come «calamità naturale indotta dall'intervento umano».
(2-00095) «Bellotti, Ulivi, Mazzocchi, Proietti Cosimi, Porcu, De Corato, Frassinetti, Moffa, Contento, Patarino, Giulio Conti, Briguglio, Alberto Giorgetti, Lamorte, Bono, Pezzella, Leo, Landolfi, Murgia, Holzmann, Migliori, Benedetti Valentini, Salerno, D'Agrò, Gamba, Giorgio Conte, Mancuso, Lo Presti, Airaghi, Garnero Santanchè, Pedrizzi, Lisi, Buontempo, Gasparri, Nespoli, Siliquini, Angela Napoli, Menia, Antonio Pepe».
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
lo scorso 20 e 21 luglio si è tenuto il sesto «meeting di San Rossore», durante il quale, esperti, politici, amministratori italiani e stranieri ed esponenti del modo artistico si sono confrontati sui temi dell'energia, della necessità di una drastica riduzione dei consumi, dei modi per trarre il massimo dalle potenzialità delle risorse rinnovabili presenti sul pianeta;
lo spirito del convegno è stato quello di partire dai temi della globalizzazione per studiare risposte locali;
studiosi come Geremy Rifkin, Jeremy Legget, Dennis Medow, intellettuali ed artisti come Beppe Grillo e Adriano Sofri, esponenti del mondo istituzionale, industriale e sindacale hanno partecipato a discussioni e dibattiti che hanno come primo obiettivo lo studio di soluzioni locali per poter contribuire a risolvere il problema globale;
l'argomento maggiormente trattato dai relatori è stato quello dell'energia, dello sfruttamento delle fonti rinnovabili e dell'emergenza rifiuti;
tale argomento costituisce un titolo a rischio quando ci sono decisioni in corso d'opera, come la costruzione del termovalorizzatore di Case Passerini che sta creando forti e diffusi dissensi tra la popolazione dei comuni coinvolti che si
preoccupano per la salute dei cittadini già afflitti dall'inquinamento creato da due autostrade, dall'aeroporto, dalla discarica e dall'aerea industriale;
il Ministro dell'ambiente, durante il suo intervento al meeting, è tornato a ribadire che l'incenerimento dei rifiuti «crea problemi al rispetto del protocollo di Kyoto» e propone uno «studio europeo sull'effetto delle nanopolveri sulla salute», dichiarandosi contro i termovalorizzatori;
dopo la conclusione del citato meeting di San Rossore sono apparse sulla stampa nazionale e regionale dichiarazioni del Presidente della regione Toscana, Martini, nelle quali si afferma che, nonostante le posizioni del ministro dell'ambiente e le sue perplessità sul metodo dell'incenerimento dei rifiuti, sul termovalorizzatore a Case Passerini si va avanti come da programma;
infine, sempre secondo il Presidente Martini il Ministro, esprimendosi nei suoi confronti a titolo personale avrebbe apprezzato l'impegno della regione Toscana a costruire piccoli inceneritori, non dicendo di non farli -:
se il Ministro non ritenga opportuno ed urgente chiarire la sua posizione in merito alle diverse ricostruzioni apparse sulla stampa che paiono in contrasto con le idee manifestate nell'intervento a San Rossore.
(2-00104) «Donadi, Evangelisti».
