Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Allegato B
Seduta n. 62 del 30/10/2006
...
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta orale:
COMPAGNON. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella relazione sulle linee programmatiche del Ministero della Giustizia si lascia intravedere l'intenzione di un piano mirante a ridisegnare l'intera geografia giudiziaria mediante la modifica dell'assetto degli uffici giudiziari italiani;
in seguito a tale disegno programmatico molte voci si sono succedute sulla fine delle sezioni distaccate dei tribunali di Palmanova e di Cividale del Friuli, che verrebbero così accorpate rispettivamente al Tribunale di Udine quello di Cividale e al Tribunale di Gorizia quello di Palmanova;
in particolare, se così fosse, a subirne le maggiori conseguenze sarebbero i cittadini di Palmanova e di Latisana che non solo si vedrebbero privare il territorio di un importante simbolo dello Stato di diritto, ossia la giurisdizione, ma sarebbero costretti ad affrontare ogni giorno lunghi percorsi con conseguenze economiche e di traffico extraurbano notevoli;
secondo dati ufficiali della Corte di appello di Trieste, inoltre, vi è una sproporzione elevata tra i carichi di lavoro della sede centrale, quella di Udine, e quelli delle due sezioni distaccate in questione, a vantaggio di queste ultime;
a riguardo si ritiene non solo che le due sezioni distaccate siano effettivamente sottodimensionate per la quantità di lavoro svolta, ma anche che una loro paventata eliminazione costituirebbe un reale danno per i cittadini che a quegli uffici si rivolgono per ottenere risposte ai loro problemi -:
quali interventi intenda intraprendere allo scopo di garantire una soluzione a tale problema che ha già provocato notevole malcontento nella popolazione e in particolare quali siano le motivazioni che porterebbero la sezione di Palmanova ad essere accorpata al Tribunale di Gorizia e non a quello di Udine che per ragioni storiche e geografiche è considerato la sede naturale.
(3-00358)
Interrogazione a risposta in Commissione:
CONTENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa hanno dato ampio risalto alle indagini conseguenti ad alcuni accessi illegittimi all'anagrafe tributaria che avrebbero riguardato, tra gli altri, l'attuale Presidente del Consiglio;
tale inchiesta, stando sempre ad alcune notizie giornalistiche, avrebbe preso spunto da una denuncia proveniente dal ministero dell'economia e delle finanze;
la vicenda sta destando ampio clamore al punto da essere già stata interpretata come un «complotto spionistico» ai danni, principalmente, della famiglia del premier;
risulterebbero intervenute oltre 250 perquisizioni, molte delle quali ai danni anche di dipendenti pubblici, il che sembrerebbe, a parere di chi scrive, confermare l'esistenza di una prassi diffusa alimentata da un'altrettanto diffusa curiosità fiscale;
già il Governo ebbe ad intervenire, sempre sulla base di notizie dei mezzi di comunicazione, con un decreto-legge in materia di intercettazioni illegali sulla base di un presupposto smentito dalla magistratura inquirente al Ministro della giustizia, secondo quanto recentemente riferito dal medesimo alla Camera, rispondendo ad un'interrogazione, e confermato in sede di audizione nella competente Commissione dello stesso ramo del Parlamento;
in tal caso, infatti, venne esclusa l'esistenza, nel corso della relativa indagine, di documenti provenienti da abusiva o non autorizzata intercettazione;
la diffusione di notizie che destano allarme sociale meriterebbe un tempestivo accertamento della realtà dei fatti allo scopo di evitare che la distorsione delle circostanza induca ad opinioni o iniziative condizionate nel loro formarsi;
a tale proposito, all'interrogante appare abbastanza singolare che un'attività di raccolta di informazioni tributarie ai danni del premier possa risultare connotata in termini specifici, quali quelli dell'indagine spionistica, quando, ancora sulla scorta delle indiscrezioni di stampa, tale anomalia risulterebbe tanto diffusa da coinvolgere oltre un centinaio di indagati dispiegandosi in diverse realtà territoriali e in distinti uffici della pubblica amministrazione;
risulterebbe evidente, ad esempio, come in presenza di più accessi nei confronti della stessa persona da parte di codici di accesso appartenenti a dipendenti diversi o, addirittura, operati da uffici territoriali distinti e distanti, le teorie di un complotto risulterebbero, sempre a parere di chi scrive, difficilmente sostenibili;
del pari, ad analoga conclusione si potrebbe arrivare sulla base del grado di notorietà delle numerose persone che parrebbero coinvolte, loro malgrado, nell'attività di informazione;
senza dire, poi, della paradossale situazione in cui, a parere dell'interrogante, ci troveremmo posto che, essendo gli accessi al sistema consentiti solo attraverso un codice identificativo, ancora più incredibile risulterebbe, stando a quanto consta a chi scrive, l'assoluta carenza di provvedimenti cautelari volti ad inibire, ai possibili responsabili, attività di ufficio, connesse con la possibilità di accedere al sistema stesso nel corso degli accertamenti;
