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Allegato B
Seduta n. 45 del 2/10/2006
TESTO AGGIORNATO AL 28 GENNAIO 2008
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la situazione dei diritti umani e civili nella Repubblica Popolare Cinese non registra miglioramenti; al contrario continuano, addirittura aggravandosi, gli episodi di persecuzione e violenza a danni di privati cittadini e, con metodo sistematico, nei confronti delle minoranze politiche e religiose che si oppongono pacificamente al Governo di Pechino;
la gravità delle situazione dei diritti umani nella Repubblica Popolare Cinese è drammaticamente rappresentata, fra gli altri, dal caso dell'avvocato Gao Zhisheng, e da quello di monsignor Martino Wu Qinjing. L'avvocato Gao Zhisheng noto in tutto il mondo per le sue iniziative in difesa delle libertà politiche, religiose e civili, e arrestato nel mese di agosto dalle autorità di Pechino, dopo essere stato in precedenza perseguitato, minacciato e interdetto dall'esercizio della professione legale;
prima e dopo il suo arresto, si sono moltiplicati in tutto il mondo gli appelli a favore di Gao Zhisheng, tra i quali particolarmente significativi sono quelli contenuti nella Risoluzione del Congresso degli Stati Uniti approvata il 26 aprile scorso, in occasione della visita negli Stati Uniti del Presidente Hu Jintao, e, da ultimo, nel cosiddetto «Rapporto Belder» sulle relazioni fra Unione europea e Repubblica Popolare Cinese, approvato il 7 settembre 2006 dal Parlamento europeo;
ulteriore emblematico caso è quello del vescovo, monsignor Martino Wu Qinjing, arrestato, solo per non aver voluto scendere a compromessi con la sua fede e la lealtà al Papa, avendo celebrato una messa solenne nonostante le minacce del governo;
la strategia per «una sola Cina», dopo la cosiddetta «legge antisecessione» approvata nel 2005 dal Parlamento di Pechino, rischia di essere perseguita dalle autorità di Pechino in forme aggressive e non negoziali e, ad avviso dei presentatori del presente atto, come molti temono, con il ricorso all'invasione militare della Repubblica di Cina di Taiwan;
considerato che:
la legge n. 185 del 1990 prevede che l'esportazione e il transito di materiale di armamento siano vietate verso i Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l'embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite o dell'Unione europea, nonché verso i Paesi i cui Governi sono responsabili cli gravi violazioni, accertate, dei diritti umani;
impegna il Governo:
ad operare in sede Unione europea perché non si proceda alla revoca dell'embargo sulla vendita delle armi alla Repubblica Popolare Cinese, stabilito dopo il massacro di Tien An Men, poiché l'embargo rimane, come affermato dalla Commissione europea, lo strumento di pressione più significativo per la causa dei diritti umani, e costituisce, dal punto di vista strategico, un argine all'ulteriore potenziamento tecnologico-militare della Repubblica Popolare Cinese;
a promuovere, nell'ambito degli scambi culturali e scientifici con la Repubblica Popolare Cinese, specifici programmi di formazione e informazione sui temi del diritto internazionale in materia di diritti umani, e a sostenere l'attività delle organizzazioni che, nella Repubblica Popolare Cinese, perseguano questi obiettivi;
a rafforzare, a partire dal caso di Gao Zhisheng, e del vescovo, monsignor Martino Wu Qinjing le iniziative di protezione e sostegno nei confronti dei cittadini
sottoposti, per ragioni civili, politiche o religiose, ad arresti arbitrari e a persecuzioni personali;
in particolare, ad intraprendere le necessarie azioni politiche e diplomatiche per verificare se e dove l'Avvocato Gao Zhisheng e il vescovo, monsignor Martino Wu Qinjing siano legalmente detenuti e ad esprimere alle autorità della Repubblica Popolare Cinese l'auspicio del Parlamento affinché l'avvocato Gao Zhisheng e il vescovo, monsignor Martino Wu Qinjing siano prontamente liberati e gli sia restituita la possibilità di vivere nel rispetto di tutti i loro diritti civili.
(1-00033) «Paoletti Tangheroni, Della Vedova, Bertolini, Pili, Cossiga, Boniver, Licastro Scardino, Carlucci, Gregorio Fontana, Santelli, Campa, Di Virgilio, Caligiuri, Crosetto, Picchi, Mellano».