Interrogazione a risposta scritta:
FORMISANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con l'ordinanza n. 94/2003 del 13 agosto 2003, il Sindaco di Cassino ha chiesto alla società concessionaria della regione Campania per la gestione di un acquedotto:
a) di cessare immediatamente il prelievo di acqua dal fiume Gari in modo difforme da quanto autorizzato con il decreto ministeriale citato in premessa;
b) di consentire il monitoraggio autonomo della portata della captazione direttamente dalle bocche di presa;
c) di trasmettere immediatamente al comune di Cassino i dati relativi all'emungimento effettuato sul territorio comunale dal 1o agosto 2003 alla data odierna;
il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, con ordinanza del 18 febbraio 2004, nell'accogliere una domanda cautelare, ha implicitamente riconosciuto la legittimità dell'intervento comunale «a tutela di esigenze contingibili ed urgenti legate all'emergenza igienico-sanitaria connessa alla contingente carenza idrica...»;
con il medesimo provvedimento interinale, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha chiarito che «le problematiche relative alla corretta entità del prelievo idrico debbono essere risolte dall'Autorità concedente»;
il Ministero dell'ambiente - Direzione per la tutela delle acque interne - ha tentato una mediazione tra le Amministrazioni coinvolte, convocando, con nota prot. n. 5377/TAI/DI/GRI del 24 giugno 2003, una riunione per il giorno 23 luglio 2003;
a tale riunione hanno partecipato i soli rappresentanti della regione Lazio e del Comune di Casino;
anche alla successiva riunione del 28 aprile 2004, alla quale sono stati convocati tutti gli enti interessati (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio; regione Lazio; regione Campania, Autorità di Bacino dei Fiumi Liri e Garigliano ed Enti Locali) per concludere l'Accordo di Programma imposto dall'articolo 17 legge 5 gennaio 1994, n. 36, risulta all'interrogante che si è dovuta registrare l'assenza dei soggetti maggiormente interessati, quali la regione Campania e l'Autorità di
Bacino Liri Garigliano: anche in forza dell'impasse venutasi a creare, risulta all'interrogante che la società concessionaria continua a prelevare una quantità d'acqua superiore a quella a suo tempo assentita in via provvisoria;
in forza degli accertamenti tecnici a suo tempo compiuti dai competenti Enti, venne esclusa la possibilità di emungere dalla falda profonda (come, viceversa, previsto dal Piano Regolatore Generale degli Acquedotti del 3 agosto 1968) e, con decreto ministeriale n. 11 del 10 gennaio 1990, venne rilasciata l'autorizzazione provvisoria all'inizio dei lavori per la derivazione dell'acqua, con prelievo dalla fluenza superficiale del Gari di soli l/sec. 2973,77 anziché dei richiesti l/sec. 6000, «salva e riservata ogni decisione in ordine alla concessione di derivazione delle acque»;
la Giunta Regionale del Lazio, con deliberazione n. 2246 del 27 marzo 1990, espresse «parere favorevole, con le prescrizioni di cui ai considerato contenuti nel voto n. 2834 del 16 ottobre 1989 del Comitato tecnico consultivo regionale - 2a sezione, sul progetto di massima relativo alla captazione con prelievo superficiale della portata di 3000 l/sec.»;
infatti, il rappresentante dell'allora Cassa per il Mezzogiorno sottoscrisse, in data 9 aprile 1990, il «Foglio di condizioni» «per l'attingimento di l/sec. 2973,77 al fine dell'alimentazione dell'Acquedotto della Campania Occidentale»;
successivamente, con deliberazione C.C. n. 148/33 del 10 dicembre 1990, il comune di Cassino approvò, per quanto di competenza, il progetto in questione, limitando a l/sec. 3000 la quantità di acqua da derivare dalle sogenti del Gari, stabilendo, altresì, di approvare l'obbligo a carico della regione Campania di alimentare l'acquedotto cittadino «mediante la derivazione dalla vasca di riunione di Monte Trocchio di una portata di 200 l/sec. ...»;
dopo la soppressione della Cassa per il Mezzogiorno, prima, e dell'Agenzia per la Promozione dello Sviluppo del Mezzogiorno, poi, con decreto ministeriale dei lavori pubblici n. 394 del 22 settembre 1992 la titolarità dell'autorizzazione provvisoria concessa con il decreto ministeriale n. 11 del 1990 fu attribuita alla regione Campania;
sia il Consorzio di Bonifica n. 9 «Valle del Liri» che l'Associazione ambientalista «Amici Rapido/Gari» hanno da sempre invitato il comune di Cassino ad attivarsi per scongiurare l'approvazione di un maggiore prelievo da parte della regione Campania;
la regione Lazio - Direzione Regionale Opere Pubbliche e Servizi per il territorio - Area 7 - Ufficio C4, con nota prot. n. 42468 del 29 luglio 2002, ha comunicato alla regione Campania di non poter autorizzare alcun aumento di prelievo idrico, stante la competenza del Ministero dei lavori pubblici per le grandi derivazioni che comportano il trasferimento di acqua tra Regioni diverse, come quello richiesto;
