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Allegato B
Seduta n. 47 del 4/10/2006
TESTO AGGIORNATO ALL'11 OTTOBRE 2006
...
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
la Campania vive una situazione di gravissimo disagio socio-sanitario a causa della permanente crisi del servizio di smaltimento dei rifiuti;
pur essendo stato approvato un piano di smaltimento dei rifiuti nel lontano 1996, ad oggi il sistema di smaltimento non è stato realizzato a causa dei gravissimi ritardi nella realizzazione dei termovalorizzatori;
la mancata attuazione del piano di smaltimento ha prodotto un oggettivo vantaggio alle organizzazioni malavitose che nel settore hanno sempre trovato fertile campo di attività;
non a caso soltanto la regione Campania, in Italia, non ha ancora realizzato un sistema integrale di smaltimento dei rifiuti;
i ritardi di cui sopra hanno indotto il governo della passata legislatura ad adottare un decreto legge con il quale veniva affidato ai presidenti delle province il compito di reperire siti da destinare a discariche;
la disposta riapertura della discarica di Difesa Grande, già utilizzata per circa dieci anni come unica discarica regionale, secondo gli interroganti sembra rispondere ad una logica punitiva nei confronti dell'unica realtà locale non omogenea al centrosinistra;
nella provincia di Avellino nessuna iniziativa risulta intrapresa per la realizzazione di una discarica provinciale, con la conseguente riapertura della discarica di Difesa Grande ad Ariano Irpino, discarica di cui era stata disposta la chiusura e la bonifica (peraltro mai avviata) -:
se le previsioni del piano di smaltimento della Campania siano tuttora condivise dal Governo o se, viceversa, siano state adottate soluzioni diverse dalla termovalorizzazione;
se non ritenga il Ministro interpellato di dare un termine ultimativo al Commissario di Governo per la realizzazione degli impianti di chiusura del ciclo di smaltimento;
quali siano le ragioni per le quali la bonifica della discarica di Difesa Grande, ancorché formalmente annunciata, non è mai stata avviata dal Commissario di Governo.
(2-00162)«Cosenza, La Russa, Nespoli».
Interrogazione a risposta orale:
LOCATELLI, ZIPPONI, PROVERA e CACCIARI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la società mineraria australiana Metex Resources Ltd ha comunicato in data 18 settembre 2006 di aver presentato presso la Regione Lombardia un progetto, denominato «Novazza Uranium Project», per assicurarsi i diritti esclusivi in materia di esplorazione ed estrazione di uranio nelle miniere di Novazza, comune di Valgoglio, Provincia di Bergamo;
il «Novazza Uranium Project», che si estende per 291 ettari, prevede l'estrazione di 870.000 tonnellae di materiale per ricavare 1.300 tonnellate di ossido di uranio, per un valore complessivo di oltre 120 milioni di euro;
l'estrazione dell'uranio provoca gravi danni sanitari causati dal radon, un gas radioattivo prodotto dal decadimento dell'uranio;
la presenza di elementi radioattivi nel minerale sono in grado di contaminare l'ambiente a diversi chilometri di distanza;
l'attività estrattiva può sprigionare e diffondere gas radioattivo che metterebbe a rischio di contaminazione i lavoratori addetti e la popolazione circostante;
a seguito della presentazione del progetto l'amministrazione comunale di Piateda (provincia di Sondrio), secondo quanto risulta agli interroganti, ha espresso le sue preoccupazioni relative alla miniera di Valvedello visto che, secondo stime fatte dall'Agip in una ricerca effettuata negli anni tra il 1977 e il 1984, la
stessa potrebbe avere una capacità di 6 mila tonnellate di ossido di uranio, il quadruplo di quello di Novazza;
secondo notizie apprese dalla stampa il ministero dell'ambiente avrebbe trasmesso la domanda di autorizzazione alla Regione Lombardia, senza che la popolazione e gli enti locali ricevessero adeguata informazione, informazioni che invece sono state diffuse dalla stessa Società Metex Resources;
il referendum del 1987 ha sancito la fine di progetti di utilizzo del nucleare in Italia;
il programma dell'Unione prevede chiaramente la «non proponibilità del ritorno al nucleare e la ricerca di fonti alternative» -:
se il ministero si sia espresso in sede di valutazione di impatto ambientale e, in caso affermativo, quale sia stato l'esito.
