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Allegato B
Seduta n. 53 del 17/10/2006
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GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta immediata:
DILIBERTO e CRAPOLICCHIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 28 giugno 2006 gli interroganti presentavano al Ministro interrogato un'interrogazione a risposta immediata in Commissione (la n. 5/00034) contro il progetto di Maurizio Costanzo di realizzare, per il palinsesto autunnale di Mediaset, un reality show sui detenuti dalla casa circondariale «Mammagialla» di Viterbo, essendo lo stesso stato autorizzato nel mese di maggio 2006 dal dipartimento degli affari penitenziari;
il capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ritenendo di dover dar seguito alla «iniziativa» proposta - avvalendosi della collaborazione del vicecommissario della polizia penitenziaria Marco Santoro o dell'ispettore Vincenzo Lo Cascio, in considerazione della «loro notevole e qualificata esperienza maturata nel settore del trattamento dei detenuti e della realtà penitenziaria nel suo complesso», peraltro già nominati referenti dei progetti «Recupero patrimonio ambientale», «Argo», «Un libro una voce» e «360 gradi» - ha disposto con ordine di servizio che i medesimi curino, in collaborazione con il direttore del carcere di Viterbo, la realizzazione del progetto televisivo, seguendo tutti gli adempimenti connessi alla realizzazione dell'evento;
con l'atto di sindacato ispettivo gli interroganti chiedevano se a parere del Ministro interrogato l'iniziativa fosse «compatibile con il dettato costituzionale relativo all'esecuzione della pena» e paventavano un rischio, elevato e grave, di violare, attraverso le riprese televisive, la riservatezza dei detenuti, spettacolarizzandone con la formula del reality show la loro vita quotidiana e i loro sentimenti, incentivando le inadeguate curiosità del telespettatore, e di banalizzare il lavoro dei detenuti e l'azione di recupero fatta dagli assistenti sociali che lavorano nelle carceri;
con risposta interlocutoria si rispondeva che il ministero della giustizia e l'amministrazione penitenziaria «restavano in attesa della definizione del progetto televisivo e delle valutazioni dell'Autorità garante della privacy per verificare l'esistenza delle condizioni che - esse sole - garantissero della positività dell'iniziativa, per consentire, per quanto di propria competenza, alla realizzazione del programma». Inoltre, intervenendo in sede di replica, l'interrogante auspicò «che gli istituti penitenziari non si trasformino in studi televisivi soggetti alle logiche dello spettacolo e dell'audience» e condannò «anticipatamente l'offesa che deriverebbe alla dignità umana dalla mercificazione della vita dei reclusi»;
inoltre, sempre a seguito della denuncia dei parlamentari, risulta agli interroganti che il giudice di sorveglianza della
struttura detentiva di Viterbo, dentro la quale avrebbe dovuto svolgersi il nuovo programma televisivo, ha negato l'autorizzazione, costringendo gli organizzatori a posticipare al 17 ottobre 2006 la programmazione, che sarebbe dovuto partire dal 3 ottobre 2006 come striscia in seconda serata della durata di mezz'ora seguita da un talk show sugli incontri con i familiari, per raccontare la vita dei detenuti e delle guardie carcerarie;
a seguito della mancata autorizzazione da parte del giudice di sorveglianza del carcere di Viterbo, gli organizzatori del programma hanno presentato nuova domanda di autorizzazione alla realizzazione delle riprese televisive al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ed al direttore della casa circondariale di Velletri, che hanno nuovamente accolto positivamente l'iniziativa;
inoltre, con modifica dell'ordine di servizio precedente, lo stesso dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha disposto che la missione del vice commissario Marco Santoro e del vice ispettore Vincenzo Lo Cascio si svolgerà presso la casa circondariale di Velletri;
