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Allegato A
Seduta n. 38 del 20/9/2006
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(Sezione 11 - Iniziative concernenti la sepoltura delle vittime di omicidi commessi dai familiari, con particolare riferimento al caso della giovane pakistana Saleem Hina)
LA RUSSA, GARNERO SANTANCHÈ, AIRAGHI, ALEMANNO, AMORUSO, ANGELI, ARMANI, ASCIERTO, BELLOTTI, BENEDETTI VALENTINI, BOCCHINO, BONGIORNO, BONO, BRIGUGLIO, BUONFIGLIO, BUONTEMPO, CASTELLANI, CASTIELLO, CATANOSO, CICCIOLI, CIRIELLI, CONSOLO, GIORGIO CONTE, CONTENTO, GIULIO CONTI, COSENZA, DE CORATO, FILIPPONIO TATARELLA, GIANFRANCO FINI, FOTI, FRASSINETTI, GAMBA, GASPARRI, GERMONTANI, ALBERTO GIORGETTI, HOLZMANN, LAMORTE, LANDOLFI, LEO, LISI, LO PRESTI, MANCUSO, MARTINELLI, MAZZOCCHI,
MELONI, MENIA, MIGLIORI, MINASSO, MOFFA, MURGIA, ANGELA NAPOLI, NESPOLI, PATARINO, PEDRIZZI, ANTONIO PEPE, PERINA, PEZZELLA, PORCU, PROIETTI COSIMI, RAISI, RAMPELLI, RONCHI, ROSITANI, SAGLIA, SALERNO, SCALIA, TAGLIALATELA, TREMAGLIA, ULIVI, URSO e ZACCHERA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 12 agosto 2006 l'Italia intera veniva turbata dalla terribile notizia del rinvenimento del corpo della giovane pakistana Saleem Hina, barbaramente sgozzata dai suoi stessi familiari e sepolta nel giardino della sua casa di Sarezzo (Brescia), per il solo fatto di aver scelto per se stessa una vita «all'occidentale»;
Hina aveva 21 anni, viveva da tempo nel nostro Paese ed era fidanzata con un ragazzo italiano. Come hanno raccontato i «vicini di casa» agli organi di stampa, da diverso tempo i rapporti tra lei e la sua famiglia si erano incrinati, poiché da loro, specialmente dal padre, era considerata una «ribelle», accusata di voler vivere una vita diversa da quella impostale dal «clan familiare». Per quest'ultimo, infatti, vestiva «troppo» all'occidentale, lavorava in una pizzeria e, soprattutto, desiderava sposare un italiano. La famiglia, invece, aveva già deciso il futuro sentimentale della ragazza, promettendola in sposa ad un cugino in Pakistan;
secondo le testimonianze del fidanzato, delle colleghe e dei «vicini di casa», la giovane non voleva sposare una persona diversa dall'uomo che amava, né, tanto meno, voleva tornare in Pakistan: voleva solo vivere la vita normale che desiderava;
i vigili del fuoco hanno lavorato diverse ore per riesumare il corpo della giovane, segnato da diverse coltellate, avvolto in alcuni sacchetti di plastica e sepolto ad oltre un metro di profondità nel giardino della casa dove viveva con i propri familiari. Dai rilievi della polizia scientifica risulta, peraltro, che la giovane ha tentato, invano, di difendersi: ovunque, infatti, sono state rinvenute tracce di sangue, soprattutto nel sottotetto, ossia la cameretta di Hina, luogo scelto per il suo sacrificio;
prima dell'efferato crimine compiuto dal padre di lei, i dissapori con i familiari erano sfociati in percosse, secondo la denuncia alle forze di polizia. Denuncia che poi, ella stessa, fu costretta a ritirare sotto le minacce dei familiari;
i carabinieri hanno fermato il padre della giovane Hina, il cognato e lo zio, con l'accusa di omicidio premeditato ed occultamento di cadavere;
la madre, ascoltata dagli inquirenti, ha dichiarato che il marito ha fatto giustizia, esprimendo parole di accusa non per il marito omicida, bensì per la figlia, sentenziando che «non era una buona pakistana» ;
proprio la madre, il 24 agosto 2006, ha presentato richiesta formale perché il cadavere della figlia fosse trasferito in Pakistan e lì seppellito. Successivamente a questa istanza, ne è stata presentata un'altra, con cui la difesa del fidanzato chiedeva che la salma venisse seppellita in Italia perché sono in corso le relative indagini giudiziarie. La procura di Brescia ha respinto l'istanza della madre, disponendo che la salma restasse in Italia -:
quali siano le ragioni che, a tutt'oggi, ostano ad un funerale - così come richiesto dal fidanzato con il quale conviveva - che renda pubblico omaggio alla memoria della giovane innocente trucidata in modo barbaro, funerale ancor più necessario per riparare all'assordante silenzio di troppe coscienze in altre occasioni pronte a mobilitarsi, e se non ritenga di adottare iniziative, anche normative, volte ad evitare - in questo come in casi simili - il pericolo che il corpo della vittima di un omicidio venga riconsegnato proprio ai familiari che lo hanno commesso o che ne hanno condiviso le ragioni. (3-00234)
(19 settembre 2006)