(3-00297)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MARIANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
particolare preoccupazione suscita il funzionamento a pieno regime dell'elettrodotto 380 Kv. La Spezia-Acciaiolo, con particolare riferimento alla violazione della distanza di sicurezza dell'elettrodotto dalle abitazioni di alcuni cittadini della zona Farneta di Lucca, che si sono riuniti nel «Comitato di Maggiano e Farneta per la tutela e la salute dell'ambiente»;
nel 1985, in presenza di un funzionamento dell'elettrodotto molto ridotto, si provvide allo spostamento dell'attività didattica della scuola elementare di Maggiano ubicata in prossimità dei cavi elettrici;
il Comitato ha diffidato la società Terna a provvedere alla sospensione della fornitura di energia utilizzata dall'elettrodotto prospettando una soluzione, che preveda la possibilità di sotterrare un tratto di elettrodotto, che interessa le abitazioni dei cittadini;
al predetto atto di diffida la società ha risposto negativamente ritenendo la richiesta dei cittadini del tutto ingiustificata;
alla luce dei continui malesseri denunciati dagli abitanti di Maggiano, il Comitato ha recentemente deciso di ricorrere al TAR, allo scopo di ottenere lo spostamento dell'elettrodotto a una distanza maggiore dalle abitazioni -:
se intenda intervenire, per quanto di propria competenza, nei confronti della situazione evidenziata in premessa.
(5-00262)
OLIVIERI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da molte settimane, nel tratto terminale del fiume Magra, si manifestano quotidiane e copiose morie di pesci;
tale circostanza getta allarme e preoccupazione tra la popolazione, anche perché le acque dei pozzi lungo il fiume sono la fonte principale di approvvigionamento idrico per l'intera provincia della Spezia;
inoltre insiste, alla foce del fiume, una zona turistica di pregio nella quale si svolgono importanti attività di carattere economico;
gli accertamenti fino ad ora effettuati da Arpal (Agenzia regionale protezione ambiente Liguria) non hanno consentito di individuare una causa certa per la moria dei pesci;
pare essere stata riscontrata nelle acque del fiume la presenza del virus pasteurella piscicida, che è sicuramente da mettere in connessione con il fenomeno della moria dei pesci;
appare tuttavia probabile, anche secondo quanto sostenuto dai quotidiani locali, (vedi, per esempio, La Nazione Cronaca di Sarzana del 29 settembre 2006), che effetti così virulenti non possano essere determinati dalla sola presenza del virus ma debbano essere messi in relazione con uno stato di stress generale del fiume, causato da molteplici fattori da considerarsi quali concause della moria dei pesci;
una prima di queste concause può individuarsi nella forte presenza di natanti che stazionano per tutta l'estate nel tratto terminale del fiume. Secondo valutazioni di Legambiente, la dimensione numerica del fenomeno può essere stimata in circa 3.000 natanti. Tale circostanza fa sì che, durante l'estate, si riversino direttamente nel fiume le deiezioni, assolutamente non depurate, di una quantità di persone almeno pari agli abitanti del Comune di Ameglia (piccolo comune di circa 5.000 abitanti allo sbocco del Magra);
una seconda concausa potrebbe essere individuata nel fatto che, in quel tratto del fiume, si riversano anche i reflui di numerosi depuratori fognari: il depuratore di Camisano, che raccoglie acque reflue dei comparti fognari dei comuni di Lerici, Arcola ed Ameglia oltre che parte di Sarzana e di Vezzano Ligure, per un totale di circa 36.000 abitanti; il depuratore di Castelnuovo paese, che raccoglie acque reflue di circa 3.500 abitanti; il depuratore di Ortonovo, che raccoglie acque reflue di circa 7.500 abitanti; il depuratore di Santo Stefano, che raccoglie acque reflue di circa 4.000 abitanti; il depuratore Sarzana Silea, che raccoglie acque reflue di circa 17.000 abitanti;
