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Allegato B
Seduta n. 36 del 2/8/2006
TESTO AGGIORNATO AL 18 OTTOBRE 2006
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
considerati i gravi squilibri che si sono determinati nel bacino del Mediterraneo in seguito al flusso migratorio di vastissime dimensioni dal sud al nord che colpisce tutti i Paesi dell'Europa e, in particolare, l'Italia;
nel marzo del 1987 si sono riuniti a Tunisi i Ministri del Lavoro di Italia, Tunisia, Algeria, Egitto, Francia, Grecia, Jugoslavia, Marocco, Spagna e Turchia, oltre i rappresentanti della Lega Araba, dell'Ufficio Internazionale del Lavoro e della Comunità europea per dare corso ad un tentativo risolutivo attraverso una politica del mercato del lavoro;
il calcolo delle tendenze di accrescimento demografico dal 1987 al 2015 ha messo in evidenza che, a fronte dell'aumento della popolazione dell'Unione europea, stimato in 13 milioni di unità, quello delle popolazioni rivierasche del Nord Africa è stimato oltre 170 milioni di nascite in un contesto di crisi permanente sul piano del lavoro e dell'occupazione;
questi gravissimi squilibri di sproporzionata crescita demografica vanno messi in rapporto ad una disoccupazione di oltre l'80 per cento della popolazione attiva in cerca di lavoro;
da allora, cioè dal 1987, nulla praticamente si è attuato sul piano operativo, creando situazioni spaventose, difficilmente arrestabili e certamente non risolvibili con gli attuali sistemi o con l'espulsione dei clandestini;
il numero dei morti nel Mediterraneo, (dal 1988 ad oggi si calcolano più di 3.600 persone annegate), colpisce la nostra coscienza e le nostre responsabilità e ci pone di fronte a soluzioni inderogabili per risolvere questo problema di umanità e di civiltà;
questa situazione costituisce un pericolo vero di invasione dell'Europa da parte di popoli che sono alla fame e in preda ad un'inarrestabile disoccupazione;
tutto ciò premesso, nessuno può pensare di arrestare questo flusso migratorio e questo stato di persistente illegalità con sanatorie, mentre continuano anche il lavoro nero, lo sfruttamento di ogni tipo di manodopera e la sua utilizzazione in traffici illeciti, compreso quello della droga, e il coinvolgimento nelle più diverse forme di ingiustizia e di violenza;
non si può trattare la vastità di questi problemi con il semplicistico abbattimento dei debiti del Terzo Mondo, così come è avvenuto, secondo i firmatari del presente atto in termini propagandistici, senza alcuna conseguenza sulla situazione di crisi del lavoro, dell'occupazione e dello squilibrio demografico;
il deputato Tremaglia il 14 ottobre 1995, in rappresentanza dell'Unione interparlamentare italiana, ha presentato a Bucarest un testo, approvato da 127 Paesi, che prevedeva un intervento diretto dell'Europa a favore dei Paesi del Nord Africa con investimenti economici a lungo termine;
nonostante queste obbligazioni e successive prese di posizione parlamentari in Italia, che impegnavano pure il Governo italiano e l'Europa a dare attuazione ai programmi sottoscritti anche sul piano internazionale, non è mai stata indetta la prevista Conferenza, né si è dato seguito agli impegni assunti;
si ritiene indispensabile, come è detto nella premessa alla legge Bossi-Fini, puntare con decisione all'unica soluzione vera, concreta, indispensabile, cioè quella di dare lavoro agli Africani in Africa, per la quale soluzione diviene indispensabile una grande azione di investimenti economici europei in Africa;
sarebbe opportuno, a tal fine, organizzare una Conferenza internazionale per predisporre un piano di investimenti in Africa, in modo da creare nuovi posti di lavoro;
si affronterebbe così il problema di fondo, dando nuovo impulso produttivo ai Paesi più poveri, nella prospettiva di ridurre le enormi differenze economiche che si sono create all'interno dell'Area mediterranea;