quello che appare essere l'ultima frontiera del genere di format televisivo, discutibile almeno dal punto di vista della privacy, nel mettere in piazza un argomento così umanamente delicato ha destato viva preoccupazione. Nelle settimane successive alla conferenza stampa di presentazione del programma, infatti, non sono mancate le voci critiche e perplesse nei confronti dell'iniziativa: non hanno nascosto, ad avviso degli interroganti, la loro sostanziale contrarietà parlamentari, Garante per la protezione dei dati personali, movimenti politici, religiosi e persino la conferenza dei vescovi, tutti concordi nello stigmatizzare il carattere diseducativo dei reality;
il 27 luglio 2006 il Garante per la protezione dei dati personali, interpellato per un parere dal Ministro interrogato, facendo propria la relazione del collegio del Garante, afferma come assoluta debba essere la tutela della dignità del detenuto nel rendere noti drammi e momenti del tutto privati della vita carceraria e nel ribadire che: «Il consenso degli interessati è importante, ma non è di per sé sufficiente. Esso rappresenta soltanto uno dei presupposti da tenere presente, per il quale ci si dovrà, peraltro, assicurare che si tratti di una manifestazione di volontà realmente libera e basata su un'adeguata informazione preventiva, volta a spiegare bene anche gli effetti di una prolungata esposizione al pubblico. Occorre, quindi, che il ministero valuti l'iniziativa nel suo insieme, senza limitarsi alla pur necessaria disponibilità dei singoli detenuti e degli altri soggetti coinvolti», chiede al Ministro interrogato di «valutare l'iniziativa nel suo insieme, senza limitarsi alla pur necessaria disponibilità dei singoli detenuti e degli altri soggetti coinvolti» e che «valuti alcuni aspetti problematici che vanno attentamente considerati. Innanzitutto, i luoghi delle riprese. L'installazione di telecamere fisse all'interno di locali angusti rende necessario salvaguardare spazi irrinunciabili di intimità delle persone ristrette in cella, legati, ad esempio, a particolari stati di disagio o di malattia, oppure al decoro ed all'igiene della persona». La risposta del garante pone, infine, al ministero della giustizia la questione di ciò che nel corso delle riprese può essere detto su altre persone: «Dovrebbero essere fornite adeguate garanzie rispetto ai diritti dei terzi oggetto di racconti e commenti durante le registrazioni, con particolare riguardo al diritto all'oblio e alle vittime dei reati»;
il Sottosegretario della giustizia, Luigi Manconi, a proposito della riunione al ministero della giustizia durante la quale sono stati definiti i contenuti del reality di Mediaset «Altrove», ha dichiarato: «Abbiamo chiesto agli autori del programma puntuali garanzie e precise condizioni, in assenza delle quali il ministero della giustizia e l'amministrazione non potranno collaborare in alcun modo alla realizzazione del programma.»;
né, a giudizio degli interroganti, valgono le rassicurazioni dell'autore del programma,
Maurizio Costanzo, che, intervistato sull'argomento, ha dichiarato testualmente: «Vorrei precisare che la lettura della parola reality non è nell'accezione corrente, come se si parlasse del Grande fratello. Reality si intende realtà, e cioè documento, documentario che racconta la vita delle persone detenute e quella della polizia penitenziaria. Noi facciamo una trasmissione per capire e per conoscere. Miro a far conoscere sia la vita dei detenuti sia quella delle guardie carcerarie, che sono dei detenuti senza condanna»;
sempre a parere degli interroganti, è pressocché impossibile introdurre delle telecamere per 16 ore al giorno all'interno delle celle, riprendendone la dura esistenza all'interno di esse, senza ledere la dignità delle persone che vi scontano la pena;
spettacolarizzare il dramma del carcerato, mostrarne le condizioni di vita, raccontarne la storia in un format come il reality, é cosa ben lontana del sano giornalismo di inchiesta che informa sulla realtà carceraria -:
alla luce degli sviluppi nel frattempo intervenuti gli interroganti mantengono tutte le riserve negative e le contrarietà rispetto ad una iniziativa televisiva fortemente invasiva e lesiva della dignità dei reclusi e ripropongono al Ministro interrogato la richiesta di quali iniziative intenda intraprendere per tutelare gli obiettivi del trattamento penitenziario connessi alla rieducazione ed al reinserimento dei detenuti, nel rispetto del dettato costituzionale.