vengono quindi scaricate nel fiume acque reflue di circa 68.000 abitanti. Tali scarichi, prima di essere immessi nel fiume, vengono opportunamente trattati mediante processi di depurazione a fanghi attivi. Tuttavia, in alcuni casi, il funzionamento degli impianti pare non potersi giudicare ottimale. Pare essere questo il caso, per esempio, degli impianti di Castelnuovo paese (tanto che sarebbe in procinto di essere dismesso), di Ortonovo (il ramo cosiddetto Luni mare è in procinto di essere dismesso e quello Portonetti abbisogna di importanti lavori, previsti già nel 2007), e di Sarzana Silea, nel quale sono in corso i collaudi di opere recentemente realizzate e per il quale esiste un ulteriore progetto di miglioramento;
occorre inoltre considerare che, condizioni di bassa portata del Magra, quali quelle che solitamente si ravvisano nel periodo estivo, possono esaltare gli effetti di un qualsiasi apporto inquinante residuo sia da processi depurativi (ancorché correttamente condotti), che da reflui di insediamenti ancora non allacciati alla fognatura pubblica;
l'impatto dei fattori inquinanti diviene più importante anche in caso di eventi piovosi particolarmente rilevanti che, attivando gli scolmatori di portata, provocano l'immissione nel fiume di inquinanti, certamente diluiti ma non sottoposti ad alcun trattamento depurativo;
d'altra parte, ormai da parecchi anni, le analisi della Goletta Verde verificano, alla foce del Magra, una significativa percentuale di coliformi totali;
le escavazioni nel tratto terminale del fiume, attuate negli anni '50, '60 e '70, hanno inoltre provocato un forte ingresso di acqua marina, che ha reso salmastre acque un tempo in buona parte dolci. Tutto ciò, oltre alla risalita del cuneo salino che minaccia le risorse idriche della provincia, ha fatto sì che nell'ultimo tratto del fiume, quello tra l'altro interessato dal fenomeno di moria dei pesci, ci sia un alveo sovradimensionato, che durante l'estate non viene assolutamente animato dalle scarse acque dolci che provengono da monte;
occorre considerare anche che, dalla confluenza del fiume Vara nel Magra, sulle sponde di quest'ultimo o nelle immediate adiacenza, insistono insediamenti produttivi e simili quali, ad esempio, la zona
industriale Lagoscuro, l'azienda Inerteco, l'Arcola Petrolifera, la Metalcost, l'Intermarine, un importante parco di demolizione mezzi, alcune attività di escavazione e di frantumazione di inerti nonché discariche, alcune delle quali inserito con alta priorità nel Piano di bonifica regionale;
questa situazione impone un'attenta riflessione sui diversi progetti di nuovi insediamenti sul fiume o nelle sue adiacenze. Occorre, in particolare, a parere dell'interrogante, ridimensionare in maniera significativa l'impatto degli interventi ipotizzati dal Monte dei Paschi con il cosiddetto «progetto Marinella» e ribadire con nettezza l'assoluta intangibilità dell'attuale linea di navigabilità. L'insieme di queste considerazioni, peraltro, non può che comportare la definitiva rinuncia all'ipotizzata realizzazione di un villaggio turistico in zona Bozi che, se fosse attuata, avrebbe effetti disastrosi sull'equilibrio del fiume -:
se non si ritenga opportuno un diretto interessamento del Ministero dell'Ambiente che, in collaborazione con la Regione Liguria e gli Enti locali territoriali, ed anche con opportuni contributi finanziari, potrebbe attivare uno specifico studio finalizzato in primo luogo ad individuare con certezza le cause all'origine del fenomeno e, in secondo luogo, a proporre gli interventi necessari per il superamento di questa situazione;
se, anche in considerazione dell'evidente stato di stress del fiume, non ritenga che si debbano sostenere, anche con eventuali opportuni contributi, gli interventi di miglioramento e di potenziamento degli impianti di depurazione delle acque reflue, già peraltro indicati nei piani d'investimento predisposti per i prossimi anni dalla società pubblica che gestisce il servizio;
se, infine, si ritenga che debbano applicarsi rigorosissime procedure di valutazione ambientale strategica nei confronti di progetti relativi a nuovi insediamenti lungo il corso del Magra e a nuove realizzazioni di porticcioli turistici per evitare che si accentui lo stress generale del fiume e con la finalità di far prevalere su qualsiasi altro interesse, puranche legittimo, la salvaguardia dell'equilibrio del fiume e dell'ambiente che lo circonda.