diverrebbe, così, possibile nel confronto internazionale un progetto vero per una effettiva cooperazione e una politica globale per l'occupazione, ritenendo sempre indispensabile il rispetto di un principio che è assoluto quale vera espressione di civiltà, cioè che «Ogni uomo non può essere sradicato dalla propria terra per motivi di lavoro»;
così facendo, l'Italia e la Comunità europea assumerebbero responsabilità e impegni nuovi per difendere gli interessi della stessa Europa e per creare, anche attraverso la cooperazione, uno sviluppo diverso di collaborazione e di reciproca utilità per i popoli africani e la nostra comunità;
con questo progetto si prevederebbe per l'Africa un ruolo di vasta produzione economica; si garantirebbe il lavoro per gli africani in Africa e si fermerebbe il massiccio esodo migratorio verso l'Europa, altrimenti non contenibile; si eliminerebbe ogni impostazione puramente assistenzialistica e si esalterebbe una politica di investimenti che determinerebbe, tra l'altro, uno straordinario ritorno economico a favore dell'Europa e un'importante collaborazione politica Nord-Sud; si combatterebbe sul serio la fame nel mondo, sottolineando che non si può trattare la vastità di questi problemi con il semplicistico abbattimento dei debiti del terzo mondo; si impegnerebbe il Governo e l'Unione europea ad intraprendere tutte le iniziative concrete e necessarie per dare dignità al lavoro, riconoscendo il diritto ad ogni uomo ad aver un avvenire per sé e per i propri figli, attuando in tal modo una grande operazione civile, in un destino comune tra Europa e Africa,
impegna il Governo
ad organizzare una Conferenza internazionale del lavoro e della cooperazione, con la partecipazione dei Ministri del lavoro e degli affari esteri dei Paesi dell'Unione europea, con la rappresentanza dei Paesi del Nord Africa, nonché con quelli della Lega araba e dei Parlamenti europei, per discutere e attuare un piano trentennale di investimenti europei in Africa al fine di creare 20 milioni di posti di lavoro per gli africani in Africa e di fermare, quindi, l'emigrazione selvaggia verso l'Europa;
ad organizzare la suddetta Conferenza internazionale entro sei mesi dalla data di approvazione di questa mozione.
(1-00019) «Tremaglia, Gianfranco Fini, La Russa, Airaghi, Alemanno, Amoruso, Angeli, Ascierto, Bellotti, Benedetti Valentini, Bocchino, Bongiorno, Bono, Briguglio, Buonfiglio, Buontempo, Castellani, Castiello, Catanoso, Ciccioli, Cirielli, Consolo, Giorgio Conte, Contento, Giulio Conti, Cosenza, De Corato, Filipponio Tatarella, Foti, Frassinetti, Gamba, Gasparri, Germontani, Alberto Giorgetti, Holzmann, Lamorte, Landolfi, Leo, Lisi, Lo Presti, Mancuso, Martinelli, Mazzocchi, Meloni, Menia, Migliori, Minasso, Moffa, Murgia, Angela Napoli, Nespoli, Patarino, Pedrizzi, Antonio Pepe, Perina, Pezzella, Porcu, Proietti Cosimi, Raisi, Rampelli, Ronchi, Rositani, Saglia, Salerno, Garnero Santanchè, Scalia, Siliquini, Taglialatela, Ulivi, Urso, Zacchera, Boato».
La Camera,
premesso che:
il Comitato Olimpico Internazionale (CIO), dopo una lunga fase preliminare e di valutazione che inizierà a luglio 2007, deciderà, nella sua sessione programmata per il luglio 2009, a quale città, tra quelle candidate, assegnare l'organizzazione della XXXI edizione dei Giochi Olimpici del 2016;
la proposta di candidatura olimpica al CIO spetta ad ogni singolo Comitato Olimpico Nazionale che deve valutare i dossier delle città candidate del rispettivo Paese, avendo la facoltà di scegliere la candidatura nazionale secondo i criteri indicati dal CIO e contenuti in un suo specifico ed articolato questionario;
il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), sulla base del calendario del CIO relativo a tempistiche e modalità di accettazione e valutazione delle candidature olimpiche, ha costituito il 9 settembre 2005 una specifica Commissione alla quale ha assegnato il compito di valutare tecnicamente le proposte di candidatura italiana per i Giochi del 2016;