(3-00343)
MAZZONI, ROMANO e VOLONTÈ. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le ultime vicende relative alle intercettazioni hanno posto problemi non affrontati con i recenti interventi legislativi del Governo;
esse, infatti, sembrano evidenziare falle in entrata e in uscita nella raccolta di dati sensibili e nella loro conservazione, che non trovano risposta nell'inasprimento delle sanzioni nei confronti di chi pubblica le informazioni, né tanto meno nella prevista distruzione una tantum del materiale scoperto;
in relazione a tanto non c'è notizia dell'ordine di distruzione delle intercettazioni illegali disposta con il decreto-legge n. 259 del 2006;
l'affidamento della gestione del servizio da parte della Telecom ad un numero imprecisato e, comunque, alto di dipendenti rappresenterebbe, ove accertato, una grave debolezza per garantire la segretezza delle operazioni e dei loro risultati;
non è chiaro quali siano le regole che disciplinano il rapporto tra il ministero della giustizia e l'ente gestore, quali siano i criteri per la selezione dello stesso, con quali procedure venga disposto l'affidamento dell'incarico e quali le responsabilità poste a carico del gestore, in relazione alla delicatezza del servizio -:
se sia stata effettuata la distruzione del materiale relativo alle intercettazioni raccolte illegalmente, ove questa non sia ancora avvenuta, in che modo e a chi sia affidata la conservazione del suddetto materiale e quando e come tale operazione verrà effettuata e se non ritenga di dover operare, con urgenza, una verifica del sistema di raccolta dei flussi di conversazioni telefoniche e di conservazione degli stessi, al fine di individuare le fragilità di esso e, in conseguenza, intervenire con una revisione delle procedure di affidamento dell'incarico di gestione e di svolgimento delle attività di raccolta dei dati, nonché sui controlli da parte del ministero della giustizia e sulle sanzioni, in caso di violazioni, per riportare lo strumento delle intercettazioni nell'alveo dei mezzi «straordinari» di indagine e le loro risultanze nell'ambito dei documenti coperti da segreto a garanzia del rispetto di diritti fondamentali.
(3-00344)
CATONE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
recentemente la Corte di cassazione, sezione lavoro, ha emesso una sentenza, la n. 19231 del 7 settembre 2006, che verte sul principio della nullità del contratto di lavoro giornalistico stipulato con giornalisti all'epoca non professionisti ma pubblicisti;
con questa sentenza si è prodotta una giurisprudenza che produrrà effetti nei confronti di una serie di giornalisti, che, dopo anni di precariato, avevano chiesto alle proprie redazioni una sanatoria delle loro posizioni, soprattutto in riferimento allo svolgimento di fatto del tirocinio giornalistico, fin qui ritenuto utilmente e validamente compiuto anche in assenza dell'iscrizione formale del praticante nel registro;
si apre, quindi, un problema riguardante i poteri attribuiti dalla legge agli ordini professionali e, soprattutto, viene meno l'unicità di un albo distinto in due elenchi, come hanno avuto modo di sottolineare i vertici degli ordini regionali riuniti nei giorni scorsi a Jesi;
gli articoli 1, 26 e 45 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, sull'ordinamento della professione di giornalista prevedono un unico albo professionale dei giornalisti ripartito in due elenchi, l'uno dei professionisti, l'altro dei pubblicisti;
la sentenza dalla Corte costituzionale 10 luglio 1968, n. 98, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del primo comma dell'articolo 46 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, limitatamente alla parte in cui esclude che il direttore e il vice direttore responsabile di un quotidiano possano essere iscritti nell'elenco dei pubblicisti;
a fronte di tale quadro normativo, la sentenza n. 19231 del 7 settembre 2006 della Corte di cassazione tende a distinguere tra albo dei giornalisti professionisti e albo dei giornalisti pubblicisti, ritenendo che questi ultimi non possano rivendicare un valido rapporto di lavoro giornalistico, con conseguente possibilità di essere licenziati dagli editori -:
se non ritenga opportuno adottare iniziative normative volte a fornire un'interpretazione autentica della legge professionale.