(5-00264)
Interrogazioni a risposta scritta:
GIORDANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel territorio del Comune di Acireale (Catania) è presente la Riserva naturale orientata della Timpa (Decreto ARTA - Assessorato regionale territorio e ambiente 23 aprile 1999 - G.U.R.S. 15 ottobre 1999 n. 49), un'area di grande interesse ambientale che rappresenta la più importante testimonianza di paesaggio costiero etneo rimasto sostanzialmente integro con la presenza di una splendida vegetazione di macchia mediterranea, immersa in una zona ad alto valore paesaggistico, storico, geologico e faunistico;
la Timpa è una scarpata di faglia, in molti tratti a strapiombo sul mare, la cui genesi è strettamente legata all'evoluzione dell'edificio vulcanico etneo, in cui sono racchiuse stratificazioni laviche di notevole interesse geologico. L'area protetta che copre circa 265 ettari, risulta in parte coltivata (notevole la presenza del limone) nelle zone meno acclivi;
nell'anno 2003 la Sogip srl, società di proprietà del comune di Acireale, potenziava un impianto di prelevamento di acque in località Mulino Testa dell'Acqua di Santa Maria La Scala ad Acireale, determinando l'interruzione del flusso delle «cascatelle del Miuccio», sorgenti artificiali storicizzate, dall'alta valenza ambientale, paesaggistica e di grande richiamo turistico, segnalate già nel 1584 dal Camilliani, ingegnere fiorentino chiamato in Sicilia per descrivere le coste a fini militari. L'intervento, oltre al disagio ingenerato dalla scomparsa di una spettacolare
cascata sulla spiaggia, ha creato problemi per la fauna presente che comprende il Discoglosso dipinto, specie di cui è in corso di valutazione l'inserimento negli elenchi delle specie di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione (Z.S.C.). Si tratta di un anfibio presente in Sicilia ed in alcune località del Nord-Africa e che vive in ambienti umidi come corsi d'acqua, piccole pozze stagionali, stagni naturali o artificiali anche salmastri, sempre in acque molto pulite e talvolta molto fredde come quelle montane;
l'impianto è stato costruito senza le necessarie e preventive autorizzazioni degli organi competenti, come dimostrato da alcuni atti redatti dall'Ufficio repressione abusivismo edilizio e dal Dirigente del Settore urbanistica del Comune di Acireale, oltre che dalla relazione del 2005 del Difensore civico;
l'opera è stata edificata senza rispettare il vincolo idrogeologico del P.A.I. (Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico, redatto ai sensi dell'articolo 17, comma 6-ter, della legge n. 183 del 1989, dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 180 del 1998, convertito con modificazioni dalla legge n. 267 del 1998, e dell'articolo 1-bis del decreto-legge n. 279 del 2000, convertito con modificazioni dalla legge n. 365 del 2000) che individua l'area come ad alto rischio di frana (Carta del Rischio Idrogeologico e Carta dei Dissesti - GURS 29 marzo 2002 n. 15), oltre che essere effettivamente localizzata nell'area di accumulo di un corpo di frana;
l'impianto costruito in zona A di protezione integrale della Riserva della Timpa, in base al decreto ARTA 23 aprile 1999 e al relativo regolamento di usi e divieti, alla legge n. 349 del 1986 e alla direttiva 85/337/CEE e successive modificazioni, non avrebbe potuto essere realizzato e, comunque avrebbe dovuto sorgere dopo la redazione di una valutazione di impatto ambientale e una specifica deroga dell'Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente riguardante sia la vincolistica ambientale che la vincolistica di P.A.I., sostanzialmente impossibile da ottenere;
il territorio in cui è stato localizzato l'impianto è stato individuato come Sito di Importanza Comunitaria (S.I.C. ITA070004), ai sensi della Direttiva «Habitat» 43/92/CEE (decreto del Presidente della Repubblica 8 novembre 1997 n. 357) per cui sarebbe stata necessaria anche la redazione della valutazione d'incidenza;