sulla candidatura olimpica per i Giochi Estivi del 2016 il Governo, il 9 gennaio 2006, ha scritto al CONI una lettera a firma dell'allora Presidente del Consiglio Berlusconi indirizzata al Presidente Petrucci;
la sopra citata lettera, nel rispetto di «... quel principio di leale collaborazione che ha sempre informato i rapporti tra CONI e Governo, senza mai mettere in discussione il valore dell'autonomia dello sport...», ribadiva la necessità assoluta, da parte del Governo, di «...conoscere e valutare con sufficiente anticipo, e indipendentemente dalla città che sarà prescelta, tutti i problemi connessi allo svolgimento dei Giochi, a cominciare da quelli economici...», ricordando altresì al Presidente Petrucci che «... questa fu la procedura adottata in occasione di Roma 2004, quando furono soprattutto il Ministero dell'Economia e la Ragioneria Generale dello Stato ad esaminare e discutere con Lei il piano finanziario e quello degli impegni di spesa connessi alle eventuali opere necessarie»;
sulla candidatura olimpica per il 2016 si sta delineando l'ipotesi che possa essere la città di Roma a rappresentare l'Italia nella selezione tra le città candidate che si concluderà con la scelta del CIO prevista per il luglio 2009;
tra i presupposti della candidatura di Roma, il Sindaco Veltroni ha indicato anche la più ampia convergenza tra le forze politiche locali e nazionali, di maggioranza e di opposizione;
tale prospettiva di convergenza passa esclusivamente per una candidatura condivisa nel metodo e nei contenuti, che, sotto una qualificata regia istituzionale, espressione di un consenso unanime, ed attraverso l'apporto delle eccellenze che la città di Roma ed il nostro Paese esprimono nei vari settori strategici, ne garantisca la competitività nel confronto internazionale, utilizzando al meglio le necessarie risorse finanziarie pubbliche e private;
nel dossier predisposto dal Comune di Roma, sarebbero previsti quasi 40 milioni di euro per la fase di pre-candidatura e per l'eventuale candidatura vera e propria, parte dei quali di natura pubblica;
nel summenzionato dossier sarebbero previsti investimenti da destinare all'impiantistica sportiva superiori ai 420 milioni di euro (Londra che ospiterà i Giochi del 2012 ha garantito 1.250 milioni di euro);
sempre nel dossier si prevede un budget per l'organizzazione dei Giochi da parte dell'eventuale Comitato Organizzatore di oltre 2,3 miliardi di euro, dei quali oltre il 60 per cento generato da attività di marketing del Comitato stesso e da contributi delle Istituzioni;
sulla base delle esperienze assimilabili di Atene 2004 e Londra 2012, il costo che il «Sistema Paese» dovrebbe sostenere
per organizzare le Olimpiadi del 2016, potrebbe superare i 15 miliardi di euro,
impegna il Governo:
ad assumere ogni possibile ed immediata iniziativa per far sì che la candidatura della città di Roma come sede dei Giochi Olimpici del 2016 sia condivisa, sostenibile, utile e competitiva;
ad assicurare alla candidatura di Roma tutti i supporti finanziari e tutte le garanzie generali richiamate anche dalla lettera del Governo sopra citata, che possano successivamente consentire al CONI ed al CIO, nella loro riconosciuta autonomia, di valutare al meglio la candidatura stessa ed assumere le decisioni conseguenti;
ad individuare e porre in essere tutte le iniziative e gli strumenti anche normativi e politici che consentano alla candidatura della Capitale, una volta ratificata dal CONI e dal CIO, di essere competitiva nel confronto internazionale con le altre grandi metropoli che si contenderanno l'assegnazione delle Olimpiadi 2016.
(1-00020) «Alemanno, Ciocchetti, Rampelli, Dionisi, Di Centa, Pescante, Buonfiglio, Cirielli, Murgia, Luciano Rossi, Milana, Lionello Cosentino, Carra, Meta, Falomi, Pedrini, Picano, Bonelli, Villetti, Giachetti, Mazzocchi, Moffa, Meloni, Leoni, Nardi».