La Camera,
premesso che:
secondo una indagine svolta dalla Italian Textile Fashion, l'organismo delle Camere di Commercio italiane per la moda, presentata il 25 settembre a Bruxelles, oltre la metà dei capi di abbigliamento venduti in Europa non rispetta le prescrizioni comunitarie sulla composizione fibrosa del tessuto e presenta etichette ingannevoli, mentre uno su tre non presenta alcuna indicazione d'origine e uno su dieci contiene addirittura ammine aromatiche cancerogene;
dalla seconda indagine della Seri.co, il marchio di qualità del Tessile di Como, realizzata operativamente dalla Stazione sperimentale sulla tossicità su un campione di prodotti in seta di provenienza asiatica, emerge un peggioramento degli indicatori per la non conformità dei campioni alle regole che tutelano, tra l'altro, anche la salute dei consumatori;
analoghe considerazioni potrebbero essere svolte per tutta una serie di prodotti importati: abbigliamento, gioielleria, calzature, pelletteria, borse, lampade ed impianti di illuminazione, articoli in vetro e ceramica;
alcuni tra i maggiori partners europei come Stati Uniti, Canada e Giappone hanno già introdotto il marchio di origine obbligatorio, mentre in Europa, nonostante sia stato proposto un regolamento relativo alla indicazione del paese di origine di taluni prodotti importati da paesi terzi (COM (2005) 661) e l'approvazione di una risoluzione del Parlamento europeo del luglio 2006 favorevole all'introduzione nell'Unione europea di un sistema obbligatorio di indicazione del Paese di origine per una serie di prodotti importati, non esiste alcuna norma che impone di indicare l'origine dei prodotti a causa dell'opposizione di una robusta minoranza di blocco, guidata da Gran Bretagna, Germania e i Paesi scandinavi;
oltre alla tutela del consumatore, l'etichettatura delle merci che entrano nel mercato europeo aiuterebbe le imprese italiane esposte alla concorrenza globale;
sembrerebbe che anche la Cina, con la firma del recente protocollo di intesa con la Federazione tessile italiana firmato a Canton, si sia decisa a fare dei passi concreti nella lotta alla contraffazione;
impegna il Governo:
a sostenere, presso le istituzioni comunitarie e i paesi membri meno sensibili a tale problematica, l'urgente necessità di adottare il regolamento citato affinché sia resa obbligatoria in breve tempo l'etichettatura delle merci che entrano nel mercato europeo per assicurare una maggiore trasparenza e un miglior controllo riguardo all'origine dei prodotti (cosiddetta «tracciabilità»);
a sollecitare i Paesi membri ad un efficace e continuo monitoraggio in tempo reale delle importazioni extracomunitarie, sia in termini di quantità che di prezzi, considerando, altresì, l'opportunità di dotare le dogane di strumenti tecnologici idonei al controllo qualitativo delle stesse,
al fine di individuare la presenza di sostanze vietate per legge e pericolose per la salute pubblica;
ad intraprendere ogni utile iniziativa in sede europea per far adottare, in tutti i Paesi (e quindi anche in Cina), i principali standard di tutela del lavoro e dei lavoratori e, più in generale, perché ci si adoperi per assicurare uno sviluppo sostenibile sulla base della reciprocità nel rispetto delle più elementari norme sociali, di sicurezza personale ed ambientali.
(1-00034) «D'Agrò, Volontè, Formisano, Greco».
La Camera,
premesso che:
i trattati europei tutelano i diritti individuali delle minoranze e prevedono che l'ordinamento costituzionale di ciascuno stato membro ne garantisca la compiuta attuazione;
per quanto riguarda la minoranza tedesca dell'Alto Adige, il vigente Statuto d'Autonomia figlio del trattato De Gasperi-Gruber, deve comunque essere interpretato in armonia con i trattati europei successivamente intervenuti e con la carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea siglata a Nizza nell'anno 2000;
di conseguenza uno dei pilastri su cui si regge la tutela dei diritti individuali (incluso quello delle minoranze etnico linguistiche) nei paesi membri dell'UE è che ciascuno stato con il proprio ordinamento costituzionale provveda alle garanzie e che l'Europa intervenga nei casi di violazione;
di conseguenza appare totalmente estraneo, ed anzi in contraddizione rispetto ai principi dei trattati, il fatto che in un ordinamento costituzionale nazionale si autoattribuisca la potestà di tutelare gruppi di minoranze linguistiche che abbiano cittadinanza o residenza in un altro Stato membro;
considerato che:
quanto ora descritto è purtroppo accaduto con l'ordine del giorno approvato dal Nationalrat (Parlamento) austriaco giovedì 21 settembre 2006 a larghissima maggioranza raccogliendo il solo voto contrario dei verdi;