la regione Campania nel corso della menzionata causa ha affermato che «a seguito di intervenute necessità idriche (in parte dovute anche alla frana del Sarno che ha danneggiato l'acquedotto del Serino) ha acquisito, così come risulta dal verbale del 14 luglio 1999, ai rappresentanti della regione Lazio intervenuti alla riunione, il parere favorevole al maggior prelievo di un quantitativo, in aggiunta a quello assentito di 800 l/sec.»;
a tale proposito si segnala però che i tecnici regionali non hanno il potere autorizzativo in questione;
il sindaco di Cassino, già con nota prot. n. 9169 del 23 aprile 2003, ha invitato la società concessionaria ad astenersi da prelievi non autorizzati onde evitare provvedimenti sanzionatori a tutela degli irreparabili danni ambientali provocati;
al fine di garantire la protezione ed un impiego sostenibile delle acque, è dovere dei soggetti istituzionali coinvolti di adottare misure idonee ad impedire il
degrado delle risorse e dell'ambiente interessato ed a preservare le fonti di approvvigionamento dell'inquinamento e da un uso eccessivo e/o a fini meramente speculativi;
a tal proposito, i prelievi di acqua dai fiumi devono essere compatibili con il minimo deflusso vitale e le legittime aspettative delle popolazioni locali;
in mancanza di diverse determinazioni dell'Autorità di Bacino Liri Garigliano, deve essere ritenuto vincolante il limite precisato (l/sec. 2973,77) con il decreto ministeriale n. 11 del 10 gennaio 1990;
risulta all'interrogante che la regione Lazio - Dipartimento Territorio ha segnalato, con nota prot. n. 336 del 17 febbraio 2004, all'Autorità di Bacino Liri Garigliano il problema del superamento dei limiti del prelievo effettuato dalla regione Campania, a mezzo del proprio concessionario, in quanto privo di titolo concessorio;
la suddetta Autorità di Bacino, con nota prot. n. 1370 del 1o marzo 2004, ha dato riscontro alla prodotta missiva limitandosi ad evidenziare che l'accertamento sui reali fabbisogni idrici non poteva essere espletato nell'assegnato termine di quindici giorni e che, in ogni caso, il problema del «trasferimento delle risorse idriche da Cassino alla regione Campania, coinvolgente un sistema Tecnico/Politico/Istituzionale alquanto articolato» doveva essere risolto in altre sedi;
il comune di Cassino, pur non essendo l'Ente competente al rilascio della concessione di derivazione, è in ogni caso tenuto:
a) a preservare quali-quantitativamente la risorsa evitando uno sfruttamento intensivo della stessa oltre il livello di ripristino e ricambio naturale che comporta un evidente pericolo di isterilimento del bene;
b) ad evitare l'aggravarsi dell'ingente danno ambientale che la diminuzione della risorsa idrica causa all'ecosistema locale e all'utenza interessata (imprese zootecniche, agricole e turistiche esistenti) anche mediante effetti indotti (si consideri che la diminuzione d'acqua rischia di indurre una selezione indiscriminata tra le attività economiche presenti sul territorio con scomparsa di quelle cosiddette marginali);
c) a scongiurare il pericolo che la riduzione dell'acqua disponibile sia di ostacolo alle attività produttive presenti sul territorio o allo sviluppo di nuove attività economiche e/o di impresa e determini una riduzione della ricchezza complessiva della comunità locale che, per un verso, si potrebbe tradurre in un impoverimento delle risorse finanziarie dell'ente locale e, per altro, potrebbe comportare un blocco allo sviluppo sociale, economico, ambientale e culturale della stessa comunità;
tali obblighi a carico dell'Ente Locale sono stati espressamente riconosciuti nel corso della riunione tenutasi il 16 ottobre 2003 presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio - Direzione tutela acque interne;
anche la Commissione europea si è a vario titolo occupata della ripartizione delle risorse idriche, arrivando a stabilire che nei «costi delle risorse» ai fini della determinazione delle tariffe vadano ricompresi i costi delle mancate opportunità imposte ad altri utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo delle risorse (cfr. COM 2000,477);
il Parlamento europeo ed il Consiglio, con l'articolo 9 della direttiva 2000/60/CE del 23 ottobre 2000, hanno istituito un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, introducendo il principio generale del «recupero dei costi», con riferimento, appunto, ai costi ambientali e a quelli relativi alle risorse;
in ogni caso, l'attuale tariffa non tiene assolutamente conto dei cosiddetti «costi delle risorse», come sopra esplicitati, tanto da imporsi un inevitabile adeguamento
che sia rispettoso del mutato assetto generale degli interessi in gioco -:
se non ritenga di intervenire in tempi rapidi al fine di ricondurre il prelievo alle condizioni previste dal decreto ministeriale e richieste dal comune di Cassino:
se non ritenga di attivarsi per far effettuare un monitoraggio che riscontri la portata della captazione direttamente dalle bocche di presa e per far verificare i dati relativi all'emungimento effettuato negli ultimi tre anni.
(4-00791)