Risoluzioni in Commissione:
La IV Commissione,
premesso che:
con il passaggio dal reclutamento obbligatorio a quello volontario, con la riforma del vertice militare, l'istituzione degli alti comandi d'area, la riorganizzazione centrale e periferica delle competenze territoriali di enti e reparti, è stata definita sul piano normativo l'architettura generale del nuovo modello di difesa;
in conseguenza di ciò diviene interesse prioritario portare a compimento il progetto di trasformazione del nostro strumento militare corrispondendo alle molteplici esigenze organizzative connesse alla ristrutturazione delle Forze Armate;
il mutato quadro di riferimento internazionale ha comportato evidenti conseguenze sull'impiego della forza militare che è ormai da tempo utilizzata in missioni fuori area in operazioni di peacekeeping con la conseguente necessità di accrescere l'interoperabilità interforze e la loro integrazione in strutture multinazionali e quindi la necessità di investimenti in attività di manutenzione e a modernamento dei mezzi e delle infrastrutture;
le esigenze finanziarie adeguate a sostenere e portare a compimento il processo sopradescritto non appaiono in grado di essere soddisfatte dagli stanziamenti ordinari che peraltro negli ultimi tre anni hanno toccato il punto più basso raggiungendo nell'anno finanziario 2006 il valore dello 0,8 per cento del PIL;
contestualmente il patrimonio immobiliare della Difesa, ha raggiunto, stando a censimenti assolutamente attendibili, valori economici decisamente considerevoli proprio mentre una parte significativa di esso può ritenersi non più utile alla funzione Difesa e conseguentemente essere considerato alienabile;
tale patrimonio, per come si è storicamente consolidato nel tempo, rappresenta allo stesso tempo per il contesto urbano e territoriale in cui è inserito una servitù ma anche un risorsa, utilizzabile sulla base di una diversa destinazione d'uso, anche ai fini di una riprogettazione degli assetti urbanistici e del territorio, tenendo conto della realtà e delle esigenze locali;
strumenti normativi intesi a realizzare una valorizzazione di questo patrimonio sulla base di procedimenti diversi si sono succeduti nel tempo ma non hanno prodotto risultati apprezzabili ed hanno anzi generato conflitti di competenze tra i vari soggetti interessati;
considerata la natura dei beni in discussione è necessario quindi realizzare
una armonizzazione virtuosa tra le esigenze, della Difesa con quelle degli enti locali e degli altri soggetti, pubblici e privati, interessati all'uso di tali beni, in modo da consentire la valorizzazione del patrimonio immobiliare e l'utilizzazione dei proventi da parte del ministero della Difesa per finanziare le esigenze prioritarie di ammodernamento e ristrutturazione delle nostre Forze armate;
impegna il Governo
ad adottare ogni utile iniziativa, anche di carattere normativo, al fine di:
realizzare una significativa semplificazione dei procedimenti di dismissione dei beni immobili della difesa che definisce nel contempo le modalità di responsabilizzazione al risultato dei diversi livelli amministrativi coinvolti, attribuendone i relativi proventi al ministero della difesa;
considerare gli enti locali come interlocutori privilegiati nei procedimenti di dismissione dei predetti beni, coinvolgendoli, anche mediante adeguati incentivi, nella valorizzazione dei beni stessi da realizzare livello locale nel quadro di iniziative di carattere economico-sociale.
(7-00042) «Pinotti, Papini, Tucci, Cialente, Fallica, Crema, Rugghia, Cannavò, Garofani, Bosi, Stramaccioni, Dell'Elce, Deiana, Betta, Giuditta».
La IV Commissione,
premesso che:
per i conduttori degli alloggi di servizio, così come definiti dalla legge n. 497 del 6 agosto 1978 sono previste norme specifiche che ne regolano il rapporto con l'Amministrazione della difesa;
in virtù di tali norme e in particolare secondo quanto disposto al comma 7 dell'articolo 9 della legge n. 537 del 24 dicembre 1993 il Ministro della difesa emana annualmente un decreto in cui sono indicati, tra l'altro, i parametri di reddito al di sotto dei quali agli utenti è concesso il diritto alla continuità nella conduzione dell'alloggio;
il 3 marzo 2006 il decreto ministeriale relativo all'anno 2004 è stato emanato aggiornando il tetto di reddito sulla base di parte dell'inflazione registrata nell'anno 2003 mentre il decreto ministeriale relativo al 2005 non è stato ancora emanato;
negli anni precedenti l'inflazione registrata dall'ISTAT è stata considerata soltanto nella misura dello 0,75 per cento e che dopo l'entrata in vigore dell'euro l'inflazione reale è stata nettamente superiore a quella registrata dall'Istituto di statistica nazionale l'effetto congiunto di questi due fattori ha ridotto l'elemento di protezione sociale (reddito familiare) individuato dalla legge 537/93;
sono state intraprese in questa situazione numerose azioni intese ad ottenere il recupero forzoso di alloggi in concessione nei confronti di nuclei familiari che superano di una cifra minima la soglia di reddito, fissata con le discutibili modalità sopradescritte;
la valorizzazione del patrimonio abitativo della Difesa, di entità assolutamente insufficiente, può utilmente realizzarsi rinnovandolo e ampliandolo, nell'interesse dell'amministrazione, degli stessi assegnatari e del personale in attesa di assegnazione di un alloggio, realizzando un piano di dismissioni che tenga conto della possibilità di acquisto da parte dei conduttori e preveda il reinvestimento dei proventi,
impegna il Governo
a disporre una moratoria non inferiore a sei mesi sospendendo i procedimenti di recupero forzoso e utilizzando, per specifiche e particolari esigenze non altrimenti assolvibili, la disponibilità di alloggi vuoti e non assegnati, concordando se necessario, con i futuri assegnatari l'anticipo degli eventuali costi per interventi di manutenzione da recuperare sul canone di concessione.