l'intervento costituisce quindi un eclatante abuso con un valore aggiunto di estrema gravità perché perpetrato dall'ente Comune, ovvero l'ente preposto a perseguire qualsiasi forma di abuso, specie in un'area protetta come quella della Riserva, dove i tentativi di aggirare norme e leggi da parte dei privati sono all'ordine del giorno;
nonostante gli esposti di Legambiente, Centro Scientifico per l'Ambiente e WWF, le proteste della cittadinanza e l'intervento del difensore civico, nulla è stato fatto per rimediare all'abuso e al danno ambientale;
recenti notizie di stampa fanno prevedere un intervento tardivo, costoso e di ulteriore impatto ambientale allo studio di alcuni tecnici incaricati dal Comune e dalla Sogip con la realizzazione dell'incasso dell'impianto e di conseguenti scavi nella roccia del costone della Timpa, in una zona peraltro ad alto rischio franoso;
l'intervento verrebbe infatti realizzato in un'area direttamente interessata: da una delle numerose frane che caratterizzarono la Timpa durante l'alluvione del 13 marzo 1995; frana consolidata dal Genio Civile di Catania tramite finanziamenti statali di Protezione Civile erogati attraverso l'ordinanza 2621 del 1997 emessa a seguito dei fenomeni alluvionali del 13 marzo 1995;
tale soluzione prevederebbe in particolare l'alloggiamento dell'impianto di emungimento, all'interno della parete rocciosa, alle spalle dell'impianto esistente, e
la messa in sicurezza, tramite consolidamenti del soprastante costone roccioso della Timpa, della stazione di pompaggio e della condotta di adduzione che dalla galleria di captazione vi conduce l'acqua;
l'eventuale incasso nella parete rocciosa dell'impianto di rilancio con cui il Comune di Acireale intenderebbe «sanare» le opere abusivamente realizzate, comporterebbe lavori invasivi che contribuirebbero alla instabilità della parete rocciosa d'interesse e della porzione soprastante, per la precarietà degli equilibri geomeccanici e per le notevoli vibrazioni indotte dalle operazioni di scavo. Il tutto senza eliminare radicalmente le problematiche legate all'impatto visuale perché, comunque, si porrebbe il problema delle visibilità di un'apertura più o meno grande, quale accesso al «vano» incassato, oltre che della parete frontale dello stesso vano;
appare evidente l'esorbitante costo economico e ambientale dell'operazione che, comunque, non garantirebbe dal rischio geologico di instabilità della parete, sia in fase realizzativa che a regime, considerato che la causa prima del dissesto risiede nella incontrollata circolazione idrica a monte, la cui gestione esulerebbe dal progetto in questione visto l'alto costo e la sua collocazione spaziale -:
quali iniziative intenda adottare affinché si proceda all'eliminazione dell'impatto ambientale ed alla messa in sicurezza dell'impianto tramite un intervento meno invasivo e più rapido rispetto alla soluzione attualmente prospettata, ripristinando, così come suggerito dalle associazioni ambientaliste locali, il muro in pietra lavica preesistente all'intervento del 2003, creando un'opportuna struttura di copertura a protezione dell'impianto, su cui si possa realizzare un «tetto giardino» (o «giardino pensile») con essenze del luogo, eliminando l'impatto visivo e acustico e mettendo definitivamente in sicurezza la stazione di pompaggio;
quali iniziative intenda adottare affinché qualunque altro intervento messo in atto nella Riserva della Timpa avvenga dopo eventuali specifiche autorizzazioni e procedure di valutazione ambientale previste dalla normativa nazionale e comunitaria e comunque senza la previsione di interventi che deturpino l'ambiente e creino pericoli per la cittadinanza.