la mozione approvata è tanto più grave in quanto ispirata alla petizione sottoscritta dai parlamentari italiani della Suedtiroler Volkspartei e dai 113 sindaci altoatesini nel marzo scorso con la quale si chiedeva appunto che nella nuova costituzione austriaca venissero riconosciuti la funzione tutrice austriaca sull'Alto Adige e il diritto all'auto-determinazione. Petizione risultata provocatoria nei confronti dello Stato italiano e fortemente lesiva della pacifica convivenza e dei fragili equilibri etnici;
la stessa portavoce dei verdi austriaci Ulrike Lunacek, ha riconosciuto che «nell'Europa Unita la funzione tutrice dell'Austria è di rilevanza nulla. I rapporti italo austriaci sono ottimi ma oggi improvvisamente scopriamo che questa petizione è decisiva per le sorti dei sudtirolesi, che vivono in una terra economicamente più prospera di qualsiasi Land (regione) austriaco. Questa è solo una strumentalizzazione politica dei signori deputati tirolesi Khol e Niederwieser»;
lo Stato italiano fondato sulla propria costituzione repubblicana e pienamente rispettoso dei diritti delle minoranze germanofone dell'Alto Adige conserva diritto e dovere di garantire in via esclusiva tali diritti individuali e collettivi;
l'impegno adottato dal parlamento austriaco consiste nella modifica della costituzione austriaca volta ad introdurre tali inammissibili disposizioni durante la legislatura che sarà avviata dopo le elezioni politiche che si svolgeranno tra poche settimane,
impegna il Governo:
a ribadire secondo vie diplomatiche ufficiali la posizione dell'Italia di netta contrarietà ad ogni disposizione costituzionale
o legislativa austriaca riferita ad una «tutela» della comunità altoatesina di cittadini italiani di lingua tedesca;
a rappresentare la seria preoccupazione dell'Italia per una minaccia di violazione diretta dei trattati dell'Unione europea; minaccia che, ove attuata, imporrebbe al Governo italiano di agire in sede europea per salvaguardare valore e forme delle norme costituzionali italiane poste a presidio delle minoranze locali;
a confermare, ancora una volta, la determinazione del Governo italiano di continuare a tutelare la minoranza tedesca altoatesina esclusivamente in base alle regole costituzionali italiane e statutarie e alle rispettive norme di attuazione;
a riaffermare le posizioni storiche del Ministero per gli Affari esteri italiano decretanti che «l'Italia non ha mai riconosciuto il così detto ancoraggio internazionale del Pacchetto di leggi per le popolazioni altoatesine e che le stesse costituiscono disposizioni di carattere interno nazionale, come tali non soggette ad un preventivo formale assenso da parte del Governo austriaco o a specifici accordi».
(1-00035) «Biancofiore, Berlusconi, Gianfranco Fini, Elio Vito, La Loggia, Tremonti, Urso, Fitto, Bocchino, Santelli, Bruno, Carfagna, Bertolini, Brancher, Boscetto, Crosetto, Gardini, Gelmini, Benedetti Valentini, Holzmann».
Risoluzioni in Commissione:
La X Commissione,
premesso che:
da alcuni anni è in corso un processo di ristrutturazione dell'industria chimica italiana che ha comportato un notevole ridimensionamento delle aziende localizzate nei poli chimici;
le conclusioni dell'indagine conoscitiva sulla chimica svoltasi nella XIV Legislatura hanno fatto emergere: sia la peculiarità delle piccole e medie imprese del settore chimico in termini di occupazione e di fatturato e la loro importanza per i settori industriali del made in Italy e per i distretti industriali cui forniscono un contributo estremamente significativo in termini di specializzazione, innovatività e capacità di adattamento alle esigenze del cliente, sia come la crescita del settore chimico sia legata alla competitività del sistema Paese, un problema questo che interessa tutti i settori produttivi ma che ha una particolare incidenza nel comparto chimico;
l'emblema di questa situazione è rappresentata dal polo petrolchimico di Porto Marghera dove sono rimaste alcune produzioni strategiche per l'economia e i cui attuali sistemi di produzione sono alla base di tutta la filiera produttiva inserita nel territorio veneto e delle regioni circostanti;
la chiusura da parte della Dow rappresenta la conseguenza e la prova della fragilità del sistema produttivo chimico italiano, causata dalle incertezze che continuano a gravare sul suo futuro e che impediscono alle aziende di programmare il futuro e di investire per consolidare il sistema di impianti dell'area di Porto Marghera;
l'Accordo di Programma sulla chimica a Porto Marghera dell'ottobre del 1998 confermò l'importanza strategica del polo petrolchimico, cui seguirono altri incontri, da ultimo quello del 20 settembre scorso in cui sono stati affrontati i problemi relativi all'accelerazione degli iter sulla membranizzazione della produzione del cloro-soda e sul bilanciamento del ciclo CVM-PVC;