(7-00043) «Rugghia, Lionello Cosentino»
La VI Commissione,
premesso che:
l'articolo 57 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, prevede fra l'altro che, per la registrazione degli atti giurisdizionali, siano solidalmente obbligate al pagamento dell'imposta le parti in causa;
l'articolo 54, comma 3, del medesimo testo unico, prevede che, in tali casi, la registrazione sia eseguita d'ufficio su richiesta della cancelleria;
lo stesso articolo 54 del medesimo testo unico, al comma 5, prevede che, quando la registrazione debba essere eseguita d'ufficio, il competente ufficio finanziario notifichi apposito avviso di liquidazione ad uno dei soggetti solidalmente obbligati al pagamento dell'imposta, con invito ad eseguire il pagamento entro il termine di sessanta giorni;
la circolare del Ministero delle finanze n. 64/E, del 17 marzo 1999, ha altresì precisato che alla liquidazione dell'imposta provvedono i competenti uffici finanziari una volta acquisiti gli estremi dell'atto dall'autorità giudiziaria emittente;
in base ai principi del nostro ordinamento (articolo 1292 e seguenti del codice civile), la solidarietà nell'obbligazione comporta che l'ufficio possa rivolgersi indifferentemente ad una qualsiasi delle parti;
si sono registrati casi in cui gli uffici finanziari hanno richiesto il pagamento dell'intero importo dell'imposta dovuto, nella medesima misura, a tutte le parti in causa;
a tale condotta l'amministrazione finanziaria può essere determinata dall'esigenza di far decorrere per tutte le parti il termine per il pagamento dell'imposta;
ciò può tuttavia comportare che più soggetti, senza averne reciproca consapevolezza, eseguano una pluralità di pagamenti, ciascuno per l'intero importo dovuto, determinando un'indebita moltiplicazione della conseguente entrata tributaria,
impegna il Governo
ad assumere presso l'Agenzia delle entrate le iniziative idonee a garantire che nell'avviso di liquidazione previsto dall'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, venga specificato che l'imposta è dovuta solidalmente da tutte le parti del procedimento.
(7-00047) «Galletti, Giorgio Conte, Leo».
La VIII Commissione,
premesso che:
la salvaguardia di Venezia e della sua laguna rappresenta un rilevante interesse nazionale che va conseguito con il pieno coinvolgimento della comunità locale;
l'Amministrazione Comunale di Venezia attraverso il suo Sindaco ed il Consiglio Comunale ha avanzato una serie di valutazioni e proposte volte all'aggiornamento dei programmi e degli interventi per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna, esprimendo in particolare, osservazioni critiche e preoccupazione sulla grande opera denominata Mo.S.E. e sul pesante impatto che i lavori in corso stanno provocando sul territorio, prospettando una revisione-verifica progettuale degli interventi alle bocche di porto al fine di:
sperimentare una regolazione dei flussi di marea per la difesa dei centri urbani dalle acque alte, più semplice, più stabile, economicamente meno onerosa ed a minore impatto ambientale, rispettando i principi di gradualità e reversibilità;
consentire una diversificata funzione portuale per le tre bocche di porto, configurando la riduzione delle loro sezioni, con possibilità di chiusura parziale con strutture removibili stagionali e chiusura totale solo verso le acque alte eccezionali,
riducendo gli impatti ambientali ed anche la penalizzazione del traffico portuale nelle varie fasi realizzative;
la riunione del Comitato di cui all'articolo 4 della legge n. 798 del 1984 ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un organismo tecnico con il compito di vagliare le proposte avanzate dal Comune di Venezia entro il mese di settembre 2006;
tale verifica sarebbe resa vana da attività del Consorzio Venezia Nuova che portassero i lavori alle bocche di porto (MOSE) ad uno stadio di irreversibilità;
impegna il Governo:
ad attivarsi perché siano sospesi temporaneamente, per il tempo strettamente necessario alla citata verifica tecnica, quei lavori che risultassero non coerenti o incompatibili con le proposte di revisione progettuale o che portino il progetto MOSE ad una fase di irreversibilità;
a procedere ad una verifica dei finanziamenti del loro stanziamento e della loro ripartizione, in modo che non siano pregiudicate le possibilità di adeguarsi agli esiti della verifica tecnica delle proposte di revisione progettuale.
(7-00045) «Bandoli, Cacciari, Zanella, Realacci».