semmai le preoccupazioni dell'interrogante sono rivolte alle recenti modifiche normative che permettono agli uffici competenti, pur nel presupposto di specifiche autorizzazioni, di accedere ai conti correnti dei contribuenti o ad altre, informazioni di analoga natura;
altrettanta perplessità desta in chi scrive il contenuto delle notizie raccolte che, data la natura dell'anagrafe tributaria, sono sostanzialmente il frutto di atti o documenti soggetti a specifici regimi di pubblicità e desumibili anche da altre fonti;
resta il fatto, però, che ancora una volta, notizie relative ad indagini in corso sono divenute di pubblico dominio ingenerando il timore, stando alle notizie richiamate, dell'esistenza di un complotto «a sfondo politico» mosso da chissà quali burattinai;
proprio perché l'intera vicenda è collegata ad un'attività di indagine condotta dalla magistratura ed i cui primi contorni, a giudizio dell'interrogante, paiono sproporzionati (oltre 250 perquisizioni, secondo
un quotidiano nazionale e ben più di 120 persone coinvolte) rispetto ad una lettura conciliabile con chi vorrebbe accreditare l'esistenza di un complotto secondo quanto sostenuto da ambienti politici vicini alla maggioranza che sostiene il Governo;
pare opportuno fugare ogni dubbio circa la possibilità che condizionamenti di sorta abbiano potuto interferire con l'attività di indagine della magistratura o che quest'ultima possa correre il rischio di essere strumentalizzata per fini politici anche alla luce di alcune autorevoli prese di posizione di responsabili di uffici giudiziari, i quali avrebbero manifestato pubblicamente, almeno a quanto risulta all'interrogante, un personale auspicio a dare la precedenza ad indagini non rientranti in fatti coperti dal recente provvedimento di indulto;
potrebbe rivelarsi utile disporre un'attività ispettiva o altra idonea iniziativa circa l'iniziativa giudiziaria in questione e la condotta degli uffici coinvolti -:
se e quali iniziative di verifica intenda assumere per escludere ogni condizionamento, anche di carattere politico, circa le indagini avviate dal competente ufficio della procura.
(5-00351)
Interrogazioni a risposta scritta:
PORETTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'esternalizzazione dei servizi di captazione e trascrizione delle intercettazioni non risulta, secondo l'interrogante, affidata a operatori telefonici nel rispetto delle regole europee in materia di appalti, non essendo dubbio (e le cronache recenti raccontano anche di tragedie connesse a tale vicenda) che la magistratura, da anni, non si avvale più - per trascrivere le intercettazioni raccolte nel corso di mesi di indagini - della collaborazione degli organi di polizia giudiziaria posti alle loro dipendenze, ritenendo erroneamente che anche i servizi di trascrizione si pongano al di fuori dell'attività di polizia giudiziaria e, come tali, siano affidabili anche a terzi estranei, mediante contratti di diritto privato. I magistrati inquirenti continuano a interpretare l'impianto codicistico - che autorizza l'intercettazione solo come mezzo di ricerca della prova (articoli 266 e seguenti codice di procedura penale) - trattando intercettazioni e trascrizioni come strumenti tesi a ricercare eventuali notizie di reato. Si è così venuto formando un mercato parallelo di servizi a valore aggiunto, riservato - almeno nei fatti - alle sole imprese con sede e capitale esclusivamente italiano: imprese che ricevono annualmente somme ingentissime tratte dal bilancio del ministero della giustizia, in evidente violazione anche della normativa vigente in materia di aiuti di Stato alle imprese. Agendo in tal modo, i magistrati inquirenti si pongono in contrasto con il principio di divisione dei poteri (che è alla base di entrambi gli ordinamenti: italiano ed europeo) secondo il quale l'autorità giudiziaria non può mai procedere d'ufficio per il perseguimento di eventuali reati, ma deve attendere la relativa «notizia». Questo è reso possibile prevalentemente - se non esclusivamente - attraverso la sistematica ed ulteriore violazione della normativa comunitaria in materia di appalti di servizi. Si è dunque in presenza di una tipica fattispecie nella quale il diritto comunitario può incidere anche rispetto a situazioni puramente interne ad uno Stato membro dell'Unione europea: secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia, i principi generali enunciati nel Trattato sono assorbiti negli ordinamenti interni e debbono perciò trovare necessaria applicazione anche a situazioni estranee al diritto comunitario. Sembra che sia stato disatteso l'obbligo di attivare le procedure di evidenza pubblica per l'affidamento all'esterno dei servizi di trascrizione delle registrazioni raccolte nel corso di intercettazioni telefoniche ed ambientali che talvolta durano addirittura per periodi superiori all'anno solare -:
quali misure intenda adottare a seguito delle notizie riportate da numerosi organi di stampa secondo cui la maggior parte delle captazioni di conversazioni