(4-01170)
CAMILLO PIAZZA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per le politiche europee, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 12 settembre il Consorzio di Bonifica per la Sardegna Meridionale e l'A.T.I. (Associazione temporanea di imprese), Dragados S.A. e Fincosit s.p.a. hanno sottoscritto un accordo per la devoluzione ad un collegio arbitrale dei contenziosi esistenti in ordine alla realizzazione dell'invaso di Monti Nieddu - Is Canargius, nei Comuni di Pula, Sarroch, Villa San Pietro (Cagliari), i cui lavori, consegnati il 21 gennaio 1998, sono sospesi dal febbraio 2002 e risultano attuati per meno del 20 per cento;
il risarcimento richiesto dal consorzio di costruttori sarebbe stimabile in circa 60 milioni di euro. Il collegio arbitrale dovrebbe pronunciarsi entro 180 giorni;
il progetto riguarda in sintesi:
a) la costruzione di una diga sul Rio di Monte Nieddu (nei Comuni di Sarroch, Pula, Villa San Pietro, in Provincia di Cagliari) in località Sa Stria, di 87 metri di altezza (17 fondazioni e 70 fuori terra) e di 340 metri di lunghezza, in «calcestruzzo rullato» a gravità, capacità potenziale di invaso di 35,4 milioni di metri cubi di acqua;
b) una traversa sul Rio Is Canargius in località Medau Aingiu, di 15 metri di altezza, 100 metri circa di lunghezza, destinata successivamente a diventare una
diga alta 40 metri fuori terra, con un invaso di circa 8 milioni di metri cubi potenziali;
c) una galleria di valico lunga circa un chilometro che collegherà i due invasi;
d) tre traverse «minori» sui Rii Lilloni, Tintioni, Palaceris con una condotta irrigua adduttrice di circa 8 chilometri;
e) altre opere connesse (elettrodotti ad alta tensione a valle della diga, strade, accantieramenti, eccetera);
secondo il progetto iniziale, le previsioni di utilizzazione idrica indicavano 23.321.000 metri cubi di acqua/anno per l'irrigazione di 5.000 ettari, 6.300.000 metri cubi di acqua/anno per usi industriali e 3.500.000 metri cubi di acqua/anno per usi civili;
successivamente è stato comunicato che 21.500.000 metri cubi di acqua/anno andrebbero ad irrigare 4.590 ettari e 9.600.000 metri cubi di acqua/anno per usi civili in favore della popolazione residente (circa 30 mila abitanti);
la realizzazione dell'invaso e delle opere connesse è stata finanziata con il piano operativo plurifondo - P.O.P. 1994-1999 con 180 miliardi di lire che sarebbero stati sufficienti però solo per il 1o lotto. Il totale della spesa prevista ammontava a circa 250 miliardi di vecchie lire. Per rendere utilizzabile l'invaso, sarebbero stati necessari altri 125 miliardi di vecchie lire per realizzare le condutture di adduzione ed irrigazione;
dopo un paio di anni dall'inizio dei lavori, il cantiere veniva abbandonato dal consorzio spagnolo vincitore dell'appalto per presunte inadempienze del Consorzio di bonifica della Sardegna meridionale, con una richiesta di risarcimento danni di ben 60 miliardi di vecchie lire;
alla chiusura dei lavori (31 dicembre 2001) risultavano spesi per il progetto 38 miliardi e 628 milioni di vecchie lire di fondi comunitari;
nell'ottobre 2005 i lavori realizzati risultavano pari al 19,46 per cento di quelli previsti;
per portare a termine i lavori e renderli funzionali saranno necessari almeno 150 milioni di euro, da richiedere sul piano operativo nazionale - P.O.N. «aree depresse»;
l'area rientra nel pSIC «Foresta di Monte Arcosu» (codice ITB041105) ai sensi della Direttiva n. 92/43/CEE, è tutelata con vincolo paesaggistico e rientra nel futuro parco naturale regionale del Sulcis;