La IX Commissione,
premesso che:
l'obiettivo indicato dal terzo programma di azione della Commissione europea «Dimezzare il numero delle vittime della strada nell'Unione europea entro il 2010: una responsabilità condivisa» - Bruxelles, 14 maggio 2003 - impone all'Italia, quale Stato dell'Unione europea, di attuare una drastica politica di riduzione del numero dei morti e feriti per incidenti stradali, costituiti da 6.015 morti e 318.961 feriti, valori che collocano l'incidentalità stradale del nostro Paese al di sopra della media dell'Unione europea;
la revisione del Codice della Strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, con l'introduzione nel nostro ordinamento della patente a punti, è stata fondamentale nel ridurre il numero delle vittime per incidenti stradali;
l'obiettivo del dimezzamento delle vittime per incidenti stradali, adottato dall'Unione europea al fine di aumentare i livelli di sicurezza nella circolazione stradale, potrebbe essere raggiunto soltanto se, accanto agli interventi di revisione del Codice, vengano messi in atto altri interventi, di eguale efficacia ed intensità, indirizzati all'ammodernamento e alla messa in sicurezza delle infrastrutture stradali;
la terza relazione al Parlamento sullo stato della sicurezza stradale del 22 luglio 2005 mette in evidenza che l'incidentalità è fondamentalmente concentrata nelle aeree urbane, e il fatto che gli incidenti stradali avvengano sempre lungo gli stessi tratti stradali, in particolare lungo circa 1.500 chilometri di strada rispetto agli oltre 60.000 complessivi, evidenzia, in controtendenza rispetto al resto dell'Europa, un progressivo deterioramento delle condizioni di sicurezza del sistema stradale, che insieme al fattore umano rappresenta una delle cause primarie dei sinistri;
l'estrema eterogeneità di tutti i soggetti titolari dei poteri di polizia stradale, sulle strade urbane e extraurbane, non consente un coordinamento operativo tra i vari soggetti e una pianificazione dei servizi di controllo rispondenti a rigorosi criteri di razionalità delle risorse disponibili. Ne deriva che la disarticolazione delle diverse strategie di controllo incide in modo negativo sulla sicurezza stradale;
la sicurezza stradale si regge su complessi rapporti fra qualità dei veicoli, delle infrastrutture e della guida che dovrebbero essere affrontati non solo in maniera armonizzata tra i vari paesi dell'U.E., ma anche in modo coordinato e congiunto tra le varie amministrazioni ed enti competenti in materia di sistemi di trasporto, di flussi di traffico e di pianificazione
e gestione delle reti stradali, le quali non avendo subito, da diversi anni, interventi correttivi sostanziali per la loro messa in sicurezza risultano obsolete e inadeguate a sopportare gli attuali flussi di traffico;
il sistema stradale ed autostradale, negli ultimi 10 anni, è rimasto sostanzialmente immutato; infatti, di fronte ad un aumento del 36,2 per cento dei volumi di traffico, la rete viaria è cresciuta solo del 4,3 per cento, aggravando il persistente squilibrio tra le diversa modalità di trasporto che in Italia è fortemente sbilanciato in favore della strada, sulla quale si riversa il 66 per cento del traffico merci e il 92 per cento del traffico passeggeri,
impegna il Governo:
a realizzare tutti quegli interventi necessari all'ammodernamento e alla messa in sicurezza delle reti stradali al fine di raggiungere l'obiettivo indicato dal terzo programma comunitario per il miglioramento della sicurezza stradale, di cui in premessa, tenendo conto che il sistema stradale italiano non è in grado di sopportare gli attuali flussi di traffico merci e passeggeri;
ad adottare una rigorosa politica di pianificazione dei servizi di controllo, rispondenti a criteri di razionalizzazione delle risorse disponibili, attraverso il coordinamento dei diversi e molteplici soggetti titolari dei poteri di polizia stradale, al fine di aumentare i livelli di sicurezza della circolazione stradale;
ad adottare politiche di educazione civica e di sensibilizzazione alla guida sicura, anche utilizzando linguaggi ed immagini esplicite, rivolte in particolar modo alle fasce più giovani della popolazione e ai neo patentati.
(7-00040) «Caparini, Gibelli».