(3-00345)
Interrogazioni a risposta scritta:
LOMAGLIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto risulta all'interrogante, due lavoratrici giudiziarie, in servizio presso la Corte d'Appello di Caltanissetta, nel mese di agosto vengono trasferite d'ufficio, senza il loro consenso, al Tribunale di Gela. Va sottolineato che una delle due donne è affetta da una malattia rara detta iperomocisteinemia per mutazione gene MTHFR (formazione di trombosi); mentre l'altra ha evidenziato all'amministrazione l'esistenza di gravi problemi familiari;
a quanto risulta all'interrogante, la segreteria generale del Sindacato Autonomo Giustizia CONF.SAL, già nel mese di Giugno 2006 aveva denunciato, con atto di diffida notificato il 7 giugno 2006, la grave circostanza che presso gli Uffici della Corte di Appello di Caltanissetta venivano effettuate applicazioni di personale senza il rispetto delle regole concordate con le organizzazioni sindacali;
le applicazioni di personale, sopperendo ad esigenze contingenti, per loro natura sono e devono essere temporanee e consentire l'avvicendamento del personale mentre nel caso di cui sopra hanno carattere stabile e duraturo;
le applicazioni temporanee del personale sono previste e regolate dal disposto dell'articolo 18 dell'Accordo di Mobilità Interna del Personale Giudiziario sottoscritto in data 28 luglio 1998, tra l'altro anche dal SAG, che recita: «per esigenze di uffici aventi sede nei distretti, al fine di assicurare la funzionalità di detti uffici
con applicazioni temporanee, si seguono i seguenti criteri: il Presidente della Corte d'Appello ed il Procuratore Generale, rispettivamente per gli uffici giudicanti e requirenti, determinano l'Ufficio nel quale individuare il personale da applicare; nell'ambito del suddetto ufficio il personale da applicare viene individuato a seguito di apposito interpello; il personale che partecipa all'interpello viene valutato sulla base dell'anzianità di servizio e di sede, in modo da assicurare, ove possibile, l'avvicendamento nelle applicazioni; in assenza di partecipanti si applica il personale con minore anzianità di servizio e di sede; in caso di pari anzianità di servizio e di sede si fa riferimento alla posizione da ciascuno occupata nel ruolo generale di anzianità del personale scegliendo la persona che ha migliore posizione in ruolo, qualora vi siano più dipendenti consenzienti, o viceversa la persona con posizione sfavorevole qualora non vi siano dipendenti consenzienti; nel caso in cui si debba applicare un dipendente in servizio in un ufficio giudicante ad un ufficio requirente, o viceversa, il provvedimento viene adottato dal Presidente della Corte d'Appello d'intesa con il Procuratore Generale.»;
al Sindacato Autonomo Giustizia di Caltanissetta risulterebbe che nella individuazione del personale per le assegnazioni di cui ci si occupa non sarebbe stato seguito l'iter procedurale previsto e citato ed in specie in riferimento:
a) alla individuazione del personale a mezzo atti di interpello per consentire a tutti i dipendenti in servizio di partecipare alla selezione;
b) alla possibile e prevista predisposizione degli avvicendamenti del personale in tali applicazioni;
c) alla circostanza che, nel Distretto Giudiziario di Caltanissetta in luogo delle applicazioni temporanee del personale, non si sia fatto ricorso agli strumenti ex lege previsti per la copertura stabile;
il Presidente del Tribunale di Gela e l'ufficiale giudiziario dirigente nelle rispettive richieste di copertura di organico hanno chiesto la destinazione di «operatori giudiziari B2» e non Operatori UNEP (Uffici Unici Notifiche Esecuzioni e Protesti);
per sopperire alle vacanze dell'Ufficio UNEP di Gela si poteva continuare a destinare operatori giudiziari B2 del Tribunale di Gela e dall'ufficio del Giudice di Pace di Gela o, in subordine, applicare a turno operatori giudiziari B2 di altri uffici anche della Corte di Appello di Caltanissetta;
presso la Corte di Appello di Caltanissetta vi sono oltre 20 unità di personale di varie qualifiche applicate in soprannumero di cui 5 rivestono la qualifica di operatore giudiziario B2;
appare quanto meno incongruo che personale in applicazione debba stare in sede, mentre i titolari debbano essere trasferiti d'ufficio;
l'UNEP non va considerato autonomamente rispetto agli uffici giudiziali tant'è che nei ruoli di anzianità il personale è appartenente e quindi in servizio alla Corte di Appello, alla Procura Generale, al Tribunale di Sorveglianza, al Tribunale per i Minorenni, alla Procura per i Minorenni, al Tribunale, alla Procura della Repubblica o all'Ufficio dei Giudice di Pace e che in nessun caso si ritrova personale in servizio all'ufficio UNEP;