tale progetto, in seguito alle diverse denunce da parte delle associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d'Intervento Giuridico, venne ridimensionato dal Ministero dei Beni ed Attività Culturali (Decreto 16 luglio 1996), e il Ministero dell'Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare chiese radicali cambiamenti progettuali riguardo «il complesso delle opere» in relazione alle «destinazione d'uso previste» e «misure di mitigazione e compensazione tali da evitare problemi di salinizzazione delle falde (che risultano già fortemente presenti nella zona, n.d.r.), alterazione dei regimi idrici, compromissione di aree individuate ai sensi della Direttiva Comunitaria n. 92/43, eccetera», ritenendo inoltre «che si possano raggiungere notevoli risparmi nell'uso delle acque a scopo industriale così come negli usi agricoli attraverso la scelta di diversi sistemi irrigui o di riciclaggio dei reflui ... alla luce delle mutate situazioni ... alla luce delle mutate tecnologie»;
il 15 settembre 2006 le associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d'Intervento Giuridico hanno richiesto la rescissione contrattuale e il ripristino ambientale, certamente molto meno onerosi di un invaso costosissimo e di scarsa capienza utile -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra descritti;
se non ritenga opportuno intraprendere iniziative contro l'impiego di finanziamenti comunitari per un'opera di
scarsa utilità che ha provocato il degrado di un sito di elevato valore naturalistico e paesaggistico, secondo l'interrogante, in violazione del diritto nazionale (decreto del Presidente della Repubblica n. 357/1997 e successive modifiche ed integrazioni) e comunitario (direttiva n. 92/43/CEE);
come il Ministro dell'Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare nell'esercizio dai poteri sostitutivi di cui all'articolo 8, comma 3o, della legge n. 349/1986 e successive modifiche ed integrazioni, intenda procedere al fine di evitare l'ennesima procedura di infrazione in sede europea in materia ambientale a causa dell'assenza di una procedura di valutazione di incidenza ambientale.
(4-01172)
SANGA e MISIANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la società australiana Metex Resources ha annunciato di aver inoltrato richiesta per la concessione di estrazione di uranio nel giacimento di Novazza, sito nel territorio del Comune di Valgoglio in Provincia di Bergamo. La Metex Resources avrebbe presentato la domanda per assicurarsi il 100 per cento della sfruttamento della miniera di uranio di Novazza. Il Novazza Uranium Project riguarderebbe870.000 tonnellate di materiale da estrarre per ricavare 1.300 tonnellate di ossido di uranio, per un valore totale in situ di circa 120 milioni di euro. L'inizio del lavoro sul campo sarebbe previsto per la primavera del 2007, dopo una fase di informatizzazione dei dati esistenti;
la Regione Lombardia ha confermato di aver ricevuto per competenza tale domanda;
le popolazioni locali, trent'anni orsono, organizzate nel Coordinamento democratico Alta Valle Seriana hanno sviluppato una forte iniziativa di opposizione nei confronti della volontà di AGIP Nucleare di sfruttare i medesimi giacimenti;
secondo le associazioni ambientaliste, il progetto presenterebbe due pericoli principali: il rischio di una contaminazione radioattiva della valle attraverso la pioggia e le sorgenti montane, il pericolo di diffusione del gas radioattivo radon che si sprigiona durante i lavori di estrazione mineraria;
il 27 settembre 2006, in un'assemblea pubblica centinaia di abitanti e numerosi sindaci hanno ribadito la volontà di opporsi al progetto della Metex, per difendere l'ambiente e la vita delle comunità locali interessate -:
se il ministero si sia espresso in sede di valorizzazione di impatto ambientale e, in caso affermativo, quale sia stato l'esito.