La IX Commissione,
premesso che:
è ormai noto a tutti che l'incidentalità stradale rappresenta nel nostro Paese un fenomeno allarmante per l'alto numero di morti e feriti che ogni anno si registrano sulle nostre strade;
ogni anno sono circa 8 mila i decessi, 170 mila i ricoveri ospedalieri e 600 mila le prestazioni di pronto soccorso non seguite da ricovero;
il dato assume maggiore rilievo se si considera che, dei decessi per incidente stradale, il 50 per cento avviene prima dei 41 anni di età e il 25 per cento prima dei 23 anni;
negli ultimi 30 anni sono morti in Italia per incidente stradale circa 300 mila persone, di cui un terzo aveva tra 15 e 29 anni;
il Ministero della salute, ormai da tempo, parla di vera e propria emergenza non più trascurabile anche in termini di costi sociali legati all'assistenza e alla riabilitazione di cui, del resto, il gran numero di persone che subiscono lesioni, più o meno gravi, in seguito ad incidenti stradali ne è prova;
si calcola che i costi complessivi a carico del Servizio Sanitario Nazionale e dell'intero Sistema Paese si aggirino intorno 35 miliardi di euro l'anno;
nonostante l'Unione europea e i singoli Stati membri abbiano condiviso un obiettivo importante e impegnativo, dimezzare entro il 2010 il numero delle vittime della strada, sulla base del Rapporto della Commissione europea di medio termine sul programma di sicurezza stradale europeo del 22 febbraio 2006, l'obiettivo è ancora lontano e molto ancora rimane da fare in particolare in Italia che ha accumulato un ritardo rispetto agli altri Paesi europei;
permane una sostanziale carenza di programmazione e di attività nonché di azioni concrete per garantire una maggiore efficacia nella prevenzione e si registra una scarsa ottimizzazione di quelle messe in campo;
le problematiche legate alla sicurezza stradale, nella molteplicità dei fattori implicati e degli organismi ed enti interessati ad azioni preventive e correttive, costituiscono certamente un aspetto primario dell'azione di ciascun Governo responsabile;
è diventato prioritario, pertanto, individuare nuove strategie che consentano, a breve, medio e lungo termine, di porre un argine a questo allarmante fenomeno dei nostri tempi e attuare le azioni necessarie ad arginarlo in grado, tra l'altro, di assicurare l'attuazione di un processo di prevenzione autentico con la valutazione puntuale del fenomeno, delle sue dimensioni e delle sue caratteristiche,
impegna il Governo:
a intensificare gli sforzi affinché il tema della sicurezza stradale diventi centrale nell'agenda politico-istituzionale del nostro Paese e si attui una politica per la sicurezza della circolazione, sulla scia di quanto già fatto dai nostri principali colleghi europei che hanno da tempo adottato misure straordinarie ottenendo importanti risultati;
ad istituire un'Agenzia nazionale di competenza e di coordinamento in materia di circolazione e sicurezza stradale che gestisca in modo unitario la materia e che rappresenti una struttura squisitamente tecnica in grado di garantire quelle competenze che un tempo facevano capo all'Ispettorato generale della circolazione e della sicurezza stradale, a giudizio del firmatario del presente atto, erroneamente soppresso;
ad attivarsi per procedere celermente alla più volte annunciata nel corso delle passate legislature, revisione organica del Codice della strada per renderlo uno strumento utile e funzionale ad una mobilità che è cambiata rispetto al 1992 ed è in continua evoluzione;
a dare concreta attuazione a quanto già di positivo è stato fatto nella passata legislatura, con gli sforzi e il lavoro di maggioranza ed opposizione, abbandonando quindi la logica delle proroghe e dei rinvii;
ad attuare un approccio globale che tenga conto di tutte le variabili che concorrono alla sicurezza stradale senza continuare a trascurare fattori, come la segnaletica stradale verticale che a costi relativamente più bassi può offrire, al contrario, le prospettive più incoraggianti con risultati immediati sul livello d'incidentalità;
a tenere conto, in fase di programmazione degli interventi, della cosiddetta utenza debole - pedoni, ciclisti, bambini, anziani - i cui bisogni e necessità sono troppo spesso trascurati, risultando di fatto continuamente esposti a rischi concreti nella loro quotidiana mobilità.
(7-00041) «Pedrini».