tutto il personale addetto agli Uffici Unici Notifiche Esecuzioni e Protesti in servizio nelle città sedi di Corte di Appello, in quanto tali, è appartenente ai Tribunali e alle Corti (vedi ruolo di anzianità del personale degli uffici notificazioni anno 2002 ultima pubblicazione e ruolo di anzianità del personale dell'amministrazione centrale e delle cancellerie e segreterie giudiziarie anno 2003 ultima pubblicazione) -:
se intenda effettuare una verifica congrua e completa della legittimità di tutte le applicazioni temporanee del personale giudiziario operate in tutto il distretto della Corte di Appello di Caltanissetta,
in relazione all'articolo 18 dell'Accordo di mobilità del personale giudiziario sottoscritto in data 28 luglio 1998;
se ritenga di dover verificare l'avvenuta applicazione degli accordi sindacali in tema di mobilità e specificatamente se è stato utilizzato personale dei distretti vicini. Se risulti, inoltre, in qualche atto che negli Uffici UNEP prestino servizio dirigenti amministrativi distinti dal dirigente amministrativo della Corte di Appello;
qualora tale verifica dovesse attestare l'esistenza di illegittimità nelle procedure adottate e di comportamenti antisindacali, quali provvedimenti il Ministro intenda mettere in essere affinché vengano revocate le applicazioni temporanee del personale citato in premessa, anche in considerazione delle gravi condizioni di salute e personali che riguardano le lavoratrici interessate.
(4-01275)
RAMPELLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 6 ottobre 2006 il sindacato Sinappe ha organizzato una manifestazione di protesta davanti alla casa di reclusione circondariale di Rebibbia;
la protesta era finalizzata a denunciare le problematiche del personale carcerario che è costretto a svolgere il proprio lavoro in condizioni di enorme difficoltà, soprattutto in relazione alle carenze legate alla pianta organica che, a fronte di 276 posizioni previste, ne vede attualmente in servizio poco più di 200, di cui 40 sono comandati in altri servizi pubblici;
se teniamo conto, inoltre, dei periodi di ferie e delle assenze per malattia il personale realmente operativo giornalmente è pari a poco più di 100 unità;
a causa di questa grave situazione i lavoratori sono costretti ad organizzare il servizio in tre turni da otto ore invece che quattro turni da sei ore, con la conseguenza che le due ore in più effettuate sono considerate in busta paga come straordinari e spesso addirittura non vengono retribuite affatto;
a quanto risulta all'interrogante, una parte consistente del personale vive fuori Roma e, per cercare di limitare i disagi dei trasferimenti, ha concordato con l'amministrazione carceraria di effettuare il servizio articolandolo su due turni lavorativi consecutivi, così da ottenere un giorno di riposo;
lo svolgimento del servizio con le suddette modalità comporta, per il lavoratore, di dove effettuare un turno di ben sedici ore nella stessa giornata;
questa carenza di personale determina gravi conseguenze sia sui livelli di sicurezza all'interno della casa circondariale sia sulla popolazione carceraria, senza contare poi la sospensione di alcuni importanti servizi proprio a causa dell'organico insufficiente -:
quali urgenti iniziative il Ministro intenda adottare per garantire idonei livelli di sicurezza e il ripristino della normalità.
(4-01278)
ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la normativa vigente prevede che la responsabilità del Casellario Giudiziale venga affidata ad unità di personale appartenente all'area C e che i relativi certificati rechino la firma di funzionari appartenenti a detto profilo;
numerosi certificati rilasciati dal Casellario Giudiziale della procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone recano la firma di un impiegato (così come è possibile evincere presso l'Ordine degli Avvocati di quella Città), dipendente dell'Azienda Monopoli di Stato, attualmente distaccato alla Procura ella Repubblica di Crotone, proprio presso il locale Casellario Giudiziale, anche se non in possesso della qualifica di cancelliere e non appartenente all'area C -:
se non ritenga necessario ed urgente verificare la veridicità di quanto denunziato dall'interrogante;
in caso di accertata veridicità dei fatti denunziati, quali urgenti iniziative intenda attivarsi per evitare il perpetuarsi di tale incresciosa situazione.
(4-01304)