entrambi i problemi costituiscono un passo in avanti per l'eliminazione totale del rischio di inquinamento da mercurio, la riduzione di movimentazione di sostanze tossiche e miglioramenti ulteriori sulla sicurezza degli impianti;
la soluzione di questi problemi consentirebbe una maggiore qualificazione
del polo chimico e ne potenzierebbe le possibilità di sviluppo in quanto offrirebbe una grande opportunità per eventuali investitori che usufruirebbero di servizi qualificati in loco, utilities, laboratori di ricerca, risorse umane qualificate ed efficienti strutture distributive;
i potenziali investitori andrebbero ad integrare l'attuale sistema di produzione di Porto Marghera con produzioni di chimica fine, biotecnologie, nanotecnologie e nuovi materiali avviando, di fatto, una rindustrializzazione senza aggredire dal punto di vista ambientale nuovi territori, riducendo il traffico pesante e aumentando la competitività di sistema;
le implicazioni delle scelte sul futuro di Porto Marghera sono fondamentali per il mantenimento e la crescita dell'occupazione, attualmente costituita da personale giovane e specializzato, non facilmente convertibile in attività diverse;
impegna il Governo:
ad intensificare gli sforzi per la realizzazione di un piano strategico della zona industriale di Porto Marghera attraverso il completamento di quanto previsto dall'Accordo di programma e ad accelerare gli iter autorizzativi;
a prevedere di integrare tale accordo con un progetto organico di trasformazione graduale dell'assetto industriale non impattante con l'occupazione, con l'ambiente e con le attività produttive strategiche di interesse nazionale;
a potenziare le strutture di ricerca esistenti in quanto elemento trainante e di riferimento per l'attività produttiva nazionale, in analogia con quanto avviene con gli altri paesi europei, e grazie alle quali ci consentirebbe di allineare il nostro Paese con quelli competitor non solo sul piano industriale ma anche su quello della ricerca.
(7-00053) «D'Agrò, Formisano, Greco».
La XI Commissione,
premesso che:
la legge 16 luglio 1997, n. 234, nel sopprimere il Fondo previdenziale ed assistenziale degli spedizionieri doganali, pur risolvendo parte dei problemi pensionistici della categoria, ha lasciato insoluta la problematica riguardante i lavoratori che non avevano ancora maturato il requisito per l'accesso al pensionamento e che sono rimasti disoccupati a seguito del venire meno della figura dello spedizioniere doganale;
il decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, non cita espressamente gli spedizionieri doganali tra le categorie che hanno diritto alla totalizzazione e per questo sia il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sia l'INPS sono concordi nel ritenere che, ad oggi, essi non rientrino nella normativa vigente;
gli anni contributivi maturati presso il Fondo e quelli maturati presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) non sono cumulabili e, di conseguenza, molti spedizionieri oggi, pur avendo versato obbligatoriamente decine di anni di contributi, non possono godere di un trattamento pensionistico, nonostante l'età anagrafica avanzata;
nella XIV Legislatura l'atto Camera n. 1578 recante «Norme in materia di disciplina previdenziale per gli spedizionieri doganali» fu approvato dalla Camera dei deputati, ma non dall'altro ramo del Parlamento;
gli spedizionieri doganali, pari a 2.330 (di cui 778 con età tra i 57 e i 64 anni) al 31 dicembre 2003, (ultimi dati disponibili, fonte Consiglio Nazionale degli Spedizionieri Doganali), sono un numero relativamente esiguo e sono ancor meno coloro che si sono venuti a trovare in pensione a cavallo tra la soppressione del citato Fondo previdenziale e assistenziale degli spedizionieri doganali e il conseguente passaggio all'INPS di tutta la categoria, il che significa che col tempo il problema si risolverà automaticamente per via del totale assorbimento da parte dell'INPS;
il 29 novembre 2007, nell'esame dell'atto Camera n. 3178, il sottosegretario per il lavoro e la previdenza sociale Antonio Montagnino
ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno n. 9/3178/29 sull'argomento;
impegna il Governo
ad assumere iniziative normative, previa concertazione con il Consiglio Nazionale degli Spedizionieri Doganali, perché sia riconosciuto il trattamento pensionistico di anzianità agli spedizionieri doganali già iscritti all'albo professionale istituito dal titolo III della legge 22 dicembre 1960, n. 1612, che abbiano maturato, in periodi non coincidenti, presso diverse forme obbligatorie di previdenza, l'anzianità contributiva ed anagrafica minima previste dalla legislazione vigente per maturare il diritto ad accedere alla pensione di anzianità.
(7-00054) «Amoruso».