La IX Commissione,
premesso che:
la linea ferroviaria Alta Velocità/Alta Capacità Torino-Lione del «Corridoio 5» da Lisbona a Kiev rappresenta per il Paese un'opera strategica in grado di restituirci un ruolo di primo piano nello scenario economico europeo;
quotidianamente la Val di Susa è attraversata da oltre 3.000 automezzi pesanti che provocano una forte congestione delle maggiori arterie stradali e un conseguente aumento dell'inquinamento ambientale, con gravi ripercussioni sulla qualità della vita e sul benessere dei cittadini;
la linea ferroviaria Alta Velocità/Alta Capacità Torino-Lione servendosi di elevati standard tecnologici e di una elevata capacità di trasporto sarà in grado di eliminare dalle strade ormai congestionate circa un milione di camion ogni anno, con rilevanti vantaggi in termini di decongestionamento delle arterie stradali, riduzione dell'inquinamento, sviluppo sostenibile e rispetto dell'ambiente;
l'inserimento della linea ferroviaria Alta Velocità/Alta Capacità Torino-Lione all'interno delle opere prioritarie per la rete europea dei trasporti consente il finanziamento dell'Unione europea di un miliardo di euro circa;
durante la Conferenza intergovernativa italo-francese, svoltasi il 4 luglio 2006 a Lione, il Governo italiano ha reso nota la volontà di collocare l'opera nell'ambito delle procedure ordinarie, sottraendola alle procedure previste dalla Legge Obiettivo, al fine di rendere più agevole il confronto e il dialogo con le popolazioni locali; ma il «sì» al progetto, che è vincolante per la distribuzione dei fondi comunitari per il 2007-2013 ancora non è stato pronunciato;
le dichiarazioni, a mezzo stampa, rilasciate dal Ministro delle infrastrutture, che ha ribadito di voler coinvolgere la popolazione e le autorità locali della Val di Susa al fine di trovare una soluzione maggiormente condivisa sul tracciato, anche sottoponendo il nuovo progetto alle procedure ordinarie di valutazione di impatto ambientale presagiscono un allungamento dei tempi di approvazione dell'opera e quindi di inizio dei lavori;
lo smantellamento del sito campione di Venaus, cunicolo esplorativo realizzato per conoscere la struttura geologica del terreno ed in particolare la possibile presenza di amianto nella galleria di base ha riacceso le proteste degli abitanti della Valle che già in passato si erano duramente opposte alla realizzazione dell'opera;
a giudizio dei sottoscrittori del presente atto, l'altalenante posizione dell'attuale maggioranza di Governo in merito alla realizzazione dell'opera con il Ministro delle infrastrutture favorevole al progetto, anche se da realizzare secondo tracciati alternativi a quello originario, e con la sinistra più radicale fortemente contraria, sta creando una situazione di profonda tensione e incertezza;
l'incertezza del programma infrastrutturale palesato dal Governo, l'indeterminatezza sui tempi di realizzazione dell'opera rischia di mettere in discussione il contributo europeo,
impegna il Governo:
a rendere note al Parlamento le reali intenzioni in merito alla realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione, al fine di poter chiaramente capire se l'opera debba essere considerata definitivamente abbandonata oppure se esiste ancora qualche margine di consenso per una sua effettiva realizzazione, considerando anche i contributi messi a disposizione dall'Unione europea, che diversamente andrebbero indirizzati verso altri progetti;
a predisporre un programma con i tempi e i costi necessari per la realizzazione dell'opera;
a sviluppare un sistema di trasporto intermodale, che porti al riequilibrio delle diverse modalità di trasporto, attualmente fortemente sbilanciato in favore della gomma, al fine di trasferire sulla ferrovia quote sempre più significative di trasporto merci;
a reperire risorse adeguate per il rinnovo ed il potenziamento del materiale rotabile, con particolare riferimento alle locomotive politensione, al fine di massimizzare l'efficacia degli interventi infrastrutturali attivati sul corridoio.
(7-00044)«Caparini, Gibelli».
La XI Commissione,
considerato che:
le Poste Italiane hanno recentemente stabilizzato il rapporto di lavoro dei dipendenti del contact center di Reggio Calabria, mentre ha prorogato i contratti a tempo determinato di quelli di Caltanissetta;
tutto questo crea un evidente grave disagio e senso d'insicurezza tra i lavoratori interessati, il che è poco comprensibile essendo Poste Italiane Spa una società
formalmente privatizzata, ma che svolge una funzione di carattere essenzialmente pubblicistico;
nonostante la precarietà del rapporto di lavoro, i ventidue dipendenti di Caltanissetta sono tenuti a rispettare gli orari spesso pesanti, il rapporto di subordinazione e a dare continua disponibilità, a causa di una carenza di personale cronica;
secondo i sottoscrittori si è creata una situazione di discriminazione e in contraddizione con le scelte fatte dalle Poste Italiane Spa in siti aventi le medesime esigenze;
impegna il Governo
a sollecitare le Poste Italiane Spa, azienda che può facilmente assorbire tale limitata area di precarietà, a stabilizzare il rapporto di lavoro anche nella città di Caltanissetta per evitare ingiustificate disparità di trattamento in situazioni del tutto simili.
(7-00046) «Fabbri, Misuraca».