telefoniche, anziché essere effettuata direttamente dagli organi di polizia giudiziaria, vengono raccolte da appaltatori individuati attraverso procedure, secondo l'interrogante, in contrasto con la normativa nazionale e comunitaria sui servizi, per cui le intercettazioni, così trascritte nei «brogliacci» utilizzati a sostegno delle diverse azioni penali avviate dalle singole Procure della Repubblica, devono ritenersi illegittimamente assunte, captate e raccolte, essendo frutto di atti di affidamento del servizio del tutto contrastanti con la suindicata normativa;
quale fondamento abbiano le notizie, a suo tempo riportate dalla stampa (articolo del settimanale L'espresso n. 52 del 6 gennaio 2005) e alla luce di quanto recentemente accertato a proposito della illecita raccolta di captazioni telefoniche ed ambientali da parte di diversi soggetti legati alla Telecom, secondo cui sarebbe stata affidata, dal ministero della giustizia, a detta compagnia telefonica la costituzione del Centro Nazionale Autorità Giudiziaria (CNAG), con sede operativa in Milano, Via Bettinelli n. 3, quale prototipo di un più ampio progetto di raccolta, conservazione e trascrizione del contenuto di registrazioni telefoniche ed ambientali, effettuate su supporto magnetico od ottico per finalità di ordine giudiziario;
quali iniziative intenda promuovere nei confronti dei magistrati inquirenti che sottopongono ai G.I.P. accuse fondate su opinabili fattispecie di reato (ad esempio la notissima «concussione sessuale» individuata da un sostituto procuratore di Potenza) non solamente perché, per lunghi periodi, hanno potuto ordinare ai gestori delle utenze telefoniche di intercettare questa o quella utenza (imponendo anche l'uso di rilevatori ambientali di conversazioni), ma soprattutto perché usano imprimere all'uso delle intercettazioni una progressione esponenziale, essenzialmente derivata dalle risultanze delle trascrizioni effettuate di volta in volta, senza seguire né le regole generali della perizia prevista dall'articolo 268, comma 7, del codice di procedura penale italiano, né tantomeno, le disposizioni vigenti in materia di scelta degli appaltatori dei relativi servizi;
se i competenti uffici del ministero della giustizia abbiano provveduto a segnalare alle competenti procure regionali della Corte dei conti eventuali abusi nel disporre le captazioni telefoniche, che ormai producono un giro d'affari che le società telefoniche (prima fra tutte Telecom Italia S.p.a.) maturano annualmente, nei confronti dello stesso ministero;
se i competenti uffici dai ministero della Giustizia abbiano tenuto conto che gli importi di cui sopra non superassero la soglia comunitaria oltre la quale è obbligatorio il ricorso a procedure di gara europea;
se i competenti uffici del ministero della giustizia, a fronte dei suddetti importi abbiano mai provveduto ad effettuare un regolare confronto concorrenziale, in ambito europeo, per aprire il relativo mercato a tutte le imprese operanti sul mercato unico.
(4-01459)
CANCRINI, CRAPOLICCHIO, VACCA e NAPOLETANO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il signor Giuseppe La Piccirella, detenuto dal 1990, ha seguito per 11 anni, presso le carceri di Spoleto, un percorso trattamentale sia intramurario come responsabile di biblioteca, socio fondatore della cooperativa Co.Mo.Do., sia extramurario usufruendo di un permesso per partecipare ad un seminario di studi;
al signor La Piccirella è stato concesso il 10 gennaio 2006, dal Magistrato di Sorveglianza di Spoleto, un permesso e a maggio 2006 la semilibertà per lavorare in un ufficio presso il Comune di Spoleto;
l'esito della positività del percorso trattamentale penitenziario è stata confermato
dalla cessazione dello stato di pericolosità sociale documentato dalla DIA di Bari, elemento che ha creato i presupposti per la declassificazione da regime A.S. (alta sorveglianza) al regime intramurario ordinario;
il 27 marzo 2006 è stato trasferito, nonostante parere sfavorevole della direzione di Spoleto, presso le carceri di San Gimignano (Siena), perdendo il lavoro, le attività e i riferimenti all'interno dell'istituto di Spoleto costruiti in tanti anni, nonché la possibilità di accedere in tempi brevi ai permessi ed alla declassificazione in corso; successivamente è stato presentato un reclamo al provvedimento di trasferimento presentato al Magistrato di Sorveglianza di Siena dal quale il detenuto non ha ricevuto risposta;
dopo tre mesi, in data 1o luglio 2006, è stato trasferito presso le carceri di Fossombrone (Pesaro-Urbino) nuovamente in regime di A.S. interrompendo le condizioni trattamentali di cui usufruiva nel carcere di Spoleto;
allo stato attuale, al detenuto è stato negato il diritto di proseguire il percorso trattamentale precedente, sono stati vietati colloqui con terzi estendendo tale divieto ad una assistente volontaria autorizzata per 11 anni, è stata negata la declassificazione del regime penitenziario. Il detenuto si trova oggi in una situazione di negazione dei diritti e di condizione di deprivazione dei rapporti affettivi, lavorativi e sociali con l'esterno -:
quali interventi intenda attuare - anche mediante un ritrasferimento - per garantire al detenuto i suoi diritti, evitando che la negazione di questi aggravi la sua situazione psicologica e non si ottemperi al diritto dei detenuti di un trattamento rieducativo e riabilitativo come previsto dalla legge.
(4-01464)