(4-01174)
BENEDETTI VALENTINI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con l'approvazione del «piano cave» da parte del Consiglio Comunale di Gualdo Tadino (Perugia) sono state poste le condizioni per la ripresa dell'attività estrattiva nella ex cava Bologna che, secondo notizie di stampa, supererebbe il milione di metri cubi di materiale estraibile, e per quello che l'interrogante giudica un gravissimo degrado ambientale in una pregiata parte del territorio di quel Comune, con principale riferimento alle aree frazionali di Vaccara e Palazzo Mancinelli;
sta crescendo nell'opinione pubblica un movimento di protesta per tali determinazioni comunali, posto che nel versante territoriale appenninico di che trattasi, troppe sono ormai le ferite all'ambiente e le ulteriori minacce alle risorse naturali, per una sproporzionata prevalenza che viene accordata alle ragioni di carattere economico;
vivacissime controversie sono insorte, con altrettanta sensibilità popolare, anche nel contiguo territorio di Nocera Umbra per analoghe, gravi problematiche -:
se vi siano stati atti amministrativi di autorizzazione da parte degli Uffici statali, centrali o periferici, che abbiano avuto ruolo e competenza nelle procedure;
se, considerata la spiccata valenza ambientale del suddetto versante appenninico, certo non di mera valenza locale, non ritenga il Ministro interrogato di dover prendere diretto interessamento alla allarmante situazione descritta, disponendo una ispezione, in esito alla quale possa decidere interventi propri e comunque ravvicinate sedi di confronto istituzionale per prevenire ulteriori devastazioni ad una realtà ambientale messa a serio rischio nel suo irripetibile pregio, costituente, oltre tutto, a sua volta importante risorsa suscettibile di ritorni significativi sul piano socio-economico.
(4-01178)
BENEDETTI VALENTINI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'amministrazione comunale di Arrone (Terni) in Valnerina risulta aver concesso autorizzazione per la realizzazione, nell'area denominata «Parco fluviale del Nera», di un inceneritore a biomasse;
detta realizzazione di forte impatto ambientale sotto il profilo delle emissioni, nonché di quello paesaggistico, ricadrebbe in un'area di grande pregio naturalistico, a soli 3-4 chilometri dalla Cascata delle Marmore, candidata a diventare «Patrimonio dell'Unesco»;
la stessa amministrazione comunale non ha tenuto conto, altresì, del fatto che nell'ambiente in questione, tanto pregiato, è in corso anche il ripopolamento di specie rare, come quella dell'airone ed altre ancora;
la stessa amministrazione del comune di Arrone starebbe per concedere autorizzazione alla realizzazione, nello stesso sito, di un altro impianto industriale per lo smaltimento dei reflui derivanti dall'attività dei frantoi oleari;
si è diffuso comprensibile, vivissimo allarme tra la popolazione, accompagnato da proteste anche di associazioni ambientaliste, forze politiche sia di maggioranza sia di opposizione, categorie economiche e sociali, senza peraltro che risulti una qualche forma di intervento da parte della giunta regionale dell'Umbria, di cui è incomprensibile il silenzio;
rischia di concretizzarsi una situazione di emergenza ambientale di gravità non meramente locale, ma coinvolgente il cuore della Valnerina ternana, area di interesse ambientalistico nazionale e già oggetto, non per nulla, di interventi finanziari dei Governi nazionali -:
se il Governo e segnatamente il Ministero dell'ambiente siano al corrente della specifica situazione denunziata e quali siano i loro divisamenti riguardo alle suddette realizzazioni e agli ulteriori propositi annunciati;
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, attesa la rilevanza nazionale e certo non meramente locale dell'emergenza in questione, per bloccare decisioni foriere di danni irreversibili e per tutelare efficacemente, anche in via d'urgenza, un ambiente di spiccato pregio, per il quale sarebbero ben più opportune misure di valorizzazione naturale e di sviluppo turistico-culturale.
(4-01179)